I GIORNI DELLA COMUNE
• La Comune di Parigi fu il primo Stato
socialista della storia. La sua importanza
consiste nell’aver creato il precedente
storico degli stati socialisti diffusisi in tutto
il XX secolo, ancor più che nell’aver
conseguito obiettivi immediati (essa visse
del resto per poco più di due mesi, dal 26
marzo al 27 maggio 1871). Quali sono le
ragioni che hanno portato al suo fallimento?
FRANCIA 1871
• L’inverno 1870-1871 vede la fine della
guerra franco-prussiana. Nel settembre ‘70
la battaglia di Sedan ha segnato il tracollo
francese: solo Parigi resiste, in una Francia
allo stremo (cfr. Boule de suif di
Maupassant), fino al 28 gennaio 1871.
L’armistizio viene firmato nella stessa data
a Versailles, dove dieci giorni prima era
stato conferito a Guglielmo I il titolo di
Kaiser della Germania unita.
LA TERZA REPUBBLICA
• Fin dal 4 settembre 1870, dopo la cattura di
Naoleone III a Sedan e il conseguente vuoto
di potere, è stato proclamato decaduto il
Secondo Impero ed è nata la Terza
Repubblica. I leader della resistenza contro i
prussiani, Gambetta e Favre, istituiscono la
Guardia Nazionale per la difesa a oltranza.
A Bordeaux si costituisce un governo
provvisorio, guidato dal Thiers, con lo
scopo di porre presto fine alla guerra.
PARIGI NELL’INVERNO 1870
• Nonostante la disfatta di Sedan, la
resistenza prosegue per tutto l’inverno sui
fronti ancora aperti: Digione, Metz e
soprattutto Parigi. In realtà in tutto il resto
del paese, specie nelle campagne, è ben più
forte il desiderio di pace che l’orgoglio
patriottico. A Parigi, sotto assedio, si
trovano ormai solo i piccolo-borghesi e i
proletari: la nobiltà è in salvo a Versailles.
I PRELIMINARI DI PACE
• Nonostante gli sforzi, il 28 gennaio Parigi
capitola. L’8 febbraio si svolgono le elezioni
dell’Assemblea Nazionale; la tendenza è
“pace e monarchia”. I repubblicani, visti
come dei guerrafondai, vincono solo a
Parigi e nelle grandi città. Il 28 febbraio
Thiers, capo dell’esecutivo, firma i
preliminari di pace col Bismarck, a
Versailles. A Parigi cresce il malcontento.
LE CONDIZIONI DI PACE
• 5 miliardi di franchi in oro (l’indennità di
guerra più alta mai subita fino ad allora)
• la cessione dell’Alsazia e della Lorena alla
Prussia
• l’occupazione dell’intero nord-est della
Francia finchè l’indennità non fosse stata
versata interamente.
• la non restituzione dei prigionieri di guerra
francesi.
PARIGI SI OPPONE
• E’ in questa occasione che il popolo
parigino, dopo giorni di tensione col
governo di Bordeaux, insorge. Affida il
potere alla municipalità cittadina,
accusando il Thiers di arrendevolezza, di
connivenza col nemico e di nostalgie
monarchiche (cfr. Brecht). La presenza in
città di truppe prussiane acuisce la
sensazione del tradimento, dopo una guerra
mossa in difesa dei soli interessi borghesi.
DAL 18 MARZO ALLA
COMUNE
• Nella notte tra il 17 e il 18 marzo Parigi
proclama la propria autonomia dal governo
repubblicano di Versailles, fucila i generali
dell’esercito regolare, esautora i sindaci in
carica e occupa il municipio. Le forze attive
sono ancora in parte borghesi e in parte
socialiste e proletarie, in attesa delle
elezioni municipali indette per il 26. Il 26 le
elezioni segnano il trionfo della parte
socialista. E’ la nascita della Comune.
LA REAZIONE
• A Versailles crescono le ostilità per gli
insorti parigini. Si prospetta la possibilità di
una guerra civile, ma le forze governative
sono in realtà molto scarse. In attesa degli
sviluppi, una terza posizione cerca di
stemperare gli estremismi dei monarchici e
dei comunardi: sono uomini come
Clemenceau, Hugo e Zola, che fino
all’ultimo s’opporranno alla guerra civile.
Scrive Zola: “Se un giorno la storia dirà che
l’insurrezione ha spinto il paese nell’abisso,
dovrà aggiungere che il potere legale ha
fatto di tutto per rendere mortale la sua
caduta”.
LA GUERRA CIVILE
• Il 2 aprile Thiers rompe gli indugi. Dopo
una vera e propria gara di reciproche
intransigenze incomincia la guerra civile,
che vede le truppe comunarde opposte a
quelle governative (prigionieri rilasciati dai
Prussiani + volontari dalle campagne). A
pesare sull’esito degli scontri sarà anche la
disorganizzazione dell’esercito parigino,
formato da “combattenti che da poco si
sono scrollati di dosso la schiavitù delle
fabbriche e non si lasciano comandare
come fantocci” (Brecht) e indisciplinato.
I DECRETI (I)
• Abolizione della coscrizione obbligatoria
• sostituzione all’esercito permanente di una
Guardia Nazionale di tutti i cittadini (il
“popolo armato”)
• separazione ufficiale Chiesa-Stato; confisca
delle proprietà ecclesiastiche e divieto di
affissione di simboli religiosi in luoghi
pubblici
• revocabilità, in qualsiasi momento, dei
funzionari pubblici e dei rappresentanti (a
garantire il controllo del popolo sullo Stato)
I DECRETI (II)
• Fissazione degli stipendi dei funzionari
statali alla cifra corrispondente al salario di
un operaio specializzato; riduzione del
personale statale (in opposizione al vecchio
Stato burocratico)
• diritto di sciopero e divieto del lavoro
notturno
• istruzione elementare gratuita, laica,
pubblica (con incentivi all’insegnamento
femminile)
• collettivizzazione delle industrie
abbandonate (date a cooperative operaie)
IL RIFIUTO DELLA GUERRA
• Il 13 aprile si decide la distruzione della
Colonna Vendome, costruita nel periodo
delle guerre napoleoniche. Il decreto è il
seguente: “La colonna imperiale è un
monumento alla barbarie, un simbolo di
forza bruta e falsa gloria, un’affermazione
del militarismo, una negazione del diritto
internazionale, un insulto permanente dei
vincitori ai vinti, un attentato perpetuo a
uno dei tre grandi principi della Repubblica
Francese: la Fraternità.”
IL RUOLO DELLE DONNE
• Se nelle rivoluzioni precedenti la presenza
femminile aveva generalmente avuto un
ruolo di supporto o tutt’al più di comparsa
(cfr. il corteo del 5 ottobre 1789, da Parigi a
Versailles), nella Comune, con la
Costituzione dell’Unione delle Donne (11
aprile), esse rivendicano un proprio ambito
specifico d’azione: non solo in seconda
linea (vivandiere, infermiere…) ma come
combattenti loro stesse: ricordiamo Louise
Michel (la “Vergine rossa” di molte
canzoni), Elisabeth Dimitrieff e Nathalie
Lemel.
LE LIBERTA’
• Durante la prima seduta del Consiglio
municipale della Comune furono affissi i
seguenti cartelli:
• 1) diritto alla vita
• 2) libertà individuale
• 3) libertà di coscienza
• 4) Diritto di unione e associazione
• 5)Libertà di parola, stampa e qualunque
manifestazione intellettuale
• 6) Diritto di libere elezioni
Erano i principi inderogabili della Comune.
LA COMUNE E L’ARTE
• Il 17 aprile viene eletto un “Comitato della
Federazione degli Artisti”, per “garantire la
libera espressione delle arti”. Tale comitato,
che avrà per esponenti nomi illustri come
Courbet, Corot, Daumier, Manet, otterrà tra
l’altro la riapertura del Louvre, del Museo
di Storia Naturale e dei saloni delle
Tuileries; invano s’opporrà agli incendi che
durante la Settimana di Sangue distrussero
mezza Parigi per mano dei Comunardi
stessi.
LA COMUNE E LA
RELIGIONE
• Il più importante decreto della Comune sul
rapporto Chiesa-Stato è il seguente: “Il
primo principio della Repubblica è la
libertà, e la libertà di coscienza è la prima di
tutte; il clero è stato complice della
monarchia nei delitti contro la libertà stessa;
la Comune decreta: la Chiesa viene separata
dallo Stato, inoltre il delegato alla pubblica
istruzione darà disposizioni affinchè i
maestri rimuovano crocefissi e oggetti
simbolici dalle aule scolastiche”. Del resto,
secondo lo storico Winoch, la guerra civile
del ‘71 fu per molti aspetti anche una guerra
di religione.
LA COMUNE E IL “POPOLO”
• L’esigenza più sentita dalla Comune,
soprattutto nei primissimi tempi, è quella di
porre la macchina statale al servizio e sotto
il controllo diretto del “popolo” (nella sua
interezza: ogni decisione è votata tramite
suffragio universale). Da qui la removibilità
dei funzionari in qualsiasi momento; la
creazione del “Journal officiel”, che
pubblica i verbali di tutte le sedute della
Assemblea; l’autocritica dei politici, cui
Brecht fa dire: “Non arroghiamoci pretese
d’infallibilità: diamo pubblicità a tutti nostri
discorsi e azioni. Mettiamo a parte il
pubblico delle nostre manchevolezze”.
LA COMUNE E LE
CAMPAGNE
• Il rapporto conflittuale tra città, Parigi in
particolare, e campagna non è certo cosa
nuova (cfr. la rivolta in Vandea del 1793).
La diffidenza e ostilità tra ceto rurale e
proletariato urbano si era nutrita anche del
bonapartismo, su cui la Francia si era già
spaccata. Quando Parigi vota per la guerra
a oltranza, poi, le campagne esasperate si
schierano con l’Assemblea Nazionale e con
Thiers, che alimentando la pubblicità
avversa ai comunardi fa dei contadini il suo
punto di forza (anche nell’esercito). Vani
tutti gli appelli al popolo rurale, tra cui
quello famoso del 19 aprile.
IL SOCIALISMO NEL 1871
• Quando si dice che la Comune fu il primo
stato socialista non bisogna immaginarsi una
vita politica senza dissidi. Innanzitutto erano
gli anni in cui si passava da un socialismo
“utopistico” a uno “scientifico”: gli anni in
cui all’interno del movimento stesso
convivevano i seguaci di Proudhon, di
Lassalle, di Marx (che fu molto duro con il
proudhonismo, giudicato inapplicabile e
borghese) e in parte perfino gli anarchici di
Bakunin: gli anni della Prima Internazionale.
1864-1876: LA PRIMA
INTERNAZIONALE
• Nel ‘64 a Londra nacque l’Associazione
Internazionale dei Lavoratori, grazie ai
frequenti contatti tra le società operaie
inglesi e francesi. In principio in essa
confluirono tutte le eterogenee matrici del
pensiero operaio europeo (dallo spirito
oweniano-cartista al mazzinianesimo); ma
specie dopo la caduta della Comune fu
l’elemento marxista a imporsi. Rispetto alla
Comune essa non prese posizione: il suo
mancato sostegno fu tra le molte cause del
crollo finale della Comune stessa.
IL CONSIGLIO MUNICIPALE
• Questa molteplicità di posizioni è
rispecchiata dal Consiglio municipale della
Comune, che, pure di matrice socialista, è
tutt’altro che unitario. In esso sono:
• una maggioranza giacobino-blanquista,
sostenitrice dell’azione rivoluzionaria
• una minoranza operaia-internazionalista,
ostile ad ogni autoritarismo e fortemente
influenzata dal mutualismo anarchico e
federale di Proudhon
Con il passare del tempo le frizioni tra
queste due anime si fanno insanabili.
LA FASE “DITTATORIALE”
• Una vera dittatura, in realtà, non vi fu mai.
Ma è evidente che intorno ai primi di
maggio qualcosa nell’attitudine libertaria
della Comune è cambiato. Le pressioni dei
nemici esterni, i contrasti sempre più
profondi all’interno del Consiglio, il
definitivo prevalere della fazione blanquista
portano la Comune a quegli eccessi da cui,
memore del Terrore del 1793, essa ha
inizialmente tentato di astenersi. La vanità
di questo tentativo è strutturale: una
rivoluzione senza sangue, come parve in
principio questa, forse non può esistere (cfr.
Engels, Brecht, Winoch).
QUALCOSA E’ CAMBIATO
• Il 1° maggio viene istituito un Comitato di
Salute Pubblica: con le truppe versagliesi
alle porte, è facile tacciare i moderati e gli
oppositori di connivenza col governo. 13
comunardi ostili al provvedimento vengono
allontanati da Parigi. 30 testate giudicate
“reazionarie” vengono chiuse, benchè la
libertà di stampa fosse stata motivo di vanto
nei primi tempi della Comune. Quando i
versagliesi entreranno a Parigi, i comunardi
cattureranno e fucileranno l’arcivescovo di
Parigi, causando grave scandalo nella
Francia e nell’Europa intera.
LA FINE DELLA COMUNE
• Con i Prussiani spettatori, il 21 maggio
1871 le truppe governative riescono a
penetrare a Parigi dopo più di un mese
d’assedio. Si combatte disperatamente tra le
strade della capitale per tutta la “settimana
di sangue” fino alla caduta della Comune, il
28 maggio. Gli edifici simbolo del potere
(le Tuileries, l’Hotel de Ville…) vengono
dati alle fiamme dai cittadini.
UN BILANCIO SPAVENTOSO
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I comunardi morti in combattimento: 4000
I governativi morti in combattimento: 877
I cittadini uccisi senza processo: 20000
I cittadini arrestati: 43522
I deportati in Nuova Caledonia: 3860.
Tale durezza mosse a sdegno molti
intellettuali del tempo. Tra questi, Ippolito
Lissagaray, giornalista e pubblicista.
Solo l’11/7/1880 avrà luogo l’amnistia.
MOLTI PUNTI DI VISTA (I)
• Com’è naturale i posteri hanno tratto dalla
esperienza del 1871 lezioni differenti, e
formulato i più disparati giudizi sulla
Comune. Per Marx ed Engels essa fu la
prima vera espressione di autocoscienza del
proletariato europeo, con tutti i difetti e le
manchevolezze di una “prima volta”, ma un
immenso valore storico e simbolico. Disse
Engels: “Guardate la Comune di Parigi:
questa fu la dittatura del proletariato”. E
l’anniversario della Comune era giorno di
festa generale di tutto il proletariato.
MOLTI PUNTI DI VISTA (II)
• Henri Lefebvre, autore tra l’altro di una
monumentale opera sulla rivoluzione
francese, si concentra sulla portata
innovatrice della Comune, valutando che
essa fu “all’inizio un’immensa e grandiosa
festa, una festa che il popolo parigino,
essenza e simbolo del popolo francese e del
popolo in generale, volle offrire a se stesso
e al mondo”.
MOLTI PUNTI DI VISTA (III)
• Jaures, nella sua Histoire Socialiste, si
riavvicina all’interpretazione prettamente
socio-economica già data da Marx: “Fu nella
sua essenza la prima grande battaglia
campale tra Lavoro e Capitale. Fu
soprattutto un repubblicanesimo che non era
altro che un socialismo che si ignorava e che
arrivava fino a minacciare le basi stesse del
vecchio ordine sociale e ad evocare un
ordine nuovo”.
MOLTI PUNTI DI VISTA (III)
• Jaures, nella sua Histoire Socialiste, si
riavvicina all’interpretazione prettamente
socio-economica già data da Marx: “Fu nella
sua essenza la prima grande battaglia
campale tra Lavoro e Capitale. Fu
soprattutto un repubblicanesimo che non era
altro che un socialismo che si ignorava e che
arrivava fino a minacciare le basi stesse del
vecchio ordine sociale e ad evocare un
ordine nuovo”.
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I GIORNI DELLA COMUNE - Liceo Classico Statale Giovanni Berchet