Il Talento come Istinto Prof. Federico Agen Già presente alla nascita? NO! Il Talento come abilità acquisite Prof. Federico Agen Attraverso l’allenamento diventiamo talentuosi. Prof. Federico Agen Talento: Il Caso & l’Ambiente “Certo, se a 14 anni Peter Sellers viene a pranzo a casa tua e porta con sé le sue macchine fotografiche, una Hasselblad e una Polaroid, ti spiega come funzionano e ti fa ridere imitando l’accento di uno svedese e poi ti fotografa con la macchina a sviluppo istantaneo che ti materializza la foto davanti agli occhi, è molto probabile che da grande tu faccia il fotografo. Che poi tu riesca a rivoluzionare l’immagine della musica rock, a darle profondità e maturità e insieme a trasformare alcuni tuoi scatti in icone che il mondo conosce e riconosce, non è così scontato, ma «grazie alle coincidenze e agli incontri fortunati» potrai sempre sperare di diventare Gered Mankowitz.” di PIERO NEGRI, torino “ ”. Prof. Federico Agen Questa è l’ultima strofa di “è solo febbre” degli Afterhours, in omaggio al capolavoro di Milos Forman. L’ultima scena del film infatti vede Antonio Salieri, ormai vecchio e ammalato, delirare assolvendo chiunque gli si presenti davanti solo per il fatto di essere un mediocre. Tutto il film ruota intorno all’ossessione di Antonio Salieri, compositore ufficiale di corte dell’ imperatore Giuseppe II, nei confronti del genio smisurato di Wolfgang Amadeus Mozart. Salieri, rappresenta l’uomo mediocre che, spinto dall’invidia che gli lacera l’anima, sarà disposto a tutto per tentare di eguagliare il genio divino di Mozart. Prof. Federico Agen I geni influenzano la formazione di proteine, strutturali o funzionali, come gli enzimi per digerire il lattosio, una glicoproteina con funzione antigenica su una membrana cellulare ecc. Non esistono proteine che determinano l’abilità di correggere meglio di un altro la traiettoria di una auto da corsa, o di saper tirare una punizione meglio di un altro o saper suonare uno strumento come nessun altro. È solo questione di concentrazione, allenamento, motivazione e dedizione. Difficilmente le persone comprendono quello che viene trasmesso con i geni e quello che viene trasmesso con la cultura. Non sanno quando applicare Lamarck e quando Darwin. Prof. Federico Agen La gente nutre ancora idee romantiche a proposito del genio: crede che sia il prodotto di una scintilla divina. Molti sono convinti che nel corso dei secoli siano esistiti campioni di eccellenza — come Dante, Mozart, Einstein — il cui talento andava ben al di là dell’umana comprensione e sfiorava addirittura la verità suprema. Fortunatamente noi viviamo nell’era della scienza e la ricerca moderna sa sfatare i falsi miti. Ai nostri giorni, predomina l’opinione che persino le speciali e precoci doti di un Mozart non fossero affatto conseguenza di qualche dono spirituale innato. Le sue prime composizioni non presentano meriti particolari, appaiono piuttosto rimaneggiamenti di opere altrui. Sin dalla più tenera età, Mozart fu un buon musicista, ma in nessun modo si sarebbe distinto dai nostri bimbi prodigio. Quello che contraddistingue Mozart, e questo lo abbiamo capito oggi, è un tratto in comune con Tiger Woods, ovvero un’ottima capacità di concentrazione e un papà deciso a coltivare il talento del figliolo. Fin da bambino, Mozart si esercitava costantemente al pianoforte e ben presto raggiunse le 10 mila ore di pratica, sulle quali avrebbe costruito in seguito la sua carriera. Le più recenti indagini suggeriscono una visione del mondo assai più prosaica e democratica, se non addirittura puritana. Il fattore chiave che separa il genio dall’eccellenza non è affatto la scintilla divina. E non è nemmeno il quoziente di intelligenza, solitamente un indicatore inaffidabile del futuro successo, persino in un campo come gli scacchi. Il segreto sta nella pratica, svolta con metodo e convinzione. Coloro che eccellono, in qualunque campo, trascorrono moltissime ore a esercitare rigorosamente il loro mestiere. Le ultime ricerche sono state condotte da studiosi come K. Anders Ericsson, lo scomparso Benjamin Bloom e altri, e riassunte in due godibilissimi nuovi libri: «The Talent Code», di Daniel Coyle, e «Talent Is Overrated», di Geoff Colvin. Prof. Federico Agen David Brooks per il New York Times Prof. Federico Agen Tra Empoli e Pistoia, sabato 15 Aprile 1452, nel borgo di Vinci nasce Leonardo di Ser Piero d'Antonio. Il padre, notaio, l'ebbe da Caterina, una donna di Anchiano che sposerà poi un contadino. Nonostante fosse figlio illegittimo il piccolo Leonardo viene accolto nella casa paterna dove verrà allevato ed educato con affetto. A sedici anni il nonno Antonio muore e tutta la famiglia, dopo poco, si trasferisce a Firenze. La precocità artistica e l'acuta intelligenza del giovane Leonardo spingono il padre a mandarlo nella bottega di Andrea Verrocchio: pittore e scultore orafo acclamato e ricercato maestro. L'attività esercitata da Leonardo presso il maestro Verrocchio è ancora da definire, di certo c'è solo che la personalità artistica di Leonardo comincia a svilupparsi qui. Prof. Federico Agen Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso, conosciuto come Pablo Picasso (1881-1973) nacque a Malaga, in Spagna, da un padre, insegnante nella locale scuola d’arte, che lo avviò precocemente all’apprendistato artistico. A soli quattordici anni venne ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Due anni dopo si trasferì all’Accademia di Madrid. Prof. Federico Agen « Quando Pavarotti nacque, Dio gli baciò le corde vocali » (Daniel Hicks, New York Times). Luciano Pavarotti era figlio di Fernando Pavarotti e Adele Venturi. Il padre faceva il panettiere nell'arma dei Carabinieri, e si dilettava a cantare a livello amatoriale in una piccola associazione di coristi non professionisti, la «Corale Gioachino Rossini» di Modena e trasmise al figlio la passione per l’opera lirica, trovando nel giovane altrettanto interesse. Studiò canto con il tenore Arrigo Pola, proseguì la sua preparazione con il maestro Ettore Campogalliani, con il quale perfezionò la tecnica del fraseggio e della concentrazione. Prof. Federico Agen Michael Schumacher nasce ad HuerthHermuehlheim, in Germania, il 3 gennaio 1969 da una famiglia di modeste condizioni sociali ed economiche. Il padre Rolf, appassionato meccanico e proprietario di un circuito di go-kart, trasmette ai figli Michael e Ralf la passione per le corse e le auto. Al termine degli studi scolastici presso l'istituto tecnico, Michael approfondisce i suoi interessi per le competizioni sportive. Partecipa ai campionati di kart ottenendo una serie di brillanti vittorie sino ad approdare alla Formula 3 nazionale. Il suo talento non fa fatica ad emergere e conquista il titolo nel 1990. Prof. Federico Agen Maradona è nato il 30 ottobre del 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires ed è cresciuto praticamente con il calcio. Come tutti i ragazzini poveri della sua città, infatti, passava il suo tempo per strada giocando al pallone o facendosi le ossa in campetti disastrati. Soprattutto, sono i piccoli spazi in cui è costretto a giocare, fra macchine, passanti e quant'altro, che lo abitua a manovrare la palla in maniera magistrale. La Selezione Culturale Prof. Federico Agen Comportamenti che diventano convenzionali in una comunità. Prof. Federico Agen Sviluppo cerebrale In genere, lo sviluppo cerebrale degli animali ha delle finestre critiche all’interno delle quali vengono appresi precisi comportamenti, grazie al modellamento delle reti nervose. Trascorsi gli stadi plastici, i circuiti maturano, si cristallizzano e cessano di essere plasmabili. Gli schemi di elaborazione risultano veloci ed efficienti, ma da quel momento in poi anche poco modificabili. I movimenti dei cuccioli sono tentennanti e imprecisi perché le reti motorie non sono ancora ben configurate. I neuroni, le cellule nervose, competono tra loro e risultano ancora decisamente soprannumerari. Quelli che non riescono a fare parte di qualche rete reattiva vengono eliminati. Come si diceva, la plasticità accompagna i primi passi dei piccoli di varie specie. Il gioco in un ambiente protetto dai genitori non è altro che una serie di esperienze precoci sperimentali che sono necessarie per plasmare il cervello in una configurazione ottimale che poi tornerà utile per tutta la vita. Quando infatti l’individuo matura perde il legame parentale e affronta la vita autonomamente con un assetto cerebrale consolidato dalle esperienze iniziali. Prof. Federico Agen Come costruiamo il nostro cervello? «Alla nascita - spiega - il cervello è uguale per tutti, poi ognuno di noi, partendo da un periodo di grande plasticità del sistema nervoso, costruisce il proprio cervello vivendo, e la costruzione continua anche nell'età adulta. La plasticità presente alla nascita è eccezionale, perché il cervello del bambino, come quello degli altri mammiferi, è formato non solo a livello comportamentale, ma anche nella struttura che può cambiare e nella funzione. In sostanza la natura ci consegna un cervello che noi poi elaboriamo e perfezioniamo ». In che modo e con quali elementi costruiamo il nostro cervello? Ce lo costruiamo con le nostre esperienze, quelle che ci vengono date prima di tutto nell'infanzia, nella scuola dei primi anni e poi fino ad una certa età. In seguito il cervello diventa relativamente più rigido, più difficile da cambiare, anche se mantiene sempre una certa plasticità. Come cambia il cervello? Prof. Federico Agen Come operiamo per cambiare il nostro cervello? Il cervello si può cambiare in molte direzioni. Cambiando ci si accorge, in un sistema di vita come il nostro avviato verso la globalizzazione, che gli stessi stimoli (pensiamo alla televisione, a Internet, a tutta la pubblicità dei media) colpiscono tutti, attivando cambiamenti cerebrali uguali. Un cervello diventa così un po' meno individuale, e questa omologazione porta al pensiero unico, a un cervello collettivo. Noi non facciamo niente per essere individui, ma inconsciamente facciamo molto per essere meno individui e siamo schiavi del sistema della globalizzazione. Prof. Lamberto Maffei, presidente Accademia Nazionale dei Lincei, professore di Neurobiologia alla Normale di Pisa. Prof. Federico Agen Adeguamento Uno studio sui maltrattamenti subiti da alcuni bambini e non da altri, ha messo in evidenza come la maggior parte dei bambini che non avevano subito alcun abuso reagiva al dolore del compagno andandogli affettuosamente vicino, manifestando preoccupazione e confortandolo. Invece nessuno dei bambini vittima di abusi dimostrò la minima partecipazione empatica, anzi: le reazioni più frequenti furono minacce, collera, e perfino aggressioni fisiche. È possibile che un trattamento abusante abbia la meglio sulla tendenza all’altruismo, ma questi dati sembrano anche suffragare l’idea che i bambini si adeguino all’input ricevuto dal loro mondo e che dice loro come le persone reagiscono ai bisogni degli altri. Prof. Federico Agen Conoscenza Comune e Convenzione. In “Convention”, David Lewis introdusse il concetto di “conoscenza comune” implicitamente utilizzata nella “teoria dei giochi”. Poiché un elemento entri a far parte della conoscenza di un gruppo, tutti devono conoscerlo e tutti devono sapere che tutti lo conoscono. Il comportamento che costituisce una convenzione in una comunità deve essere tale per cui una deviazione da esso porti uno svantaggio, e questo dato deve rientrare nella conoscenza comune tra i membri della comunità. Dunque nessuno ha motivo di deviare se gli altri non lo fanno. Prof. Federico Agen Allineamento Le scimmie non conoscono l’attenzione congiunta. Solo gli umani sanno orchestrare la cooperazione in gruppi numerosi di individui con preferenze non perfettamente allineate. Quando gli interessi del singolo e quelli del gruppo sono perfettamente allineati la collaborazione garantisce risultati notevolmente superiori a quelli che i singoli potrebbero ottenere agendo da soli, e non c’è nessuna pressione selettiva che minacci di destabilizzare l’interazione. Il rischio, però, dell’inganno è sempre in agguato ogni volta che gli interessi sociali non sono perfettamente allineati, cosa che capita piuttosto spesso. Prof. Federico Agen Reti Neurali La nostra identità in quanto individui è di una natura del tutto peculiare. Da un lato si può dire che esiste. Mi dicono: Buongiorno, Francesco, ed io sono capace di rispondere, di avere delle relazioni con gli altri. Dunque c'è una specie di interfaccia, di collegamento [couplage] col mondo, che dà l'impressione di un certo livello di identità e di esistenza. Ma al tempo stesso questo processo è di natura tale che appunto, come in tutti i processi emergenti, io non posso localizzare questa identità, non posso dire che si trovi qui piuttosto che là, la sua esistenza non ha un locus, non ha una collocazione spazio-temporale. È difficile capire che si tratta di una identità puramente relazionale e così nasce la tendenza a cercare i correlati neuronali della coscienza, per trovarli nel neurone 25 o nel circuito 27. Ma non è possibile, perché si tratta di una identità relazionale, che esiste solo come pattern relazionale, ma è priva di esistenza sostanziale e materiale. Il pensiero che tutto quello che esiste deve avere esistenza sostanziale e materiale è il modo di pensare più antico della tradizione occidentale ed è molto difficile cambiarlo. (F. Varela) Prof. Federico Agen Coscienza Non posso separare la vita mentale, la vita della coscienza, la vita del linguaggio o la vita mediata dal linguaggio, l'intero ciclo dell'interazione empatica socialmente mediato, da ciò che chiamo coscienza. Dunque ancora una volta tutto questo si svolge non all'interno della mia testa, ma in modo decentrato, nel ciclo. Il problema del Neuronal Correlate of Consciousness è mal posto perché la coscienza non è nella testa. Insomma, la coscienza è un'emergenza che richiede l'esistenza di questi tre fenomeni o cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. Naturalmente il cervello mantiene un ruolo centrale, poiché costituisce la condizione di possibilità di tutto il resto, il che però non toglie che, così come era impossibile parlare di una relazione materiale in senso proprio a proposito della rete immunitaria, allo stesso modo è impossibile credere che in questo o in quel circuito cerebrale risieda la coscienza. 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