1° Corso promosso dalla Scuola centrale di formazione
dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia
I principi generali del diritto di famiglia e il
ruolo dell'avvocato
1 Lezione
Il processo camerale nel diritto di famiglia
Il processo camerale nel diritto di
famiglia
casi e questioni
Claudio Cecchella
Roma, 22 settembre 2014
metodo
Nella prospettiva di una didattica che superi il
modello della lezione “frontale” di matrice
accademica, si è pensato ad una lezione
“interattiva” tra un docente, che docente non
è perché è solo un promotore di problemi e
questioni, e il gruppo dei discenti, che sono
invece un po’ docenti, in quanto veri
protagonisti del corso, i quali dovranno
risolvere i problemi e le questioni.
La relazione iniziale e le relazioni finali
La relazione iniziale avrà il solo scopo di
precisare i problemi e le questioni sollevate
dal caso che il tema suggerisce, mentre le
relazioni finali in plenaria avranno il compito
di esporre le soluzioni che saranno emerse
nella discussione, eventualmente
evidenziando orientamenti diversi in base
all’esperienza di ognuno, anche e soprattutto
alla luce della giurisprudenza del proprio
tribunale.
I gruppi di lavoro
I frequentanti saranno suddivisi in gruppi di
lavoro, esattamente tre gruppi di lavoro che si
riuniranno in tre aule del centro congressi; ogni
gruppo di lavoro avrà uno o più temi assegnati e
darà sulla base della esperienza di ognuno una
soluzione al caso o questione anche in maniera
ulteriormente problematica. Il gruppo sarà
coordinato da un relatore e un componente
dovrà in estrema sintesi riassumere gli interventi
o le soluzione offerte.
I casi e le questioni
1° gruppo coordinato
dal Prof. Romolo Donzelli
1. "Costituzionalità di una risoluzione delle
controversie di famiglia su diritti soggettivi
mediante forme di rito camerale "puro"
ovvero che rinvia esclusivamente agli artt. 737
e ss. c.p.c.: problemi e prospettive”
2. "Rito camerale, misure cautelari e
provvedimenti anticipatori nelle controversie
di famiglia”
2° gruppo coordinato
dall’Avv. Rita Prinzi
3. "Profili di rito e competenza; connessione di
domande avviate con il rito camerale e domande
avviate con il rito ordinario, in particolare in
relazione alla disciplina dell'art. 38 disp. att. c.c.”
4. "Il rito camerale sui diritti indisponibili,
modifiche alla disciplina delle forme processuali
dedicate alle controversie sui diritti disponibili".
3° gruppo coordinato
dal Prof. Claudio Cecchella
5. "L'appello camerale nelle controversie di
famiglia, incompatibilità con l'appello
comune e prospettive”
"Costituzionalità di una risoluzione
delle controversie di famiglia su
diritti soggettivi mediante forme di
rito camerale "puro" ovvero che
rinvia esclusivamente agli artt. 737 e
ss. c.p.c.: problemi e prospettive”
La mancanza di disciplina
Il rito camerale è regolato dagli artt. 737 e ss.
c.p.c., ovvero da pochissimi articoli, sulle
forme dell’atto introduttivo (ricorso), art 737;
sulla delega ad un giudice per l’assunzione
della prova e sull’assunzione di sommarie
informazioni (738); sulla impugnazione (art.
739); sul regime e gli effetti del
provvedimento conclusivo (artt. 741, 742 e
742 – bis, c.p.c.)
I poteri del giudice
E’ un rito che abbandona alla discrezionalità
del giudice, se non addirittura alla sua libertà
le forme del processo.
Il problema dell’adozione
al rito contenzioso
La discrezionalità delle forme si spiega
nell’adozione originaria (probabilmente neppure
in linea con le garanzie del procedimento
amministrativo) quale strumento della volontaria
giurisdizione, quando il giudice è esclusivamente
investito di una funzione amministrativa di
gestione di interessi generali: le tutele e la
omologa di negozi giuridici, in ambiti in cui sono
coinvolti gli interessi della generalità accanto a
quelli del privato.
segue
Tuttavia la semplificazione delle forme, nel
segno della celerità e del maggior controllo
giudiziale, viene presto posta al servizio della
tutela giurisdizionale dei diritti,
particolarmente nell’ambito delle controversie
di famiglia e fallimentari, per ovviare ai tempi
del processo a cognizione piena.
Violazione della riserva di legge?
La mancanza di disciplina e l’abbandono delle
forme del processo alla discrezionalità del
giudice:nell’ambito della tutela giurisdizionale
dei diritti contrasta con la riserva di legge nella
regolamentazione del processo, imposta dalla
costituzione art. 111 Cost.?
violazione della regola del giusto
processo?
Oltre alla mancanza di regolamentazione
legislativa, il rito camerale si presenza come
autosufficiente, ovvero non tollera alternative a
sé stesso: la tutela cautelare o sommaria e la
tutela a cognizione piena non sono ammesse
nelle materie devolute al rito camerale.
La tutela dei diritti sino al giudicato si riduce ad
una cognizione sommaria, mai seguita da una
cognizione piena e priva di strumenti di tutela
cautelare.
L’inammissibilità delle tutele cautelari
e comuni a cognizione piena
La introduzione di mezzi di tutela cautelare
(costituzionalizzate dall’art. 24 Cost.) o di
mezzi comuni a cognizione piena, si risolve in
una declaratoria di inammissibilità, non
essendo gli errori di rito destinati ad una
tecnica di conversione (artt. 426 e 427 c.p.c. o
4 del d. lgs n. 150 del 2011) e di conservazione
degli effetti della domanda. Tutto ciò è
costituzionale in relazione all’art. 3 Cost.?
Le reazioni del sistema
Le possibili reazione del sistema:
- la incostituzionalità della adozione del rito nella tutela
giurisdizionale dei diritti;
- l’adattamento, in via interpretativa, alle garanzie
processuali della tutela giurisdizionale dei diritti;
Il giudice di legittimità, ha seguito la seconda
alternativa,seguito dopo qualche iniziale esitazione dal
giudice della costituzionalità delle leggi.
Le garanzie
Come Andrea Proto Pisani ha evidenziato (“La
giurisdizionalizzazione dei processi minorili c.d. de potestate”, in Foro it.,
2013, V….. ) il carattere giurisdizionale dei
procedimenti sulla responsabilità genitoriale ,
come anche delle controversie sull’ affidamento,
non tollera l’applicazione di norme inesistenti
come quelle del rito camerale (per
l’incostituzionalità: ordinanza Dogliotti, App.
Genova, 4 gennaio 2001, e ordinanza Pazzè , App.
Torino, 3 gennaio 2001) per violazione dell’art.
111 Cost. sulla riserva di legge e sulle regole del
giusto processo.
La risposta della Corte Costituzionale
La sentenza n. 1 del 2002 della Corte cost. ha
risolto salomonicamente con una declaratoria di
inammissibilità che lascia aperto il contrasto, ma
anche incidentalmente ha suggerito l’applicazione
al procedimento di cui all’art. 336 c.c.: - del
principio del contraddittorio, anche quando la
misura viene data inaudita altera parte, e di
alcuni fondamentali garanzie previste dal
processo cautelare uniforme, particolarmente in
ordine al reclamo, come adeguamento
costituzionale della normativa.
La interpretazione giurisprudenziale
In questo modo penetra nel sistema un “diritto
vivente” giurisprudenziale, meno evidente lo si
deve dire nell’esperienza innanzi al tribunale per i
minorenni, così regolato:
- attenzione al contraddittorio e al diritto di difesa,
nello spiegamento di tutte le sue potenzialità;
- attenzione all’esercizio di un diritto alla prova;
- motivazione del decreto conclusivo e suo
controllo di legittimità innanzi alla Suprema
Corte.
il diritto vivente innanzi
al giudice minorile
Questa evoluzione è alcune volte meno
evidente nella pratica del rito camerale
innanzi al tribunale dei minorenni, dove la
parte apprende della pendenza del
procedimento assai spesso quando un atto
istruttorio è già compiuto e viene convocata
con modalità che non assicurano alcuna
garanzia di conoscenza non solo della
pendenza ma delle ragioni del procedimento.
L’ultima esperienza legislativa
Nell’ultima esperienza legislativa – la riforma
del processo fallimentare – il legislatore ha
preferito riscrivere le forme camerali offrendo
forme ormai aliene da quelle primordiali
camerali: veri propri processi ibridi ormai
aperti alla cognizione piena: il processo per la
dichiarazione di fallimento (art. 18 ), per la
verifica dello stato passivo (artt. 95 ss.), per
l’impugnativa degli atti degli organi
giurisdizionali del fallimento (art. 26).
La soluzione di continuità nel diritto
familiare
Al contrario dell’esperienza del fallimento, il
diritto di famiglia prosegue nel richiamo puro
e semplice delle forme degli artt. 38 disp. att.
c.c. (adozione del c.d. camerale puro)
<<Nei procedimenti in materia di affidamento e
di mantenimento dei minori si applicano, in
quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti
del codice di procedura civile>>
Le “vendette” del sistema
Dopo una stagione di polemiche sull’adozione
delle forme camerali “pure”alla tutela dei
diritti, la “creazione” di un nuovo rito
giurisprudenziale e la riforma legislativa del
rito in alcuni materie (appello), il rito camerale
sta vivendo una stagione prolifica, aprendosi
alle garanzie molto più del processo ordinario:
dopo le recenti riforme della cognizione
ordinaria di primo grado e delle sue
impugnazioni.
"Profili di rito e competenza e di
connessione di domande avviate
con il rito camerale e domande
avviate con il rito ordinario, in
particolare in relazione alla
disciplina dell'art. 38 disp. att.
c.c.”
Il rito
Il principio di tipicità
La delicatezza della scelta, sta tutta nell’esito
dell’errore: l’inammissibilità della domanda con
conseguente perdita dei suoi effetti, in mancanza
di una sanatoria con conversione del rito.
La scelta è guidata dal principio di tipicità?: solo
nelle materie in cui espressamente il legislatore
richiama il rito, esso è applicabile, ogni altra
controversia è assoggettata al rito comune.
Il rito minorile
Nei procedimenti in materia di responsabilità
genitoriale di affidamento e di mantenimento
dei minori si applicano, in quanto compatibili,
gli articoli 737 e seguenti del codice di
procedura civile, ex art. 38 delle disp. att.
c.p.c.
La regola riguarda il rito e non la competenza.
il rito dell’appello
Il rito camerale è ormai il rito generalizzato
dell’appello nel controversie di famiglia, siano
essere precedute da un primo grado che si è
svolto in forme camerali, sia che sia preceduto
da un primo grado che si è svolto in forme
ordinarie (separazione e divorzio).
La competenza
La sopravvivenza del riparto di
competenze
Anche dopo la legge n. 219 del 2012 sulla
filiazione, sopravvive all’intervento della riforma
la ripartizione delle competenze, avendo il
legislatore riproposto – nonostante la presenza di
numerosi disegni di legge verso l’unificazione
delle competenze con la creazione di una
competenza unica per materia funzionale del
tribunale ordinario sezione specializzata della
famiglia – l’applicazione dell’art. 38 delle disp. att.
cod. civ.?
le competenze
<<Sono di competenza del tribunale per i
minorenni i provvedimenti contemplati dagli
articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371,
ultimo comma, del codice civile>>
<<Sono emessi dal tribunale ordinario i
provvedimenti relativi ai minori per i quali non
è espressamente stabilita la competenza di
una diversa autorità giudiziaria>>
Le controversie sulla responsabilità
genitoriale
Sono in particolare rimaste nella competenza
del tribunale per i minorenni le controversie
sulla responsabilità genitoriale, sulla sua
decadenza (artt. 330 e 332 c.c.); sui
provvedimenti convenienti meno gravosi della
decadenza, come l’allontanamento (art. 333
c.c.); sulla rimozione e riammissione
nell’esercizio dell’amministrazione (art. 334 e
335).
incrementi
L’autorizzazione al riconoscimento del figlio
incestuoso ex art. 251 c.c. sono attribuite al
tribunale per i minorenni (nuova formulazione
dell’art. 38 disp. att. c.c.)
Segue. L’azione degli ascendenti
L’azione degli ascendenti a tutela del diritto di
mantenere rapporti significativi con nipoti
minorenni, ai sensi dell’art. 317-bis, introdotto
dal d.lgs. n. 154 del 2013, è
“incomprensibilmente” affidato alla
competenza del tribunale per i minorenni, in
forza della modifica apportata all’art. 38 delle
disp.att. c.c.”.
L’incremento della competenza del
tribunale ordinario
Poiché l’art. 38, al secondo comma, ripropone
la regola di chiusura secondo la quale ogni
altra controversia è attribuita alla competenza
del tribunale ordinario, ne risulta
significativamente incrementata la
competenza di questo organo.
Segue. Controversie sull’ esercizio
della responsabilità genitoriale
Sono affidate alla competenza del tribunale
ordinario, alcune controversie sulla responsabilità
genitoriale:
- art. 316, risoluzione dei contrasti sull’esercizio
della responsabilità genitoriale dei figli nati nel
matrimonio e fuori dal matrimonio;
- la disciplina separata per i figli nati fuori dal
matrimonio è stata abrogata con la novellazione
dell’art. 317-bis, oggi tutto è ricompreso nell’art.
316 (d. lgs n. 154 del 2013)
La connessione
La competenza attrattiva per
connessione del tribunale ordinario
All’attribuzione di affidamento e
mantenimento integralmente al tribunale
ordinario, la legge n. 219 pone l’ulteriore
competenza per attrazione - dovuta alla
pendenza del procedimento per separazione e
divorzio o del giudizio sulla controversia
inerente l’esercizio della responsabilità
genitoriale ex art. 316 c.c. -, delle controversie
sulla responsabilità genitoriale.
Conseguenza interpretativa,i
procedimenti di modifica e revisione
Per l’identità di oggetto deve ritenersi che la
vis attrattiva vale anche in caso di pendenza
dei procedimenti di modifica e di revisione
delle condizioni di separazione e divorzio?
I figli nati fuori dal matrimonio
La unificazione dei procedimenti sulle
controversie relative all’esercizio della
responsabilità genitoriale dei figli nati nel
matrimonio e fuori dal matrimonio sotto la
disciplina dell’art. 316, dovuto al d.lgs n. 154
del 2013, esclude oggi il problema della
attrazione per connessione con le controversie
di cui all’art. 317-bis c.c. che non regolano più
le controversie relative ai figli nati fuori dal
matrimonio.
Conseguenze in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio:
affidamento e mantenimento cumulati innanzi al
tribunale ordinario
Il riparto di competenze, nonostante la
persistente frantumazione e biforcazione, ha il
pregio di superare definitivamente la
giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass., 3
aprile 2007, n. 8362, in Foro it., 2007, I, 2049),
che in caso di domanda congiunta di affidamento
del figlio nato fuori dal matrimonio e di
mantenimento, quest’ultima in via autonoma
attribuita alla competenza del tribunale ordinario,
affidava l’intera controversia al tribunale per i
minorenni, derogando alle regole sulla
competenza per ragioni di connessione?
….sulle controversie
ex art. 709 – ter c.p.c.
L’art. 709 – ter c.p.c., il suo radicarsi sulla
competenza per il merito e la possibilità che il
giudice in questa sede possa modificare i
provvedimenti di affidamento e potestà, offre
ragione di una vis attrattiva della controversia
sulla responsabilità genitoriale pendente
innanzi al tribunale per i minori?
Il problema, i legittimati diversi delle
azioni sulla responsabilità genitoriale
Resta da capire cosa accada nell’eventualità che il
legittimato di cui all’art. 336, nelle controversie sulla
responsabilità genitoriale , sia un soggetto diverso dai
genitori, pur legittimato sulla base di quella
disposizione: in pendenza della separazione o del
divorzio, resta ferma la competenza del tribunale per i
minorenni? Oppure deve ritenersi ampliato
soggettivamente il procedimento per separazione e
divorzio in virtù della vis attrattiva?
Propende per la prima Tribunale Milano 07 maggio
2013 - Pres. Servetti - Est. Buffone, in www.ilcaso.it
Inapplicabilità dell’art. 5 c.p.c.?
La vis actrattiva non deve applicarsi soltanto
nel caso in cui già penda anticipatamente il
procedimento per separazione e divorzio al
momento della presentazione della domanda
sulla controversia affidata al tribunale per i
minorenni, ma per l’ampiezza della formula
(“resta esclusa la competenza”) deve ritenersi
che la vis attrattiva operi anche quando sia
introdotta anteriormente la controversia
innanzi al tribunale per i minorenni?
Tribunale Milano 03 ottobre 2013
“L’innovativo criterio della competenza funzionale
per attrazione opera (o può operare) nel senso di
ricondurre al giudice ordinario la cognizione
anche dei profili inerenti alla limitazione e/o
ablazione della responsabilità genitoriale, che in
via generale sono attribuiti alla competenza del
Tribunale minorile, solo in presenza di una
precedente pendenza di un procedimento
c.d. ordinario”
Alcune riflessioni sulla litispendenza
I procedimenti in questione pendono tutti dal
deposito del ricorso essendo introdotti in
quella forma (art. 39, 4° comma, c.p.c.) e deve
ritenersi pendente anche il processo sospeso o
interrotto.
Il problema della compatibilità con i
rito ordinario
L’applicazione della competenza per attrazione
verso il procedimento per separazione e
divorzio codifica per la prima ipotesi un rito
camerale che si converte in rito ordinario?
"Rito camerale, misure cautelari e
provvedimenti anticipatori nelle
controversie di famiglia”
Il problema di una tutela provvisoria
Oltre alla mancanza di regole del rito, che apre la
prospettiva del processo al baratro della
violazione dei più elementari principi del giusto
processo, resta la lacuna della mancanza di un
provvedimento provvisorio, di natura anticipatoria
che costituisce invero indefettibile misura dovuta
alla differenziazione della tutela giurisdizionale dei
diritti essendo endemicamente implicato dalla
controversia familiare il profilo dell’urgenza della
tutela.
Mancanza di una soluzione
Il richiamo al rito camerale, per il carattere
autosufficiente ed intollerante a forme di tutela
alternativa, come quella ordinaria a cognizione
piena, anche quella anticipatoria a cognizione
sommaria rende insolubile il problema.
Non è risolto neppure dal terzo comma dell’art.
38 il quale sancisce solo l’immediata esecutività
dei provvedimenti terminali e non si esprime sui
provvedimenti provvisori ed urgenti, sul modello
dei provvedimenti presidenziali in sede di
separazione e divorzio.
L’analogia
L’interprete può, per dovere costituzionale,
dare un’interpretazione della grave lacuna?
Applicazione analogica dell’art. 710, 3°
comma, c.p.c. il quale introdotto in un caso di
rito camerale familiare, potrebbe essere di
generale valenza, oppure l’art. 336, 3° comma.
L’impugnativa dei provvedimenti
provvisori
Ammettere anche in via analogica
provvedimenti provvisori pone al centro
dell’attenzione il tema della loro reclamabilità,
solubile:
- o con l’applicazione analogica del reclamo
cautelare;
- o con l’applicazione del reclamo camerale ex
art. 739 c.p.c.
La giurisprudenza
La reclamabilità è stata ritenuta da App. Catania
14 novembre 2012:
“E’ ammissibile la autonoma reclamabilità ex art.
739 c.p.c. dei provvedimenti provvisori adottati
nel procedimento ex art. 317 bis c.c, anche se non
è esplicitamente prevista nel processo camerale
minorile una forma di reclamo analoga a quella
prevista dal comma IV dell’art. 708 c.p.c. e che i
provvedimenti provvisori sono modificabili dal
giudice che li ha emessi”
Tutela d’urgenza
Al di là di una tutela anticipatoria è consentita
nel rito camerale una tutela d’urgenza ex art.
700 c.p.c., in considerazione della sua
costituzionalizzazione come la Corte cost. ha
in più occasioni ritenuto?
"Il rito camerale sui diritti
indisponibili, modifiche alla
disciplina delle forme processuali
dedicate alle controversie sui
diritti disponibili”
La mancanza del principio di preclusione
nel rito camerale
La domanda è introdotta con ricorso,
all’interno del quale la parte non deve
misurarsi con il principio di preclusione, per
cui le difese (domande, eccezioni e prove
possono essere diluite lungo il corso del
procedimento, dovendo coordinarsi solo con
la celerità del rito, che può esaurirsi anche in
una sola udienza). Lo stesso a valere per la
memoria di costituzione del convenuto che
può essere depositata alla udienza.
i protocolli e le prassi
In alcuni protocolli o per alcune prassi, i
tribunali fissano alle parti termini per lo
svolgimento di un contraddittorio anteriore
alla udienza, onde evitare che questa possa
subire ulteriori rinvii.
E’ opportuno sottolineare che questi termini
possono essere perentori?
Il carattere indisponibile del diritto
-
La mancanza del principio di preclusione alle
difese (neppure la domanda), sta spesso nella
peculiarità della materia, essendo il rito per lo
più adottato nel processo minorile ove hanno
rilievo situazioni indisponibili:
la responsabilità genitoriale;
l’affidamento;
il contributo di mantenimento del minore;
l’assegnazione della casa coniugale
La mancanza di previsione legislativa
Il principio di preclusione, per la ragione che i
termini perentori li detta la legge e non il
giudice (art. 153 c.p.c.), può essere introdotto
solo dal legislatore: in mancanza non esiste?
la deroga al principio della domanda
Il carattere indisponibile della situazione
consente al giudice – in particolare quando
oggetto della tutela è un diritto personale ed
economico del minore – di assumere
determinazioni a prescindere da una domanda
di una delle parti o del p.m. (responsabilità
genitoriale, affidamento, collocazione,
assegnazione della casa coniugale, contributo
di mantenimento)?
il rilievo dell’accordo delle parti
Anche se il giudice deve prestare attenzione
all’accordo dei genitori, nel determinarsi per
l’accertamento dei diritti del minore ( e solo
per questi ) può anche derogarvi, assumendo
una decisione contraria?
"L'appello camerale nelle
controversie di famiglia,
incompatibilità con l'appello comune
e prospettive”
L’impugnativa dei decreti del tribunale
per i minorenni
La norma si esprime invece in modo esplicito
per la reclamabilità (da intendersi in sede
camerale) alla sezione della Corte di appello
per i minorenni, cfr. art. 38 disp att.
In tal modo, almeno nella disciplina
dell’appello le controversie di famiglia si
unificano tutte in un rito che segue le regole
della camera di consiglio.
gli appelli di rito camerale nelle
controversie di famiglia
Il rito camerale è irriducibile alle regole della cognizione piena
e il sistema è colmo di episodi di rito camerale al quale viene
affidata la tutela dei diritti in appello, particolarmente nel
diritto di famiglia:
- i reclami avverso i decreti del tribunale per i minori (nuovo
art. 38 disp att. c.c.);
- i reclami avverso le controversie di famiglia affidate al
tribunale ordinario con rito camerale (modifica e revoca delle
sentenza di sep e div. ; le competenze ereditate dal tribunale
per i minorenni, dopo la legge n. 219 del 2012)
- gli appelli in forma camerale delle sentenze di separazione e
divorzio (art. 709 – bis c.p.c. e art. 4, c. 15, legge n. 292 del
1970).
la tendenza verso una cameralizzazione
dell’appello nel diritto di famiglia, conseguenze
Per quanto il legislatore non sia sempre
preciso (nel procedimento per separazione si
ipotizza il rito camerale solo per la
impugnazione delle sentenze non definitive
art. 709 – bis, c.p.c.), la tendenza è verso
appelli che seguono rigorosamente il rito
camerale, ispirati alla non-disciplina dell’art.
739 c.p.c.
Il rito camerale apre alla tutela
giurisdizionale dei diritti
Quasi paradossalmente, avere affidato l’appello
nelle controversie di famiglia al rito camerale
vuole dire:
- avere conquistato una tempistica di esaurimento
del procedimento non comparabile con la
lentezza dell’appello comune;
- avere conquistato un gravame pieno, godendo
della pienezza delle forme della tutela
giurisdizionale dei diritti, per tre ragioni positive.
1) irriducibilità de rito camerale alle regole del
processo di cognizione piena
La riconquista delle garanzia, attraverso il
reclamo camerale, è dovuta all’irriducibilità
del relativo rito alle regole del processo a
cognzione piena e particolarmente alle regole
dell’appello comune:
- divieto dei nova (art. 345 c.p.c.)
- esasperazione del motivo di appello (artt. 342
e 348 – bis c.p.c.)
2) l’indisponibilità del diritto
Peraltro un processo prevaso da decadenze
com’è l’attuale processo a cognizione piena
presenta anche l’ostacolo del carattere
indisponibile dei diritti tutelati:
particolarmente i diritto del minore, la cui
conseguenza è la partecipazione al processo
del p.m. e la conseguente inapplicabilità
dell’art. 348 – bis c.p.c.
3) la motivazione del decreto
Il rito camerale, poi, si conclude con
provvedimenti, che hanno la forma del
decreto, per i quali il dovere di motivazione
del giudice è attenuato, ciò che ha evidenti
implicazioni sul corrispondente onere
dell’appellante di specificare la motivazione.
I rischi di una giurisprudenza
sull’art. 708, c.c., c.p.c.
Nonostante la semplicità del ragionamento, il timore è che
la giurisprudenza possa riproporre la disciplina eversiva
rispetto al dato positivo dei reclami avverso le ordinanze
presidenziali:
- costruiti rigorosamente come revisio priori istantiae, ove
non semplicemente non si possono dedurre nuove prove
ma si ipotizza addirittura un insensibilità ai fatti
sopravvenuti deducibili solo davanti al g.i.;
- sino ad inventare un’inammissibilità del reclamo dopo lo
svolgimento nel procedimento della udienza innanzi al
giudice istruttore.
Ma qui si pone la lacuna legislativa nel coordinamento con
il giudizio di merito, che non esiste nell’appello.
..e nelle controversie fallimentari
Nell’ambito invece dei riti fallimentari
caratterizzati dal c.d. modello camerale spurio
(perché cela in realtà un processo a cognizione
piena di rito speciale) il concetto della liberalità
della specificazione del motivo e della libertà
della prova in appello è codificato, cfr. artt. 18, 19
per il processo per la dichiarazione di fallimento;
art. 99 per il processo di accertamento del
passivo; art. 26 per i reclami contro i
provvedimenti del giudice delegato e del
tribunale.
L’appello camerale, conclusioni
Il richiamo generalizzato al rito camerale per
l’appello, apre la prospettiva di un gravame
più garantistico, per la inapplicabilità al rito
camerale dell’art. 342 sul motivo specifico in
appello e dell’art. 348-bis sulla necessità a
pena di inammissibilità dell’appello di una
ragionevole probabilità di accoglimento;
dell’art. 345 sui limiti alla deducibilità di nuove
difese in appello?
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