Animale non puro:
•ha il piede forcuto, ma
non è un ruminante
•si nutre d’immondizia
Il porco
Indice
Caratteristiche
Specifiche
Prezzi
1997-98 cl. seconda A I.G.E.A. prof.ssa Laura Bortolani Fregni
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Il porco: un’epopea dalle alterne fortune
per gli antichi Romani: sacro e sincero
 per i Brahmani: immondo
 per gli Ebrei: impuro
 per i Musulmani: cibo vietatissimo
 per i Cristiani: demoniaco; docile e devoto
 per i Modenesi: il maggiore fornitore di carne

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L’ort l’é un mêz pórc
Modena
preromana
Modena
romana
Modena
medievale
Per i Modenesi
l’ort l’é un mêz pórc
Considerato che l’orto era una delle grandi
risorse della antica casa contadina, ne
ricaviamo il valore del porco, conosciuto ed
apprezzato sin dai tempi più remoti.
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Al pórc a l’ôra
Modena
rinascimentale
Modena
capitale
Modena
sovrana
Chi aveva
més al pórc a l’ôra
aveva investito per il futuro.
Il maiale rappresentava un cardine
dell’economia della casa contadina.
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Lode al porco modenese
Modena
italiana
Modena capitale
Modena sovrana
Inni di lode sciolgansi
Al porco modenese
Che dal centro d’Italia
sino a Messina scese.
Antica Ditta Giuseppe Bellentani
L’economia del porco, radicata nella nostra
tradizione, passa da una vita domestica ad
una fiorente industria.
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Un porco per ambasciatore: indice
Modena
preromana
Modena
romana
Modena
sovrana
Modena
medievale
Modena
rinascimentale
Modena
capitale
Modena
italiana
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Il gustoso “spazzino”
Dagli ossi recuperati dagli immondezzai delle tribù
dell’età del bronzo si è potuto dedurre che esse
erano già grandi consumatrici di carne di porco. La
presenza di suini a quei tempi si spiega con i
caratteri dell’ambiente naturale e con le
caratteristiche del cinghiale-maiale: il sottobosco di
un ampio manto forestale era l’habitat ideale per un
animale onnivoro, prolifico, ricco di grasso, dalla
carne saporita.
E’ certo che i primi animali domestici presenti nel Modenese
furono i maiali, le pecore, le capre e i buoi, come risulta dai
rinvenimenti di ossi effettuati presso Fiorano, nell’area vicina
ad un villaggio risalente a seimila anni fa.
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Un primato compromesso
In epoca romana ampie zone dell’Emilia furono
disboscate e bonificate.
Il primato dei suini fu minacciato per alcuni
secoli da quello degli ovini e dei bovini, ma
l’allevamento semibrado del maiale nella
boscaglia non si interruppe mai.
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Un primato riaffermato
Al tempo dei Longobardi, che apprezzavano la
carne suina, il ritorno della palude e della
boscaglia rilanciò l’allevamento semibrado dei
maiali. La figura del Mastro porcaio si impose su
quella del bovaro, del capraio e del pecoraio.
Tra l’VIII e l’XI secolo la dimensione di un bosco si
misurava in capi di maiali che vi si potevano
allevare.
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Dalla ghianda al rifiuto
Dall’XI secolo l’agricoltura emiliana andò
riprendendo quota a scapito della foresta,
dell’incolto e dell’acquitrino, mentre le città
tornavano a nuova vita. Le zone dell’allevamento
suino semibrado si ridussero a pochi superstiti
boschi ed i maiali, cacciati dal sottobosco, vennero
rinchiusi in angusti porcili e fatti ingrassare con i
rifiuti domestici.
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Dal porcile alla strada
L’allevamento domestico del maiale venne
praticato anche a Modena, dove i suini si
aggirarono in cerca di cibo per lungo tempo,
nonostante le proibizioni delle autorità, che
imputavano alla loro presenza, numerosa ed
invadente, l’accumulo pericoloso di immondizie
ed il fetore persistente nelle strade sterrate prive
di fognature.
1447
abitanti: diecimila circa
suini: 331
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L’arte potente dei beccari
Gli statuti prodotti dal Trecento dalla potente arte dei
beccari, i lavoratori della carne, rimasero punto di
riferimento sino al Cinquecento, quando i beccari,
che coi loro dazi coprivano quasi la metà del bilancio
comunale, si trasferirono dallo spiazzo compreso “fra
li due palaci e fra la torre [la Ghirlandina] e la Gabella
grossa…” in una nuova sede attrezzata per loro, oltre
Piazza Grande (attuale via Francesco Selmi, verso
Piazzetta dei Servi). Mentre i porci continuano ad
invadere strade, case, i salsicciai si costituiscono da
soli in Arte.
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Porci e “sulsizza” oltre confine
Il Cinquecento sembra essere stato per Modena il
secolo della carne suina, trasformata in lardo salato,
pancetta, prosciutto, salame, mortadella, coppa; nella
apprezzatissima “sulsizza” rossa e, soprattutto, gialla,
aromatizzata con zenzero, cannella, chiodi di
garofano, zafferano e formaggio grana. Sul finire del
secolo e nei primi del Seicento, prodotti e maiali
partivano da Modena verso il Veneto. Il fiorente
commercio rese la produzione d’insaccati di suino
particolarmente attraente e fece salire in modo
sproporzionato il numero degli iscritti alla
corporazione dei “lardaruoli e salsizitiari”.
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Modena è “sulsizza”
Nell’immaginario collettivo dell’Italia del Seicento,
all’interno della ristretta cerchia di una ventina di
città, Modena, ora capitale estense,
era
sinonimo di “sulsizza”, anche se il periodo d’oro
per i salsicciai era definitivamente tramontato. La
curva discendente era dovuta agli effetti della
crisi di fine Cinquecento, alle ripercussioni della
carestia sull’allevamento, all’evasione del dazio.
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Verso la salumeria di qualità
La crisi demografica ed economica che colpì il
Settecento fece diminuire il numero dei “lardaruoli e
salsizitiari”. Le regole statutarie della corporazione
vennero riformate con l’introduzione di due importanti
criteri: il numero chiuso e i legami parentali. Si stabilì
cioè che gli appartenenti all’Arte fossero venti e che
criterio preferenziale di aggregazione fosse l’essere
imparentati con un lardaiuolo defunto. Ben presto si
fecero sentire gli effetti positivi delle innovazioni e
andò creandosi la tradizione salumiera modenese.
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Il trionfo dello zampone
Marco Cattini dice che “alcune botteghe modenesi,
avendo fatto scuola, crearono quella tradizione
salumiera dalla quale, negli anni quaranta dell’800,
sarebbero emerse le due case Frigeri e Bellentani, le
prime a darsi una struttura proto-industriale. Verso metà
Ottocento… Modena esportava quasi 500 quintali
d’insaccati. Trent’anni dopo fu la crescita della domanda
nazionale a favorire lo sviluppo del settore salumiero…
Nei primi anni ‘80 dell’Ottocento, la sola Bellentani,
capofila di una quindicina di piccoli stabilimenti, vendeva
fuori provincia 3.700 q. di insaccati”. Nell’immaginario
gastronomico collettivo, lo zampone di Modena aveva
ormai da tempo sostituito la salsiccia gialla.
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Il porco
Qualcuno asserisce che fu messo all’indice
solo per la colpa di essere un animale
stanziale, del tutto inadatto alla vita
nomade. Altri risalgono a motivi politici e
religiosi, in relazione per esempio al fatto
che proprio i Galilei accusati di idolatria ai
tempi di Mosè erano anche famosi per le
loro ben nutrite mandrie di maiali, diventati
a quel punto animali impuri alla stregua
degli uomini impuri loro proprietari.
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Il porco
Il problema è forse proprio questo: l’essere il
porco tenuto in gran conto dagli idolatri, e
dall’essere idolo egli stesso. Come in Grecia
dove Demetra, dea della fertilità e
dell’agricoltura, altro non era che la versione
umana del maiale.
Come sorprendersi allora se, nei primi secoli
del Cristianesimo, maiale e male, porco e
demonio, furono posti esattamente sullo
stesso piano, fino quasi a diventare sinonimi!
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Il porco
Ci voleva un miracolo per riscattarne la
sorte. E i miracoli, si sa, li fanno i santi. Fu
così un santo, ed era di poco trascorso
l’anno Mille, ad assolvere il maiale da
colpe e da sospetti, da infamie e da
calunnie. Con Sant’Antonio Abate il porco
viene anzi associato alla bontà, alla
mitezza, alla generosità. Per i mille anni a
seguire.
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Il porco
Si
riscoprono
così
antichissime
supposizioni. Come quella sostenuta
da Ippocrate, il padre della medicina,
quattro secoli e mezzo prima di Cristo.
Scriveva, infatti, Ippocrate “che la
carne di maiale è tra le carni quella che
fornisce al corpo umano più forza ed è
ottimamente digeribile”.
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Il porco
Così anche per quanto riguarda le
caratteristiche gastronomiche nessuno mai
aveva dimenticato quanto Plinio il Vecchio,
autore della più grande enciclopedia scritta
di epoca romana, aveva a suo tempo
affermato:“Da nessun altro animale si trae
maggiore materia per il gusto del palato: le
carni del maiale offrono quasi cinquanta
differenti sapori, mentre ogni altro animale
ha un sapore unico”.
CCSG
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I venditori di carne di maiale
Gli
statuti
regolavano
l’arte
nei
comportamenti interni ed esterni e nei
rapporti, mediati dal Giudice delle
vettovaglie, con la clientela cittadina.
Anche chi però non apparteneva all’Arte
poteva vendere carne di maiale, purché
prestasse
giuramento
di
vendere
correttamente carne sana e a giusto peso.
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Indice: Modena preromana
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Storia in filigrana
Raccontare i rifiuti: ritratto di una città
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Riflessi di acque chiare e scure
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