Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE LA STRUTTURA DELLA MATERIA - La struttura dell’atomo: il nucleo - La struttura dell’atomo: gli elettroni - Il legame chimico - Le forze di interazione intermolecolari Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Per caratterizzare un certo nucleo, che è formato da protoni e neutroni, è necessario specificare il numero degli uni e degli altri Il NUMERO ATOMICO, Z, di un elemento è pari al numero dei protoni nel nucleo nonché al numero di elettroni. Il valore di Z identifica la natura chimica dell’atomo (Z elemento chimico). Il NUMERO DI MASSA, A, è pari alla somma di neutroni e protoni nel nucleo. Quando si indica sia Z che A si è specifici nel senso che non si indica semplicemente l’elemento, ma un tipo di atomo cioè un nuclide. Si definiscono: isotopi: nuclidi che hanno lo stesso Z, ma diverso valore di A 12C, 13C, 14C isobari: nuclidi che hanno lo stesso A, ma diverso valore di Z 41K (Z=19), 41Ar(Z=18) isotoni: nuclidi che hanno lo stesso numero di neutroni, ma diverso valore di A e Z 3H (Z=1,A=3), 4He(Z=2,A=4) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE ad esempio, l’idrogeno ha tre isotopi prozio 1H (Z=1, A=1) deuterio, D 2H (Z=1, A=2) trizio, T 3H (Z=1, A=3) ad esempio, il boro ha due isotopi 10B (Z=5, A=10) 11B (Z=5, A=11) questo è l’unico caso in cui gli isotopi hanno nome e simboli diversi (H, D, T) il nuclide 10B ha 5 protoni, 5 neutroni e 5 elettroni; il nuclide 11B ha 5 protoni, 6 neutroni e 5 elettroni da un punto di vista chimico (per es. capacità di formare i legami) il comportamento dei due nuclidi del boro è lo stesso Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE legame chimico reazioni chimiche compartecipazione o scambio degli elettroni più esterni degli atomi coinvolti reazioni nucleari coinvolgimento delle particelle nucleari (protoni e neutroni) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE IL NUCLEO - il volume del nucleo è proporzionale al numero di nucleoni (cioè sia neutroni che protoni) - forma del nucleo : sfera o sferoide ma cosa tiene uniti i nucleoni all’interno del nucleo? La forza responsabile del legame fra i nucleoni è la cosiddetta interazione forte che agisce a distanze molto piccole, dell'ordine di 10-18 cm. molto complessa da spiegare fisica nucleare è comunque possibile determinare l’energia di legame nucleare: da misure di spettrometria di massa ad alta risoluzione è stato possibile determinare sperimentalmente la massa di ciascun nuclide con una grande accuratezza dalla massa misurata di un nuclide si ottengono informazioni importanti sull'energia di legame tra i nucleoni Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE le particelle costituenti l'atomo, nel legarsi insieme hanno perso una parte della loro massa: difetto di massa, ΔM, che è pari a ΔM(AX)= M(AX) – Z Mp – (A–Z) Mn dove ΔM(AX) è il difetto di massa associato al nuclide AX, M(AX) è la massa del nuclide AX determinata sperimentalmente, Z è il numero atomico, (A-Z) è la differenza fra numero di nucleoni e numero di protoni (cioè il numero di neutroni), Mp è la massa del protone e Mn è la massa del neutrone il difetto di massa che si riscontra per le varie specie è diverso da nuclide a nuclide il difetto di massa è strettamente relazionato all’energia di legame fra nucleoni tramite la nota legge di equivalenza fra massa ed energia derivata da Einstein ΔE = ΔM c2 dove c’è la velocità della luce l'energia di legame tra le particelle costituenti il nucleo (nucleoni) è almeno ~106 volte più grande di quelle relative ai legami chimici Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Energia di legame media per nucleone L'energia di legame media per nucleone è l'energia calcolata tramite il difetto di massa diviso per il numero di nucleoni (sia protoni che neutroni). La curva sperimentale che la rappresenta evidenzia un punto di massimo in corrispondenza di un valore di A poco superiore a 50: si tratta del ferro 56, che è dunque il nucleo più fortemente legato e più stabile in assoluto. zona di massima stabilità nucleare i nuclei più leggeri possono aggregarsi in nuclei più grandi con cessione di energia fusione nucleare i nuclei più pesanti possono spezzarsi in nuclei più piccoli con cessione di energia fissione nucleare Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Carta di stabilità dei nuclidi tutti i nuclidi esistenti sono riportanti in funzione del numero atomico e del numero di neutroni - per gli elementi leggeri con Z<20, la stabilità si ha per N=Z (stesso numero di protoni e neutroni), cioè N/Z=1 - per gli elementi con Z>20, la stabilità si ha per N>Z (ci sono cioè più neutroni di protoni), cioè N/Z>1 i nuclidi instabili tendono a decadere, cioè a trasformarsi in altri nuclidi per emissione di particelle nucleari o radiazione (o entrambe) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE PROCESSI NUCLEARI I nuclidi instabili tendono a trasformarsi in altri nuclidi per effetto di processi nucleari detti - decadimenti radioattivi (emissione di particelle alfa, beta e gamma) Inoltre, in alcuni contesti i nuclei possono subire trasformazioni radicali a seguito di - reazioni nucleari (ne esistono di diversi tipi; in questo contesto vedremo esclusivamente le reazioni di fusione e fissione nucleare) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE TIPI DI DECADIMENTO RADIOATTIVO I nuclidi instabili tendono a decadere, cioè a trasformarsi in altri nuclidi per emissione di particelle nucleari o radiazione elettromagnetica. Questo fenomeno viene chiamato radioattività. Esistono tre tipi principali di decadimento radioattivo: alfa, beta e gamma EMISSIONE DI PARTICELLE ALFA () Tipico dei nuclidi instabili molto pesanti, il decadimento consiste nella emissione da parte di un nucleo di una particella formata da due protoni e due neutroni (cioè un nucleo di 4He). particella = nucleo di 4He Esempio: l’isotopo 238 dell’Uranio è un nuclide instabile che emette radiazione trasformandosi in 234Th, secondo la reazione 238U(Z=92) 234Th(Z=90) + (Z=2, A=4). L'emissione di una particella trasforma radicalmente il nucleo di partenza: il numero di massa A diminuisce di quattro unità e il numero atomico Z di due (in altre parole cambia sia la natura dell’elemento che la sua massa). Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE EMISSIONE DI PARTICELLE BETA () Il decadimento consiste nella emissione da parte di un nucleo di un elettrone o di un antielettrone (detto anche positrone) il positrone o antielettrone è una particella con la stessa massa dell'elettrone, ma di carica positiva emissione di un elettrone decadimento emissione di un positrone decadimento + DECADIMENTO -: nei nuclei non esistono gli elettroni; possiamo allora pensare alla emissione di una particella - come al risultato della trasformazione di un neutrone del nucleo in un protone + un elettrone (che viene quindi emesso da nucleo stesso) il decadimento - trasforma il nucleo mantenendone inalterato A e aumentando Z di una unità (N.B. cambia la natura dell’elemento, perché è diverso il numero atomico, ma non cambia la massa del nuclide; se mi riferisco alla tavola periodica, l’emissione di particelle - causa uno spostamento di una posizione a destra). Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Esempio di decadimento - : il trizio 3H, lo iodio 131, il torio 234 danno tutti spontaneamente un decadimento di questo tipo 3H (Z=1)3He(Z=2) + 131I(Z=53) 131Xe(Z=54) + 234Th(Z=90) 234Pa(Z=91) + - DECADIMENTO +: similmente, possiamo pensare alla emissione di una particella + come al risultato della trasformazione di un protone del nucleo in un neutrone il decadimento + trasforma il nucleo mantenendone inalterato A e diminuendo Z di una unità (N.B. cambia la natura dell’elemento, perché è diverso il numero atomico, ma non cambia la massa del nuclide; se mi riferisco alla tavola periodica, l’emissione di particelle + causa uno spostamento di una posizione a sinistra). Esempio di decadimento + : il sodio 22 e il cobalto 54 danno spontaneamente un decadimento di questo tipo 22Na(Z=11) 22Ne(Z=10) + + 54Co(Z=27) 54Fe(Z=26) + + Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE EMISSIONE DI RAGGI GAMMA () Il decadimento consiste nella emissione da parte di un fotone la cui energia è dell'ordine di grandezza delle energie nucleari I raggi gamma occupano l’estremità ad alta energia dello spettro elettromagnetico (hanno una lunghezza d'onda minore anche dei raggi X) Si distinguono essenzialmente tre casi: - emissione di un fotone a seguito di un processo di rilassamento di un nucleo eccitato che passa a un livello energetico più basso - emissione di fotoni che accompagna l'emissione di altre particelle ( o ) - annichilazione elettrone-positrone secondo la reazione -++2 Esempio di decadimento : quando l’uranio 238 decade per emissione alfa a torio 234, emette anche raggi gamma 238U 234Th + + . Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Le caratteristiche dei decadimenti radioattivi I decadimenti radioattivi sono trasformazioni nucleari spontanee il cui decorso è indipendente dalla temperatura, pressione e stato chimico in cui il nucleo si trova. L’indifferenza a tutto ciò che è fuori dal nucleo medesimo fa sì che si possa caratterizzare il decadimento radioattivo, senza prestare attenzione alle condizioni fisiche e chimiche del campione che si prende in esame. Il decadimento radioattivo si caratterizza in base a: - la sua natura (alfa, beta, gamma) - energetica - cinetica di decadimento (tempo di dimezzamento) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Energetica dei decadimenti radioattivi L’energia associata ai decadimenti radioattivi si calcola agevolmente, se sono note le masse di reagenti e prodotti; in particolare, si usa una equazione che mette in relazione il difetto di massa in uma con l’energia in megaelettronvolt, MeV (NB deve esserci un difetto di massa per le reazioni spontanee, che generano quindi energia) con l’energia liberata Q(MeV)=-931,5 ΔM (uma) Per esempio consideriamo il decadimento alfa dell’uranio 238 238U 234Th + α tenendo presente che le particelle alfa sono nuclei di elio abbiamo: massa di 238U = 238,0507785 uma massa di 234Th = 234,043594 uma massa di 4He = 4,002603 uma Q=-931,5 (234,043594 + 4,002603 - 238,0507785) = 4,274 MeV quindi l’energia liberata durante l’emissione di una particella alfa da parte di un nucleo di uranio 238 è pari a 4,274 MeV (per nucleo !) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Cinetica dei decadimenti radioattivi Anche l’aspetto cinetico è molto importante per valutare gli effetti dei decadimenti radioattivi. la velocità di decadimento è definita come il numero di decadimenti al secondo; la velocità di decadimento dipende dalla quantità di radionuclide e dalla sua natura; in particolare, se considero un certo istante, t, la velocità di decadimento è proporzionale al numero totale di atomi del nuclide radioattivo considerato e presenti al tempo t: velocità = N(t) dove , la costante di proporzionalità, è detta costante di decadimento ed è tipica del particolare radionuclide considerato. Si dimostra facilmente che il numero di radionuclidi attivi di un campione diminuisce nel tempo con una legge esponenziale di conseguenza anche la radioattività di tale campione diminuisce esponenzialmente nel tempo. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Si definisce tempo di dimezzamento, t½, il tempo necessario a dimezzare la concentrazione di un campione di nuclide radioattivo. Si dimostra facilmente che ln 2 0,693 t½ = Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Curva di decadimento del bismuto 210 (tempo di dimezzamento= 5 giorni) Curva di decadimento dello stronzio 90 (tempo di dimezzamento= 25 anni) 210Bi 90Sr 206Th + dopo circa un mese si è essenzialmente esaurito 90Y + - dopo decine di anni è ancora attivo Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Implicazioni della cinetica di decadimento sulla pericolosità di un radionuclide La valutazione del carattere nocivo dei diversi nuclidi instabili va fatta considerando la velocità di decadimento (cioè il numero di decadimenti al secondo). In particolare, un nuclide che decade con una velocità considerevole (tempo di dimezzamento piccolo) sarà molto pericoloso appena prodotto (pensate al problema delle scorie radioattive) perché rappresenta una sorgente intensa di radiazioni, ma in un lasso di tempo relativamente breve perderà la proprio pericolosità. Viceversa, un nuclide che decade con velocità piccola (tempo di dimezzamento grande), non risulta essere molto pericoloso nell’immediato perché l’intensità della radiazione non è grande, ma pone problemi di stoccaggio a lungo termine! Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE UNITÀ DI MISURA della radiazione nucleare: Attività: - Curie (Ci) = 3,70 1010 decadimendi al secondo - Becquerel (Bq) = 1 decadimeno al secondo SI Il corpo umano ha una radioattività naturale dovuta al 40K e 14C sufficiente a fornire 3700 Bq! - Roentgen (R)= quantità di raggi X o raggi che produce in un campione di aria pari a 1 mL (STP) 2,1 109 ioni Radiografia al torace 0,5 R Dose assorbita: - rad = quantità di radiazione che deposita una quantità di energia pari a 0,01 joule in un grammo di materia - gray (Gy) = quantità di radiazione che deposita una quantità di energia pari a joule in un chilogrammo di materia (unità scelta dal Sistema Internazionale) - rem= radiation equivalent for man=radfattore qualità (FQ) - sievert = gray equivalente uomo=grayfattore qualità (FQ) - dose letale 50% LD50= dose necessaria ad uccidere il 50% della popolazione LD50=250-450 rem, 50 rem effetti a 20 anni radioattività naturale media 0,1 rem dose massima consentita 5 rem all’anno Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE REAZIONI NUCLEARI Sia dalle reazioni di fissione (scissione di un nucleo pesante in due nuclei leggeri), che da quelle di fusione (combinazione di due nuclei leggeri in un nucleo più pesante) si può ricavare energia nucleare. In entrambi i casi, infatti, si sprigiona un'energia pari alla differenza tra l’energia di legame dei nuclei prodotti e quella dei reagenti. FUSIONE DI NUCLEI LEGGERI: la fusione non è mai un processo spontaneo; è difficile da ottenere in laboratorio a causa della repulsione elettrostatica che allontana i due nuclei positivi interagenti (perché abbia inizio il processo, i nuclei devono invece essere avvicinati fino al punto di far aggregato diventare efficace l’interazione forte intermedio fra i nucleoni dei due nuclei diversi); per il momento questo è stato ottenuto solo con: 1) acceleratori di particelle 2) altissima temperatura (bombe termonucleari). 2H + 3H 4He + n + 17,6 MeV stelle a fusione di idrogeno (Sole) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE FISSIONE DI NUCLEI PESANTI: raramente è un processo spontaneo, nei casi più comuni è un processo indotto dal bombardamento di neutroni su nuclei pesanti come l’uranio 235: il neutrone collidente viene prima assimilato dal nucleo bersaglio la cui instabilità aumenta fissione nucleare al punto da scindersi in due nuclei frammento con emissione di 2-3 neutroni e liberazione di un grosso quantitativo di energia. La fissione neutrone uranio 235 di un nucleo può generare nuclei 92 protoni+ 92 protoni+ 143 neutroni frammento diversi, 2 nuclei prodotto + 3 144 neutroni neutroni + energia tanto è vero che si parla di una distribuzione di nuclei frammento. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Per esempio, nel caso della fissione indotta dell’uranio 235 (alla base del nucleare civile e militare), le rese dei diversi possibili nuclei figlio si dispongono secondo il grafico Anche il numero di neutroni prodotto in ogni cammino è diverso 10 e oscilla fra 2 e 3, così come è diversa l’energetica . Il modo resa 1 corretto di rappresentare il processo (%) 235U + n X + Y + 2,4 n + energia 0,1 0,01 0,001 80 100 120 140 160 numero di massa dei nuclei frammento dove 2,4 è il numero medio di neutroni prodotti dai diversi processi mentre l’energia media liberata è pari a 209 MeV (4,7109 kcal/mol). La curva è caratterizzata da due massimi centrati ai valori di A=95 e A=138, il che significa che nuclei frammenti con questo numero di massa hanno la maggior probabilità di essere formati dalla reazione di fissione. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE CENNI SUI REATTORI A FISSIONE La reazione di fissione di nuclei pesanti porta alla produzione di una quantità di energia maggiore di molti ordini di grandezza rispetto alle energie prodotte nelle reazioni chimiche che vengono sfruttate per la produzione di energia, come per esempio la combustione di idrocarburi. Inoltre secondo la reazione 235U + n X + Y + 2,4 n + energia per ogni neutrone che viene consumato dall'uranio 235 se ne producono in media 2,4. Vi è così un fattore di moltiplicazione dei neutroni, che vengono poi a loro volta sfruttati per indurre altre reazioni di fissione (reazione a catena). Si definisce fattore di moltiplicazione k il rapporto fra in numero di neutroni generato nello stadio i+1 rispetto al numero di neutroni generato nello stadio i numero di neutroni generati nello stadio i 1 k numero di neutroni generati nello stadio i se k<1, non ci sarà reazione a catena perché la reazione non è in grado di autoalimentarsi, se k=1 la reazione a catena raggiunge uno stato stazionario, se k>1 allora il numero di neutroni prodotti aumenta rapidamente da uno stadio all’altro e si raggiunge la cosiddetta condizione supercritica Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Quando la quantità di uranio 235 è sufficientemente grande, si riesce ad ottenere un fattore efficace di moltiplicazione superiore ad uno, innescando così una reazione di fissione a catena incontrollata che porta alla produzione di una grande quantità di energia in un breve intervallo di tempo. Questo fenomeno viene sfruttato per scopi militari: in una bomba nucleare viene posta una quantità critica (massa critica) di materiale fissile, cioè tale da avere una moltiplicazione di neutroni molto sostenuta ed una reazione a catena rapidissima (vedi poi). fissione nucleare per scopi bellici Se, invece, durante la fissione si abbassa il guadagno di neutroni, per esempio aggiungendo dei materiali che assorbono parte dei neutroni prodotti, è possibile far avvenire la reazione in maniera controllata. Questo tecnica è utilizzata nei reattori a fissione nucleare per la produzione di energia. fissione nucleare per scopi civili (produzione di energia elettrica) Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Schema di un reattore nucleare Un reattore a fissione consiste, schematicamente, in un "nocciolo", dove viene fatta avvenire la reazione di fissione controllata, uno scambiatore di calore che porta fuori dal nocciolo l'energia prodotta e che aziona un dispositivo per rendere utilizzabile tale energia (per esempio delle turbine collegate a generatori di elettricità) I componenti principali di un reattore a fissione sono: 1) barre di combustibile nucleare 2) un moderatore che rallenta i neutroni di fissione 3) un refrigerante che rimuove l’energia termica prodotta durante il processo di fissione 4) barre di controllo (assorbitori di neutroni) che permettono di controllare la velocità di fissione 1) Combustibile: i reattori nucleari richiedono l’uso di un combustibile nucleare, dove per combustibile nucleare si intende un tipo di nucleo fissile, cioè un nucleo che subisce fissione indotta da neutroni. Questi nuclidi possono essere, a seconda del tipo di reattore, 232Th, 233U, 235U, 238U e 239Pu, (o loro miscele). Fra questi, 233U, 235U, e 239Pu subiscono fissione ad opera di neutroni termici, mentre 232Th e 238U interagiscono efficientemente con neutroni molto veloci (> 1MeV). L'uranio naturale, reperibile in diverse miniere distribuite un po’ in tutti i continenti, contiene principalmente 238U (99,2745%) e solo uno 0,720% di 235U. L’isotopo 233 dell’uranio va invece prodotto a partire dal torio 232. Alcuni reattori usano uranio ‘arricchito’ nell’isotopo 235U. In altri casi si usa anche l'isotopo 238 che pur non essendo fissile è "fertile", cioè può produrre nuclidi fissili per reazione nucleare. 2) Moderatore: In un reattore nucleare a fissione i neutroni che sono prodotti dal processo stesso ma sono inizialmente formati con grande energia cinetica, mentre per ottimizzare la resa devono essere rallentati, cioè termalizzati, per aumentarne la capacità di indurre la fissione. Il modo migliore per rallentare i neutroni consiste nel farli collidere con atomi d'idrogeno o di deuterio. Fra i moderatori più comuni, c’è proprio l’acqua deuterata, D2O, detta anche comunemente "acqua pesante". In alcuni casi, anche se meno efficace, si usa la grafite, data la sua economicità ed anche per la sua inerzia ai neutroni. Nei reattori autofertilizzanti, cioè in quelli dove si ottiene plutonio come prodotto riutilizzabile, non bisogna rallentare molto i neutroni al fine di rendere più efficace la reazione con 238U. 3) Refrigerante: la funzione del refrigerante è quella di trasportare l'energia prodotta fuori dal nocciolo fino al suo ciclo di trasformazione. Inoltre il refrigerante ha il compito importante di evitare la fusione dello stesso nocciolo che potrebbe avvenire a causa della gran quantità di calore rilasciato dai processi di fissione. Il refrigerante deve essere un fluido e può essere acqua (in alcuni reattori può essere la stessa acqua pesante del moderatore che viene fatta circolare), oppure altri liquidi, sia organici che inorganici. In certi casi si preferisce uno scambiatore in fase gassosa (molto usati CO2 e He), mentre in certi altri casi si utilizza il sodio allo stato fuso. La scelta di un refrigerante dipende esclusivamente dalle caratteristiche tecniche del particolare reattore considerato. 4) Barre di controllo (assorbitori di neutroni): per mantenere sotto controllo la reazione a catena e quindi controllare la potenza sviluppata dal reattore o, anche, spegnerlo è necessario disporre di un materiale che sia un ottimo assorbitore di neutroni. Questo tipo di controllo si può ottenere, per esempio, inserendo o sfilando dal nocciolo delle barre di un assorbitore come per esempio boro o suoi composti (si usa spesso il carburo di boro) oppure cadmio o suoi composti o altri materiali con una elevata sezione d’urto di assorbimento di neutroni. RISCHI DEI REATTORI A FISSIONE Naturalmente un reattore a fissione può presentare diversi rischi nel suo funzionamento. Questi possono essere raggruppati in due grosse categorie: rischi termici e rischi dovuti alla produzione di scorie. - I cosiddetti rischi termici sono tutti quei problemi che possono sorgere dall'eccessiva potenza del reattore. Una potenza troppo alta sottopone a sollecitazioni eccessive i materiali di cui è costruito il reattore e può provocare perfino la fuoriuscita di materiale ad alta radioattività (come nel famoso incidente di Chernobyl del 1986). - Rischi dovuti alla produzione di scorie: le scorie sono costituite sia da nuclidi prodotti di fissione sia da materiali presenti nel combustibile che, per reazione con i neutroni nel nocciolo si sono attivati, cioè si sono trasformati in nuclidi radioattivi. Di solito le scorie vengono separate in base alla loro radioattività, cioè in base alla durata media del loro periodo di "raffreddamento", e poi vengono riposte in depositi a "raffreddare". Nei reattori autofertilizzanti le scorie sono molto pericolose per la presenza di plutonio. Inoltre questi reattori presentano rischi molto più grandi degli altri a neutroni termici per il fatto che dopo un certo periodo di funzionamento il combustibile deve essere trattato opportunamente per estrarne il materiale fissile che si è formato. Questo comporta una serie di operazioni periodiche ad alta pericolosità, come rimozione del combustibile, suo trasporto, manipolazione in laboratori di estrazione, etc. che rendono i reattori autofertilizzanti ad altissima pericolosità. Occorre anche non sottovalutare, per questo tipo di reattori, l'alta pericolosità sociale dato che il plutonio, prodotto in grande quantità, può essere usato direttamente per scopi militari. Problema delle scorie radioattive del combustibile esausto Principali miniere di uranio nel mondo L'uranio è un elemento che si trova in natura, in basse concentrazioni, praticamente in tutte le rocce, in tutti i terreni e nelle acque. E’ più abbondante di altri elementi come il berillio, il cadmio, l'oro, il mercurio, l'argento, del tungsteno. Si trova in molti minerali, come lo pechblenda, il minerale di uranio più comune. I principali paesi estrattori di U sono riportati in figura. I costi del combustibile fissile stanno aumentando notevolmente (il prezzo dell’ossido U3O8 è variato da circa 20$ al chilo nel 2002 a 260$ nel 2007). Inoltre è impossibile stimare con precisione le riserve di uranio ancora estraibile, ma bisogna considerare che il necessario uranio235 è molto raro. L'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) ha stimato che i giacimenti di uranio attualmente conosciuti basteranno a soddisfare il fabbisogno fino al 2035 nel caso di una domanda media, e fino al 2026 nel caso di una ripresa della domanda elevata. Secondo altre stime, la quantità estraibile sarebbe molto maggiore, ma a costi molto più elevati. In ogni caso si prevede un esaurimento del combustibile fissile prima di quello fossile! Arricchimento dell’uranio 235 L'uranio naturale è composto da una miscela di tre isotopi, 234U, 235U, e 238U, di cui 238U è il più abbondante (99,2745%), 235U ha una abbondanza naturale di circa 0,720%, mentre il 234U costituisce una percentuale trascurabile del totale (0.0055%). Tutti i tre isotopi sono radioattivi; quello dotato di tempo di dimezzamento più lungo è 238U (t1/2: 4,5x109 anni), seguono 235U (7x108 anni) e 234U (2,5x105 anni). Per ottenere un materiale fissile che sia adatto a scopi nucleari, cioè che emetta una quantità sufficiente di neutroni, è necessario aumentare la concentrazione dell'isotopo 235U rispetto al più comune e meno radioattivo 238U. La concentrazione di 235U deve passare dallo 0,71% al 3,2% per i reattori nucleari ad acqua bollente (BWR) e al 3,6% per quelli ad acqua pressurizzata (PWR). Il processo di concentrazione dell'uranio è un compito estremamente difficile: non è possibile separarli per via chimica, ma l'unico modo è consiste nello sfruttare la piccolissima (meno dell'1,5%) differenza di peso. Si fa reagire l'uranio metallico con fluoro ottenendo esafluoruro di uranio (UF6), un composto solido bianco, che sublima in fase gassosa al di sopra di 56,4 °C. Questo composto viene usato nei due più comuni processi di arricchimento, l'arricchimento per diffusione gassosa (utilizzata soprattutto negli USA) e quello per centrifugazione del Sistema di centrifughe gas (principalmente utilizzato in Europa). Camera per diffusione di UF6 CENNI SUI REATTORI A FUSIONE La difficoltà maggiore deriva dal fatto che per far avvenire la reazione i due nuclei reagenti devono avvicinarsi vincendo la forte repulsione coulombiana. Questo richiede una energia "di attivazione" di circa 104 eV. Un reattore nucleare a fusione dovrebbe essere un sistema in grado di gestire una reazione di fusione nucleare in modo controllato e con lo scopo di produrre energia elettrica. Gli unici impianti operativi a tutt’oggi sono impianti di ricerca in grado di sostenere la reazione di fusione nucleare per un tempo molto ridotto e quindi non sono utilizzabili per la produzione di elettricità. Da molti anni si ipotizzano e indagano varie tecniche per arrivare allo sfruttamento dell’energia da fusione nucleare. Le tecniche si differenziano l'una dall'altra proprio nel modo concepito per far avvicinare i nuclei reagenti e quindi innescare la reazione. La tecnica più studiata fino ad oggi impiega forti campi magnetici per confinare un plasma formato da nuclei di deuterio e trizio ad alta temperatura (NB il campo magnetico serve a confinare il plasma nel vuoto perché non esiste nessun materiale per costruire un contenitore in grado di resistere alle temperature necesserie). Per innescare la reazione la temperatura deve essere di circa 108 K, però a tutt'oggi non si è ancora riusciti a stabilizzare il plasma con una temperatura così alta per tempi sufficientemente lunghi da avere un autosostentamento (energetico) costante della reazione. La reazione che si pensa di poter sfruttare è 2H + 3H 4He + n + 17,6 MeV I vantaggi della reazione di fusione nucleare sono legati al fatto che l’unica scoria è l’isotopo stabile dell’elio, che oltre a non essere radioattivo è anche un gas chimicamente inerte. Il peggior contaminante che potrebbe essere disperso accidentalmente nell'ambiente è il trizio, che però ha un tempo di dimezzamento di 12,3 anni e cioè molto minore di quello di alcuni radionuclidi prodotti dalle centrali a fissione che possono dimezzarsi in migliaia di anni. Inoltre, dal punto di vista della sicurezza le centrali a fusione con confinamento magnetico non hanno nessuna possibilità di restare attivi in assenza del contenimento magnetico del plasma. Questo impedisce i pericoli tipici delle centrali a fissione, in cui è possibile avere una reazione a catena che perdura nel tempo anche a reattore distrutto come nel caso dell’incidente di Chernobyl. Un problema che resta (anche quando si dovessero trovare le soluzione tecnologiche) riguarda la scarsità in natura del trizio che infatti andrebbe prodotto nella centrale stessa sfruttando il neutrone che si genera nella reazione vista 2H + 3H 4He + n + 17,6 MeV per indurre la reazione 6Li + n 4He + 3H CENNI SUGLI ORDIGNI NUCLEARI Le cosiddette bombe atomiche (andrebbero chiamate nucleari) si basano sui processi di fissione e fusione nucleari. Le bombe che sfruttano le reazioni di fissione sono denominate bombe A. Le bombe H (dette anche bombe a idrogeno o termonucleari) si basano sul processo di fusione nucleare. Entrambi i tipi sono in grado di sviluppare energie molto elevate mediante la trasformazione di quantità molto piccole di materia. La bomba atomica tradizionale è basata sulla fissione di 235U indotta da neutroni; come già visto, tale reazione, se avviene in maniera non controllata, è una reazione a catena che si autosostiene. Ciò accade quando la massa dell'uranio raggiunge un valore ben determinato, detto massa critica. L'esplosione di una bomba atomica di questo tipo, con la fissione completa di un kg di uranio, sviluppa una quantità di energia pari a quella prodotta dalla combustione di 2450 tonnellate di carbone. L'innesco della reazione a catena da parte di neutroni avviene portando allo stato critico la massa di uranio, che subisce la fissione nell'istante dell'esplosione. Prima dell'innesco la massa critica è divisa in due o più parti non critiche che vengono riavvicinate al momento voluto mediante una carica di esplosivo convenzionale all'interno dell'involucro della bomba atomica. Durante l'esplosione di innesco l'involucro esterno della bomba non si deve rompere altrimenti il materiale fissile si disperderebbe prima di costituire una massa critica. In realtà durante l'esplosione di una bomba atomica, solo una piccola parte della massa critica subisce realmente la fissione, ma comunque si libera un'enorme quantità di energia. Per misurare la potenza delle bombe atomiche si usa come unità di misura il megaton che è definito come il potenziale esplosivo di 1 milione di tonnellate di trinitrotoluene (TNT). Durante l'esplosione, i prodotti della fissione vengono espulsi violentemente e sono quindi caratterizzati da una energia cinetica molto grande. Tale energia cinetica viene rilasciata negli urti con le molecole che compongono l'atmosfera. A questo punto l'energia cinetica si trasforma in energia termica provocando un innalzamento di temperatura oltre 10 milioni di gradi. Il fenomeno è accompagnato da emissione di luce accecante (visibile a centinaia di chilometri), e propagazione di una violentissima onda d'urto nell'atmosfera. Nella bomba A, il carattere esplosivo della reazione è determinato dal tempo brevissimo in cui essa avviene, dell'ordine del milionesimo di secondo. Anziché uranio 235 può essere impiegato anche il plutonio, elemento che si ottiene nelle pile atomiche bombardando con neutroni l'isotopo 238 dell'uranio. Per quanto riguarda la potenza dell'esplosione, il rendimento reale è sempre inferiore al teorico e dipende dalla concentrazione del materiale fissile della carica. La bomba H produce energia per effetto di un processo di fusione nucleare. La reazione più utilizzata è quella che porta alla sintesi di un nucleo di elio mediante la fusione nucleare di deuterio o il trizio. Questo tipo di bomba ha una potenza, a parità di massa, sette volte superiore a quella sviluppata da una bomba a fissione. Nella fusione termonucleare non esiste alcun problema di massa critica, e quindi non c'è limite alla quantità di sostanze reagenti. La potenza ottenibile è pressoché illimitata. Per innescare una reazione di fusione è necessario raggiungere una temperatura di circa 200 milioni di gradi, cosa che si ottiene facendo esplodere al centro della massa una bomba del tipo a fissione. Esiste anche un altro tipo di ordigno nucleare la bomba a neutroni o bomba N. Lo scopo di questo ordigno è diverso dai precedenti: si tratta di un’arma tattica che permette di eliminare l'avversario producendo solo limitate devastazioni del territorio, e riducendo l'inquinamento radioattivo. Si tratta di una bomba termonucleare di modesta potenza che canalizza l'energia sviluppata nella reazione nucleare principalmente nella produzione di neutroni veloci, minimizzando quindi gli effetti di scoppio e di calore. La bomba N è una bomba a fusione di piccole dimensioni e di limitata potenza, inferiore a un kiloton, ma dotata di opportuni accorgimenti tecnici che consentono una notevole diffusione di neutroni entro un raggio molto superiore a quello distruttivo dell'ordigno. I neutroni possono penetrare attraverso notevoli spessori di materia e quindi per un grande raggio di azione essi possono uccidere tutti gli esseri viventi senza distruggere costruzioni e materiali. Sono quattro i fattori distruttivi dovuti all'esplosione di un ordigno nucleare: 1) onda di calore (fino a 300 milioni di gradi in corrispondenza del punto di detonazione); 2) onda d'urto; 3) emissione di radiazioni (insieme all'esplosione e tramite successivo fall-out radioattivo); 4) effetto EMP (Electro Magnetic Pulse), scoperto solo a partire da alcuni test nucleari dei primi anni sessanta. Le esplosioni nucleari possono essere a loro volta classificate in cinque tipi: a) aero-alte: esplosione nella stratosfera, con forte rilascio di particelle e e scarso rilascio di raggi , che però vengono fermate dall'atmosfera; nessun danno agli esseri umani ma viene rilasciato un gigantesco impulso elettromagnetico (EMP, Electro Magnetic Pulse) che distrugge qualunque apparecchiatura elettronica non protetta da adeguata schermatura; inoltre vengono azzerate le comunicazioni radio per un certo periodo a causa dei disturbi; b) aero-basse: esplosione nell'atmosfera a poche centinaia di metri di altezza, con forte rilascio di particelle e e scarso rilascio di raggi , letali nel raggio di diversi chilometri in un tempo breve. Scarso fall-out; c) superficiali: esplosione a terra, con forte rilascio di raggi , e scarso rilascio di particelle e ; elevata ricaduta radioattiva dovuta alle polveri sollevate, pesantemente contaminate. Danni anche di tipo sismico alle cose, ma minori effetti immediati sulle persone; d) sotterranee: nessun rilascio di particelle, che vengono schermate dal terreno, e di onde elettromagnetiche. Forte onda sismica, proporzionale alla potenza dell'arma. È usata principalmente nei test per le armi nucleari; e) sottomarine. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE INTERAZIONE TRA RADIAZIONE NUCLEARE E MATERIA Da qui in avanti intenderemo con il termine radiazione nucleare ogni tipo di particella che abbia una energia cinetica > 100 eV e che sia stata generata da un decadimento o reazione nucleare (siano essi spontanei o indotti). La conoscenza dei meccanismi di interazione fra radiazione nucleare e materia ci fornisce gli strumenti per caratterizzarne la pericolosità e per difenderci da essa. Le energie tipiche del legame chimico sono comprese fra 1-5 eV, mentre l’energia necessaria a ionizzare una specie (atomica o molecolare) è solitamente 15 eV. Di conseguenza, poiché l’energia messa in gioco quando la materia è esposta alla radiazione nucleare è così alta da indurre facilmente ionizzazione, la radiazione nucleare è detta anche radiazione ionizzante. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Da un punto di vista generale, possiamo dire che il passaggio della radiazione nucleare ad alto contenuto energetico attraverso la materia comporta un trasferimento di energia agli atomi/molecole di cui essa è composta. Il trasferimento continua fino a che si raggiunge l’equilibrio termico, cioè fintanto che la particella non ha perso il suo surplus energetico cedendolo al mezzo interagente. Nello specifico, però, ogni tipo di radiazione induce fenomeni diversi, che andremo ora ad esaminare Si usa distinguere i fenomeni che derivano dalla interazione della radiazione nucleare con la materia in due gruppi: • processi che subiscono le particelle nucleari mentre cedono la propria energia (assorbimento della radiazione); • processi ulteriori subiti dal materiale che ha assorbito la radiazione (chimica indotta dalle radiazioni). Assorbimento della radiazione La riduzione della intensità di un fascio di particelle ionizzanti che attraversa una porzione di materia è causata o da 1) reazioni nucleari che coinvolgono i nuclei del materiale attraversato (detto assorbente perché assorbe la radiazione stessa) o da 2) interazioni con gli elettroni atomici. Con la sola eccezione di radiazione composta da neutroni, la tipologia 2) è di gran lunga il processo dominante che genera una attenuazione della radiazione nucleare di fatto le reazioni nucleari possono essere trascurate (con la sola eccezione di fasci di neutroni). Come si misura l’assorbimento di radiazione nucleare? flusso in assenza del campione di materiale assorbente, 0 sorgente di radiazione fenditura collimatrice campione x fenditure collimatrici rivelatore r flusso in presenza del campione di materiale assorbente, r=distanza fra la sorgente e il rivelatore x=spessore del campione Il rapporto fra il flusso di particelle (espresso in particelle per superficie per secondo) in presenza di un campione di spessore x e in assenza di campione 0 è detto trasmissione relativa ed ha tipicamente l’andamento in funzione dello spessore del materiale x riportato nel grafico seguente. Si distinguono due casi 1) particelle dotate di carica (alfa, beta, protoni ecc.) il rapporto /0 raggiunge lo zero per un certo valore di spessore del materiale, che può essere quantificato o come spessore di penetrazione medio, C1 per particelle alfa o C3 per particelle beta, oppure come spessore di penetrazione massimo, C2 e C4 (sono diversi dai valori medi a causa del fatto che gli elettroni non occupano tutti posizioni identiche e quindi c’è una certa dispersione dei valori). sono i valori medi quelli importanti Esempio: curva di assorbimento della radiazione beta emessa da 32P e che attraversa una lamina di alluminio (che funge da assorbente) 2) particelle non cariche (neutroni e fotoni) In questo caso, non è possibile definire uno spessore massimo e la curva di assorbimento ha un andamento esponenziale secondo l’eq. = 0 e-x dove è il coefficiente di attenuazione totale che tiene conto di due diversi tipi di interazione ( = s + a): 1) deflessione o diffusione della traiettoria della particella s; 2) cattura della particella per trasferimento totale dell’energia al mezzo assorbente a NB: è un parametro molto importante per le valutazioni sulla schermatura dalle radiazioni; a è un parametro molto importante per valutare l’effetto della radiazione sulla materia. Cammino percorso medio Tipo di particella E (MeV) Aria (cm) Acqua (mm) Alfa 5,3 3,8 0,039 Beta neg. 1,0 405 4,1 3,0 1400 15 1,0 2,3 0,023 3,0 14 0,014 Protoni Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Meccanismi di assorbimento di protoni e particelle alfa Andiamo ad illustrare i meccanismi di assorbimento delle particelle “pesanti” (alfa, protoni, deuteroni, ecc.) dotate di carica, considerando nello specifico l’assorbimento delle particelle alfa (considerazioni analoghe valgono anche per protoni, ecc). ricorda che nel caso delle particelle cariche è l’interazione con gli elettroni atomici ad essere principalmente responsabile dell’interazione con la materia (la probabilità di interazione con i nuclei è molto bassa) Tipicamente, le particelle alfa sono generate con una energia cinetica piuttosto alta (fra 4 e 9 MeV), hanno una doppia carica positiva e sono molto più pesanti degli elettroni, quindi le interazioni elettrostatiche fra le particelle e gli elettroni di atomi/ molecole che compongono il campione sono responsabili dei fenomeni osservati Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE Gli effetti sulla materia causati dalle particelle (e le altre particelle pesanti con carica positiva) sono essenzialmente di due tipi: eccitazione e ionizzazione 1) eccitazione Quando la particella passa vicino al guscio elettronico dell'atomo (ma non attraverso esso), il campo elettrico della particella carica positivamente esercita una attrazione elettrostatica sugli elettroni, causandone uno spostamento verso le orbite più esterne a più alta energia (NB in questo caso non riesce a distaccare un elettrone dall’atomo). L'atomo risulta di conseguenza eccitato; la diseccitazione l'atomo avviene tramite l’emissione di fotoni nel campo di frequenze dei raggi X. NB: la particella perde una parte della sua energia, mentre i fotoni X emessi hanno energia sufficiente a ionizzare gli atomi vicini. Chimica Generale CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE 2) ionizzazione Se invece la particella passa molto vicino (o addirittura attraversa) il guscio elettronico dell'atomo, uno o più elettroni possono essere strappati all'atomo ionizzandolo e causando così la formazione di una coppia di ioni (coppia ione-elettrone) NB: gli elettroni non vanno ad unirsi alla particella , ma formano una coppia ionica con lo ione positivo che si è formato dall’atomo per perdita dell’elettrone Meccanismi di assorbimento di elettroni o particelle beta Positroni, elettroni emessi per decadimento beta e elettroni prodotti da acceleratori di particelle (elettroni monoenergetici) interagiscono con la materia sia tramite l’interazione con gli elettroni orbitanti che con il campo elemettromagnetico generato dal nucleo curva blu: particelle beta da decadimento radioattivo curva verde: elettroni monoenergetici prodotti da un acceleratore i tipi di fenomeno che possono avere luogo sono - eccitazione simili ai processi già visti per particelle - ionizzazione pesanti con carica positiva - Bremsstrahlung processi che comportano una perdita di energia - radiazione Cerenkov per irraggiamento (assenti nel caso di particelle ) - annichilazione positronica i processi più importanti sono eccitazione e ionizzazione per -, annichilazione positronica per + 1) eccitazione Il meccanismo è del tutto analogo a quello delle particelle alfa, anche se in questo caso si instaura una repulsione fra le particelle (o elettroni accelerati) e gli elettroni orbitanti particella - incidente 2) ionizzazione elettrone in un orbitale eccitato Il fenomeno è simile a quello che coinvolge le particelle ; una differenza importante è dovuta al fatto che la massa delle particelle è la stessa degli elettroni del mezzo assorbente. dopo l’allontanamento della particella lo stato eccitato decade a quello fondamentale con emissione di fotoni X) particella - scatterata elettrone secondario Meccanismi di assorbimento di radiazione gamma e neutroni L’assenza di una carica della radiazione gamma e dei neutroni comporta una interazione modesta con la materia e, di conseguenza, la capacità di penetrare grandi spessori di materia. Abbiamo già visto come la legge di attenuazione sia del tipo = 0 e -x dove è il flusso di fotoni/neutroni espresso in numero di fotoni per metro quadro per secondo. Il coefficiente di attenuazione dipende dal tipo di materiale assorbente. Di solito si trovano tabulati o graficati, anziché il coefficiente di attenuazione di ciascun materiale, altri parametri: - spessore di materiale necessario ad attenuare di un fattore 2 (mezzo spessore) o di un fattore 10 un fascio di raggi gamma ln 10 ln 2 x1 / 2 x1/10 La capacità ionizzante della radiazione gamma è molto inferiore a quella delle particelle alfa e beta. Per es. gli ioni prodotti dalla radiazione gamma è meno dell’1-10% di quelli prodotti da radiazione beta caratterizzata dalla stessa energia. Inoltre, il meccanismo con cui i raggi gamma producono ioni è molto diverso (effetto Compton e effetto fotoelettrico). I neutroni interagiscono principalmente con i nuclei (sono indifferenti agli elettroni perché privi di carica e molto più pesanti) con i quali potranno dar luogo a collisioni elastiche, inelastiche o reattive. Le collisioni reattive dei neutroni sono importantissime e ne parleremo in seguito, causano mutazioni dei nuclei. A seguito di tali mutazioni i nuclei possono stabilizzarsi come emissioni di raggi gamma. Durante una collisione inelastica, invece, un neutrone colpisce un nucleo e cede parte della sua energia cinetica che eccita il nucleo ad un livello energetico superiore da cui il nucleo, poi, decade; la costante di decadimento è caratteristica del particolare nuclide considerato, che normalmente emette un fotone . In conclusione, sia le collisioni reattive che quelle inelastiche inducono l’emissione di raggi gamma (e quindi, in termini di pericolosità si ricade nel caso precedente. EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI L’interazione delle radiazioni ionizzanti con i tessuti biologici presenta le stesse caratteristiche principali dell’interazione con gli altri materiali e l’effetto dominante può essere inteso, anche in questo caso, come dovuto al rilascio di un grande quantitativo di energia alle strutture molecolari. L’acqua è la componente principale delle cellule e quindi è fondamentale il ruolo della radiazione ionizzante sull’acqua stessa. Prodotti H OH H2 H 2 O2 eaq rese 0,6 2,6 0,45 0,75 2,6 Le reazioni dei radicali prodotti dall’acqua in sistemi biologici sono importanti perché possono indurre un danno biologico qualora riescano ad interagire con una biomolecola importante in grado di produrre una qualche interferenza nel normale funzionamento di una cellula. Per le molecole in grado di reagire con i radicali prodotti dall’acqua, ma che non inducono un danno biologico importante, si usa il termine di molecole spazzino (scavenger): tali specie chimiche, interagendo con i radicali e le altre componenti attive presenti nell'acqua irradiata, li sottraggono dal sistema e impediscono danni cellulari importanti. Una molecola-spazzino può essere qualunque specie molecolare in grado di produrre interazione con i radicali e portare a conclusione la fase dei processi chimici attivati dalla radiazione nell'acqua della cellula. Nel catalogare l’effetto della radiazione ionizzante sulle cellule si usano distinguere due modi: azione diretta e azione indiretta. Infatti, oltre alla reattività dei prodotti della radiolisi dell'acqua che li fa interagire con importanti molecole di interesse biologico, c'è anche la possibilità che la particella incidente depositi direttamente parte della sua energia nelle biomolecole di interesse. In questo caso le reazioni iniziali non avvengono nell'acqua, ma direttamente nelle molecole dei costituenti importanti della cellula, come il DNA. In questo caso il risultato sarà eccitazione o ionizzazione di atomi presenti nelle molecole con formazione di radicali a carico delle molecole biologiche. Questi radicali possono subire reazioni simili a quelle considerate per la radiolisi dell'acqua con i conseguenti processi chimici, compresa la ricombinazione. Azione diretta In questo processo l'energia viene direttamente depositata su una molecola bersaglio di interesse biologico, senza la mediazione di specie radicali derivate dalla radiolisi dell'acqua. E' ormai ampiamente dimostrato che sono le trasformazioni chimiche indotte da radiazioni ionizzanti nella molecola del DNA quelle che producono le modificazioni biologicamente più importanti. Anche altre molecole bioattive della cellula possono essere danneggiate, ma la cellula è in grado di sostenere perdite molto rilevanti di molte specie molecolari diverse dal DNA senza che si verifichino seri deficit funzionali. Gli enzimi, per esempio, vengono continuamente sintetizzati e le molecole danneggiate vengono sostituite rapidamente dalla cellula. Il motivo per cui un danneggiamento del DNA può compromettere la sopravvivenza della cellula e la sua replicazione, è che il genoma totale è unico in ciascuna cellula. La molecola contiene una ridondanza di informazione molto limitata, e un danneggiamento irreversibile, se avviene, può comportare una perdita di capacità di codificazione genetica, vitale per il funzionamento della cellula e per la sua sopravvivenza. In altri termini, se viene danneggiato un enzima intracellulare essenziale nel metabolismo cellulare, per esempio una grossa molecola proteica, la cellula la rimpiazza poiché è in grado di rinnovare con continuità importanti molecole biologiche grazie all’informazione codificata contenuta nella molecola DNA. Se è il DNA stesso ad essere danneggiato, può non è possibile riparlo. Azione indiretta Come già detto, in questo caso sono i radicali prodotti dall’acqua a indurre le modifiche del DNA o di altre molecole biologiche. Anche in questo caso, per quanto detto prima, sono le modifiche del DNA a pregiudicare la funzionalità della cellula. Ad es. il radicale OH è un potente ossidante in grado di trasformare un substrato organico S secondo lo schema generale OH + S OH- + S+ Invece, gli atomi di idrogeno reagiscono con l’ossigeno molecolare formando un altro radicale altamente reattivo, idroperossile: H + O2 → HO2 che a sua volta reagisce con le molecole biologiche. Oppure gli atomi di idrogeno si comportano da specie riducenti nei confronti di substrati organici. In ogni caso si ha una alterazione della struttura molecolare delle molecole biologiche coinvolte. Oltre a DNA e proteine, questo tipo di attacco può anche danneggiare gli acidi grassi insaturi presenti nei fosfolipidi delle membrane cellulari: tali acidi vengono perossidati dai radicali in una reazione a catena di lipoperossidazione e il risultato finale è che le membrane risultano fortemente danneggiate e perdono la loro permeabilità. a sinistra e’ rappresentata una membrana lipoproteica integra; a destra e’ rappresentata la stessa membrana dopo lipoperossidazione, in cui alcune catene di acido grasso sono diventate idrofile a seguito della perossidazione e si sono orientate verso l’esterno, con apertura di falle. Ovviamente, l’effetto risulterà drammatico negli organismi monocellulari , causandone la morte. Per questo motivo le radiazioni ionizzanti (e in particolare i raggi gamma per il loro alto potere penetrante) sono sfruttate per la sterilizzazione, per esempio, degli oggetti monouso nelle pratiche ospedaliere (siringhe usa e getta), ma anche per ridurre la carica microbica di poveri farmaceutiche fortemente contaminate dalla preprazione. Una persona adulta possiede circa 4⋅1013 cellule che differiscono tra loro sia per la funzione che per le dimensioni. La maggior parte delle cellule è piccola (avendo dimensioni dell’ordine di 10-3 cm), mentre ad esempio le cellule nervose possono arrivare a lunghezze dell’ordine del metro. Le cellule possono essere divise in due categorie: cellule somatiche e cellule germinali. Quasi tutte le cellule del corpo sono cellule somatiche le quali costituiscono i vari organi, i tessuti e le altre strutture del corpo. Le cellule germinali o gameti funzionano solo nella riproduzione della specie. Nell’uomo vi sono 46 cromosomi in ogni cellula eccetto che nelle cellule germinali che ne contengono 23, cioè la esatta metà. Nella mitosi ciascun cromosoma duplica esattamente se stesso, in modo che le nuove cellule formate contengono ancora 46 cromosomi. Poiché il DNA cromosomico controlla la produzione di proteine da parte della cellula, le due nuove cellule sono esatte repliche della cellula originaria. Dopo la mitosi i cromosomi si disattorcigliano e tornano alla loro forma filamentosa. La struttura delle cellule germinali è molto diversa da quella delle cellule somatiche: vi sono cellule germinali diverse per i due sessi e nella riproduzione ciascuna di loro porta i propri 23 cromosomi per dare origine allo zigote, la prima cellula del nuovo individuo, anch’esso contenente 46 cromosomi. Quando la radiazione distrugge direttamente o indirettamente una molecola di DNA in un cromosoma, il risultato è una mutazione. Se questa mutazione avviene in una cellula somatica di un individuo adulto, non si ha alcun effetto macroscopico, a meno che il numero di molecole di DNA danneggiate non sia enorme (il ruolo del DNA è la produzione di proteine necessarie al funzionamento e alla vita delle cellule). Se invece la mutazione avviene in una cellula germinale, la cellula in questione in genere non è più in grado di essere fertilizzata (questo è in fondo un meccanismo di autodifesa) ma se lo è, la mutazione si trasferisce allo zigote e alla progenie. Un altro effetto della radiazione sulle cellule somatiche è l’insorgenza del cancro, che possiamo schematizzare come una divisione rapidissima ed incontrollata delle cellule. Anche se l’origine del cancro a tutt’oggi non è nota, vi sono migliaia di prodotti chimici oggi riconosciuti responsabili dell’insorgenza del cancro, detti pertanto cancerogeni. Anche le radiazioni ionizzanti possono avere questo effetto. L’aspetto inusuale di questo tipo di danno somatico è che può manifestarsi molto tempo dopo che la radiazione ha agito, potendo addirittura iniziare dopo che le cellule si sono rinnovate per molte generazioni. Poiché le cellule differiscono sia nella composizione che per il metabolismo ad esse associato, il loro comportamento (ed il danno subito) nei confronti delle radiazioni è diverso. Consideriamo per esempio l’irradiazione dell’intestino. Le pareti dell’intestino, a continuo contatto con le scorie dei cibi e delle bevande, devono essere periodicamente rinnovate mediante frequenti processi di mitosi. Come effetto dei esposizione alle radiazioni, per dosi relativamente basse la riproduzione è rallentata ma non si ha alcun effetto grave. Se però la dose è superiore ad un valore di soglia, la superficie dell’intestino non è più in grado di riprodursi e rinnovarsi in tempo e si hanno quindi lesioni ai tessuti, tali che i fluidi contenuti nell’intestino possono fuoriuscire: batteri ed altri materiali tossici entrano in circolo nel sangue e inducono gravi infezioni in tutto il corpo. Midollo osseo e sangue. All’interno delle ossa si trova il midollo che può essere di due tipi: giallo, che serve per l’accumulo dei grassi, e rosso che è deputato alla formazione del sangue. Il sangue è composto di tre tipi principali di cellule: gli eritrociti (globuli rossi), i leucociti (globuli bianchi) e le piastrine. I globuli rossi sono i responsabili della alimentazione e ossigenazione delle altre cellule del corpo e alla rimozione dei prodotti di rifiuto. I globuli bianchi hanno azione di difesa contro le infezioni e le piastrine hanno azione coagulante. In caso di irraggiamento i primi ad essere danneggiati sono i globuli bianchi, che diminuiscono in numero (leucopenia). In caso di forte irraggiamento si ha anche una riduzione di piastrine (emorragie) e successivamente di globuli rossi (anemia). Se non si è verificato contemporaneamente un grave danno al midollo osseo, è possibile un recupero da parte dell’organismo in quanto il midollo osseo può produrre nuove cellule che sostituiscono quelle distrutte. In caso contrario il danno sarà permanente ed ovviamente irreversibile. Sistema linfatico. Il sistema linfatico è costituito da una rete fittissima di capillari all’interno dei tessuti, nei quali scorre un fluido (linfa) simile al plasma ma con minore contenuto proteico. Nella linfa si raccolgono i prodotti di rifiuto dei tessuti che vengono convogliati verso le ghiandole (linfonodi) dove sono eliminati per filtrazione: la linfa ripulita passa di nuovo nel sangue. La milza ha la funzione principale di eliminare per filtrazione le cellule morte del sangue e produrre leucociti. Gli effetti di irraggiamento si manifestano con infezione dei linfonodi e danneggiamento dei linfociti. Apparato digerente. Per apparato digerente si intende quel complesso di organi che vanno dalla bocca all’intestino. Le cellule localizzate sulle pareti secernono sostanze che agiscono sul cibo in modo da renderne possibile l’assorbimento da parte del sangue. L’intestino tenue è abbastanza radiosensibile, lo stomaco e l’esofago lo sono molto meno. I primi effetti del danneggiamento sono secrezione anomala e produzione discontinua di cellule. Le cellule morte possono portare ad occlusioni intestinali. Si possono avere anche ulcerazioni delle pareti con conseguente processo infettivo. Apparato genitale. Il danneggiamento da radiazioni può avere effetti sia somatici che ereditari. Come effetto somatico si ha la sterilità, permanente o meno (le femmine sono più sensibili dei maschi). Come effetto genetico si possono avere, come già detto, mutazioni che possono essere trasmesse alla specie nelle generazioni future. Sistema nervoso. La colonna vertebrale ed i nervi periferici sono più radiosensibile del cervello. Per dosi molto elevate si può verificare anche un danno strutturale attraverso una carenza di rifornimento sanguigno (ischemia) conseguente al danno subito dai vasi adduttori. Tiroide e ghiandole pituitarie e surrenali. Esse regolano il metabolismo basale e sono responsabili del meccanismo della crescita e dello sviluppo del corpo. Il danno alla tiroide o alle altre ghiandole ha quindi conseguenze su tutto l’organismo. La tiroide presente scarsa radiosensibilità, tranne che allo iodio che, per meccanismi metabolici, si fissa su tale organo. Occhio. il cristallino è suscettibile di un danno irreversibile conseguente a radiazioni in quanto le sue cellule non si rigenerano. La retina invece è molto meno radiosensibile. Effetto somatico tardivo è la cataratta, che si manifesta in quanto le cellule danneggiate perdono la loro trasparenza e diventando alla fine completamente opache. Polmoni. I polmoni sono organi costituiti da piccolissime cavità chiamate alveoli, che durante la respirazione si dilatano e si restringono. In danno agli alveoli di regola non avviene per irraggiamento esterno, bensì a seguito di contaminazione interna conseguente ad inalazione di sostanze radioattive (Radon, polveri, vapori) tramite il meccanismo della respirazione. Un danno di questo tipo è detto funzionale e coinvolge tutto l’organismo. Fegato. Fegato e cistifellea sono poco radiosensibili, pertanto il danneggiamento può essere causato solo da radioisotopi che si concentrano nel fegato per irraggiamento interno. Anche in questo caso tutto l’organismo viene coinvolto essendo il danno di tipo funzionale. Reni. In caso di irradiazione al corpo intero non sembrano sussistere pericoli di gravi alterazioni di funzionamento dei reni. Cuore e vasi sanguigni. Sono organi molto resistenti alle radiazioni, e possono essere danneggiati solo a seguito di dosi elevatissime. Cute. I vari strati della pelle mostrano una differente radiosensibilità: il danno è tanto più elevato quanto meno penetranti sono le radiazioni. Di solito comunque la capacità di riparazione del danno nel caso della pelle è elevata. Un leggero danno può portare solo ad un arrossamento, una forte irradiazione può portare invece a neoplasia epiteliale. Capelli. L’irradiazione può portare ad una perdita temporanea dei capelli, che dopo poche settimane ricominciano a crescere, spesso con caratteristiche diverse. Ossa. Le cellule delle ossa sono relativamente poco radiosensibili. Alte dosi possono portare ad osteoporosi. Alcuni radioisotopi come lo stronzio e il plutonio introdotti nell’organismo si fissano nel midollo e nel tessuto osseo: in tal caso il danno può essere molto maggiore, con l’insorgenza di leucemia o di osteoneoplasia. Ma quali sono veramente i rischi in condizioni ‘normali’? Sorgente di rischio Stima della riduzione dell’aspettativa di vita in giorni 20 sigarette al giorni 2370 Sovrappeso del 20% 985 Incidenti di vario tipo 435 Consumo di alcolici (media su consumo USA) 130 Affogamenti 41 Radiazione naturale di fondo 8 Catastrofi (terremoti ….) 3,5 Diagnostica raggi X 6 Dose occupazionali di 1 rem 1 Dose di 1 rem/y per 30 anni 30 VERIFICA LA TUA PREPARAZIONE Dopo lo studio di questa unità dovrai essere in grado di: · descrivere le caratteristiche principali del nucleo atomico e dei nucleoni (neutroni e protoni); · distinguere nucleo isotopi, isobari e isotoni; · mettere in relazione l’energia del nucleo con il difetto di massa; · commentare l’andamento dell’energia di legame media per nucleone; · commentare la carta di stabilita’ dei nuclidi; · descrivere i decadimenti radioattivi (alfa, beta e gamma), la loro energetica e velocita’ · definire e usare il tempo di dimezzamento; · definire e usare le unita’ di misura in uso quando si parla di radioattivita’; · riconoscere i tipi di reazione nucleare (fissione e fusione); · descrivere gli aspetti principali di un reattore a fissione e il rischio associato a questa tecnica di produzione dell’energia; · descrivere il principio di funzionamento di un reattore a fusione; . descrivere i principi di funzionamento degli ordigni nucleari · descrivere i principali meccanismi di interazione della radiazione con la materia · descrivere gli effetti biologici principali ESEMPI DI ESERCIZI 1 –Un isotopo del bismuto, 210Bi, è un emettitore alfa con un tempo di dimezzamento di 5 giorni. Affinché il numero di nuclidi instabili si riduca a un quarto del valore iniziale è quindi necessario aspettare almeno: 5 giorni 10 giorni 4 giorni 20 giorni. _______________________________________ 2 – Quale delle seguenti affermazioni riferite alla energia di legame media per nucleone dei nuclei è corretta? L’energia di legame media per nucleone assume i valori massimi per nuclei molto leggeri, come idrogeno e deuterio. L’energia di legame media per nucleone assume i valori massimi per nuclei molto pesanti, come l’uranio. L’energia di legame media per nucleone assume i valori massimi in corrispondenza dei nuclei con numero di massa intorno a 50-60, come l’isotopo 56 del ferro. La curva che rappresenta l’energia di legame media per nucleone in funzione del numero di massa dei nuclidi cresce linearmente con il numero di massa. ____________________________ 3 – I nuclidi che hanno lo stesso numero di neutroni, ma un diverso numero di protoni sono detti: isobari; isotopi; isomeri; isotoni. _______________________________________ 4 - L’energia associata al decadimento del alfa di 237Np è (4He: M=4,002603; 233Pa: M= 233,0402402; 237Np M=237,0481673): 4,959 MeV circa 4 eV 4876 MeV 5,3241 5 – Per l’arricchimento dell’uranio si sfrutta uno dei suo composti, l’esafluoruro di uranio (UF6), perché: è questo il composto principale dell’uranio in natura; perché il fluoro è chimicamente inerte; perché è un solido che sublima facilmente (intorno a 60º C) e quindi si può sfruttare la diversa velocità di diffusione di 235UF6 e 238UF gassosi; 6 perché si può utilizzare negli spettrometri di massa. _______________________________________ 6 – Una reazione nucleare è accompagnata da una perdita di massa di 0,001 u.m.a. Pertanto, l’energia liberata dal processo è: 0,001 MeV. 0,0486 joules 0,9315 MeV 1,60×10-13 joules ______________________________________ 7 – La trasmissione in funzione dello spessore di materiale assorbente ha un andamento: simile per particelle alfa e protoni; simile per specie che hanno la stessa massa (come, ad esempio, neutroni e protoni); simile per particelle beta e neutroni; simile per tutte le particelle. ____________________________________________ 8 – Quando il fattore di moltiplicazione, k, che esprime il rapporto fra il numero di neutroni generati nello stadio i+1 di fissione dell’235U rispetto allo stadio i è minore di 1: non c’è reazione a catena perché la reazione non è in grado di autoalimentarsi; la reazione a catena raggiunge uno stato stazionario; si raggiunge la cosiddetta condizione supercritica; cambia il meccanismo della reazione di fissione dell’uranio.