IL LATINO: LINGUA DI ROMA
Da lingua del Lazio a lingua dell’impero
Fra il 1440 e il 1000 a. C. varie popolazioni di lingua
indoeuropea entrarono in Italia dove c’erano già
popoli parlanti lingue di diversi ceppi:
• Reti (dal Trentino Alto Adige fino allago di Como);
• Liguri (in Italia sett. fino al Rodano);
• Sicani (in Sicilia occ.);
• Piceni (in Italia centrale, sul mar Adriatico);
• Etruschi (in Italia centrale, tra il VII e il IV sec. a.
C.)
Fra il IX e il VII sec. a. C. un popolo in
particolare, sempre di lingua indoeuropea, si
stanziò su un collo alla sinistra del Tevere,
dando vita ad un villaggio fortificato di nome
Roma (forse da una parola etrusca indicante il
fiume)
Nel giro di qualche secolo, questo popolo, a
partire dal Latium vetus, si insediò nell’Italia
centrale, quindi sull’intera penisola, infine su
tutto il Mediterraneo (III-II sec. a. C.).
Il latino, la “lingua del Lazio”, quella dei vincitori,
soppiantò le altre lingue, sia quelle non
indoeuropee (il rètico, l’etrusco, il ligure), sia quelle
indoeuropee (i dialetti osco-umbri, il greco
dell’Italia meridionale).
Il latino era:
1. la lingua dell’impero (accompagnò i proconsoli di
Roma oltre i confini dell’Italia);
2. una lingua “superregionale” in una realtà
multilinguistica e multiculturale; era insegnata nelle
scuole
La latinizzazione fu:
- maggiore nei territori occidentali (es. la
Gallia);
- minore nei territori orientali (es la Grecia).
Tra i territori orientali fa eccezione la Dacia:
territorio selvaggio conquistato da Traiano nel II
sec. d. C. (attuale Romania), dall’incrocio tra il
latino e la lingua indigena sviluppò il rumeno,
unica lingua neolatina in ambito slavo.
Le varietà del latino
• Lingua letteraria scritta: il livello più alto, in uso
presso scrittori e poeti di tutta Europa (Roma,
Eburacum, Lutetia, Vindobona); insegnato nelle
scuole; lingua della cultura, della scienza e del
diritto.
• Sermo cotidianus: linguaggio più semplice e
piano, proprio della conversazione quotidiana dei
dotti.
• Latino volgare: usato dal popolo (vulgus), privo di
istruzione scolastica; molto distante dalla lingua
colta.
Anche il latino letterario aveva diverse varianti a
seconda del genere letterario (ad es., il latino
usato da un commediografo a quale registro era
più vicino?)
A seconda delle varie epoche si parla di:
- latino arcaico
- latino classico
- latino postclassico
- latino tardo
Cosa conosciamo della lingua di Roma?
- Il latino letterario (parzialmente), usato dalle
persone colte per opere in prosa o versi.
- Poco o nulla del sermo cotidianus.
- Qualcosa del latino volgare per mezzo di: 1.
commedie o altre opere in cui l’autore si serve di
personaggi rozzi e illetterati; 2. epigrafi e graffiti
di antichi writers; 3. osservazioni scritte di alcuni
maestri agli allievi sulla correttezza ortografica e
grammaticale.
Il latino volgare
Era una lingua non unitaria per la varietà di:
a) aree geografiche;
b) vicende storiche e culturali di ogni regione (grado di
colonizzazione, presenza di funzionari ed eserciti romani,
intensità di rapporti con Roma).
Gli idiomi regionali si
differenziarono
sul piano fonetico, morfologico e
sintattico per i rapporti sempre più
allentati tra centro e periferia.
Influsso delle lingue
degli invasori barbari
dal II sec. d. C. in poi.
• 476 d. C.: crollo dell’Impero romano d’Occidente
• 813 d. C.: Concilio di Tours voluto da Carlo Magno
-Atto ufficiale di nascita delle lingue romanze. Durante i lavori conciliari i vescovi
presero atto delle autonomie linguistiche neolatine, le lingue volgari, e ricorsero
alla prima attestazione del termine romana (romana lingua, da cui il termine
"romanza" nel senso di lingua derivata dal latino) per riferirsi alla lingua
comunemente parlata all'epoca in Gallia, in opposizione alla lingua germanica
parlata dai Franchi invasori.
-Il Concilio stabilisce che: l'omelia rimaneva in latino, ma la predicazione debba
avvenire in RUSTICAM ROMANAM LINGUAM (i volgari romanzi) ed in AUT
THIOTISCAM (le lingue germaniche).
Questa norma dà legittimità alle lingue volgari modificandone non la diffusione
ma lo status.
- Nascita delle nuove lingue dal latino parlato
- Il latino colto = rimane lingua della religione, del diritto, della scienza
• Alcuni volgari regionali si imposero sugli altri dando vita alle lingue
neolatine (dette anche romanze, dall’espressione romanice loqui
distinta da barbarice loqui)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Portoghese
Spagnolo
Catalano
Lingua d’oc (o provenzale)
Lingua d’oil (da cui derivò il francese)
Italiano
Sardo
Rumeno
Ladino (trentino Alto Adige e cantone svizzero dei Grigioni)
Nel XII sec. le lingue romanze acquistano dignità
letteraria (usate al posto del latino per poemi epici
e poesie d’amore, romanzi d’avventura e novelle, da
parte di autori colti che scrivevano anche in latino)
Es. Vita nuova e Commedia di Dante
Per tutto il Medioevo il latino rimane la lingua della
Chiesa cattolica, della diplomazia, della cultura
(laica e religiosa).
Dove?
- Nei territori del vecchio impero romano
- Presso i popolo germanici, celtici, ungheresi,
slavi-occindentali
Nel Medioevo il latino e le sue lingue settoriali,
ognuna delle quali con un suo lessico specialistico
(teologia, filosofia, diritto, medicina)
garantiscono in tutta Europa una cultura unitaria.
Fino al XVIII sec. il latino = lingua della Chiesa
cattolica e della cultura, ovvero un mezzo di
comunicazione universale.
MA
Dal XIII sec.: si incominciò a redigere atti notarili in
volgare
Dal XVI sec.: anche la scienza incominciò a usare le
lingue nazionali
Concilio Vaticano II (1962-1965): per l’ultima volta
gli Atti dei Padri conciliari furono non solo scritti,
ma anche pensati in latino.
Il latino oggi:
- È scomparso dalla liturgia della Chiesa
- Non esiste come lingua comune del sapere
- È presente nella lingua colta e nei linguaggi
settoriali, compreso quello dell’informatica
(“computer” da computare, “bit” – binary digit –
da bini e digitus, “provider” da provideo, “server”
da servio, servus)
DIFFERENZE TRA IL LATINO E LE
LINGUE ROMANZE
Nelle lingue romanze:
• mancano i casi (ad eccezione del romeno che ne
conserva alcuni tratti);
• manca il neutro, quindi esistono solo due generi
grammaticali, a differenza del latino classico
(fanno eccezione il romeno, il napoletano, i
"plurali sovrabbondanti" italiani e pronomi neutri
in siciliano, catalano, italiano, portoghese e
spagnolo);
• uso degli articoli grammaticali, a partire dai
dimostrativi latini;
• introduzione di nuovi tempi (passato prossimo) e
modi verbali (condizionale);
• sostituzione del tempo perfetto con nuove forme
composte dal verbo "essere" o "avere" più il participio
passato (ad eccezione del portoghese, in cui si trova
una forma verbale derivata dal latino).
Il sardo è una delle lingue più isolate e, come tale, ha
conservato una maggiore somiglianza con il latino.
Anche il toscano (da cui deriva l'italiano) è molto
conservativo.
Il francese è la lingua più innovativa e la più distante dal
latino (essendo notevolmente influenzata dalle lingue
germaniche parlate dagli antichi Franchi), mentre il
romeno è una sintesi che affianca ad una forte
conservazione della base latina elementi innovativi
d'origine slava, daca, greca e turca.
Grado di evoluzione secondo gli studi effettuati dal
linguista di origini italiane Mario Pei rispetto al
latino:
• Lingua sarda: 8%
• Lingua italiana: 12%
• Lingua spagnola: 20%
• Lingua romena: 23,5%
• Lingua catalana 24%
• Lingua occitana (provenzale): 25%
• Lingua portoghese: 31%
• Lingua francese: 44%
Caesar: Kàesar o Cèsar?
La pronuncia classica o restituta: frutto del lavoro di
glottologi, linguisti e filologi che, a partire dalla fine del
XIX secolo, hanno tentato di ricostruire, sulla base di studi
comparati con altre lingue antiche o dei (pochi) indizi che
possono giungere dalla trattatistica di epoca classica, la
pronuncia originale dei Romani di quel periodo.
Si noti che tale pronuncia è oggi utilizzata per lo studio e
l'insegnamento del latino in tutte le università e scuole
superiori del mondo, escludendo l'Italia (e a volte la
Germania), dove resiste ancora la cosiddetta "pronuncia
ecclesiastica".
Pronuncia scolastica o ecclesiastica: era quella
abitualmente in uso nella Chiesa cattolica di rito latino
per la propria liturgia, soprattutto prima della riforma
voluta dal Concilio Vaticano II che ha reintrodotto l'uso
della lingua volgare nella liturgia cristiana. Essendo la
pronuncia ecclesiastica improntata sul latino volgare
parlato in epoche successive alla classicità, essa risulta più
variegata e, nel complesso, meno uniforme di quella
classica.
Pertanto il latino letto in Francia suonava molto simile al
francese, in Germania al tedesco e naturalmente in Italia
all'italiano.
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