Il ciabattino Antonio Istituto Comprensivo “F.lli Casetti” Scuola Media di Varzo Strada San Domenico, 12 28868 Varzo (VB) Tel./Fax 03247156 E-mail: [email protected] Classe 2^A Insegnante referente: Prof.ssa Annalisa Deltedesco Questa è la storia di Antonio Panighetti, nato a Varzo nel 1740 da un’umile e numerosa famiglia, composta da sette figli rimasti troppo presto orfani di padre. A dargli i natali fu la frazione di Durogna, un nucleo rurale abbarbicato a metà di un pendio, circondato da boschi di castagno, caratterizzato da una suggestiva via Crucis e incastonato nella splendida collana della Valle Divedro. Lì la gente viveva in semplicità, occupata nelle tradizionali mansioni della gente di montagna. Domani sforniamo il pane nero Fredda Che fredda l’acqua l’acqua del oggi… oggi… lavatoio Quest’anno l’inverno è lungo E la legna ci riscalda Un momento di riposo e si torna nella stalla Nevicherà ancora? Il suolo, sebbene avidamente coltivato dai valligiani, aveva una scarsa resa. Così, chi aveva una professione, sempre più sovente emigrava dal loco natìo per recarsi a lavorare in altri paesi del Piemonte, nella Savoia o in Svizzera. E anche l’ultimogenito è andato lontano Non piangere Teresina, farà fortuna e tornerà Il mestiere più usato, divenuto quasi caratteristico dei varzesi emigrati, era quello del calzolaio, pure chiamato allora, con più simpatico suono, scarpinello. Qualche varzese, inoltre, si era creato una buona fama nel costruire con arte utensili di peltro. Quando Antonio Panighetti raggiunse l’età di quattordici anni, anche per lui si pose il problema dell’emigrazione. Ma da vivace e devoto fanciullo che egli era, pianificò una fuga segreta con il cugino Giuseppe Varugine, con l’inusuale progetto di raggiungere il Santuario di Varallo e di vivere lì come anacoreti, di fede ed elemosine. Ho lascito una lettera alla mamma Giacomina. Capirà In due giorni di cammino saremo a Varallo Ma il progetto di vita dei due adolescenti fuggiaschi si risolse in un fallimento, nessun sacerdote credette fino in fondo al loro anelito spirituale, tanto che di lì a poco fecero ritorno a Varzo, dove li attendeva la misericordia delle loro mamme e una povera mensa, che sarebbe stata d’ora innanzi apprezzata di più. A quel punto la mamma Giacomina lo incitò a seguire uno dei due fratelli maggiori, o il fratello Giovanni, mastro peltraio in Francia… Bonjour! …oppure il fratello Francesco, il primogenito, che aveva seguito la professione paterna e conduceva una bottega di ciabattino presso il Borgo Po, a Torino. Antonio scelse la seconda opzione, preparò la sua sacca di viaggio, salutò la cara madre e partì. Mantieni la tua fede e sii sempre onesto! Non temere mamma. Così Francesco lo accolse e si curò di lui Ti insegnerò i segreti del mestiere che fu del babbo. Ma tu dovrai ascoltarmi ed ubbidire. ma Antonio non manifestò dapprima alcuna inclinazione al lavoro, subendo le forti attrattive della città in cui era giunto, delle osterie e dei divertimenti che vi si ritrovavano. Così il fratello lo fece impiegare sotto un padrone autorevole, il compatriota Pietro Antonio Gilardetti, che teneva una bottega di ciabattino a Chieri. Lì il nostro giovane varzese restò garzone fino al diciottesimo anno d’età, per poi fare ritorno a Torino. E presto incontrò la fantesca dei massari del Conte di Salasco, Margherita Cuniberti, nata nel 1743 a Govone. Era una fanciulla bella e frivola, corteggiata dai barcaioli del Po, che volentieri le offrivano tragitti da una sponda all’altra del fiume. Antonio chiese ed ottenne la sua mano; le nozze furono celebrate il 1° febbraio 1762. La coppia si trasferì a Moncalieri, dove Antonio comprò una casuccia usando la moneta sonante derivatagli dal riscatto dell’eredità paterna. Il pianterreno fu adibito a bottega, provvista di tutti gli arnesi del mestiere di ciabattino. Lì inizio a farsi apprezzare per la sua professionalità, ma anche per il suo zelo cristiano. Non esitava a donare ai bisognosi e trasformò il piccolo negozio in un luogo di preghiera. Queste sono per vostro figlio, pia donna. Sia lodato il Signore. Quando poi di buon mattino si inerpicava per le valli circostanti, portando il suo servizio di villa in villa, non esitava ad omaggiare i poveri viandanti di tutto ciò cha aveva Consegno a voi il mio pranzo, pane e cacio, buon uomo. Sia lodato il Signore. Grazie. E la sua bonaria fama si sparse per tutta la zona attorno a Moncalieri, tanto che molti accorrevano per udire le sue parole o i suoi consigli, inoltre pervenivano lettere rivolte a lui al curato di Sant’Egidio, sua parrocchia di riferimento Siamo state nella bottega del ciabattino santo Il Signore vi darà ricompensa per il prezioso apostolato. giusta vostro Spesso lo si vedeva sostare in preghiera di fronte ad un tabernacolo e in compagnia della moglie Margherita, nel frattempo convertitasi a condotta irreprensibile e divenuta madre di due figliuoli, Pietro e Maddalena. Pare si siano rivolti a lui, per sentire la sua autorevole predicazione, addirittura la regina Maria Clotilde Adelaide di Francia, nonché illustri nobili e prelati dell’epoca. Alla sua morte, sopraggiunta dopo una misteriosa malattia il 18 febbraio 1785, si registrò un flusso ininterrotto di visitatori provenienti da tutto il regno Sardo. Le autorità preposero delle guardie che si occupassero del mantenimento dell’ordine pubblico, mentre alla celebrazione delle esequie fu necessaria un’ordinanza militare per sgombrare la chiesa e poter chiudere le porte. Il corpo del beato Antonio Panighetti da Varzo fu tumulato nella Chiesa di Sant’Egidio a Moncalieri. Noi abbiamo letto questa vecchia storia da un libro ingiallito della prof. e all’inizio ci siamo annoiati… un po’ por l’italiano arcaico in cui era scritto, un po’ perché ci sembrava una vicenda in bianco e nero, all’antica. Noi, invece, siamo ragazzi a colori… E le nostre sono scarpe variopinte, alla moda, molto fashion. Però ci siamo trovati a riflettere insieme, abbiamo capito che quello di Antonio è un mestiere in via d’estinzione perché oggi non si ripara più niente, oggi si consuma e basta. Nel nostro mondo cybernetico cestinare è più facile che aggiustare. E la moralità raramente si trova vincolata al mondo del lavoro, troppo spesso amorale e senza scrupoli. L’unica logica che prevale è quella del guadagno, non c’è più spazio per l’apostolato di chi crede il quello che fa. Allora, dato che la scarpa è simbolo di cammino, è strumento di audacia e intraprendenza per chi la indossa, noi speriamo fiduciosi di avere lo stesso coraggio del ciabattino Antonio, nostro compaesano di quasi tre secoli fa. E con il nostro bagaglio sulle spalle, pieno di competenze, di studio e di sogni, come lui saremo pronti ad affrontare il mondo del lavoro. Che speriamo sappia accoglierci e valorizzarci. A prescindere dal mestiere che sceglieremo o che ci sceglierà. Per la realizzazione del lavoro abbiamo fatto riferimento al seguente testo: A. Vaudagnotti, Il ciabattino santo di Moncalieri, Tipografia Emilio Bono, Torino, 1927. RINGRAZIAMENTI Esprimiamo gratitudine al Gruppo Costumi di Varzo, che ci ha prestato alcuni abiti d’epoca; al Sig. Giorgio D’Andrea per averci aperto la propria casa e consentito di fotografare gli arnesi da calzolaio dei suoi avi; alla nonna Mariangela per averci fornito le chiavi della Chiesa di Durogna; a genitori (di Helen in particolare) e nonni per aver procurato cappelli, abiti ed apparati adeguati al lavoro. Ringraziamo anche il cielo, che dopo un’interminabile serie di giornate uggiose, ci ha donato un clima propizio alla realizzazione del set fotografico. Che ci ha fruttato un allegro pic-nic fra neve e sole e momenti molto divertenti…come testimoniano alcuni scatti fuori programma… CAST LORENZO MARANI, il ciabattino santo ELEONORA ALBANO, la moglie Margherita ALICE GALLETTI, la madre Giacomina CAMILLO ROSSETTI, il cugino Giuseppe Varugine FRANCESCO TONSI, il fratello Giovanni GIORGIO GUAGLIO, il fratello Francesco DAVIDE GALLETTI, il parroco di Sant’Egidio ALBERTO CAMINITI, il povero viandante ALICE RIVA RIVOT, la pia donna Comparse: MARIA CHIARA ADMETO HELEN AMBIEL ARIANNA BENETTI LUCIA BORGHI CHIARA BUTTIGNOL CLARISSA DABALA’ GIULIA DI GIOIA FRANCESCA FANTI SIMONE FIUMANO’ SOFYANE KNOUFI ALINA POPOVICH LUCA VIGNAGA MATTEO VIGNAGA Prof.ssa ANNALISA DELTEDESCO, sceneggiatura, fotografie e montaggio