REATI IN MATERIA
AMBIENTALE
I DELITTI
Art. 258 D.lgs. 152/06: VIOLAZIONI DI
OBBLIGHI IN MATERIA DI FORMULARI
• Ogni rifiuto deve essere trasportato con un
formulario. Chi falsifica il certificato di analisi
dei rifiuti che accompagna il formulario è
punito con la pena prevista dall’art. 483 c.p.
(falsità ideologica commessa da privato in atto
pubblico)
Art. 260 bis D.lgs. 152/06
• Sistema tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) – Rinvio.
• Se si falsificano i certificati di analisi utilizzati
nell’ambito del SISTRI, si applicano le pene
previste dall’art. 483 c.p.
• Se si alterano fraudolentemente le schede SISTRI,
si applicano le pene previste dagli artt. 477 e 482
c.p. (falsità materiale del privato in certificazioni)
I DELITTI IN MATERIA AMBIENTALE
• Art. 260 comma 1: «Chiunque, al fine di conseguire
un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso
l'allestimento di mezzi e attività continuative
organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta,
importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti
quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno
a sei anni»
• Art. 260 comma 2: «Se si tratta di rifiuti ad alta
radioattività si applica la pena della reclusione da tre
a otto anni»
Art. 260 D.lgs. 152/06
• Parallelismo con l’associazione a delinquere: la pluralità
di agenti, tuttavia, non è qui richiesta come elemento
costitutivo della fattispecie
• Reato di pura condotta. Più condotte autonome
• Necessaria una struttura organizzata:
Necessario l’inserimento di tali operazioni nel contesto di
una struttura organizzata, che operi con continuità. La
fattispecie criminosa deve, in effetti, essere espletata
attraverso più operazioni e con l’allestimento di mezzi e
attività continuative organizzate
Art. 260 D.lgs. 152/06
• Ingente quantità di rifiuti: difficile valutare
Esclusa l’illegittimità costituzionale
piccole quantità ripetutamente)
(es.
• Fine di lucro: dolo intenzionale - non
necessariamente di natura patrimoniale, ben
potendo essere integrato anche dal mero
risparmio di costi o dal perseguimento di
vantaggi di altra natura
Art. 260 – Conseguenze del reato
• Il legislatore ha previsto pene alte
• Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui
agli artt. 28, 30, 32 bis e 32 ter del c.p.
• Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella
emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., ordina il ripristino
dello stato dell'ambiente e può subordinare la
concessione della sospensione condizionale della
pena all'eliminazione del danno o del pericolo per
l'ambiente
LA COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI
La L. 8 febbraio 2014, n. 6 ha introdotto una
nuova fattispecie incriminatrice che è confluita nel
T.U. dell’ambiente all’art. 256 bis, rubricato
«Combustione illecita di rifiuti»
Il legislatore ha, così, tentato di far fronte al
preoccupante fenomeno dei roghi di rifiuti, al
quale conseguono danni sia all’ambiente che alla
salute umana
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 1: «Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati
ovvero depositati in maniera incontrollata è punito
con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui
sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la
pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile
è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al
risarcimento del danno ambientale e al pagamento,
anche in via di regresso, delle spese per la bonifica».
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
 Reato di pericolo presunto
 La collocazione nel T.U.A. suggerisce che l’oggetto della tutela
debba individuarsi nell’integrità del suolo e nella qualità
dell’aria, non già nell’incolumità pubblica
 Necessaria la presa delle fiamme sui rifiuti. Il reato si
configurerà, quindi, anche nel caso in cui l’agente provocherà un
rogo individuale, circoscritto e senza possibilità di diffusione
nello spazio
 Il verbo «appicca» è sintomatico della necessità di accertare la
sussistenza del dolo intenzionale
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
La pena è aumentata in ragione della natura
pericolosa dei rifiuti sui quali è applicato il
fuoco
Ai sensi dell’art. 184 comma 4 D.lgs. 152/06
sono pericolosi, i rifiuti che recano le
caratteristiche di cui all’allegato I della parte
quarta del medesimo decreto
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
Dal momento che è la stessa connotazione di
pericolosità del rifiuto a fondare l’aggravio di pena, si
impone al giudice l’accertamento della sussistenza del
dolo anche rispetto a tale elemento
Quanto al «ripristino dei luoghi, al risarcimento del
danno ambientale e al pagamento, anche in via di
regresso, delle spese di bonifica», tali obblighi
contribuiscono a rendere effettiva la tutela
ambientale
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 2: «Le stesse pene si applicano a colui che
tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le
condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in
funzione della successiva combustione illecita di
rifiuti».
 La norma incrimina la condotta di colui il quale
gestisca, depositi ovvero traffichi illecitamente
rifiuti in funzione della loro successiva combustione
 La disposizione tipizza una condotta di tentativo
incompiuto del reato di combustione di rifiuti,
secondo la tecnica dei delitti di attentato (o a
consumazione anticipata)
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 3: «La pena è aumentata di un terzo se il
delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito
dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività
organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile
dell'attività comunque organizzata è responsabile
anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza
sull'operato degli autori materiali del delitto
comunque riconducibili all'impresa o all'attività
stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili
dell'attività si applicano altresì le sanzioni previste
dall'art. 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231».
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
→ La norma introduce una circostanza aggravante
speciale, ricorrente ogni qualvolta la combustione
assuma le vesti di vero e proprio auto-smaltimento
del rifiuto prodotto nell’esercizio di attività di
impresa
→ È altresì prevista l’applicazione delle sanzioni
interdittive di cui all’art. 9, comma 2, del D.lgs.
231/2001. Tale mero rinvio potrebbe portare a
considerare tutte le interdizioni come perpetue, non
fornendosi al giudice alcun tipo di strumento per la
relativa commisurazione
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 4: «La pena è aumentata di un terzo se il
fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al
momento della condotta e comunque nei cinque anni
precedenti, siano o siano stati interessati da
dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei
rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225».
 Circostanza aggravante speciale
Peculiare gravità oggettiva della condotta
Maggiore intensità del dolo
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 5: «I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti
oggetto del reato di cui al comma 1 del presente
articolo, inceneriti in aree o in impianti non
autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259,
comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona
estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del
presente articolo e che non si configuri concorso di
persona nella commissione del reato. Alla sentenza di
condanna o alla sentenza emessa ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale
consegue la confisca dell'area sulla quale è
commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del
concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di
bonifica e ripristino dello stato dei luoghi».
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
 Il mezzo di trasporto, ai fini della confisca, deve essere
stato impiegato per trasportare rifiuti già oggetto di
combustione, e non, invece, per trasportare rifiuti da
dare al fuoco
 La confisca dei suoli è espressamente subordinata alla
sentenza di condanna o di applicazione della pena su
richiesta delle parti. L’istituto è già stato sperimentato
– con molta cautela – nella normativa repressiva in
tema di rifiuti, essendo previsto per il reato di
«realizzazione di discarica abusiva»
Art. 256 bis D.lgs. 152/06
• Comma 6: «Si applicano le sanzioni di cui all’art. 255
se le condotte di cui al comma 1 hanno ad oggetto i
rifiuti di cui all’art. 184, comma 2 lett. e)».
 Sanzione amministrativa
 Il riferimento è ai «rifiuti vegetali provenienti da aree
verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali».
La deroga sanzionatoria è giustificata dal bassissimo
– per non dire nullo – potenziale inquinante delle
ceneri derivanti da una simile attività di combustione
IL DISASTRO AMBIENTALE
• Art. 434 c.p. : Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi
«Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti,
commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una
costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è
punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità,
con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il
disastro avviene».
• Reato punito nella forma colposa dall’art. 449 c.p.
Art. 434 c.p.
• Norma di chiusura del capo dedicato ai delitti
di comune pericolo mediante violenza,
preceduto da strage, incendio, naufragio e
disastro aviatorio, disastro ferroviario..
• C.d. disastro innominato: «ovvero un altro
disastro»: unica ipotesi non tipicamente
descritta
DISASTRO AMBIENTALE
• Affinché si configuri il reato di «disastro» è
sufficiente che il nocumento metta in pericolo
– anche solo potenzialmente – un numero
indeterminato di persone
• Infatti, il requisito che connota la nozione di
«disastro», delitto previsto dall'art. 434 c.p., è
la potenza espansiva del nocumento anche se
non irreversibile, e l'attitudine a mettere in
pericolo la pubblica incolumità
DISASTRO AMBIENTALE
• Tipici esempi di disastro: Stava, Vajont
• La giurisprudenza tende ad applicare questo reato anche in
ipotesi in cui l’evento di danno è meno imponente:
 «il termine “disastro” (nella specie ambientale) implica che
esso sia cagione di un evento di danno o di pericolo per la
pubblica incolumità "straordinariamente grave e complesso",
ma non eccezionalmente immane» (Cass., Sez. V, sent.
40330/2006). Pertanto, «è necessario e sufficiente che il
nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che
esponga a pericolo, collettivamente, un numero
indeterminato di persone» (Cass., Sez. V, sent. 11486/1989)
DISASTRO AMBIENTALE
Nella specie, i Giudici avevano evidenziato una
imponente contaminazione di siti realizzata dagli indagati
mediante l'accumulo sul territorio e lo sversamento nelle
acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente
pericolosi. Tali condotte hanno insita una elevata portata
distruttiva dell’ambiente con conseguenze gravi,
complesse ed estese ed hanno una alta potenzialità
lesiva tanto da provocare un effettivo pericolo per la
incolumità fisica di un numero indeterminato di persone
idonee a confermare gli arresti domiciliari a un
imprenditore per lo smaltimento illecito di rifiuti speciali
pericolosi (Cass., Sez. III, 29.2.2008, n. 9418)
DISASTRO AMBIENTALE
CASO ETERNIT
• Negli stabilimenti Eternit si producevano manufatti di cementoamianto. L’amianto era la materia prima e veniva utilizzato in dosi
massicce
• La dispersione di fibre di amianto era dirompente
• Le fibre di amianto venivano “pettinate”, “sfilacciate”, “miscelate” e
“disintegrate”, per poi essere inviate al ciclo di impasti per essere
miscelate con il cemento (Trib. Torino, p. 249 e ss.). Gli impianti (ad
esempio il disintegratore a Cavagnolo, p. 252) erano alimentati
manualmente, “rovesciando i sacchi di amianto in un alimentatore a
coclea”. Dopo l’essiccazione, i manufatti realizzati erano carteggiati
e rifiniti a secco (p. 250). Le lavorazioni preliminari venivano
eseguite dal personale operaio che portava il materiale con delle
palette presso i miscelatori (p. 256) o utilizzando un piano
ribaltabile praticando tre tagli nel sacco (p. 253).
DISASTRO AMBIENTALE – ETERNIT
• L’evento di disastro era stato ravvisato dal
tribunale di Torino in una situazione diffusa e
di lunga durata di inquinamento ambientale
da fibre di amianto, anche nel territorio
circostante gli stabilimenti
• Dato epidemiologico riportato nella sentenza
del tribunale di Torino è impressionante:
DISASTRO AMBIENTALE – ETERNIT
 Stabilimento Monferrato (3.400 lavoratori)
-
284 decessi per asbestosi: 1 atteso
177 mesoteliomi pleurici: 5 attesi
69 mesoteliomi al peritoneo: 3 attesi
286 tumori del polmone: 128 attesi
 Stabilimento Bagnoli (1.500 lavoratori)
-
N. tumori peritoneo > 15-16 volte al dato atteso
22 mesoteliomi pleurici: 0,9 attesi
N. tumori polmonari doppio rispetto dato atteso
44 asbestosi: 0,009 attesi
DISASTRO AMBIENTALE – ETERNIT
• Sulla base di questi allarmanti dati fattuali il Tribunale
di Torino ha ritenuto sussistere un’ipotesi di disastro,
addirittura
doloso:
un
disastro
correlato
all’esposizione ad amianto è stato riconosciuto in una
situazione di altissime concentrazioni di fibre: «la
contaminazione dei siti industriali e zone ad essi
limitrofi [ha] assunto caratteristiche di potenza
espansiva del danno e di attitudine a mettere in
pericolo la pubblica incolumità tali da poter essere
considerata come disastro»
DISASTRO AMBIENTALE
• Nozione unitaria di disastro:
Sul piano dimensionale: evento distruttivo di
proporzioni straordinarie, anche se non
necessariamente immani, atto a produrre effetti
dannosi gravi, complessi ed estesi
Sul piano dell’offesa: pericolo per la vita o per
l’integrità fisica di un numero indeterminato di
persone, anche se non serve l’effettiva morte di
uno o più soggetti.
DISASTRO AMBIENTALE: QUESTIONE
DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
• Con Sent. Interpretativa di rigetto n. 327/08, la Consulta
ha dichiarato infondate le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 434 c.p., nella parte in cui esso
punisce il c.d. disastro innominato, sollevate con
riferimento agli artt. 24, 24 comma 2 e 27 Cost.
• «La nozione di ‘altro disastro’, su cui gravita la
descrizione del fatto illecito, si connette con
l’impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le
situazioni astrattamente idonee a mettere in pericolo la
pubblica incolumità»
DISASTRO AMBIENTALE: QUESTIONE
DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
•
L'«altro disastro», cui fa riferimento l'art. 434 cod. pen., è un accadimento sì
diverso, ma comunque omogeneo, sul piano delle caratteristiche strutturali,
rispetto ai «disastri» contemplati negli altri articoli compresi nel capo relativo ai
«delitti di comune pericolo mediante violenza»: conclusione, questa, confortata
anch'essa dai lavori preparatori del codice. Secondo la Corte, “l’analisi d’insieme
dei delitti compresi nel capo I del titolo VI” consente “in effetti, di delineare una
nozione unitaria di ‘disastro’, i cui tratti qualificanti si apprezzano sotto un duplice
e concorrente profilo. Da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto
di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente
immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi. Dall’altro lato,
sul piano della proiezione offensiva, l’evento deve provocare – in accordo con
l’oggettività giuridica delle fattispecie criminose in questione (la ‘pubblica
incolumità’) – un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero
indeterminato di persone; senza che peraltro sia richiesta anche l’effettiva
verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti”.
DISASTRO AMBIENTALE: QUESTIONE
DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
• Quindi, l’art. 434 c.p. è sì una norma di chiusura – poiché
disciplina un accadimento diverso da quelli precedentemente
disciplinati – ma non può certo essere considerata
indeterminata
• Inoltre, in quella sede, i giudici hanno espresso l’auspicio che
l’ipotesi di c.d. disastro ambientale formi oggetto di
autonoma considerazione da parte del legislatore:
 «In relazione ai problemi interpretativi che possono porsi
nel ricondurre alcune ipotesi al paradigma del c.d. disastro
innominato (tra le quali, segnatamente, l'ipotesi del disastro
ambientale), è auspicabile un intervento del legislatore penale
che disciplini in modo autonomo tali fattispecie criminose»
RIFORMA DEI REATI AMBIENTALI
• Recentemente è stato approvato alla Camera il Ddl che
inserisce nel codice penale un nuovo titolo (Titolo VI-bis),
dedicato ai reati contro l’ambiente
• Il Ddl prevede l’introduzione di quattro delitti ambientali:
 Inquinamento ambientale
 Disastro ambientale
 Traffico e abbandono di materiale di alta radioattività
 Impedimento al controllo
RIFORMA DEI REATI AMBIENTALI
• Le pene previste potranno essere diminuite per
coloro che collaborano con le autorità prima della
definizione del giudizio (ravvedimento operoso)
• Le fattispecie di inquinamento ambientale (art.
452-bis c.p.) e di disastro ambientale (art. 452-ter
c.p.) potranno essere commesse anche per colpa
RIFORMA DEI REATI AMBIENTALI:
IL NUOVO ART. 452-ter c.p.
• Disastro ambientale:
 Comma 1: «Chiunque, in violazione di disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative,
specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui
inosservanza costituisce di per sé illecito
amministrativo o penale, cagiona un disastro
ambientale è punito con la reclusione da quattro a
venti anni»
RIFORMA DEI REATI AMBIENTALI:
IL NUOVO ART. 452-ter c.p.
 Comma
2:
«Costituisce disastro ambientale
l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o
l’alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente
complessa sotto il profilo tecnico o particolarmente
onerosa o conseguibile solo con provvedimenti
eccezionali ovvero l’offesa della pubblica incolumità in
ragione della rilevanza oggettiva per l’estensione della
compromissione ovvero per il numero delle persone
offese o esposte a pericolo»
AVVELENAMENTO DI ACQUE O DI
SOSTANZE ALIMENTARI
• Art. 439 codice penale:
Comma 1: «Chiunque avvelena acque o sostanze
destinate all’alimentazione, prima che siano
attinte o distribuite per il consumo, è punito con
la reclusione non inferiore a 15 anni».
Comma 2: «Se dal fatto deriva la morte di alcuno,
si applica l’ergastolo e nel caso di morte di più
persone si applica la pena [di morte]».
AVVELENAMENTO – art. 439 c.p.
• Si tratta di un delitto contro l’incolumità pubblica,
volto a proteggere dal contatto con acque o sostanze
alimentari avvelenate coloro che potrebbero bere le
acque avvelenate o mangiare gli alimenti avvelenati
dopo la loro distribuzione per il consumo.
 La tutela è anticipata alla soglia del pericolo per
l’incolumità pubblica
 Un danno per la salute di persone determinate non è
elemento costitutivo del reato, ma integra
un’aggravante in caso di morte
AVVELENAMENTO – art. 439 c.p.
• Il comportamento tipico si sostanzia nel
rendere velenose acque o sostanze destinate
alla pubblica alimentazione:
 Secondo l’opinione dominante, il predetto
effetto
naturalistico
può
seguire
immediatamente l’azione o l’omissione
oppure risultare differito nel tempo
AVVELENAMENTO – art. 439 c.p.
• Si tratta di un reato comune
• In qualità di reato di evento a forma libera,
esso può essere realizzato sia in forma
commissiva sia in forma omissiva ex art. 40
comma 2 c.p.
• Secondo l’opinione dominante, non vi sono
ostacoli alla configurabilità del tentativo
AVVELENAMENTO – art. 439 c.p.
• Se è vero che gli effetti dell’avvelenamento possono
essere apprezzati sia nel breve che nel medio-lungo
periodo, si deve evidenziare la natura di reato
istantaneo, tutt’al più ad effetti differiti
• Il delitto si perfeziona nel momento in cui gli oggetti
materiali del reato hanno acquisito qualità venefiche
tali da poter ledere la salute di una pluralità
indeterminata di consociati, senza che sia necessario
che si verifichi un danno alla salute dei singoli individui
AVVELENAMENTO – art. 439 c.p.
• Reato di pericolo presunto?
 accertamento in concreto del pericolo insito
nell’accertamento dell’avvelenamento
• Il concetto di avvelenamento di per sé denota
una situazione spiccatamente pericolosa: è un
veleno solo una sostanza che causa pericoli
per la salute
AVVELENAMENTO – Nozione
 «Il
pericolo
è
l'aspetto
sostanziale
dell'avvelenamento: se non sorge alcun pericolo,
l'acqua non si può dire 'avvelenata', e perciò non
vi è reato» (Pagliaro)
È questo il senso dell’affermazione ricorrente in
dottrina e in giurisprudenza, secondo cui «il
pericolo per la pubblica incolumità non è
espressamente menzionato dal legislatore, in
quanto insito nello stesso avvelenamento»
(Fiandaca e Musco)
AVVELENAMENTO – Nozione
• Cass. 13 febbraio 2007, n. 15216: «La norma
incriminatrice non richiede apertis verbis che dal fatto sia
derivato un pericolo per la salute pubblica e la
considerazione può ritenersi sufficiente a giustificare
l’orientamento giurisprudenziale che considera il reato in
esame come fattispecie di pericolo presunto. Ciò
nondimeno il giudice è tenuto, anzitutto, ad accertare che
si sia verificato l’avvelenamento (termine che ha
pregnanza semantica tale da renderne deducibile in via
normale il pericolo per la salute pubblica, bene giuridico
tutelato), che è l’evento del reato»
AVVELENAMENTO – Nozione
• Cass. 13 febbraio 2007, n. 15216: la Cassazione ha
annullato (con rinvio) la sentenza impugnata, «che
afferma in modo del tutto apodittico la sussistenza
dell’avvelenamento; non spiega, in altre parole, da quali
elementi abbia dedotto che il cromo versato nel rio
avesse determinato l’avvelenamento delle acque. Manca,
tra l’altro, nella decisione impugnata, ogni
considerazione sull’effettiva quantità di cromo finita nelle
acque, benché l’avvelenamento non possa riferirsi se non
a condotte che, per la qualità e la quantità
dell’inquinante, siano pericolose per la salute pubblica,
pericolosità che va scientificamente accertata…
AVVELENAMENTO – Nozione
..Pericolosa per il bene giuridico tutelato è, in altre
parole quella dose di sostanza contaminante alla quale
le indagini scientifiche hanno associato effetti avversi
per la salute. Non è corretto, invece, il riferimento a
schemi presuntivi; in particolare, i “limiti soglia”, di cui
parla la sentenza impugnata, costituiscono una
prudenziale indicazione sulla quantità di sostanza,
presente in alimenti, che l’uomo può assumere senza
rischio, quotidianamente e sul lungo periodo».
AVVELENAMENTO – Nozione
• La natura «venefica», quindi pericolosa della
sostanza, deve essere accertata in concreto. Anche
se non si può definire come reato di pericolo
concreto, l’avvelenamento presuppone pur sempre
un pericolo reale per la salute. Ciò implica la
necessità di valutare in concreto se vi sia stata
immissione di sostanze inquinanti in qualità e
quantità sufficienti da determinare un pericolo in
caso di ingestione, non essendo sufficiente invocare
la natura oggettivamente venefica della sostanza.
AVVELENAMENTO – Nozione
• Paracelso: “è la dose che fa il veleno” .
• Arsenico: storico veleno
• Nell’acqua potabile è normativamente previsto (D.Lgs. 31/2001 sulla
potabilità delle acque) un limite di 10 microgrammi/litro.
Neanche in applicazione dei
limiti iper-precauzionali fissati
dalla Legge, si può identificare
un pericolo per l’assunzione
per tutta la vita di arsenico in
basse concentrazioni
AVVELENAMENTO – Nozione
• Termine avvelenare: perché l’acqua possa considerarsi avvelenata,
integrando l’elemento materiale del reato, vi deve essere
necessariamente il pericolo che essa determini effetti tossici nelle
persone che vi entrino in contatto alimentare
• L’avvelenamento non deve necessariamente avere potenzialità
letale: è sufficiente che abbia idoneità a nuocere alla salute (Cass.,
Sez. I, 26.9.2006, n. 35456)
 CRITICA: entità della pena. La pena è più alta di quella prevista per
il tentato omicidio aggravato dall’uso di sostanze venefiche (da 12 a
24 anni – avvelenamento: da 15 a 24): proiezione offensiva più
intensa di quella del tentativo di omicidio aggravato, perché diretta
a un numero indeterminato di persone.
AVVELENAMENTO – Nozione
• La natura velenosa delle sostanze deve essere
accertata secondo parametri oggettivi che
prescindono dalle condizioni individuali di salute
o dalle capacità di reazione del singolo
• L’art. 439 c.p. conferisce rilevanza a qualunque
tipologia di veleno, a prescindere che
quest’ultimo sia inserito nella farmacopea
ufficiale, purché in grado di provocare effetti
offensivi
AVVELENAMENTO – Oggetto
• Oggetto materiale di avvelenamento possono essere «acque o
sostanze destinate all’alimentazione» prima che siano
attinte/distribuite per il consumo.
• Es: chi avvelena l’acqua del pozzo prima che l’acqua sia attinta da un
soggetto determinato, si rende responsabile di avvelenamento ex
art. 439 c.p.; chi, viceversa, avvelena l’acqua dopo che un soggetto
abbia attinto l’acqua per il proprio uso domestico, risponderà di
omicidio aggravato nella forma consumata o tentata.
•
Il concetto di destinazione non implica che l’uso della cosa
alimentare sia imminente: la fattispecie si presta ad essere integrata
anche in caso di prospettiva di utilizzazione lontana nel tempo.
Deve trattarsi di uso sì futuro, ma certo e probabile.
AVVELENAMENTO - Oggetto
 Rientra nella previsione di legge qualsiasi acqua ad uso alimentare,
e quindi non quella usata soltanto per bere, ma anche quella usata
per preparare gli alimenti
 È indifferente il luogo dove si trovi l’acqua, che sia corrente,
stagnante, sorgiva oppure chiusa in pozzi, cisterne, serbatoi,
acquedotti, ecc., che si tratti di acqua di proprietà privata oppure
pubblica (Cass., Sez. III, 27.5.1997)
 Specie in passato, sono state considerate ‘acque desinate
all’alimentazione’ non solo quelle destinate direttamente al
consumo, ma anche quelle che, essendo impiegate per la
coltivazione di prodotti agricoli o per l’allevamento di bestiame,
risultano indirettamente destinate alla pubblica alimentazione (Trib.
Savona, 17.6. 1982)
AVVELENAMENTO - Oggetto
 Indirizzo giurisprudenziale (inerente il meno
grave reato di adulterazione di sostanze
alimentari, art. 440 c.p.): oggetto del reato
possono essere anche acque di falda
potenzialmente attingibili e, pertanto, destinabili
(anziché attualmente destinate) all’alimentazione
umana.
Critica: interpretazione analogica? Ciò che è
destinabile all’alimentazione non è destinato
all’alimentazione.
AVVELENAMENTO - Dolo
• Ai fini dell’integrazione del dolo si richiede:
La conoscenza della natura venefica della sostanza immessa
La volontà di contaminare le acque/sostanze alimentari
La consapevolezza della destinazione all’alimentazione collettiva
• Laddove parte della dottrina sostiene la necessità
che l’agente si rappresenti anche il pericolo che
deriva dall’avvelenamento, altri ritengono che tale
consapevolezza sia insita nel fatto stesso di
avvelenare cose destinate all’alimentazione
AVVELENAMENTO - Circostanze
• Il comma secondo dell’art. 439 c.p. contempla due
fattispecie accessorie di natura oggettiva:
dall’avvelenamento deriva la morte di una persona
dall’avvelenamento derivi la morte di più persone
• In entrambi i casi – a seguito dell’abrogazione della pena di
morte - è prevista la pena dell’ergastolo
 L’equiparazione sul versante sanzionatorio delle due ipotesi di
cui supra, tuttavia, non convince gran parte della dottrina
Art. 452 c.p.
• Ipotesi colposa di avvelenamento:
 Nel caso di morte di più persone, si applica la
pena da 3 a 12 anni;
 Nel caso di morte di una persona si applica la
pena da 1 a 5 anni;
 Per il solo avvelenamento si applica la pena da 6
mesi a 3 anni.
Art. 452 c.p.
• Ai fini dell’affermazione della responsabilità colposa, è
necessario verificare che l’avvelenamento delle acque e
delle sostanze destinate all’alimentazione pubblica sia
avvenuta a causa di imprudenza, negligenza o imperizia
ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline
• Quanto al momento a partire dal quale il pericolo comune
immanente all’avvelenamento debba ritenersi riconoscibile
all’agente modello e, dunque, evitabile la sua realizzazione
nell’evento, è stato autorevolmente sottolineato che «si
deve far riferimento alle conoscenze diffuse in un dato
momento, e alle misure tecnologiche disponibili in un dato
momento sul mercato» (MARINUCCI)
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Art. 256 bis D.lgs. 152/06