I VIZI CAPITALI Il processo di deformazione dell'uomo Cosa sono i vizi capitali? Il "vizio" è una abitudine o propensione al peccato. Parte da un desiderio spesso legittimo ma indirizzato verso un oggetto sbagliato. Pur essendoci evidentemente all'origine una certa propensione, prima del vizio vi è l'atto peccaminoso: è la ripetizione a creare l'abitudine e quindi il vizio. Il vizio infatti è un "habitus" dell'anima, come anche la virtù, acquisita però attraverso la ripetizione di atti buoni (S. Tommaso). Un circolo … vizioso ATTO PECCAMINOSO DESIDERIO, PROPENSIONE DESIDERIO, PROPENSIONE RIPETIZIONE DELL'ATTO I termini "vizio" e "capitale" Il "vizio" mette in rilievo l'impotenza del soggetto di fronte alle sue azioni, delle quali, più che autore, se ne sente schiavo. Chi ha un vizio si trova a fare quello che non vorrebbe fare e si sente umiliato e mortificato per quello che fa. Questi vizi sono detti "capitali" non perché siano i più gravi (alcuni di essi non superano la colpa veniale) ma perché sono origine di molti peccati (da "capo": colui che presiede e guida). La classificazione "settenaria" occidentale L'elenco dei vizi capitali cui facciamo riferimento deriva da San Gregorio Magno (+ 604): Superbia: il desiderio disordinato di essere superiori agli altri, fino al disprezzo degli ordini e delle leggi. Avarizia: il desiderio disordinato dei beni temporali. Lussuria: la dedizione al piacere e al sesso. Invidia: la tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio. Gola: l'abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola. Ira: il desiderio disordinato di vendicare un torto subito. Accidia: il lasciarsi andare al torpore dell'animo, fino a provare fastidio per le cose spirituali, e in particolare l'abbandono della preghiera e dell'amicizia verso Dio perché faticosa. LA GOLA Il rapporto deformato con il cibo Hieronimus Bosch, I sette peccati capitali: la gola, Museo del Prado - Madrid Pieter Brueguel il Vecchio, Il Paese di cuccagna, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera (1567) Cosa è la gola? La gola, nella sua connotazione viziosa, è "il desiderio disordinato di nutrirsi" (S. Tommaso d'Aquino). Essa sta a indicare un rapporto scomposto, irrazionale e aberrante con il cibo e le bevande. Si potrebbe meglio chiamarlo golosità (laimargía, "follia della gola", come dicono alcuni Padri) o voracità o ingordigia. Evagrio e Cassiano lo chiamano gastrimargía ("follia del ventre"). La differenza tra laimargia e gastrimargia consiste nel fatto che la prima riguarda la qualità di cibo, l'altra la sua quantità: «Talvolta si è tentati dalla piacevolezza, e non si vuole sempre mangiare molti cibi, ma piacevoli sì. Succede che una tale persona mangi un cibo che le piace, ed è tanto vinta dal suo piacere che continua a tenere quel cibo in bocca e a masticarlo per un bel pezzo senza avere il coraggio di inghiottirlo per il piacere. Questa si chiama laimargía, golosità. Un altro è tentato nella quantità e non vuole i cibi buoni e non gli importa della piacevolezza, ma, buoni o cattivi che siano, non vuole altro che mangiare, e quali che siano i cibi, non gli importa altro che riempirsi la pancia. Questa si chiama gastrimargía, voracità» (Doroteo di Gaza) Le "istruzioni" del Siracide Sei seduto davanti a una tavola sontuosa? Non spalancare verso di essa la tua bocca e non dire: «Che abbondanza qua sopra!». [...] Mangia da uomo frugale ciò che ti è posto dinanzi, non masticare con voracità per non renderti odioso. Sii il primo a smettere per educazione, non essere ingordo per non incorrere nel disprezzo. Il sonno è salubre se lo stomaco è regolato, al mattino ci si alza e si è padroni di sé. Il tormento dell'insonnia e della nausea e la colica accompagnano l'uomo ingordo (Siracide 31,12.1617.20). Non di solo cibo … Quando l'eccesso è nel bere, si tratta di ubriachezza. L'abuso delle bevande alcoliche, diventato un'abitudine e una necessità, viene oggi chiamato alcolismo. Si potrebbe estendere la golosità anche all'abuso di assunzione di droghe, poiché presenta dinamiche analoghe a quelle riconosciute nel comportamento proprio del goloso (cf. Cucci, «La gola, insaziabile fame di affetto»). Anche la voracità «crea assuefazione. Ci rende dipendenti dai gusti, dai capricci, da un irrazionale anelito a mangiare continuamente. I gusti poi, che crediamo tanto "nostri", sono in genere il frutto dei condizionamenti dell'abitudine, delle mode, della pubblicità, o anche delle sostanze quasi narcotiche [...] presenti in molti alimenti industriali» (Tessore, I vizi capitali). Non di solo cibo … "Non guardare il vino come rosseggia, come scintilla nella coppa e come scorre morbidamente; finirà per morderti come un serpente e pungerti come una vipera. Allora i tuoi occhi vedranno cose strane e la tua mente dirà cose sconnesse. Ti parrà di giacere in alto mare o di giacere in cima all'albero maestro" (Proverbi 23,31-34). "Non fare lo spavaldo con il vino, perché il vino ha mandato molti in rovina. [...] L'ubriachezza accresce l’ira dello stolto a sua rovina, ne diminuisce le forze e gli procura ferite" (Siracide 31,25.30). Un peccato veniale ma … originale «I peccati connessi agli eccessi della gola sono in genere veniali e raramente pervengono al peccato mortale» (S. Alfonso M. De Liguori). La storia della creazione sarebbe consistita in un lungo digiuno durato sei giorni. Soltanto «il sesto giorno furono create le bestie, e con le bestie ebbe origine la possibilità di mangiare e l'uso del cibo. Appena fu introdotto il cibo, iniziò la fine del mondo» (S. Ambrogio). Un peccato veniale ma … originale Il passaggio «da un mondo che si accresce a un mondo che si consuma fu segnalato da un tabù alimentare, dalla proibizione di mangiare uno dei frutti che popolavano il giardino. Ma il divieto produsse la trasgressione, e il primo peccato fu proprio un peccato di gola; la gola, conclude Ambrogio, "scacciò dal Paradiso l'uomo che vi regnava". [...] Tutta la cultura medievale è attraversata dall'idea che il peccato dei progenitori sia stato un peccato di gola, o almeno che la gola sia stato uno dei punti di forza della tentazione diabolica. La conferma più autorevole viene rintracciata nella Scrittura stessa, nel brano evangelico delle tre tentazioni del Cristo nel deserto (Matteo 4,1-11; Luca 4,1-13), nel quale è assai facile leggere la puntuale ripetizione della vicenda del primo Adamo» (Casagrande - Vecchio, I sette vizi capitali). Storie di ingordigia Noè sperimenta gli effetti inebrianti del vino, fino a mostrare la propria nudità ai figli: "Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all’interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet ed egli dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!». Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì". (Genesi 9,20-28). Lot si ubriaca e ha rapporti incestuosi con le figlie : "Lot partì da Soar e andò ad abitare sulla montagna con le sue due figlie, perché temeva di restare a Soar, e si stabilì in una caverna con le sue due figlie. Ora la maggiore disse alla più piccola: «Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, come avviene dappertutto. Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse, né quando lei si coricò né quando lei si alzò. All’indomani la maggiore disse alla più piccola: «Ecco, ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu a coricarti con lui; così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a coricarsi con lui; ma egli non se ne accorse, né quando lei si coricò né quando lei si alzò. Così le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti, che esistono ancora oggi. Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti, che esistono ancora oggi". (Genesi 19,30-38) Storie di ingordigia Esaù, per un piatto di lenticchie, cede la primogenitura a Giacobbe (cf. Genesi 25,29-34). Il popolo d'Israele nel deserto pecca per desiderio di cibo, quando non sopporta più di mangiare la manna, preferendo piuttosto tornare alla schiavitù in Egitto (cf. Esodo 16,2-3; Numeri 11,4-6). Durante un lauto banchetto Erode decide di far decapitare Giovanni Battista (cf. Marco 6,17-29). Gesù stesso, nel deserto, fu tentato quando «ebbe fame» (Matteo 4,2) e prima di tutto fu tentato sulla soddisfazione del proprio appetito: "Non si può infatti ingaggiare la lotta spirituale, se prima non si doma il nemico che si trova dentro di noi, cioè la gola; se non abbattiamo i nemici a noi più vicini è proprio inutile passare a combattere quelli più lontani" (S. Gregorio Magno). La gola è vizio capitale La gola è un vizio capitale, e lo è anche a motivo del fatto che genera altri vizi: «Il goloso è destinato a soccombere a tutti gli attacchi, giacché ha introdotto il nemico dentro di sé, nel suo stesso corpo, in quella bocca che, porta di tutto l'uomo, una volta diventata preda del demonio lascia entrare l'intera famiglia diabolica, cioè la totalità dei peccati». (Guillame Peyraut – XIII sec.) Darsi una misura nell'assunzione del cibo è difficile, perché "gusto e olfatto sono i sensi più arcaici che mettono in moto le zone più primitive del nostro cervello, quelle su cui i nostri ragionamenti, i nostri propositi, la nostra buona volontà hanno una scarsissima incidenza" (Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi). La gola è vizio capitale La tradizione spirituale cristiana ricorda che la voracità è la porta di molti vizi. Essa può: inebetire nell'intelligenza; indebolire la capacità di cogliere le verità spirituali; far dimenticare i doveri religiosi. Riduce la libertà («l'uomo infatti è schiavo di ciò che lo domina»: 2 Pietro 2,19). Conduce a eccessi sessuali: «La gola è madre della lussuria». Predispone ad atteggiamenti esteriori sbagliati: tendenza a chiacchierare, a moltiplicare le parole inutili, a malignare; mancanza di padronanza di sé; trascuratezza e negligenza fisica... Gregorio Magno spiega che «mentre il ventre si ristora, la lingua perde ogni freno». Però «più che di contiguità si tratta questa volta di coincidenza di due funzioni nello stesso organo: la bocca serve per parlare e per mangiare; sulla soglia della porta-bocca si incontrano cibi in entrata e parole in uscita» (Isidoro di Siviglia). Inoltre, sono figli della passione della gola (fra gli altri) «la chiacchiera, la familiarità eccessiva, il far ridere, la giocosità, la contestazione» (Giovanni Climaco). Forme di gola La gola ci tenta in vari modi. Secondo Gregorio Magno, sono cinque: "Alcune volte anticipa il tempo del bisogno, altre volte non anticipa il tempo ma chiede cibi più ricercati; alcune volte pretende che i cibi siano preparati con maggior cura, altre volte si adatta alla qualità e al tempo dei cibi, ma eccede nella quantità. Alcune volte poi non desidera affatto cibi raffinati, ma pecca più gravemente per eccessiva voracità". L'eccesso nella quantità si verifica quando il goloso moltiplica i pasti, mangia senza che ci sia necessità e in ogni occasione, mangia troppo o troppo avidamente. Vi è un eccesso nel tempo: sia quando si è impazienti, sia quando si supera il tempo necessario per una legittima soddisfazione del palato. Esiste anche una ricercatezza eccessiva della qualità: il goloso è troppo esigente circa la qualità degli alimenti, parla troppo e troppo volentieri dei piaceri della tavola. Infine vi è un comportamento smodato: quando ci si nutre senza preoccuparsi né della convenienza né dell'educazione, senza tenere in considerazione l'altro, «servendosi per primi, cominciando a mangiare senza. aspettare gli altri, scegliendo la parte migliore, inghiottendo con avidità... » (Ide — Adrian, I sette peccati capitali). "Mortifica il ventre e chiuderai certamente anche la bocca, poiché la lingua viene resa forte dall'abbondanza dei cibi. Lottando, fa' a pugni con essa e, con vigilanza, vigila su di essa: se infatti farai un po' di fatica, anche il Signore subito verrà in tuo aiuto" (Giovanni Climaco) I "rimedi" alla gola La preghiera prima dei pasti: pregando, prima di mangiare, si libera l'atto di assimilazione del cibo dal rischio del consumo, immettendo Dio tra noi e il cibo, tra noi e il mondo, e facendo anche dell'atto di mangiare un gesto contemplativo, sotto il segno del dono e della gratitudine. Il recupero dell' "arte del mangiare": l'atto di mangiare è rinvio all'attività culturale dell'uomo. Implica il lavoro, la preparazione del cibo (dunque i piani della natura e della cultura), la socialità (nel raccogliere e preparare il cibo come nel consumarlo), la convivialità. Infatti, l'uomo mangia insieme con altri uomini e il mangiare è connesso a una tavola, luogo primordiale di creazione di amicizia, fraternità, alleanza, società. L'Eucaristia, per una sacralità del cibo: il cristiano trova nell'Eucaristia (in cui, mangiando il pane e bevendo il vino eucaristici, egli comunica alla vita del Signore) il magistero del rapporto con il cibo e con la vita tutta. I "rimedi" alla gola L'educazione alla sobrietà : la golosità non può mai essere debellata ed estirpata in maniera totale e definitiva, nascendo da una necessità vitale per l'uomo, qual è il nutrimento. Pertanto non si tratta di sterminare la gola, ma "ce ne distaccheremo solamente, e così, senza occuparci di cose superflue e di mense imbandite, ci riterremo soddisfatti di avere, secondo l'avvertimento dell'Apostolo, il vitto e il vestito per ogni giorno" (Giovanni Cassiano). La virtù della temperanza: secondo san Basilio l'obiettivo della temperanza si realizza: da un lato, usando secondo i propri bisogni le cose molto semplici, necessarie alla vita, evitando ogni sazietà; dall'altro lato, astenendosi da tutto ciò che riguarda solo il piacere. La pratica del digiuno (settimanale, quaresimale …): è una forma di rispetto originata da una sana presa di distanza dal cibo, è una disciplina del desiderio per discernere che cosa, oltre il pane, è veramente necessario per vivere. (cf. CEI, Il senso cristiano del digiuno e della penitenza, 1994) Verso un banchetto eterno Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. (Isaia 25,6-8) Il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. (Luca 15,22-24) Allora l’angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!». (Apocalisse 19,9) Appuntamento a SABATO 5 APRILE L'ira