Pesce e conserve ittiche ll pesce costituisce un alimento primordiale per la specie umana: i più antichi diretti antenati dell'uomo moderno vivevano di caccia, pesca, raccolta. Per millenni, le popolazioni insulari e costiere hanno seguito un'alimentazione a base di pesce. Anche oggi i prodotti della pesca rappresentano, in diverse zone del globo terrestre, la principale risorsa alimentare e, per alcune nazioni povere, un'importante fonte di proteine. Le acque ricoprono il 70% del nostro pianeta, ma i prodotti della pesca soddisfano solo 1'1-2% dei fabbisogni alimentari dell'umanità. Ciò che l'uomo ricava da questa attività non è che una parte minuscola delle ricchezze che i mari potenzialmente offrono. Questo è dovuto alla mancanza di attrezzature, ritardi e carenze nella pianificazione internazionale, scelta di specie che si trovano ai vertici delle piramidi alimentari. 1 Si pescano e si consumano, infatti, poche varietà, di cui i mari a lungo andare si sono impoveriti, mentre c'è ignoranza e disinteresse per la quasi totalità delle specie restanti, per le quali l'offerta è superiore alla domanda. Gli attuali sistemi di pesca sono così selettivi che, per le specie richieste, c'è una situazione di «sovrappesca»; in altri termini, le attività di pesca risultano spropositate rispetto a quanto l'ambiente riesca a fornire. La domanda di proteine continua a crescere insieme con l'aumento della popolazione mondiale: in quest'ottica, i prodotti ittici costituiscono un'importante risorsa alternativa a cui gli organismi internazionali e nazionali guardano con interesse. 2 La FAO, per esempio, nei suoi programmi per la pesca, punta sullo sviluppo delle piccole iniziative, sull'acquacoltura, sulle informazioni di mercato, sulla formazione e analisi delle risorse, fornendo la sua consulenza ai Paesi rivieraschi in via di sviluppo, aiutando la sperimentazione e la realizzazione di tecnologie per la conversione di piccoli pesci in cibo commercialmente accettabile. Anche la UE si muove in tal senso con i programmi quadro per le azioni comunitarie di ricerca e sviluppo tecnologico; per quanto riguarda la pesca, infatti, oltre a incentrare gli interventi sulla gestione delle risorse, sui sistemi di cattura, sull'acquacoltura, obiettivo primario è quello della ricerca di nuove tecniche di lavorazione dei prodotti ittici per un miglior utilizzo del pesce «massivo», in particolare del PESCE AZZURRO. A livello nazionale, infine, i «Piani nazionali della pesca» a scadenza triennale, non solo hanno puntato a una razionale gestione delle risorse in fase di produzione (attività in mare), ma hanno anche focalizzato l'attenzione sulla ricerca scientifica e tecnologica applicata, sulla conservazione, lavorazione, trasformazione dei prodotti ittici nazionali, in particolare del pesce azzurro. 3 Classificazione Con il termine «pesce» si intendono le carni e le altre parti edibili di animali acquatici forniti dalle attività di pesca e dall'acquacoltura. In realtà, l'ittiofauna, oltre che da veri e propri pesci, è costituita anche da molluschi, crostacei e altri gruppi di minor interesse. In tutto il mondo si consumano oltre 1000 varietà di pesci, molluschi e crostacei (250 circa in Italia e in Europa). Le specie che più interessano l'alimentazione fanno parte delle seguenti categorie: 4 Secondo la classificazione ISSCAP (International Standard Statistical Classification of Aquatic Animals and Plants) i prodotti ittici si suddividono in ( figura 22.1): pesci d’acqua salata, pesci di acqua dolce, pesci diadromi, pesci marini, crostacei e molluschi. Dal punto di vista merceologico, il pescato viene suddiviso in: a) pesce massivo: costituito per 2/3 da pesce azzurro (aringhe, acciughe, sardine e sgombri), per 1/4 da cefali e suri e per la restante parte da tonno; b) pesce piatto da filettame (sogliola, passera di mare, pesce rombo); c) gadoidi (merluzzi, nasello); d) pesci di altre specie (tra cui le varietà economicamente più pregiate) e) crostacei (aragoste, gamberi, granchi); f) molluschi (bivalvi o lamellibranchi, cefalopodi). Il pesce massivo, viene in gran parte destinato alle industrie di trasformazione (farine, oli di pesce) e di conservazione (scatolame). Le altre categorie sono impiegate per lo più nel consumo diretto: nella ristorazione. nel catering, nelle famiglie, come pesce fresco, congelato, surgelato o, nel caso dei gadoidi, essiccato (stoccafisso). Il DM 15/6/83 e successivi aggiornamenti ha attribuito una denominazione ufficiale a oltre 250 varietà di crostacei, molluschi e pesci in commercio, suddividendoli secondo l'ordine, la famiglia, il genere e la specie di appartenenza. 5 6 Provenienza e consumo del pesce Negli ultimi anni, in Italia si è avuto un discreto incremento del consumo di prodotti ittici, che ammonta ora a circa 18 kg annui pro capite, con differenze notevoli tra Nord e Sud (isole comprese). Questo aumento è imputabile alla maggiore diffusione dei punti di vendita sia del prodotto fresco sia di quello congelato e surgelato, ma anche alla rivalutazione delle qualità nutrizionali e «salutistiche» dei pesci. Ha contribuito, infine, la reperibilità sul mercato di prodotti puliti, già pronti per essere cucinati, o di preparazioni gastronomiche refrigerate e solo da riscaldare. La richiesta è ancora orientata su qualità medio-alte, mentre penalizza tipi di pesce, come la sardina e in genere il pesce azzurro, che uniscono a un buon valore nutritivo un basso costo e che abbondano nel Mediterraneo. 7 Al maggior consumo di pesce è corrisposto un incremento dell'attività della pesca e della produzione di acquacoltura ( figura 22.2), ma anche una maggiore dipendenza dall'importazione da Paesi Comunitari (circa il 56% in prevalenza dalla Grecia) e Terzi (USA, Marocco, Argentina e altri). L'Italia importa 2/3 del pesce consumato. Di conseguenza, riveste sempre più importanza il controllo della qualità igienico-sanitaria, organolettica e nutrizionale, vista la notevole deperibilità dei prodotti della pesca. 8 Composizione chimica La composizione chimica del pesce, per molti aspetti, non si discosta gran che da quella della carne dei vertebrati omeotermi. Per altri versi, invece, è del tutto peculiare. ACQUA Come nella carne, è il componente principale. Oscilla tra il 60% e 1'80% in proporzione inversa al contenuto di lipidi. PROTEINE Rappresentano il 15-25% della composizione chimica totale. Questa percentuale aumenta nei pesci magri e diminuisce in quelli grassi. Il muscolo di pesce, rispetto a quello degli animali a sangue caldo, contiene: maggiore percentuale di proteine miofibrillari (65-70%) e minore quantità di connettivo. Le proteine dello stroma rappresentano il 3-10% del totale e sono costituite in prevalenza da collagene, che si contrae e gelatinizza a temperature inferiori rispetto a quello della carne; ciò dipende da una minore percentuale di prolina e idrossiprolina, amminoacidi che conferiscono stabilità termica al collagene. 9 I pesci che vivono in acque calde, infatti, ne hanno un contenuto relativamente più alto di quelli viventi in acque fredde. Le proteine sarcoplasmatiche rappresentano il 20-30%; fibre muscolari più corte e organizzate in lamine (miotomi); la miosina, difficilmente separabile dall'actina, più sensibile alla denaturazione e alla proteolisi rispetto a quella dei vertebrati omeotermi; abbondanza di istidina, lisina, arginina, presenti anche in forma libera, e di sostanze azotate solubili. Le ALLERGIE ALIMENTARI verso il pesce sono provocate da glicoproteine a basso peso molecolare o, meglio, da macropeptidi, come l'allergene M del merluzzo (p.m. 12 000) che è stato isolato e purificato. I gamberi devono la loro attività allergizzante a una glicoproteina ricca di amminoacidi aromatici (p.m. 38000). SOSTANZE AZOTATE Rappresentano lo 0,5-1% della composizione chimica totale e sono costituite da: amminoacidi liberi, dipeptidi (carnosina e anserina), oligopeptidi, creatina e creatinina, ammine, ammoniaca, urea (che abbonda nei pesci cartilaginei). Fatta eccezione per le acciughe e le sardine, nei pesci scarseggiano le basi puriniche e pirimidiniche. 10 Presente invece, nei pesci marini l'ossido di trimetilammina, o TMAO, composto azotato solubile che, dopo la morte dell'animale, in seguito alle reazioni batteriche, dà luogo a trimetilammina (TMA), dimetilammina (DMA) e formaldeide, che conferiscono al prodotto non più fresco l'odore tipico «di pesce», non gradevole. GC-MS 11 GRASSI Costituiscono la componente più variabile, potendo oscillare tra lo 0,5 e il 22 % del totale. I fattori che influenzano la composizione lipidica sono: la specie, l'età, il sesso, il particolare momento del ciclo riproduttivo, l'ambiente, l'alimentazione, l'epoca della cattura. In base alla percentuale lipidica, i pesci si suddividono in: magri (lipidi < 3 %): acciuga, merluzzo, nasello, sogliola, palombo, spigola, trota, luccio; semimagri (lipidi3-8%): dentice, sardina, cefalo, triglia; grassi (lipidi> 8%): anguilla, sgombro, tonno, aringa, salmone. Molluschi e crostacei sono prevalentemente magri. La frazione saponificabile è data da trigliceridi, fosfolipidi e, in minor misura, cere. La frazione insaponificabile è costituita da idrocarburi, tra i quali abbonda lo squalene, il cui nome deriva proprio dal fatto che fu rinvenuto in grande quantità nel fegato di squali; da vitamine liposolubili (A e D) e da steroli, soprattutto colesterolo. Il grasso, di consistenza fluida, per l'alto grado di insaturazione, può aver una dislocazione muscolare, sottocutanea e viscerale (tipica dei pesci grassi), epatica. squalene 12 I pesci magri presentano un fegato voluminoso e grasso: il merluzzo, per esempio, le cui carni contengono meno dello 0,5% di lipidi, ha un fegato da cui si può estrarre l'olio (80%), un tempo molto utilizzato come medicinale antirachitico. I pesci grassi, come le aringhe e il salmone, viceversa, hanno un fegato piccolo e magro (lipidi 5%). merluzzo Nei muscoli dei pesci molto magri, i trigliceridi sono praticamente assenti e la minima percentuale di grassi è data in gran parte da fosfolipidi. Rispetto al grasso dei vertebrati omeotermi, quello dei pesci si contraddistingue per avere: maggiore percentuale di acidi grassi insaturi (80%) tra cui, caratteristici, quelli della serie w-3, quindi un più basso punto di fusione; più elevato tasso di fosfolipidi: lecitine (50%), cefaline (25%)_cardiolipine, inositolfosfatidi, cerebrosidi, sfingomieline; minor contenuto in colesterolo, la cui quantità oscilla intorno a 60 mg/100 g; fanno eccezione sardine, sgombri (con valori intorno a 100 mg/100 g) e gamberi (con quote ancora maggiori). 13 ACIDI GRASSI NEL PESCE Per quanto concerne gli ACIDI GRASSI, si può affermare che, a differenza degli altri grassi di origine animale o vegetale, nel pesce ne è contenuta, in linea di massima, una più ampia varietà; il pesce presenta, inoltre, un considerevole tasso di acidi grassi a catena lunga (20 e 22 atomi di C) e tra questi, caratteristica peculiare, significative quantità di C 20:5 (eicosapentaenoico o EPA) e C 20:6 (docosaesaenoico o DHA). Questi acidi grassi anche nel fitoplancton, appartengono alla serie w-3, che ha come capostipite l‘a-linolenico. Negli oli vegetali, invece, prevalgono i polinsaturi della serie w-6, comparsi con le piante da seme. Palmitico e oleico rappresentano, insieme, circa il 30% degli acidi grassi oscillano tra il 13 e il 35 %, gli w-6 sono inferiori al 5%. Sono presenti anche AG a numero dispari di atomi di C (C15 –C17 –C19), in quantità tra 1'1% e il 3% (in talune specie, fino al 10%). I polinsaturi, nei trigliceridi, occupano preferenzialmente la posizione 2 del glicerolo. 14 GLUCIDI Presenti, come nella carne, in modeste quantità (0,5-1%), sono costituiti più da monosaccaridi (glucosio, fruttosio, ribosio, ribulosio, amminozuccheri) e da tracce di glicogeno. SALI MINERALI Notevole è il tasso di minerali nella carne di pesce (0,8-2%). In particolare, il pesce è ricco di P, Ca e I (pesce marino); contiene, invece, meno ferro della carne. VITAMINE I pesci grassi e il fegato di quelli magri contengono vitamine A e D. Nel muscolo troviamo discrete quantità di vitamine del gruppo B, in particolare B2, B6, PP. Quest’ultima è particolarmente abbondante nel pesce azzurro. La carne di molluschi e crostacei ha una composizione simile a quella del pesce magro. I lipidi sono presenti in quantità molto basse (1-2%), mentre le proteine oscillano e il 16% e tra il 14 e il 23 % rispettivamente nei molluschi e nei crostacei. I glicidi sono piu’ abbondanti che nei pesci e, in alcuni molluschi, raggiungono il 6-10%. Tra le peculiarità, si ricorda l'elevato contenuto in Fe di cozze e ostriche e il notevole tasso di vitamina C (fino a 38 mg/100 g!) in alcuni tipi di ostriche. 15 MODIFICAZIONI DELLA FRESCHEZZA-VALUTAZIONE POST MORTEM Uno dei principali problemi legati al commercio dei prodotti ittici non conservati è dato dalla loro facile deteriorabilità. Dopo la morte, i pesci vanno rapidamente incontro a numerose alterazioni della labile struttura e della particolare composizione chimica dei loro tessuti. I fenomeni biochimici che sopravvengono sono simili a quelli già descritti per la carne – esaurimento delle riserve energetiche del muscolo, in particolare dell'ATP; - formazione di legami irreversibili tra actina e miosina; - abbassamento del pH a valori prossimi al pI delle proteine, sia per accumulo do lattico sia per la presenza di ioni H+ provenienti dall'idrolisi dell'ATP; al pI le proteine perdono la capacita di ritenzione idrica; - liberazione degli ioni Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico e degli enzimi lisosomali che danno avvio alle reazioni autolitiche. Il pesce appena pescato presenta una certa flessibilità che scompare in tempi (da qualche minuto a qualche ora, a seconda del tipo di pesce e della taglia), per raggiungere della rigidità cadaverica. Questa, che si manifesta con un graduale aumento delle masse muscolari, è particolarmente evidente nei pesci di piccola e taglia, mentre in quelli molto lunghi è meno apprezzabile. 16 Il rigor mortis e la frollatura nel pesce, sono fenomeni molto rapidi: a O °C durano in media 5 e 30 ore rispettivamente. L'abbassamento del pH è minore che nella carne (da 7 a 6,2): ciò conferisce al pro-dotto una maggiore instabilità microbiologica. Le reazioni enzimatiche a carico dei numerosi composti azotati non proteici e dell'acido lattico iniziano precocemente rendendo i caratteri organolettici, con il passare del tempo, sempre più scadenti. I principali responsabili sono i microrganismi presenti sulla cute, sulle branchie e nell'intestino, i quali, risolta la rigidità cadaverica e venute meno le difese naturali del pesce, si moltiplicano attivamente e iniziano a invadere i tessuti. Un particolare catabolismo che avviene nel muscolo dopo la morte è la conversione autolitica e batterica dell'ATP in ipoxantina, con formazione di ammoniaca (figura 22.3). La determinazione quantitativa dell'ipoxantina costituisce uno dei più precisi indici della freschezza del pesce. 17 Gradualmente, l'aspetto dell'animale, da brillante diventa smorto; l'occhio, da vivo diventa vitreo e appannato; le branchie cambiano di tonalità; l'odore, da gradevole, di salsedine, diventa quello tipico di pesce, acutizzandosi sempre di più. Le reazioni putrefattive vere e proprie iniziano più tardi, ma il valore commerciale del pesce è ormai scaduto. L'invasione delle masse muscolari è in rapporto alla carica microbica iniziale (in genere, sul pesce fresco sono presenti da 103 a 107 microrganismi per cm2 di superficie o g di contenuto intestinale), al modo e alla durata di conservazione, venendo rallentata dalle basse temperature. Nelle specie grasse si sovrappongono fenomeni di irrancidimento a carico dei lipidi, per lo più insaturi. L'irrancidimento avviene anche alle basse temperature ed è il principale problema nel pesce refrigerato durante i primi sei giorni di conservazione, prima che i fenomeni putrefattivi abbiano il sopravvento. L'ossidazione lipidica può costituire un problema anche per il pesce magro parzialmente lavorato (eviscerato, decapitato, sfilettato) a causa della facile penetrazione dell'ossigeno nei tessuti. Per accertare lo stato di freschezza del pesce, vengono effettuate analisi chimiche e batteriologiche, ma assume importanza rilevante la valutazione sensoriale (che è rapida e di facile esecuzione). Poiché si tratta di un protocollo di indagine basato su giudizi 18 soggettivi, anche se emessi in via ufficiale da persone di provata esperienza (veterinari delle ASL), sono state compilate delle tabelle di valutazione alle quali si deve far riferimento per classificare il pesce e attribuirgli un valore commerciale. La tabella 22.1, valida nei Paesi della UE (Regolamento 33/89), suddivide i pesci in 4 categorie di cui solo le prime tre ammesse al commercio. Tra tutti i caratteri presi in considerazione, l'odore è di fondamentale importanza in quanto di valore oggettivo, mentre gli altri (aspetto, consistenza, occhio, colore branchie) sono considerati ausiliari, perché variano a seconda delle specie e le eccezioni risultano numerose. L‘ odore di pesci, crostacei e molluschi marini non più freschi è dato principalmente dalla trimetilammina (TMA) che si genera, per riduzione batterica, dal rispettivo ossido (TMAO) presente nei tessuti (figura 22.4), mentre il pesce di acqua dolce stantio sembra debba il suo odore principalmente ai derivati della piperidina, composto eterociclico che si forma dall'amminoacido lisina. Nel pesce vivo, la TMA è un prodotto di rifiuto che deriva dall'ammoniaca e dalla degradazione dei composti trimetilati (metionina, betaina, carnitina, colina). 19 VALUTAZIONE FRESCHEZZA DEL PESCE 20 VALUTAZIONE FRESCHEZZA DEL PESCE 21 Molti altri composti contribuiscono al cattivo odore del pesce vecchio: in seguito all'attacco delle sostanze azotate solubili, prima, e delle proteine poi, si formano indolo, scatolo, acido solfidrico, ammoniaca, ammine, diammine (putrescina, cadaverina), acido g-amminovalerianico. Ulteriori composti maleodoranti si liberano dalla degradazione del lattato e degli acidi grassi. L'odore dei pesci cartilaginei (palombo, smeriglio) è particolare: infatti, questi animali contengono nel sangue notevoli quantità di urea che, attaccata dalle ureasi batteriche, si trasforma in ammoniaca e anidride carbonica per cui il prodotto, anche se fresco, emana un tenue odore fisiologico di ammoniaca che diventa sempre più forte con l'invecchiare. 22 La liberazione precoce di ammoniaca, inoltre, fa innalzare il pH a valori leggermente basici: la formazione di TMA da TMAO si blocca in quanto l'enzima che la catalizza (TMA ossidasi) ha un optimum di pH intorno a 6,5 e quindi nei pesci stantii l’odore prevalente resta sempre quello di ammoniaca. Comunque, nel prodotto fresco tale odore è percepibile in modo leggero solo in superficie e non nella muscolatura; inoltre, la pelle deve essere ben aderente al corpo e non sollevarsi in pieghe o staccarsi da esso. Anche i crostacei e i molluschi presentano gli stessi problemi del pesce propriamente detto: si alterano rapidamente e i caratteri organolettici scadono nel giro di breve tempo. I molluschi lamellibranchi devono essere venduti vivi, in quanto la flora microbica si moltiplica in modo impressionante dopo la morte, in confezioni sigillate e munite di un bollo sanitario che permetta, tra l'altro, di risalire al centro di depurazione a di spedizione (DLgs 530/92). Durante il trasporto, lo stazionamento e la vendita i molluschi lamellibranchi e gasteropodi non devono superare +6 °C; il prodotto durata di 5 giorni dalla data di confezionamento. 23 Può succedere che qualche esemplare muoia nel lasso di tempo che intercorre dalla vendita al consumo, tuttavia í molluschi morti possono essere facilmente individuati in quanto non si aprono con la cottura. In base a un regolamento comunitario e secondo il principio della rintracciabilità, i pesci, i crostacei e i molluschi, vivi, freschi, refrigerati, congelati, in filetti, tritati, secchi, salati, in salamoia, affumicati, precotti, in polvere, in farina o in pellet possono essere venduti al dettaglio, indipendentemente dal metodo di vendita (ossia, preconfezionati o sfusi), solo se riportano precise informazioni. Queste ultime devono riguardare: — la denominazione commerciale della specie; — il metodo di produzione (cattura in mare o nelle acque interne o allevamento); — la zona di cattura. Nel caso di vendita di miscugli di specie diverse, le informazioni devono essere riportate per tutte le specie. Fa eccezione la vendita diretta di piccole quantità da parte dei pescatori o dei produttori di acquicoltura. Queste indicazioni devono essere fornite “mediante l'etichettatura o l'imballaggio del prodotto oppure mediante un qualsiasi documento commerciale di accompagnamento della merce, compresa la fattura». 24 SOSTANZE TOSSICHE NEI PRODOTTI ITTICI Il DL 531/92 stabilisce le norme sanitarie da applicarsi alla produzione e commercializzazione all'ingrosso dei prodotti della pesca, ma non riguarda la vendita al dettaglio per cui sono valide le normative generali. La legge stabilisce i requisiti strutturali e igienici che devono soddisfare le imbarcazioni, gli stabilimenti a terra, i locali e le attrezzature per la lavorazione, trasformazione, conservazione e trasporto dei prodotti ittici. Stabilisce, inoltre, un sistema di controllo e sorveglianza per verificare il rispetto di quanto prescrive la legge, fissando criteri e limiti precisi per le prove organolettiche e chimiche; parallelamente, i responsabili degli stabilimenti e delle navi devono procedere ad autocontrolli. Infatti, i prodotti ittici possono costituire, più di altri alimenti, un veicolo di malattie infettive, parassitosi, tossinfezioni e intossicazioni. La presenza di sostanze estranee deriva da: - contaminazione ambientale; - attività microbica; – produzione endogena (biotossine). 25 Spetta ai servizi veterinari delle ASL accertare l'ineccepibilità igienicosanitaria e qualitativa dei prodotti della pesca, identificare le specie e determinare la categoria commerciale di appartenenza dei prodotti. Il controllo viene effettuato principalmente a livello dei mercati all'ingrosso, dove si concentrano i prodotti della pesca di qualsiasi natura e provenienza, prima dell'immissione al consumo o dell'invio alle industrie di conservazione. La vigilanza si estende anche ai mezzi di trasporto, ai depositi, ai luoghi di vendita. Sono soggette, inoltre, al controllo veterinario le attività di acquacoltura. Molto importante, al momento del controllo, è la conoscenza dell'ambiente da cui proviene il pescato perché spesso i pesci, in ottimo stato di salute, trasmettono sostanze tossiche o microrganismi patogeni per l'uomo. Tra i contaminanti (pesticidi, metalli pesanti ecc.), riveste particolare importanza, nei pesci di grossa taglia, il mercurio, la cui pericolosità però va obiettivamente ridimensionata. Si ricorda che per legge il limite massimo di Hg consentito in tonno, pesce spada, squali, spigola, razza, rana pescatrice è di 0,5 mg/kg di prodotto fresco nelle parti commestibili mentre il tenore medio è fissato a 1 mg/kg. Hg bioaccumulo 26 Le sostanze prodotte dai germi possono essere: Tossine microbiche vere e proprie, come: -la tossina botulinica, dovuta al C. botulinum tipo E, uno dei pochi germi patogeni della «flora indigena» del pesce, che può risultare presente anche se l'animale vive in acque incontaminate: la tossina è termolabile e viene distrutta con la cottura; -la tossina stafilococcica, termostabile, prodotta dallo S. aureus, che fa parte, assieme ad altre specie patogene, della «flora accidentale» del pesce; -Composti che si formano durante i processi di alterazione: molti casi di intossicazione in seguito al consumo di pesce (in particolare scombridi) sono stati attribuiti alla presenza di istamina. I sintomi, precocissimi, consistono in disturbi vasomotori, senso di angoscia, mal di testa e, talvolta, disturbi intestinali. L'istamina proviene dalla decarbossilazione dell'istidina. 27 Una minima parte di istamina può derivare dai fenomeni autolitici, ma in preponderanza consegue all'attività decarbossilasica dei microrganismi (figura 22.5). Probabilmente, l'azione tossica dell'istamina è potenziata anche da altre ammine biogene. Livelli tossici di istamina (tra 10 e 100 mg/100 g) si possono riscontrare solo nei pesci forti nuotatori, a carne rossa, che contengono elevate quantità di istidina libera. Bassi quantitativi si rinvengono invece in crostacei, molluschi e pesci a carne bianca, che quindi non costituiscono un pericolo. La produzione di istamina è massima a 27-28 °C e si arresta a temperature < 6 °C. Quando il pesce è conservato a temperature comprese tra 6 e 20 °C, la formazione di istamina è nettamente prevalente rispetto a quella della TMA e degli altri composti volatili, per cui si possono verificare intossicazioni senza che il deterioramento del pesce sia avvertibile organoletticamente. Istamina in quantità elevate è stata rinvenuta anche in formaggi (in particolari quelli stagionati) e in insaccati. 28 CHEMICAL STRUCTURES OF BAs Aliphatic NH2 H2N H 2N putrescine NH 2 cadaverine NH 2 H 2N N H spermidine H N H 2N N H NH 2 spermine Eterocyclic Aromatics H N NH OH H2N tyramine NH2 phenylethylamine H2N histamine N H H 2N tryptamine 29 La parassitosi più comune causata dall'ingestione di pesci è quella dell'Anisakis simplex, un nematode le cui larve si possono ritrovare in aringhe e altri pesci (merluzzi, sgombri, sardine, acciughe, triglie ecc.) e che, se ingerite vive, causano nell'uomo manifestazioni morbose a carico dell'apparato gastroenterico. Un'ordinanza mini fiale del 1992 fornisce le metodiche da seguire per l'efficacia dei processi di bonifica, risanamento del pesce fresco indirizzato agli impianti di congelazione o surgelazione, oppure a quelli per la conservazione in scatola. E inoltre vietato alla ristorazione pubblica e collettiva di somministrare preparazioni a base di pesce crudo marinato o affumicato a freddo, tranne nel caso di pesce congelato o surgelato o trattato in modo da garantire l'inattivazione o l'assenza dell'Anisakis. La profilassi deve essere orientata a: -eviscerare rapidamente il pesce appena catturato; -consumare pesce cotto; -attuare la salagione con adeguate concentrazioni di NaCl. Anisakis simplex 30 Occorre comunque rilevare che, sotto il profilo epidemiologico, la parassitosi da Anisakis non rappresenta in Italia una patologia significativa. Per quanto riguarda le sostanze tossiche di natura endogena bisogna dire che, nel Mediterraneo, sono assenti specie ittiche velenose. Fanno eccezione i pesci anguilliformi (murena, anguilla, grongo), che contengono una tossina termolabile, inattivata completamente dalla cottura. Molti pesci esotici sono invece tossici. Le intossicazioni, frequenti in altri Paesi come il Giappone, fortunatamente in Italia capitano di rado. Per esempio, nel 1977, in una partita di pesce congelato arrivato in Italia dal Mar della Cina, tra le «code di rospo» (rana pescatrice decapitata) erano state messe, erroneamente, delle code di pesce palla. Si verificarono così alcuni casi di intossicazione, di cui almeno uno mortale. La cute,i visceri e talora anche le masse muscolari dei tetraodontidi, a cui il pesce palla appartiene, contengono infatti una potente neurotossina termostabile: la tetraodotossina (figura 22.7). Attualmente, il rischio di un simile incidente è remoto. 31 Un'altra intossicazione del tutto analoga a quella da tetraodotossina è imputabile alla saxitossina, contraibile attraverso l'assunzione di molluschi lamellibranchi. Mitili, ostriche e altri bivalvi si nutrono di alghe dinoflagellate velenose senza morire e, a loro volta, trasmettono il veleno al consumatore. Anche la saxitossina è un alcaloide termostabile, che dà un'intossicazione a esito spesso mortale indicata sotto la sigla di PSP (Paralytic Shellfish Poisoning). Si può inoltre contrarre l'avvelenamento da DSP (Diarrheticc Shellfish Poisoning) e da NSP (Neorotoxic Shellfish Poisoning), caratterizzati, come evidenzia il nome, da sintomi e disturbi diversi. Nelle isole tropicali è frequente l'intossicazione da ciguatera, causata da tossine (ciguatossina, scaritossina e maitotossina), prodotte da organismi bentonici (batteri, lieviti, alghe tra cui dinoflagellate). Queste, attraverso la catena alimentare, arrivano ai pesci rendendoli tossici per vari anni. 32 VALORE NUTRITIVO DEL PESCE Il pesce, dal punto di vista nutritivo, è un alimento prezioso, per la sua facile digeribilità, per il notevole contenuto di proteine ad alto valore biologico, di minerali e vitamine e per la particolare composizione della frazione lipidica. La digeribilità è proporzionale al tasso di lipidi e dipende anche dalla modalità di cottura. A parità di condizioni, il pesce è più digeribile della carne poiché contiene meno connettivo e più termolabile; inoltre, le fibre muscolari sono più corte e le proteine contrattili più sensibili alla denaturazione e alla proteolisi. Dal punto di vista plastico, il pesce ha lo stesso valore alimentare della carne, che può convenientemente sostituire: contiene infatti una quantità media di proteine leggermente inferiore, ma che presentano valore biologico e utilizzazione proteica netta più elevati. Il basso contenuto in basi puriniche, con poche eccezioni, lo rendono adatto nell'alimentazione degli iperuricemici. 33 Il pesce è famoso soprattutto per l'alto contenuto di fosforo, ma ciò non costituisce l’aspetto nutritivo più importante, data la presenza di questo minerale in molti altri alimenti. La peculiare abbondanza di acidi grassi polinsaturi della serie w-3, il basso contenuto di colesterolo e quello relativamente alto di fosfolipidi, fanno del pesce un alimento particolarmente adatto nella prevenzione delle malattie cardiovascolari (MCV) collegate all'aterosclerosi. E nota, infatti, la bassa incidenza di queste sindromi presso le popolazioni dove il consumo di pesce è elevato (esquimesi, giapponesi). Accanto ai fattori di rischio classici per le MCV (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, ipertensione, fumo, stress ecc.), ne sono stati individuati altri, tra cui l'aggregazione piastrinica, che hanno un ruolo determinante nella comparsa dei sintomi clinici della lesione aterosclerotica (angina, infarto del miocardio). I lipidi del pesce contengono, più di ogni altro grasso alimentare, acidi grassi w-3 che prevalgono nettamente su quelli w-6 (tabella 22.2). Tra di essi vi è l'acido eicosapentaenoico o EPA, precursore delle prostaglandine della serie 3: PGI3, TXA3, PGE3, che hanno un'azione antitrombotica e vasodilatatrice. 34 Le prostaglandine della serie 2, invece, in particolare il TXA2 e la PGE2, che derivano dall'acido arachidonico, promuovono l'aggregazione delle piastrine facilitando la formazione trombi. La scarsa trombogenicità piastrinica nei consumatori abituali di pesce è stata attribuita a un elevato tasso di EPA nel plasma e nelle piastrine e alla contemporanea ridotta presenza di arachidonico. L'EPA esercita un'inibizione enzimatica, per competizione con l'arachidonico, sulla formazione delle prostaglandine serie 2 (PG2) (figura 22.8). 35 CONSERVAZIONE E TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI ITTICI I 2/3 circa del pescato mondiale sono destinati al consumo diretto, come pesce fresco o conservato, mentre 1/3 è impiegato per la produzione di olio e farine. Il «pesce fresco», oltre che da quello appena pescato, è costituito soprattutto da prodotti refrigerati. Solo nelle città di mare è possibile trovare pesce freschissimo non refrigerato; altrimenti, l'intervallo più o meno lungo tra la cattura e il consumo richiede una «catena del freddo» senza interruzioni: refrigerazione o congelamento a bordo dei natanti, conservazione alle basse temperature a bordo, nei depositi portuali, sui mezzi di trasporto, presso i mercati all'ingrosso e nei luoghi di vendita. CONSERVAZIONE PER MEZZO DEL FREDDO I metodi con le basse temperature sono quelli che trovano più vasta applicazione nella conservazione dei prodotti ittici. Attraverso la refrigerazione, il pesce viene mantenuto a circa O °C in celle frigorifere con o senza l'aggiunta di ghiaccio tritato. In queste condizioni, si mantiene bene 4-5 giorni, al massimo 10-15. Il freddo rallenta la moltiplicazione batterica e mantiene il prodotto in condizioni qualitative simili a quelle del pesce appena pescato; tuttavia l'ossidazione lipidica, che non può venir arrestata, limita molto il tempo di conservazione del pesce grasso. 36 Inoltre, in frigorifero, esso perde gradualmente la fragranza e il colore si fa più smorto. In assenza di impianti frigoriferi, la refrigerazione si effettua mediante ghiacciatura ricoprendo o alternando il pesce con ghiaccio triturato. Si utilizzano a tale scopo contenitori in polistirolo espanso: le cassette vengono confezionate sui luoghi di pesca e inviate direttamente ai mercati dove il pesce arriva in ottime condizioni. Per evitare al massimo la contaminazione e ottenere migliori risultati, il ghiaccio può venire preparato con acqua sterilizzata e/o addizionata di antisettici (vietati in Italia). Refrigerando il pesce prima che inizi la rigidità cadaverica, si prolunga íl periodo di conservazione. La, congelazione viene effettuata sia a bordo delle imbarcazioni (pesca oceanica), sia a terra, presso gli impianti di lavorazione. In ogni modo, pesci grassi e magri devono essere congelati rispettivamente non oltre tre e sei giorni di refrigerazione. E preferibile comunque che il pesce venga congelato quando è ancora in atto il rigor mortis poiché così mantiene meglio le caratteristiche organolettiche e nutritive. 37 Prima del congelamento, effettuato con metodi rapidi e ultrarapidi, il pesce subisce le operazioni preliminari di decapitazione, eviscerazione, lavaggio. Per evitare l'evaporazione e l'ossidazione superficiale, sui pesci interi singoli o congelati in blocco, si esegue la cosiddetta «glassatura», che consiste nel far solidificare intorno al prodotto un sottile strato d'acqua. Per i filetti, invece, si utilizzano film plastici: i pesci vengono decapitati, sventrati, spinati, spellati, lavati e tagliati quindi pressati, confezionati e inviati al congelatore. Il pesce congelato a bordo delle «navi fattoria» viene spesso destinato alle industrie degli inscatolati (tonno, sardine ecc.) o dei surgelati, per la preparazione di prodotti a base di pesce pronti per la cottura (bastoncini, filetti impanati ecc.) o precucinati, per i quali la legge consente l'impiego di pesce precedentemente congelato. 38 La temperatura di conservazione dei prodotti ittici congelati, per legge, non può essere superiore a -18 °C. Comunque, i pesci grassi non si conservano più di 4-6 mesi e quelli magri non più di 9-12 mesi. È consentita la vendita di pesce decongelato, che deve essere ben distinto e separato dal prodotto fresco e riportare un'indicazione che ne attesti lo stato di scongelamento (DLgs 524/95). Vendere pesce decongelato spacciandolo per fresco rappresenta una frode, dato il minore valore commerciale del primo; per evidenziarla, si possono valutare i caratteri organolettici, effettuare esami microscopici, biochimici (misurazione dell'attività alcuni enzimi) e fisici (conducibilità elettrica). In particolare è importante valutare il grado di emolisi dei globuli rossi che è proporzionale all'invecchiamento del pesce e durata del congelamento. I «surgelati» sono un po' più cari dei «congelati». Entrambi i prodotti hanno fornito un contributo fondamentale alla diffusione del consumo di pesce, specie nelle zone interne dell'Italia e dell'Europa in genere, in cui questo alimento entrava solo marginalmente nelle abitudini alimentari o ne era del tutto escluso FRODE 39 ESSICCAZIONE, SALAGIONE, AFFUMICAMENTO Si tratta di tecniche di origine antichissima impiegate da sole o abbinate per la conservazione del pesce. All’essiccazione si prestano meglio i pesci magri, in quanto i grassi vanno soggetti all’ossidazione. Il merluzzo essiccato o «stoccafisso» proviene quasi tutto dalla Norvegia. I pesci, decapitati, eviscerati, lavati, subito dopo la cattura, vengono legati in coppia le code e appesi a dei tralicci ad asciugare per circa 3 mesi, fino al completo essiccamento delle masse muscolari (umidità residua = 15%). La salagione rappresentava un tempo, anche in Italia, la tecnica più diffusa conservare il pesce e veniva praticata sia a bordo dei pescherecci sia negli stabilimenti a terra. Con il sale si conservano bene acciughe, aringhe e merluzzi (baccalà). . 40 Per la salagione a secco, è preferibile usare sale non troppo grosso, al fine di favorire una distribuzione uniforme e una penetrazione più rapida nei tessuti. Il sale, una volta penetrato nelle carni, le rende più tenere e seleziona la flora batterica naturale, favorendo le specie che, durante la maturazione, producono stanze responsabili dell'aroma e del gusto. I procedimenti e le percentuali di sale, comunque, variano a seconda del tipo di pesce. Le acciughe vengono lavorate quasi tutte a mano, perché di piccole dimensioni e molto delicate. Ciò incide abbastanza sul prezzo del prodotto finito. La domanda di acciughe salinate e filetti sott'olio, abbastanza alta in Italia, non può venir soddisfatta dalla produzione nazionale a causa della costante diminuzione del pescato, per cui una buona parte di questi prodotti proviene dall'Argentina, dalla Spagna e dalla Turchia. Le aringhe salinate, invece, arrivano tutte dal nord Europa: i prodotti variano a seconda della zona di provenienza, del periodo di cattura, del sesso e dell'età degli esemplari, del tasso lipidico. Le aringhe salate, dopo la maturazione, possono anche essere affumicate a freddo, più per venire incontro al gusto di alcuni consumatori che per migliorarne la conservabílità. 41 Un altro prodotto tipico che proviene dai Paesi nordici è il merluzzo salinato, preparato attraverso una particolare lavorazione: il pesce, una volta decapitato, eviscerato, disliscato e lavato, viene accatastato, alternato a sale, in pile alte circa 1 m. Dopo una settimana, la salagione è ripetuta con sale più grosso, indi segue un mese di maturazione. Dal merluzzo salinato, allontanando l'eccesso di sale ed essiccando leggermente il prodotto all'aria o in essiccatoi, si ottiene il baccalà. Il baccalà contiene il 30-35% di umidità e va conservato a temperatura di frigorifero; è consentita l'aggiunta di anidride solforosa e solfiti a scopo conservativo e imbiancante nella dose massima di 200 mg/kg espressa come SO2. L' affumicamento viene effettuato a freddo su aringhe e salmone o, dove è consentito, con il fumo liquido. I prodotti solo affumicati debbono venir confezionati sotto vuoto e conservati a temperatura di frigorifero. Questa tecnica, come mezzo di conservazione, si può considerare superata e, ai giorni d'oggi, ha più che altro un significato gastronomico. Aromatizzanti “Unismoke” e “Zesti Smoke Code 10”. EFSA 42 PRINCIPALI ANALISI CHIMICHE DEL PESCE Il campione deve essere piuttosto voluminoso per ridurre al minimo le perdite di umidità. L'esemplare (o gli esemplari) va pulito, eviscerato, disliscato. La pelle viene tolta tranne nel caso si debbano effettuare analisi del grasso o delle sostanze liposolubili. In presenza di pesci grossi, occorre prelevare almeno tre fette (sezione trasversale ad altrettanti livelli del corpo andando dalla testa verso la coda.) Ottenuto il campione, questo viene finemente triturato e ben amalgamato servendosi anche di frullatori elettrici. Tale operazione va eseguita anche sulle parti edibili di molluschi, crostacei o sul pesce conservato. Il campione va mantenuto in un recipiente a tenuta d'aria in frigorifero fino al momento dell'analisi, che deve avvenire il prima possibile. 43 Come per la carne (alle cui analisi si rimanda), anche per il pesce possono essere determinati: la sostanza secca (o umidità), le ceneri, l'azoto proteico, i grassi. E possibile poi compiere una serie di analisi specifiche dirette a saggiare lo stato di freschezza, i cui risultati però assumono un valore oggettivo solo se correlati con quelli della valutazione organolettica. Alcune riguardano l'alterazione dei grassi (numero di perossidi, indice di TBA), altre quella proteica o, più in generale, dei composti azotati (indice di ipoxantina, determinazione delle TVB e della TMA). 44 Indice di ipoxantina Si tratta di uno dei test più indicativi della freschezza del pesce. L’ipoxantina è una base purinica proveniente dal catabolismo degli acidi nucleici; inoltre costituisce il prodotto di degradazione dell’ATP muscolare, fenomeno la cui entità è proporzionale alla freschezza del pesce Il metodo è nuovamente colorimetrico: si misura l’assorbanza a 280 nm dell’acido urico generatosi per via enzimatica dall’ipoxantina a pH 8.2 in presenza di xantinaossidasi O N N H N N H xantinaossidasi H O N O N H N N H H O Numero di perossidi La determinazione del numero di perossidi è indicativa del grado di ossidazione primaria dei lipidi. Si esegue sulla frazione lipidica del campione di pesce, ovvero con una titolazione iodometrica. Un volume noto di KI si mette a contatto con la frazione lipidica del campione; KI + -O-O- I2 lo iodio liberato dall’ossidazione degli eventuali perossidi presenti è poi titolato con tiosolfato in presenza di indicatore salda d’amido POTENZIALI CONTAMINANTI DEI PESCI: I DISTRUTTORI ENDOCRINI (DE) I Distruttori Endocrini (ED) sono una categoria di contaminanti di origine sintetica, che esplicano i loro effetti tossici, in seguito al bioaccumulo negli organismi, agendo come modificatori del sistema endocrino L’elenco di questi composti, denominati contaminanti organici persistenti (acronimo in inglese, POPs, persistent organic pollutants) è molto vasto: tra questi troviamo alcuni pesticidi clorurati, PCB, ftalati, composti organostannici, alchilfenoli, ritardanti di fiamma polibromurati 209 congeneri 5' 6' 2 3 para 4' 4 3' meta 2' orto C12H10-nCln 6 10 classi omologhi (mono, di, tri, tetra, penta ecc.) ISOMERI 5 1<n<10 LA TOSSICITA’ DEI PCB TEF (fattore di tossicità equivalente) • interazione con la proteina recettoriale AHR • effetto cancerogeno • effetti sul sistema riproduttivo • effetti sul SNC • effetti sul sistema immunitario I DISTRUTTORI ENDOCRINI E LA CATENA ALIMENTARE • I DE sono in grado di viaggiare attraverso tutti i continenti e gli oceani • Riescono ad entrare nella catena alimentare contaminando gli organismi marini • Il veicolo di contaminazione è essenzialmente l’acqua PCB 18 CONGENERI Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 110 2,3,3',4',6-pentachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 105 2,3,3',4,4'-pentachlorobiphenyl Cl PCB 153 2,2',4,4',5,5'-hexachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl PCB 151 2,2',3,5,5',6-hexachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 183 2,2',3,4,4',5',6-heptachlorobiphenyl 2,2',3,4',5',6-hexachlorobiphenyl Cl Cl Cl PCB 177 2,2',3,3',4',5,6-heptachlorobiphenyl Cl PCB 146 2,2',3,4,5,5'-hexachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 187 2,2',3,4',5,5',6-heptachlorobiphenyl Cl Cl Cl PCB 180 Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 149 Cl PCB 138 2,2',3,4,4',5'-hexachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl PCB 99 2,2',4,4',5-pentachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl 2,2',4,5,5'-pentachlorobiphenyl Cl Cl Cl PCB 101 Cl Cl Cl PCB 118 2,3',4,4',5-pentachlorobiphenyl Cl Cl 2,2',3,5',6-pentachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl PCB 95 PCB 52 2,2',5,5'-tetrachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl 2,4,4'-trichlorobiphenyl PCB 28 Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl 2,2',3,4,4',5,5'-heptachlorobiphenyl Cl Cl Cl Cl PCB 170 2,2',3,3',4,4',5-heptachlorobiphenyl PESTICIDI ORGANOCLORO (OC) a-HCH HCB -HCH Heptachlor GRUPPO 1, 6 analiti g-HCH lindane Heptachlor-exo-epoxide Cl Cl Cl Cl GRUPPO 2, 6 analiti 2,4'-DDE 4,4'-DDD 2,4'-DDD Cl Cl Cl 4,4'-DDE Cl Cl Cl Cl 2,4'-DDT Cl Cl Cl 4,4'-DDT PREPARAZIONE DEL CAMPIONE Essiccamento: 100-150 g campione + Hydromatrix, 45-50°C, 18-20 ore Omogeneizzazione: 250 g di campione, 3-5 min Estrazione: Acetone/esano 1/1, 8 ore Evaporazione: Rotavapor T < 40°C Evaporazione N2, Analisi in GC-MS Sistema Extrelut/SPE silica Purificazione: 1) H2SO4 conc. 2) esano,acetone