A Silvia Giacomo Leopardi Presentata da: Marika Compagnone Sara Di Luccio Marika Fioravante Indice Introduzione Analisi metrica Ambiente Figure retoriche Contenuto La figura di Silvia Introduzione La prima edizione è l’edizione Piatti uscita nel 1831, ma l’edizione definitiva e completa è quella del 1835. La lirica, composta tra il 19 e il 20 aprile nel 1828 a Pisa, è quella che inaugura la stagione dei cosiddetti “Grandi Idilli (contenuto oggettivo , trattano cioè la meditazione del poeta sulla condizione umana di infelicità e dolore.) Possiamo dividere il canto in due parti: La prima parte ha carattere rievocativo (poetica della memoria); il poeta domanda a Silvia se,dopo tanti anni, ricorda ancora i giorni felici nei quali si affacciava alla giovinezza. La seconda parte ha invece carattere riflessivo. Il poeta fa ,infatti, un paragone tra il destino della ragazza e il suo. Analisi metrica e caratteristiche formali “ A Silvia” è una canzone libera leopardiana, composta da sei strofe di diversa lunghezza. Vi sono 27 versi privi di rima, gli altri rimano liberamente. L’ultimo verso di ogni strofa rima con uno dei precedenti della medesima stanza ed è sempre un settenario. Tipicamente leopardiano è l'uso di una aggettivazione dal significato ”vago e indefinito” con lo scopo di ricreare l'atmosfera suggestiva del ricordo: Silvia è evocata attraverso coppie di aggettivi che servono a connotare il personaggio dal punto di vista psicologico e ad evocare una realtà spirituale ("ridenti e fuggitivi", "lieta e pensosa", "innamorati e schivi"). L'aggettivo vago significa "bello" , ma anche "indeterminato" e "desiderato". Molte sono le parole appartenenti al linguaggio del “vago e indefinito”: “fuggitivi”, “quiete”, “perpetuo”, “vago”, “odoroso”, “lungi”, “dolce”. Il linguaggio della "ricordanza" fonde il vero e il vago in un passato reale che però nel contempo sembra allontanarsi dalla fisicità delle cose (le vie dorate e gli orti sono l'immagine del magico momento dell'illusione). Netta la contrapposizione anche nell’uso dei tempi verbali: l’imperfetto caratterizza le strofe del ricordo indefinito degli anni giovanili e domina le strofe 1, 3 e 5, il presente quelle dell’amara constatazione del dolore, la 4 e la 6. Nelle strofe del ricordo, la sintassi è piana e limpida con periodi brevi e poche subordinate, in quelle di riflessione è più mossa e tesa, ricca di interrogative retoriche e di esclamazioni. Ambiente L’ambiente circostante è rarefatto e caratterizzato solo da pochi aggettivi evocativi: “quiete”, “odoroso”, “sereno”, “dorate”. La poesia è resa possibile soltanto dal filtro del ricordo, che, come il filtro “fisico” rappresentato dalla finestra del “paterno ostello”, rende le immagini sfocate, quindi “vaghe e indefinite”. La finestra, come la siepe del L’infinito, infatti, limita il contatto con il reale, scatenando l’immaginazione. Inoltre il filtro del ricordo concorre in maniera determinante a spegnere le illusioni, che non possono essere vissute ingenuamente come nella giovinezza, bensì sono interrotte dalla consapevolezza del vero. Tuttavia, anche se la poesia si chiude con l’immagine lugubre della morte, è tutta pervasa da immagini di vita e di gioia, poiché Leopardi vuole levare un grido di protesta contro la natura “matrigna” che ha negato queste cose belle all’uomo: non si rassegna al dolore, ma, pur nella disperazione, non rinuncia mai a rivendicare il diritto alla felicità. La figura di Silvia Silvia, che è protagonista della lirica, è stata identificata con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi. Proprio come l’ambiente, la figura femminile è poco dettagliata, non presenta dettagli concreti. Gli elementi fisici e realistici sono solo un punto di partenza: l’unico elemento concreto cui accenna il poeta è lo sguardo ridente, luminoso e allo stesso tempo pudico che illumina la figura di Silvia e ne sottolinea l’atteggiamento spensierato, felice ma anche riflessivo. Il nome Silvia, oltre che per il gioco fonico che forma con “salivi”, ultima parola della prima strofa, è significativo anche perché è il nome della protagonista dell’Aminta di Tasso. E’ importante notare che Silvia diventa il simbolo della giovinezza, dell’amore, delle trepidanti attese, del vago fantasticare. Contenuto Confronto con Leopardi Ciò che la unisce al poeta non è una vera e propria storia d’amore, bensì è la comune condizione giovanile, fatta di speranze e sogni destinati ad essere ben presto delusi. Entrambi sono destinati a soffrire per la caduta delle illusioni, l’unica cosa che li distingue è che la sofferenza di Silvia è destinata ben presto a finire, infatti la sua morte, il suo “cadere” rappresentano per il poeta la morte di ogni speranza ed illusione giovanile. Egli tramite Silvia osserva quella giovinezza che tanto ammira, ma che non è mai riuscito a vivere, come afferma in una nota dello Zibaldone. Questo e le delusioni, lo portano a scagliarsi contro la natura “matrigna”, incapace di mantenere le promesse fatte; alla fine, resta solo la “fredda morte” a spegnere ogni immagine di vita. Figure retoriche • • • • • Allitterazioni: ricorre la sillaba /vi/ che è presente anche nel nome “Silvia”: “vita” (v. • 2), “fuggitivi” (v. 4), “salivi” (v. 6), “sedevi” (v. 11), “avevi” (v. 12), “solevi” (v. 13), • “soavi” (v. 28), “perivi” (v. 42), “vedevi” (v. 42), “schivi” (v. 46), “festivi” (v. 47), • “mostravi” (v. 63); delle lettere /t/ (v. 2): • “tempo-tua-vita-mortale” ed /l/ “allorchèall’opre-femminili” (v. 10); di /m/ ed /n/: “e quinci il mar da lungi e quindi il monte” (v. 25); della /v/: “vago-avvenir-avevi” (v. 12); • Enjambements: “sonavan le quiete / stanze” (vv. 7-8); “peria fra poco / la speranza mia dolce” (vv. 49-50); “negaro i fati / la giovanezza” (vv. 52-53); “questi / i diletti” • (vv. 56-57); “la fredda morte ed una tomba ignuda / mostravi” (vv. 62-63); Chiasmi: “io gli studi legiadri… e le sudate carte” (vv. 15-16); “fredda morte, tomba • ignuda (v. 62)”; Metonimia: “faticosa tela” (v. 22); “lingua mortal” (v. 27); • Ipallage: :“sudate carte” (v. 16); Iperbato: “ove il tempo mio primo / e di me si spendea la miglior parte” (vv. 17-18); Climax: “che pensieri soavi, che speranze, che cori…” (vv. 28-29); Ossimoro: “lieta e pensosa” (v. 5); Epifrasi: “io gli studi leggiadri / talor lasciando e le sudate carte” (vv. 15-16); “agli anni miei anche negaro i fati / la giovanezza” (vv. 51-52); Geminatio (ripetizione): “o natura, o natura” (v. 36); “come, / come passata sei..” (v. 53); Anafore: “Che pensieri soavi, / Che speranze, Che cori” (vv. 28-29); “perché non rendi poi…./ perché di tanto…” (vv. 38-39); “questo è quel mondo? Questi / i diletti… / Questa la sorte…” (vv. 56-59). Metafore: “il limitare di gioventù” (v. 5); “il fior degli anni tuoi” (v. 43); Personificazione: “All’apparir del vero, tu, misera cadesti (vv. 60-61).