Parrocchia Santa Maria della Consolazione don Alfonso Capuano Servo Fino al secolo XVIII, i cristiani interpretarono i testi isaiani che parlano di un servo sofferente sulla scia del Nuovo Testamento, e solo in quest’epoca si affacciò in ambito cristiano un diverso modo di lettura, già tipico del giudaismo, che vedeva riflessa nell’esperienza tragica del servo quella di tutto il popolo d’Israele (o di parte di esso, cioè di coloro che erano tornati rinnovati dall’esperienza dell’esilio). Servo Si deve inoltre ricordare che fino a quell’epoca il libro di Isaia era visto come un tutto organico e appunto al suo interno possiamo rilevare come l’appellativo di <<servo>> sia applicato a più referenti: con esso infatti si indica semplicemente uno schiavo, ma con tale significato il vocabolo ricorre sole due volte nel libro. Servo con <<servo>> si designa invece il profeta stesso, il popolo d’Israele; un personaggio la cui identificazione non trova concordi gli esegeti e infine, al plurale, si indicano i ministri del re assiro, i proseliti, i fedeli Israeliti. Risulta immediatamente da questa breve rassegna che l’attribuzione del titolo di servo non è univoca, anche se dentro un blocco compatto di capitoli (40-50) la preminenza è data all’applicazione a Israele. Servo Da quando lo studio critico della Bibbia ha mostrato che nel libro canonico del profeta Isaia sono raccolti gli oracoli di tre profeti vissuti in epoche diverse e impegnati a fronteggiare situazioni diverse, il punto di vista è decisamente mutato. In effetti i passi in cui l’appellativo di servo è applicato al popolo appartengono tutti al Secondo Isaia, così come quei passi in cui non vi è accordo tra gli esegeti sull’identificazione del personaggio in questione (la domanda del funzionario etiope resta attualissima!). Servo Nel 1892, un esegeta tedesco, B.Duhm, pubblicò un commentario a Isaia in cui propose di isolare entro il Secondo Isaia quattro canti che si riferivano a un “servo” anonimo: Isaia 42,1-4; 49,16; 50,4-9; 52,13-53,12. Questi quattro poemi sarebbero stati composti da un autore postesilico, vissuto dopo il Secondo Isaia, che avrebbe scritto sotto l’influsso letterario del Secondo Isaia, di Geremia e del libro di Giobbe. Un redattore posteriore avrebbe introdotto i cantici (che in origine appartenevano a un’opera più ampia andata perduta) nel testo del Secondo Isaia. Servo Secondo Duhm, il <<servo>> dei canti era un maestro della Torah, una guida della comunità giudaica ritornata in Giudea dopo l’esilio. Era un servitore fedele di JHWH, da lui eletto e illuminato, con una missione nei confronti di Israele e degli altri popoli, e visse la sua missione nel silenzio e nella sofferenza che gli inflissero i membri del suo stesso popolo. Servo Questa interpretazione ha praticamente determinato tutta la ricerca successiva, la quale si è incentrata soprattutto sulla identificazione del <<servo>>, per individuare il personaggio della storia d’Israele corrispondente alla figura che il profeta delinea, ma nessuna proposta ha finora trovato un ragguardevole consenso. Servo Un’altra linea di ricerca ha invece tentato di dimostrare che i canti del “servo” sono ben inseriti nella raccolta attribuita al Secondo Isaia e perciò vanno compresi al suo interno. Al di là delle differenti interpretazioni, un fatto è comunque ragguardevole: il “servo” di cui si parla nei canti è descritto in modo diverso dalle altre sezioni del libro. Is 42, 1-4 Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Is 42, 1-4 Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Dio parla e presenta il “suo” servo; è Lui che lo ha “scelto”, è Lui che lo sostiene. Ogni elezione nella Scrittura è sempre in vista di una missione per affrontare la quale c’è bisogno della grazia. Dio dice che il suo servo è “cosa buona” e che ha posto in lui il suo Spirito. Is 42, 1-4 Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Il termine mispat ricorre tre volte, in assoluto, ad indicare il contenuto della predicazione del Servo: ma come interpretare questa parola? Diritto = mispat Il servo deve: - diffondere tutt’intorno la verità; - proclamare il diritto di Dio; - ristabilire la giustizia di Dio. In fondo potremmo tenere insieme queste possibilità diverse, pensando alla signoria di Dio, al suo essere proclamato e riconosciuto come A e W. Is 42, 1-4 Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Il servo non usa la forza per imporsi, non condanna a morte, non spegne la speranza. Is 42, 1-4 Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Si prospetta il rischio che il servo perda la convinzione e la perseveranza. Si apre una prospettiva di universalismo. Is 42, 1-4 Dio presenta il suo servo da Lui eletto per ristabilire la Sua Signoria su tutta la terra. Il servo non userà la forza e passerà attraverso una forma di travaglio. Is 49, 1-6 Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Is 49, 1-6 Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, - poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza - mi disse: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra». Is 49, 1-6 Ascoltatemi, o isole, attentamente, nazioni lontane; udite Il servo parla in prima persona e si rivolge a tutto il mondo, ebrei e non ebrei. Is 49, 1-6 Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Si tratta di una tipica vocazione profetica modellata su uno schema che è lo stesso per Isaia, Geremia ed Ezechiele. Is 6, 1–10 Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimé! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!». Egli disse: «Và e riferisci a questo popolo: Ascoltate pure, ma senza comprendere, osservate pure, ma senza conoscere. Rendi insensibile il cuore di questo popolo, fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi e non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore né si converta in modo da esser guarito». Is 6, 1–10 Si tratta di un racconto in tre scene: 1) Incontro con Dio (Is 6,1-5) 2) Purificazione (Is 6,6-7) 3) Vocazione-Missione (Is 6,8-13) Nella prima scena l'uomo incontra Dio; da notare la distanza qualitativa espressa mediante la simbologia spaziale (Dio sta in alto mentre il profeta piccolo piccolo si rannicchia in un cantuccio) e la simbologia fonetica (nella descrizione di ciò che il profeta vede e sente abbondano termini ebraici gutturali che riempiono la bocca mentre nelle parole del profeta prevalgono suoni sibilanti e brevi); significativo il fatto che il profeta senta la sua impurità come localizzata sulle labbra, a significare programmaticamente il senso profondo della sua elezione. Is 6, 1–10 Nella seconda scena assistiamo ad un evento quasi sacramentale; gesti (carbone ardente poggiato sulle labbra) e parole (quelle dell'angelo) combinati insieme trasformano il profeta da uomo impuro e lontano da Dio ad uomo degno di ascoltare e parlare con Dio; anche qui le labbra sono punto di riferimento costante. L'ultima scena presenta il tema della chiamata-rispostamissione, che è un annunciare per non essere ascoltato con conseguenze negative (la distruzione) e positive (il resto). In sintesi: il profeta è un uomo, scelto tra gli uomini; non è migliore degli altri né più capace; è Dio che gli va incontro, che lo purifica e lo rende capace di dirgli di sì; la chiamata ad essere santo si concretizza nella missione agli altri, quale inviato di Dio; questa missione consiste soprattutto nell'annunziare la Parola, nel prestare la voce a Dio, nell'essere suo testimone. Non ascoltato, né compreso, il profeta rimane esposto a tutte le difficoltà. Ger 1, 4-10 Mi fu rivolta la parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: «Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca. Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Ez 2, 3 – 3, 9 Mi disse: «Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. Ma tu, figlio dell'uomo non li temere, non aver paura delle loro parole; saranno per te come cardi e spine e ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t'impressionino le loro facce, sono una genìa di ribelli. Tu riferirai loro le mie parole, ascoltino o no, perché sono una genìa di ribelli. E tu, figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai. Ez 2, 3 – 3, 9 Mi disse: «Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi và e parla alla casa d'Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell'uomo, và, recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole, poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua barbara, ma agli Israeliti: non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua barbara, dei quali tu non comprendi le parole: se a loro ti avessi inviato, ti avrebbero ascoltato; ma gli Israeliti non vogliono ascoltar te, perché non vogliono ascoltar me: tutti gli Israeliti sono di dura cervice e di cuore ostinato. Ecco io ti do una faccia tosta quanto la loro e una fronte dura quanto la loro fronte. Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte. Non li temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genìa di ribelli». Is 49, 1-6 Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Il servo sembra essere identificato con Israele. Ma si tratta di una glossa, come dimostreranno i versetti successivi. Is 49, 1-6 Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Compare lo scoraggiamento del giusto che non vede i frutti del suo lavoro. Ne troviamo un esempio in Sal 73 (72). Sal 73 (72) Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini dal cuore puro! Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi. Non c'è sofferenza per essi, sano e pasciuto è il loro corpo. Non conoscono l'affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini. Dell'orgoglio si fanno una collana e la violenza è il loro vestito. Esce l'iniquità dal loro grasso, dal loro cuore traboccano pensieri malvagi. Sal 73 (72) Scherniscono e parlano con malizia, minacciano dall'alto con prepotenza. Levano la loro bocca fino al cielo e la loro lingua percorre la terra. Perciò seggono in alto, non li raggiunge la piena delle acque. Dicono: «Come può saperlo Dio? C'è forse conoscenza nell'Altissimo?». Ecco, questi sono gli empi: sempre tranquilli, ammassano ricchezze. Invano dunque ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell'innocenza le mie mani, poiché sono colpito tutto il giorno, e la mia pena si rinnova ogni mattina. Sal 73 (72) Se avessi detto: «Parlerò come loro», avrei tradito la generazione dei tuoi figli. Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi qual è la loro fine. Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai precipitare in rovina. Come sono distrutti in un istante, sono finiti, periscono di spavento! Come un sogno al risveglio, Signore, quando sorgi, fai svanire la loro immagine. Sal 73 (72) Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia. Ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria. Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre. Ecco, perirà chi da te si allontana, tu distruggi chiunque ti è infedele. Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere presso le porte della città di Sion. Is 49, 1-6 Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, - poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza - mi disse: Questi versetti dimostrano che nei precedenti l’identificazione del servo con Israele era frutto di una glossa. Is 49, 1-6 «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra». Viene ribadito anche qui l’universalismo della missione del servo. Is 49, 1-6 Il servo rivolgendosi alle nazioni si presenta come un ad Israele per la Profeta inviato da Dio Salvezza. Il servo, dopo una fase di scoraggiamento, si riprende e Dio rilancia la sua missione per tutte le nazioni.