ISTITUTO DI PSICOTERAPIA
RELAZIONALE PISA
Direttore. CORRADO BOGLIOLO
LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA FAMIGLIA
NEL PERCORSO DELLA FORMAZIONE
Corrado Bogliolo, Dario Capone, Ilaria Genovesi
INTRODUZIONE
La rappresentazione nello spazio della famiglia dell’allievo
nel gruppo in formazione nasce dalla rielaborazione della
scultura, tecnica non verbale molto usata in terapia familiare e
nel percorso formativo. E’ un’incisiva modalità d’intervento
relazionale, in quanto in essa vengono messi a fuoco gli
aspetti comuni di ogni sistema (spazio, tempo, energia) in
modo tale che relazioni, sentimenti, cambiamenti possano
essere rappresentati e sperimentati simultaneamente.
Il movimento di terapia familiare ha ormai una storia
lunga e ricca. La sua evoluzione, come per altre discipline,
non è stata mai lineare ma caratterizzata da momenti di
arresto e di ripresa; nuove linee di ricerca e di pensiero si
sono alternati nello sviluppare nuovi percorsi a partire da
concetti precedenti.
Sono stati proposti molti modelli teorici che hanno
tenuto conto:
- degli apporti di altre conoscenze (la cibernetica, la
complessità, ecc.)
- delle problematiche che si incontrano nella clinica (le
difficoltà delle famiglie di accettare altri punti di vista
(vedi il concetto di famiglie difficili proposto da
Bogliolo)
- Della ricerca di interventi sempre più efficaci che
tengano conto però dell’autonomia del sistema che si ha
di fronte.
Quando si ha a che fare con una situazione grave come si
può pensare di agire interventi terapeutici perturbativi in
un sistema portatore di profonde disfunzioni, con
sofferenza e paure, senza tener conto della sua
autonomia, delle sue regole, dei suoi tempi, della sua
visione del mondo?
Queste ed altre riflessioni portarono nel tempo alla
elaborazione del modello consenziente.
Il termine “consenzienza” fu usato da Corrado Bogliolo
per la prima volta a Firenze nel 1987 per definire una
modalità "soft" di fare terapia.
Vediamo come questo termine negli anni si è evoluto e
trasformato fino a diventare un modello terapeutico.
Quattro fasi:
1. modalità per superare la resistenza al cambiamento
(riferimento al modello omeostatico).
2. La famiglia non resiste ma esiste. Il terapeuta si muove
nel rispetto delle regole familiari (oltre il modello
omeostatico).
3. modalità di essere del terapeuta (periodo costruttivista).
4. modello terapeutico (sistemi co-evolutivi).
Prima fase (modello omeostatico)
Quanto più si cerca di accelerare il cammino verso il
cambiamento, tanto più il sistema-famiglia mostra
resistenze.
Occorre quindi elaborare strategie che aggirino le
resistenze della famiglia.
La famiglia difficile:
1. Per intrinseca natura, non fornisce subito la risposta
“desiderata dal terapeuta”.
2. Mostra solo un ’ apparente compliance verso il
processo terapeutico.
3. In realtà manifesta una forte resistenza che,
espressione della sua intensa morfostasi.
Seconda fase (oltre il modello omeostatico)
Oltre il modello omeostatico.
•La famiglia costruisce nel tempo una sua verità dove è vero
per il sistema ciò che questo consente che lo sia.
•La famiglia costruisce una serie di regole che sono il suo
modo di funzionare.
•La famiglia non resiste ma esiste con le sue regole.
•Il terapeuta deve rispettare la coerenza interna della famiglia.
Terza fase (costruttivismo)
Il processo terapeutico non può essere predeterminato: esso
si va strutturando nella relazione tra terapeuta e famiglia.
Flessibilità versus rigidità.
In questo senso il terapeuta non può far riferimento a modelli
predefiniti ma deve adattarsi alla imprevedibile mutevolezza
delle situazioni che incontra.
Modestia versus onnipotenza
Nell’incontro con le famiglie occorre che il terapeuta
moduli, in senso di attenuarle, le proprie velleità.
Queste caratteristiche sono diventate nel tempo una
condizione psico-emozionale, un modo di essere del
terapeuta,
cui
“consenziente”.
è
stato
assegnato
il
nome
di
Quarta fase (sistemi co-evolutivi)
Abbandonata la fase in cui si credeva in un esercizio
di manipolazione delle persone, il terapeuta deve
vedere
il
processo
terapeutico
come
un
“empowerment autopoietico” del sistema, dove egli
rappresenta un fattore di sviluppo, una “proposta”
verso nuovi assetti interattivi.
Ogni modello ha un suo background teorico fatto di
teorie di riferimento, e di regole del setting, ossia il
modo in cui il modello viene declinato nella pratica
clinica e di una serie di tecniche terapeutiche che
vengono spesso rivisitate per adattarle a quel modello.
La coerenza tra questi vari aspetti costitutivi del
modello
è
una
imprescindibile.
caratteristica
fondamentale
e
E’ possibile continuare ad usare le stesse tecniche
nello stesso modo in un momento in cui molte parole
guida sono cambiate?
•Stare con la famiglia versus neutralità,
•Interagire versus osservare,
•Co-costruire versus direttività
Da qui sono partite alcune riflessioni che
hanno riguardato le tecniche e il loro uso in
terapia secondo il modello consenziente.
Il modello è stato introdotto nella formazione
degli psicoterapeuti .
Ne verrà qui proposta una sommaria
descrizione
FORMAZIONE ALLA
PSICOTERAPIA
LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
DELLA FAMIGLIA
DELL’ALLIEVO
La rappresentazione spaziale della famiglia è una scultura che
rielabora la staticità di quella tradizionale e diventa incontro.
Ora la scultura diventa una particolare rappresentazione simbolica
delle relazioni e quindi interazione, scambio, feed-back,
possibilità di cambiamento.
E’ centrata sullo stile comunicativo/analogico del sistema e di
questo rispetta i tempi. Non si propone di accelerare i modelli
espressivi, in quanto mette in evidenza aspetti non altrimenti
osservabili .
Nella formazione la rappresentazione spaziale viene proposta
non come risoluzione di un problema, di un sintomo, ma si
inserisce in un più ampio percorso del training,.
Attraverso la rappresentazione spaziale è possibile costruire
nuovi significati e nuove descrizioni delle relazioni che
apportano complessità alla visione che il sistema ha di sé
(Boscolo, Cecchin): la “costruzione” si poggia su mappe
cognitive che servono agli individui per orientarsi e
costruire le proprie interpretazioni: ciascun individuo
costruisce una sua mappa di significati che gli consentono
di vivere in quello che ciascuno sperimenta come il suo
mondo.
In quest'ottica, l’ambiente cessa d’essere luogo denso di
informazioni da dare all ’ uomo, per divenire luogo
d ’ incontro, di sperimentazione, di diverse possibilità e
opportunità (Maturana, Varela, 1981).
La rappresentazione si fa insieme, contestualmente: si co-costruisce.
Da una parte, il conduttore introduce la sua naturale attitudine, la sua
spontanea produzione che emerge dal suo filtro della realtà; dall’altra,
il protagonista-allievo è essenza umana attiva che porta la sua
originalità e le sue appartenenze.
L'opera si realizza infatti attraverso quel processo che "appartiene"
alla famiglia da lui evocata, alla rappresentazione delle sue
potenzialità evolutive.
Alla fine della rappresentazione, si chiede agli “attori” di esprimere i
vissuti e le emozioni, si permette l’utilizzo del linguaggio, strumento
con cui si riesce ad organizzare l’esperienza fino a renderla “realtà”.
Tramite il linguaggio infatti è possibile rendere la rappresentazione
più reale, esprimere i propri sentimenti, le emozioni, i pensieri
(Guidano, 1991): materiale che potrà essere elaborato dall’allievo
stesso.
Una interpretazione
• L'uomo, attraverso la capacità creativa del “pensiero
narrativo” nell'atto di costruire storie, articola il proprio
significato spiegando l'esperienza immediata, quindi nel
raccontarle e condividerle crea ambiti di significato
comuni che assumono un ruolo fondante la relazione
stessa.
• Nell’uso delle tecniche non c’è un copione da seguire,
infatti si ricorre ad esse solo se i fattori sistemici lo
permettono.
• E' qui che si colloca la rappresentazione spaziale come
spontaneità terapeutica e non come tecnica, in quanto la
spontaneità non si associa a un unico significato, ma a
molte possibilità di espressione che possono essere assunte
all'interno di una cornice.
La rappresentazione spaziale della propria famiglia nel percorso formativo
è un momento importante che va ad integrarsi con altri momenti
esperienziali riguardanti la famiglia d’origine e che successivamente va a
culminare nell’esperienza del genogramma.
Le prime sperimentazioni riguardanti la famiglia d’origine cominciano già
nel primo anno di corso. La rappresentazione della famiglia va a
posizionarsi in un momento successivo, a partire dal secondo anno del
primo biennio.
Proprio per l’importanza che il lavoro sulla propria famiglia ha assunto
negli ultimi anni, nel nostro modello formativo, preferiamo che tutti i
membri del gruppo sperimentino questa esperienza.
OBIETTIVO GENERALE
L’obiettivo della rappresentazione nel percorso formativo
mira ad evocare e sostenere una forte modalità cooperativa
che viene costantemente punteggiata dal conduttore che
funge da rinforzo del lavoro in gruppo;
E’ importante il fatto che tutte le intuizioni e le descrizioni
dei vissute riferite dagli “attori” avranno valore per l’allievo
ma saranno anche convertite in esperienze emotive di cui
tutto il gruppo potrà beneficiare.
Il conduttore ha un ruolo di sostegno alle eventuali
difficoltà e di attivazione delle risorse degli allievi: il
comportamento analogico diventa il segnale elettivo di
particolari tipi di comunicazione intese come evocatori di
relazione.
Egli condivide le emozioni oltre che la modalità operativa,
ma nello stesso tempo sa essere in grado di elaborare i
vissuti emergenti da questo contatto emotivo.
Il suo è quello di incoraggiare l’allievo verso una possibile rilettura delle
proprie esperienze al fine non di cambiare gli eventi, ma semmai
cambiare i significati ad essi attribuiti, affinché il processo formativo
diventi una co-costruzione di realtà nuove.
la rappresentazione spaziale non è un intervento che va alla ricerca della
verità, in quanto il conduttore entra in contatto con quanto gli si presenta.
conduzione = capacità di trovare quella posizione meta, che gli permetta
di rappresentare insieme, di stabilire una colleganza (Keeney) i
partecipanti del gruppo di formazione
deve saper attendere, con una condotta rispettosa, il momento per
poter incoraggiare questa nuova modalità.
La rappresentazione spaziale è un'esperienza che lascia spazio alla
creatività, alla fantasia, all'invenzione.
Il trainer, nel rapporto con gli aliievi, gestisce il rapporto mettendosi in
relazione con tutti : utilizzerà questa nuova modalità di scultura
trasformandola secondo la propria personalità ed esperienza.
Soprattutto dovrà saperla proporre solo quando è il momento di
utilizzarla nel gruppo.
"essi costituiscono la forma, non il processo, della terapia", in quanto "il
processo è la relazione tra me e te, qui ed ora!“ (Satir)
ESEMPIO PRATICO
•
Il trainer che assume la veste di conduttore, chiede ad un
membro del gruppo in formazione di proporsi per
l ’ esperienza. Questo viene invitato a descrivere
brevemente la composizione della sua famiglia,
rappresentandola graficamente alla lavagna.
•
L’allieva è primogenita di due figli con un fratello più
piccolo. I genitori sono viventi e entrambi figli unici. Dei
quattro nonni, è vivente solo la nonna materna che ha 88
anni.
Questa è un fase interattiva che coinvolge il conduttore e
l’allieva con il gruppo in fase di ascolto partecipe.
•
2. L’allieva, invitata dal conduttore, traccia brevemente i
tratti secondo lei essenziali delle persone della sua
famiglia che ha rappresentato alla lavagna. Il conduttore
lascia l’allieva libera in questa fase di tirar fuori dalla
storia della sua famiglia quello che ritiene più opportuno.
3. L ’ allieva decide accennare a quello che potremmo
definire un segreto di famiglia. Il nonno materno è morto
prima che lei nascesse e lei ricorda che non se ne è mai
parlato molto in famiglia e che tuttora per lei rimangono
misteriose le circostanze riguardanti la sua morte. La
nonna materna viene definita come la “mamma vicaria”.
Dei nonni paterni il nonno la faceva giocare di più anche
se ricorda la nonna più del nonno. Passa a descrivere
brevemente il babbo e la mamma. Entrambi sono figli
unici. L’allieva ha un fratello di 36 anni.
•Il conduttore invita l ’ allieva a individuare dal
genogramma , che è stato tracciato in maniera molto
sommaria, le persone che ritiene più rappresentative e
che parteciperanno alla rappresentazione spaziale.
•Queste persone saranno scelte in sostanza dall’allieva
ed il conduttore ha, in questa fase, solo una funzione di
sostegno.
•L’allieva sceglie di far partecipare alla rappresentazione,
oltre a lei stessa, le due nonne, materna e paterna, i due
genitori e il fratello.
•Il conduttore chiede all ’ allieva di scegliere
all’interno del gruppo in formazione cinque persone
che rappresenteranno i familiari indicati.
•La scelta non segue un ragionamento ma avviene
quasi senza pensarci, seguendo una sorta di istinto.
•
L ’ allieva sceglie ciascun rappresentante dal
gruppo e li raduna al centro della stanza; poi
comincia a posizionarli nello spazio, invitata a
“rappresentare” le loro relazioni, partendo dalla
nonna paterna, poi quella materna, poi il babbo, la
mamma, il fratello e per ultima lei stessa.
•Una volta posizionati comincia ad occuparsi della
distanza tra di loro, di dove guardano, della loro postura,
del loro sguardo, della loro mimica, di tutti gli aspetti del
non verbale che li rappresentano.
•La nonna paterna, fuori del gruppo, guarda suo figlio, il
babbo guarda la moglie, la mamma guarda la figlia,
accanto a lei c’è la nonna materna che guarda il nipote,
tutti sono molto vicini. Il fratello è vicino alla sorella che
dà le spalle a tutti.
•Il conduttore chiede alle persone scelte dall’allieva di
immedesimarsi nel loro personaggio ed esprimere
spontaneamente come si sentono, come si trovano in
quella posizione, che percezione hanno.
Teresa :Nei panni della protagonista riferisce di
sentirsi paralizzata, bloccata e scomoda in quella
posizione e percepisce lo sguardo della madre dietro di
lei come penetrante. Gli altri membri della famiglia,
invece, li percepisce meno. Il fatto di guardarsi i piedi
le trasmette un senso di perdita di equilibrio, come se
non avesse trovato un suo spazio in questa famiglia.
Massimo : Nei panni del fratello sente tutti molto
addosso, tutti appiccicati. In particolare la fila dietro
di lui se la sente tutta sulle spalle. L'unica cosa che lo
fa stare tranquillo è guardare fuori. La sorella non
gli da fastidio.
Tosca Nei panni della mamma prova fastidio per la
testa della figlia (allieva protagonista) che guarda in
basso, vorrebbe indirizzare la figlia. Le dà fastidio
inoltre lo sguardo del marito perché la fissa, guarda
solo lei e perché non è messo accanto a lei. Lo
sguardo del marito è insistente e penetrante come se
facesse un cerchio intorno a lei dal quale non può
uscirne. li figlio lo sente lontano, è un po' fuori.
Accanto alla madre (nonna materna) sta volentieri.
Lucia. Nei panni della nonna materna prova fatica a stare
in quella posizione, pensa quasi che i ragazzi davanti a lei
siano come dei figli. Si sente molto dentro a questa famiglia
ma deve comunque mantenere questa posizione in quanto
deve vedere se va tutto bene.
Silvio Nei panni del babbo si sente escluso, non sente di
appartenere a questa famiglia. Nessuno è rivolto verso di
lui, nessuno lo prende in considerazione. Sente la presenza
della propria madre dietro però non gli dà fastidio.
Gloria. Nei panni della nonna paterna si trova in una
posizione dalla quale può vedere tutti. Le dà noia la
distanza relazionale che percepisce nella famiglia. Guarda
il figlio dispiaciuta perché vorrebbe che fosse più dentro al
sistema.
Il conduttore chiede all ’ allieva protagonista di
posizionarsi lei stessa al suo posto e le chiede come si
sente.
L’allieva riferisce di sentirsi bene e di non percepire il
peso dietro. Guardare i piedi è un modo per raccogliere
tutta la sua persona. Sente la presenza del fratello che non
le dà fastidio.
Il conduttore chiede agli altri membri della famiglia se
cambierebbero qualcosa:
- Il babbo andrebbe vicino alla moglie di fianco e dietro
i suoi figli, poi sposterebbe la nonna materna più
lontano.
- La mamma vorrebbe avere il marito accanto a lei e
guarderebbe di più anche il figlio, inoltre vorrebbe che
la figlia si girasse verso di lei.
La nonna materna vorrebbe stare più fuori
dalla famiglia, il babbo lo avvicinerebbe più
alla moglie e girerebbe un po’ la nipote verso
il resto della famiglia.
Il fratello si vorrebbe spostare staccandosi di
più dalla famiglia assieme alla sorella.
La nonna paterna metterebbe suo figlio più
accanto alla propria moglie, la nonna materna
un po’ più fuori e i fratelli più lontani ma che
guardano verso la famiglia.
10. Il conduttore chiede all’allieva se c’è qualcosa di ciò che
ha visto e sentito che corrisponde alla sua vera famiglia:
L’allieva pensa che la mamma corrisponda per tutto ciò che
riguarda il senso di soffocamento del marito; il babbo
corrisponde in parte anche se sicuramente è molto attaccato
alla moglie; i commenti della nonna paterna li vive come
estranei: è vero che guarda il figlio quasi in maniera
ossessiva però lui guarda la sua famiglia; la nonna materna
corrisponde quando in senso ironico afferma che “tocca fare
tutto a lei in questa famiglia”; il fratello corrisponde molto,
con lui ha un bel rapporto.
CONCLUSIONI
“Rappresentare” le relazioni nello spazio diventa
una modalità creativa, dinamica dove il non
verbale non sostituisce il verbale, ma si integra
con esso.
“Vedere una relazione
può colpire molto di più che
ascoltare la descrizione di una relazione,
un momento per facilitare l’evocazione dei
sentimenti”! (Bogliolo, 2008)
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la rappresentazione spaziale della famiglia nel