Riposano le vette e le gole,
i rilievi e i dirupi,
le fronde e gli esseri che la terra feconda nutre
e le belve montane e le industriose operaie
e i misteriosi abitanti degli abissi nel mare spumeggiante
si abbandonano alla quiete le specie degli uccelli dal rapido volo.
Ho sostituito il verbo “dormono” con “riposano” e “si abbandonano alla quiete” che secondo me trasmettono
meglio l’idea di tranquillità e pace. Mi sono limitata a tradurre con sinonimi i quattro elementi paesaggistici dei
versi uno e due per attenermi al testo greco. Ho sostituito per metonimia la parola “selva” con “fronde” che
richiamano il verdeggiare del paesaggio e ho generalizzato il termine “animali” con “esseri”. Ho applicato alla
terra l’epiteto “feconda” perché la parola usata nel testo greco ( “nera” ) mi ha fatto pensare al colore di un
campo dove sia appena passato un aratro che abbia quindi predisposto il terreno a generare frutti, appunto ad
essere feconda. Al verso quattro ho tradotto il termine “fiere” con “belve” perché per l’uomo dell’epoca gli
animali che popolavano le montagne erano temuti e ritenuti pericolosi, quindi ho usato un dispregiativo. Sempre
nello stesso verso ho sostituito le “api” con una perifrasi che mette in risalto le qualità tipiche di questo insetto. I
“mostri” sono diventati “misteriosi abitanti” dato che l’uomo greco non aveva mai esplorato le profondità marine
che rappresentavano per lui l’ignoto; mentre a “purpureo”, data la sua probabile derivazione da porfido (
“ribollire” ), ho sostituito “spumeggiante”. Infine, attenendomi all’epiteto usato nel testo per gli uccelli, ho
preferito esprimerlo con termini che rimandano immediatamente all’azione di volare.
Dormono le cime de’ monti
e le vallate intorno,
i declivi e i burroni;
dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme di api,
i mostri nel fondo cupo del mare;
dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali.
Dorme il tetto del monte
E la valle, ed il promontorio, e il burrone,
e la selva e l’animale nutrito dalla terra scura,
e la bestia, e la generazione delle api,
e il mostro nell’immenso mare purpureo,
e tutta la progenie degli uccelli dalle ali tese dorme.
Nel riproporre la poesia, ho scritto tutti i termini al singolare, poiché credo che ciò renda anche di
più la tranquillità e il silenzio della notte descritta.
È stato accentuato il polisindeto “e” in tutti i versi, e nei primi due ho lasciato la visione totale, che va
dalla cima del monte, alla valle, dal promontorio al burrone, perchè ritengo che la traduzione
letterale sia la più indicata.
Ho riproposto gli attributi “scura” e “purpureo” alla fine dei versi 3 e 5, poiché credo che creino un
contrasto capace di rendere ancora più forte l’immagine di un panorama scuro, silenzioso,
tranquillo, quasi tenebroso e spettrale.
Dormono le cime dei monti
E tutte le vallate attorno,
i declivi e i burroni
riposano i rettili, che nutre
la madre terra notturna
le fiere selvagge e le famiglie
di api, e gli animali negli abissi del mare cangiante,
addormentati gli uccelli dalle ali spiegate.
Sono addormentate le vette dei monti e le profonde valli,
gli alti promontori e le gole,
i verdi boschi dove vivono gli animali,
che il suolo nero mantiene.
Le grandi fiere montane
E la famiglia delle api
E anche i mostri del purpureo mare;
dormono le progenie degli uccelli
dalle ampie ali
Dormono le gole profonde e le montagne affinate
Dormono i colli rotondi e gli scoscesi dirupi
Riposano gli animali dalla scura terra allevati
Dormono le fiere del bosco, e gli alveari di api
Giacciono i mostri nel cupo mare cresciuti
Dormono nei nidi gli uccelli dalle ali spiegate.
Nel primo verso ho deciso di mantenere il verbo “dormono”, poi riportato all’inizio di ogni verso successivo, ad
eccezione dei versi 3 e 5 , per dare un maggior senso di quiete e di silenzio notturno al componimento. Ho
aggiunto degli aggettivi per enfatizzare la forma delle luoghi descritti; tra il primo e il secondo verso c’è un
parallelismo tra gole-dirupi e montagna-colli, che a mio avviso aiuta a dare un’idea di quattro luoghi l’uno
l’opposto dell’altro. Il 3° verso è introdotto dal verbo “riposano”: ho deciso di usare questo sinonimo perché si
addice di più agli animali allevati dalla terra che, vivendo in luoghi rupresti, devono essere sempre leggermente
vegli per difendersi dai pericoli. Anche nel 5° verso c’è un sinonimo di “dormono”,ovvero ”giacciono”: i mostri del
mare infatti di notte si appostano nei fondali immobili aiutati dall’oscurità; il mare nella mia traduzione non è
“purpureo” bensì “cupo”, poiché a mio avviso quest’ultima parola rende più un’idea di oscurità e tenebrosità. Le
ali degli uccelli nell’ultimo verso non sono tese, ma spiegate, in attesa del volo.
Ho anche tentato di riportare una rima (composta di assonanze e consonanze) con il seguente schema:
ABCCBA
Dormono le cime dei monti,
E le voragini,
Dormono i colli,
E i burroni,
Dormono la selva,
E gli animali che la terra fa crescere,
Dormono le fiere selvagge,
E le famiglie delle api,
Dormono i nostri nel fondo violaceo del mare,
E le generazioni degli uccelli dalle ali distese.
Yamatachi to ndotachi to buvira to bataani nemuru
To mori to dcobuzura, hinna wa korera no zuca curoi seeicido suru
To doobuzura ni yamatachi to cozolu amai muscira
To desra minicui ni oochi umi curai
Cazocura torira foraito nemuru
Montagne e gole e colli e burroni dormono
Anche il bosco e gli animali, tutti questi che la terra nera cresce
E animali sui monti e la stirpe dei dolci insetti
E creature mostruose nel grande mare scuro
Stirpi di uccelli dal volo aereo dormono
Dormono le vette dei monti e le valli
le alture e le gole
la selva e gli animali che la terra nera nutre
e le belve montane
la stirpe delle api
e i mostri nella profondità dello scuro mare;
dormono gli uccelli dalla ali distese
Dormono le cime dei monti e i dirupi
I colli e i burroni
Dormono i rettili quanti la nuda terra nutre
Dormono le fiere agresti, la stirpe di api
I mostri nell’abisso del violaceo mare
Dormono le generazioni
Degli uccelli dalle ampie ali.
Dormono i dirupi
I massicci, i colli e le rupi
Giacciono le selve
E quante nutrite dalle tetre terre:
le selvagge belve
le stirpi di api si posano,
le fiere dei monti
come i mostri dei mari profondi
riposano.
Le ali distendono
gli stormi di uccelli che dormono
Ho deciso di iniziare e terminare la poesia con il verbo “dormono” e ripeterlo nei versi centrali con 3
sinonimi. Al verso 4° ho cambiato la parola “nera” con tetra per aumentare il senso di silenzio e di
pericolosità dei predatori nascosti, evidenziato soprattutto dall’allitterazione delle lettere T e R.
Dal verso 6° al 9° ho solamente cambiato l’ordine delle parole per creare delle rime e la parola
“purpureo” con “profondi” per continuare l’atmosfera silenziosa . Negli ultimi due versi ho reso
l’idea degli uccelli che, invece di accovacciarsi, distendono le ali per dormire e la parola “stormo” è
più indicata per gli uccelli in volo.
Giacciono gli scogli montuosi della terra assopiti
e i bui antri rocciosi
e le sinuosità dei prati
e i freddi abissi della terra
e il mondo d’istinti selvaggi, cullati dalla nera madre
e gli insetti pungenti del miele
e gli incubi delle azzurre voragini purpuree,
così come assopite son l’ali sgargiante del cielo.
Ho sostituito il verbo “dormono”con l’espressione “giacciono assopiti” in modo tale che la stessa azione venisse
rimarcata sia all’inizio che alla fine del primo verso, proprio per sottolineare il silenzio che regnerà su tutta
l’opera. Ho sostituito “cime dei monti con “scogli montuosi della terra”creando una perifrasi, “gole” con “bui
antri rocciosi, “alture” con “sinuosità dei prati”, “burroni”con “freddi abissi della terra”, cercando inoltre di
alternare così un lessico più scorrevole e idealmente più dolce. Inoltre al posto di “animali” ho utilizzato la
metafora “il mondo d’istinti selvaggi” inserendoci così all’interno anche “le fiere montane” ; al posto del verbo
“nutrire” ho messo “cullare” in quanto ho considerato la terra come una madre che accudisce e si preoccupa dei
suoi figli. Sempre per perifrasi ho sostituito “api” con “insetti pungenti del miele”, volendo inoltre eliminare il
termine stirpe; inoltre ho connotato “i mostri” come “incubi”, in modo tale da comprendere sia creature esistenti
realmente, sia creature immaginarie; sempre per perifrasi al posto di “mare” ho scritto”azzurre voragini; ed
infine l’epiteto omerico degli uccelli “dalle ali tese”, l’ho reso con “ali sgargianti del cielo”, volendo evidenziare
con l’aggettivo “sgargianti” un senso di risveglio, in quanto la luce appariscente, sebbene ancora circondata dalla
notte.
Dormono
i monti, le alture,
le gole, i burroni,
la selva, gli animali delle terre brune,
la foschia di sciami dorati,
i mostri delle onde insicure.
Dormono gli uccelli dagli arti velati.
Ho lasciato il verbo dormono, come in Alcmane, all’inizio del primo e dell’ultimo verso; ho scambiato il chiasmo
tra il 2° e 3° verso “monti-gole/ alture-burroni”, preferendo invece dare un senso di netta ascensione tra il 2° e 3°
vv. Difatti in questo modo si passa da figure rocciose e collinari a baratri, da sopra il livello della superficie
terrestre a sotto. Subito dopo si configurano la selva, quindi la vegetazione e la fauna, ma con l’aggettivo “brune”
ho voluto sottolineare esclusivamente gli animali più selvatici, che vivono liberi fra la vegetazione, appunto.
Nei versi successivi si passa poi da animali del cielo a quelli della terra … prendendo come esemplare dei primi le
api; la sineddoche dello sciame dorato, ha una funzione ben precisa, cioè quella di rappresentare tutta una stirpe,
un gruppo, e con il termine foschia ho voluto mescolare tutti gli insetti che popolano il cielo, non solo le api,
poiché questo sonno coglie tutti gli animali di ogni specie; ugualmente il termine”mostri”, che già compare nel
testo originale, racchiude e comprende tutti gli esseri che popolano il mare. Ho poi sostituito “mare purpureo”
con “onde insicure”, in modo da richiamare in qualche modo, la metafora dei mostri, che tuttavia potrebbe
riferirsi agli incubi che eventualmente il sonno può suscitare. Infine ho sostituito l’epiteto omerico “uccelli dalle
ali tese” con “uccelli dagli arti velati” cercando così di imprimere nel verso finale un senso di delicatezza e di
dolcezza data da questa inesauribile quiete.
Dormono gli aspri gioghi dei monti e i declivi della valle,
gli alti promontori ed il silente giaciglio del rivo;
dormono le creature silvestri che la bruna terra nutre,
le fiere che popolano i monti, la progenie delle api
e i mostri nei gorghi del fulgido mare;
dormono i popoli degli uccelli all’ampio alare.
Nella traduzione del Notturno di Alcmane ho cercato di presentare un paesaggio naturale
immerso nell’incanto della notte. In alcuni punti ho ricondotto i termini alla loro etimologia, come
ad esempio nella traduzione di ”prwoneV” che deriva da pro con “promontorio”e di “caradrai”
con “letto del torrente, giaciglio”; in altri invece ho preferito utilizzare una traduzione più libera in
particolare per il termine “porjureaV” che ho tradotto con “fulgido” invece che con “purpureo”
come l’etimologia richiederebbe poiché ho immaginato che,nel paesaggio notturno, l’acqua del mare
fosse illuminata dalla luce della luna. Ho poi mantenuto l’epiteto, tipicamente omerico, riferito agli
uccelli che ho tradotto “dall’ampio alare” anche se inadatto agli uccelli che dormono: penso infatti
che nella composizione di una poesia, in particolari occasioni, sia necessario lasciar da parte la
razionalità e dare maggiore spazio alle emozioni provate, in questo caso, di fronte ad un vero
paesaggio notturno.
Ho tentato quindi di distaccarmi dalle traduzioni già note di questa lirica e di ricreare una natura
incantata, non soggetta allo scorrere del tempo come se quel paesaggio notturno fosse stato
cristallizzato in un dipinto.
Duermen las cimas de los montes, y osas ,y las gargantas montan
duermen las alturas y los barrancos,
duerme la selva, silenciosa y tranquila,
duermen los animales que se arrastran sobre la negra y fértil
tierra,
duermen las fieras montanas y
la estirpe de las abejas , y
los cocos, en las aguas hondas del misterioso mar ;
duerme el pueblo de los pájaros que volan suaves.
Riposano le cime dei monti,
le gole e il letto del fiume,
tace la selva e gli animali figli
della nera Gea.
Anche le fiere montane e tutte le api e
i mostri nelle profondità del mare violaceo sono assopiti.
Riposano gli uccelli dalle lunghe ali.
Riposano le cime dei monti e le valli attigue
E i colli con i taglienti fiumi
E i boschi e quanti serpenti alleva la cupa terra
E tutte le api
E i mostri dell’esteso mare
porporeggiante
Dormono tutti gli uccelli dalle ampie ali
La prima modifica , da me apportata , nel verso iniziale è stata quella di sostituire il verbo “dormono” con
“riposano” ; ciò è dovuto al fatto che lo ritenessi più adatto a rendere un ambiente calmo , fermo e statico , ma
soprattutto silenzioso; subito dopo , invece , ho sostituito “gole” con “valli attigue” ; qui ho aggiunto un aggettivo
poiché ritenevo più opportuno inserire un vocabolo che desse un senso di compostezza e vicinanza , così da
sottolineare la quiete del paesaggio . Nel secondo verso al posto di “burroni” ho adoperato “fiumi taglienti” proprio
perché il significato originario non era “burroni” quanto torrenti che dividono a metà un monte e per questo ho
preferito il significato primario affinché il tutto fosse reso dolce , fluido e sereno ma allo stesso tempo senza
stravolgere il senso .
Nel terzo e quarto verso non ho apportato vistose modifiche perché ho ritenuto che la traduzione letterale fosse la
più indicata;invece nel quinto verso piuttosto che mettere la “genos” delle api ho scelto il termine “tutto” giacché
“meno duro” di stirpe ma con lo stesso significato.
Nel sesto verso , invece , ho utilizzato un qualcosa di più rumoroso : porporeggiante : infatti volevo sottolineare il
contrasto tra la cupa terra e il mare , luogo esteso e misterioso dove risiedono mostri.
Per concludere , nel verso finale ho riusato “riposano” al posto di “dormono” e ho “dotato” gli uccelli di “ampie ali”
S’acquietano dei monti le vette e le gole,
le alture e gli strapiombi
e la selva e le fiere che la nera terra alimenta,
e le selvagge belve e le stirpi delle api
e i mostri negli abissi del cupo mare;
s’acquietano i popoli tutti
degli uccelli dalle grandi ali
Si dorme
Tra le rocce di questi aspri monti,
lungo le dolci colline
e le ripide gole.
Silenziosa la nera terra,
rifugio dei rettili.
Silenzioso l’alveare,
fortezza di miele.
Si dorme
Nel mare vermiglio,
covo profondo di orridi mostri.
Non si ode battito d’ali.
Ho voluto isolare “si dorme” per sottolineare che il paesaggio è immerso nel più totale silenzio e che il dormire è l’azione
principale della poesia; ho usato la forma impersonale perchè rende ancora più simile la poesia alla descrizione di un
dipinto. Non ho conservato l’antitesi tra “burroni-alture” e “cime dei monti-gole”, ma ho scritto “tra le rocce” per far
capire che il silenzio regna anche nel punto più nascosto del paesaggio. Ho aggiunto l’aggettivo “dolci” a colline per
sottolineare l’antitesi con “aspri” e “ripide”. Nel terzo verso ho cercato di rendere morbide le discese delle colline con
l’allitterazione della lettera l.. In seguito, invece di ripetere il verbo “dormire”, ho usato l’aggettivo “silenziosa”, che ho
posizionato all’inizio del verso. Ho tradotto letteralmente “nera terra” per lasciare l’antitesi con “vermiglio”; non ho
tradotto il verbo trefo, ma ho usato l’apposizione “rifugio”, perchè questo verbo mi fa vedere la terra come una madre,
simbolo di protezione per i suoi animali. Con “fortezza di miele” ho voluto rendere gli epiteti omerici usati spesso da
Alcmane. Ho usato “vermiglio” per l’antitesi con “nera”, e perchè mi da l’idea di un rosso molto forte. “Covo” invece,
secondo me, rende ancora di più il senso di profondità e misteriosità del fondo marino; ho aggiunto “orridi” per esigenze
metriche, altrimenti il verso sarebbe risultato incompleto. Infine per rendere ancora più partecipe il lettore, ho usato il
verbo di percezione “udire” e, invece di dire uccelli, ho scritto “battito d’ali”.
Dormono
Le cime dei monti
e le gole
e le alture
e i burroni
e la selva
e gli animali che la terra nera nutre
e le fiere montane
e la stirpe delle api
e i mostri nelle profondità del mare di porpora
e le stirpi degli uccelli che tendono le ali,
dormono.
Duermen
Las cumbras de los montes
y las gargantas
y las elevationes
y los barrancos
y la selva
y los animalos que la tierra negra nutre
y las bestias montés
y la linaje de las abejas
y los monstruos en las profundidad del mar de pùrpura
y los castas de los pàjaros que tienden las alas,
duermen.
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"Notturno di Alcmane" rielaborato dalla classe IIB