PLATONE (teoria della conoscenza: opinione e scienza) prof. Michele de Pasquale Platone espone compiutamente la sua teoria della conoscenza “ Supponi allora di prendere una linea tagliata in due segmenti disuguali, e dividi ancora con lo stesso criterio entrambi i segmenti, quello della specie visibile e quello della specie intellegibile. In base al rapporto reciproco di chiarezza e oscurità, nella parte visibile avrai uno dei due segmenti costituito da immagini; e per immagini intendo in primo luogo le ombre, poi i riflessi nell'acqua e in tutti i corpi compatti, lisci e lucidi, e ogni fenomeno del genere, se comprendi». «Certo che comprendo». «Considera poi l'altro segmento costituito dai modelli ai quali si conformano queste immagini: gli esseri viventi attorno a noi, tutte le piante e gli oggetti costruiti dall'uomo». «Va bene», disse. % «E saresti disposto», domandai, «ad ammettere che l'immagine si distingue dal suo modello in relazione alla verità o non verità, come l'opinabile si distingue dal conoscibile?» «Ma certo!», rispose. «Esamina ora come va diviso il segmento dell'intellegibile». «Ossia?» «Con il seguente criterio: l'anima è costretta a indagarne la prima parte sulla base di ipotesi, usando come immagini le cose che nell'altro segmento erano oggetto di imitazione e procedendo non verso il principio ma verso la fine, mentre nella seconda parte muove da un'ipotesi verso il principio assoluto senza fare ricorso alle immagini relative, conducendo la sua ricerca solo per mezzo delle idee». «Non ho capito bene questo concetto», disse. «Ricominciamo daccapo, allora,» ripresi: «dopo che avrò fatto questa premessa lo capirai meglio. Tu sai, credo, che gli esperti di geometria, di calcoli e di simili studi presuppongono il pari e il dispari, le figure, le tre specie di angoli e altri postulati analoghi a questi in base alla ricerca che stanno conducendo. Essi danno per scontati questi elementi, che vengono posti come premesse, e non ritengono di doverne rendere conto né a se stessi né ad altri, in quanto evidenti a chiunque; poi, partendo da essi, spiegano il resto e alla fine arrivano tranquillamente all'oggetto iniziale della loro indagine». «Questo lo so benissimo», disse.% «Allora sai anche che utilizzano figure visibili e costruiscono su di esse le dimostrazioni, non pensando però a queste, bensì ai loro modelli: eseguono i calcoli sul quadrato e sul diametro in sé, non su quelli che stanno tracciando, e così via. E delle stesse figure che costruiscono e disegnano, e che proiettano ombre e riflessi nell'acqua, si servono a loro volta come di immagini, cercando di cogliere quelle realtà in sé che non si possono vedere se non con l'intelletto». «Hai ragione», disse. «Questa dunque è la specie che io chiamavo intellegibile e che l'anima è costretta a indagare mediante il ricorso all'ipotesi, senza procedere verso il principio, perché non può elevarsi al di sopra delle ipotesi, ma servendosi come di immagini delle stesse cose che corrispondono alle copie del segmento inferiore e che rispetto a queste ultime hanno acquisito la fama e il pregio dell'evidenza». «Comprendo», disse, «che ti riferisci alla geometria e alle arti affini Cerca allora di comprendere che per seconda sezione dell'intellegibile io intendo quella alla quale la ragione stessa attinge grazie alla facoltà dialettica, interpretando le ipotesi non come princìpi, ma realmente come ipotesi, come se fossero punti d'appoggio e di partenza per arrivare fino al principio di ogni cosa, che è esente da ipotesi; raggiunto questo principio, e attenendosi alle conseguenze che ne derivano, la ragione ridiscende verso la fine senza usare alcun riferimento sensibile, ma solo le idee, e passando dall'una all'altra conclude nelle idee l'intero processo». % «Comprendo», disse, «anche se non abbastanza: mi sembra che tu stia affrontando una questione complessa, nell'intento di dimostrare che la parte dell'essere e dell'intellegibile contemplata dalla scienza dialettica è più evidente di quella contemplata dalle cosiddette arti, che hanno come princì pi delle ipotesi; in effetti coloro che studiano l'essere attraverso le arti sono costretti a usare la riflessione, non i sensi, ma per il fatto che nell'indagine non risalgono al principio, ma procedono per ipotesi, ti sembra che non lo colgano, benché sia intellegibile con un principio. Mi sembra inoltre che tu chiami riflessione, non intelletto, la condizione degli studiosi di geometria e delle discipline affini, come se fosse qualcosa di intermedio tra l'opinione e l'intelletto». «Hai capito perfettamente», risposi. «Ora applica ai quattro segmenti queste quattro condizioni presenti nell'anima: a quello superiore l'intelletto, al secondo la riflessione, al terzo attribuisci l'assenso e all'ultimo la congettura. Poi disponili con lo stesso criterio, ritenendoli partecipi della chiarezza nella stessa misura in cui il loro oggetto partecipa della verità». «Comprendo», disse, «e sono d'accordo a disporli come suggerisci “ (Platone, Repubblica VI 509-511c) IMMAGINAZIONE (eikasìa) FEDE / CREDENZA (pistis) conoscenza sensibile o opinione oggetti dell’ eikasìa sono le immagini sensibili (le cose vengono scambiate con le immagini) oggetti della pistis è la realtà percepita coi sensi (le cose vengono colte nella loro realtà sensibile: si vedono, si toccano...) PENSIERO DISCORSIVO (diànoia) INTELLEZIONE (nòesis) conoscenza intellegibile o scienza oggetti della diànoia sono gli enti intellegibili come i numeri, le figure geometriche oggetti della nòesis sono le idee, la forma puramente intellegibile dell’oggetto, il suo essere in sè: enti assolutamente universali che hanno solo una pallida analogia con le realtà particolari corrispondenti che rapporto hanno le idee con gli oggetti della conoscenza sensibile? stanno solo nell’anima, o esistono indipendentemente dal soggetto che le conosce e degli stessi oggetti sensibili che ne costituiscono le copie imperfette? per dare risposte a queste domande bisogna passare ad un livello d’analisi ulteriore: quello ontologico