ISTITUTO COMPRENSIVO ALIA-ROCCAPALUMBA-VALLEDOLMO
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO DI VALLEDOLMO
LABORATORIO DEL TEMPO PROLUNGATO
A.S. 2013-2014
CLASSE IIIˆ B
DOCENTI: GIOIA R. – LI VECCHI O.
TRACCE DI MEMORIA NELLA NOSTRA …
GASTRONOMIA
FENICI
GRECI
ROMANI
BARBARI
BIZANTINI
NORMANNI
ARABI
SVEVI
ANGIOINI
ARAGONESI
FRANCESI
SPAGNOLI
SAVOIA
AUSTRIACI
BORBONI
DOLCIFICANTI
NATURALI
PANE
GRECI
SALATURA
DELLA
RICOTTA
OLIVE
Nel III secolo a.C. la Sicilia divenne una delle principali province romane e
fu definita il:
I ROMANI
CONSERVAVANO
LA NEVE
DELL’ETNA
PREPARAVANO
SALSICCE
FARCIVANO PESCE
E VERDURA
PREPARAVANO
CONFETTURE CON
LA FRUTTA
LO SAPEVATE CHE..
La cucina di strada ricca di
stigghiole, quarume, mussu è
quella più antica della
Sicilia. Nell’agorà , la piazza
della città-stato, c’era un
angolo dedicato alla cucina
pronta; era un angolo coperto dove
si vendevano verdure,
interiora bollite o
arrostite,pesce fritto,che si
potevano mangiare sul posto
o portare a casa. E cosi 2.500
anni fa i GRECI inventarono il
fast-food e il take-away.
“A fatica riesci coi denti a staccarne un pezzetto e non lo devi
aggredire subito,lo devi lasciare ad ammorbidirsi un pochino tra lingua
e palato,devi quasi persuaderlo con amorevolezza da essere mangiato”
A. Camilleri
CURIOSITA’
Il nome di questo dolce tipico natalizio deriva dall’arabo QUBBAYTA (con riferimento alla forma
a cubetti ). Ciò che rende particolare questo dolce è la lavorazione che prevede l’utilizzo di
attrezzi che localmente chiamano”pinze”. Sono utensili dal manico molto lungo con alla
sommità due dischetti piatti, ormai rari. Nei dischetti un tempo erano incise le iniziali della
famiglia in modo da imprimerle sulle facce delle cialde.
INGREDIENTI:
•1 kg di semi di sesamo
•600 g di miele
•300 g di zucchero
•250 g di mandorle abbrustolite
PROCEDIMENTO:
Sciogliere il miele e lo zucchero in un tegame sul fuoco e versare il sesamo e le
mandorle.
Mescolare con un cucchiaio di legno finché si raggiunge l’ebollizione. Amalgamare il
composto e versarlo su un piano umido, spianandolo finché non raggiunge lo
spessore di 1 cm circa, quindi tagliarlo a quadri o a rombi.
Tempo di cottura: 45 min.
I Romani erano soliti mescolare la neve dell’Etna ai succhi di
frutta,creando
Adatto a ogni tipo di pranzo, il sorbetto si gustava già ai
tempi della Roma antica. Secondo varie testimonianze
scritte, l’imperatore Nerone faceva giungere il ghiaccio –
per la preparazione del dessert – direttamente dagli
Appennini, mentre gli Arabi utilizzavano la neve dell’Etna
mista al sale marino, per mantenere freddo il sorbetto
durante la lavorazione. La variante al limone è solo la più consumata dagli
italiani. Il profumo ricorda le terre della Sicilia e con la sua delicatezza è
adatto a ogni genere di palato.
Dice un proverbio siciliano:
“ TINTU E’ CU NUN MANCIA A CASSATA A MATINA RI PASQUA”.
La cassata dall’arabo “qas’at”(bacinella) o dal latino”caseum” (formaggio) è una torta a base di ricotta di
pecora zuccherata, pan di Spagna , pasta reale e frutta candita.
Nel periodo normanno, presso il convento della Martorana a Palermo, fu creata la pasta reale o
Martorana,un impasto di farina di mandorle e zucchero che, colorato di verde con estratti di erbe sostituì la
pasta frolla che prima veniva utilizzata come involucro esterno del dolce.
La cassata siciliana o sulu cassata (di l'àrabu qas'at, "vacili") è na torta
tradizziunali siciliana a basi di ricotta zuccurata, pani di Spagna, pasta riali,
frutta candita e glassa di zùccaru. Puru siddu la ricetta pari semplici,
esìstunu tanti varianti lucali. Spiciarmenti l'aspettu di fora pò canciari di na
pòvira dicurazzioni di glassa e na scorza di rancia nzinu a na ricca
custruzzioni baroccheggianti cu pirlini culurati e na sina di frutti canditi
diffirenti.
Sempri secunnu li varianti lucali, ci ponnu essiri ‘ngredienti aggiuntivi,
comu pistacchiu, pinoli , ciucculati ,cannedda ,maraschinu o acqua di
zàgara.
Riconosciuta e
inserita nella
lista dei prodotti
agroalimentari
tradizionali
italiani del
Ministero delle
Politiche
Agricole,Aliment
ari e Forestali.
La cassata dal latino caseatus o caseatum ha più di 2.000 anni , infatti
la facevano già i Romani, era della ricotta addolcita con miele e chiusa in
una sfoglia di pane e poi infornata.
La cassata con i canditi, nasce nel 1893 per opera del cavaliere Salvatore
Gulì, pasticciere palermitano che mette su una fabbrica di canditi.
Dovendone vendere quanto più possibile, inventò la cassata, chiamata
da lui CASSATA SICILIANA che a fine ‘800 acquista grande successo.
CUCINA DEI
MONSU’
CUCINA
POPOLARE
CUCINA
DI
STRADA
Veri artisti del gusto
MONSU’
Cucina dai sapori
decisi
Rendevano ogni
piatto di
eccezionale bontà
Conoscevano le
nostre materie
prime
Sapevano lavorare i
prodotti con tecniche
francesi
La cucina dei monsù nasce nel ‘700 e imita la cucina francese del ‘600. Infatti, in questo
periodo in Sicilia dominavano i francesi.
CASSATA
CAPONATA
CONIGLIO
ALLA
CACCIATORA
LE RICETTE
TIPICHE SONO
STATE:
“ GATTO’ ”
TIMBALLI
DI PASTA
Il nome Monsù deriva dall’appellativo che utilizzavano i siciliani per designare i cuochi
francesi in servizio nelle famiglie aristocratiche durante il Regno dei Borboni.
La parole Monsieur venne via via storpiata dall’uso e dal dialetto fino a trasformarsi in
Monsù.
La caponata (capunata in siciliano) è un prodotto tipico della cucina siciliana.
Si tratta di un insieme di ortaggi fritti, conditi con sugo di pomodoro, sedano,
cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce.
La caponata è un’insalata in cui ognuno può mettere ciò che vuole, ma
composta per lo più di melanzane, che venivano messe su una galletta
chiamata “cappone di galera”, da cui il nome caponata.
La caponata, diffusa in tutto il Mar Mediterraneo , è generalmente utilizzata oggi come contorno
o antipasto, ma sin dal XVII secolo costituiva un piatto unico, accompagnata dal pane.
Preparate le melanzane: spellatele, tagliatele a cubetti, salatele e lasciatele
riposare mezzora in uno scolapasta perché perdano un po’ della loro acqua di
vegetazione. Quindi asciugatele e friggetele in abbondante olio caldissimo.
Quando sono color oro , sgocciolatele con la paletta forata e asciugatele su
carta assorbente da cucina. Preparate i peperoni: bruciacchiateli direttamente
sulla fiamma e, quando sono anneriti, spellateli, eliminate picciolo, semi e
filamenti, tagliateli a striscioline sottilissime.
In un tegame scaldate due cucchiai d’olio, insaporitevi per uno - due minuti la cipolla a fettine e il
sedano a rondelle, aggiungete i capperi, le olive tagliuzzate, l’uvetta strizzata, i pinoli, mescolate
e dopo due minuti unite la passata di pomodoro, l’aceto, lo zucchero, il basilico, sale e pepe.
Mescolate, aggiungete le melanzane e i peperoni, e cuocete quindici minuti, l’aceto deve essere
completamente evaporato. Trasferite la caponata nel piatto da portata. In una padella
antiaderente tostate per pochi minuti il pangrattato con un filo d’olio e cospargetelo sulla
caponata. Lasciate raffreddare e servite.
Nella seconda metà del ‘700, tra i nobili si diffonde la cucina
dei monsù, cuochi raffinati di origine francese che le famiglie
aristocratiche si contendevano perfino a colpi di duello. Vere e
proprie superstar della gastronomia , i monsù non disdegnavano
di istruire ( spesso d’intrallazzo e a pagamento) i più modesti “
cuochi di paglietta” a servizio presso le famiglie borghesi. I
monsù erano soliti preparare: sogliole, cernie, quaglie e
beccafichi.
I poveri dovevano accontentarsi di reinventare gli stessi piatti
con ingredienti più economici, e così le melanzane
opportunamente tagliate ai bordi a simulare delle ali, diventano
le quaglie dei poveri e le sarde opportunamente disposte
diventano i loro beccafichi. Le melanzane, inoltre, venivano
anche servite fritte e disposte in una teglia a scalare a
simulare una persiana, in dialetto “parmigiana”. Mentre i Monsù
utilizzavano una salsa preparata con aceto, capperi e olive
• PREPARAZIONE:
• INGREDIENTI:
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360 g di pasta corta (penne o
rigatoni);
400 ml di polpa di pomodoro;
200 g di salsiccia fresca;
1 bicchiere di vino rosso;
200 g di mozzarella;
3 o 4 foglie di basilico;
30 g di parmigiano grattugiato;
1cipolla;
1 spicchio d’aglio;
Olio extravergine d’oliva;
Sale q.b.;
Pepe q.b.
Fate soffriggere in padella l’aglio e la
cipolla,aggiungete la salsiccia privata
della pelle e sbriciolata e lasciate cuocere
a fuoco lento per qualche minuto.
Aggiungete quindi il vino rosso, lasciate
sfumare e unite la salsa di pomodoro e le
foglie di basilico. Salate, pepate e
lasciate cuocere il sugo per circa 15
minuti. Lessate la pasta in abbondante
acqua salata e scolatela al dente,
rimettetela nella pentola e mescolatela
con due mestoli di sugo. A questo punto
imburrate una pirofila da forno,
adagiatevi uno strato di pasta , poi uno
di sugo, uno di mozzarella a fettine,
spolverate col parmigiano e ripetete l’
operazione. Infornate quindi nel forno
già caldo a 200°C, fino a quando sulla
superficie del timballo non si formerà
una crosticina dorata.
UNA BEVANDA…SONORA
L’origine del termine non è molto chiara. Diversi
studiosi
pensano
che
derivi
dalla
parola
araba”sherbeth”(bevanda fresca), alcuni insistono
sulla voce turca “sharber”(sorbire) , altri indicano il
verbo latino “sorbēre”(sorbire o succhiare). In ogni
caso sembrerebbe che il nome sia stato utilizzato
nel MEDIOEVO per ricordare il suono prodotto per
succhiare le bevande fresche alla frutta (in dialetto
siciliano “sursari”).
Gli ingredienti:


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
2 dl di succo di limone
un limone
250 gr di zucchero
un albume
La preparazione:
Lavate il limone e dopo averlo asciugato grattugiate la scorza. Mettetela in una casseruola con mezzo litro
di acqua, unite lo zucchero e portate a ebollizione. Lasciate bollire piano finché lo zucchero si sarà sciolto.
Lasciate raffreddare lo sciroppo, aggiungete il succo di limone filtrato e versate tutto in una vaschetta di
acciaio o di alluminio ben raffreddata prima in freezer. Mettete la vaschetta nel congelatore e, quando i
bordi del sorbetto iniziano a rapprendersi, mescolate energicamente, facendo amalgamare le parti esterne
con quelle più interne. Ripetete spesso quest’operazione per evitare che si formino piccoli grumi di
ghiaccio.
Montate con le fruste a neve l’albume e incorporatelo nel sorbetto solamente quando sarà semisolido.
Continuate a mescolare il sorbetto togliendolo dal freezer a intervalli regolari fin quando non sarà ben
solido.
Prima di servirlo rompetelo a grossi pezzi e mettetelo nel frullatore per pochi secondi, in modo tale da
renderlo cremoso. Servitolo immediatamente all’interno di coppette o bicchieri da spumante. Decorate a
piacimento con la scorza di limone.
I NIVAROLI
UOMINI CHE
SI
OCCUPAVANO
DI:
CONSERVARE
LA NEVE
NELLE
NEVIERE
RACCOGLIERE
LA NEVE
‘NTACCHI (FOSSE CREATE
DALL’UOMO)
CUGNERI(LUOGHI NATURALI
DOVE SI DEPOSITA LA NEVE
SPINTA DAL VENTO
•In autunno si ripulivano le fosse da terre e pietre, rivestendole di fieno foglie e felci;
•A febbraio si provvedeva invece a rendere compatta la riserva di neve, battendola e ripestandola
per permettere la fuoriuscita dell’acqua e dell’aria:LA NEVE DIVENTAVA…GHIACCIO
•In estate si tagliava il ghiaccio per mezzo di picconi, ottenendo dei blocchi regolari del peso di circa
130 kg che ,avvolti dentro le foglie di felci o castagno e tela di sacco,venivano collocati sul dorso dei
muli per essere venduti.
Ai tempi dei Monsù in Sicilia non si mangiava la carne vaccina, perché i
bovini erano utilizzati nei lavori dei campi o per produrre il latte. Per
questa ragione si abbattevano solo “bovi da guasto”, cioè animali malati,
zoppi o vecchi dalla carne dura, fibrosa e immangiabile. I Monsù
cercarono di capire come renderla mangiabile. Allora, inventarono un
piatto di “viande farcie de maigre”, cioè carne farcita di magro. Dentro
c’erano erbette e aromi. La gente del popolo, non conoscendo il
francese, trasformò il nome di questa ricetta in “falsomagro”, ma il
piatto era esattamente il contrario, perché fu riempito di salame, uova
sode, prosciutto… tutti ingredienti molto calorici.
Ingredienti
8-10 melanzane “nostrane”
Olio di semi di arachide per friggere
Un chilo di pomodoro fresco per salsa
Una grossa cipolla
Caciocavallo e pecorino semistagionati q.b.
Abbondante basilico
Procedimento
Pulire e asciugare la melanzane, privarle del gambo e tagliare una striscia laterale di
buccia. Tagliare in senso verticale fette di melanzane non troppo sottili (circa mezzo
centimetro) e friggerle in abbondante olio caldo. Metterle a sgocciolare su carta
assorbente da cucina e spolverare con qualche presa di sale.
Soffriggere la cipolla tagliata finemente, quindi aggiungere la passata di pomodoro,
preparata precedentemente, aggiungere qualche foglia di basilico, aggiustare di sale,
pepe e qualche cucchiaino di zucchero. Far cuocere fin quando otterrete un sugo
abbastanza denso. A questo punto, in una pirofila rettangolare, adagiare uno strato
di melanzane fritte, ricoprirle con il sugo, spolverare del formaggio grattugiato che
avrete deciso di utilizzare e concludere con qualche fogliolina di basilico. Procedere
così fino ad esaurimento degli ingredienti, tenendo presente che lo strato finale
dovrà essere: strato di melanzane fritte ricoperte di sugo e infine abbondante
formaggio grattugiato e foglie di basilico.
SORBETTO
CUSCUS
CANNA DA
ZUCCHERO
ARABI
RISO
AGRUMI
SPEZIE
PASTA
CASSATA
LE SFINGI DI
S.GIUSEPPE
CUBAITA
PREPARAZIONE:
INGREDIENTI:
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500 g di coniglio a pezzi;
160 ml di vino bianco secco;
500 g di pomodori a pezzi;
Uno spicchio d’aglio;
Una cipolla;
Aceto q.b. ;
Basilico q.b. ;
Rosmarino q.b. ;
Olio extravergine d’oliva q.b. ;
Peperoncino q.b. ;
Sale q.b.
Scaldate un tegame con 2-3 cucchiai
d’olio
extravergine d’oliva. Soffriggere l’aglio
e la cipolla tagliata finemente, il
peperoncino e le erbe aromatiche.
Fate rosolare il coniglio per qualche
minuto ,
rigirandolo per dorare tutti i lati. Sfumate
col vino e con un filo d’aceto a fuoco
medio-alto.
Abbassate il fuoco, aggiungete il
pomodoro e mescolate. Portate avanti la
cottura a tegame coperto per circa 45
minuti o comunque fino
a che il coniglio non risulti ben cotto.
La cucina cittadina di reinvenzione spiritosa non è altro che la trasformazione dei piatti costosi dei nobili in
piatti più semplici, meno costosi,ma altrettanto saporiti? Un esempio sono le “sarde a beccafico”, che
ricordavano gli uccelletti ripieni della cucina aristocratica. Solo che al posto dei volatili di cacciagione c’erano
le sarde ripiene di pangrattato bagnato con l’aceto, il limone e condito con in pinoli per coprire il cattivo
odore delle sarde non proprio freschissime.
Anche le melanzane ,intagliate in modo da ricordare la coda e le ali di un uccello e fritte intere, sono la
versione povera delle più nobili quaglie. Disposte a scaletta , come una parmisciana le stesse melanzane si
trasformarono in uno dei piatti più famosi della nostra cucina: le “melanzane alla parmigiana”
Nella cucina popolare siciliana molti sono i piatti nati per fare dispetto al prossimo come quello inventato da
un’argentiera detto “cacio all’argentiera”. Gli argentieri erano considerati ricchissimi perché lavoravano oro e
argento, ma in realtà erano poverissimi. Per suscitare l’ invidia dei suoi vicini di casa , la moglie di un
argentiere mise sul fuoco del formaggio aromatizzato con l’aceto. Tutti pensarono che stesse cucinando del
coniglio alla cacciatora, un piatto per i nobili, e così nacque il “cacio all’argentiera”.
In alcuni casi la cucina popolare ha creato dei piatti che sono diventati tutto il contrario del significato dei
loro nomi . E’ il caso del “falsomagro” e del “biancomangiare”.
Gli arabi erano specializzati nella
preparazione delle “sfang” delle
frittelle condite con il miele e lo
zucchero, che probabilmente grazie
alla fantasia dei pasticcieri
palermitani furono arricchite di
crema di ricotta e altri ingredienti
ricchi di gusto
PREPARAZIONE:
frittura
ricotta
Impastati 500g di farina cu tri ova interi e tri russi.
Sciugghiti 25g di lievitu intra 250g di latti e 200 di
zuccaru e agghiunciti tutti a la farina. Mesculati finu
ad aviri ‘n impastu moddu e infini lasciatilù finu a
quannu unn addiventa chinu di buddicini ‘n capu.
Rintra na paredda fati quariari l’ogghiù e quannu è
cavuru ittatici l’impastu aiutannuvi cu na cucchiara.
Aspittati ca le sfinciteddi addiventanu durati e livateli
da lu focu. Mittiti supra un fogghiu di carta assorbenti
e, quannu si arriffridda ‘n pocu, abbagnatili cu
n’anticchia di mieli o passatici di supra n’ anticchia di
zuccaru.
Frutti
canditi
pistacchio
IL COUS COUS
ETIMOLOGIA
Dall’arabo
“cuscus
“,dal
berbero “seksu”,dal francese
“couscous”,in
dialetto
“cùscusu”. Il termine indica un
alimento a base di semola di
grano duro. La sua storia è
molto antica e risale ai
Berberi,un popolo che abitava
il Maghreb prima della
conquista araba. Grazie agli
arabi
e
alla
numerosa
comunità tunisina che vive
nella provincia di Trapani,il cus
cus è diventato anche un
piatto siciliano.
CARATTERISTICHE
Il cous cous viene preparato
con semola di grano
duro,quella farina granulosa
che si può produrre con una
macinatura grossolana,
utilizzando macine primitive.
Solitamente viene
accompagnato da carni in
umido e/o verdure bollite
(sulla costa del Mediterraneo
anche dal pesce in umido). E’
diffuso oltre che in Sicilia e nel
Nord Africa,anche in Francia,
in Belgio e nel vicino Oriente.
• INGREDIENTI:
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500g di cuscus;
Per la ghiotta (brodetto di pesce misto):
Uno scorfano rosso;
Uno scorfano nero;
Una cernia;
Un pesce San Pietro;
Una vopa ;
Una gallinella;
Un luvaro;
Anguilla delle saline di Trapani;
Qualche gambero o scampo;
1 cipolla;
2 spicchi d’aglio;
0,7 dl di olio extra vergine d’oliva;
700 g di pomodori maturi;
1 ciuffo di prezzemolo;
50 g di mandorle sgusciate;
Sale e pepe.
PREPARAZIONE:
Affettate finemente la cipolla e soffriggetela per 2 minuti
con gli spicchi d’aglio interi in 3 cucchiai d’olio. Unite i
pomodori spellati a pezzetti,il prezzemolo tritato, le
mandorle tritate e tostate, aggiungete il sale e il pepe e
lasciate cuocere a fuoco basso per 20 minuti. Aggiungete
il pesce già pulito e cucinatelo, tenendo da parte un po’ di
brodo di cottura che servirà per inumidire il cuscsus. Con il
restante allungate la salsa di pomodoro preparata,
sminuzzate il pesce e trasferitelo in una ciotola bassa e
larga. Realizzate “l’incocciatura”, ovvero lavorate, su un
grande piatto concavo la semola con le mani muovendo
le dita in un senso circolare, bagnandola con 0,7 di acqua
e sgrassandola in modo da “unire” i grani di semola.
Ripetete l’operazione per 3 volte. L’ultima volta
aggiungete 4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva. Lasciate
gonfiare e ponete il composto nell’apposita
couscoussiera. Fate cuocere la semola per circa un’ora e
30 minuti a fuoco bassissimo prestando molta attenzione
a che il livello dell’acqua sia alto e a non compromettete la
cottura a vapore dentro la couscoussiera. Una volta cotto
il couscous , trasferitelo in un piatto da portata e
disponetevi attorno a corona il pesce. Sfilettate e
aggiungete il brodo nella zuppa di pesce.
Il gattò (dal francese gateau) di patate è un piatto tipico della cucina napoletana e
siciliana a base di patate.
INGREDIENTI:
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1 kg di patate (preferibilmente a pasta
bianca ) ;
50 g di burro per la purea e qualche
ricciolo per la teglia;
1-2 uova;
150 g di prosciutto cotto (tagliato a
dadini);
100 g di scamorza (o provola
affumicata);
50-100 g di parmigiano grattugiato;
100 g di mozzarella;
Sale, pepe, pangrattato q. b;
Le dosi possono variare e, volendo, si
può aggiungere del latte, salame,
prezzemolo, noce moscata, olio , ecc…;
se si usa la mozzarella è consigliabile
non aggiungere latte.
PREPARAZIONE
•
Lessate le patate, sbucciate e
schiacciatele. Aggiungete burro (o olio),
il parmigiano, le uova e il prosciutto, la
scamorza e la mozzarella tagliati a
dadini e mescolate bene la purea in una
planetaria. Ungete una teglia,
riponetela in frigo e poi cospargetene il
fondo con pangrattato. Versate la purea
nella teglia e spianatela bene con una
spatola. Spennellate la purea con tuorlo
d’uovo (se volete) e cospargete la
superficie con pangrattato e riccioli di
burro. Mettete in forno a 180° per 3040 minuti ( a seconda dello spessore),
fino a quando non si forma una crosta
dorata. Potete servire caldo, soprattutto
se usate la mozzarella, oppure servire
freddo.
ARANCINE
PANE CON LA
MILZA
“MUSSU”
CUCINA DI
STRADA
“SFINCIUNI”
“QUARUMI”
La cucina di strada è sempre stata considerata di serie B. L’ origine risale a più di mille
anni fa. Tutti pensano che essa sia di origine greca o araba , ma in verità, per il 60% è di
origine ebraica, cioè ”cacher” ( il termine indica il cibo che gli Ebrei possono consumare
in base alle regole della loro religione). Nelle macellerie dell’epoca, i macellai ebrei non
venivano ricompensati con i soldi per motivi di origine religioso , e quindi davano loro le
interiora degli animali, tranne il fegato che era molto caro e veniva pagato a parte.
Queste interiora fritte nello strutto erano vendute agli angoli delle strade.
La gastronomia palermitana, oltre ad essere ricca di piatti pregiati, annovera anche
ricette “povere” legate al suo passato e alla sua storia. Nel nostro caso, ad esempio,
questo legame deriva dal medio evo, quando nella nostra città esistevano gruppi ebraici.
Per noi palermitani, mangiare il pane con la milza rappresenta una ritualità, come, ad
esempio, i luoghi deputati alla vendita del pane con la milza.
Quando a Palermo dici “pani ‘ca mieusa” non puoi fare a meno di pensare ai punti di
riferimento per i palermitani: l’antica focacceria di Piazza San Francesco d’Assisi che
risale al lontano 1834, oppure alle coreografiche “Baffone” di Porta Carbone, Basile alla
Stazione Centrale e quella di via Bara all’Olivella.
A proposito di questo popolare alimento da strada, mi piace riportare la descrizione che
ne fa il giornalista palermitano Daniele Billitteri, rivolta ai buongustai che hanno goduto
di questo unico e indimenticabile mix di sapori.
Procedimento:
In una padella,soffriggere con lo strutto le fettine di milza e le altre
frattaglie,bastano pochi minuti,quindi farcire le pagnotte con la frittura ottenuta.Il
panino si puo servire soltanto con una spremuta di limone ossia schietta oppure
con ricotta precedentemente inzzuppata nello strutto di frittura della milza,tutto
ciò è il pane con la milza.
Il biancomangiare è uno dei più antichi dolci della pasticceria siciliana.
Molto diffuso nell’area mediterranea, in Italia è tipico, oltre che in Sicilia, anche in Val D’Aosta dove assume il nome di Blanc Manger.
Biancomangiare con latte di mandorle
Ingredienti
1 litro di latte di mandorle
La buccia di un limone grattugiata
200 grammi di zucchero
100 grammi di amido per dolci
Cannella in polvere
Procedimento
Mettere il latte in una ciotola su fuoco a fiamma dolce, tenendone da parte un bicchiere. Unire la buccia del limone, lo zucchero e la
cannella. Intanto sciogliere a freddo l’amido nel latte messo da parte, filtrarlo quindi unirlo al latte che nel frattempo sarà tiepido.
Mescolare in continuazione con un mestolo di legno e, non appena comincia ad addensare, e comunque appena giunge a bollore,
togliere dal fuoco. Continuare a mescolare e versare il composto in uno stampo (o diverse formelle) inumidito. Fare raffreddare
(anche in frigo) e, quando il biancomangiare sarà ben denso, sformare in un piatto da portata spolverandolo con la cannella.
Biancomangiare con latte
Un litro di latte
250 grammi di zucchero semolato
100 grammi di amido per dolci
50 grammi di pistacchi tritati grossolanamente
Cannella in polvere
Procedimento
Mettere il latte in una ciotola con il latte e sciogliervi lo zucchero, quindi unire l’amido e mescolare bene con una frusta in modo che
non si formino grumi. A questo punto mettere su fuoco dolce e mescolare continuamente con un mestolo fin quando il liquido
comincia ad addensare (facendo attenzione a non far bollire). Togliere dal fuoco, unire i pistacchi e, con la frusta, continuare a
mescolare energicamente per un paio di minuti. Versare il composto in uno stampo inumidito e mettere a raffreddare (anche in
frigo), Quando il biancomangiare sarà ben denso, sformare in un piatto da portata spolverandolo con la cannella.
Nota: noi abbiamo usato i pistacchi, ma si possono usare a piacimento dadini di zuccata, cioccolato fondente a gocce, mandorle a
scaglie…fate un po’ voi!
Le arancine a Palermo, e in genere nella Sicilia occidentale, sono di forma rotonda,
mentre in quella orientale hanno forma allungata e si chiamano arancini; tuttavia,
a prescindere dalla forma, dal nome o dalle tante varianti che ogni parte dell’Isola
offre, queste bionde e inconfondibili golosità , rappresentano una delle leccornie
più rappresentative della Sicilia. Tradizionalmente l’arancina a Palermo viene
preparata il 13 Dicembre per il giorno di Santa Lucia.
INGREDIENTI:
-1,300 kg di riso superfino arboreo (oggi si può reperire quello adatto per arancine
e sformati).
-Tre litri circa di brodo di carne o vegetale
-1 cipolla
-100 grammi di burro
-2 bustine di zafferano (meglio ancora quello in fili)
-250 grammi parmigiano grattugiato
-200 grammi di primosale tagliato a cubetti
-Olio di semi di mais per friggere
-Pangrattato abbondante
La quarume o caldume (dal greco cholàdes, cioè budella, interiora) è un
bollito misto di interiora di manzo o di vitello. Alle cartilagini delle zampe
(nervetti) e del muso, spesso, però, vengono aggiunte anche altre
cartilagini.
Vanno
lessate
in
acqua
salata
e
tagliati
a
cubetti.
Nella versione più tradizionale si mangiano semplicemente con sale e
limone spremuto (a stricasale) ma, soprattutto nelle macellerie, si trovano
frequentemente con aggiunta della mascella (u masciddaru) e della lingua
e condite con sedano, carote, cipolle rosse e olive verdi schiacchiate.
Vanno lessate in abbondante acqua salata aromatizzata con le classiche
verdure del brodo: carote, cipolle, sedano, prezzemolo e pomodoro. A
quarumi si mangia calda servita con il brodo di cottura.
Preparazione dello sfincione: sciogliete lo strutto in una ciotola con poca acqua tiepida, fate lo
stesso con il lievito di birra. Mettete la farina sulla spianatoia, fate una fontana e versatevi al
centro il sale, il lievito di birra diluito e lo strutto. Mescolate e impastate, aggiungendo se
necessario, acqua tiepida fino a ottenere una pasta di giusta consistenza, che andrete a
lavorare energicamente per 10 minuti circa. Formate una palla, mettetela in una ciotola
capiente infarinata e lasciatela riposare coperta con un panno di cotone per un’oretta. In un
tegame versate un cucchiaio di olio extravergine d’oliva, le cipolle affettate, una presa di sale
e il vino rosso. Fate cuocere a fiamma bassa fino a quando le cipolle saranno diventate
trasparenti. Lavate, sbucciate, spezzettate i pomodori e privateli dei semi. Metteteli in un
tegame con 3 cucchiai di olio d’oliva, lo spicchio d’aglio schiacciato e lasciate cuocere fino ad
ottenere una salsa ristretta, quindi togliete lo spicchio d’aglio. In una casseruola a parte
scaldate un cucchiaio d’olio, tostatevi il pangrattato e unitelo alla salsa di pomodoro
preparata in precedenza, mescolate e salate. Lavorate la pasta, ormai lievitata, per qualche
minuto, stendetela in una teglia da forno unta con poco olio. Distribuite sulla pasta le cipolle
in uno strato uniforme. Grattate il caciocavallo sulle cipolle. Aggiungete i filetti di acciuga
sminuzzati sopra il formaggio e versate la salsa di pomodoro stendendola su tutta la
superficie, spolverate di origano e infornate la teglia in forno già caldo a 220 gradi per circa
20 minuti. Sfornate, condite con il restante olio e servite.
INGREDIENTI Per l’impasto:
750 g farina 00;750 g acqua tiepida;50 g zucchero;50 g strutto sciolto in acqua tiepida;25 g
lievito di birra;15 g sale;
Per condire:
500 gr. pomodori maturi;4 cipolle medie;1 spicchio di aglio;150 gr. caciocavallo ragusano;7
cucchiai di olio d’oliva;3 filetti d’acciuga dissalati;1 bicchiere di vino rosso secco;50 gr. di
pangrattato;origano q.b.;sale e pepe q.b.;
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