Parrocchia San Leucio PP. Somaschi - Bitonto LIBRO DELL’APOCALISSE I SETTE SIGILLI (6,1 - 7,1-17) Catechesi comunitaria 2008 - 2009 INTRODUZIONE Nel silenzio successivo al canto cosmico della solenne liturgia del capitolo quinto, l’Agnello inizia ad aprire i sette sigilli della storia. Si entra, dunque, in uno dei grandi settenari dell’Apocalisse: è una specie di settimana universale nella quale si raggruppano le epoche storiche, si intrecciano gli avvenimenti passati, presenti e futuri. Con l’apertura di ciascun sigillo si mette in movimento un evento, che ne prepara un altro, di modo che tutti si integrano e conducono la storia alla realizzazione del piano di Dio. La descrizione dei fatti è una narrazione simbolica con immagini e parabole, senza pretendere mai di dare l’ordine cronologico dei fatti né la forma della loro realizzazione. I sigilli, le trombe e le coppe segnano con impeto crescente il cammino verso il punto finale della storia: la venuta gloriosa di Gesù Cristo. I dolori che la precedono sono i dolori del parto. L’AGNELLO APRE I PRIMI SEI SIGILLI (Ap 6,1-17) Il testo 6,1 E vidi, quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, e udii il primo dei quattro esseri viventi che diceva con voce di tuono: «Vieni». 2. E vidi: ecco, un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; gli fu data una corona ed egli usci vittorioso per vincere ancora. 3. Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che diceva: «Vieni». 4. 5. 6. Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato il potere di togliere la pace sulla terra e far sì che si sgozzassero a vicenda, e gli fu consegnata una grande spada. Quando l’Agnello apri il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che diceva: «Vieni». E vidi: ecco, un cavallo nero. Colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii come una voce in mezzo ai quattro esseri viventi, che diceva: «Una misura di grano per un denaro, e tre misure d’orzo per un denaro! Olio e vino non siano toccati». 7. 8. 9. Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». E vidi: ecco, un cavallo verde. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu dato loro potere su un quarto della terra, per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso; 10. «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?». 11. Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro. 12. E vidi, quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, 13. le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. 14. Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge, e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. 15. Allora i re della terra e i grandi, i comandanti, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero nelle caverne e fra le rupi dei monti; 16. e dicevano ai monti e alle rupi: «Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, 17. perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?». COMMENTO ESEGETICO La prima sezione (6, 1-8) ci offre una descrizione simbolica del contenuto del libro sigillato. L’apertura dei primi quattro sigilli, forma un’unità espressa in un parallelismo costituito dalla ripetizione delle stesse espressioni: “Quando l’Agnello ebbe aperto”, “udii”, “vieni!”. Il veggente poi descrive il cavallo e il cavaliere, entrambi invitati a farsi avanti dai quattro esseri viventi (4,6 ss.). Inoltre, le piaghe scatenate dall’apertura dei quattro sigilli sono strettamente collegate l’una all’altra. I quattro cavalieri di questa prima visione sono ispirati da Zaccaria (1, 8-10 e 6, 1.3), ma simboleggiano anche i quattro flagelli di cui i profeti minacciavano Israele infedele: bestie selvagge, guerra, carestia e peste (Lev. 26, 21-26; Deut. 32,34; Ez. 5,17; 14, 13-21;). Questi mali contrassegnano tradizionalmente i tempi di calamità. Guerra, fame e peste segnano il decorso della storia umana, e nascono da circostanze naturali, ma agli occhi di Giovanni, esse sono un giudizio di Dio, un tipo di giudizio finale. “Ecco un cavallo bianco” L’apertura del primo sigillo potrebbe alludere ad avvenimenti contemporanei all’Apocalisse. Nel 62 d.C. il re dei Parti, Vologese sconfisse i Romani nella battaglia di Randeia; da allora i Parti rappresentarono per l’impero romano la minaccia più grave. L’“arco” è l’arma caratteristica dei Parti. “Colui che cavalcava” A partire da Sant'Ireneo è stato spesso identificato con Cristo. Ma il contesto rende dubbia questa interpretazione: Cristo è già presente in questa scena come l’Agnello che apre i sigilli; mentre il cavaliere è in stretta connessione con i tre che seguono e che sono tutti portatori di piaghe. Questo cavaliere rappresenta una potenza vincitrice a cui nessuno può resistere. “Vieni” Questo verbo (“erchesthai”) nell’Apocalisse si riferisce solitamente alla venuta di Dio o di Cristo. L’imperativo corrisponderebbe alle richieste dello Spirito della sposa e di Giovanni (22, 17.20), i quali tutti invocano la venuta di Cristo. In questo caso egli verrebbe in aiuto ai suoi per mezzo di una potenza vincitrice che punirà i persecutori della sua Chiesa. “Cavallo rosso… grande spada” Indicano le sanguinose guerre che succederanno alle conquiste del primo cavaliere. “Cavallo nero… colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano” È la carestia, che colpì l’Asia Minore negli anni 92-93 d.C. I prezzi di prima necessità (frumento e orzo) salirono alle stelle, non però il vino e l’olio. Il denaro, invece, era la paga di un giorno, e con un denaro si poteva comprare una misura di grano, cioè quel tanto che era strettamente necessario per sopravvivere. “Colore verde… colui che lo cavalcava si chiamava Morte” Il colore “verde” è quello del cadavere in putrefazione, soprattutto per effetto della peste; la morte colpisce la quarta parte dell’umanità con la guerra, la fame, la peste e le fiere. “Fino a quando…” È in grido dei martiri che non sempre comprende il ritardo nel fare giustizia; la pazienza di Dio a volte sembra noncuranza. La risposta a questo grido è: “ancora un poco”. Il prolungarsi della tribolazione è dovuto alla bontà di Dio che intende completare il numero degli eletti. La prospettiva dell’Apocalisse sembra voglia dire che la storia debba avere il suo tempo, perché appaia tutto il male di cui è capace, ma anche tutta la forza del bene. La preghiera dei martiri “fino a quando, Sovrano, non vendicherai il nostro sangue” sembra lontana dagli inviti al perdono che troviamo nel Vangelo. Ma c’è una prospettiva differente: nell’azione di Dio c’è insieme il perdono e la giustizia. Certo il discepolo è invitato al perdono, ma lui sa che nella storia c’è una necessità di giudizio e di giustizia. Lo stesso vangelo non ha soltanto parole di perdono illimitato, ma anche parole di giudizio: “Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano a lui giorno e notte? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente” (Lc 18,78). “I re della terra” Sono gli imperatori romani, in quanto capi di stato ostili a Cristo e alla sua Chiesa. “I grandi” Sono gli ufficiali di stato: i proconsoli persecutori. “I ricchi e i potenti” Né il benessere né la forza permetteranno di sfuggire al giudizio di Dio. “Si nascosero” Questa reazione psicologica continuerà a torturare anche l’ultima generazione degli empi. IN SINTESI La storia umana è una storia di salvezza, anche se lungo i secoli, le generazioni future vedranno ancora schiere foltissime di martiri giungere alla vita attraverso la morte, pervenire alla vittoria per mezzo della sconfitta e arrivare alla gloria mediante il sacrificio. Non si deve quindi badare alle tribolazioni del momento, sapendo che la crescita della Chiesa trionfante è continua ed esplosiva, bisogna avere l’ottimismo della fede: si deve cioè essere certi che il Regno di Dio aumenta ininterrottamente e che alla fine tutto si consumerà nella luce e nella gloria. COMMENTO SPIRITUALE “Fino a quando…?”: questa è la preghiera del perseguitato, dell’oppresso, di colui che attende solo da Dio la giustizia. È la supplica che la vedova rivolge al giudice iniquo “fammi giustizia”. La preghiera non è solo accettazione, rassegnazione, ma è principio di trasformazione, è potenza di cambiamento radicale, perché tutti facciamo i conti con la banalità del quotidiano. La preghiera può cambiare tutto se nel quotidiano troviamo l’impronta di Dio. La preghiera ci risarcisce della banalità del quotidiano, ci fa intuire lo splendore delle cose. Gesù stesso prega a lungo, per farci capire che la vita non è solo efficienza e lavoro, ma anche contemplazione, amicizia, gioco, festa. Nella preghiera l’uomo vive la dipendenza da Dio e l’amore per lui; ringrazia e loda per i do-ni ricevuti; chiede e si dispone a ricevere quelli sperati. “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete (Mt 21,22). Con queste parole il Signore non si è impegnato a esaudire tutti i nostri desideri, ma a compiere tutte le sue promesse. Dobbiamo chiedere innanzitutto il regno di Dio, la presenza dello Spirito Santo in noi. Possiamo anche chiedere con semplicità e fiducia qualunque cosa buona, ma senza pretese, subordinando il nostro desiderio alla volontà di Dio. Dio spesso non esaudisce la nostra richiesta concreta, ma ci viene incontro in un modo più alto, come ha fatto con Gesù. Così veniamo trasformati interiormente, ci conformiamo alla divina volontà di salvezza, riceviamo energie e motivazioni più pure. In questo senso la preghiera è sempre efficace. Nel nostro contesto la preghiera “Fino a quando…?” è l’invocazione dei martiri che attendono da Dio una risposta alle loro richieste di giustizia, e il martire è il primo testimone di Cristo perché consegna la sua vita al Signore. Testimone di Gesù non è certamente la persona più colta, più curata, ma è quel povero che sa di essere nulla e di non avere nulla, dal momento che ha consegnato tutto se stesso a Dio. Con Gesù è arrivato il tempo in cui gli uomini possono essere trasformati e così partecipare alla vita stessa di Dio pur nella precarietà della condizione umana. L’uomo è fatto per la gloria e Gesù gli manifesta che c’è qualcosa che va oltre ciò che l’uomo è e fa. Il mondo di oggi ha bisogno di contemplare sul nostro volto la luce del Signore risorto!!! IL TRIONFO DEGLI ELETTI (Ap 7,1-17) Il testo 7,1 Dopo questo, vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta. 2. E vidi salire dall’oriente un altro angelo con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare. 3. «Non devastate né la terra né il mare né le piante finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». 4. 5. 6. E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele: dalla tribù di Giuda, dodicimila segnati con il sigillo; dalla tribù di Ruben, dodicimila; dalla tribù di Gad, dodicimila; dalla tribù di Aser, dodicimila; dalla tribù di Nèftali, dodicimila; dalla tribù di Manasse, dodicimila; 7. 8. 9. dalla tribù di Simeone, dodicimila; dalla tribù di Levi, dodicimila; dalla tribù di Ìssacar, dodicimila; dalla tribù di Zàbulon dodicimila; dalla tribù di Giuseppe, dodicimila; dalla tribù di Beniamino, dodicimila segnati con il sigillo. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in candide vesti, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10. E gridavano a gran voce:«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello». 11. E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi e adorarono Dio dicendo: 12. «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!». 13. Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14. Gli risposi: «Signore, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. 15. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. 16. Non avranno più fame né avranno sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, 17. perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi». COMMENTO ESEGETICO Tra il sesto e il settimo sigillo, Giovanni inserisce la visione della Chiesa gloriosa e protetta da Dio, contrapposta agli “abitanti della terra” che sono presi dal panico per l’approssimarsi del giudizio. In questa visione, Giovanni vede il popolo di Dio su questa terra posto sotto la divina protezione in vista del tempo dell’imminente tribolazione. “Quattro angoli della terra” La terra è vista come una superficie rettangolare. “Quattro venti” Si credeva che i venti favorevoli spirassero dai lati della terra, mentre quelli nocivi dagli angoli. I quat-tro venti che soffiano dai confini della terra simboleggiano le forze distruttrici di questo mondo e annunciano l’ultimo giorno. “Quattro angeli” Come un angelo ebbe potere sul fuoco e un altro il dominio sull’acqua, così i quattro angeli sono qui preposti ai venti con il compito di imbrigliarli. “Il sigillo del Dio vivente” Secondo l’usanza degli antichi, i signori orientali imprimevano il sigillo del loro anello sulle loro proprietà, rivendicandone così l’appartenenza. Allo stesso modo chiunque porta il “sigillo del Dio vivente” è sua proprietà. “144 mila” 12x 12x 1.000 144.000 Il numero 12 corrisponde alle tribù d’Israele (il popolo di Dio) e 1.000 indica un numero indefinito, perciò i 144.000 simboleggia la moltitudine degli eletti il cui vero numero è noto solo a Dio. “Nazione, razza, popolo e lingua” La folla degli eletti è incalcolabile. In un primo momento sembra che gli eletti provengano solo dalle tribù d’Israele, ma poi si precisa che la folla dei salvati proviene da ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Giovanni non pensa all’antico Israele, ma al “nuovo”, che non è racchiuso entro i confini della razza, ma della fede. “Moltitudine immensa, che nessuno poteva contare” I vv. 9-12 descrivono il trionfo degli eletti, mentre i vv. 13-17 spiegano i dettagli che simboleggiano la loro felicità: La “palma” è segno della vittoria degli eletti. La “salvezza” esprime la lode degli eletti a Dio e all’Agnello per la loro salvezza. L’“Amen” posto all’inizio e alla fine della dossologia esprime la partecipazione del cielo alla lode degli eletti. “Quelli che vengono dalla grande tribolazione” C’è chi li identifica con i martiri, ma sarebbe forse meglio identificare questa folla con tutti i membri della Chiesa rimasti fedeli durante la crisi finale. “La grande tribolazione” L’allusione è alle persecuzioni scatenate contro i cristiani, soprattutto a quella di Nerone. Ma può anche riferirsi a quella descritta in 13,710 e che precede il giudizio finale. “Nel sangue dell’Agnello” Il “sangue” è simbolo della morte di Cristo e dell’efficacia della sua opera di salvezza. La formula “nel sangue” potrebbe derivare dalla liturgia eucaristica. Gli eletti che vivono in unione con Dio qui sono rappresentati nell’atto di celebrare senza interruzione una liturgia celeste. È la totalità del popolo santo di Dio che prende parte a questa adorazione. La felicità celeste è qui descritta in una serie di espressioni dell’Antico Testamento. I verbi sono tutti al futuro e pongono in risalto come questa visione termini con una promessa: i cristiani non conosceranno mai più la “sofferenza”. IN SINTESI Il testo mostra una visione anticipata della beatitudine celeste della Chiesa trionfante, la Gerusalemme celeste il cui “progettista e architetto è Dio stesso”. COMMENTO SPIRITUALE Questo brano descrive con alcune immagini bibliche la gioia escatologica e la felicità dei “beati”. Il cristianesimo è la religione della gioia, non a caso la figura letteraria della “beatitudine” è piuttosto frequente nella Bibbia. Come mai molti credenti non mostrano di essere felici? Qual è la via cristiana ala felicità? Nell’A.T. la felicità si trova nella fede in Dio, nel devoto rispetto verso di lui, nell’obbedienza alla sua legge: Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede (Sal 33,12) Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio, creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene. Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati (Sal 146,5-7). Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie (Sal 128,1). Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte (Sal 1,1-2). Nel N.T. si incontrano le beatitudini della fede (Lc 1,45; 11,28; Gv 20,29); della scoperta di Gesù (Mt 13,16; 16,17); della vigilanza operosa (Mt 24,46); del servizio reciproco (Gv 13,17) e altre ancora. Soprattutto risaltano le beatitudini del Regno (Mt 5,3-12; Lc 6,20-23) che sintetizzano la perfezione cristiana e delineano il ritratto del discepolo di Gesù. Esse indicano una via imprevedibile e paradossale alla felicità: è la via dell’amore crocifisso, che dà significato alla sofferenza anche prima di eliminarla. L’annuncio di Gesù trova sorprendente verifica nell’esperienza concreta dei suoi discepoli. Così si esprime S. Paolo con i cristiani di Corinto: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsia-si genere di afflizione” (2Cor 1,3-4). “Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto” (2Cor 6,10). “Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione” (2Cor 7,4). “Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Questa gioia che può coesistere anche con la sofferenza, è partecipazione del cristiano alla pasqua di Cristo. “Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione” (2Cor 1,5). “Abbiamo questo tesoro in vasi di creta… portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,7.10). La via cristiana della felicità si delinea con particolare nitidezza nel Discorso della Montagna, che si riassume nell’affidarsi totalmente all’amore di Dio e nel riamare Dio e gli altri fino al dono totale di sé. Su questa via Gesù si pone davanti a noi come modello vivo e personale: chi lo segue “non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. A Colui che siede sul trono e all’Agnello sia lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli. Amen.