ISTITUTO COMPRENSIVO ALIA-ROCCAPALUMBA-VALLEDOLMO SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO DI VALLEDOLMO LABORATORIO DEL TEMPO PROLUNGATO A.S. 2013-2014 CLASSE IIIˆ B DOCENTI: GIOIA R. – LI VECCHI O. TRACCE DI MEMORIA NELLA NOSTRA … GASTRONOMIA FENICI GRECI ROMANI BARBARI BIZANTINI NORMANNI ARABI SVEVI ANGIOINI ARAGONESI FRANCESI SPAGNOLI SAVOIA AUSTRIACI BORBONI DOLCIFICANTI NATURALI PANE GRECI SALATURA DELLA RICOTTA OLIVE Nel III secolo a.C. la Sicilia divenne una delle principali province romane e fu definita il: I ROMANI CONSERVAVANO LA NEVE DELL’ETNA PREPARAVANO SALSICCE FARCIVANO PESCE E VERDURA PREPARAVANO CONFETTURE CON LA FRUTTA LO SAPEVATE CHE.. La cucina di strada ricca di stigghiole, quarume, mussu è quella più antica della Sicilia. Nell’agorà , la piazza della città-stato, c’era un angolo dedicato alla cucina pronta; era un angolo coperto dove si vendevano verdure, interiora bollite o arrostite,pesce fritto,che si potevano mangiare sul posto o portare a casa. E cosi 2.500 anni fa i GRECI inventarono il fast-food e il take-away. “A fatica riesci coi denti a staccarne un pezzetto e non lo devi aggredire subito,lo devi lasciare ad ammorbidirsi un pochino tra lingua e palato,devi quasi persuaderlo con amorevolezza da essere mangiato” A. Camilleri CURIOSITA’ Il nome di questo dolce tipico natalizio deriva dall’arabo QUBBAYTA (con riferimento alla forma a cubetti ). Ciò che rende particolare questo dolce è la lavorazione che prevede l’utilizzo di attrezzi che localmente chiamano”pinze”. Sono utensili dal manico molto lungo con alla sommità due dischetti piatti, ormai rari. Nei dischetti un tempo erano incise le iniziali della famiglia in modo da imprimerle sulle facce delle cialde. INGREDIENTI: •1 kg di semi di sesamo •600 g di miele •300 g di zucchero •250 g di mandorle abbrustolite PROCEDIMENTO: Sciogliere il miele e lo zucchero in un tegame sul fuoco e versare il sesamo e le mandorle. Mescolare con un cucchiaio di legno finché si raggiunge l’ebollizione. Amalgamare il composto e versarlo su un piano umido, spianandolo finché non raggiunge lo spessore di 1 cm circa, quindi tagliarlo a quadri o a rombi. Tempo di cottura: 45 min. I Romani erano soliti mescolare la neve dell’Etna ai succhi di frutta,creando Adatto a ogni tipo di pranzo, il sorbetto si gustava già ai tempi della Roma antica. Secondo varie testimonianze scritte, l’imperatore Nerone faceva giungere il ghiaccio – per la preparazione del dessert – direttamente dagli Appennini, mentre gli Arabi utilizzavano la neve dell’Etna mista al sale marino, per mantenere freddo il sorbetto durante la lavorazione. La variante al limone è solo la più consumata dagli italiani. Il profumo ricorda le terre della Sicilia e con la sua delicatezza è adatto a ogni genere di palato. Dice un proverbio siciliano: “ TINTU E’ CU NUN MANCIA A CASSATA A MATINA RI PASQUA”. La cassata dall’arabo “qas’at”(bacinella) o dal latino”caseum” (formaggio) è una torta a base di ricotta di pecora zuccherata, pan di Spagna , pasta reale e frutta candita. Nel periodo normanno, presso il convento della Martorana a Palermo, fu creata la pasta reale o Martorana,un impasto di farina di mandorle e zucchero che, colorato di verde con estratti di erbe sostituì la pasta frolla che prima veniva utilizzata come involucro esterno del dolce. La cassata siciliana o sulu cassata (di l'àrabu qas'at, "vacili") è na torta tradizziunali siciliana a basi di ricotta zuccurata, pani di Spagna, pasta riali, frutta candita e glassa di zùccaru. Puru siddu la ricetta pari semplici, esìstunu tanti varianti lucali. Spiciarmenti l'aspettu di fora pò canciari di na pòvira dicurazzioni di glassa e na scorza di rancia nzinu a na ricca custruzzioni baroccheggianti cu pirlini culurati e na sina di frutti canditi diffirenti. Sempri secunnu li varianti lucali, ci ponnu essiri ‘ngredienti aggiuntivi, comu pistacchiu, pinoli , ciucculati ,cannedda ,maraschinu o acqua di zàgara. Riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole,Aliment ari e Forestali. La cassata dal latino caseatus o caseatum ha più di 2.000 anni , infatti la facevano già i Romani, era della ricotta addolcita con miele e chiusa in una sfoglia di pane e poi infornata. La cassata con i canditi, nasce nel 1893 per opera del cavaliere Salvatore Gulì, pasticciere palermitano che mette su una fabbrica di canditi. Dovendone vendere quanto più possibile, inventò la cassata, chiamata da lui CASSATA SICILIANA che a fine ‘800 acquista grande successo. CUCINA DEI MONSU’ CUCINA POPOLARE CUCINA DI STRADA Veri artisti del gusto MONSU’ Cucina dai sapori decisi Rendevano ogni piatto di eccezionale bontà Conoscevano le nostre materie prime Sapevano lavorare i prodotti con tecniche francesi La cucina dei monsù nasce nel ‘700 e imita la cucina francese del ‘600. Infatti, in questo periodo in Sicilia dominavano i francesi. CASSATA CAPONATA CONIGLIO ALLA CACCIATORA LE RICETTE TIPICHE SONO STATE: “ GATTO’ ” TIMBALLI DI PASTA Il nome Monsù deriva dall’appellativo che utilizzavano i siciliani per designare i cuochi francesi in servizio nelle famiglie aristocratiche durante il Regno dei Borboni. La parole Monsieur venne via via storpiata dall’uso e dal dialetto fino a trasformarsi in Monsù. La caponata (capunata in siciliano) è un prodotto tipico della cucina siciliana. Si tratta di un insieme di ortaggi fritti, conditi con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce. La caponata è un’insalata in cui ognuno può mettere ciò che vuole, ma composta per lo più di melanzane, che venivano messe su una galletta chiamata “cappone di galera”, da cui il nome caponata. La caponata, diffusa in tutto il Mar Mediterraneo , è generalmente utilizzata oggi come contorno o antipasto, ma sin dal XVII secolo costituiva un piatto unico, accompagnata dal pane. Preparate le melanzane: spellatele, tagliatele a cubetti, salatele e lasciatele riposare mezzora in uno scolapasta perché perdano un po’ della loro acqua di vegetazione. Quindi asciugatele e friggetele in abbondante olio caldissimo. Quando sono color oro , sgocciolatele con la paletta forata e asciugatele su carta assorbente da cucina. Preparate i peperoni: bruciacchiateli direttamente sulla fiamma e, quando sono anneriti, spellateli, eliminate picciolo, semi e filamenti, tagliateli a striscioline sottilissime. In un tegame scaldate due cucchiai d’olio, insaporitevi per uno - due minuti la cipolla a fettine e il sedano a rondelle, aggiungete i capperi, le olive tagliuzzate, l’uvetta strizzata, i pinoli, mescolate e dopo due minuti unite la passata di pomodoro, l’aceto, lo zucchero, il basilico, sale e pepe. Mescolate, aggiungete le melanzane e i peperoni, e cuocete quindici minuti, l’aceto deve essere completamente evaporato. Trasferite la caponata nel piatto da portata. In una padella antiaderente tostate per pochi minuti il pangrattato con un filo d’olio e cospargetelo sulla caponata. Lasciate raffreddare e servite. Nella seconda metà del ‘700, tra i nobili si diffonde la cucina dei monsù, cuochi raffinati di origine francese che le famiglie aristocratiche si contendevano perfino a colpi di duello. Vere e proprie superstar della gastronomia , i monsù non disdegnavano di istruire ( spesso d’intrallazzo e a pagamento) i più modesti “ cuochi di paglietta” a servizio presso le famiglie borghesi. I monsù erano soliti preparare: sogliole, cernie, quaglie e beccafichi. I poveri dovevano accontentarsi di reinventare gli stessi piatti con ingredienti più economici, e così le melanzane opportunamente tagliate ai bordi a simulare delle ali, diventano le quaglie dei poveri e le sarde opportunamente disposte diventano i loro beccafichi. Le melanzane, inoltre, venivano anche servite fritte e disposte in una teglia a scalare a simulare una persiana, in dialetto “parmigiana”. Mentre i Monsù utilizzavano una salsa preparata con aceto, capperi e olive • PREPARAZIONE: • INGREDIENTI: • • • • • • • • • • • • 360 g di pasta corta (penne o rigatoni); 400 ml di polpa di pomodoro; 200 g di salsiccia fresca; 1 bicchiere di vino rosso; 200 g di mozzarella; 3 o 4 foglie di basilico; 30 g di parmigiano grattugiato; 1cipolla; 1 spicchio d’aglio; Olio extravergine d’oliva; Sale q.b.; Pepe q.b. Fate soffriggere in padella l’aglio e la cipolla,aggiungete la salsiccia privata della pelle e sbriciolata e lasciate cuocere a fuoco lento per qualche minuto. Aggiungete quindi il vino rosso, lasciate sfumare e unite la salsa di pomodoro e le foglie di basilico. Salate, pepate e lasciate cuocere il sugo per circa 15 minuti. Lessate la pasta in abbondante acqua salata e scolatela al dente, rimettetela nella pentola e mescolatela con due mestoli di sugo. A questo punto imburrate una pirofila da forno, adagiatevi uno strato di pasta , poi uno di sugo, uno di mozzarella a fettine, spolverate col parmigiano e ripetete l’ operazione. Infornate quindi nel forno già caldo a 200°C, fino a quando sulla superficie del timballo non si formerà una crosticina dorata. UNA BEVANDA…SONORA L’origine del termine non è molto chiara. Diversi studiosi pensano che derivi dalla parola araba”sherbeth”(bevanda fresca), alcuni insistono sulla voce turca “sharber”(sorbire) , altri indicano il verbo latino “sorbēre”(sorbire o succhiare). In ogni caso sembrerebbe che il nome sia stato utilizzato nel MEDIOEVO per ricordare il suono prodotto per succhiare le bevande fresche alla frutta (in dialetto siciliano “sursari”). Gli ingredienti: 2 dl di succo di limone un limone 250 gr di zucchero un albume La preparazione: Lavate il limone e dopo averlo asciugato grattugiate la scorza. Mettetela in una casseruola con mezzo litro di acqua, unite lo zucchero e portate a ebollizione. Lasciate bollire piano finché lo zucchero si sarà sciolto. Lasciate raffreddare lo sciroppo, aggiungete il succo di limone filtrato e versate tutto in una vaschetta di acciaio o di alluminio ben raffreddata prima in freezer. Mettete la vaschetta nel congelatore e, quando i bordi del sorbetto iniziano a rapprendersi, mescolate energicamente, facendo amalgamare le parti esterne con quelle più interne. Ripetete spesso quest’operazione per evitare che si formino piccoli grumi di ghiaccio. Montate con le fruste a neve l’albume e incorporatelo nel sorbetto solamente quando sarà semisolido. Continuate a mescolare il sorbetto togliendolo dal freezer a intervalli regolari fin quando non sarà ben solido. Prima di servirlo rompetelo a grossi pezzi e mettetelo nel frullatore per pochi secondi, in modo tale da renderlo cremoso. Servitolo immediatamente all’interno di coppette o bicchieri da spumante. Decorate a piacimento con la scorza di limone. I NIVAROLI UOMINI CHE SI OCCUPAVANO DI: CONSERVARE LA NEVE NELLE NEVIERE RACCOGLIERE LA NEVE ‘NTACCHI (FOSSE CREATE DALL’UOMO) CUGNERI(LUOGHI NATURALI DOVE SI DEPOSITA LA NEVE SPINTA DAL VENTO •In autunno si ripulivano le fosse da terre e pietre, rivestendole di fieno foglie e felci; •A febbraio si provvedeva invece a rendere compatta la riserva di neve, battendola e ripestandola per permettere la fuoriuscita dell’acqua e dell’aria:LA NEVE DIVENTAVA…GHIACCIO •In estate si tagliava il ghiaccio per mezzo di picconi, ottenendo dei blocchi regolari del peso di circa 130 kg che ,avvolti dentro le foglie di felci o castagno e tela di sacco,venivano collocati sul dorso dei muli per essere venduti. Ai tempi dei Monsù in Sicilia non si mangiava la carne vaccina, perché i bovini erano utilizzati nei lavori dei campi o per produrre il latte. Per questa ragione si abbattevano solo “bovi da guasto”, cioè animali malati, zoppi o vecchi dalla carne dura, fibrosa e immangiabile. I Monsù cercarono di capire come renderla mangiabile. Allora, inventarono un piatto di “viande farcie de maigre”, cioè carne farcita di magro. Dentro c’erano erbette e aromi. La gente del popolo, non conoscendo il francese, trasformò il nome di questa ricetta in “falsomagro”, ma il piatto era esattamente il contrario, perché fu riempito di salame, uova sode, prosciutto… tutti ingredienti molto calorici. Ingredienti 8-10 melanzane “nostrane” Olio di semi di arachide per friggere Un chilo di pomodoro fresco per salsa Una grossa cipolla Caciocavallo e pecorino semistagionati q.b. Abbondante basilico Procedimento Pulire e asciugare la melanzane, privarle del gambo e tagliare una striscia laterale di buccia. Tagliare in senso verticale fette di melanzane non troppo sottili (circa mezzo centimetro) e friggerle in abbondante olio caldo. Metterle a sgocciolare su carta assorbente da cucina e spolverare con qualche presa di sale. Soffriggere la cipolla tagliata finemente, quindi aggiungere la passata di pomodoro, preparata precedentemente, aggiungere qualche foglia di basilico, aggiustare di sale, pepe e qualche cucchiaino di zucchero. Far cuocere fin quando otterrete un sugo abbastanza denso. A questo punto, in una pirofila rettangolare, adagiare uno strato di melanzane fritte, ricoprirle con il sugo, spolverare del formaggio grattugiato che avrete deciso di utilizzare e concludere con qualche fogliolina di basilico. Procedere così fino ad esaurimento degli ingredienti, tenendo presente che lo strato finale dovrà essere: strato di melanzane fritte ricoperte di sugo e infine abbondante formaggio grattugiato e foglie di basilico. SORBETTO CUSCUS CANNA DA ZUCCHERO ARABI RISO AGRUMI SPEZIE PASTA CASSATA LE SFINGI DI S.GIUSEPPE CUBAITA PREPARAZIONE: INGREDIENTI: • • • • • • • • • • • 500 g di coniglio a pezzi; 160 ml di vino bianco secco; 500 g di pomodori a pezzi; Uno spicchio d’aglio; Una cipolla; Aceto q.b. ; Basilico q.b. ; Rosmarino q.b. ; Olio extravergine d’oliva q.b. ; Peperoncino q.b. ; Sale q.b. Scaldate un tegame con 2-3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva. Soffriggere l’aglio e la cipolla tagliata finemente, il peperoncino e le erbe aromatiche. Fate rosolare il coniglio per qualche minuto , rigirandolo per dorare tutti i lati. Sfumate col vino e con un filo d’aceto a fuoco medio-alto. Abbassate il fuoco, aggiungete il pomodoro e mescolate. Portate avanti la cottura a tegame coperto per circa 45 minuti o comunque fino a che il coniglio non risulti ben cotto. La cucina cittadina di reinvenzione spiritosa non è altro che la trasformazione dei piatti costosi dei nobili in piatti più semplici, meno costosi,ma altrettanto saporiti? Un esempio sono le “sarde a beccafico”, che ricordavano gli uccelletti ripieni della cucina aristocratica. Solo che al posto dei volatili di cacciagione c’erano le sarde ripiene di pangrattato bagnato con l’aceto, il limone e condito con in pinoli per coprire il cattivo odore delle sarde non proprio freschissime. Anche le melanzane ,intagliate in modo da ricordare la coda e le ali di un uccello e fritte intere, sono la versione povera delle più nobili quaglie. Disposte a scaletta , come una parmisciana le stesse melanzane si trasformarono in uno dei piatti più famosi della nostra cucina: le “melanzane alla parmigiana” Nella cucina popolare siciliana molti sono i piatti nati per fare dispetto al prossimo come quello inventato da un’argentiera detto “cacio all’argentiera”. Gli argentieri erano considerati ricchissimi perché lavoravano oro e argento, ma in realtà erano poverissimi. Per suscitare l’ invidia dei suoi vicini di casa , la moglie di un argentiere mise sul fuoco del formaggio aromatizzato con l’aceto. Tutti pensarono che stesse cucinando del coniglio alla cacciatora, un piatto per i nobili, e così nacque il “cacio all’argentiera”. In alcuni casi la cucina popolare ha creato dei piatti che sono diventati tutto il contrario del significato dei loro nomi . E’ il caso del “falsomagro” e del “biancomangiare”. Gli arabi erano specializzati nella preparazione delle “sfang” delle frittelle condite con il miele e lo zucchero, che probabilmente grazie alla fantasia dei pasticcieri palermitani furono arricchite di crema di ricotta e altri ingredienti ricchi di gusto PREPARAZIONE: frittura ricotta Impastati 500g di farina cu tri ova interi e tri russi. Sciugghiti 25g di lievitu intra 250g di latti e 200 di zuccaru e agghiunciti tutti a la farina. Mesculati finu ad aviri ‘n impastu moddu e infini lasciatilù finu a quannu unn addiventa chinu di buddicini ‘n capu. Rintra na paredda fati quariari l’ogghiù e quannu è cavuru ittatici l’impastu aiutannuvi cu na cucchiara. Aspittati ca le sfinciteddi addiventanu durati e livateli da lu focu. Mittiti supra un fogghiu di carta assorbenti e, quannu si arriffridda ‘n pocu, abbagnatili cu n’anticchia di mieli o passatici di supra n’ anticchia di zuccaru. Frutti canditi pistacchio IL COUS COUS ETIMOLOGIA Dall’arabo “cuscus “,dal berbero “seksu”,dal francese “couscous”,in dialetto “cùscusu”. Il termine indica un alimento a base di semola di grano duro. La sua storia è molto antica e risale ai Berberi,un popolo che abitava il Maghreb prima della conquista araba. Grazie agli arabi e alla numerosa comunità tunisina che vive nella provincia di Trapani,il cus cus è diventato anche un piatto siciliano. CARATTERISTICHE Il cous cous viene preparato con semola di grano duro,quella farina granulosa che si può produrre con una macinatura grossolana, utilizzando macine primitive. Solitamente viene accompagnato da carni in umido e/o verdure bollite (sulla costa del Mediterraneo anche dal pesce in umido). E’ diffuso oltre che in Sicilia e nel Nord Africa,anche in Francia, in Belgio e nel vicino Oriente. • INGREDIENTI: • • • • • • • • • • • • • • • • • • 500g di cuscus; Per la ghiotta (brodetto di pesce misto): Uno scorfano rosso; Uno scorfano nero; Una cernia; Un pesce San Pietro; Una vopa ; Una gallinella; Un luvaro; Anguilla delle saline di Trapani; Qualche gambero o scampo; 1 cipolla; 2 spicchi d’aglio; 0,7 dl di olio extra vergine d’oliva; 700 g di pomodori maturi; 1 ciuffo di prezzemolo; 50 g di mandorle sgusciate; Sale e pepe. PREPARAZIONE: Affettate finemente la cipolla e soffriggetela per 2 minuti con gli spicchi d’aglio interi in 3 cucchiai d’olio. Unite i pomodori spellati a pezzetti,il prezzemolo tritato, le mandorle tritate e tostate, aggiungete il sale e il pepe e lasciate cuocere a fuoco basso per 20 minuti. Aggiungete il pesce già pulito e cucinatelo, tenendo da parte un po’ di brodo di cottura che servirà per inumidire il cuscsus. Con il restante allungate la salsa di pomodoro preparata, sminuzzate il pesce e trasferitelo in una ciotola bassa e larga. Realizzate “l’incocciatura”, ovvero lavorate, su un grande piatto concavo la semola con le mani muovendo le dita in un senso circolare, bagnandola con 0,7 di acqua e sgrassandola in modo da “unire” i grani di semola. Ripetete l’operazione per 3 volte. L’ultima volta aggiungete 4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva. Lasciate gonfiare e ponete il composto nell’apposita couscoussiera. Fate cuocere la semola per circa un’ora e 30 minuti a fuoco bassissimo prestando molta attenzione a che il livello dell’acqua sia alto e a non compromettete la cottura a vapore dentro la couscoussiera. Una volta cotto il couscous , trasferitelo in un piatto da portata e disponetevi attorno a corona il pesce. Sfilettate e aggiungete il brodo nella zuppa di pesce. Il gattò (dal francese gateau) di patate è un piatto tipico della cucina napoletana e siciliana a base di patate. INGREDIENTI: • • • • • • • • 1 kg di patate (preferibilmente a pasta bianca ) ; 50 g di burro per la purea e qualche ricciolo per la teglia; 1-2 uova; 150 g di prosciutto cotto (tagliato a dadini); 100 g di scamorza (o provola affumicata); 50-100 g di parmigiano grattugiato; 100 g di mozzarella; Sale, pepe, pangrattato q. b; Le dosi possono variare e, volendo, si può aggiungere del latte, salame, prezzemolo, noce moscata, olio , ecc…; se si usa la mozzarella è consigliabile non aggiungere latte. PREPARAZIONE • Lessate le patate, sbucciate e schiacciatele. Aggiungete burro (o olio), il parmigiano, le uova e il prosciutto, la scamorza e la mozzarella tagliati a dadini e mescolate bene la purea in una planetaria. Ungete una teglia, riponetela in frigo e poi cospargetene il fondo con pangrattato. Versate la purea nella teglia e spianatela bene con una spatola. Spennellate la purea con tuorlo d’uovo (se volete) e cospargete la superficie con pangrattato e riccioli di burro. Mettete in forno a 180° per 3040 minuti ( a seconda dello spessore), fino a quando non si forma una crosta dorata. Potete servire caldo, soprattutto se usate la mozzarella, oppure servire freddo. ARANCINE PANE CON LA MILZA “MUSSU” CUCINA DI STRADA “SFINCIUNI” “QUARUMI” La cucina di strada è sempre stata considerata di serie B. L’ origine risale a più di mille anni fa. Tutti pensano che essa sia di origine greca o araba , ma in verità, per il 60% è di origine ebraica, cioè ”cacher” ( il termine indica il cibo che gli Ebrei possono consumare in base alle regole della loro religione). Nelle macellerie dell’epoca, i macellai ebrei non venivano ricompensati con i soldi per motivi di origine religioso , e quindi davano loro le interiora degli animali, tranne il fegato che era molto caro e veniva pagato a parte. Queste interiora fritte nello strutto erano vendute agli angoli delle strade. La gastronomia palermitana, oltre ad essere ricca di piatti pregiati, annovera anche ricette “povere” legate al suo passato e alla sua storia. Nel nostro caso, ad esempio, questo legame deriva dal medio evo, quando nella nostra città esistevano gruppi ebraici. Per noi palermitani, mangiare il pane con la milza rappresenta una ritualità, come, ad esempio, i luoghi deputati alla vendita del pane con la milza. Quando a Palermo dici “pani ‘ca mieusa” non puoi fare a meno di pensare ai punti di riferimento per i palermitani: l’antica focacceria di Piazza San Francesco d’Assisi che risale al lontano 1834, oppure alle coreografiche “Baffone” di Porta Carbone, Basile alla Stazione Centrale e quella di via Bara all’Olivella. A proposito di questo popolare alimento da strada, mi piace riportare la descrizione che ne fa il giornalista palermitano Daniele Billitteri, rivolta ai buongustai che hanno goduto di questo unico e indimenticabile mix di sapori. Procedimento: In una padella,soffriggere con lo strutto le fettine di milza e le altre frattaglie,bastano pochi minuti,quindi farcire le pagnotte con la frittura ottenuta.Il panino si puo servire soltanto con una spremuta di limone ossia schietta oppure con ricotta precedentemente inzzuppata nello strutto di frittura della milza,tutto ciò è il pane con la milza. Il biancomangiare è uno dei più antichi dolci della pasticceria siciliana. Molto diffuso nell’area mediterranea, in Italia è tipico, oltre che in Sicilia, anche in Val D’Aosta dove assume il nome di Blanc Manger. Biancomangiare con latte di mandorle Ingredienti 1 litro di latte di mandorle La buccia di un limone grattugiata 200 grammi di zucchero 100 grammi di amido per dolci Cannella in polvere Procedimento Mettere il latte in una ciotola su fuoco a fiamma dolce, tenendone da parte un bicchiere. Unire la buccia del limone, lo zucchero e la cannella. Intanto sciogliere a freddo l’amido nel latte messo da parte, filtrarlo quindi unirlo al latte che nel frattempo sarà tiepido. Mescolare in continuazione con un mestolo di legno e, non appena comincia ad addensare, e comunque appena giunge a bollore, togliere dal fuoco. Continuare a mescolare e versare il composto in uno stampo (o diverse formelle) inumidito. Fare raffreddare (anche in frigo) e, quando il biancomangiare sarà ben denso, sformare in un piatto da portata spolverandolo con la cannella. Biancomangiare con latte Un litro di latte 250 grammi di zucchero semolato 100 grammi di amido per dolci 50 grammi di pistacchi tritati grossolanamente Cannella in polvere Procedimento Mettere il latte in una ciotola con il latte e sciogliervi lo zucchero, quindi unire l’amido e mescolare bene con una frusta in modo che non si formino grumi. A questo punto mettere su fuoco dolce e mescolare continuamente con un mestolo fin quando il liquido comincia ad addensare (facendo attenzione a non far bollire). Togliere dal fuoco, unire i pistacchi e, con la frusta, continuare a mescolare energicamente per un paio di minuti. Versare il composto in uno stampo inumidito e mettere a raffreddare (anche in frigo), Quando il biancomangiare sarà ben denso, sformare in un piatto da portata spolverandolo con la cannella. Nota: noi abbiamo usato i pistacchi, ma si possono usare a piacimento dadini di zuccata, cioccolato fondente a gocce, mandorle a scaglie…fate un po’ voi! Le arancine a Palermo, e in genere nella Sicilia occidentale, sono di forma rotonda, mentre in quella orientale hanno forma allungata e si chiamano arancini; tuttavia, a prescindere dalla forma, dal nome o dalle tante varianti che ogni parte dell’Isola offre, queste bionde e inconfondibili golosità , rappresentano una delle leccornie più rappresentative della Sicilia. Tradizionalmente l’arancina a Palermo viene preparata il 13 Dicembre per il giorno di Santa Lucia. INGREDIENTI: -1,300 kg di riso superfino arboreo (oggi si può reperire quello adatto per arancine e sformati). -Tre litri circa di brodo di carne o vegetale -1 cipolla -100 grammi di burro -2 bustine di zafferano (meglio ancora quello in fili) -250 grammi parmigiano grattugiato -200 grammi di primosale tagliato a cubetti -Olio di semi di mais per friggere -Pangrattato abbondante La quarume o caldume (dal greco cholàdes, cioè budella, interiora) è un bollito misto di interiora di manzo o di vitello. Alle cartilagini delle zampe (nervetti) e del muso, spesso, però, vengono aggiunte anche altre cartilagini. Vanno lessate in acqua salata e tagliati a cubetti. Nella versione più tradizionale si mangiano semplicemente con sale e limone spremuto (a stricasale) ma, soprattutto nelle macellerie, si trovano frequentemente con aggiunta della mascella (u masciddaru) e della lingua e condite con sedano, carote, cipolle rosse e olive verdi schiacchiate. Vanno lessate in abbondante acqua salata aromatizzata con le classiche verdure del brodo: carote, cipolle, sedano, prezzemolo e pomodoro. A quarumi si mangia calda servita con il brodo di cottura. Preparazione dello sfincione: sciogliete lo strutto in una ciotola con poca acqua tiepida, fate lo stesso con il lievito di birra. Mettete la farina sulla spianatoia, fate una fontana e versatevi al centro il sale, il lievito di birra diluito e lo strutto. Mescolate e impastate, aggiungendo se necessario, acqua tiepida fino a ottenere una pasta di giusta consistenza, che andrete a lavorare energicamente per 10 minuti circa. Formate una palla, mettetela in una ciotola capiente infarinata e lasciatela riposare coperta con un panno di cotone per un’oretta. In un tegame versate un cucchiaio di olio extravergine d’oliva, le cipolle affettate, una presa di sale e il vino rosso. Fate cuocere a fiamma bassa fino a quando le cipolle saranno diventate trasparenti. Lavate, sbucciate, spezzettate i pomodori e privateli dei semi. Metteteli in un tegame con 3 cucchiai di olio d’oliva, lo spicchio d’aglio schiacciato e lasciate cuocere fino ad ottenere una salsa ristretta, quindi togliete lo spicchio d’aglio. In una casseruola a parte scaldate un cucchiaio d’olio, tostatevi il pangrattato e unitelo alla salsa di pomodoro preparata in precedenza, mescolate e salate. Lavorate la pasta, ormai lievitata, per qualche minuto, stendetela in una teglia da forno unta con poco olio. Distribuite sulla pasta le cipolle in uno strato uniforme. Grattate il caciocavallo sulle cipolle. Aggiungete i filetti di acciuga sminuzzati sopra il formaggio e versate la salsa di pomodoro stendendola su tutta la superficie, spolverate di origano e infornate la teglia in forno già caldo a 220 gradi per circa 20 minuti. Sfornate, condite con il restante olio e servite. INGREDIENTI Per l’impasto: 750 g farina 00;750 g acqua tiepida;50 g zucchero;50 g strutto sciolto in acqua tiepida;25 g lievito di birra;15 g sale; Per condire: 500 gr. pomodori maturi;4 cipolle medie;1 spicchio di aglio;150 gr. caciocavallo ragusano;7 cucchiai di olio d’oliva;3 filetti d’acciuga dissalati;1 bicchiere di vino rosso secco;50 gr. di pangrattato;origano q.b.;sale e pepe q.b.;