Molti sovrani settecenteschi guardarono in
maniera positiva gli illuministi e la loro opera
perché le dottrine proposte da alcuni autori
come Voltaire, assegnavano proprio ai
monarchi assoluti il difficile compito di
riformare la società, a patto che essi si fossero
fatti illuminare in questa loro opera da dotti
filosofi. In quel periodo si videro così sovrani
assoluti come Federico II di Prussia e la
zarina Caterina II di Russia, ospitare alla loro
corte con tutti gli onori Voltaire e altri
importanti illuministi. Purtroppo questi
cosiddetti sovrani illuminati, si limitarono ad
accogliere solo quelle proposte illuministe
che giovavano al rafforzamento del loro
potere nello Stato. I sovrani europei presero
a modello il sistema assolutista francese, se
fino alla metà del 700 le riforme furono in
funzione del rafforzamento degli apparti
statali, successivamente furono orientati al
progresso della società civile. Gli storici
hanno infatti parlato di assolutismo o
dispotismo illuminato,perché destinato a
raggiungere “il nobile scopo del pubblico
bene” .
Le riforme operate dai sovrani
nel 700 riguardarono tutti i
settori della vita pubblica.
L’obiettivo era rendere il potere
dello stato assoluto e
incontrastato. Le riforme
andarono a colpire il clero e la
nobiltà che fino ad allora
avevano goduto di grossi
privilegi. Esse migliorarono la
società civile. Un’ iniziativa che
più colpì i contemporanei fu la
soppressione dell’ordine dei
gesuiti.
Voltaire è stato il filosofo promotore
dell’Assolutismo Illuminato , dopo una
sferzante critica nei confronti dell’assolutismo
di vecchio stampo. Il filosofo, infatti,
propendeva per un governo basato sulla
collaborazione tra principi e filosofi; i primi
dovevano governare seguendo i consigli dei
secondi, sentendosi quasi loro stessi filosofi,
per porsi poi al servizio dei sudditi e della loro
felicità. Solo con l’aiuto dei filosofi, il principe
avrebbe potuto rendere più razionale lo Stato,
allontanarlo dai costumi della Chiesa. Voltaire
inoltre, affermava che le riforme adottate in
Inghilterra non erano applicabili in altri
contesti politici; infatti non credeva possibile
l’esportazione in Francia della monarchia
parlamentare inglese proprio in virtù della
diversa storia del suo popolo. il cambiamento
deve venire dall’alto, senza il coinvolgimento
delle masse popolari, secondo una concezione
decisamente elitaria della politica. Se il
filosofo francese aveva esaltato la figura di
Pietro il Grande, perché era stato in grado di
modernizzare la Russia, sottoponendo al suo
potere la Chiesa ortodossa, viceversa non è
altrettanto tenero nei confronti del suo vecchio
sovrano: Luigi XIV è criticato sia per aver
precipitato la Francia sull’orlo della bancarotta,
con innumerevoli guerre che ne avevano
dissestato le finanze, sia per l’abolizione
dell’Editto di Nantes, espressionene della
Anche in Italia furono realizzate delle
riforme destinate a favorire il progresso
economico e civile. Nel 1718 la Lombardia
era sotto la sovranità austriaca di Maria
Teresa e in seguito del figlio Giuseppe II.
Essi realizzarono una serie di interventi,
uno dei quali fu la riduzione dei poteri
del senato e del patriziato urbano a favore
di nuovi consigli con funzioni
amministrative ed economiche che
dipendevano solo dalla fiducia imperiale,
inoltre vennero vietati i trasferimenti di
proprietà terriere agli ecclesiastici
(manomorta). Nel 1771 vennero aboliti gli
appalti per la riscossione delle imposte
indirette e lo stato riprese in mano molte
delle funzioni pubbliche. Maria Teresa,
nella stesura di un catasto fondiario,
riscontrò le resistenze dei ceti privilegiati,
ma nel 1760 ci fu la realizzazione del
catasto che servì da modello per tutti gli
altri stati.
Guillaume du Tillot fu il
protagonista delle riforme di Parma;
con le guerre di successione le
dinastie borboniche si erano
insediate nei regni di Napoli e Sicilia
e nel ducato di Parma. Ciò che
distinse il governo di du Tillot fu lo
scontro con il papato a proposito
della bolla “in coena domini” poiché
ne venne proibita la lettura . Il papa
scomunicò du Tillot il quale a sua
volta espulse i gesuiti da Parma. In
molti stati i gesuiti si erano
interessati di questioni politiche,
andando contro i principi delle
monarchie illuminate.
Francesco di Lorena era a capo del
Gran Ducato di Toscana ma aveva
lasciato il governo ad un consiglio di
reggenza. Suo figlio Pietro Leopoldo
attuò un programma di riforme
infatti unificò il mercato interno,
eliminando le corporazioni e
liberalizzò il commercio estero. I
terreni inoltre erano un bene che
poteva essere venduto e comprato,
questo però favorì solamente la
borghesia cittadina. Pietro Leopoldo
fu l’unico a prendere in
considerazione concrete limitazioni
all’assolutismo regio, creando
un’assemblea in cui c’erano i
rappresentanti dei ceti proprietari.
Per rafforzare l’assolutismo nel ducato di
Savoia si creò uno stato burocratico –
militarista come quello della Prussia.
Vittorio Amedeo avviò il catasto
fondiario che aveva lo scopo di
controllare i privilegi nobiliari ed
ecclesiastici, infatti, tutti dovevano
denunciare le proprietà terriere
accompagnate da un reddito catastale e
le tasse da pagare venivano calcolate su
questa base. Impose la leva obbligatoria
e creò un esercito che divenne la
maggiore forza militare d’Italia. I
burocrati di origine borghese vennero
integrati nella nobiltà togata, come
avveniva negli altri stati la nobiltà si vide
spesso requisire le proprietà feudali.
Vittorio Amedeo era riuscito a conciliare
una politica di rafforzamento dello stato
con manifestazioni di notevole apertura
culturale e religiosa. Invece, Carlo
Emanuele III e Vittorio Amedeo III non
accolsero la cultura illuminista.
Lo Stato della chiesa con i suoi domini temporali si
trovarono sempre indebitati a causa delle tasse che gli
furono imposte. Il Regno di Napoli passò sotto gli
Asburgo e venne governato dagli austriaci. In questi anni
non vennero realizzate molte riforme, infatti, la finanza
era indebolita dal fatto che la riscossione delle tasse era
basata sull’appalto. Il Regno era arretrato nonostante ci
fosse un vasto gruppo di intellettuali. Il catasto fondiario
non era efficace . Quando Carlo ereditò il Regno di
Spagna, Napoli passò nella mani di Federico IV, il quale
continuò la lotta contro la chiesa e indebolì il monopolio
ecclesiastico dell’istruzione. Successivamente con la
regina Maria Carolina si creò un gruppo di economisti e
giuristi che eliminarono i diritti baronali e applicarono le
nuove leggi sul catasto fondiario. Inoltre venne abolito il
tribunale dell’ Inquisizione.
Nel 1741 la guerra di successione austriaca
mise in primo piano l’esigenza di
rafforzare e centralizzare le strutture
statali. Per Maria Teresa si trattava di
costruire un esercito più numeroso
meglio armato e addestrato. Occorreva
infatti unificare diversi possedimenti
territoriali e migliorare l’efficienza
dell’apparato amministrativo. Si creò uno
stato unitario in cui tutte le province
erano centralizzate a Vienna. Vennero
accantonate le assemblee rappresentative
locali,e tutti i territori vennero sottoposti
all’amministrazione di funzionari
imperiali,secondo leggi e regole uniformi,
in più venne abolita la tortura nei
procedimenti giudiziari. Inoltre, la
stampa fu censurata, si moltiplicarono le
scuole statali con l’obiettivo di rendere
obbligatoria l’istruzione elementare. Il
problema delle servitù nelle campagne
venne risolto ponendo precisi limiti alle
corvées. Inoltre, ridusse i privilegi fiscali
e avviò la realizzazione del catasto.
Giuseppe II figlio di Maria Teresa d’Asburgo, salito al
trono nel 1765, dimostrò subito una volontà
riformatrice ben più radicale di quella della madre.
Infatti eliminò dalle istituzioni dei suoi regni tutto ciò
che era diventato arcaico. Inoltre Giuseppe II concesse
alcune libertà religiose: gli ebrei non furono più
obbligati a portare segni di riconoscimento,ma
autorizzati ad aprire imprese industriali; fu
riconosciuto il matrimonio civile fra cattolici e non
cattolici. Nel campo dell’economia furono soppresse le
corporazioni e concesse maggiori libertà al commercio
dei cereali mentre si mantenne la censura sulla
stampa. Egli volle imporre alla Chiesa il controllo
regio, originando quel corpo di istituti che assunsero il
nome di Giuseppismo: la nomina dei vescovi
dipendeva dall’assemblea dell’Imperatore. Giuseppe II
si interessò perfino degli ordinamenti interni della
Chiesa e nelle pratiche liturgiche. Inoltre migliorò il
livello culturale del clero facendo chiudere numerosi
conventi e confiscando i loro beni. Per raggiungere
l’uniformità amministrativa venne imposta la lingua
tedesca comune a tutto l’impero. La servitù contadina
fu soppressa in Boemia,Moravia e successivamente in
Transilvania e in Ungheria. Invece in Belgio le riforme
di Giuseppe II non vennero accettate provocando forti
dissensi che costrinsero il Re a sospendere molti
provvedimenti. Dopo la sua morte non avendo eredi
salì al trono il fratello Pietro Leopoldo.
In Spagna i tentativi di riforma
attuati dal sovrano illuminato
borbonico Carlo III non
riuscirono a sfidare la chiesa ed
intaccare i suoi poteri; nel 1767
circa 2500 gesuiti furono espulsi
dalla Spagna ma non fu ridotto
il numero di appartenenti al
clero che conservava i privilegi.
Fallì il progetto di abolire la
manomorta e rendere libero il
commercio delle terre.

In Prussia Federico II abolì prima di tutto la
tortura giudiziaria, riconobbe inoltre la libertà
religiosa in tutto il regno. Dopo la guerra dei 7
anni Federico II eliminò quasi del tutto
l’analfabetismo introducendo l’insegnamento
elementare obbligatorio elevando il livello
culturale dei suoi funzionari. Inoltre fondò
uno “stato di diritto” basato sull’uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge.

Invece, la Russia lontana dai progressi che
riguardavano l’intera Europa , era costituita
per il 95% da contadini analfabeti in
condizione servile. Nel 1744 Sofia, figlia del
principe tedesco , si sposò con lo zar Pietro III,
si convertì all’ortodossia, prese il nome di
Caterina e successivamente divenne la zarina.
Ella pubblicò un programma di riforme
progressiste per ridurre la distanza fra la
Russia e gli stati europei. Caterina voleva
creare uno stato di diritto fondato
sull’uguaglianza di fronte alla legge. Riguardo
la questione della servitù non riuscì a ottenere
progressi, infatti nell’800 esisteva ancora la
servitù della gleba.
Alla morte di Luigi XIV salì al trono Filippo
d’Orleans reggente del minorenne Luigi XV.
Per consolidare il suo potere, si rivolse alla
grande nobiltà e al parlamento di Parigi.
Infatti, la nobiltà fu riammessa al governo e i
nobili sostituirono i ministri nominati dal re.
Morto Filippo d’ Orleans, Luigi XV tornò ad
assegnare le cariche ministeriali, mentre come
primo ministro ci fu il cardinale Fleury. Il
parlamento in Francia era un tribunale
d’appello e organo amministrativo che aveva il
compito di attestare la conformità alle leggi.
Nel 1715 Filippo d’ Orleans rimise in vigore il
diritto di rimostranza del parlamento che
Luigi XIV aveva eliminato. I parlamenti di
tutta la Francia come affermò Montesquieu
avevano il compito di impedire la
degenerazione dell’assolutismo. Il parlamento
di Parigi aveva considerato la compagnia di
Gesù contraria al gallicanesimo.
Successivamente, nel 1767, questa fu sciolta e
considerata illegale.
I magistrati avevano i maggiori privilegi e per
questo erano considerati il gruppo contrario a
ogni tentativo di riforma. A causa delle guerre
ci fu la necessità di introdurre quote di
imposta senza esenzione . I parlamenti
vennero articolati in un unico corpo, che
rappresentava il parlamento del re, un organo
simile al parlamento britannico. Luigi XIV
ridusse i poteri del parlamento, fino a
sopprimerlo nel 1771 . Alla morte di Luigi XVI ,
salì al trono come controllore delle finanze
Turgot, il quale elaborò un vasto piano di
riforme. Una di queste fu la liberalizzazione
del commercio del grano. A causa di un’annata
di cattivo raccolto il provvedimento venne
accusato di essere la causa del rialzo dei prezzi.
Turgot presentò sei importanti editti di
riforma riguardanti l’imposta fondiaria.
Dapprima il re appoggiò il suo ministro, poi
per paura di riforme più radicali lo licenziò e
cancellò le riforme attuate.
Il dibattito europeo sulle riforme non sfiorò
l’Inghilterra dove le classe dirigente era convinta
che con la rivoluzione del 1688 si era affermato un
sistema politico fondato sull’armonia fra il principio
monarchico, quello aristocratico ( Camera dei
lords) e quello democratico ( Camera dei comuni).
In realtà la costituzione inglese aveva realizzato un’
oligarchia limitata ai ceti proprietari. Ciò non
tanto perché il diritto di voto era riservato a un
corpo elettorale assai ristretto, ma perché i
candidati alle elezioni dovevano possedere una
proprietà terriera di elevato valore, il che escludeva
i membri della borghesia .Inoltre i lords che
sedevano per diritto di nascita nella camera
controllavano gran parte dei seggi della camera dei
comuni riservandoli ai propri figli cadetti .
Nonostante questi limiti il sistema politico inglese
riuscì a sottrarsi agli aspetti peggiori dell’oligarchia
questo grazie alla forte mobilità sociale che
garantiva l’ascesa di nuovi ceti verso i vertici delle
classi dirigenti L’ Inghilterra era una società aperta
la terra era un bene commerciabile e aperto allo
sfruttamento capitalista Il mercato interno era
libero , come anche il commercio estero se si
escludono le colonie americane. Vi erano tutte le
condizioni perché la piccola nobiltà , i
professionisti , gli imprenditori agrari ,i mercanti
vedessero crescere lentamente il loro peso
all’interno della classe politica . Le basi su cui era
costruita la Gran Bretagna erano la libertà e la
proprietà. Gli inglesi godevano di una libertà di
stampa senza limiti e vedevano tutelate da ogni atto
arbitrario la libertà personale e di riunione.
Realizzato da:
Chiara Imbesi, Ilenia Bellinvia, Monia Calvo, Nancy
Bucolo
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