PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Non abbiate paura della tenerezza Alla scoperta della propria affettività Anno Pastorale 2015-2016 I Vescovi Italiani negli Orientamenti Pastorali per il decennio del 2010 – 2020, Educare alla vita buona del Vangelo, hanno voluto offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione, scrivendo quanto segue: Le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimento del significato autentico dell’educare e della sua insopprimibile necessità. Il mito dell’uomo “che si fa da sé” finisce con il separare la persona dalle proprie radici e dagli altri, rendendola alla fine poco amante anche di se stessa e della vita1. 1. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 18. Introduzione Chi frequenta abitualmente scritti, omelie e interventi vari di papa Francesco inciampa a ogni passo in parole che vanno diritte al cuore, come: bontà, speranza, custodia, servizio, periferie. Ma, tra tutte, le prime voci in graduatoria nel vocabolario “francescano” sono senz’altro: misericordia e tenerezza. Ecco il lampo di due citazioni: “Non abbiate paura della tenerezza”; e un’altra, che basta sentirla una sola volta, e ci resta subito scolpita nel cuore: “La Chiesa è misericordia, non tortura”. Tra parentesi, è utile ricordare che nel linguaggio biblico misericordia e tenerezza sono due parole intercambiabili, al punto che nella nuova traduzione dei salmi, là dove prima si leggeva “misericordia” oggi si legge “tenerezza” (vedi ad esempio Sal 103,11;13). Forse si potrebbe dire semplicemente che la tenerezza è il filo d’oro di cui è intessuta l’umile stoffa della misericordia. 1. Quale metodologia di lavoro e quali contenuti Il metodo che ho in mente di utilizzare è quello di toccare alcune corde intime della vostra vita e farle risuonare in voi, durante la trattazione del tema, attraverso domande, pause di riflessione, personale e di condivisione, e la proposta di esperienze che siete liberi di fare o di non fare. Mi piace vedervi coinvolti e protagonisti, e non semplici uditori di una conferenza. Lo schema che seguo è il seguente: dopo avere evidenziato quale sia il clima culturale postmoderno in cui siamo immersi, intendo descrivere che cosa sia lo stile più consono per esprimere al meglio “la tenerezza”, rivelando che cosa essa “non è” e che cosa “è”. Papa Francesco ci ha più volte richiamato «a non aver paura della tenerezza, esortandoci a essere dei missionari della tenerezza di Dio»2 e attraverso la sua catechesi non verbale si avvicina a tutti, accarezza, abbraccia, bacia creando un movimento di simpatia, di vicinanza e di comunione. 2. Pensiero di papa Francesco pubblicato sul suo profilo Twitter. • Pertanto presento quali sono le paure, i pericoli e le difficoltà maggiori che sperimentiamo nell’essere teneri nel vivere la propria affettività. • Poi passo a esaminare come vivere e concretizzare la tenerezza nel nostro rapportarci con le persone. • Infine presento degli orizzonti sul come diventare maturi dell’umano. 2. Momento di accoglienza Vi invito a fare un bel respiro e a presentarvi, tratteggiando qualcosa di voi come persone e come giovani, dando delle informazioni su di voi, rispondendo, possibilmente per iscritto, alle seguenti domande: • Chi siete? Per chi siete? • Che cosa vivete d’importante in questo periodo della vostra vita? • Cosa vi piace della vita? Specificate almeno tre cose. • Cosa apprezzate del gruppo e della vostra comunità in questo periodo della vostra vita? • Un messaggio che vorreste formulare per tutti all’inizio di questo percorso? • Che cosa vi aspettate da questa esperienza? 3. Momento accoglienza e di preghiera O Signore, rendici aperti e consapevoli del clima culturale postmoderno che ci avviluppa e da cui, volenti o nolenti, ci lasciamo a volte contaminare. Fa’ che possiamo dirci nella verità e con onestà ciò che a volte viviamo e forse non ce ne rendiamo conto. Maria, aiutaci in questo percorso di vita e di orientamento. Amen. 4. Il clima culturale d’oggi Non sembri una dissertazione accademica e astratta l’esame del clima culturale in cui siamo immersi che mi appresto a fare. È fondamentale, secondo il mio punto di vista, esaminare i fenomeni emergenti che stiamo vivendo, perché l’uomo d’oggi è diverso dall’uomo di ieri. La cultura d’oggi è una cultura che dà il primato all’emotività, alle sensazioni forti e alla fenomenologia, tralasciando la razionalità, la progettualità e la consistenza di un pensiero ontologico. Viviamo in un mondo complesso, ma nello stesso tempo fragile e inconsistente. Basti pensare ai comportamenti a rischio, alla velocità frenetica, alle avventure estreme, alla musica assordante, alle scene violente che ogni giorno la “balia elettronica” ci presenta, per renderci conto di quanto sia difficile per l’uomo d’oggi vibrare per le cose semplici e naturali, quali • il fruscio di una mano, • la vista di un prato fiorito, • un paesaggio marino o montano, • una parolina dolce, • un gesto affettuoso. La bulimia di sensazioni forti ed esplosive si accompagna a un’anestesia delle tenerezze e dei sentimenti dolci e durevoli. La cultura d’oggi è una cultura della frammentazione. Tutto viene fatto a pezzi e scomposto nei vari punti di vista, è una cultura della frammentarietà, cioè i pezzi vengono mischiati, mentre vengono messe alla prova le esperienze umane fondamentali, quali il rapporto uomo donna, la sessualità, la generazione, l’amicizia, l’educazione dei sentimenti. In tal modo l’uomo, oggi, si sente confuso, disorientato e non sa dove collocarsi. Vive in un mondo sradicato e non è in grado di rispondere alle domande vitali: • Da dove vengo? • Chi sono? • Per chi sono? • Dove vado? • Cosa voglio? Vige una cultura del supermarket, nella quale l’uomo si sente libero di comprare il prodotto che più gli interessa. Non è sempre lo stesso prodotto né è l’unico, ma è una pluralità di idee, di credenze, di modi di pensare, di esperienze di vita. La cultura d’oggi è una cultura della soggettività. L’uomo d’oggi si dà autonomamente le risposte e non vuole essere inglobato in una risposta data da altri e per sempre. C’è l’inflazione dell’Io. •Il diverso da me diventa un potenziale nemico. • La prossimità è ritenuta un disvalore. •Il vero uomo deve bastare a se stesso, senza relazioni interpersonali. • Meglio chattare o inviare sms: è più semplice e sicuro che relazionarsi con l’altro. La cultura d’oggi è una cultura contraddittoria, nella quale si afferma tutto e il contrario di tutto: • si parla di non violenza e si applica la violenza; • si dichiara la tolleranza e spesso non si accettano le persone che la pensano diversamente; • si esalta la pace e si fanno ancora guerre; • si attuano training per comunicare meglio con l’altro e ci si rende conto di vivere nel secolo dell’incomunicabilità. La cultura d’oggi è una cultura narcisista. Chi è il narcisista? È un individuo che si preoccupa solo di sé, ama solo se stesso o meglio l’immagine che si è fatto di sé, ed esclude gli altri. Non è in grado di riconoscere i propri limiti, è preoccupato costantemente di affermare la propria immagine di perfezione, non riesce a decentrarsi per riconoscere e accogliere i bisogni degli altri, poiché è troppo occupato a occultare i propri. Cerca ammirazione più che affetto tentando, in tal modo, di sollevare la propria autostima, che è inevitabilmente bassa. Non ama confrontarsi per non prendere contatto con la sua immagine mitica e vive la vita come una competizione. Lo attrae la tentazione del potere, il bisogno di sentirsi eccezionale, speciale per vocazione, per compito, per doti, per santità di vita. È incapace di instaurare rapporti genuini, duraturi, profondi, ricchi di umanità. È alla ricerca continua di conferme da parte degli altri.