Roberto Alessio
Obiettivo
Formazione della coscienza e della conoscenza
per il moderno allenatore di calcio: le responsabilità
1) I fatti di cronaca
2) La normativa vigente di riferimento
3) Le strategie per prevenire e risolvere le problematiche
RESPONSABILITA’ ? SI !
DEONTOLOGICA
FISCALE
CIVILE
SPORTIVA
PENALE
Perché fatti così non accadano più
Mister al 100%
L’allenatore promuove, insegna e sviluppa le tematiche di una specifica disciplina
sportiva, favorendo l'incontro e la crescita sportiva e sociale, fisica e morale, di
uno o più atleti che gli sono affidati, con lo scopo di raggiungere un risultato nella
disciplina stessa.
Le figure dell'istruttore in senso proprio e del maestro, si distinguono da
quella dell'allenatore, poiché si occupano di soggetti poco o per nulla esperti
con funzioni prettamente di insegnamento, mentre l’allenatore ha come
obiettivo il conseguimento della migliore forma fisica e psichica per ottenere
un risultato agonistico: pur essendo diverse le attenzioni che si devono
prestare a un allievo alle prime armi rispetto a uno maggiormente esperto,
proprio per la funzione didattica esercitata, l'allenatore è al tempo stesso un
insegnante e un educatore sotto molteplici aspetti. (fonte: AA.VV. «Manuale
delle associazioni sportive», a cura del CONI Regionale Piemonte, Edizioni
Eutekne, gennaio 2006)
La normativa vigente di riferimento
Il codice civile
allenatore : società sportiva = insegnante : scuola
•
art. 2043 C.C. «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»
•
art. 2048, comma secondo C.C. «i precettori e coloro che insegnano un'arte od
un mestiere sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro
allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza»
•
art. 2048, comma terzo C.C. «le persone indicate nei commi precedenti sono
liberate dalla responsabilità solo se provano di non aver potuto impedire il fatto»
La giurisprudenza di riferimento
• La responsabilità è configurata se non è provato l'adempimento dell'obbligo di vigilanza: la prova
di non aver potuto impedire il fatto non può ritenersi raggiunta in base alla sola dimostrazione di
non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, dopo l'inizio della
serie causale sfociante nella produzione del danno, ma richiede anche la dimostrazione di
aver adottato, in via preventiva, le misure organizzative e disciplinari idonee a evitare
una situazione di pericolo favorevole all'insorgere di detta serie causale (Cass. Civ. Sez. III,
27 marzo 1984, n. 2027, Canossa contro Società Mameli, Giust. Civ. Mass. 1984, fasc. 3-4; Dir. e prat.
Assicurative. 1985, 303 nota).
• La responsabilità dell'insegnante, per il fatto illecito dei suoi allievi, si basa su una colpa presunta,
cioè sulla presunzione di negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza degli
allievi ed è, quindi, responsabilità personale per colpa propria (presunta) e per fatto
altrui. Quando si tratta di un allievo minore, la colpa può riguardare anche il danno che lo stesso
allievo ha procurato a se stesso con la sua condotta, perché l'obbligo di vigilanza dell'insegnante
è posto anche a tutela dei minori a lui affidati, fermo restando la dimostrazione di non aver
potuto impedire il fatto (Cass. Civ. sez. III, 1 agosto 1995, n. 8390, Fugazzola contro Min. Pubblica Istruzione,
in Giust. Civile Mass. 1995, pagg. 1458).
• Non spetterà al danneggiato ma all'insegnante (inversione dell'onere della prova) dover
dimostrare di non essere stato in colpa, cioè di aver adottato idonee misure
preventive, di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza diretta a
impedire il fatto, che il fatto era assolutamente imprevedibile o di non essere stato
materialmente in grado di impedire il fatto illecito (Cass. Civ. Sez. III, 22.1.90 n. 318, Istituto Paolo
Orlando Faà di Bruno contro Poggi e Comp. Tirrena di Ass. ni e anche Cass. Civ. Sez. III, 3. 2 . 1999 n. 916).
La giurisprudenza di riferimento
Se l’allievo non è in grado di svolgere l'esercizio, per proprie caratteristiche fisiche o d'età, per la
difficoltà o l’inadeguatezza dell'attrezzo o del mezzo d'esecuzione, l'allenatore (e il Club) potrà
essere ritenuto responsabile delle lesioni e dei danni cagionati all'atleta stesso o a terzi,
analogamente all’insegnante (e la PA)
•
•
•
Responsabile è la Pubblica Amministrazione Scolastica, se l'insegnante ha fatto eseguire a un'allieva del liceo degli
esercizi a corpo libero, pur avendo l’alunna richiesto all'insegnante di sospendere l'esecuzione dell'esercizio a
causa delle mani sudate e in assenza del prescritto tappeto e della polvere di magnesio: per il Tribunale Civile di
Roma, il docente avrebbe dovuto usare la debita prudenza, sospendendo l'uso dell'attrezzo, anziché ordinare
l'esecuzione d'altri esercizi, tenuto conto del fatto che la giovane negli anni precedenti era stata esonerata
dall'obbligo della frequenza delle lezioni d'educazione fisica per una forma di artrosinovite alla gamba sinistra;
Risponde a titolo di colpa l'insegnante, per il danno ingiusto patito da un'allieva che, durante una lezione
d'educazione fisica aveva effettuato, su richiesta dell'insegnante stesso, un “caricamento” sulle spalle di una
compagna di peso e corporatura superiore senza l'adozione di cautele particolari, ad esempio, abbinando allievi di
corporatura analoga e, in ogni modo, solamente in seguito a un'adeguata preparazione fisica di potenziamento;
Non è responsabile l’istruttore e neppure di conseguenza la società sportiva per l’infortunio subito da un ragazzino
nel tentativo di parare un tiro calciato dall’istruttore durante l’allenamento: pur ammettendo di aver calciato il
pallone, l’istruttore affermava che l’evento era accaduto nell’ambito di una normale attività sportiva, senza alcun
eccesso da parte sua, mentre la società sportiva escludeva la propria responsabilità solidale ritenendo
inapplicabile l’art. 2049, poichè non vi era alcuna prova che l’istruttore avesse calciato il pallone con una forza
eccessiva rispetto alla semplice caratteristica ricreativa della partita di calcetto, rientrando il sinistro nei rischi cui
si espone chi esercita l’attività sportiva. Il Tribunale Civile di Padova ha stabilito che non fosse invocabile alla
fattispecie la responsabilità ex art. 2048: nel contesto, la responsabilità dell’istruttore non deriverebbe dalla sua
qualità di “istruttore” ma dalla sua partecipazione come “giocatore”, applicandosi l’art. 2048 esclusivamente
all’ipotesi del danno cagionato dall’allievo a terzi (vedi anche C. App. Roma n. 5693/2012 del 27.11.2012).
La giurisprudenza di riferimento
Se lo stato dei luoghi o degli attrezzi utilizzati sia tale da comportare un pericolo anche potenziale
per gli utenti, l'allenatore consapevole risponderà se non compie quanto in suo potere per evitare
che si feriscano, ad esempio limitando l'esercitazione o annullando la seduta di allenamento
La Pubblica Amministrazione è responsabile, quale custode della cosa da cui derivava il danno, a
seguito di una lesione cagionata durante una lezione d'educazione fisica a un alunno che, nel
corso della partita di calcetto su un campetto attrezzato per la pallamano, si era aggrappato e
dondolato sulla traversa della porta non ancorata al suolo, procurandosi con la caduta della stessa
delle lesioni tali da essere valutate in sede penale cagionanti un'invalidità temporanea totale per
sedici mesi e postumi permanenti nella misura del 80%.
Nel giudizio, la Pubblica Amministrazione era stata condannata altresì a causa dell'insegnante,
che non avrebbe dovuto solamente limitarsi a rimproverare all'allievo il suo comportamento ma,
con maggior fermezza, avrebbe dovuto anche allontanarlo dalla porta che sapeva non essere
ancorata al suolo.
Lo stesso Tribunale, tenuto conto dell'età del danneggiato, che in relazione ai rimproveri del
docente lo metteva in condizione di rendersi conto della pericolosità del proprio comportamento,
riconosceva il concorso di colpa del danneggiato stesso.
Sotto il profilo penale, emerge la responsabilità del titolare dell’impianto sportivo che omette di
osservare le norme in materia di prevenzione e sicurezza: Risponde di omicidio colposo, in quanto
titolare di una posizione di garanzia riconducibile alla previsione di cui all’art. 2051 c.c., il direttore
di un oratorio dotato di attrezzature sportive destinate all’uso, ancorché gratuito, dei
frequentatori, quando l’evento mortale sia derivato dall’utilizzazione di dette strutture ritenute,
nella specie, carenti sotto il profilo della sicurezza (Cass., sez. IV, 01-12-2000, Riv. pen., 2001, 357).
Nell’ambito di questa fattispecie, ricordiamo l’episodio del giovane calciatore romano Alessandro
Bini, deceduto il 2 febbraio 2008 durante un’azione di gioco, a seguito di una rovinosa caduta
contro un tubo di irrigazione collocato a pochi centimetri di distanza dalla linea laterale del campo
di gioco, sebbene la pericolosità fosse stata segnalata, in diverse circostanze, dagli addetti ai
lavori, non ultimo l’allenatore del club: imputazione e condanna di concorso in omicidio colposo
a carico del presidente del club (589 CP) e del funzionario della LND (589 e 479 CP), che aveva
altresì anche omologato il campo, dichiarandolo falsamente libero da tali pericoli.
La giurisprudenza di riferimento: lo stato dei luoghi
•
L'allenatore non è tenuto a rispondere per l'idoneità e la sicurezza dei luoghi e degli impianti
scelti per l'allenamento e, neppure, a verificarne lo stato di conservazione e di manutenzione: di
tali situazioni risponde esclusivamente la società sportiva o l'organizzatore della manifestazione,
gravando tale obbligo sull'ente proprietario o eventualmente sul gestore dell'impianto che
risponde verso qualsiasi utente (Sent. Trib. Brescia dd. 5.3.70, in Frattarolo, pag. 129; Cass., sez. III, 28-101995, n. 11264, in Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 10).
•
Un coinvolgimento a titolo di responsabilità o corresponsabilità dell’istruttore potrà ravvisarsi
alla luce del criterio della normale prevedibilità del verificarsi dell’evento lesivo/dannoso: ciò che
si può prevedere si può anche prevenire per porre in essere, quindi, quelle attività idonee a
scongiurare il pericolo. NON FARLO E’ GIA’ UN INIZIO DI RESPONSABILITA’.
•
Diversamente dall’ipotesi della lite all’interno dello spogliatoio e da cui derivi un danno agli
allievi, correlata come abbiamo esaminato all’obbligo di vigilanza in capo all’istruttore, sarà
ancora la società sportiva a rispondere dell’infortunio in cui può incorrere un atleta che cade
nello spogliatoio per il pavimento sconnesso o sporco (perché scivoloso o infangato o per la
presenza di detriti), ad esempio in qualità di custode della cosa ex art. 2051 del CC., salva la
dimostrazione del caso fortuito, della responsabilità del danneggiato stesso o della
corresponsabilità di altri soggetti preposti (ad esempio, la ditta di manutenzione, l’incaricato
delle pulizie) ed eventuale rivalsa verso i corresponsabili in caso di condanna al risarcimento dei
danni.
•
Tuttavia, l’istruttore operante in un impianto sportivo, è titolare di una posizione di garanzia, ai
sensi dell’art.40 comma 2 C.P., collegata alle sue qualifiche professionali, in forza della quale è
tenuto ad assicurare l’applicazione nel luogo in cui opera, delle norme di prudenza prescritte
dalla Federazione di competenza, nella specie la F.I.G.C (Cass. Pen. Sez. IV, 24/01/2006 n. 16998 P.E. c
M.T.), come individuato e disposto all’epoca dei fatti ad esempio dall’art. 36 Reg. Sett. Giov. e Scol., dall’art. 49
e ss. Reg. LND e, infine, dall’art. 2 dello Statuto).
L’ISTRUTTORE SPORTIVO: POSIZIONE DI GARANZIA E PROTEZIONE
Art. 40, comma secondo c.p.: non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire,
equivale a cagionarlo
• Cass. Pen. Sez. IV n° 3446 del 22/10/2004-02/02/2005 RAFTING
condotta colposa del titolare della ditta, per aver consentito la discesa lungo il fiume malgrado la
notevole intensità della corrente in assenza di attività di prevenzione e controllo e dell'istruttore,
per non aver interrotto la discesa, per non essere stato in grado di governare l'imbarcazione ed
evitare l'impatto con una roccia, impatto che causava il rovesciamento del mezzo e
l'annegamento del passeggero.
• Cass. Pen. Sez. IV n° 27396 del 18/05/2005 NUOTO
condotta colposa del gestore della piscina (mancato rispetto delle regole interne e di prudenza e
Federali al fine di impedire che si superi il rischio connaturato alla pratica sportiva) e
dell’istruttore di nuoto abilitato all’assistenza bagnanti (obbligo specifico di intervenire per
assicurare l’applicazione nella piscina delle norme di prudenza prescritte dalla Federazione
Nuoto)
• Cass. Pen. Sez. VI n° 16998 del 24/01/2006 CALCIO
condotta colposa dell’allenatore di calcio, collegata alle sue qualifiche professionali, in forza della
quale è tenuto ad assicurare l’applicazione nel luogo in cui opera, delle norme di prudenza
prescritte dalla Federazione di competenza, nella specie la F.I.G.C., nel caso il non aver vigilato
sugli atleti che nel preriscaldamento calciavano in una porta non ancorata al suolo
• Cass. Pen. Sez. VI n° 31734 del 18/07/2014 TAEKWONDO
condotta colposa delle Federazione e dell’allenatore che hanno consentito l’allenamento in
palestra su superfice inadatta (linoleum invece del legno), in assenza del tatami e del casco
protettivo
La giurisprudenza di riferimento
Se non osserva le disposizioni dei regolamenti (scolastici/sportivi/pubblica sicurezza) o non
adotta le cautele prescritte/consigliate dai criteri di comune prudenza, esperienza o diligenza
•
•
•
In relazione alle contingenze di svolgimento degli allenamenti, i criteri di normale prudenza e
diligenza possono identificarsi nell'avvenuto rispetto delle regole tecniche, delle disposizioni di
sicurezza contenute nei regolamenti sportivi e/o prescritte dall'autorità. La definizione dei
suddetti criteri dovrà considerarsi in funzione alle caratteristiche della disciplina specifica
nonché della pericolosità dello sport in questione: le misure precauzionali dovranno assumere
una diversa consistenza e accuratezza in relazione a esse e al diverso grado di rischio che
implicano per gli atleti e per i terzi. Ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., un'associazione sportiva
organizzatrice di un corso di Judo è responsabile, in relazione all'operato del proprio istruttore,
per l'infortunio subito da un partecipante caduto malauguratamente durante lo svolgimento
dell'attività qualora non sia in grado di dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni atte ad
evitare l'incidente (Tribunale Chiavari 6/11/1982, De Franceschini contro Tesini e altro, in Riv.
Dir. Sport 1983, 558 e ancora in Trib. Genova 04/05/2000 in Riv. Dir. Sport. 2000, 690).
In caso di decesso di due pugili che, privi di casco protettivo alla prima esperienza , boxavano in
allenamento contro un pugile esperto di categoria superiore, alcune sentenze hanno stabilito la
condanna del pugile e dell’allenatore che, seppur presente, aveva consentito il combattimento
in quelle condizioni e tra quelle persone (Trib. Monza, 1947 e C. App. Milano 1960).
In caso di fattispecie autolesiva dell'allievo, la responsabilità della scuola e dell'insegnante per
danni occorsi allo stesso, secondo un orientamento della Cassazione, va ricondotta non già
nell'ambito della responsabilità extracontrattuale di cui all'art.2048, bensì in quello della
responsabilità contrattuale con applicazione del regime probatorio sancito dall'art. 1218, perché
nel caso di danno all'allievo nell'esercizio di una disciplina sportiva, l'istruttore e la società
risponderanno ex art. 1218 e 1228 c.c., sul presupposto che al momento dell'iscrizione a un
corso sportivo l'altro contraente (società/allenatore) s'impegna all'insegnamento della disciplina
sportiva nel rispetto dell'integrità fisica dell'allievo (Cass. Sez. Unite n. 9346 del 27.6.2002).
La normativa vigente di riferimento
il codice penale
Gli istruttori sportivi rispondono per la commissione dei reati, come i comuni cittadini, qualora siano
ravvisabili a loro carico gli elementi del reato: la condotta (azione od omissione), l’elemento
soggettivo (dolo o colpa), l’evento (che può causare un danno o porre in pericolo il bene giuridico
tutelato) e il nesso di causalità (tra condotta ed evento) .
Alcuni esempi di reato: l’art. 581 (Percosse), l’art. 582 C.P (Lesioni personali volontarie), l’art.589
(omicidio colposo), l’art. 571 C.P. (Abuso di mezzi di correzione o disciplina), l’art. 572 C.P.
(Maltrattamento in famiglia o verso fanciulli) o l’art. 610 C.P. (Violenza privata). Particolare
attenzione all’art. 591 C.P. (Abbandono di minori) che punisce “chiunque abbandona una persona
minore degli anni 14 ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per
vecchiaia o per altra causa, di provvedere a se stessa e della quale abbia custodia o debba avere
cura”. Un esempio? Se il minore, al termine dell'allenamento, senza comunicazione dei familiari,
sia abbandonato da solo al campo (quando tutti se ne sono andati) oppure sia lasciato rincasare da
solo. A volte, neppure l’aver ricevuto precise istruzioni verbali o addirittura scritte da parte della
famiglia, ci rende esenti da responsabilità, specialmente nel caso in cui queste disposizioni si
rivelino poi, alla luce dei fatti, pregiudizievoli per l’incolumità dei minori.
L'elemento materiale del reato citato è costituito da qualunque azione od omissione
contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia gravante sul soggetto agente, in modo
tale che derivi uno stato di pericolo, anche potenziale, per l'incolumità della persona: l’obbligo,
grava sull'istruttore quando, avendone avuto la consegna o affidamento da parte dei genitori, ne
ha assunto la piena responsabilità. Del delitto in questione risponde anche chi, pur non
allontanandosi dal soggetto passivo, omette di far intervenire persone idonee a evitare il
pericolo stesso (Cass. Pen. Sez. V del 21.9.95 n. 10126, Granzotto, Riv. Polizia 1997, 28. S.m.).
La normativa vigente di riferimento
La tragedia di Vinovo
•
I fatti: Il 15 dicembre 2006, al termine dell’allenamento, due giovani calciatori juventini si
trovavano di corvèe per raccogliere i palloni alcuni dei quali, come al solito, erano finiti nel
bacino di irrigazione dei campi del centro sportivo. A seguito di disposizioni regolamentari
scritte e impartite ai calciatori della Berretti, come prevedeva del resto un apposito servizio di
turnazione per la raccolta del materiale sportivo rimasto sul campo dopo l’allenamento, i
calciatori che mandavano la palla oltre la rete di recinzione erano obbligati al recupero del
pallone (leggasi tra le norme di comportamento “durante l’allenamento chi tira fuori è
responsabile del pallone, deve recuperalo“). Al buio, con una temperatura gelida, uno dei due
giovani, nel tentativo di recuperare i palloni, era scivolato nel bacino, seguito dal suo
compagno che si prodigava nel tentativo di aiutarlo a risalire: calcolate le caratteristiche
dell’invaso la gelida temperatura, la mancanza di luce e l’assenza di immediati sostegni o
possibili soccorsi, ne seguiva la morte dei due giovani calciatori per asfissia.
•
L’imputazione: La Procura della Repubblica, con l’imputazione del reato di cui agli artt. 113,
589 co. 1, 2 e 3 C.P., ha rinviato a giudizio A.S. datore di lavoro e procuratore della Juventus
F.C. S.p.A., società sportiva alla quale erano tesserati i due giovani calciatori e R.O. datore di
lavoro e amministratore delegato di Semana S.r.l., società che gestiva per contratto con la
Juventus F.C. il centro Sportivo di Vinovo, entrambi per la violazione del D.L.vo 626/94; M.S. e
L.F. preposti, dipendenti e/o collaboratori dipendenti di fatto della Juventus F.C.,
rispettivamente allenatore e preparatore atletico dei portieri della Berretti, entrambi in
violazione del D.L.vo 626/94; TUTTI, omettendo di predisporre quanto necessario per
percepire la caduta dei due minorenni nel laghetto e per consentire il loro utile soccorso, in
particolare non era stato attuato alcun valido servizio di vigilanza o di osservazione all’interno
della struttura sportiva, ciò che impediva di percepire la situazione di pericolo e attivare
tempestivi soccorsi, cagionavano - per effetto delle violazioni descritte - la morte di N.R. e F.A.
•
La sentenza: il giudice, ai sensi dell’art. 444 e ss. C.P.P., anche in considerazione del fatto che
sono state prodotte le quietanze risarcitorie in favore delle famiglie dei due calciatori
deceduti, su richiesta delle parti, ha disposto l’applicazione della pena della condanna ad
anni 1 e mesi 2 di reclusione, pena sospesa ai sensi dell’art. 163 C.P.
Quando la palla esce dal campo ….
….. non chiediamo ai ragazzi di recuperarla!
Quando la palla esce dal campo ….
…. non chiediamo ai ragazzi di recuperarla!
La Corte dei Conti (con sentenza n. 362 del 2006,pubblicata il 18.4.06 nel giudizio di
responsabilità iscritto al n. 25264, Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia) ha stabilito
la rivalsa nei confronti del docente per colpa grave, per quanto risarcito dalla P.A. all’alunno
infortunatosi, non solo per violazione dell’obbligo di vigilanza ma anche per il
comportamento “attivo”, nell’aver consistito nell’invitare l’alunno a uscire dalla rete di
recinzione, scavalcandola, per il recupero del pallone.
«Non può revocarsi il dubbio che l’ordine impartito dal docente – cui l’alunno, in ragione della
soggezione al potere disciplinare del docente non poteva non prestare ottemperanza – fosse
illegittimo, non solo perché, consentendo la temporanea uscita dalla scuola del ragazzo, valeva
a sottrarlo all’immanente controllo dell’insegnante in contrasto con gli obblighi di vigilanza allo
stesso incombenti, non solo perché il recupero del pallone costituiva incombente del personale
ausiliario, cui all’uopo l’insegnante avrebbe dovuto rivolgersi, ma anche e soprattutto per la
sua intrinseca pericolosità in quanto, comportando lo scavalcamento della recinzione
presentava, con un giudizio di prognosi postuma, una rilevante possibilità del verificarsi di
danni, così come poi effettivamente verificatisi palesandosi, pertanto, in contrasto con gli
obblighi di protezione e tutela dell’integrità psicofisica dell’alunno, accessori all’obbligo di
istruzione che, in virtù del contratto sociale, conseguente all’ammissione dell’alunno
nell’istruzione scolastica, incombono all’insegnante nei confronti dello stesso alunno» (vedasi
anche Cass. Civ. SS. UU. 27.06.02 n. 9346).
La normativa vigente di riferimento
Chi paga e a che titolo?
L’ambito scolastico
Al personale amministrativo scolastico, si applica l’art. 61 della Legge 312
del 1980 «la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente,
educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e
artistica dello stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati
direttamente all'amministrazione, in connessione a comportamenti degli
alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio di vigilanza
sugli alunni stessi; detta limitazione si applica anche alla responsabilità del
suddetto personale verso l'amministrazione che risarcisca il terzo dei
danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza»
La Pubblica Amministrazione risponde, quindi, dei danni patiti dagli alunni
o cagionati a terzi dagli alunni stessi, sopportandone l'onere in prima
persona, potendo poi rivalersi nei confronti dell'insegnante in caso di dolo
o colpa grave.
La normativa vigente di riferimento
Chi paga e a che titolo?
L’allenatore e la società sportiva
L’art. 2049 e 2055 del Codice Civile
A prescindere dal tipo di rapporto tra l'allenatore e il club (dilettantistico, puro volontariato, regolarmente
retribuito), non vigendo una normativa analoga a quella dei dipendenti scolastici della P. A. (Legge 312/80),
una richiesta danni in sede civile potrà essere proposta verso l’istruttore, il club oppure entrambi. La
responsabilità extracontrattuale (art. 2049) può concorrere con altri titoli di responsabilità determinando
un obbligo risarcitorio solidale da parte di associazioni e dei preposti istruttori, come previsto dall'art. 2055,
« quando il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento».
In caso di danni riportati dall'allievo, il vincolo di solidarietà sussiste pur alla presenza di diversi titoli, tra la
responsabilità dell'istruttore ex art. 2048 e quella dell'associazione ex art. 2049: il primo risponderà di
omessa vigilanza e il secondo perché il fatto lesivo si è prodotto in occasione dello svolgimento dell'attività
svolta da propri preposti; sussistendone i presupposti, l'associazione e l'istruttore, sia pure a diverso titolo,
rispondono in solido tra loro e chi ha risarcito il danno può rivalersi nei confronti del soggetto
corresponsabile che non lo ha risarcito.
Oltre all'attribuzione della responsabilità ex art. 2043 e 2048 c.c. in capo all'istruttore di tennis (Fumagalli c.
Centro Sportivo Cervino Tennis Club srl e Sacchi Enrico, in Resp. Civ. e Prev. 1989, 1200, Riv. Dir. Sport. 1990,
pag. 192) per il Tribunale di Monza vi è la sussistenza «della responsabilità del circolo sportivo ex art. 2049
c.c. per l'evento lesivo occorso al minore durante lo svolgimento di una lezione sui campi di proprietà del
medesimo, solidalmente con l'istruttore, in base al dovere di vigilanza e controllo e in virtù del rapporto di
prestazione di opera professionale che lega l'insegnante al circolo sportivo».
Responsabilità solidale del circolo ex art. 2049 c.c. (i padroni e i committenti sono responsabili per i danni
arrecati dal fatto illecito dai loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze cui sono adibiti) e
dell'istruttore ex 2043 e 2048 c.c. e, infatti, come espresso dalla Cassazione (Cass. Civ. Sez. II, 24.2.1986 n.
1114 e Cass. Civ. Sez. II, 4.12.1991 n. 13039) “… in tema di responsabilità risarcitoria, contrattuale ed
extracontrattuale, se l'unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere
la solidarietà di tutte nell'obbligo al risarcimento, che le azioni e le omissioni di ciascuna abbiano
concorso in modo efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che costituiscano autonomi e distinti
fatti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse”.
La normativa vigente di riferimento
La giustizia sportiva calcistica,
giurisdizione generale e speciale
L’art.38 del Regolamento del Settore Tecnico (approvato dal Consiglio Federale il
5 agosto 2013), prevede che
•
«i tecnici inquadrati nell'albo e nei ruoli del settore sono tenuti al rispetto dello
Statuto e di tutte le norme federali” (comma 1) e “devono essere esempio di
disciplina e correttezza sportiva e devono, nei rapporti con i colleghi, ispirare la
loro condotta ai principi di deontologia professionale» (comma 2).
•
«in caso di violazione delle norme deontologiche, la Commissione Disciplinare
del Settore Tecnico adotta nei confronti degli iscritti i provvedimenti disciplinari»
(comma 3).
•
L’allenatore, in quanto tecnico, è sottoposto al giudizio della Commissione
Disciplinare del Settore Tecnico, che adotta i provvedimenti disciplinari in linea con
i dettami del CGS ed, in quanto tesserato, alla pari degli altri tesserati alla FIGC, è
comunque sottoposto gli organi di giustizia sportivi contemplati dal CGS (sul punto,
vedi anche La Commissione Disciplinare, in l’Allenatore, n. 2/2008): infatti, l'art. 39
(disciplina dei tecnici) del nuovo regolamento del Settore Tecnico sancisce
espressamente che «i tecnici sono soggetti alla giurisdizione degli organi di
giustizia sportiva della FIGC nei procedimenti per illecito sportivo e, se tesserati,
per le infrazioni inerenti all’attività agonistica». (art.39, commi 1 e 2)
La normativa vigente di riferimento
La giustizia sportiva calcistica,
querela e clausola compromissoria
•
•
•
•
•
La mancata autorizzazione da parte della Federazione Sportiva non è preclusiva alla
proponibilità della querela, ma comporta unicamente la squalifica del tesserato che ha agito nei
confronti di un altro tesserato o di Società Affiliata alla FIGC (cfr. CU n. 121 del 10.3.2006,
reclamo della società AS.N Calcio avverso le decisioni del giudice sportivo in merito alla gara N-N
del 25.09.05 sub delibere del giudice sportivo CU n. 38 del 26.10.05 campionato serie D).
Non si ha violazione della clausola compromissoria se ricorre l’errore scusabile ex art. 47 C.P.
(cfr. L.N.P. - stagione sportiva 2003-04, decisione pubblicata sul sito www.lega-calcio.it e sul CU
n. 382 del 31.5.2004 - decisione della C.D. - Deferimenti del Procuratore Federale a carico di MC,
Presidente del S.C., per la violazione dell’art.27, co. 1 e 2 dello Statuto FIGC con riferimento
all’art. 1 co. 1 del CGS; Soc. C. per violazione dell’art.2 co. 4 del CGS per responsabilità diretta Violazione norme federali).
Non è necessaria l’autorizzazione della FIGC se la materia esula la competenza degli Organi di
Giustizia Sportiva (cfr la decisione della C.D. pubblicata sul sito www.lega-calcio-serie-c.it e sul
CU n. 297/C del 26.05.2004-deferimento della presidenza della lega professionisti serie C a
carico di C.C. tesserato per la società TC srl).
Non è necessaria l’autorizzazione della FIGC per sporgere querela nel caso di reato posto in
essere da persone ignote (cfr. Comitato Regionale Lazio - stagione Sportiva 2003/04 - decisione
pubblicata sul sito www.crlazio.it e sul CU n. 99 del 27.5.2004 - delibera della C.D. - Deferimento
della Procura Federale FIGC a carico dei Calciatori BS e RS per violazione dell’art. 27 co. 1 e 2
dello statuto, nonché dell’art. 1, co.1 del CGS e la Società AS. C Calcio a 5 per violazione dell’art.
2 co. 4 del CGS).
Non ha valore il vincolo di giustizia in presenza di un reato, sia pure commesso nell’ambito di
attività sportive e rispetto alla fattispecie penale, l’autonomia sportiva (e la sua giustizia interna)
si deve ritrarre per lasciare competenza esclusiva all’Autorità Giurisdizionale Ordinaria (cfr.
delibera della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il CONI del 5.3.2009 – Lodo
nel procedimento di arbitrato sub prot. n. 2319 del 20.11.2008)
La normativa vigente di riferimento
Idoneità medica
Pur non essendo previsto un obbligo specifico, l'allenatore non deve comunque disinteressarsi
delle condizioni di salute o igienico sanitarie degli atleti che gli sono affidati, sia all'inizio che in
corso della stagione sportiva.
Se in linea di massima la responsabilità è ascrivibile alla società sportiva, come nelle ipotesi di
utilizzo del calciatore senza l’effettuazione delle visite mediche o in caso d'accertata inidoneità
all'attività sportiva, specie nel caso d'eventi che si concludono con il decesso dell'atleta, non ci
sentiamo di escludere, a priori, anche la responsabilità dell'allenatore sotto il profilo
strettamente sportivo e, nella peggiore delle ipotesi, anche sotto quello penale a titolo di
concorso nel reato.
Così, se per definizione all'allenatore è affidata la conduzione tecnica della squadra e degli
atleti, l'incarico sotto il profilo sportivo, penale e, per quello che può valere ai giorni d’oggi
anche morale, non si esaurisce a tali incombenze, ma postula altresì dei precisi doveri che si
possono evidenziare a livello di sportivo calcistico nei seguenti articoli:
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Art. 6 (Contratto tipo allegato agli Accordi Collettivi tra allenatori professionisti e
società della Lega Nazionale Dilettanti) «… l'allenatore collabora con la Società nel
promuovere tra i calciatori la conoscenza delle necessarie norme igieniche …»
Art. 19 (Nuovo Regolamento del Settore Tecnico) «… i tecnici inquadrati nell'Albo e
nei ruoli del settore tecnico devono curare la formazione tecnica e le condizioni
fisiche dei calciatori (b) nonché promuovere, tra i calciatori, le conoscenze delle
norme regolamentari, tecniche e sanitarie (c)»
Art. 38 (Nuovo Regolamento del Settore Tecnico, comma secondo), «… Gli
allenatori devono essere esempio di disciplina e correttezza sportiva …».
La normativa vigente di riferimento
Idoneità medica: alcuni suggerimenti pratici
Abbandonata l'era dell'improvvisazione e del motto “io speriamo che me la cavo”, ecco alcuni
suggerimenti pratici che l’istruttore sportivo potrebbe seguire all'inizio e nel corso della stagione
sportiva.
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Avvertire gli atleti che, per svolgere l'attività sportiva, è necessario ottenere il certificato di
idoneità medico sportiva (over 12) o di buona salute (under 12)
Esigere, non solo che la società sportiva richieda tempestivamente l'effettuazione delle visite
mediche per l'idoneità sportiva degli atleti che gli sono affidati, ma soprattutto ottenga il
rilascio della comprovante certificazione attestante l'idoneità
Assicurarsi personalmente, anche in corso della stagione stessa, delle reali condizioni fisiche e
patologiche o di infortuni precedenti o attuali di quegli atleti che si presentano anche “in
prova” (nel dubbio, non rischiate e rinviate l’utilizzo dell'atleta ad accertamenti espletati e
certificati).
Non impiegare, neppure negli allenamenti, gli atleti sprovvisti dei requisiti di idoneità per
l'attività sportiva, anche laddove il certificato sia appena scaduto e la nuova visita di idoneità
sia già stata fissata di li a pochi giorni: il certificato di idoneità ha durata di un anno e nessuna
gara o vittoria vale il rischio di mettere a repentaglio la salute di un giocatore
Resistere fermamente alle pressioni della società nello schierare in gara o in allenamento atleti
privi dei requisiti di idoneità
Accertarsi, sempre, delle condizioni fisiche dell’atleta prestando ascolto attivo ai possibili
segnali di disagio e di difficoltà o comunque legati alle condizioni di salute che l’allievo
direttamente o indirettamente gli manifesta
Non addurre, a proprio alibi, il solito “non sapevo” oppure “non mi avevano avvisato”: è
preciso dovere dell’allenatore crescere, informarsi e continuamente aggiornarsi al di fuori
dell'ignoranza che, si sa, non scusa mai!
Tenere sempre a mente che l'atleta non deve essere una pedina nelle mani di un istruttore
maldestro e privo di scrupoli: in tal caso, nessuno si senta escluso.
La normativa vigente di riferimento
Idoneità medica: solamente un precedente ?
Il Comitato Regionale Lombardia (sub CU n. 39 del 17.04.2009, Stagione sportiva
2008/2009), si è pronunciato, oltre che sul club organizzatore di un allenamento di
due tesserati in assenza del preventivo nulla osta del club di appartenenza, anche sul
comportamento di B.A., all’epoca dei fatti allenatore della squadra E. , per violazione
dell’art. 1 comma 1 del CGS, per aver omesso di controllare volontariamente o per
negligenza, il mancato attestato di idoneità calcistica del giovane RM, quest’ultimo in
prova per un allenamento proprio presso la società E., senza appunto il preventivo
nulla osta della società di appartenenza O.
La decisione in parola, oltre a comminare l’inibizione al presidente della società E,
un’ammenda alla società stessa e ai due giovani atleti partecipanti alla seduta di
allenamento, stabiliva anche la squalifica per mesi 6 all’allenatore BA, in quanto “… la
mancanza di preventivo nulla osta della società titolare dei cartellini dei calciatori
rende illecito il comportamento attivo dell’allenatore BA che ha condotto
l’allenamento …”.
E per l’allenatore? La normativa sportiva, in particolare disciplinata dall’art. 34 del
Settore Tecnico, precisa al comma 3 “…. per i tecnici non professionisti, le società
devono aver adempiuto agli obblighi di cui all’art. 43 delle NOIF” che recita al comma 1
“… salvo quanto previsto da disposizioni di legge, i tesserati di ogni società sono tenuti
a sottoporsi a visita medica al fine dell’accertamento dell’idoneità sportiva”.
Fatti non foste a viver come bruti
Un codice deontologico? Assolutamente si, per …
•Evitare di subire le schermaglie verbali nei programmi radiotelevisivi
•Non dover assistere a labiali e gesti scurrili in campo o in palestra
•Bandire atteggiamenti esasperati ed esasperanti
•Scongiurare eccessi provocatori nei riguardi di arbitri e avversari
•Condannare le risse in panchina con colleghi o atleti
•Stigmatizzare i tentativi di elusione di divieti normativi e squalifiche
•Prevenire tutto ciò
Oltre alla normativa codificata, si rende necessario il preciso richiamo a
un codice positivo e propositivo, un’autoregolamentazione interiore
finalizzata alla tutela e diffusione del rispetto, dell’educazione e della
cultura sportiva, valori che ogni allenatore ha già scolpito dentro di
sé, seppur a volte sopiti od offuscati dall’obiettivo “Vincere”.
Essere l’esempio per i più giovani è prerogativa dell’educatore:
contribuiamo tutti insieme per dare l’esempio positivo e funzionale
alla crescita di tutti.
“Vincere” è soprattutto questo, nella vita come nello sport.
Responsabilità e obbligo di vigilanza? SI, ma come?
Strategie per prevenire e risolvere le problematiche: il club
• Attenta e preventiva valutazione del potenziale pericolo
• Condivisione delle informazioni e collaborazione pratica di tutti i soggetti
interessati
• Eliminazione delle possibili fonti di pericolo una volta individuate
• Attenta e costante vigilanza sugli atleti, specialmente sui minori d’età
• Assicurazione RCT per la società sportiva che contempli anche l’attività
degli allenatori
• Costante confronto e continuo aggiornamento sulle tematiche
evidenziate
Strategie pratiche per prevenire e risolvere le problematiche:
l’allenatore
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Attenta programmazione dell’attività sportiva
Rispetto delle regole della disciplina sportiva
Spiegazione teorica dell’attività da svolgere
Esemplificazione pratica dell’attività da svolgere
Utilizzazione e controllo costante degli strumenti necessari allo
svolgimento dell’attività sportiva praticata dagli atleti
Costante presenza durante l’attività svolta dagli atleti
Soccorso ex post
Costante aggiornamento sulle problematiche di riferimento
Condivisione e collaborazione con le diverse componenti interessate
Assicurazione RCT personale, laddove non si presente o sia insufficiente
quella convenzionale federale/sportiva oppure quella societaria
Strategie pratiche per l’istruttore sportivo: l’assistenza agli atleti
• Assistenza preventiva, cioè la cura verso gli aspetti igienico - sanitari,
tecnico - metodologici e dei mezzi di protezione
• Assistenza tecnica, cioè la cura dell’intervento costante e oculato al fine
di risolvere gli eventuali problemi che si possono presentare dal punto di
vista strettamente tecnico addestrativo
• Assistenza manuale diretta e indiretta, cioè la partecipazione attiva allo
sforzo compiuto dagli allievi, intervenendo direttamente e manualmente
alla realizzazione dell’esercizio oppure usando mezzi di sostegno
• Assistenza di sostegno passiva, cioè il ricorso all’uso di mezzi idonei a
evitare danni nei casi in cui l’allievo incorso nell’errore tecnico può
abbandonare incontrollatamente l’attrezzo e cadere
• Assistenza psicologica e morale, cioè curando l’attività di supporto per
vincere ad esempio l’ansia, la paura etc. e i comportamenti propri
dell’insegnante, quali l’imparzialità, la correttezza e la solidarietà che ne
aumentano il prestigio di fronte all’allievo (fonte: De Simone, in op.cit.)
La normativa vigente di riferimento
i compensi e i rimborsi spese degli allenatori dilettanti
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Legge 23.3.1981 n. 91
Legge 25 marzo 1986 n. 80
Legge 13 maggio 1999 n. 133
Decreto del Ministro delle Finanze del 26.11.1999 n. 473
Legge 21 novembre 2000 n. 342
Legge n. 289/2002, art. 90, comma 3
Circolare Agenzia delle Entrate n. 34/E del 26 Marzo 2001
Regolamento Lega Nazionale Dilettanti, art. 42 comma 1 e 2 e ss.
Accordi Collettivi tra Società ed Allenatori Dilettanti
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Attenzione: la normativa dello Stato si riferisce espressamente e genericamente a
compensi e rimborsi per l’attività sportiva dilettantistica mentre la normativa sportiva
applicata all’allenatore di calcio dilettante contempla il “premio di tesseramento“ (che
già in alcuni casi costituiva un vero e proprio compenso); per lo Stato i compensi NON
concorrono a formare reddito fino a 7.500,00 euro, NON è previsto un “tetto” ed un
rimborso è tale solo quando è correlato da giustificativi (scontrini fiscali, ricevute
autostradali,…); per la normativa sportiva specifica relativa al calcio dilettantistico, ci
sono precisi limiti al “premio di tesseramento” il cui superamento comporta
l’inevitabile applicazione di sanzioni sportive a carico dell’allenatore
La normativa vigente di riferimento
per la stagione 2014/2015 il premio di tesseramento per gli allenatori dilettanti è:
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Camp. Naz. Serie D (10.000,00)
Camp. Eccellenza (9.000,00)
Camp. Promozione (7.000,00)
Camp. 1 Cat. (5.000,00)
Camp. 2 Cat. (2.500,00)
Camp. 3 Cat. (2.000,00)
Camp. Naz. Femminile Serie A (9.000,00)
Camp. Naz. Femminile Serie A2 (7.000,00)
Camp. Naz. Calcio a 5 Maschile Serie A (10.000,00)
Camp. Naz. Calcio a 5 Femminile Serie A (2.000,00)
Camp. Naz. Calcio a 5 Serie A2 (8.000,00)
Camp. Naz. Calcio a 5 Serie B (5.000,00)
Camp. Reg. Serie C o C1 Calcio a 5 (2.500,00)
Camp. Juniores Naz. (3.000,00)
Camp.Juniores Reg. e Allenatore squadre minori (2.500,00)
Camp. Naz. Under 21 Calcio a 5 (1.000,00)
… oltre naturalmente ai rimborsi spese! (fonte: stralcio CU n.1 LND S.S. 2014/5)
Strategie per prevenire e risolvere le problematiche
La polizza dell’allenatore di calcio
Essere RESPONSABILI significa dover rendere conto delle proprie azioni, rispondere per le
stesse e, in alcuni casi, anche per quelle degli altri.
Proprio per questo motivo cerchiamo di insegnare quotidianamente ai nostri figli, alunni
o atleti a essere responsabili, avvertendoli sin da giovani che le conseguenze delle loro
azioni ricadranno, in primo luogo, su loro stessi e, in alcuni casi, anche su altri.
Ed è proprio per limitare e tutelarci economicamente dal rischio delle ricadute negative
causate dalle azioni od omissioni (nostre e delle persone di cui siamo tenuti a rispondere)
che si rende necessaria l’esistenza o la stipula ex novo/integrativa di una polizza RCT con
una compagnia assicuratrice.
La polizza RCT tiene indenne l’assicurato -nel nostro caso l’allenatore- per il risarcimento
di danni derivanti dalla responsabilità civile, mentre non lo tutela in caso di condanna
penale a pena detentiva o comportante una multa o ammenda: in tal senso, la copertura
può comprendere le sole spese di giudizio, se inserite nelle condizioni di polizza.
Nel caso di condanna penale, comportante un obbligo al risarcimento, già quantificato dal
giudice penale o da quantificarsi in sede civile, la polizza RCT garantisce la copertura dei
danni pur trovandoci in ambito penale o derivante da un provvedimento di natura penale:
infatti, di fronte a una condanna al risarcimento, quantificato o quantificabile, la natura
patrimoniale dello stesso rientra nella garanzia prestata dalla polizza RCT.
Strategie per prevenire e risolvere le problematiche
Assicurare la crescita: perché?
Il bene tutelato dall'assicurazione RCT è l'intero patrimonio dell'assicurato, presente e
futuro, poiché l'obbligo di risarcimento non vincola soltanto i beni presenti nel patrimonio
del responsabile, al momento del verificarsi del fatto, potendo il danneggiato/creditore
aggredire, attraverso un'azione di pignoramento, anche i beni futuri del
debitore/responsabile stesso: a essere tutelato dall'assicurazione RCT non è un bene
determinato ma un bene indeterminato.
Se, nelle scuole, gli insegnanti, in numero sempre maggiore, stipulano polizze RCT
individuali, cioè integrative - ricordiamo che gli istituti scolastici necessariamente hanno
una polizza di responsabilità civile che tutela anche l'operato degli insegnanti e che il
Dirigente Responsabile del plesso scolastico è obbligato per legge a contrarre - tale forma
di tutela o autotutela non si realizza allo stesso modo per gli istruttori sportivi.
Il problema si deve affrontare senza allarmismi, preferibilmente con l’ausilio di chi è più
competente - un assicuratore di fiducia, ad esempio - verificando, ove possibile, le polizze
già contratte da lega/federazione/club, ricordando comunque che:
•Il terzo danneggiato, potrebbe proporre una richiesta risarcitoria nei confronti di
entrambe le parti o solamente una di esse (allenatore, club o entrambi)
•Le polizze RCT- contratte dalla Lega o Federazione di appartenenza o dallo stesso clubpotrebbero avere scoperture, esclusioni, eccezioni o limitazioni di sorta, ad esempio in
relazione a chi siano i «terzi» danneggiati, assai pericolose da scoprire «a babbo morto»:
sul punto, proprio grazie a una verifica preventiva e ai consigli di un esperto, potremmo,
invece, scoprire di essere già adeguatamente coperti dalle polizze in essere e di non avere
bisogno di altro, se non DI TENERE GLI OCCHI SEMPRE BENE APERTI
Strategie per prevenire e risolvere le problematiche
Assicurare la crescita: come?
L'allenatore può stipulare una polizza personale, di durata annuale, per la responsabilità
civile, per fatti accidentali che cagionano danni a terzi, compresi gli stessi allievi .
E’ opportuno che nella descrizione del rischio, da intendersi come oggetto
dell'assicurazione, sia menzionata proprio l'attività svolta in qualità istruttore/allenatore
per società affiliata alla Federazione Sportiva di appartenenza e svolta durante gli
allenamenti, le partite ufficiali, le trasferte (compreso il rischio in itinere), compresa
l'attività di accompagnatore in caso di gite organizzate dalla società stessa: in tal modo,
possono essere coperte, a garanzia risarcitoria dell'allenatore sotto il profilo civile e quindi
patrimoniale (per capitale, interessi e spese), tutte le ordinarie fattispecie verificabili
nell’ambito della sua attività di istruttore, con un massimale per “sinistro”, previsto e
inserito in polizza, comunque non inferiore a 1.500.000,00 euro.
Nel sottoscrivere una polizza RCT, è necessario prestare attenzione al corretto sviluppo
dell'oggetto della copertura, anche su quanto espressamente escluso nel contratto: in tal
caso, verifichiamo attentamente che non siano escluse proprio alcune di quelle attività che
spesso ci vedono comunque impegnati, ad esempio l’accompagnamento, le preparazioni
estive in località montane, le preparazioni atletiche al di fuori del campo sportivo o della
palestra, le uscite in piscina, i tornei estivi o i post campionati, ecc.
• Roberto Alessio «Nella valigia dell’allenatore - Viaggio di un allenatore
consapevole», III^ ed. a cura dell’autore, in www.libreriauniversitaria.it e
www.webster.it, marzo 2014
• AA.VV. «L’ordinamento sportivo», edito da CONI Servizi - Scuola dello
Sport, aprile 2009
• AA.VV. «Manuale delle associazioni sportive», a cura del CONI Regionale
Piemonte, Edizioni Eutekne, gennaio 2006
• Lorenzo Capaldo «Responsabilità civile della Scuola», Edizioni Simone,
luglio 2007
• Berardino de Simone «Responsabilità degli insegnanti e infortuni agli
allievi durante le attività sportive», Società Stampa Sportiva Roma, 1998
Adesso possiamo iniziare
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