Caso giurisprudenziale sulla concorrenza sleale 5 Cass., 23 maggio 2008, n. 13424 Parma 17 ottobre 2008 Ricorso Trib. Prato Con citazione del 3 gennaio 1996, la snc Facem di A. Poletti & c. esponeva quanto segue. Il socio BT il 30 giugno 1995 aveva ceduto le sue quote ed era uscito dalla compagine sociale. La società aveva verificato che, alcuni giorni prima, il 7 giugno 1995, il medesimo aveva costituito, insieme ad altri, la s.r.l. Art-tra, con oggetto identico a quello della snc Facem: cioè, attività di officina elettromeccanica per la costruzione, ripartizione e manutenzione di trasformatori elettrici. Al fine di favorire l’attività intrapresa dalla srl Art-tra, il B. aveva convinto cinque degli undici dipendenti dalla snc Facem a dare le dimissioni da quest’ultima società, per essere contestualmente assunti dall’altra appena costituita. Inoltre, approfittando delle informazioni acquisite nel periodo in cui era socio della snc Facem, aveva posto in essere un decisivo atto di sviamento di clientela perché aveva indotto la srl Tesar, che era la più importante cliente dalla snc Facem, a diventare cliente dalla srl Art-tre. Ricorso Trib. Prato La Facem snc chiedeva il risarcimento di tutti i danni provocati con la sua condotta, che integrava sia la concorrenza illecita del socio, disciplinata dall’art. 2301 c.c., sia la concorrenza sleale, prevista dall’art. 2598 c.c., n.3. Il convenuto resisteva alla domanda, sostenendo l’inapplicabilità dell’art. 2301 cc, che inibiva l’esercizio da parte del socio di un’attività concorrente di impresa individuale e non anche la partecipazione ad un’impresa concorrente esercitata in forma collettiva. Contestava anche l’accusa di concorrenza sleale perché i dipendenti che si erano dimessi la avevano fatto liberamente. Sentenza Trib. Prato 26 ottobre 2001 Il tribunale accoglieva solo in parte la domanda, sotto il profilo della violazione del disposto dell’art. 2301 c.c., e condannava il B. al pagamento della somma di L. 39.800.000. Appello Firenze La sentenza veniva impugnata dalla Facem, affermando che la concorrenza sleale attuata per storno di cinque degli undici dipendenti era risultata evidente dalla deposizione del teste D., il quale aveva riferito che il B. gli aveva chiesto di dimettersi e di passare alla srl Art-tra perché la snc Facem avrebbe perso il miglior cliente, cioè la srl Tesar, e di lì a poco avrebbe dovuto cessare l’attività o ridurre il personale. La concorrenza sleale per sviamento della clientela era stata, invece, accertata documentalmente dal consulente tecnico d’ufficio, confrontando i fatturati delle due società ed il loro andamento nel tempo. Appello Firenze Il B. costituiva contestando il fondamento dei motivi di imputazione e proponeva a sua volta appello incidentale perché fosse esclusa ogni sua responsabilità. La corte d’appello (21 luglio 2003), in accoglimento dell’appello principale, riconosceva la sussistenza della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., n. 3, e condannava il B. al pagamento della somma di Euro 155.254,94 oltre rivalutazione ed interessi. Rigettava l’appello incidentale. Motivi del ricorso 1. 2. 3. La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto sussistere l’ipotesi di concorrenza sleale per storno di dipendenti. Erano gli stessi dipendenti della Facem che avevano spontaneamente richiesto di passare alle dipendenze della nuova società. La sentenza impugnata ha liquidato il danno sulla base dello sviamento della clientela, che non sarebbe stato in alcun modo accertato, anziché in relazione al solo danno derivante dallo storno dei dipendenti. La sentenza impugnata ha ritenuto il B. responsabile per atti di concorrenza sleale posti in essere quale socio della Facem srl ai sensi dell’art. 2301 c.c.. Decisione 1. La corte d’appello ha ritenuto la sussistenza di atti di concorrenza sleale per storno di dipendenti da parte di B. sulla base di una serie di elementi acquisiti al processo e di una motivazione cha appare del tutto coerente sotto il profilo logicogiuridico. La corte ha osservato che la decisione dei dipendenti di lasciare la Facem è strettamente correlata alla costituzione dell’Art-tra ed alla promessa di assunzione contestuale da parte di quest’ultima e che la consecutività degli eventi: costituzione della nuova società; cessione delle quote della Facem da parte del B., dimissioni di cinque dipendenti su undici, di cui uno molto importante e l’accertato travaso delle commesse della Tesar srl dalla Facem alla Art-tra, costituiva prova della preordinazione di tali avvenimenti da parte del B. che intendeva sostituire sul mercato la sua società alla Facem privandola dei tecnici e del suo principale cliente. Decisione La configurabilità dello storno non è preclusa dal fatto che contatti per passare alle dipendenze dell’impresa concorrente o per iniziare con questa un rapporto collaborativo siano avviati per iniziativa degli stessi dipendenti o agenti successivamente stornati, allorché sua tale iniziativa vengo poi ad inserirsi l’attività dell’impresa concorrente in modo tale da incidere causalmente (tramite ad esempio l’offerta di un migliore trattamento economico odi altri vantaggi) sulla decisione dei primi di interrompere il rapporto di lavoro con l’impresa in cui si trovavano inseriti. Decisione 2. La Corte d’appello ha infatti ritenuto che sussistessero nella fattispecie atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 cc, n. 3 non solo per lo storno dei dipendenti, ma anche per lo sviamento della clientela in ragione del fatto che il B. aveva convinto la Tesar srl a travasare le commesse della Facem in favore della Art-tre Decisione 3. Il B. quando era ancora socio della Facem e precisamente 27 giorni prima della cessione delle proprie quote di detta società, aveva costituito con altri soggetti la Art-tre srl di cui era socio di maggioranza con il 51% delle quote, ha ritenuto che lo stesso fosse anche amministratore di fatto di quest’ultima società. Tale ultimo accertamento risulta fondato sulla circostanza che GC, moglie del B. e titolare del 4% delle quote della Art-tre era stata formalmente nominata amministratrice (non remunerata) di tale società, ma che la stessa era casalinga del tutto prova di esperienza nel settore ove operava la società mentre di contro il B. era socio di maggioranza e il suo ruolo decisivo risultava dimostrato. Decisione Il B si limita a dedurre che la Corte avrebbe dovuto accertare in modo positivo il compimento di atti di gestione societaria da parte di esso ricorrente. Nel caso di specie deve ritenersi che la sentenza impugnata abbia correttamente ritenuto, con motivazione adeguata sotto il profilo logicogiuridico e, come tale, non censurabile in questa sede di legittimità, che gli atti di storno di dipendenti e di sviamento della clientela siano stati svolti dal B., proprio nella sua qualità di amministratore di fatto della Art-tre, in ragione della particole posizione che lo stesso aveva assunto in tale società. Dispositivo 1. 2. La corte: Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 6.000,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali e accessori di legge.