Corso SIS - Classe di concorso A049 a.a. 2002/03 Laboratorio di fisica nucleare Prof. E. Maina La fusione nucleare e la “macchina Z” Boero Errica Tipologia di scuola : Liceo Scientifico, Liceo Scientifico Sperimentale, (Sperimentazione “Brocca”, PNI) , Istituto Tecnico con indirizzo chimico. Classi V. Prerequisiti I prerequisiti necessari per affrontare la lettura sono i seguenti: • struttura atomica: elettroni, nucleoni; • cenni di radioattività e significato di isotopo di un elemento, atomi neutri e ioni; • concetto di campo elettrico e magnetico, forza coulombiana; approfondimento sulle unità di misura dell’energia (Joule, eV) e della potenza con un utile riferimento al consumo energetico; • cenni sulla natura corpuscolare della luce, concetto di fotone; • comportamento dei gas, agitazione termica molecolare; • cenni sui raggi X e sul laser (per il laser potrebbe essere sufficiente una conoscenza anche superficiale); • cenni di relatività einsteniana: equivalenza massa energia; principio di conservazione della massa – energia. L’argomento si presta a un collegamento tra fisica e scienze, organizzando ore di compresenza con i rispettivi insegnanti. Struttura didattica della trattazione, obiettivi L’unità didattica prevede indicativamente almeno 4-6 ore di lezione, con possibilità di ulteriori approfondimenti da parte degli studenti interessati. L’articolo affrontato fornisce infatti molti spunti per una ricerca personale su tematiche fisiche attuali: uno degli obiettivi della trattazione sarà proprio sviluppare la capacità degli allievi nell’approfondire un interesse particolare imparando a consultare differenti libri di testo o articoli scientifici. I principali obiettivi disciplinari e formativi dell’unità didattica sono i seguenti: • concetto di forza nucleare e energia nucleare derivata de reazioni nucleari; • concetto di fusione atomica (con eventuali approfondimenti sulla fusione che avviene nel sole: possibile compresenza con scienze); • confronto fissione / fusione; • conoscere la problematica attuale sugli studi di un processo nucleare come quello di fusione; • potenziale utilizzo dell’energia derivata da fusione nucleare: vantaggi e svantaggi; • funzionamento dei principali reattori a fusione controllata; • cenni sul funzionamento di una bomba H; • saper affrontare un articolo di divulgazione scientifica non immediato: come strutturarlo e ricercare i concetti più interessanti e sviluppabili. L’intervento didattico si suddivide in 3 lezioni di 2 ore ciascuna. Prima lezione: forze ed energie nucleari. Cos’è la forza nucleare. Ogni elemento naturale è costituito da un numero di isotopi di cui alcuni stabili e altri instabili. Si osserva che fino a valori di Z (numero atomico) compresi tra 20 e 30, i nuclei sono composti approssimativamente dallo stesso numero di neutroni e protoni, per valori di Z superiori, il numero dei neutroni supera sempre quello dei protoni. Le dimensioni del nucleo atomico, dell’ordine di 10 -15 m, pongono allora un problema che si può evidenziare con un esempio. Es. : Si consideri un nucleo di litio , con Z = 3, N = 3 (numero dei neutroni). Il raggio atomico è circa 2,36 10-15 m , considerando due qualsiasi dei 3 protoni del nucleo alla distanza suddetta, fra di essi si deve produrre una forza repulsiva elettrostatica il cui valore è : F (q p ) 2 40 r 2 57,5 N Se si tiene conto che tale forza è prodotta da oggetti di massa m = 1,610-27kg, si può capire che si tratta di una forza enormemente elevata, eppure il nucleo di litio non si disintegra. Si deve allora ammettere che , accanto alla forza elettrica repulsiva, fra le particelle del nucleo agisca una seconda forza di tipo attrattivo e di intensità superiore a quella elettrostatica. Questa forza prende il nome di forza nucleare ed ha due principali caratteristiche: • non distingue protoni e neutroni; • è una forza a “breve raggio”, dato che il suo effetto si fa sentire solo a distanze dell’ordine di 10-15 m. Da forza nucleare a energia nucleare. Immaginando che la carica elettrica dei protoni sia distribuita uniformemente entro la sfera nucleare di raggio R, si può dimostrare che l’energia elettrostatica del nucleo ha la forma che segue: q nucl 2 3 Eel 40 R 5 Per il nucleo di litio questo corrisponde a E = 5,310-13 J = 3,3 MeV , ossia una elevata energia a livello atomico, a cui deve corrispondere una ancor più elevata energia di legame nucleare. Misurando con precisione la massa di un nucleo, si nota che essa è leggermente inferiore a quella che si otterrebbe sommando il prodotto del numero dei suoi protoni per la massa del protone al prodotto del numero dei neutroni per la massa del neutrone. Per un nucleo costituito da Z protoni e N neutroni si avrebbe cioè: massa nucleo < Zmp + Nmn Dunque si può concludere che in un ipotetico processo di formazione di un nucleo a partire da nucleoni che lo costituiscono, si produce una perdita di massa chiamata difetto di massa m. Tenendo presente la teoria della relatività di Einstein, la massa a riposo di una particella m0 è associata ad un’energia intrinseca E espressa dalla relazione: E = m0c2. A partire da questo, si può ammettere che il difetto di massa m che si ha quando si combinano tra loro neutroni e protoni per formare un nucleo sia associato ad una energia di legame E del nucleo espressa dalla relazione : E =m c2 Per confrontare l’energia elettrostatica repulsiva di un nucleo con l’energia associata al difetto di massa, si consideri ad esempio il nucleo dell’isotopo 12 C, il cui difetto di massa è dato da 1,6410-27 kg. 6 La sua energia elettrostatica è pari a 1,6710-12 J, mentre l’energia di legame associata al difetto di massa è data da : E = 1,4810-11 J. Come si vede, si tratta di un’energia all’incirca 10 volte più grande di quella elettrostatica. Dal grafico si nota che l’energia di legame per nucleone aumenta rapidamente per nuclei leggeri (fino a A = 20), con alcuni picchi (He, Be, …). Dopo di ciò, si mantiene circa intorno agli 8 MeV, per poi diminuire lentamente col crescere di A a causa dell’aumento della repulsione coulombiana fra protoni del nucleo. Da considerazioni relative alla curva precedente si può dedurre che: • spezzando un nucleo di grande numero di massa si ottengono frammenti più stabili di massa più piccola e si libera energia; • combinando insieme due o più nuclei di piccolo numero di massa si ottiene un nucleo più stabile di maggior numero di massa e si libera energia. Il primo processo è detto fissione nucleare, il secondo fusione nucleare. La fusione nucleare La fusione nucleare consiste nell’unione di due nuclei leggeri in un nucleo più pesante dei nuclei interagenti, la cui massa è però minore della somma delle masse dei nuclei di partenza. La reazione è ottenibile in laboratorio su piccole percentuali di nuclei e avviene con grande sviluppo di energia, ma il problema centrale è quello di avvicinare i nuclei interagenti in modo da ottenere, nell’unità di tempo e di volume di combustibile, un numero di processi di fusione in cui la potenza sviluppata sia maggiore di quella spesa per superare la repulsione elettrostatica fra protoni. La reazione che segue rappresenta un esempio di fusione nucleare: 1H 2 + 1H3 2He4 + n1 + 17,6 MeV L’energia liberata in questa reazione è molto inferiore a quella prodotta dalla fissione nucleare dell’uranio (circa 230 MeV); tuttavia , tenuto conto che 1 kg di deuterio contiene circa 31026 nuclei, si comprende che la fusione di 1 kg di deuterio con l’opportuno numero di nuclei di trizio fornisce : 3 10 26 nuclei 17,6 MeV 5 10 27 MeV 8 1014 J nucleo Il problema è che le reazioni di fusione sono difficili da ottenere. Infatti, mentre in un processo di fissione l’interazione si produce tra un nucleo e una particella neutra e quindi non esistono ostacoli di natura elettromagnetica, in un processo di fusione l’avvicinamento di due nuclei destinati a interagire è ostacolato dalle forze repulsive associate allo stato di carica dei nuclei. Traducendo l’effetto di queste forze in termini di energie repulsive si giunge al valore: 2 1,6 10 19 C 9 Nm E r 9 10 2 C 10 15 m 2 2,3 1013 J Mentre l’energia per la fusione di poche coppie di nuclei può essere fornita dagli acceleratori di particelle, un processo su larga scala può avvenire solo portando e mantenendo la temperatura del sistema ad un valore intorno a 107 K. A questa temperatura gli atomi sono completamente ionizzati e quindi privi dei loro elettroni; si ottiene così uno stato di materia che viene chiamato “plasma”, formato cioè da miscugli di nuclei e elettroni liberi. In natura le reazioni di fusione nucleare avvengono nei nuclei stellari (nel Sole, per esempio), sono chiamate termonucleari e sono la fonte di energia irradiata dalle stelle. Seconda lezione: la fusione nucleare artificiale Il criterio di Lawson Si è osservato che l’energia di interazione coulombiana tra due nuclei è enormemente maggiore dell’energia media associata all’agitazione termica a temperatura ambiente, quindi il processo di fusione nucleare non avviene a meno che: - non si porti il sistema ad una temperatura opportuna; -lo si mantenga a una densità sufficientemente alta e per un tempo abbastanza lungo perché la collisione tra nuclei avvenga. Il problema è stato studiato teoricamente e si è giunti alla conclusione che il prodotto tra la densità numerica (numero di particelle per unità di volume) n del materiale e il tempo di confinamento deve essere superiore ad un valore minimo che dipende dalla reazione considerata e dalla temperatura (criterio di Lawson). I reattori a confinamento inerziale e a confinamento magnetico Le due principali strade intraprese dalla ricerca nello studio della fusione nucleare artificiale sono le seguenti: • la costruzione di un sistema di compressione che permetta di avvicinare i nuclei quanto basta (sarebbe necessario ottenere una densità pari a migliaia di volte quella di un solido normale); • l’aumento della temperatura sino a che l’agitazione termica sia in grado di spingere i nuclei l’uno contro l’altro fino alla distanza giusta (centinaia di milioni di K). Gli studi attuali sono orientati nella costruzione di un “reattore a fusione controllata”, in cui il problema è raggiungere, attraverso getti di plasma, la temperatura opportuna per innescare una implosione di nuclei della miscela deuterio-trizio che generi un processo controllato e che si autosostenga. Confinamento magnetico: L’idea alla base consiste nello ionizzare un gas e accelerarne le particelle con campi elettrici, far deviare le loro traiettorie con campi magnetici (forza di Lorentz) in modo che ruotino su percorsi quasi regolari e quindi rimangano confinate in uno spazio limitato. Questo sarà utile sia per incrementare la densità del combustibile nucleare, sia per evitare che le particelle urtino contro le pareti di qualsiasi contenitore materiale e perdano rapidamente energia. L’intrappolamento delle particelle deve avvenire lungo tre dimensioni spaziali e quindi la geometria del campo magnetico da applicare è piuttosto complessa. Le macchine più diffuse di questi tipo sono del tipo Tokamak: si tratta di una configurazione in cui il contenitore magnetico ha una struttura toroidale e le particelle si muovono con percorsi a spirale intorno alla circonferenza centrale del toro. Nel confinamento inerziale, gli studi sono iniziati circa 20 anni fa nel tentativo di trovare un adeguato sistema di “compressione” del combustibile solido per l’innesco della reazione nucleare. La compressione si realizza con potenti fasci di raggi laser (diversi terawatt) o raggi X che emettono impulsi perfettamente sincronizzati e vengono fatti convergere da ogni direzione su una capsula di combustibile mentre essa è in caduta libera . Un tipico bersaglio utilizzato in un reattore è rappresentato nella figura. Due “pacchetti” di ioni pesanti completamente ionizzati (ad es. ioni di piombo), vengono accelerati in un acceleratore di particelle a 10 GeV di energia e successivamente inviati a due convertitori in simultanea. Ciascuno dei pacchetti è costituito da 105 ioni e trasporta un’energia di circa 2 MJ in un tempo di 3-510-9 s . Gli ioni, frenati dalle interazioni con gli atomi, si fermano nel materiale che costituisce il convertitore e circa 1/7 della loro energia si trasforma in raggi X. L’involucro della capsula del carburante è colpito da un flusso di X simmetricamente, da ogni direzione, per qualche miliardesimo di secondo. Sotto il bombardamento moltissimi ioni spingono verso l’interno della capsula, dalla superficie, l’involucro della capsula stessa, comprimendo la miscela deuterio-trizio da un diametro di 1 mm fino a meno di 0,1 mm. La densità aumenta così più di 1000 volte e una frazione dei nuclei del combustibile sono spinti gli uni contro gli altri e subiscono fusione: il processo avviene così rapidamente che , per il principio di inerzia, gli atomi di deuterio e trizio non hanno tempo di allontanarsi , per questo si parla di confinamento inerziale. L’energia trasportata è: E 105 nuclei 10 GeV 1,6 10 19 J / eV 1,6 MJ Per accelerare gli ioni occorre energia e gli acceleratori attuali arrivano ad efficienze del 30%. Dunque per produrre gli ioni con circa 4 MJ si spenderebbero 12 MJ per una produzione industriale sfruttabile di 200 MJ per capsula. Tale energia compare sotto forma di energia cinetica dei nuclei di He prodotti (3,5 MeV) e dei neutroni (14,1 MeV). Per poterla utilizzare la capsula deve trovarsi in una camera di fusione le cui pareti siano in grado di assorbire i neutroni e scaldarsi. Il calore, portato via da un circuito di raffreddamento, si può trasformare in energia elettrica con un’efficienza del 35%; in tal modo i 200 MJ di energia liberata da ogni capsula permetterebbero di disporre dei 10 MJ per accelerare gli ioni e di immettere nella rete circa 60 MJ. Per pensare di costruire un reattore da 600 MW sarebbe necessario portare a fusione 10 capsule al secondo, poste con precisione millimetrica al centro della camera a fusione. In molti esperimenti si sono utilizzati fasci laser, invece che pacchetti di ioni di potenza sufficiente per l’innesco, però i laser si sono rivelati non utilizzabili in un reattore a potenza data la scarsa efficienza di trasformazione dell’energia elettrica in laser (1-2 %). Anche la problematica di questo esperimento dunque, sta nel raggiungimento di un processo in cui l’energia spesa sia minore di quella ricavata dalla fusione stessa (breakeven). Terza lezione: la fusione nucleare e la macchina Z L’articolo tratto da “Le Scienze” Nell’ultima parte dell’intervento didattico è prevista la lettura con gli studenti dell’articolo tratto da “Le Scienze” in cui si parla dei nuovi sviluppi delle tecnologie che si studiano per la fusione nucleare artificiale. Il testo dell’articolo è un resoconto degli studi compiuti in materia di fusione nucleare negli ultimi 40 anni circa, con riferimento agli sviluppi recenti ottenuti nei Sandia National Laboratories (SNL) sulla macchina Z. Dopo un’introduzione in cui l’autore illustra a grandi linee i problemi sulla fusione studiati negli ultimi 40 anni, nella seconda e terza parte dell’articolo racconta i parziali successi in materia che lui stesso ha ottenuto con i suoi collaboratori nei laboratori SNL. Nell’ultimo paragrafo invece sono spiegati a grandi linee i problemi che tuttora sussistono per l’innesco della fusione e i progetti della nuova ricerca in questa direzione. Prime ricerche sulla fusione: il confinamento magnetico del plasma necessario per innescare la fusione con l’uso dei laser Il problema di ottenere alti rendimenti col laser: l’energia prodotta dalla fusione deve essere molto superiore a quella immessa nei laser Il problema di ridurre al minimo l’instabilità della reostrizione Z che causa nonuniformità del plasma Studi sulla tecnica della potenza impulsata per innesco fusione, dati i bassi costi e alta efficienza (anni 70). La macchina Z. La fusione e la bomba H; energie in gioco Potenza prodotta dalla macchina Z molto elevata (300 terawatt) + capacità di concentrazione dell’energia prodotta sulla pastiglia di combustibile Utilizzo del fenomeno della “reostrizione Z” combinato con la potenza impulsata per avviare la fusione In cosa consiste a grandi linee la reostrizione Z Solo negli ultimi 3 anni si sono fatti grandi passi avanti nei SNL per l’uniformità del plasma (con la macchina Z) Altre applicazioni degli impulsi a raggi X ottenuti dalla macchina Z Le questioni ancora da risolvere per ottenere la massima energia possibile necessaria per la fusione: mantenere sotto controllo le instabilità del plasma e conservare l’efficienza della macchina Z Sviluppi di modelli predittivi per la fusione e progettazione del successore della macchina Z Dalla lettura dell’articolo possono emergere molti spunti per una discussione aperta con gli allievi, tra cui: • quale utilizzo importante potrebbe avere la riuscita in laboratorio della fusione nucleare? • Se nell’articolo l’autore afferma che questi esperimenti con la macchina Z non partoriranno a breve una fonte commerciale di energia, che scopo ha investire milioni di dollari nel progetto? • Quando si potrà tecnologicamente pensare di sfruttare la fusione come fonte di energia? Approfondimenti Gli approfondimenti più importanti che possono essere sviluppati sono i seguenti: • il funzionamento e la storia della bomba H; • le reazioni termonucleari del sole e delle stelle; • confronto in materia di energia e di scorie radioattive tra fusione e fissione nucleare; • la problematica attuale della produzione di energia; • il funzionamento di un acceleratore di particelle; • lo studio dei raggi laser; • cos’è la “fusione fredda”. Osservazioni personali Come già sottolineato all’inizio dell’elaborato, questa attività nasce da una richiesta che un allievo di una classe V liceo mi ha sottoposto. Affrontare l’argomento “fusione nucleare” a partire da un articolo di divulgazione scientifica e in modo più approfondito di quanto non sia consuetudine in una quinta, ha molto aspetti positivi: • gli allievi si mostrano particolarmente interessati perché l’argomento è affascinante e, in questo caso, permette un approccio diverso dalla solita lezione frontale; • permette interdisciplinarietà; fornisce agli allievi qualche strumento per affrontare un articolo divulgativo non banale ; •stimola la curiosità degli studenti nei confronti di una tematica attuale in campo scientifico; • permette la discussione aperta in classe su problemi di attualità: consumi energetici, scorie radioattive, ecc. Gli aspetti negativi principali che è necessario controllare strutturando accuratamente la lezione, a seconda delle esigenze e delle possibilità della classe, sono: • difficoltà che mostrano alcuni allievi a seguire le spiegazioni nel caso diventino troppo “specialistiche”; è necessario non abusare di formule e regole che essi devono dare per scontate e che non possono comprendere a fondo dato che non hanno gli strumenti matematici e fisici adeguati; • difficoltà di inserire una serie di lezioni di fisica nucleare più approfondite nel piano di lavoro annuale: il rischio è svolgerle a fine anno scolastico quando i tempi sono già molto ridotti con l’arrivo dell’esame di stato; • difficoltà dell’insegnante per la scelta della tipologia di valutazione da adottare; una prova scritta con esercizi rischia di essere troppo complessa oppure esageratamente semplice e poco formativa. Sarebbe più adeguata forse una prova scritta con domande aperte o una prova orale.