di Vincente Gerbasi Veniamo dalla notte Dietro rimangono le tombe e nella notte andiamo. ai piedi dei cipressi Dietro rimane la terra solitari nella pena con i suoi vapori di lontane stelle dove vive il mandorlo, dietro rimangono le porte con il bimbo e il leopardo. che gemono al vento. Dietro rimango i giorni Dietro rimane l’angoscia con laghi, nevi e renne, come dramma dell’uomo. con vulcani ormai spenti Dietro rimane la luce e selve insidiose che bagna le montagne, dove abitano le ombre i parchi dei bambini azzurre del terrore. e i candidi altari. Verso la metà dell’800, nell’Europa devastata dalle guerre napoleoniche e “messa in movimento” dalle nuove forze economiche, industriali e finanziarie si è verificata una partenza in massa verso le Americhe. Si calcola che dal 1840 al 1900 circa 600 milioni di europei si siano trasferiti nel Nuovo Mondo. E’ il più grande esodo nella storia. L’emigrazione italiana si inserisce in questa colossale migrazione. Questo movimento tumultuoso è provocato anzitutto dal forte aumento della popolazione e dalla crisi dell’agricoltura. La terra perciò non è in grado di dare nutrimento a coloro che l’abitano e quindi milioni di contadini sono costretti a cercare nuove terre in America. Contemporaneamente arrivano le macchine. Cambia il volto della società. Nascono nuove città, le ferrovie accorciano le distanze. Il mercato internazionale del lavoro sposta milioni di operai al di là dell’Atlantico. Un altro elemento importante è la fine delle terre comuni: un tempo i contadini lavoravano le terre appartenenti ai nobili o alla Chiesa, mentre ora queste terre non esistono più. I poveri quindi diventano miserabili e sono costretti ad emigrare o a rifugiarsi nelle periferie delle città. C’è infine un problema fondamentale! L’America è vista come la nuova “terra promessa”. Nell’immaginario collettivo il continente americano garantisce a tutti pane e libertà. Ma non è soltanto la miseria che spinge gli emigranti a varcare l’oceano: è il desiderio di tentare l’avventura, il bisogno di vivere in una società meno oppressiva, di mettere alla prova le proprie capacità. Il 1840 è considerato l’anno di nascita dell’emigrazione moderna perché in questo periodo partivano le famiglie e i lavoratori con strumenti di lavoro. Prima, invece, partivano soldati, avventurieri, mercanti e funzionari. In Italia il grande esodo comincia nel 1875; le cause sono le stesse che in tutta Europa. In Italia l’emigrazione assume però una caratteristica precisa. E’ un’ emigrazione diversa, la più numerosa di tutte, la più sfruttata: è un esodo infinito. Thomas Sowell, uno studioso americano, lo definisce “il più grande esodo di un popolo nella storia moderna”. Nella penisola l’emigrazione inizia 20 anni in ritardo rispetto all’Europa settentrionale: essa coincide di fatto con la nascita dell’Italia, perché al momento dell’unificazione essa non è ancora pronta al confronto con i vari mercati europei. Ha una popolazione di 26 milioni di abitanti dei quali l’80% è analfabeta. L’industrializzazione è appena avviata e l’agricoltura è molto arretrata. L’Italia è afflitta da antiche piaghe: la malaria uccide 40.000 persone ogni anno (anche Cavour è morto di malaria…), la pellagra 100.000. Mancano strade, ospedali, scuole, ferrovie… per far fronte a questi problemi lo Stato è costretto a premere sulla popolazione con forti tasse. L’emigrazione inizia così. Visto che non abbiamo trovato notizie su Valdastico, abbiamo deciso di parlare di un comune vicino: Rotzo. Nel comune di Rotzo all’ inizio del ‘900 le risorse economiche locali non sono più sufficienti. Si deve emigrare. Inizia l’avventura di tanti rotzesi! Nell’ondata migratoria di fine ‘800, verso l’America del Sud, anche molte famiglie di Rotzo partono in cerca di una migliore sistemazione. Li attendono le immense pianure dell’Argentina, dell’Uruguay, del Brasile. Questi paesi, l’Australia e alcuni stati dell’Europa sono diventati la loro terra d’adozione. L’emigrazione è un mondo di sentimenti, una penosa frattura, uno strappo violento dalla famiglia, dalle persone e luoghi cari. Ma quanti sono andati “in cerca di fortuna”? Un primo gruppo ha lasciato Rotzo tra il 1870 e il 1880, attirato dalle lusinghiere prospettive in un periodo in cui l’Italia era in grave difficoltà. Si preparano le valigie e ci si imbarca su una vecchia nave nel porto di Genova. Giunti alla “terra promessa” ci si rende conto della dura realtà. Ma non ci si lascia abbattere dallo scoraggiamento. Si resiste, il terreno coltivato diventa produttivo, si costruiscono paesi che poi si trasformano in città che portano nomi italiani, i nomi della terra lasciata (per esempio San Pedro Encantado)… Dal 1886 al 1891 sono emigrati nell’ America del sud (Brasile, Uruguay e Argentina) complessivamente 148 cittadini di Rotzo. - Dalla fine dell’800 fino alla vigilia della prima guerra mondiale, emigravano ogni anno in Westfalia (Prussia) più di 100 rotzesi. Dalla fine dell’800 fino all’ultimo dopo guerra sono emigrati negli Stati Uniti 65 persone. Dopo la prima e la seconda guerra mondiale sono emigrati in Australia 220 rotzesi. Di questi 40 hanno fatto ritorno in Italia. Dopo la prima e la seconda guerra mondiale sono emigrati in Europa 95 rotzesi: 42 in Francia, 27 in Belgio, 12 in Svizzera, 5 in Germania, 5 in Svezia, 3 in Olanda, 2 in Austria e 1 in Inghilterra. Dall'esame dei dati relativi al periodo che va dal 1946 al 1960, si può constatare che l'emigrazione italiana permanente ha registrato 2.618.068 espatri di cui 1.628.170 verso i Paesi transoceanici e 989.898 verso i Paesi europei. Sin dai primi anni del XX secolo, quando i paesi di tutta Italia, ma soprattutto del Mezzogiorno, si spopolavano a causa delle continue emigrazioni verso Paesi preferibilmente oltreoceano, la figura dell'emigrante, - di colui cioè che con un impeto di coraggio aveva abbandonato tutto ciò che gli era noto e caro, per tentare la fortuna in Paesi lontani, di cui il più delle volte non sapeva nulla era considerata, da chi rimaneva, piena di fascino. Foto di gruppo di emigranti Non era raro trovare nelle case, custoditi con cura da madri, mogli, sorelle rimaste a casa in attesa di notizie, i ritratti di coloro che avevano lasciato il suolo natio per trovare soldi ed emancipazione altrove. Le mete scelte erano le più svariate, raggiunte dopo viaggi estenuanti fatti in condizioni disagiate ed il lavoro che si andava a svolgere molte volte era umile e malpagato. Pochi ammettevano, anche con loro stessi che la permanenza all'estero sarebbe stata definitiva, i più speravano che la lontananza dall'Italia sarebbe stata transitoria. In tutto il mondo, circa 150 milioni di persone risiedono e lavorano in paese diverso da quello in cui sono nate. La maggioranza di questi emigrati ha realizzato le pratiche burocratiche per risiedere legalmente nel paese di destinazione, ma circa 20 milioni di persone non hanno potuto farlo e sono quindi diventati immigrati clandestini. Gli spostamenti di una popolazione da un paese ad un altro sono una delle conseguenze dirette delle disuguaglianze economiche che interessano la comunità internazionale e dei conflitti che ininterrottamente portano morte e fame in diverse aree del pianeta. La rottura di equilibri sociali, religiosi o culturali conducono masse di persone sulla strada dell’esilio per cercare un luogo sicuro dove ripararsi. La stragrande maggioranza di coloro che emigrano lo fanno per motivi economici; si sono trasferiti dal proprio paese in un altro alla ricerca di possibilità di lavoro migliori. Per questo i flussi migratori hanno come punto di partenza le zone più depresse del sud del mondo (Africa equatoriale, Africa del nord, Asia insulare, America centrale e Carabi) e quelle europee di recente impoverimento (Polonia, ex Iugoslavia, Romania, Bulgaria) e si dirigono verso i paesi più industrializzati del nord (Usa, Europa occidentale, Canada). Il flusso migratorio che va dal sud al nord del mondo non è il più consistente, ma è quello più studiato. Meno conosciuta, invece, è la realtà degli immigrati che si sono spostati in direzione sud-sud, cioè dalle zone più povere dei continenti africano, asiatico e centrosudamericano verso paesi economicamente più sviluppati della stessa area sviluppata. Infine, un terzo tipo di flusso migratorio è collegato a eventi storici di grande portata. La decomposizione del blocco dei paesi socialisti dell’Europa dell’est e la divisione della Iugoslavia, infatti, hanno spalancato la porta ad un nuovo tipo di immigrazione nord-nord, un flusso che va dall’Europa impoverita verso l’Europa ricca L’altra categoria importante di persone che vivono fuori dal proprio paese sono i cosiddetti profughi, vale a dire coloro che hanno dovuto fuggire de guerre, persecuzioni etniche, religiose o politiche per salvare la propria vita. Il loro numero è di circa 15 milioni all’interno dei rispettivi paesi (i cosiddetti sfollati) e di altri 20 milioni, rifugiati invece in paesi stranieri. Il problema dell’immigrazione incontrollata è uno dei più attuali per la società italiana, ma anche uno dei più gravosi e difficili da superare, forse perché strettamente legato a tante altre problematiche che affliggono un paese moderno. Dopo il boom economico avvenuto in Italia negli anni ’50, il nostro paese è riuscito ad emergere da una pesante situazione di arretratezza economica, che per diversi decenni aveva costretto migliaia di persone ed emigrare verso paesi più sviluppati. Ma perché le popolazioni tendono a spostarsi verso luoghi nei quali è presente un maggiore benessere materiale? Lo sviluppo economico avanzato permette ad una società di organizzarsi secondo un ordine altamente democratico ed assistenziale (da non confondere con "assistenzialista"), garantendo anche a chi non è direttamente in grado di produrre lavoro (bambini, anziani, malati, ecc.) di vivere una vita dignitosa sotto ogni punto di vista. In caso di malattia, per esempio, lo Stato provvederà ad aiutare le fasce di popolazione meno agiate; dopo un certo numero di anni lavorativi si è sicuri di poter ricevere un certo reddito anche quando non si è più in grado di lavorare. Sono tutti aspetti della società che appaiono banalmente scontati a molti, ma che assumono un’importanza fondamentale se consideriamo il fatto che solamente una piccola percentuale dei paesi nel mondo offrono ai propri abitanti un tale benessere. La maggioranza della popolazione mondiale, invece, è suddivisa in diversi "filoni" di sviluppo: si va dall’arretratezza più assoluta dei paesi del terzo e quarto mondo, ai paesi ex comunisti, che tuttora, dopo un decennio dalla caduta del regime, non sono riusciti a raggiungere un livello di sviluppo nemmeno lontanamente paragonabile a quello dei vicini occidentali. Detto questo, è importante chiarire un altro elemento chiave: come regola generale, meno benessere c’è, meno democrazia c’è. È una sorta di catena senza fine perché l’arretratezza porta spesso e volentieri all’istituzione di un governo autoritario o dittatoriale; a sua volta, un’amministrazione statale non democratica e violenta porta un paese ad isolarsi dal resto della comunità mondiale, perché non conforme alle generali regole di diritto e rispetto della persona. Questa condizione tende a peggiorare nel tempo ed ha come espressioni ultime guerre ed intolleranze etniche Ecco quindi spiegate le cause che provocano l’immigrazione. Per quanto riguarda l’Italia, l’immigrazione è ulteriormente favorita per altri fattori, geografici e politici. Dei paesi europei, il nostro è quello più vicino alle "zone calde" del Mediterraneo, come gli stati del nord Africa a sud, l’Albania e la Iugoslavia ad est; inoltre è il paese di più facile approdo per i disperati che con improbabili mezzi di trasporto giungono dalla penisola anatolica e dal mar Nero. Da quanto detto, è ovvio il conseguente drastico aumento della criminalità legata allo spaccio di droga, prostituzione, sfruttamento minorile e tanto altro che spesso e volentieri rimane "sottoterra". Ma i problemi derivati dall’immigrazione mal controllata non si ferma alla criminalità. L’incontro – scontro della popolazione autoctona con le etnie straniere, dagli usi e dai costumi molto diversi, purtroppo è fonte di incomprensioni ed intolleranze, che a volte si trasformano in razzismo. Inoltre, chi proviene da un paese povero, è disposto a lavorare in cambio di salari anche bassissimi, e questo fatto comporta una sorta di "sfruttamento moderno" degli extracomunitari; ecco quindi che questi ultimi vengono accusati di "rubare il lavoro" agli italiani, e questo è nuovamente fonte di problemi sociali più o meno gravi. È difficile individuare una soluzione a questa infinita serie di problemi… Indubbiamente le leggi che regolano l’ingresso degli stranieri dovranno col tempo irrigidirsi per diventare molto più selettive di adesso, dividendo chi entra per lavorare da chi lo fa con disoneste intenzioni, anche se proporre la soluzione in questo modo sembrerà sicuramente irreale. Inoltre chi commette reati e non è regolarmente registrato (non ha quindi il permesso di soggiorno) dovrà essere espulso e/o punito con sempre maggiore severità, con lo scopo di creare un valido deterrente contro chi vede l’Italia come un fertile terreno per le proprie attività illegali. Chi invece immigra per fuggire ai drammi del proprio paese, dev’essere adeguatamente inserito nella società e non abbandonato a se stesso o semplicemente mantenuto per tempi indeterminati nei campi di accoglienza. È indubbiamente un problema arduo da risolvere che sicuramente richiederà ancora molto tempo prima di prospettare una soluzione concreta. Se tuttavia le istituzioni capiranno che la base di una larga parte dei problemi sta proprio in Italia, forse, iniziando dalle basi sopra citate, si potrebbe migliorare notevolmente una situazione che oggi appare a molti come un pesante disagio sociale. Nonostante gli immensi problemi e i continui sbarchi di clandestini sulle nostre coste siamo ad una svolta. Gli stranieri partecipano sempre più direttamente all’attività economica dell’Italia, attraverso la creazione di imprese che hanno toccato la cifra record di 125000 e crescono al ritmo del 20% l’anno. Questo fenomeno è noto dagli anni ’90, ma è meno noto invece il fatto che le “etnoimprese” hanno creato 80000 posti di lavoro, molti dei quali sono occupati da italiani. Di solito sono piccole imprese che si occupano di esercizi pubblici o aziende di servizi. Ma ci sono tantissime aziende che operano nel campo dell’artigianato e nel settore industriale. Il capitalismo del futuro è gia multietnico! Comunque la diffidenza rimane alta. Lo straniero è visto spesso come un problema di ordine pubblico. I lavoratori immigrati o quelli che hanno scelto di mettersi in proprio conquisteranno sempre più spazio. Ma non bisogna temere la loro concorrenza o vederli solo in termini assistenziali. È proprio il fiorire di attività economiche fondate e gestite da immigrati rappresentano il segnale più evidente della fase più matura dell’immigrazione. Il numero Secondo i dati del Ministero dell’Interno, al primo gennaio del 2000 gli immigrati in regola con il permesso di soggiorno erano 1.340.655. Per la Caritas alla fine del 2000 erano 1.678.000. In Europa L’Italia è il quarto paese dell’unione europea, dopo Germania, Francia e Gran Bretagna, per numero di immigrati Le nazionalità Gli immigrati arrivano prevalentemente dal Marocco, dall’Albania, dalla Romania, dalle Filippine e dalla Cina Gli illegali L’immigrazione illegale equivale a circa il 20% della popolazione straniera che risiede nel nostro paese. Le quote Il governo italiano ha stabilito della quote d’ingresso per gli extracomunitari in base alle esigenze del mercato del lavoro. Le informazioni sono state tratte da: • “La valigia dell’emigrante”; • “Famiglia Cristiana” (numeri vari). • Alcune schede informative consegnateci dalla nostra prof.