Iliade-Odissea-Paradise lost Leoncini Pietro e Orione Federico ILIADE Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempía), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. ODISSEA Narrami, o Musa, l'uomo dall'agile mente che a lungo andò vagando poi che cadde Troia, la forte città, e di molte genti vide le terre e conobbe la natura dell'anima, e molti dolori patì nel suo cuore lungo le vie del mare, lottando per tornare in patria coi compagni. Ma per la loro follia (come simili a fanciulli!), non li potè sottrarre alla morte, poi che mangiarono i buoi del Sole, figlio del cielo, che tolse loro il tempo del ritorno. Questo narrami, o dea, figlia di Zeus, e comincia di dove tu vuoi. PARADISE LOST La primiera dell'uomo inobbedienza E della pianta proïbita il frutto, Frutto al gusto letal, che sulla terra La morte e tutti nostri mali addusse, Oltre l'Eden perduto; infin che piacque Ristorarne di nuovo ad Uom più grande E racquistar la fortunata sede, Canta, o musa del ciel! Tu che sui gioghi Solitarii del Sinai e dell'Orebbe Inspirasti il pastor al seme eletto Primamente insegnò come dal grembo Nacquero del caosse e cielo e terra; O se più di Siòn t'è caro il clivo, Caro il veloce Siloè che lambe L'oracolo di Dio, colà t'invoco All'animoso mio canto sostegno. Ché su timide penne io non intendo Spiccarmi a volo dall'aonia cima, Ma cose rivelar che mai né verso, Né parole disciolte ancor tentaro.