Rita Levi Montalcini Rita Levi Montalcini è nata a Torino il 22 Aprile 1909. Figlia di un ingegnere e di una pittrice, Rita decide all’età di vent’anni di dedicarsi allo studio della medicina e di intraprendere una carriera scientifica, contrariamente alla volontà paterna. Si iscrisse dunque alla facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università di Torino nell’autunno del 1930, dove poi laurearsi con lode nel 1936. Molto importante nella formazione della Levi era stata la figura di Giuseppe Levi, titolare della cattedra di istologia e maestro di altri due futuri premi nobel: (1975) RENATO DULBECCO: Studiò per primo le trasformazioni indotte dalle radiazioni nel DNA dei fagi che lo portarono a scoprire il virus mutante della poliomielite, poi spostò l'attenzione sui virus che inducono tumori, descrivendo il meccanismo di interazione tra i DNA della cellula ospite e del virus, per cui la cellula incorpora il DNA virale rendendo la modificazione tumorale ereditaria; (1969) SALVADOR LURIA: lavorando sulla genetica dei virus e dei batteri, conseguendo poi risultati fondamentali sui meccanismi di mutazione e riproduzione del DNA. Dopo la laurea fermamente intenzionata a proseguire la sua carriera accademica come assistente e ricercatrice in NEUROBIOLOGIA e PSICHIATRIA, tanto è vero che fin dai primi anni universitari si dedica agli studi sul sistema nervoso in particolare sulle cellule nervose, fu costretta nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali e manate dal regima fascista, ad emigrare per proseguire le sue ricerche sui processi di differenziamento del sistema nervoso. Sino all’invasione tedesca rimane ospite dell’istituto di neurologia dell’università di Bruxelles, in Belgio con la compagnia di Giuseppe Levi emigrato insieme a lei. La passione per la sua materia la spinge e le dona la forza per andare avanti tanto che continua le sue ricerche in un laboratorio casalingo di fortuna a Torino, dove con il suo maestro inizia a far pratica di studio, sullo sviluppo del sistema nervoso negli embrioni di pollo. Nel 1943 l’invasione tedesca costringe Rita Levi Montalcini ad abbandonare la città e a rifugiarsi a Firenze, dove vivrà in clandestinità per qualche anno, ma nel 1944 con l’avanzamento delle forze anglo-americane si presterà a collaborare come medico volontario presso un campo di rifugiati. Finalmente nel 45 la guerra finisce, lasciandosi alle spalle milioni di morti e devastazioni inimmaginabili in tutti i paesi e dopo un così lungo pellegrinare senza un posto sicuro dove rifugiarsi, Rita torna nella sua città natale e riprende le sue importanti ricerche insieme a Levi, sempre attraverso un laboratorio domestico. Poco dopo nel 1947 riceve un’offerta difficilmente rifiutabile dal dipartimento di Zoologia della Waschinton University di Saint Louis come docente di neurobiologia, dove sarebbe poi arrivata alla scoperta del fattore di crescita nervosa: Nerve growth factor (NGF). Accettando però non sapeva ancora che l’America diventerà una sorte di sua seconda patria perché la elogerà con incarichi prestigiosi per oltre tent’anni. Negli anni Sessanta la Levi Montalcini si divideva tra St Louis e Roma, dove aveva iniziato ad organizzare attività di ricerca in neurobiologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel 1977, tornata definitivamente in Italia, assumeva la direzione del Laboratorio di Biologia cellulare del C.N.R. a Roma, attivando inizialmente il solo reparto di Neurobiologia, presso il laboratorio di chimica biologica dell’Istituto Superiore di Sanità e focalizzando la ricerca sull’NGF . Nel Laboratorio si effettuavano la comparazione dell’NGF estratto da tessuti di varie specie animali, il sequenziamento degli aminoacidi dell’NGF estratto dalla ghiandola salivare del topo, lo studio dell’attività biologica dei vari frammenti peptidici; l’analisi strutturale e ultrastrutturale dell’effetto NGF. L’indagine a livello ultrastrutturale poneva in rilievo le caratteristiche essenziali dell’effetto NGF in cellule nervose embrionali e in cellule simpatiche in via di differenziazione ed adulte. In tutti i casi si osservava la produzione massiva di neurofilamenti, aumento del complesso di Golgi e modificazioni quanti e qualitative del reticolo endoplasmatico. Analisi biochimiche di cellule nervose trattate con l’NGF condotte in vitro dimostravano un rilevante aumento della sintesi proteica, lipidica, degli acidi ribonucleici e della utilizzazione dei carboidrati da parte di gangli sensitivi e simpatici embrionali incubati in un mezzo contenente il fattore NGF. L’effetto non si realizzava in presenza di inibitori specifici della sintesi proteica ed era quasi completamente annullato da inibitori della sintesi degli acidi ribonucleici. La scoperta dell'NGF Nell’estate del 1940, la Levi Montalcini legge un lavoro di Viktor Hamburger, studioso leader nell’uso degli embrioni di pollo per lo studio dell’embriologia del sistema nervoso. Nel 1927, Hamburger aveva usato l’embrione di pollo per studiare lo sviluppo del midollo spinale e aveva ottenuto in quella ricerca e successivamente nello studio pubblicato nel 1934, che lo sviluppo del sistema nervoso fosse in qualche modo influenzato da segnali provenienti dai tessuti circostanti e in grado di indirizzare la differenziazione dei neuroni, la crescita delle fibre nervose e l’innervazione degli organi. La Levi Montalcini decideva che gli esperimenti di Hamburger costituivano la base ideale per le possibilità di indagine offerte dal suo laboratorio domestico. L’esperimento prevedeva l’amputazione degli abbozzi di ala nell’embrione di tre giorni. Successivamente, dopo 17 giorni, la Montalcini e Levi sacrificavano un embrione al giorno per fissare e studiare al microscopio il midollo spinale. L’osservazione del preparato dimostrava l’assenza dei neuroni motori preposti all’innervazione delle ali. Hamburger aveva interpretato questa evidenza come incapacità dei neuroni di sviluppare in assenza dell’abbozzo delle ali, mentre la Levi Montalcini e Levi, dicevano che questi stessi neuroni si erano divisi,ma avevano iniziato il processo di crescita e migrazione delle fibre e che poi erano morti. Così, nel laboratorio domestico i due avevano stabilito il principio della morte neuronale, finita la guerra i due riprendevano il lavoro presso l’istituto di anatomia di Torino. Nel 1946 l’incontro dei due studiosi (Levi Montalcini e Hamburger) metteva assieme ed integrava competenze diverse, che erano proprie e che mancano rispettivamente ad ognuno dei due. Nell’autunno del 1947, la Levi Montalcini dimostrava conclusivamente il fenomeno, già osservato con Giuseppe Levi, della morte cellulare nei neuroni programmati per afferire ad un territorio embriologico in corso di sviluppo ma asportato sperimentalmente. Ciò indicava fortemente che la regione amputata regolava in qualche modo ancora sconosciuto la proliferazione e lo sviluppo cellulare del tessuto nervoso destinato ad innervarla. In quello stesso periodo, un dottorando di Hamburger, iniziava esperimenti di innesto del sarcoma 180 (S 180), un tumore maligno del topo, in embrioni di pollo. Queste indagini portavano alla scoperta che l’S 180 veniva raggiunto da un’intensa proliferazione di fibre nervose emergenti dai gangli vicini. Cosa ancora più interessante era che questi stessi gangli apparivano più grandi rispetto a quelli controlaterali dell’arto non innestato con S 180. Hamburger descrisse le indagini del suo allievo alla Levi Montalcini, che decise immediatamente di riprodurle su scala più vasta e con tecniche istologiche più sofisticate. Le ricerche della Levi Montalcini confermavano le evidenze ottenute e mettevano in evidenza ulteriori aspetti del fenomeno: l’aumento del volume dei gangli nervosi situati in prossimità dell’innesto di S 180 era sei volte maggiore di quello tipico legato al trapianto di un arto soprannumerario e perciò non assimilabile a quest’ultimo; la distribuzione e la diffusione delle fibre nervose nel sarcoma innestato era casuale, e non portava alla effettiva connessione con le cellule tumorali, come al contrario avviene tra fibre nervose e tessuti in sviluppo embrionale; le fibre del sistema nervoso simpatico penetravano nella cavità delle vene ostruendo la circolazione. Fu soprattutto quest’ultima evidenza a suggerire alla Levi Montalcini l’idea che l’effetto del sarcoma 180 fosse dovuto al fatto che le cellule tumorali rilasciassero una qualche sostanza diffusibile in grado di stimolare la differenziazione e la crescita delle cellule nervose recettive alla sua azione. Quindi per valutare quest’ultima ipotesi, la Levi Montalcini trapiantava frammenti di S 180 sulla membrana corio-allantoidea di embrioni tra il quarto e il sesto giorno d’incubazione, posizionadoli in modo tale da eludere qualunque contatto diretto tra i tessuti tumorali e quelli dell’embrione. I risultati coincidevano con quelli ottenuti precedentemente ed in sostanza corroboravano l’ipotesi che le cellule tumorali rilasciassero una sostanza stimolante la crescita nervosa. Era una spiegazione che infrangeva i principi fondanti dell’embriologia del tempo, secondo i quali la differenziazione delle cellule era guidata esclusivamente dal programma genetico. Allo stesso tempo, inoltre, l’ipotesi della Levi Montalcini prefigurava per la prima volta l’esistenza di fattori secreti da cellule in grado di stimolare ed indirizzare la crescita delle cellule nervose. La freddezza e la perplessità con cui fu accolta la comunicazione fatta dalla Levi Montalcini su queste scoperte nel dicembre 1951 alla New York Academy of Science è imputabile al carattere rivoluzionario delle evidenze accertate. La Levi Montalcini si orientava così verso un protocollo sperimentale più rapido e riproducibile, passando dalle ricerche sull’embrione a quello in vitro. La Montalcini sotto la guida di Hertha Meyer e Carlo Chagas, iniziava ad utilizzare la coltura in vitro. L’uso dell’incubazione dei tessuti in vitro confermava i risultati delle ricerche condotte sull’embrione. I tessuti coltivati in mezzo semi-solido ed in prossimità di frammenti di sarcoma 180, ma non di altri espianti neoplastici o normali, andavano incontro ad un’intensa proliferazione di fibre che si estendevano in una densa raggera. Il problema era quello isolare ed identificare questo fattore di crescita. Quando nell’inverno 1953 la Levi Montalcini tornava a St Louis Hamburger le affiancava Stanley Cohen, un giovane biochimico. Nel 1954 Cohen riusciva ad isolare ed identificare una frazione nucleo-proteica tumorale in grado di stimolare la crescita nervosa, che veniva chiamata Nerve Growth Factor, NGF. Si doveva ora accertare quale delle due frazioni era l’elemento neurotrofico attivo. A questo proposito Cohen chiedeva un parere a un biochimico esperto di enzimi che suggeriva a Cohen di usare veleno di serpenti, in quanto in grado di degradare gli acidi nucleici. Quando la Levi Montalcini provò il veleno di serpente su una frazione di tessuto nervososi determinò un risultato inatteso. La sostanza produceva una stupefacente crescita nervosa, equiparabile a quella del sarcoma 180. Ma dato che il fattore neurotonico era considerevolmente maggiore nel veleno rispetto al tumore, in proporzione circa di 1 a 1000, divenne possibile identificare l’NGF in una molecola proteica della quale si determinarono sia il peso molecolare che le proprietà fisico-chimiche. Nel 1958 veniva scoperta un’altra ricca sorgenti di NGF nelle ghiandole sottomandibolari del topo. Cohen estraeva la molecola attiva dell’NGF e la Levi Montalcini riproduceva tutti gli esperimenti sino ad allora condotti ottenendo di nuovo gli stessi risultati. La questione aperta era quella del chiarimento dell’eventuale ruolo di questa molecola nel normale sviluppo embriologico del sistema nervoso. Nel 1959, un esperimento condotto con un antisiero specifico contro l’NGF iniettato in cavie ai primi giorni di vita provava che l’inattivazione dell’NGF endogeno determinava una marcata atrofia dei gangli simpatici. Era la dimostrazione che l’NGF costituisce un fattore fondamentale nel normale sviluppo del sistema nervoso. Dal 1960 in poi venivano determinati i meccanismi d’azione dell’NGF, le relazioni con i recettori, i vari ruoli funzionali, l’identità chimica, la dimensione genetica, l’interazione col sistema nervoso centrale, con quello immunitario e col sistema endocrino, l’influenza sul comportamento. La ricerca sull’NGF ha aperto inoltre il filone di studio dei fattori di crescita ed è così diventata un programma di indagine a carattere paradigmatico che ha mutato il volto ed indicato nuove frontiere della ricerca nelle neuroscienze. IL NOBEL Viene assegnato a Rita Levi Montalcini e Stanley Cohen un riconoscimento prestigioso, il nobel, "per le loro scoperte sui fattori di crescita". Queste scoperte sono risultate di fondamentale importanza per la comprensione dei meccanismi che regolano la crescita di organi e cellule. Le varie tappe della crescita cellulare erano note da tempo. La scoperta del nerve growth factor (NGF), ad opera di Rita Levi Montalcini e dell'epidermal growth factor (EGF), ad opera di Stanley Cohen, hanno mostrato il modo in cui la crescita e la differenziazione delle cellule sono regolate. La scoperta del NGF è un affascinante esempio di come un acuto osservatore possa estrapolare da un apparente caos una limpida teoria. FINE