Avv. Carlo Di Brino
SEGNI DISTINTIVI

In un mercato che vede coesistere più
imprenditori che producono e distribuiscono
beni e servizi identici o similari, ciascun
imprenditore deve utilizzare di regola uno o
più fattori di individuazione, uno o più segni
distintivi che ne consentano l'individuazione
sul mercato e rispetto alla concorrenza.
Avv. Carlo Di Brino
Nozione di “segni distintivi”


mezzi di individuazione dell'azienda,
dell'impresa o di elementi o di prodotti di essa;
dal punto di vista giuridico, sono beni
immateriali, la cui titolarità si acquista in virtù
dell'uso fattone prima di altri (pre-uso), e che
possono essere trasferiti, a seconda dei casi,
da soli o insieme all'impresa.
Avv. Carlo Di Brino
Funzione dei segni distintivi


Insieme hanno una funzione comune
nell'economia di mercato:
favoriscono la formazione ed il mantenimento
della clientela in quanto consentono al pubblico
ed in particolare ai consumatori di distinguere
fra i vari operatori economici e di operare
scelte consapevoli.
Il loro ruolo si può quindi definire quello di
"collettori di clientela".
Avv. Carlo Di Brino
Fondamento
Vi sono grandi interessi perciò sulla funzione e
sui vantaggi che possono dare tali segni.
Su tutti questi domina però il più ampio e
generale interesse a che la competizione si
svolga in modo ordinato e leale.
A questo tende la regolamentazione giuridica
dei segni distintivi dell'imprenditore, che perciò
costituisce aspetto e profilo della più generale
disciplina della concorrenza.
Avv. Carlo Di Brino
Principi comuni
Libertà nella formazione dei
propri segni distintivi
b) Diritto all'uso esclusivo
c) Diritto di trasferimento
a)
Avv. Carlo Di Brino
libertà nella formazione dei propri
segni distintivi

l'imprenditore gode di ampia libertà nella
formazione dei propri segni distintivi, evitando
inganni e confusione nel rispetto di determinate
regole di verità, novità e capacità distintiva.
Avv. Carlo Di Brino
Diritto di trasferimento


L'imprenditore può trasferire ad altri i propri segni
distintivi. Ma neppure tale diritto è pieno ed
incondizionato poiché il trasferimento è possibile
solo se è contestualmente trasferita anche
l'azienda (od un ramo di essa).
Si vuole, in altri termini, che permanga almeno un
collegamento oggettivo con l'apparato materiale
utilizzato dall'originario titolare del segno distintivo.
Avv. Carlo Di Brino
Diritto all'uso esclusivo


L'imprenditore ha il diritto all'uso esclusivo dei propri
segni distintivi. Si tratta però di un diritto non assoluto
ma relativo e strumentale alla realizzazione della
funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti.
Il titolare di un segno distintivo non può perciò
impedire che altri adotti il medesimo segno distintivo
quando, per la diversità delle attività di impresa o per la
diversità dei mercati serviti, non vi è pericolo di
confusione e sviamento della clientela.
Avv. Carlo Di Brino
Disciplina




Nel nostro ordinamento ditta, insegna e marchio sono
disciplinati separatamente con disposizioni parzialmente
diverse e di diversa ampiezza, di per sé indicativa della
diversa rilevanza economica dei tre segni distintivi.
La ditta è regolata dagli artt. 2563-2567 c.c.
L'insegna è regolata dal solo art. 2568.
È fuori dubbio, nella moderna economia di mercato, la
centralità del ruolo del marchio, la cui disciplina dettata dagli
art. 2568-2574 c.c. e dal R.D. 21.06.1942 n° 929 (cosiddetta
legge marchi) è stata in più punti modificata nel 1992 in
attuazione della prima direttiva CEE di armonizzazione delle
legislazioni sui marchi
Avv. Carlo Di Brino
SEGNI DISTINTIVI DELL’IMPRESA
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


DITTA: contraddistingue la persona dell'imprenditore
nell'esercizio dell'attività d'impresa
INSEGNA: individua i locali in cui tale attività viene
esercitata
EMBLEMA: figura simbolica di solito accompagnata da
un motto o da una dichiarazione in versi, o anche da
un commento in prosa
RAGIONE e DENOMINAZIONE SOCIALE: sono per la
società ciò che il nome civile è per la persona fisica.
MARCHIO: individua e distingue i beni e servizi
prodotti
Avv. Carlo Di Brino
DITTA
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

Il codice vigente non offre una definizione della ditta.
La ditta é il nome dell'imprenditore o il nome sotto il
quale un soggetto esercita un'impresa, a condizione
che non si pensi ad una funzione di identificazione del
titolare dell'impresa. La ditta é il segno che
contraddistingue un'attività d'impresa, svolta da un
certo soggetto con un certo complesso aziendale.
Il nome di un'impresa o di un'azienda; per
estensione, l'impresa stessa; anche la sede
dell'impresa.
Avv. Carlo Di Brino
Generalità


La ditta può essere formata dal solo nome
dell'imprenditore (ditta patronimica) o da una
denominazione di fantasia, nella quale, però deve
essere sempre contenuto almeno il cognome o la sigla
dell'imprenditore.
Questi ha un diritto all'uso esclusivo della ditta; può
impedire l'uso di una ditta che possa confondersi con
quella da lui prescelta.
Avv. Carlo Di Brino
Disciplina
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
La normativa in tema di ditta é formata da solo quattro articoli
del codice civile vigente (artt. 2563/2566). Alla povertà del suo
corredo sanzionatorio (che si limita all'obbligo di differenziazione
da ditte preesistenti confondibili fissato dall'art. 2564 c.c.) si ovvia
applicando le sanzioni previste contro gli atti di concorrenza
sleale (artt. 2599-2600 c.c.), in quanto la violazione del diritto alla
ditta costituisce sicuramente un atto di confusione, represso
dall'art. 2598, n° 1, c.c.
Le lacune della parte sostanziale della disciplina della ditta
vengono colmate ricorrendo alla disciplina dei marchi, che viene
considerata suscettibile di applicazione analogica alla ditta pur in
assenza di un preciso rinvio del legislatore.
Avv. Carlo Di Brino
TITOLARITÀ E CONTENUTO DEL
DIRITTO ALLA DITTA



L'art. 2563 c.c. prevede che titolare della ditta possa
essere solo un imprenditore (sia agricolo che
commerciale), quali che siano le dimensioni
dell'impresa.
Può essere titolare di una ditta anche l'imprenditore "in
fieri", che sia già in fase organizzativa e che già, nei
rapporti con i terzi, spende il nome commerciale.
Oggi si assume correntemente che un imprenditore
possa essere titolare di più ditte, individuando con
ciascuna di esse le diverse attività d'impresa di cui sia
titolare.
Avv. Carlo Di Brino
Segue
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
Il diritto é regolato dalla stesso principio di relatività che regola
il diritto di marchio, e quindi l'ambito dell'esclusiva é limitato
all'attività d'impresa effettivamente svolta ad alle attività affini.
Si é discusso se la ditta sia un segno distintivo obbligatorio o
facoltativo. La risposta é nel primo senso, in quanto chi svolge
attività d'impresa senza adottare alcun particolare segno viene
inteso dall'ordinamento vigente come operante l'attività sotto il
proprio nome. Il nome civile e la denominazione o ragione
sociale costituiscono "naturalmente" la ditta della persona fisica
e, rispettivamente, della società , che gestiscono un'impresa
senza aver adottato per contraddistinguerla alcun segno
particolare.
Avv. Carlo Di Brino
Caratteri
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
Principio della verità: la ditta deve contenere
almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore
medesimo (art. 2563 c.c.)
Principio della novità: la ditta deve essere in
grado di caratterizzare l’impresa,
differenziandola da altre “similari” (art. 2564
c.c.)
Avv. Carlo Di Brino
VERITÀ, OBBLIGO DI INSERIMENTO
DEL NOME NELLA DITTA
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
Il principio di verità vieta anzitutto che si inseriscano nel
segno indicazioni non veritiere sull'attività, o comunque capaci
di trarre in inganno il pubblico
Si ritiene che l'obbligo di includere nella ditta individuale il
cognome o la sigla dell'imprenditore abbia lo scopo di
assicurare l'identificazione di questo ultimo, e quindi di tutelare
gli interessi dei terzi creditori. E' comunque indubbio che la
norma abbia grande utilità a tale scopo.
Nella prassi, chiunque voglia seriamente individuare il titolare
di un'impresa, ed il socio personalmente responsabile, non
potrà in alcun modo basarsi sulla ditta, ma dovrà sempre
effettuare accertamenti presso la Camera di Commercio o
attraverso altri sistemi di pubblicità .
Avv. Carlo Di Brino
FATTO COSTITUTIVO DEL DIRITTO
ALLA DITTA
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
Fatto costitutivo del diritto alla ditta é l'uso.
Uso della ditta é la spendita del segno nei rapporti
d'affari. La ditta compare infatti come intestazione dei
fogli di corrispondenza e nei vari moduli utilizzati
dall'imprenditore nell'esercizio della propria attività , e
viene riprodotta a fianco della sottoscrizione
dell'imprenditore.
Questi, di solito, firma "per" la sua ditta così come il
legale rappresentante di un ente firma "per" l'ente: in
entrambi i casi sussiste, oltre la ditta o la
denominazione dell'ente, trascritta a mano o tramite
timbro o a stampa, una firma autografa della persona
fisica.
Avv. Carlo Di Brino
REQUISITI DI VALIDITÀ DELLA
DITTA
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
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
I requisiti di validità della ditta sono la liceità, la verità, la novità e la
capacità distintiva.
L'assenza di ciascun requisito dà luogo ad una nullità assoluta, rilevabile
da qualunque interessato senza limiti di tempo (come in tema di marchi).
Il controllo della sussistenza di tali requisiti viene effettuato dal giudice
ordinario. Non esistendo un sistema di registrazione, la ditta non é assistita
da alcuna presunzione legale di validità.
Il titolare che agisca per la violazione del segno dovrà quindi provare la
validità del segno per cui chiede tutela.
D'altra parte, l'invalidità del segno non comporta, di regola, divieto di uso
dello stesso, ma solo impossibilità di vantare l'esclusiva, un divieto di uso
si avrà soltanto nel caso in cui l'invalidità deriva dal conflitto con diritti altrui.
Avv. Carlo Di Brino
Tutela


L’imprenditore può pretendere da chi abbia
posteriormente adottato una ditta uguale o simile alla
sua, che questi la differenzi, mediante modifiche o
integrazioni, tali da evitare confusione (azione di
usurpazione e contraffazione)
L’imprenditore può pretendere il risarcimento dei
danni se da parte dell’altro imprenditore ci sia stato
dolo o colpa nell’uso della propria ditta
Avv. Carlo Di Brino
Azione di contraffazione e
usurpazione


Azione di contraffazione: Mira ad ottenere
una sentenza che inibisca l’ulteriore
sfruttamento abusivo, nonché la rimozione o la
distruzione dei mezzi usati per la
contraffazione e dei prodotti contraffati
Azione di usurpazione: Mira ad ottenere una
sentenza che ordini la cessazione del fatto
lesivi
Avv. Carlo Di Brino
LA CONFONDIBILITÀ FRA SEGNI:
Ditte omonime



Il diritto alla ditta é regolato dal principio di specialità: il titolare
ha diritto esclusivo all'uso del segno per il tipo di attività che si
svolge ed all'interno dell'ambito territoriale entro il quale lui
stesso opera. Il titolare della ditta, cioè, non ha una protezione
assoluta del segno contro il rischio di omonimie;
ditte omonime possono coesistere, se riferite ad imprese che
svolgono attività diverse e/o operano in ambiti territoriali
diversi.
Perché si abbia contraffazione di ditta non basta che si abbia
identità o affinità o confondibilità tra i segni; occorre anche che
si abbia identità o affinità tra le sue attività, e che l'ambito
territoriale delle due attività coincida, almeno in parte. Così
dispone l'art. 2564, primo comma, c.c.
Avv. Carlo Di Brino
DITTA UFFICIALE (REGISTRATA) E
DITTA UFFICIOSA (DI FATTO)




Spesso una ditta viene usata in una forma più o meno diversa
da quella "ufficiale", cioè da quella che risulta nei registri della
Camera di Commercio e del Tribunale, negli atti notarili ecc.
L'uso può riguardare, ad esempio, il modo in cui la ditta é
denominata nella pratica commerciale, o in cui figura negli
stampati dell'impresa e nella pubblicità.
Una ditta può essere usata nella forma abbreviata, e o solo la
parte di fantasia, senza i nomi e i cognomi che eventualmente
figurino nei registri ufficiali. In questo caso si parla di ditta
ufficiosa, o di fatto.
E' pacifico, in giurisprudenza, che la ditta ufficiosa abbia quanto
meno la stessa rilevanza di quella ufficiale. Ciò significa che il
titolare della ditta ufficiosa ha tutto il diritto di impedirne
l'imitazione.
Avv. Carlo Di Brino
LA CONCORRENZA IN SENSO TERRITORIALE E
MERCEOLOGICO FRA DITTE

Ai fini dell'individuazione della presenza di un
rapporto di concorrenza tra due imprese in
senso territoriale, per luogo di esercizio
dell'attività di impresa deve intendersi non solo
l'intera zona raggiunta dall'impresa nelle sue
operazioni di produzione, di vendita, di
approvvigionamento, ma anche in termini più
ampi, l'intera zona potenzialmente
raggiungibile.
Avv. Carlo Di Brino
Confondibilità: stesso cognome


La confondibilità fra due ditte può derivare
dallo stesso cognome. D'altra parte in certi casi
é la stessa legge ad imporre che il cognome
dell'imprenditore o del socio figuri all'interno
della ditta.
Tale regola é prescritta in materia di imprese
individuali (art. 2563), di società in nome
collettivo (art. 2292), di società in accomandita
semplice e per azioni (artt. 2314 e 2463).
Avv. Carlo Di Brino
Segue: apparente contraddizione

Questa apparente contraddizione é stata varie
volte considerata dalla giurisprudenza. Al
riguardo é stato osservato che le norme ora
richiamate non hanno lo scopo di garantire
l'inconfondibilità fra le ditte, ma quello di
tutelare l'interesse dei terzi alla conoscibilità
delle persone fisiche responsabili per le
obbligazioni dell'impresa.
Avv. Carlo Di Brino
Segue: Soluzione


Con questa premessa é stato chiarito che, quando l'indicazione del
cognome é obbligatoria, esso non deve essere eliminato. Tuttavia la
parte tenuta a differenziare la propria ditta deve modificarla in modo
tale che il cognome assuma una funzione diversa da quella distintiva
in senso proprio. Ciò é realizzabile affiancando il nome patronimico ad
una ditta di fantasia. E' opportuno osservare che l'aggiunta al
cognome del semplice prenome, anziché di una parola puramente
fantastica, é comunemente ritenuta inidonea ad impedire la
confondibilità.
Va in ogni caso sottolineato che il problema ora visto ha ragione di
porsi solo quando l'indicazione del cognome é specificatamente
prescritta da una norma di legge. Quando invece essa non é
obbligatoria nulla osta a che il cognome confusorio venga totalmente
cancellato dalla ditta.
Avv. Carlo Di Brino
Trasferimento
Il trasferimento della ditta é regolato dell'art.
2565 c.c. che collega la circolazione del segno
alla circolazione dell'azienda.
La ditta rimane immodificata, salvo l’uso
diffusosi nella prassi, di stampigliare sotto il
nome della ditta trasferita, anche quello del
successivo imprenditore, in applicazione del
principio della verità
Avv. Carlo Di Brino
LE SANZIONI A TUTELA DELLA DITTA



A tutela della ditta si applicano le sanzioni
dettate in materia di concorrenza sleale:
inibitoria, rimozione degli effetti, risarcimento
del danno e pubblicazione della sentenza.
Si applica la presunzione di colpa di cui all'art.
2600, terzo comma c.c.
Sul piano della tutela cautelare si farà ricorso
all'art. 700 c.p.c.
Avv. Carlo Di Brino
INSEGNA




È il segno distintivo dei locali nei quali si svolge
l’attività dell’imprenditore
in genere, qualsiasi segno o contrassegno visibile, che
sia distintivo di una determinata condizione o serva ad
altri di guida.
Quando l'insegna è uguale o simile a quella usata da
altro imprenditore e può creare confusione per
l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è
esercitata, deve essere integrata o modificata con
indicazioni idonee a differenziarla.
L'insegna è tutelata, al pari della ditta o della sigla,
quantunque non ne sia prescritta la registrazione.
Avv. Carlo Di Brino
Tutela
Solo quando l’insegna non è generica, ma ha
capacità distintiva, sono applicabili le stesse
norme previste per la tutela della ditta (art.
2568 c.c.).
Avv. Carlo Di Brino
Conflitti tra insegne



Per espressa disposizione dell'art. 2568 c.c., i conflitti fra
insegne simili dono disciplinati allo stesso modo di quelli fra
ditte.
Anche per la insegna la giurisprudenza ha rilevato la
necessità di non intendere il suo ambito territoriale di
protezione in modo eccessivamente restrittivo.
In sostanza, l'imprenditore avrebbe diritto all'esclusiva della
sua insegna non solo nella zona dove attualmente eserciti
la sua attività ma anche nel territorio raggiungibile dagli
"sviluppi potenziali della stessa sulla base di atti o fatti
concreti". In altri termini, la tutela riguarderebbe tutta la sua
zona di attività potenziale
Avv. Carlo Di Brino
LA CIRCOLAZIONE DELL'INSEGNA


Nel sistema di franchising, di cui l’insegna é
elemento caratteristico, si ingenera nel
consumatore il convincimento di acquistare da
un distributore dipendente dal produttore
anziché da un distributore autonomo.
Viene generalmente ammessa la circolazione
dell'insegna.
Avv. Carlo Di Brino
Segue


Due gli orientamenti prevalenti:
- Secondo il primo si ritiene il segno cedibile
liberamente, e cioè senza vincoli di sorta. Questa
soluzione viene sostenuta anche sulla base
dell'asserita limitata funzione propria dell'insegna:
distinguere il solo locale ad esercizio dell'impresa.
Pertanto in quest'ottica se ne deduce che il
trasferimento isolato non comporterebbe seri pericoli
per i consumatori. (FERRARA 1992, VERCELLONE
1983, MANGINI 1982).
Avv. Carlo Di Brino
Segue: secondo orientamento

- L'opinione prevalente ritiene invece che come la ditta
anche l'insegna possa essere trasferita solo in
connessione con l'azienda. Sotto questo profilo si
richiama l'applicazione analogica dell'art. 2565 c.c.
sulla base del riscontro di similitudine se non di
corrispondenza di funzione svolta in concreto tra i due
segni distintivi (ASCARELLI 1960, AUTERI 1973,
CASANOVA 1955, DI CATALDO 1983, RAVÀ 1986).
Avv. Carlo Di Brino
Segue: giurisprudenza

Anche per la giurisprudenza l'insegna può essere
trasferita solo in connessione con l'azienda. Tuttavia il
parallelismo con la ditta, e il conseguente richiamo del
2565 c.c., avvengono in prevalenza per subordinare la
cessione dell'insegna ad un'espressa manifestazione
di consenso da parte dell'alienante, in mancanza della
quale ditta e l'insegna si ritengono possano continuare
ad essere utilizzate dall'imprenditore cedente.
Avv. Carlo Di Brino
EMBLEMA

L'emblema é un segno distintivo menzionato più volte
dal legislatore (art. 2569 c.c. etc.) ma non definito né
disciplinato. Nella pratica la parola emblema
contraddistingue un segno costituito esclusivamente o
prevalentemente da una figura ed utilizzato per
contraddistinguere un'attività d'impresa, con un
funzione, quindi, uguale a quella di una ditta
puramente figurativa o di un marchio generale (es.
biscione Alfa Romeo), o anche se utilizzato per
contrassegnare i locali dell'azienda, di un'insegna.
Avv. Carlo Di Brino
Disciplina

La disciplina va quindi cercata nell'estensione
delle regole della ditta; l'art. 2569 c.c. concede
espressamente la possibilità di registrazione
come marchio, che dà al segno una protezione
più forte; rimane in ogni caso fruibile la
protezione fornita dal divieto di atti di
concorrenza sleale per confusione (art. 2598
c.c.).
Avv. Carlo Di Brino
RAGIONE SOCIALE


la denominazione data a una società
commerciale per contraddistinguerla da altre
(sinonimo di ditta);
è formata dal nome di un socio o di più soci
nelle società in nome collettivo o in
accomandita, oppure dalla denominazione
dell'oggetto sociale, da una sigla o da un nome
di fantasia nelle società per azioni.
Avv. Carlo Di Brino
Generalità



Il codice vigente chiama ragione sociale il nome delle
società con soci illimitatamente responsabili, e cioè
della società in nome collettivo (art. 2292) e in
accomandita semplice (art. 2314 c.c.);
chiama invece denominazione sociale il nome della
società in cui tutti i soci godono della responsabilità
limitata, e cioè della società per azioni (art. 2326 c.c.) e
della società a responsabilità limitata (art. 2473 c.c.);
anche per la società in accomandita per azioni l'art.
2463 c.c. parla di denominazione sociale.
Denominazione e ragione sociale sono segni
necessari.
Avv. Carlo Di Brino
Principio di verità



La formazione del nome è vincolata al principio di verità, nel
senso che la ragione sociale della società in accomandita
semplice (e la regola ricompare per la denominazione sociale
della società in accomandita per azioni) deve contenere il
nome di un socio illimitatamente responsabile e l'indicazione del
tipo di società;
per la società in nome collettivo, il codice esige la presenza del
nome di un socio, ma richiede solo l'indicazione del rapporto
sociale e non richiede che si indichi il tipo di società.
Le denominazioni sociali della S.p.A. e della S.r.l. devono
indicare il tipo di società, ma per il resto possono essere
formate in assoluta libertà, con elementi fantastici o patronimici
(es. "Eden S.p.A.").
Avv. Carlo Di Brino
Principi di liceità e novità


sicuro che valga il principio di liceità, vietando
indicazioni contrarie alla legge, all'ordine
pubblico o al buon costume;
vale anche il principio di novità (secondo il
dettato dell'art. 2564 c.c. che è richiamato
dall'art. 2567 c.c.).
Avv. Carlo Di Brino
Trasferibilità



E' chiaro che della ragione o denominazione sociale, la
società titolare non può disporre. Esse pertanto in
quanto tali non possono essere oggetto di circolazione.
La società , però , in quanto imprenditore (collettivo),
che esercita una o più attività di impresa, può disporre
della o delle ditte. E in questo modo corrisponde
all'imprenditore singolo.
Denominazione e ragione sociale possono essere
usate in funzione di ditta o ditte e sotto questo profilo
non c'é nessuna ragione per negarne la possibilità di
circolazione.
Avv. Carlo Di Brino
MARCHIO



È il segno idoneo a distinguere determinati prodotti o
servizi dell’impresa, da altri dello stesso genere.
Segno che si imprime su un oggetto per distinguerlo e
riconoscerlo
Contrassegno originale, grafico o figurativo, applicato
ai prodotti di un'impresa per distinguerli da prodotti
simili di altrui fabbricazione, o anche sugli imballaggi
dei prodotti agricoli per garantirne la identificazione o le
caratteristiche.
Avv. Carlo Di Brino
Disciplina
Il D.lgs. 480/1992 ha modificato la funzione distintiva
del marchio:
- sia attenuando lo stretto collegamento fra marchio ed
azienda,
- Sia attribuendo al marchio una funzione di garanzia
della qualità del prodotto o servizio offerto.
- L'occasione per questa novellazione è stata offerta
dall'adeguamento alla Direttiva Cee del 21 dicembre
1988, n. 89/104, che operava un riavvicinamento delle
legislazioni degli stati membri in materia di marchi
d'impresa.
Avv. Carlo Di Brino
Funzioni
1.
2.
3.
La funzione distintiva o di indicazione di
provenienza
La funzione di garanzia di qualità
La funzione attrattiva
Avv. Carlo Di Brino
la funzione distintiva o di
indicazione di provenienza



Il marchio collega il prodotto su cui è apposto alla sua fonte di
provenienza.
Ciò permette ai consumatori l'imputazione della utilità che
traggono dal consumo di quel prodotto o servizio ad un
determinato imprenditore.
La legge del 1942 tutelava tale funzione ed anzi riteneva che la
connessione tra marchio e fonte di produzione del prodotto
dovesse mantenersi anche in caso di cessione del marchio, per
cui vigeva il principio di circolazione vincolata del marchio, cioè
questo poteva essere trasferito solo se veniva trasferita
congiuntamente anche l'azienda, o ramo di questa, necessaria
alla produzione del prodotto su cui tale marchio era apposto.
Avv. Carlo Di Brino
La funzione di garanzia di qualità


Il marchio assicura al consumatore che il prodotto su
cui è apposto presenta un determinato livello di qualità,
ed anzi assicura che tutti i prodotti con quel marchio
presenteranno lo stesso livello qualitativo.
Questa funzione ha avuto un riconoscimento ed una
tutela espliciti con la nuova legge del 1992, che
sancisce, pena la sua decadenza, che il marchio non
debba creare inganno al pubblico.
Avv. Carlo Di Brino
La funzione attrattiva




Il marchio può avere valore in sé, poiché a seguito di una
pressante campagna pubblicitaria può diventare un pregio del
prodotto e quindi differenziarlo da altri prodotti in tutto e per tutto
analoghi.
Questa funzione non veniva tutelata dalla legge del 1942, che
considerava il marchio solo nella sua funzione di indicazione di
provenienza.
Con la novellazione del 1992 questa funzione è stata riconosciuta e
tutelata, poiché ormai evidente nelle moderne economie.
In particolare si è prevista una speciale protezione per il marchio
cosiddetto rinomato, atta ad evitare fenomeni di parassitismo.
Avv. Carlo Di Brino
Classificazione del marchio



In relazione alla forma
In relazione all’oggetto
In relazione ai soggetti che li utilizzano
Avv. Carlo Di Brino
In relazione alla forma




Nominativi: Consistono nel nome del
produttore
Denominativi: Consistono in nomi comuni e di
fantasia, nonché nelle più varie combinazioni di
parole
Figurativi o emblematici: Consistono in
figure, riproduzioni di oggetti del mondo reale o
disegni fantastici (“S” sui prodotti Standa; il
cavallino rampante delle auto della “Ferrari”
Misti o composti: risultanti dalla
combinazione di elementi emblematici,
Avv. Carlo Di Brino
In relazione all’oggetto
1.
2.



Marchi in senso stretto
Marchi di servizio (art. 3 L. 1178/1959):
Contraddistinguono l’attività di imprese di trasporti e
comunicazioni, pubblicità, costruzioni, assicurazioni e
credito, spettacoli, radio e televisione, trattamento di
materiali e simili
Solo i marchi di trattamento vengono apposti sul prodotto
Gli altri sono utilizzati nella pubblicità, o sugli abiti delle
persone che svolgono il servizio, o sugli strumenti
adoperati per prestarlo, ovvero sulle cose che
costituiscono l’oggetto del servizio (nei servizi di noleggio)
o nell’elaborato in cui il servizio si manifesta (messaggio
Avv. Carlo Di Brino
In relazione ai soggetti che li utilizzano




Di fabbrica: apposto sul prodotto dal fabbricante
Di commercio: apposto dal semplice rivenditore
(marchio dei grandi magazzini o dei supermercati), il
quale non può però sopprimere il marchio del
fabbricante
Individuale: utilizzato da un singolo imprenditore
Collettivo o di categoria (art. 2570 c.c. modif. dal
D.Lgs 480/1992)
Avv. Carlo Di Brino
Marchio collettivo


che svolge la funzione di garantire l’origine, la
natura o la qualità di determinati prodotti o
servizi ed è destinato ad un uso plurimo di tutti
coloro che si assoggettano alla osservanza
degli standards qualitativi fissati dal titolare ed
ai relativi controlli
Es: pura lana vergine
Avv. Carlo Di Brino
Requisiti di validità
1.
2.
3.
4.
5.
Originalità (si distinguono in proposito i
marchi deboli da quelli forti)
Verità
Novità
Conformità alla legge, all’ordine pubblico e al
buon costume
Mancata violazione dei diritti esclusivi dei
terzi (d’autore, di proprietà industriale etc.)
Avv. Carlo Di Brino
Originalità


1.
2.
È indispensabile che abbia effettiva efficacia
individualizzante del prodotto
Non generico (vino, vino moscato sono generici)
Marchi forti: dotati di particolare originalità e forza
individuante e quindi maggiormente idonei a colpire
l’attenzione dei consumatori (il marchio “bonny” è
stato ritenuto contraffazione del marchio “buondì”
Marchi deboli: improntati ad una terminologia
tecnica o di uso comune (frequenti nel campo
farmaceutico: “bergamon” non è stato ritenuto
confondibile con il marchi “bergasol”
Avv. Carlo Di Brino
Verità

È vietato inserire nel marchio parole, figure o
segni idonei ad ingannare il pubblico, in
particolare sulla provenienza geografica, sulla
natura o sulla qualità dei prodotti e servizi
Avv. Carlo Di Brino
Novità

Non deve essere già noto come marchio di
prodotti o merci dello stesso genere fabbricati
o messi in commercio da altri imprenditori
Avv. Carlo Di Brino
Conformità alla legge, all’ordine
pubblico o al buon costume
1.






2.
ORDINE PUBBLICO:Tranquillità pubblica risultante dalla
sottomissione alle leggi, dal rispetto dei regolamenti.
Delitti contro l'O.p. : sono l'istigazione a delinquere (art. 414 c.p.),
l'istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p.),
l'associazione per delinquere (art. 416 c.p.),
l'assistenza agli associati a delinquere (art. 418 c.p.),
la devastazione ed il saccheggio (art. 419 c.p.),
la pubblica intimidazione (art. 421 c.p.), anche con il mezzo delle
materie esplodenti (art. 420 c.p.).
BUON COSTUME: Il complesso delle convinzioni morali (spesso
intese quali specificatamente attinenti alla sfera sessuale) che
serve da criterio di valutazione dei comportamenti pubblici e
privati.
Avv. Carlo Di Brino
Uso del marchio
Ciascun imprenditore ha diritto di avvalersi in
modo esclusivo del marchio (art. 2569 c.c.).
Avv. Carlo Di Brino
Il diritto dell’uso può acquisirsi


Con la registrazione presso l’Ufficio Italiano
Brevetti e marchi. Il diritto di uso esclusivo dura
dieci anni ed è rinnovabile illimitate volte.
Con l’uso di fatto che consente a colui che ha
fatto uso di un marchio non registrato di
continuare ad utilizzarlo nonostante l’altrui
registrazione, nei limiti in cui anteriormente se
ne è avvalso (art.2571 c.c.).
Avv. Carlo Di Brino
Titolarità del diritto alla registrazione

1.
2.
3.
4.
La nuova legge marchi (art.22 D.LGS.480/92) afferma che chiunque
può registrare un marchio e quindi esserne titolare, con il solo limite o
della sua effettiva utilizzazione o addirittura del solo proposito di
utilizzazione. In particolare la norma prescrive che può diventare
titolare di un marchio:
l'imprenditore, cioè colui che registra un marchio per
contraddistinguere i prodotti o servizi della sua impresa;
chi lo utilizzi attraverso imprese da lui controllate, e perciò si
configura la possibilità che titolari di un marchio possano essere anche
le holding pure;
chi lo utilizzi attraverso imprese indipendenti che ne facciano uso
con il suo consenso (art.22 D.LGS.480/92, comma secondo). Questa
norma legittima appieno i contratti di merchandising, che tanto
faticosamente erano stati ammessi con la legge precedente.
Anche la P.A.
Avv. Carlo Di Brino
Marchi non registrati: “marchi di fatto”

1.
2.
Può essere titolare di un marchio anche chi non lo
abbia registrato. È il caso dei cosiddetti marchi di
fatto, cioè marchi effettivamente usati per
contrassegnare prodotti o servizi, ma non registrati. L'
uso del marchio necessario per ottenerne la titolarità e
quindi la protezione può consistere:
nell'effettiva presenza sul mercato di prodotti o servizi
contrassegnati da quel marchio. Tale presenza verrà
valutata quantitativamente rilevante in relazione
all'estensione di quel particolare mercato;
nella pubblicizzazione del marchio, anche senza
un'effettiva sul mercato del prodotto.
Avv. Carlo Di Brino
Segue: ambito

A differenza del marchio registrato, che viene
riconosciuto e protetto in tutto il territorio
nazionale, il marchio di fatto può avere anche
un ambito più ristretto, nel caso in cui il suo
uso venga riconosciuto come solamente
locale: in questo caso la protezione
accordatagli sarà solo locale e perciò lo stesso
marchio sarà utilizzabile da altri al di fuori dell'
ambito locale.
Avv. Carlo Di Brino
Effetti della Registrazione



Con la registrazione (c.d. marchio registrato),
disposta dall’Ufficio italiano brevetti e marchi, istituito
presso il Ministero dell’Industria e del Commercio,
l’esclusiva decorre fin dalla data di presentazione
della relativa domanda ed ha efficacia (anche ai fini
della pubblicità) su tutto il territorio nazionale
Copre anche i prodotti affini a quelli individuati dal
marchio
Il diritto dura 10 anni dalla registrazione, ma
rinnovabile
Avv. Carlo Di Brino
Trasferimento del marchio



Cessione a titolo definitivo
Licenza
merchandising
Avv. Carlo Di Brino
Cessione a titolo definitivo



Può aversi indipendentemente dalla cessione
di altri elementi dell’azienda
Può essere parziale
Non deve essere ingannevole nei confronti dei
terzi
Avv. Carlo Di Brino
Licenza


È una concessione in godimento temporaneo
anche non esclusiva riguardante sia la titolarità
sia parte dei prodotti o servizi per i quali è stato
registrato
È riferita all’intero territorio statale ovvero
soltanto a parte di esso
Avv. Carlo Di Brino
Legittimità della licenza non
esclusiva


La licenza non esclusiva è legittima soltanto qualora il
“licenziatario” si obblighi espressamente ad usare il
marchio per contraddistinguere prodotti o servizi uguali
a quelli corrispondenti mesi in commercio o prestati nel
territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o
da altri licenziatari
Non deve derivare inganno nel pubblico in relazione ai
caratteri essenziali dei prodotti o servizi
Avv. Carlo Di Brino
Merchandising

È la concessione in uso a terzi di un marchio
celebre (es: utilizzazione del marchio
“Champagne” per contraddistinguere una
schiuma da bagno, ovvero del marchio
“Cointreau” nel settore dell’abbigliamento
Avv. Carlo Di Brino
Fondamento

Il marchio celebre, più che identificare i prodotti
di un dato imprenditore, tende a diventare il
segno che contraddistingue il prestigio, lo
stile e la capacità manageriale
dell’imprenditore medesimo
Avv. Carlo Di Brino
Tutela giudiziale del marchio





Azione di rivendicazione (anche per il marchio
non registrato)
Azione di usurpazione e di contraffazione
Azione inibitoria: nel corso del giudizio di
contraffazione con sentenza provvisoriamente
esecutiva
Azione di concorrenza sleale
Azione di risarcimento del danno
Avv. Carlo Di Brino
LE DENOMINAZIONI DI ORIGINE
CONTROLLATA (D.O.C.)
Pur rientrando nell'ampia categoria dei segni di uso
comune, si distinguono da questi le denominazioni
tipiche, che si riferiscono essenzialmente alle
caratteristiche merceologiche del prodotto, derivanti da
una produzione artigianale (usi locali e costanti), e le
denominazioni di origine che, pur evocando anche le
caratteristiche di una produzione tradizionale, si
riferiscono in linea di massima alla zona di produzione;
Avv. Carlo Di Brino
Tipologie
1.
2.
3.
in relazione al tipo di controllo esercitato dalla
Pubblica Amministrazione (direttamente o
tramite Consorzi volontari), si distinguono:
denominazioni di origine pura e semplice
denominazioni di origine controllata
denominazione di origine controllata e
garantita. (SENA)
Avv. Carlo Di Brino
Le denominazioni di origine controllata (e
le indicazioni di provenienza


non sono marchi; tuttavia vengono di solito inserite
all'interno delle trattazioni sui marchi per la loro stretta
affinità coi marchi collettivi che garantiscono la
provenienza geografica.
Le denominazioni di origine controllata sono nomi
geografici utilizzati per contraddistinguere prodotti le
cui caratteristiche qualitative sono legate alla zona, per
l'influsso di fattori ambientali naturali (suolo, clima) o
socioeconomici (presenza di tecniche di lavorazione
particolare) o per entrambi i motivi (prosciutto di
Parma; vino 'Marsala').
Avv. Carlo Di Brino
Segue: generalità


La denominazione di origine non é
appropriabile da parte di un singolo
imprenditore, ma, dopo la riforma del 1992,
può essere oggetto di un marchio collettivo.
Di regola, in assenza di un marchio collettivo, é
liberamente fruibile da tutti gli imprenditori della
zona, e soltanto da essi, all'interno di una
disciplina di controllo dell'uso.
Avv. Carlo Di Brino
Disciplina

Le denominazioni di origine controllata trovano
una tutela specifica in testi convenzionali, e
precisamente nell'art. 10 della Convenzione di
Unione di Parigi; nell'Arrangement di Madrid
del 14 Aprile 1981, più volte modificato;
nell'Arrangement di Lisbona del 3 Ottobre
1958; nonché in altri accordi bilaterali e
plurilaterali.
Avv. Carlo Di Brino
Tutela



Si ritiene inoltre che l'uso indebito di una d.o.c. sia un
atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi,
vietato dall'art. 2598 n. 2 c.c.
Esistono profonde affinità tra marchio collettivo e
denominazione di origine controllata (ciò spiega perché
la maggior parte della disciplina del secondo é presa
dai marchi collettivi) entrambe infatti sono figure di
segno ad uso plurimo, con funzione di garanzia (di
provenienza e/o di qualità);
si ritiene pertanto comune la disciplina dell'uso del
segno, della contraffazione e delle sanzioni.
Avv. Carlo Di Brino
Differenza tra marchio collettivo
privato e denominazione di origine



esiste una netta differenza, per quanto riguarda l'accesso all'uso del
segno.
Se titolare del marchio collettivo é un soggetto privato, questi
autorizza l'uso del segno in piena discrezionalità, e non esiste
alcun diritto del singolo imprenditore all'accesso all'uso del segno.
La denominazione di origine, invece, non ha un titolare esclusivo,
ed é direttamente utilizzabile da tutti gli imprenditori della zona, la
cui produzione sia conforme a quanto previsto dal disciplinare di
quella; l'atto di autorizzazione all'uso, che il disciplinare affida a certi
organismi, non é mai un atto discrezionale, ma é un atto dovuto
ogni volta che sussistano gli estremi, ogni volta, cioè , che la
produzione dell'imprenditore rispetti le disposizioni del disciplinare.
Avv. Carlo Di Brino
Controllo

Se esiste quindi un diritto di tutti gli imprenditori
della zona all'accesso all'uso della
denominazione di origine, deve però notarsi
che l'uso stesso é soggetto a controllo (si
parla appunto, di denominazione di origine
controllata: d.o.c.).
Avv. Carlo Di Brino
Diritto di esclusiva
A differenza del diritto dei marchi la disciplina
della denominazione di origine controllata
prevede una estensione del diritto di
esclusiva, ampliato in due direzioni diverse:
 - divieto dell'uso in funzione descrittiva
 - irrilevanza della volgarizzazione
Avv. Carlo Di Brino
Divieto dell'uso in funzione descrittiva
viene configurata espressamente come illecita
ogni apparizione della denominazione protetta
su prodotti di soggetti non autorizzati, anche se
accompagnata da espressioni come "tipo“ e
affini, e anche se accompagnata
dall'indicazione della provenienza effettiva
Avv. Carlo Di Brino
Irrilevanza della volgarizzazione

rimane illecito l'uso della denominazione da
parte di un soggetto estraneo alla zona, anche
quando la denominazione stessa sia divenuta,
nel linguaggio comune, simbolo di un prodotto
avente certe caratteristiche merceologiche,
quale che ne sia poi la effettiva provenienza
geografica. (DI CATALDO)
BUON FINE SETTIMANA
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