La regola principale del gioco è di non far cadere la palla per terra. I giocatori sono tre o più. Il primo giocatore, stando in porta e dando le spalle agli altri, lancia la palla all’indietro: uno degli altri due deve prenderla, lanciarla al compagno che, senza farla cadere, deve tirare in porta e fare goal. (Crinel Filimon, Intervista allo zio di 30 anni). Gioco a squadre. Tre ragazzi per squadra si mettevano piegati appoggiando le braccia sulla schiena del compagno. Un quarto ragazzo si metteva a cavalcioni e doveva rapidamente passare sopra a tutti e tre. Questo per ogni squadra. Chi arrivava prima, vinceva. (Cristian Unilici, Intervista al padre di 43 anni). Si collocavano delle monete alla sommità di un mattone e poi, con delle piastrelle, si facevano cadere. I soldi che cadevano in seguito all’urto della tua piastrella erano i tuoi. (Fabiana Bernardini, Intervista al nonno di 77 anni). Il gioco si ricorda ancora adesso ed era molto diffuso. Consisteva nell’arrampicarsi su un palo spalmato di grasso, estremamente scivoloso, e nell’arrivare in cima. Chi riusciva nell’intento, poteva prendere i premi “in natura”, di tipo mangereccio, che erano all’apice del palo. (Federica Falchi, intervista alla zia si 70 anni) Si prendevano pezzetti di legno leggeri che si mettevano dentro l’acqua perché arrivassero a un traguardo. (Gianluca Sanguedolce, intervista alla nonna di 72 anni) Si giocava con due stecche di legno a punta. Il giocatore le urtava e una delle due andava in alto: chi la mandava più in alto, vinceva. (Giorgia D’Angeli, Intervista al nonno di 66 anni). Il gioco consisteva nel lanciare monetine o bottoni contro il muro e chi centrava una mattonella vinceva. (Lorenzo Caffari, intervista al nonno di 78 anni). . Sul piano 5 sassi. Si prendeva un sasso e si tirava in aria; rapidamente, prima che quello cadesse giù, se ne prendeva un altro da terra, lo si lanciava e si prendevano tutti e due. Via via così, fino a giocare con tutti e cinque. (Silvia Fabi, Intervista al nonno di 70 anni). Variazione moldava del gioco (Moldavia) Stessa procedura con vincita finale di … cinque bottoni! (Iulia Enache, Intervista ai nonni) Ogni partecipante aveva un asino con il quale si schierava alla partenza. Vinceva chi arrivava prima al traguardo. (Valerio Artibani, Intervista allo zio di 50 anni). Si costruivano prima le fionde con pezzetti di rami, quadrelli di elastico e pezzetti di cuoio; poi, si posizionavano barattoli sulla sommità dei muretti e, infine, si tirava con dei sassi. Chi colpiva più barattoli, vinceva. (Valerio Artibani, Intervista allo zio di 50 anni). Non scavare la buca di un altro che prima o poi ci caschi dentro. (Romania, Crinel Filimon) Chi nasce tunnu more quadratu (Lampedusa, Gianluca Sanguedolce) Sarda chi zompa: chi vuole fare le cose, le fa. (Riofreddo, Valerio Artibani) Un patri campa cento figghi e centu figghi un sannu campare un patri (Lampedusa, Gianluca Sanguedolce) Ce vo’ la ciccia alla tegama: per fare una cosa ci vuole sempre impegno. ( Rocca di Botte, Valerio Artibani) Cu mancia sulu more affucatu (Lampedusa, Gianluca Sanguedolce) Chi fuje fuje e chi a’ paura vola: chi corre, corre, chi ha paura vola (Vivaro Romano, Federica Falchi) Con la pioggia o co’ ju ventu Fra Martino sta davendro (Riofreddo, Lorenzo Caffari) Ma’ Peppe me pizzica, me pizzica Pe’ che mamma non c’è: è uno che finge di chiedere aiuto ma in realtà non lo vuole (Vallinfreda, Silvia Ricci) Miergi insciet diparte agiunc: vai piano e arriverai lontano. ( Moldavia, Cristian Unilici) Polenta e polentone acqua de fosso/govername padro’ sennò te lasso (Riofreddo, Fabiana Bernardini) Fai del bene e scordalo, fai del bene e pensaci ( Rocca di Botte, Giorgia D’Angeli) Involtini di foglie di uva o di verza con, all’interno, carne macinata. (Romania, Crinel Filimon) Trippa alla romana: si lessa la trippa, si prepara un sugo con cipolla e menta con il quale so condisce la trippa insieme al pecorino. (Roma, Giorgia D’Angeli) Mustaccioli (Radicaro, Rieti, Silvia Fabi) Pulentone alla carbonara: una volta cotta la polenta dopo averla girata a lungo nel paiolo appeso alla catena del camino, l’impasto, ormai molto consistente (più duro della polenta normale), si stende sulla spianatora (tavola di legno). Si taglia a fette e si ricompone nella cottorélla (paiolo), condendo abbondantemente con pancetta rosolata con olio e pepe e facendola rosolare. Volendo si può aggiungere l’uovo e si cosparge il tutto con formaggio pecorino. (Vivaro Romano, Federica Falchi) Pizza di turco: la farina di granturco si impasta con acqua e sale, si fa cuocere sul fuoco del camino, e si può mangiare con la verdura o con il latte. (Riofreddo, Lorenzo Caffari) Pizza co’ gli sfriuli: si impastano acqua e farina di granturco e si fa uno strato di pizza. Poi si mettono gli sfriuli (pezzetti di pancetta) in mezzo al composto, si ricopre con un altro strato di impasto e si mette a cuocere il tutto sotto la cenere. (Vallinfreda, Silvia Ricci) Nociata. Vengono sbucciate le noci, fatte a pezzettini e impastate con il mieli. Il composto viene steso come una sfoglia, allargato, tagliato a pezzetti che vengono adagiati su una foglia di alloro. (Riofreddo, Valerio Artibani) Mozzetti: Si mescola della frutta secca con miele e zucchero; il composto si depone nella sfoglia che si arrotola. Poi si tagliano dei tronchetti che si cuociono al forno. (Riofreddo, Valerio Artibani). Sarmale: Si cuoce il riso con cipolla, carota, pomodori e carne macinata. Il composto ben cotto, si depone dentro foglie di verza e si cuoce. (Moldavia, Cristian Unilici).