DIABETE MELLITO
Comprende un gruppo di disturbi metabolici caratterizzati
da un aumento patologico dei livelli plasmatici di glicemia
(iperglicemia). Esistono diversi e distinti tipi di Diabete
mellito causati da una complessa interazione di fattori
genetici, ambientali e comportamentali (di stili di vita). A
seconda dell’etiologia, i fattori che contribuiscono
all’iperglicemia comprendono:
• una ridotta secrezione di insulina
• una ridotta utilizzazione periferica del glucosio
• una aumentata produzione di glucosio.
DIABETE MELLITO
Responsabile di questo fenomeno è un difetto assoluto o
relativo di insulina, ormone secreto dalle cellule ß del
pancreas ed indispensabile per il metabolismo degli
zuccheri.
L' Insulina è il fattore principale di controllo della glicemia nel corpo umano.
E’ prodotta dalle cellule costituenti le insule pancreatiche nel momento in
cui vengano ingeriti cibi ricchi in carboidrati oppure quando il livello del
glucosio aumenta per risposta ad uno stimolo (stress, ipoglicemia), che
induce un innalzamento ematico degli ormoni antagonisti dell'insulina
(glucagone) ad effetto iperglicemizzante. Nel tempo che intercorre tra i
pasti le insule producono bassi livelli di Insulina in modo tale da assicurare
il bilanciamento tra l'utilizzo dello zucchero a livello degli organi periferici
( muscolo, cervello, ecc.) e le scorte epatiche dello stesso. Dopo un pasto
ricco di carboidrati, il livello di Insulina nel sangue cresce al fine di:
1) far utilizzare lo zucchero per mantenere il metabolismo basale degli organi
2) immagazzinarlo nel fegato sotto forma di glicogeno
3) trasformarlo in acidi grassi la molecola base da cui origineranno i grassi
che andranno a costituire l'adipe sottocutaneo che ogni individuo possiede.
Effetti dell'insulina sul metabolismo:
• Promuove l'accumulo di glicogeno (zucchero di riserva) nel fegato e
muscoli
• Deprime il consumo di grassi e proteine in favore dei carboidrati,
ovvero spinge le cellule a bruciare carboidrati piuttosto che proteine
e grassi
• Promuove la formazione di trigliceridi (grassi) a partire da carboidrati
e proteine
• Promuove l'immagazzinamento di grassi nel tessuto adiposo
Effetti del glucagone sul metabolismo:
Promuove la liberazione del glicogeno dal fegato, che viene
riversato sottoforma di glucosio nel sangue.
Promuove il consumo di grassi e proteine a sfavore dei carboidrati,
ovvero spinge le cellule a bruciare le proteine e i grassi piuttosto
che i carboidrati
Promuove la mobilizzazione dei grassi dai tessuti adiposi, che
vengono resi disponibili ai tessuti per essere bruciati
Grazie a questo meccanismo, possiamo introdurre il glucosio (sotto
forma di carboidrati) solo poche volte al giorno, durante i pasti: a
mantenere costante la sua presenza nel sangue ci pensa l'asse
ormonale insulina-glucagone, che utilizza come "magazzino" per il
glucosio il fegato.
Se la glicemia scende, come durante il digiuno, il pancreas secerne glucagone
che ordina al fegato di prelevare glucosio dalle sue scorte e d'immetterlo nel
sangue. Il glucagone, inoltre, spinge le cellule all'utilizzo di grassi e proteine
come fonte energetica: in questo modo si predispone tutto l'organismo al
risparmio del glucosio.
Se invece la glicemia sale, come dopo un pasto, il pancreas secerne insulina che
comanda al fegato di prelevare il glucosio dal sangue e d'immagazzinarlo.
Siccome la capacità del fegato d'immagazzinare glucosio è piuttosto limitata
(circa 70 grammi), i carboidrati in eccesso vengono convertiti in grassi e
depositati nei tessuti adiposi. L'insulina, al contrario del glucagone, spinge le
cellule a utilizzare i carboidrati come fonte energetica.
DIABETE MELLITO
Incide nell’1-2% della popolazione generale.
L’alterazione metabolica associata al diabete causa
modificazioni fisiopatologiche in molteplici apparati che
impongono un enorme peso sull’individuo e sul sistema
sanitario.
Negli Stati Uniti è la causa principale di insufficienza
renale, di amputazioni non traumatiche agli arti infewriori
e di cecità nell’adulto.
Criteri per la diagnosi di diabete mellito:
1. rilievo di una glicemia random (priva di relazione
temporale con l’ultimo pasto)  200 mg/dl.
2. rilievo di una glicemia a digiuno  126 mg/dl in almeno
due distinte occasioni.
3. rilievo di una glicemia a due ore  200 mg/dl durante un
test per la tolleranza glucidica orale
Test da carico orale di glucosio (75 gr): prelievo basale e
dopo 2 h
-
glicemia < 140 mg/dl: normale
-
glicemia tra 140 e 200 mg/dl: alterata tolleranza al
glucosio
glicemia > 200 mg/dl: diabete
DIABETE MELLITO: CLASSIFICAZIONE
Forme principali di diabete mellito: tipo 1 e tipo 2
 Diabete mellito tipo 1: è una condizione tipica, anche se non esclusiva, dell’età
infantile ed adolescenziale.
Fattori genetici, ambientali (virus?), immunologici (autoimmunità)

distruzione delle cellule ß pancreatiche

insufficienza insulinica assoluta
Le manifestazioni cliniche del diabete non si manifestano fino a che la maggioranza
delle cellule ß (circa 80%) non venga distrutta. Le cellule ß residue funzionanti sono
in numero insufficiente per mantenere la tolleranza glucidica.
Passaggio dalla ridotta tolleranza glucidica al diabete: eventi associati ad un aumento
delle richieste di insulina: infezioni, pubertà.
Terapia: insulina esogena
Diabete mellito tipo 2: colpisce per lo più soggetti di età superiore a 30 anni.
Fattori genetici e ambientali (stile di vita - obesità)

insulinoresistenza
Resistenza all’insulina: ridotta capacità dell’insulina di agire efficacemente
sui tessuti bersaglio periferici (muscoli scheletrici e fegato).
Fasi precoci: tolleranza glucidica nella norma, nonostante la resistenza
insulinica, poiché le cellule ß pancreatiche compensano aumentando il rilascio
di insulina.
La resistenza insulinica stimola la produzione epatica di glucosio.
 utilizzo periferico di glucosio
 produzione epatica di glucosio
iperglicemia
Terapia: dieta ipoglucidica, attività fisica (riduzione del peso corporeo);
farmaci ipoglicemizzanti orali; insulina esogena.
Altre forme di diabete mellito:

malattie pancreatiche (pancreatite, tumori)
 malattie extrapancreatiche (sindrome di Cushing, feocromocitoma,
ipertiroidismo)

indotto da farmaci: cortisone, ormoni tiroidei, ß-bloccanti

gestazionale (insorge durante la gravidanza)
Coma nel diabetico
1. Chetoacidosico
2. Iperosmolare
3. Ipoglicemico


Il coma ipoglicemico colpisce soggetti con diabete già noto e sono
spesso causati da trattamento improprio
Il coma chetoacidosico ed iperosmolare possono insorgere
all’esordio di un diabete e devono essere sospettati anche se
l’anamnesi è negativa per diabete mellito
Coma ipoglicemico





Riduzione della glicemia sotto i 50 mg/dl
Sintomi che si risolvono prontamente dopo
somministrazione di glucosio
Precoce riconoscimento (ipoglicemia protratta =
decadimento cerebrale fino all’exitus)
Pazienti in terapia insulinica o con ADO sono a rischio
elevato
Esiste un meccanismo controregolatorio (glucagone,
catecolamine, cortisolo, GH) che spesso è insufficiente.
Nei diabetici i sintomi adrenergici possono mancare per
neuropatia e/o trattamento con beta-bloccanti non
selettivi. Inoltre nel diabetico di lunga data si perde la
risposta controregolatoria: dopo 5 anni quella del
glucagone e poi cortisolo e catecolamine
Coma ipoglicemico
diagnosi
 Sintomi
di ipoglicemia

Adrenergici
 Neuroglucopenici
 Risoluzione
immediata dei sintomi con la
normalizzazione della glicemia
Sintomi
adrenergici

Ansia
 Irrequietezza
 Palpitazioni
 Tremore
 Senso di fame
 Sudorazione
 Nausea
Sintomi neurologici

Astenia
 Cefalea
 Difficoltà alla concentrazione
 Confusione
 Sonnolenza, parestesie, anomalie
visive, diplopia, anomalie del
comportamento
 Alterazioni dello stato di coscienza
(confusione, COMA),
 Convulsioni, segni neurologici
focali, segni di decerebrazione
Coma ipoglicemico: TERAPIA







Disponibilità dell’accesso venoso  bolo di 10-20 g di glucosio e.v.
(30-60 ml di glucosio al 33%). Dose ripetibile dopo pochi minuti fino
alla ripresa della coscienza
Non disponibile accesso venoso  glucagone 1 mg in muscolo
seguito da saccarosio orale
Soluzione glucosata al 5% o 10% fino a mantenere la glicemia > 100
(24-72 ore)
Monitoraggio glicemico
Individuare e correggere fattore scatenante
ECG all’ingresso e a 12 ore
Il perdurare del coma può dipendere da sequele di ipoglicemia
prolungata, da edema cerebrale o da stroke. In tal caso può essere
utile somministrare mannitolo o desametasone
Coma ipoglicemico

Prognosticamente è favorevole
 Raramente causa morte (4% nei diabetici) o deficit
neurologici permanenti
 Glucagone: l’innalzamento glicemico è rapido ma
temporaneo,
Chetoacidosi Diabetica
Definizione
La chetoacidosi diabetica è uno stato carenza
assoluta o relativa di insulina aggravata dalla
conseguente iperglicemia, disidratazione ed acidosi.
Si considera presente quando:
 la glicemia è superiore a 300 mg/dl,
 sono presenti chetonemia e chetonuria,
 è presente acidosi (pH < 7,30) i bicarbonati
plasmatici sono inferiori a 15 mEq/l
.
Chetoacidosi Diabetica

Deficit assoluto di insulina



Diabete mellito tipo I all’esordio
Terapia insulinica scorretta (sospesa o ridotta)
Deficit relativo di insulina



Condizioni di stress (infezioni, traumi, IMA, ictus, altro)
Farmaci (diuretici tiazidici, steroidi)
Endocrinopatie (ipertiroidismo, feocromocitoma)
FISIOPATOLOGIA
• deficit di secrezione insulinica
• il muscolo, il tessuto adiposo ed il fegato non captano il glucosio
• gli ormoni della controregolazuone aumentano la scissione dei
trigliceridi, la proteolisi e la gluconeogenesi
• la beta-ossidazione degli acidi grassi non esterificati aumenta la
formazione dei corpi chetonici
• acidosi per liberazione in circolo di idrogenioni da parte dei
chetoacidi
• l’incremento degli idrogenioni viene inizialmente tamponato dagli
anioni HCO3• la riduzione dei livelli circolanti di HCO3- induce acidosi che viene
corretta dalla respirazione( respiro di Kussmaul).
• l’iperglicemia induce diuresi osmotica con perdita di elettroliti,
disidratazione cellulare,ipovolemia,insufficienza renale che
peggiora l’acidosi
Riduzione dell’insulina + aumento degli ormoni contro-regolatori
 lipolisi
 proteolisi
 NEFA (sangue)
 aminoacidi (sangue)
 NEFA (epatocita)
 aminoacidi (epatocita)
 produzione epatica del
glucosio
 utilizzazione periferica
del glucosio
 gluconeogenesi
iperglicemia
 chetogenesi
glicosuria
diuresi osmotica
chetosi
 riserva alcalina
perdita degli elettroliti
disidratazione cellulare
ipovolemia
acidosi
Insufficienza renale
SEGNI E SINTOMI
SEGNI CLINICI
Cute secca e disidratata
Tachicardia
Ipotensione arteriosa
Respiro di Kussmaul
Odore di frutta marcia dell’alito
Ipotermia
Ipotensione dei bulbi oculari
Sfregamenti pleurici
Coma o Stato saporoso

SINTOMI
Sete
Polidipsia
Poliuria-nicturia
Nausea
Vomito
Astenia
Dolore addominale
Crampi Muscolari
Anoressia o bulimia
Diagnostica
Glicemia > 250
Glicosuria +++ Chetonuria +++
EGA: acidosi metablica (pH<7,3)
(>12 mEq/l)
con aumento del GAP anionico
Diagnosi di Chetoacidosi

Ematochimica di conferma (glicemia, azotemia,
creatininemia, elettrolitemia, EGA, etc)
 Emocromo (infezioni) la leucocitosi neutrofila può
essere indicativa di disidratazione
 CPK, transaminasi e amilasi, esame d’urine
 D-Dimero (CID?)
 Esami colturali (espettorato, sangue o urina)
 ECG (IMA, ipopotassiemie, aritmie, etc.)
 Rx torace: cardiomegalia? Opacità pleuroparenchimali
 TAC cranio (eventuale)
TERAPIA
L’obiettivo della terapia è quello di :
• correggere la disidratazione,
• risolvere l’acidosi e la chetosi,
• normalizzare la glicemia,
• correggere la perdita di volume plasmatico e di elettroliti.
Reidratazione :
Somministrazione durante la prima ora di terapia 1000 ml di soluzione
fisiologia (Na 0.90%) in pazienti con normale funzionalità cardiaca.
Nei pazienti anziani o con problemi cardiaci iniziare con 500 ml di
fisiologica in attesa della determinazione della PVC.
Proseguire con fisiologica 500 ml/h in modo da somministrare 5 litri
nelle prime 8 ore.
Se è presente ipersodiemia (Na > 155 mEq/l) si può usare salina
ipotonica (allo 0,45%).
La velocità di flusso va regolata in base al polso, alla pressione
arteriosa, alla diuresi ed allo stato mentale
Una reidratazione eccessivamente
aggressiva o eccessivamente
ipotonica può causare edema cerebrale
specie nei bambini.
Basare la reidratazione sui livelli di sodio
(diminuzione della sodiemia oraria
tra 0,5 ed 1,0 mEq).
Coma chetoacidosico





Prognosticamente è favorevole se adeguatamente trattato
Causa morte nel 10% dei casi
La maggioranza dei casi di decesso è dovuta a complicanze
tardive però
Segni prognostici sfavorevoli sono ipotensione,
iperazotemia, coma profondo e malattie concomitanti.
Nei bambini causa comune di morte è l’edema cerebrale
SINDROME IPERGLICEMICA IPEROSMOLARE
DEFINIZIONE
Si definisce Sindrome Iperglicemica Iperosmolare (SII)
quella complicanza metabolica acuta del diabete mellito
caratterizzata da:
• iperosmolarità (osmolarità plasmatica > 320 mosm/kg)
• grave iperglicemia (glicemia > 600 mg/dl)
• marcata disidratazione
• assenza di acidosi (pH plasmatico sempre >7.3 e
bicarbonato > 15 mEq/l)
FATTORI PRECIPITANTI
Cause organiche
Cause inorganiche
Infezioni (50-70%)
DM di nuova insorgenza
Abuso di alcol
Stress emozionale
Pancreatite
Emorragia gastrointestinale
Terapia steroidea
Infusione i.v di destrosio
Interventi maggiori
Omissione della terapia
- volontaria
- handicap
Involuzione cerebrale senile
Perdita del senso della sete
Non accessibilità fonti idriche
Coma Iperosmolare: DIAGNOSI

DATI CLINICI






Età avanzata, Astenia marcata, Poliuria
Grave disidratazione (cute secca, mucose asciutte bulbi infossati),
ipotensione, tachicardia
Poliuria poi oligo-anuria
Alterazione dello stato di coscienza (sopore, confusione,
disorientamento, stupore, COMA)
Manifestazioni neurologiche (convulsioni, emiparesi transitorie,
pseudorigor nucale, ipertonia muscolare
ANAMNESI

NIDDM II, sintomi di diabete recenti, recente fatti acuti, ridotto
apporto di liquidi, paziente poco controllato, specie nella terapia
Coma Iperosmolare: DIAGNOSI




Destrostix: glicemia> 600 mg/dl
Multistix: glicosuria +++ e chetonuria --- o +
Emocromo, D-Dimero, Esami colturali, ECG, Rx torace
Calcolo del deficit idrico (in media 6-8 litri) in base alla
osmolarità plasmatica
Coma Iperosmolare: TERAPIA



Idratazione (correzione dell’iperglicemia e della ipovolemia)
Non usare soluzioni ipotoniche (rischio di edema cerebrale)
Pertanto soluzione fisiologica 1000-2000 ml nelle prime due ore,
nelle prime 24 ore i liquidi infusi non devono superare il 10% del
peso corporeo, il deficit di liquidi verrà corretto in 48-72 ore.



Insulina (il fabbisogno è ridotto rispetto alla chetoacidosi)
Dose iniziale di Insulina Rapida 5-10 U in bolo e.v.
Infusione endovenosa continua: soluzione fisiologica 500 ml + 25 U
di insulina pronta a 50 ml/ora
Aggiustare la velocità di infusione secondo i valori glicemici
Quando la glicemia raggiunge 300 mg/dl infusione separata di
glucosata e fisiologica + insulina per mantenere glicemia tra 200250 mg/dl
Terapia sospesa se: glicemia >250 – OSM<310 – il paziente si
alimenta  iniziare terapia insulinica s.c.



L’approccio al paziente con coma diabetico è lo stesso
che per ogni paziente in extremis.
Il paziente in coma, specie se vomita richiede
protezione delle vie aeree e sondino nasogastrico.
Il paziente in shock ipovolemico richiede una
vigorosa reidratazione con soluzione fisiologica
piuttosto che supporto con amine pressorie.
Altre possibili cause di shock vanno sempre
ricercate soprattutto tra le emergenze addominali.
COMPLICANZE TARDIVE
-
VASCULOPATIA
Iperglicemia  ossidazione delle LDL  favorisce l’aterosclerosi
Iperglicemia  adesività piastrinica  trombosi
CORONAROPATIA; CLAUDICATIO INTERMITTENS
IMPOTENZA ORGANICA
-
RETINOPATIA
Aumento permeabilità capillare
Microaneurismi
Emorragie
-
NEFROPATIA
Principale cause di morte ; Evoluzione verso l’insufficienza renale
Microalbuminuria  Proteinuria
-
NEUROPATIA
Sensitiva e motoria (mono e polineuropatia)
Complicanze tardive del diabete.
La microangiopatia diabetica consiste nell'ispessimento generalizzato della
membrana basale dei capillari di tutto l'organismo.
Alterazioni circolatorie. L'arteriosclerosi si verifica nei diabetici in modo più
esteso e precoce rispetto a quanto accade nella popolazione generale.
Non si conosce la causa di questa arteriosclerosi accelerata, sebbene possa
essere importante la glicosilazione non enzimatica delle lipoproteine.
I fattori di rischio universalmente riconosciuti (iperglicemia - fumo ipercolesterolemia - ipertrigliceridemia - obesità - ipertensione) sono più
frequenti e numerosi nei soggetti diabetici.
Ad esempio nel diabetico vi è spesso una compromissione del metabolismo
lipidico che si estrinseca abitualmente con un incremento delle LDL ed una
diminuzione delle HDL con un alterato rapporto tra di loro.
Altri fattori importanti sono l'aumento della adesività delle
piastrine, probabilmente a seguito di una aumentata sintesi del
trombossano A2 e di una ridotta sintesi della prostaciclina.
Le lesioni arteriosclerotiche producono sintomi
distretti.
a livello dei vari
I processi periferici possono causare dolore, claudicazione
intermittente, ulcerazioni ischemiche (ai piedi), gangrena e negli
uomini impotenza organica o su base vascolare.
Arteriografia in
soggetto diabetico:
le arterie sotto il
ginocchio mostrano
placche in serie lungo
la tibiale anteriore e la
mancanza per
occlusione completa
della tibiale posteriore.
Retinopatia diabetica.
Rappresenta una causa primaria di cecità ed è tra le complicanze
più inabilitanti.
Le lesioni retinopatiche possono essere divise in due grandi categorie,
semplice e proliferante.
La frequenza della retinopatia diabetica sembra che vari con l'età di
esordio e di durata del diabete. Col tempo circa l'85% dei diabetici
sviluppa tale complicanza.
Il trattamento della retinopatia diabetica è la fotocoagulazione. Tale
trattamento diminuisce il rischio di emorragie e di alterazioni cicatriziali e
viene consigliato quando si verifica la neoformazione di vasi. La
fotocoagulazione è utile anche nel trattamento di microaneurismi,
emorragie ed edemi, anche se non è ancora iniziato lo stadio
proliferativo.
Nefropatia diabetica.
Circa il 40% - 50% dei pazienti con diabete insulino-dipendente sviluppa
questa complicanza .
Nella forma non insulino-dipendente la prevalenza può essere inferiore.
La nefropatia diabetica presenta due quadri patologici distinti che possono o
meno coesistere:
*forma diffusa
*forma nodulare.
La prima, che è la più comune, consiste in un ispessimento della membrana
basale glomerulare insieme ad un ispessimento generalizzato del mesangio.
Nella forma nodulare vi sono accumuli di materale PAS-positivo localizzati alla
periferia dei glomeruli (lesione di Kimmelstiel-Wilson).
Vi può essere inoltre una ialinizzazione a livello delle arteriole afferenti ed
efferenti, immagini a "goccia" nella capsula di Bowman, cappucci di fibrina e
occlusioni glomerulari.
Sia nei glomeruli che nei tubuli si verificano depositi di albumina e di altre
proteine.
Le lesioni più specifiche della glomerulosclerosi diabetica sono la ialinizzazione
delle arteriole glomerulari afferenti e i noduli di Kimmelstiel-Wilson.
Nel diabete, l'insufficienza renale clinica non è ben correlabile alle alterazioni
istologiche.
Il sintomo fondamentale è rappresentato dalla comparsa di
microproteinuria (microalbuminuria) cioé dall'escrezione di albumina
tra 30 e 550 mg/die.
Successivamente può comparire macroproteinuria.
Una volta iniziata la fase macroproteinurica vi è un declino costante della
funzione renale, con diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare che
in media è di circa 1 ml/min. al mese.
Neuropatia diabetica
La neuropatia diabetica può interessare qualsiasi parte del sistema nervoso
con la possibile eccezione del cervello.
E' una delle principali cause di morbilità.
Il quadro più comune è quello della polineuroptia periferica .
I sintomi che solitamente sono bilaterali, comprendono:
ipoestesia,
parestesie,
gravi iperestesie
dolore.
Il dolore può essere di tipo profondo ed è molto intenso spesso peggiorando
durante la notte. A volte ha carattere lancinante o a fitte.
L'interessamento delle fibre propriocettive determina alterazioni dell'andatura e
lo sviluppo delle tipiche articolazioni di Charcot, in particolare a livello del piede.
Anche se meno comune della polineuropatia, può presentarsi anche una
mononeuropatia.
E' caratteristica una improvvisa paralisi della muscolatura del polso, dei muscoli
estensori del piede o del terzo, quarto o sesto nervo cranico.
La mononeuropatia è caratterizzata da un'alta probabilità di remissioni
spontanee, di solito in un periodo di molte settimane.
La neuropatia vegetativa può presentarsi in vari modi.
il tratto gastrointestinale è uno dei bersagli principali e vi può essere una
disfunzione esofagea con difficoltà nella deglutizione,
un ritardo nello svuotamento gastrico,
stitichezza o diarrea.
Ulcere diabetiche del piede. Un particolare problema dei pazienti diabetici
è la formazione di ulcere ai piedi e agli arti inferiori.
Sembra che le ulcere siano dovute principalmente a una anomala distribuzione
della pressione secondaria alla neuropatia diabetica.
Generalmente l'alterazione di partenza è la formazione di callosità.
La formazione di un'ulcera può essere anche avviata da scarpe che calzano
male e danno origine a vesciche in pazienti che, per i deficit di sensibilità di
cui sono portatori, non possono avvertire il dolore causato da queste lesioni.
Le malattie vascolari con una diminuzione della perfusione ematica
contribuiscono all'insorgenza della lesione e sono comuni le infezioni spesso
a eziologia multipla.
Per le ulcere diabetiche non è disponibile una terapia specifica;
un trattamento di supporto aggressivo può salvare una gamba
dall'amputazione.
Tutti i diabetici dovrebbero venire istruiti sul modo in cui curare i piedi per
prevenire la formazione di ulcere.
Callosità nei punti di
iperpressione,
formazione di ematomi e
di ulcera (figura sotto).
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