BERLINO : in viaggio con la letteratura
parte prima
La città di Sofronia si compone di due mezze città.
ln una c'è il grande ottovolante dalle ripide gobbe,
la giostra con la raggiera di catene, la ruota delle
gabbie girevoli, il pozzo della morte coi
motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col
grappolo dei trapezi che pende in mezzo.
L'altra mezza città è di pietra e marmo e
cemento, con la banca, gli opifici, i palazzi, il
mattatoio, la scuola e tutto il resto.
Una delle mezze città è fissa, l'altra è provvisoria
e quando il tempo della sua sosta è finito la
schiodano, la smontano e la portano via, per
trapiantarla nei terreni vaghi d'un'altra mezza
città.
Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali
staccano i frontoni di marmo, calano i muri di
pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero,
il monumento, i docks, la raffineria di petrolio,
l'ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di
piazza in piazza l'itinerario d'ogni anno. Qui resta
la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre,
con il grido sospeso dalla navicella dell'otto
volante a capofitto, e comincia a contare quanti
mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che
ritorni la carovana la vita intera ricominci.
Alexanderplatz, Berlino
Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori
A cura di Patrizia Fazzini
Milva canta Alexanderplatz
L’incazzatura con il nostro insegnante di storia è cominciata
quando tutti
hanno visto in televisione come a Berlino il Muro all’improvviso
si era aperto e tutti, anche mia nonna che abita a Pankow,
potevano passare all’Ovest.
C’è da dire che le intenzioni del professor Hosle erano
certamente buone, quando ha parlato non solo della caduta del
muro, ma ha chiesto a tutti noi:-Sapete quante altre cose sono
accadute in Germania un 9 novembre? Per esempio
esattamente cinquantun anni fa?
Visto che tutti avevano qualche vaga idea, ma nessuno sapeva
niente di prciso, allora ci ha spiegato la Notte dei Cristalli del
Reich. Si chiamava così perché ha riguardato tutto il Reich
tedesco, e insomma sono andate rotte un sacco di stoviglie che
appartenevano agli ebrei, in particolare molti vasi di cristallo.
Hanno anche fracassato con i cubetti di porfido tutte le vetrine
dei negozi i cui proprietari erano ebrei. E sono andate distrutte
proprio senza senso anche molte altre cose di valore. Forse
l’errore da parte del signor Hosle è stato che non riusciva a
smetterla, e che per troppe ore di storia ci ha raccontato di
questa faccenda e ci ha letto dei documenti su quante
sinagoghe sono state bruciate e che hanno assassinato così su
due piedi novantun ebrei. Storie di una tristezza unica mentre a
Berlino, anzi in tutta la Germania, naturalmente l’entusiasmo
era alle stelle, perché adesso tutti i tedeschi potvano finalmente
essere unificati.
Ma a lui interessavano solo le vecchie storie, e come sono
potute succedere. Insomma, è vero che ci ha rotto abbastanza,
con quello che è accaduto qui una volta.
Museo Ebraico
In ogni caso la sua ‘ossessione del passato’, come la
definivano, è stata criticata da quasi tutti i presenti
durante la riunione dei genitori. Perfino mio padre,
che è uno a cui piace raccontare dei tempi andati, ad
esempio quando è scappato dalla zona sovietica
ancor prima che costruissero il Muro ed è arrivato
qui, in Svevia, ed è rimasto a lungo uno straniero, col
signor Hosle ha parlato più o meno così:Naturalmente non c’è nulla da obiettare sul fatto che
mia figlia apprenda come le orde delle SA abbiano
infierito dappertutto e purtroppo anche qui a
Esslingen, ma, per piacere, nel momento adatto e
non proprio quando, come adesso, c’è finalmente un
motivo per essere contenti e tutto il mondo si
congratula con noi tedeschi…C’è anche da dire che
noi ragazzi ci siamo già in qualche modo interessati a
quello che allora è successo nella nostra città Natale,
ad esempio nell’orfanotrofio israelita Wilhelmspflege.
Tutti i bambini dovettero scendere in cortile. I libri di
scuola, i libri di preghiere, perfino i rotoli della Torah
vennero buttati in un mucchio e bruciati, tutti. I
bambini, che avevano dovuto assistere, piangevano,
avevano paura di essere bruciati anche loro. Ma
hanno picchiato fino a farlo svenire solo l’insegnante,
Fritz Samuel, con le clavette da ginnastica prese dalla
palestra.
Museo Ebraico
Gyorgy Ligeti, Lux Aeterna
Per fortuna a Esslingen c’era anche gente che ha cercato di
aiutare, ad esempio un tassista che voleva portare alcuni orfani a
Stoccarda. In ogni caso quello che il signor Hosl ci ha raccontato
era emozionante, in qualche modo. Perfino i maschi della nostra
classe stavolta hanno seguito la lezione, anche i ragazzi turchi, e
ovviamente la mia amica Shirin, la cui famiglia viene dalla Persia. E
davanti ai genitori il nostro insegnante di storia si è difeso molto
bene, come ha ammesso mio padre. Pare che abbia spiegato che
nessun ragazzo può comprendere nel modo giusto la fine
dell’epoca del Muro se non sa esattamente quando e dove è
cominciato l’errore, e insomma cosa ha portato alla divisione della
Germania. E sembra che quasi tutti i genitori fossero d’accordo.
Però le altre lezioni sulla Notte dei Cristalli il signor Hosle le ha poi
dovute interrompere e rimandarle a più avanti. Un vero peccato.
Ma adesso qualcosina in più la sappiamo. Ad esempio, che a
Esslingen quasi tutti sono rimasti a guardare senza aprir bocca o
hanno girato la testa, quando è successa la faccenda
dell’orfanotrofio. Perciò, quando alcune settimane fa un nostro
compagno curdo, Yasir, dovva essere rispedito in Turchia con i suoi
genitori, ci è venuta l’idea di scrivere una lettera di protesta al
sindaco. Hanno firmato tutti. Ma al destino di bambini ebrei
dell’orfanotrofio Wilhelmspflege non abbiamo accennato, nella
lettera, su consiglio del signor Hosle. Adesso speriamo tutti che
Yasir possa restare.
Gunter Grass, Il mio secolo. Cento racconti, Einaudi 1999
Potsdammer platz
"Divenni famoso a trentadue anni. E da allora abbiamo la Fama come sottoinquilina. Sta dappertutto, è molto fastidiosa e la si può
ignorare solo a fatica. È una monella a volte tronfia, a volte senza vita. I visitatori credono di venire a cercare me, ma appena entrati si
guardano attorno perché è lei che in realtà vogliono vedere. Solo perché assedia la mia scrivania inutilmente, io ho deciso di portarla
con me nel mondo della politica, dandole un impiego come maestra di cerimonie: una cosa che lei sa fare molto bene."
Ecco quello che scrive Grass dell'enorme successo di questo
romanzo (a sinistra la sua copertina tedesca). "Il tamburo di
latta" uscì nel 1959 ed era il romanzo di esordio di Günter
Grass. "Eroe" del romanzo di Grass, di cui è stato girato anche
un film -fedele trasposizione firmata dal regista tedesco Volker
Schlöndorff - è Oskar, un bambino che, a tre anni, quando
capisce per la prima volta la falsità del mondo degli adulti,
smette di crescere - o meglio: si rifiuta di crescere. Da allora, da
gnomo che rimane, osserva e commenta il mondo "dei grandi"
che è la Germania di Hitler e della guerra. Dalla prospettiva dello
gnomo, tutte le anomalie, tutte le falsità e le illusioni del mondo
della piccola borghesia tedesca sembrano ulteriormente
ingrandite. Si tratta di una farsa, a tratti mordente e cattiva,
uno specchio senza pietà che Grass mette davanti al pubblico
tedesco. L'unico modo che Oskar ha a disposizione per imporsi
contro il mondo anormale e assurdo dei grandi è suonare il suo
tamburo di latta e soprattutto il suo grido stridente che spacca
tutti i vetri nei dintorni. Questa ribellione quasi anarchica si
attenua solo quando finisce la guerra e Oskar recupera un po' di
crescita. Finisce comunque in un manicomio, da dove ci arriva il
suo racconto.
Porta di Brandeburgo
Milva canta Lili
Marlene
Wirklich, ich lebe in finsteren Zeiten!
Das arglose Wort ist töricht. Eine glatte Stirn
Deutet auf Unempfindlichkeit hin. Der Lachende
Hat die furchtbare Nachricht
Nur noch nicht empfangen.
Veramente, vivo in tempi bui!
La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia
Indica insensibilità. Colui che ride
Probabilmente non ha ancora ricevuto
La terribile notizia.
Was sind das für Zeiten, wo
Ein Gespräch über Bäume fast ein Verbrechen ist
Weil es ein Schweigen über so viele Untaten
einschließt!
Der dort ruhig über die Straße geht
Ist wohl nicht mehr erreichbar für seine Freunde
Die in Not sind?
.....
Che tempi sono questi in cui
Un discorso sugli alberi è quasi un reato
Perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la
strada
Forse non è più raggiungibile per i suoi amici
Che soffrono?
Neue Galerie
Karlheinz Stockhausen, Mantra,1
Ich wäre gern auch weise.
In den alten Büchern steht, was weise ist:
Sich aus dem Streit der Welt halten und die kurze
Zeit
Ohne Furcht verbringen.
Mi piacerebbe anche essere saggio.
Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio:
Tenersi fuori dai guai del mondo e passare
Il breve periodo senza paura.
Auch ohne Gewalt auskommen
Böses mit Gutem vergelten
Seine Wünsche nicht erfüllen, sondern vergessen
Gilt für weise.
Alles das kann ich nicht:
Wirklich, ich lebe in finsteren Zeiten!
.....
Anche fare a meno della violenza
Ripagare il male con il bene
Non esaudire i propri desideri, ma dimenticare
Questo è ritenuto saggio.
Tutto questo non mi riesce:
Veramente, vivo in tempi bui!
.....
Gemalde Galerie
Karlheinz Stockhausen, Mantra, 2
Ihr, die ihr auftauchen werdet aus der Flut
In der wir untergegangen sind
Gedenkt
Wenn ihr von unseren Schwächen sprecht
Auch der finsteren Zeit
Der ihr entronnen seid.
Voi, che emergerete dalla marea
Nella quale noi siamo annegati
Ricordate
Quando parlate delle nostre debolezze
Anche i tempi bui
Ai quali voi siete scampati.
Gingen wir doch, öfter als die Schuhe, die Länder
wechselnd
Durch die Kriege der Klassen, verzweifelt
Wenn da nur Unrecht war und keine Empörung.
Abbiamo camminato, cambiando più spesso i paesi
delle scarpe,
Attraverso le guerre di classe, disperati
Quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta.
Gemalde Galerie
Karlheinz Stockhausen, Mantra, 3
Dabei wissen wir doch:
Auch der Haß gegen die Niedrigkeit
Verzerrt die Züge.
Auch der Zorn über das Unrecht
Macht die Stimme heiser. Ach wir
Die wir den Boden bereiten wollten für Freundlichkeit
Konnten selber nicht freundlich sein.
Eppure sappiamo:
Anche l'odio verso la bassezza
Distorce i tratti del viso.
Anche l'ira per le ingiustizie
Rende la voce rauca. Ah, noi
Che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
Noi non potevamo essere gentili.
Ihr aber, wenn es so weit sein wird
Daß der Mensch dem Menschen ein Helfer ist
Gedenkt unser
Mit Nachsicht.
Ma voi, quando sarà venuto il momento
In cui l'uomo sarà amico dell'uomo
Ricordate noi
Con indulgenza.
Bertolt Brecht, An die Nachgeborenen
A coloro che nasceranno dopo di noi
Traduzione di Wolfgang Pruscha
Potsdammer platz
Hendel, Sarabande
Bertolt Brecht è il principale drammaturgo tedesco
del Novecento. Nato nel 1898 ad Augsburg (Augusta
- Baviera) scoprì presto il suo amore per il teatro. Il
suo esordio in teatro era fortemente influenzato
dall'Espressionismo, ma presto aderì allo
schieramento marxista e sviluppò la teoria del "teatro
epico" secondo cui lo spettatore non doveva
immedesimarsi, ma era invitato a tenere una distanza
critica per riflettere su quello che si vedeva in scena.
Canzoni, elementi parodistici e una sceneggiatura
molto ben studiata dovevano creare un effetto di
straniamento, un distacco critico. Lo spettatore
doveva imparare qualcosa. Il teatro di Brecht offre
una grande varietà di storie e casi umani, oppure
rivisitazioni di drammi storici che ancora oggi sanno
incantare il pubblico per la loro arguzia, modernità e
impostazione scenica. Nel 1933 dovette emigrare in
America, raggiunta via Danimarca e Mosca. Quando
tornò in Germania, nel 1949, fondò a Berlino Est un
proprio teatro, il "Berliner Ensemble", dove cercò di
realizzare le sue idee, facendo diventare questo
teatro uno dei più affermati in Germania. Nonostante
le sue convinzioni marxiste era spesso in contrasto
con le autorità della Germania dell'est. Morì nel 1956
a Berlino.
Casa natale di Brecht ad Augusta. Oggi museo.
Kurt Weill, L’opera da tre soldi
Ne Il cielo diviso di Christa Wolf, Rita ha incontrato “l’ostacolo” del muro di Berlino che non solo l’ha costretta a separarsi dal suo
amato, il quale sceglie una vita nell’occidente capitalista, ma che l’ha anche portata ad esaminare con coraggio gli errori e le conquiste
di questo amore, e a prendere coscienza del fatto di far capo ad un’ideologia totalmente opposta a quella di lui e per altro difficile da
conciliarsi.
Il romanzo è considerato ancor oggi come un esempio di lucida riflessione sulla condizione del mondo diviso dalla guerra fredda e sulla
difficile condizione delle donne.
II sole di quel luglio splendette imparzialmente sui giusti e sugli
ingiusti. Quando splendette. Fu un'estate piovosa.
L'agosto peraltro s'iniziò favorevolmente: caldo e asciutto, con
cieli fondi, cui si badava poco - eccetto che per seguire con lo
sguardo gli aerei, che sorvolavano il paese più frequenti del
consueto. «Lasciate che passi agosto» diceva la gente. «E
ancora una parte di settembre. Più in là nell'anno non comincia,
la guerra.»
Rita pensava: non si può più parlare nemmeno dell'estate e
dell'inverno senza pensare a questo. In seguito, noi stessi ci
meraviglieremo di come abbiamo fatto a resistere. No, con
l'abitudine non è possibile spiegarlo. A una oppressione simile
non ci si può abituare.
Era la prima domenica di agosto. Al mattino di buon'ora, Rita
era seduta sul diretto di Berlino. Da ieri aveva con sé una lettera
in cui c'era scritto: "È arrivato il momento. Ti aspetto ogni
giorno, adesso. Pensaci sempre...".
Nessuno sapeva dove si recasse - era questo il vantaggio di
vivere soli, di non dover rendere conto a nessuno. E nessuno,
nemmeno lei stessa, poteva dire se sarebbe ritornata. D'altronde, la sua valigetta era leggera. Andava da lui senza bagaglio.
Ma, quasi per prova lanciava sguardi di congedo ai comignoli
che scivolavano lungo l'orizzonte, ai villaggi, lembi di boschi, un
albero isolato, gruppi di persone che mietevano il grano nei
campi. Una settimana prima vi aveva preso parte anche lei,
insieme con Hànschen e altri operai della fabbrica, proprio in
quella zona. Sapeva che il raccolto era cattivo, e che mettere al
riparo quel poco ch'era cresciuto già di per sé dava
preoccupazioni. Ma erano forse ancora queste, le sue
preoccupazioni?
Potsdammerplatz: qui ‘passava’il muro
Ovunque nel mondo crescono alberi, comignoli e campi di
grano.
La giornata si prospettava calda. Rita si tolse la giacca. Il suo
compagno di scompartimento l'aiutò di propria iniziativa. Lei
ringraziò e lo guardò più attentamente. Un individuo alto, snello,
con un viso allungato e pallido, lenti e chioma bruna. Niente di
speciale. Lo sguardo era un tantino indiscreto, o si sbagliava?
Stornava gli occhi, quando lei lo guardava. Ciononostante, la
sua presenza si rivelò di troppo per lei. Si alzò e si mise davanti
a un finestrino, nel corridoio. Le piaceva veder sfilare, nel telaio
rigido del finestrino, un'immagine dietro l'altra, variopinta e
sempre diversa.
Soltanto il cielo si mantenne a lungo uguale: uno scialbo azzurro
mattutino, illuminato dal sole ancora basso. Alcune nuvole
bianco-grigie, sempre più rare quanto più il giorno cresceva.
Be' dunque: che ti manca ancora adesso? Non ha forse scritto,
lui, in modo da non lasciare dubbi sul fatto che ti aspetta come
la liberazione dopo lunga prigionia, come si aspettano cibo e
bevanda dopo fame e sete? Tu prendi dunque la valigetta leggera o pesante, non è poi cosa che importi molto- e vai da
lui. Due ore di viaggio sono proprio un'inezia. Ed è la cosa più
naturale e più giusta del mondo. Allora che c'è? Questa
sensazione dolorosa, che non cessa? Non devi lasciarti
impressionare. Non è un criterio di giudizio. «Sei felice, bambina
mia?» Oh mamma, non è più questo che conta, ormai. Non è
forse anche questa domanda, che voi ritenete tuttoggi
ammissibile, a separarci da voi... da voi le sempre-in-pena, le
sempre-preoccupate-del-nostro-bene,
le
sempre-ignare-ditutto... ?
Christa Wolf, Il cielo diviso, e/o, 1983
Potsdammer platz
Goran Bregovich, Ederlezi
Christa Ihlenfeld Wolf, scrittrice tedesca, nacque il 18 marzo
1929 a Landsberg, oggi in Polonia. Studiò germanistica a Jena e
Lipsia e nel 1949 entrò a far parte del Partito dell'Unità
Socialista tedesco. Dal 1962 lavorò come libera scrittrice e
presto divenne conosciuta in tutto il mondo per il suo romanzo Il
cielo diviso (Der geteilte Himmel), che tratta la problematica
della divisione della Germania. Nel 1961 le fu assegnato il
premio Heinrich Mann e nel 1964 il romanzo fu ridotto per il
cinema dal regista konrad Wolf. Negli anni seguenti uscirono
diverse nuove opere di Christa WOlf, tra le quali le più famose
sono: Riflessioni su Christa T. (Nachdenken über Christa T.),
Kassandra e Medea: voci (Medea Stimmen). Christa Wolf era
una convinta socialista e ha giocato un ruolo attivo all'interno
della vita politica del suo Paese e nel Partito. Sebbene talvolta si
dimostrasse critica nei confronti del Governo non ha mai posto
in discussione l'ideologia marxista. Per questo viene duramente
criticata in Germania. Famoso il suo appello ai concittadini della
Repubblica Democratica Tedesca (DDR) pronunciato l‘8
novembre 1989, affinché non lasciassero la patria. Quando la
DDR aprì i confini con la Cecoslovacchia il 3 novembre del 1989
molti cittadini avevano lasciato la Germania dell'Est, rientrando
nell'Ovest. La fuga di massa è pericolosa per il regime. Nel
notiziario serale della televisione est-tedesca Christa Wolf si
rivolge con un penetrante appello agli uomini della DDR.
Care concittadine, cari concittadini, noi tutti siamo
inquieti. Vediamo migliaia di persone che ogni giorno lasciano la nostra
terra. Noi sappiamo che la politica degli ultimi giorni ha rafforzato la
sfiducia nel rinnovamento. Noi siamo consapevoli della debolezza delle
parole di fronte al movimento di massa, ma non abbiamo nessun altro
mezzo che le parole. Che ancora adesso mandano via, mitigano la
nostra speranza. Noi vi preghiamo, rimanete nella vostra patria,
rimanete da noi.
La sorprendente apertura dei confini la sera del 9 novembre fa
tremare e cambia tutto: l'appello della notte precedente è
inutile.
Scarica

BERLINO : in viaggio con la letteratura