Storie di salvati e salvatori nel territorio di Ozzano dell’Emilia Scuola secondaria di primo grado “E. Panzacchi” – Ozzano dell’Emilia – 3°A-B-C-D-E NOVEMBRE’43–GENNAIO’45 OZZANO DELL’EMILIA I SALVATI 1.UBALDO LOPES PEGNA E LA MOGLIE ARIANA GIOVANNA VITTADINI 2.I FIGLI: GIUSEPPE, ETTORE E BENEDETTO I SALVATORI 1.GIOVANNI PIGNATTI, EX PODESTA’ DI OZZANO 2.ANGELO MALTONI, POSSIDENTE AGRICOLO 3.GIOBBE ARMAROLI E FAMIGLIA, FATTORE 4.FAMIGLIA ORLANDI, CONTADINI La strada per Colunga: Via Olmatello ad Ozzano Emilia Giovanni Pignatti in una foto del 1938 Dal diario inedito di Lopes Pegna : “Spinto ripetutamente dal mio figliuolo maggiore, il quale lo era, a sua volta, dalla famiglia di un giovane, a cui dava amichevolmente delle lezioni, e che era sfollata in una località della più aperta campagna, chiamata Colunga, frazione di Ozzano dell'emilia, a circa 12 chilometri a sud-est di Bologna, un giorno, mi recai, col medesimo figlio, dall'ex-podestà di quel comune, per chiedere aiuto, cioè che ci procurasse un ambiente, magari una parte di un camerone, di una stalla, di un luogo qualunque al coperto allo scopo di sfollamento” Dal diario inedito di Lopes Pegna : “L' ex- podestà, signor Pignatti, si mostrò gentilissimo, e lo fu, dispostissimo ad aiutarci, ma mi fece notare, appunto, che egli non poteva più fare nulla d'autorità (proprio quello che volevo io), non essendo più in carica, ed essendo stato sostituito, proprio in quei giorni, cosa che io non sapevo. Scrisse subito e mi consegnò un biglietto per certo signor Angelo Maltoni, che fu per me, allora, e poi sempre, un Angelo tutelare davvero…. Chi mi considerò un uomo come gli altri, com'ero stato considerato sempre prima ?” Dal diario di Lopes Pegna : “Ricorderò sempre quella sera d'autunno inoltrato, in cui mi recai da lui, col mio maggiore, facendo un lungo giro, per non passare davanti a una caserma di tedeschi, che dovemmo aspettarlo, perché ancora non era tornato, e, quando ci ebbe ricevuto e letto il biglietto, gli dissi che ero ebreo e cosa desideravo da lui. Mostrò subito nel volto il suo cuore, e mi indirizzò a un suo "caporale" (così chiamano nel bolognese una specie di fattore) nella campagna, dove appunto cercavo la stanza e dove egli aveva una proprietà con una villa” Dal diario di Lopes Pegna : “…ricorderò semplicemente il buono e grande e generoso cuore anche di questo fattore, (Armaroli ) nel regalarmi varie cose della campagna, nel concedermene altre, fra cui il grano, a prezzi bassissimi, oltre a compensare largamente le lezioni che mio figlio maggiore dava ai suoi due, un maschio e una femmina, preparandoli privatamente per un esame, che poi riuscì di piena soddisfazione. Grazie a questo fattore, ….. non sapemmo più cosa volesse dir fame fino alla fine della guerra e oltre; e solo chi è padre può capire il significato di queste parole.” La casa della famiglia Armaroli, dove fu ospitato il figlio maggiore Giuseppe Lopes Pegna Giannina Armaroli, al centro nella foto, nel 1941 Giannina ricorda ancora le lezioni di latino impartitele da Giuseppe Lopes Pegna, il figlio maggiore Dal diario di Lopes Pegna …. Non ci restava, ora, che portare a Colunga quel po' di roba che avevamo alle "Roveri", e andarci noi stessi… Finalmente arrivammo! Più presto di quel che si credeva….avevamo il nome del contadino: Orlandi.…Eravamo arrivati ! …. Eravamo a Colunga! …. ci saremmo dovuti fermare non poco, a fare una vita quasi in comune, una vita che accomuna più di ogni altra, la vita del pericolo, che tocca le più profonde radici di tutto l'essere nostro; ci sentimmo quasi a casa nostra, in famiglia, una famiglia di mai udito genere, e, da questo lato, più stretta della vera, di quella di sangue. Ci mettemmo a parlare subito confidenzialmente, come se ci fossimo sempre conosciuti. E, di fatti, ci conoscevamo: non eravamo tutti uomini, tutti fratelli, già stanchi e sofferenti della guerra… Questa, la famiglia, che imparammo a conoscere e con la quale vivemmo, salvo una breve interruzione, come vedremo, fino ai primi di gennaio del 1945… Così cominciò la nostra vita a Colunga. Era, salvo errore, il 9 novembre 1943. Casa Orlandi dove furono ospitati i genitori e i due figli minori Interno del Podere Morellazzo (Orlandi) Interno del Podere Morellazzo (Orlandi) Fascicolo dell’Archivio Abe Asportazione Beni Ebraici della Prefettura di Bologna consultato in Archivio di Stato intestato a Lopes Pegna Ubaldo Denuncia del proprietario dell’ appartamento affittato ad Ubaldo Lopes Pegna In un mondo governato dalla pazzia e dal terrore, vi furono persone capaci di ribellarsi, di dire no e di scegliere di proteggere le persone in difficoltà, anche a costo della propria vita. Persone semplici, povere fuori, ma ricche dentro che, pur non avendo molto da offrire, decisero di proteggere altri esseri umani. Secondo me capire questo concetto è stato uno dei più importanti meriti del progetto Shoah. Questi uomini giusti hanno protetto i perseguitati dalla morte interiore. Pensate ad una persona che vede i propri amici voltargli le spalle, ignorarlo o addirittura iniziare a disprezzarlo solo perché è di una religione diversa: le ferite fisiche possono guarire, quelle interiori rimarranno sempre aperte. Molti ebrei vennero denunciati dai vicini, e derubati di tutte le loro cose. Quando arrivavano nei campi di concentramento, erano già morti dentro: non speravano più, un giorno, di poter tornare uomini liberi come prima, avendo visto il mondo cadergli addosso. Il ruolo di coloro che hanno salvato è doppiamente importante perché, oltre ad aver permesso il salvataggio fisico di molte persone, ha permesso loro di mantenere la propria dignità.