Dal giornalismo alla letteratura (e ritorno) Riccardo Castellana (Letteratura italiana) Università di Siena e-mail: [email protected] In cosa consiste esattamente l’interscambio tra giornalismo e letteratura? Fino a che punto l’ibridazione tra i due generi del discorso ha modificato la loro l’identità? Si può (ancora) tracciare una linea di confine netta tra giornalismo e letteratura? L’influenza del giornalismo sulla letteratura Lingua: semplificazione dello stile, antiletterarietà; Contenuti: elaborazione del “realismo” come racconto della vita quotidiana delle persone qualunque del nostro tempo Il non fiction novel Truman Capote, A sangue freddo (In cold blood, 1965) nel non fiction novel non ci sono più personaggi di finzione, e ogni evento raccontato ha un preciso corrispettivo nella realtà: sono cioè cambiate le convenzioni del realismo ottocentesco (convenzioni secondo le quali i personaggi non erano imitazioni di personaggi reali ma di “tipi” universali, socialmente e psicologicamente caratterizzati), e il contenuto del romanzo è interamente desunto dalla realtà, o meglio da ciò che la documenta. Autofiction L’autofiction è una sorta di autobiografia romanzata il cui protagonista di carta e inchiostro si chiama esattamente come l’autore in carne ed ossa e ne condivide molti tratti anagrafici e psicologici (età, occupazione, preferenze sessuali…), ma compie azioni o interagisce con personaggi che sono (più o meno chiaramente) di finzione. Walter Siti, Il dio impossibile, Rizzoli,2014 (comprende Scuola di nudo, Un amore normale e Troppi paradisi). R. Saviano, Gomorra, 2006 Alle cinque in punto mi feci trovare pronto, nell’androne del palazzo ci raggiunsero altri ragazzi. Oltre me e un mio coinquilino, c’erano due maghrebini con i capelli brizzolati. Ci ficcammo nel furgoncino ed entrammo nel porto. Non so quanta strada avremo fatto e per quali anfratti d’angiporto ci siamo infilati mi addormentai poggiato al finestrino del furgone. Scendemmo vicino a degli scogli, un piccolo molo si estendeva nell’anfratto. Lì c’era attraccato uno scafo con un enorme motore che pareva una coda pesantissima rispetto alla struttura esile e allungata. Con i cappucci tirati su sembravamo tutti una ridicola band di cantanti rap. Il cappuccio che credevo fosse necessario per non farsi riconoscere invece serviva solo per proteggerti dagli schizzi di acqua gelida e per tentare di scongiurare l’emicrania che in mare aperto a primo mattino ti inchioda tra le tempie. […] Dopo circa mezz’ora ci avvicinammo a una nave. Pareva che ci andassimo a impattare contro. Enorme, facevo fatica a tirare il collo per vedere dove terminava la murata. In mare le navi lanciano delle grida di ferro, come l’urto degli alberi quando vengono abbattuti, e dei suoni cupi di vuoto che ti fanno deglutire almeno due volte un muco al sapor di sale. Dalla nave una carrucola faceva calare a scatti una rete colma di scatoloni. R. Saviano, Gomorra, 2006 Erano scarpe. Scarpe da ginnastica, originali, delle marche più celebri. Modelli nuovi, nuovissimi ancora non in circolazione nei negozi italiani temendo un controllo della Finanza aveva preferito scaricare in mare aperto. Una parte della merce poteva così essere immessa senza la zavorra delle tasse, i grossisti le avrebbero prese senza le spese doganali. La concorrenza si vinceva sugli sconti. Stessa qualità di merce, ma quattro, sei, dieci per cento di sconto. Percentuali che nessun agente commerciale avrebbe potuto proporre e le percentuali di sconto fanno crescere o morire un negozio, permettono di aprire centri commerciali, di avere entrate sicure e con le entrate sicure le fideiussioni bancarie. I prezzi devono abbassarsi. Tutto deve arrivare, muoversi velocemente, di nascosto. Schiacciarsi sempre di più nella dimensione della vendita e dell’acquisto. Un ossigeno inaspettato per i commercianti italiani ed europei. Questo ossigeno entrava dal porto di Napoli. La finzione epica è l’unico luogo conoscitivo in cui l’io di una terza persona può essere presentato nella sua soggettività. (K. Hamburger, Logica della letteratura, Bologna, Pendragon, 2015, 106; c. n. t.) G. Verga, Mastro-don Gesualdo, 1888-89 Egli invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba! Ragazzetto... gli sembrava di tornarci ancora, quando portava il gesso dalla fornace di suo padre, a Donferrante! Quante volte l'aveva fatta quella strada di Licodia, dietro gli asinelli che cascavano per via e morivano alle volte sotto il carico! Quanto piangere e chiamar santi e cristiani in aiuto! (G. Verga, Mastro-don Gesualdo, I.4) T. Capote, A sangue freddo, 1965 Era sabato, Natale era prossimo e il traffico avanzava lentamente lungo la Main Street: Dewey, prigioniero del traffico, guardò le ghirlande di agrifoglio appese sopra la strada: allegri festoni adorni di rosse campane di carta e gli venne in mente che non aveva ancora comperato un solo regalo per sua moglie o per i bambini. Automaticamente, il suo cervello respingeva qualsiasi argomento che non riguardasse il caso Clutter. Marie e molti dei loro amici avevano cominciato a preoccuparsi di questa sua totale fissazione. (T. Capote, A sangue freddo, p. 173) T. Capote, A sangue freddo, 1965 Montagne. Falchi roteanti in un cielo latteo. Quando chiese a Dick: “Sai cosa penso?” Perry sapeva di iniziare una conversazione che avrebbe irritato l’amico e che, quanto a quello, lui stesso avrebbe preferito evitare. Era d’accordo con Dick: perché continuare a parlarne? Ma non sempre riusciva a controllarsi. C’erano momenti di debolezza, attimi in cui “ricordava certe cose” – una luce azzurrina che esplodeva in una stanza buia, gli occhi di vetro di un grosso orsacchiotto – in cui delle voci, poche precise parole, cominciavano ad assillare la sua mente: “Oh, no! Oh, vi prego! No! No! No! No! Non fatelo, vi prego!” E certi rumori tornavano – un dollaro d’argento che rotolava attraverso una stanza, passi su pe runa scala d’argento, e il respiro, i rantoli, l’ansimare frenetico di un uomo con la trachea recisa. (A sangue freddo, p. 132). R. Saviano, Gomorra, 2006 Sentiva in fondo, in qualche parte del fegato o dello stomaco, di aver fatto un ottimo lavoro e voleva poterlo dire. Sapeva di meritarsi qualcos’altro. Ma non gli era stato detto niente. Se n’era accorto per caso, per errore. […] Sparire lentamente, farsi passare i minuti sopra, affondarci dentro come fossero sabbie mobili. Smettere di fare qualsiasi cosa. E tirare, tirare a respirare. Nient’altro. (Gomorra, pp. 44-45) Il non fiction novel prevede essenzialmente due tecniche principali di finzionalizzazione che lo distinguono dal discorso giornalistico: la creazione di un narratore-testimone che fa cose inventate (fiction autodiegetica) la tecnica dell’introspezione nella coscienza del personaggio terzo (fiction eterodiegetica) L’influenza della letteratura sul giornalismo I tedeschi ci assediano. Rivera guarda. Domenghini affoga. Dall'area, continui richiami. Nessuno torna, dalle posizioni di punta (eppure Riva è meglio in difesa che all' attacco, di questi tempi: sissignori). Il predominio tedesco è avvilente. Il pubblico ruggisce all' ingiustizia del punteggio. I tedeschi attaccano con Libuda, Seeler, Muller, Held e Grabowski di punta, e dietro loro premono Beckembauer e Overath. Un vero disastro. Una sproporzione di forze impressionante. Valcareggi prende atto. Io arrivo ad augurarmi che segnino alla svelta i tedeschi perché mi vergogno (e ne soffro). (G. Brera, Italia-Germania 4-3, “Il Giorno”, 18 giugno 1970). G. Romagnoli, Nel deserto o in un garage sperando che sia lui (“Repubblica”, 14/9/2014) UNO DEI RESTANTI scopi della mia vita è aver visitato, prima del check out, almeno cento Paesi. In ognuno di questi potrei mangiare un pollo di Kentucky Fried Chicken (e me ne resterebbero diciotto inesplorati). L’ho fatto in ogni Stato in cui si fermava la corriera, la volta in cui ho attraversato l'America sul Greyhound. Le alternative erano scarse: Pizza Hut o Taco Bell, stessa proprietà, curiosa affinità di sapori. KFC è la Coca Cola dei polli: vanta una ricetta segreta con undici erbe e aromi. Ma il colonnello Saunders che la inventò era un genio del marketing, basti pensare che non era colonnello e non era del Kentucky. Però il suo dovrebbe essere pollo vero, condito con quell'allucinogeno di massa che mescola l'aspettativa alla memoria e ha scatenato per giorni il web alla prospettiva dell'apertura di uno spaccio a Roma. […] G. Zucconi, Giustiziata Carla, il patibolo ha vinto (“Repubblica”, 4/2/1998) HUNTSVILLE (Texas) - La signora Karla Faye Tucker è morta, le braccia in croce aperte su un lettino di ospedale, sotto gli occhi di suo padre. L'ha uccisa, alla una e 45 minuti di questa notte ora italiana, otto minuti dopo l'iniezione, nella casa dei supplizi in Texas, il suo essere bianca; il suo essere donna; il suo essere diventata buona. E' stato il suo delitto del 1983 a condannarla legalmente. […] G. Zucconi, Giustiziata Carla, il patibolo ha vinto (“Repubblica”, 4/2/1998) […] Come vorrei essere ricchissimo, oggi, e poter noleggiare migliaia di jumbo jets e portare qui, con me davanti a "The Walls", quegli italiani che si fanno tentare dalla voglia di forca. Come vorrei soprattutto non essere qui, davanti a "The Walls" a Huntsville, nel Texas. E, anch'io, non vedere, non sapere. G. Zucconi, Giustiziata Carla, il patibolo ha vinto (“Repubblica”, 4/2/1998) Ma poi bastano le parole di un carnefice commosso, per squarciare lo schermo. La signora Karla Tucker ha avuto paura, altro che i salmi di Davide e il Paradiso. Una paura fottuta, quando tutta l'eccitazione della notorietà mondiale, delle estasi evangeliche, dei ricorsi legali, è crollata davanti alla realtà della porta blindata numero F12, la sala d'attesa aperta per lei dentro The Walls, le mura del campo, come le chiamano fra loro i detenuti. Era l'ora "S", l'ora della siringa, meno cinque ore. G. Zucconi, Giustiziata Carla, il patibolo ha vinto (“Repubblica”, 4/2/1998) Forse aveva superato la crisi. Noi, là fuori, fingevamo quell'allegria nevrotica che prende ai funerali. Molti ridevano. Dietro la grande muraglia rossa, gli invitati al rito della morte venivano accolti dalla psicologa del penitenziario. Conclusioni Nell’ultimo mezzo secolo i confini tra letteratura e giornalismo si sono andati via via sfumando e mescolando, gli interscambi reciproci sono molti. Ciononostante, persiste una soglia oltre la quale qualcosa non può non essere letteratura o non può non essere giornalismo: questa soglia si chiama fiction e consiste essenzialmente nella possibilità “soprannaturale” di dare voce alla soggettività altrui. Bibliografia C. Bertoni, Letteratura e giornalismo, Firenze, Carocci, 2009 T. Capote, A sangue freddo (In cold blood, 1965), Milano, Garzanti, 1999 R. Castellana, Cronistoria di un giornale letterario. Tozzi e Pirandello al «Messaggero della Domenica», in Tozzi tra filologia e critica, a cura di R. Luperini e R. Castellana, Lecce, Manni, 2003, pp. 111-184. Daniela De Liso e Raffaele Giglio (a cura di). C’era una volta la terza pagina. Atti del Convegno, Napoli, 13-15 maggio, Firenze, Cesati, 2015 K. Hamburger, La logica della letteratura (Die Logik der Dichtung, 1957), Bologna, Pendragon, 2015 R. Saviano, Gomorra, Milano, Mondadori, 2006 M. Sisto – F. Guglieri, Verifica dei poteri 2.0, «Allegoria», n. 61, 2011. Riccardo Castellana (Università di Siena – Dipartimento di filologia e critica delle letterature antiche e moderne) Recapiti e link per scaricare le diapositive della lezione (da Prof!Blog)