I RAPPORTI
FRA QUALITA’ E AMBIENTE
Appunti per il corso di Teoria e Tecnica della Qualità 2° Parte
A.A. 2007/2008 (Prof. Savio - Integrazione)
1
LA NORMATIVA
PER LA DIFESA DALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
La normativa italiana sulla protezione dall’inquinamento
atmosferico è stata la prima in ordine di tempo ad essere
emanata, in quanto risale alla legge 13 luglio 1966, n. 615,
nota anche come legge antismog.
Ad essa sono seguiti i regolamenti di esecuzione
riguardanti:
- gli impianti termici (DPR 22.12.1970, n. 1391);
- il settore delle industrie (DPR 15.04.1971 n. 322);
- i veicoli con motore diesel (DPR 22.02.1971 n. 323).
Il successivo trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni
e agli enti locali ha portato ad una prima serie di interferenze
nelle attribuzioni di compiti, che sono state ulteriormente
complicate dall’entrata in vigore della Legge n. 833/1978
istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (al quale era stata
demandata in modo esplicito la tutela dell’ambiente) e della
Legge n. 349/1986 con la quale era istituito il Ministero
dell’ambiente che attribuiva a questa nuova struttura le
competenze generali in materia di inquinamento atmosferico.
Sembrano essere proprio l’eccessiva proliferazione di norme e
la frammentazione di competenze gli ostacoli per una corretta
applicazione delle normative fino ad allora vigenti.
La Legge 615/1966, non completamente abrogata anche se in
gran parte modificata da interventi successivi, aveva come
obiettivo il controllo delle “emissioni in atmosfera di fumi, gas
e odori di qualsiasi tipo atti ad alterare le normali condizioni di
salubrità dell’aria e di costituire pertanto pregiudizio diretto o
indiretto alla salute dei cittadini e danno ai beni pubblici o
privati”.
La Legge 615/1966 è stata in seguito modificata da numerosi
provvedimenti, tra cui uno relativo al tenore di zolfo di alcuni
combustibili liquidi ed altri in cui sono stati fissati gli
standard di qualità dell’aria definiti come limiti massimi di
accettabilità delle concentrazioni di inquinanti.
Legge n. 615/1966:
Provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico.
Aggiornamenti:
DM 20/05/1991
Criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento
e la tutela della qualità dell’aria.
DM del 27/03/1998
Mobilità sostenibile nelle aree urbane.
DL n. 351 del 04/08/1999
Attuazione della Direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e
di gestione della qualità dell’aria ambiente.
DPR 10/05/1982 N. 485
Attuazione della Direttiva (CEE) n. 78/611 relativa al contenuto
di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata
destinati alla propulsione degli autoveicoli.
Aggiornamenti:
DM del 14/11/1997
Attuazione della Direttiva 96/69/CEE dell’8 ottobre 1996
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli stati
membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento
atmosferico da emissioni di veicoli a motore.
DM del 21.12.1999
Attuazione della Direttiva 98/69/CE del 13 ottobre 1998 relativa
alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico da
emissioni di veicoli a motore.
DL n. 372 del 04/08/1999
Attuazione della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione
e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC Integrated
Pollution Prevention and Control).
Il decreto disciplina la prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento proveniente da attività industriali (Attività
energetiche, Produzione e trasformazione dei metalli,
Industria dei prodotti minerali, Industria chimica, Gestione
dei rifiuti, Altre attività) e prevede misure intese ad evitare o
ridurre le emissioni di tali attività nell’aria, nell’acqua e nel
suolo per conseguire un livello elevato di protezione
dell’ambiente nel suo complesso.
Direttiva 98/70/CE del 13 ottobre 1998 relativa alla
qualità della benzina e del combustibile diesel.
La Direttiva definisce i seguenti termini tecnici:
1) “benzina”: gli oli minerali volatili destinati al
funzionamento dei motori a combustione interna e
ad accensione comandata
2) “combustibile diesel” i gasoli utilizzati per i veicoli
a propulsione autonoma ad accensione per
compressione.
Direttiva 98/70/CE del 13 ottobre 1998 relativa alla qualità
della benzina e del combustibile diesel (segue)
La Direttiva, all’art. 3, stabilisce che a decorrere al più tardi
dal 1° gennaio 2000 gli Stati membri provvedono affinchè sul
loro territorio venga commercializzata soltanto benzina senza
piombo.
La stessa Direttiva tuttavia stabilisce anche che, in deroga a
quanto sopra, ad uno stato membro può essere consentito, su
richiesta dello stesso, continuare a permettere la
commercializzazione di benzina contenente piombo, comunque
non oltre il 1° gennaio 2005, qualora possa provare che
l’introduzione di un divieto provocherebbe gravi difficoltà
socioeconomiche …..
LA NORMATIVA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
Il primo provvedimento legislativo contro l’inquinamento da
rifiuti è costituito dal DPR 10 settembre 1982, n. 915 e dalla
deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 che
concerne la normativa tecnica di attuazione dello stesso decreto.
A questi provvedimenti sono seguite la Legge 29 ottobre 1987, n.
441 recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei
rifiuti e la Legge 9 novembre 1988, n. 475 recante disposizioni
urgenti in materia di smaltimento di rifiuti industriali.
Come si può notare dai titoli dei provvedimenti elencati, la
normativa sui rifiuti è sempre stata improntata ai criteri di
“urgenza” stanti i ritardi con cui la materia è stata affrontata e la
necessità di rincorrere continuamente gli effetti causati dalla
produzione di rifiuti e dalle difficoltà di gestione dei sistemi di
corretto smaltimento.
Questi provvedimenti legislativi, ad eccezione della
deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 e
di alcuni articoli delle leggi 441/87 e 475/88, sono stati abrogati
dal Decreto Legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, conosciuto
anche come decreto Ronchi dal nome del Ministro
dell’Ambiente da cui è stato emanato.
Fino alla entrata in vigore del D. Lgs. 22/97 sono stati emanati
numerosi altri decreti a parziale modificazione e/o
integrazione di quelli precedenti.
Anche la maggior parte di questi è stata abrogata.
Merita di essere ricordato il Decreto Ministeriale del
19/07/1989 con il quale sono stati approvati gli schemi di
statuto dei consorzi nazionali obbligatori per il riciclaggio dei
contenitori ed imballaggi in vetro, metallo e plastica.
Merita di essere ricordato anche il Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri n° 377 del 10/08/1988 relativo alla
regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale
(Valutazione di Impatto Ambientale o VIA).
Successivamente al D.lgs 22/1997 sono stati emanati nel
nostro paese i seguenti altri provvedimenti:
Il D.lgs 13/01/2001 n. 36 e il D.M 13/03/2003, che introducono
nell’ordinamento nazionale la nuova disciplina in materia di
Il D.lgs 24/06/2003 n. 209 (attuazione della Direttiva
2000/53/CE) relativo ai veicoli fuori uso.
Il Decreto 08/05/2003 n.203 e altre disposizioni in materia di
“Green Public Procurement”
Il DPR 15/09/2003 n. 254 sulla gestione dei rifiuti sanitari
Schema di Decreto di recepimento della Direttiva
2000/76/CE sull’incenerimento di rifiuti
Il D.lgs del 29/12/2003 n. 387 sulla promozione
dell’elettricità da fonti rinnovabili
LA NORMATIVA
PER LA DIFESA DALL’INQUINAMENTO IDRICO
La prima legge specifica sulla tutela delle acque
dall’inquinamento è stata la Legge 10 maggio 1976, n. 319,
conosciuta anche come Legge Merli dal nome del Presidente
del Comitato interparlamentare da cui è stata elaborata.
Il provvedimento, più volte modificato ed integrato, è stato
definitivamente abrogato dal Decreto Legislativo 152/1999.
La finalità della legge riguardava, tra l’altro, la disciplina
degli scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti e
indiretti, in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e
marine, sia pubbliche che private, nonché in fognature, sul
suolo e nel sottosuolo.
La legge prevedeva il censimento su tutto il territorio
nazionale dei corpi idrici e la predisposizione dei piani
regionali per il risanamento delle acque.
La regolamentazione degli scarichi era basata su limiti di
accettabilità indicati in tabelle che comprendevano i valori
massimi tollerati o gli intervalli consentiti di numerosi
parametri fisici, chimici e microbiologici.
Le competenze di carattere generale erano attribuite allo
Stato mentre altre competenze specifiche erano attribuite alle
Regioni, alle Province, ai Comuni e loro consorzi, alle
comunità montane.
Art. 1. Tutela e uso delle risorse idriche.
Tutte le acque superficiali sono pubbliche. Qualsiasi uso delle
acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle
generazioni future. Gli usi delle acque sono indirizzati al
risparmio e al rinnovo delle risorse.
Art. 8. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
I servizi idrici sono riorganizzati sulla base di Ambiti Territoriali
Ottimali (ATO).
Decreto Legislativo del Governo n° 152 del 11/05/1999
Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e
recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il
trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da
fonti agricole.
Modificato dal D.Lgs. 258/00.
Art. 1 - Finalità.
1. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela
delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo gli
obiettivi seguenti:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento
dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed
adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con
priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi
idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e
vegetali ampie e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si
realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per
specifica destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi
nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato
sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato,
nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi
di qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e
depurazione degli scarichi idrici;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione
dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al
risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
Art. 2 - Definizioni.
Ai fini del presente decreto si intende per:
"abitante equivalente": il carico organico biodegradabile
avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5)
pari a 60 grammi di ossigeno al giorno.
Vengono date inoltre le altre definizioni tecniche che seguono:
"acque dolci“; "acque reflue domestiche“;
"acque reflue industriali“; "acque reflue urbane“;
"acque sotterranee“; "eutrofizzazione“
Art. 3 - Competenze.
Art. 4 - Disposizioni generali.
1. Al fine della tutela e risanamento delle acque superficiali e
sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di
qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di
qualità per specifica destinazione per i corpi idrici da garantirsi
su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della
capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali
ampie e ben diversificate.
4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il
piano di tutela delle acque misure atte a conseguire gli obiettivi
seguenti entro il 31 dicembre 2016:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi
superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato di "buono"
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità
ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1;
Art. 5 - Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di
qualità ambientale.
1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati già acquisiti e
dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli
articoli. 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo
idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità
corrispondente a una di quelle indicate nell'Allegato 1.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le
regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al
raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità
ambientale.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il
raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008
ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve
conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui
all'allegato 1.
Art. 58 - Danno ambientale, bonifica e ripristino
ambientale dei siti inquinati.
Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo
in violazione delle disposizioni del presente decreto
provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle
altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo
concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a
procedere a proprie spese agli interventi di messa in
sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree
inquinate e degli impianti dai quali è derivato il danno
ovvero deriva il pericolo di inquinamento
Art. 59 - Sanzioni penali.
1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di
acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero
continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che
l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con
l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire
due milioni a lire quindici milioni.
GLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE
I sistemi di depurazione possono essere classificati in base al
livello di trattamento dei reflui, cioè in base a quanto è
"spinta" la depurazione delle acque. Nella generalità dei casi
il trattamento dei reflui prevede le fasi seguenti.
a) Trattamenti preliminari:
Hanno lo scopo di separare dal liquame le sostanze solide
estranee, che potrebbero creare problemi agli impianti di
depurazione (detriti, rifiuti solidi, oli, sabbie), attraverso
griglie grossolane e fini, dissabbiatori e disoleatori.
b)Trattamenti primari:
Hanno l'obiettivo di rimuovere gli SST (solidi sospesi totali)
prevalentemente di natura organica, presenti nel liquame
influente. Il processo può essere agevolato attraverso
l'impiego di particolari sostanze flocculanti che aumentano il
grado di aggregazione delle particelle e quindi la loro
sedimentabilità.
c) Trattamenti secondari:
Sono finalizzati all'abbattimento della sostanza
organica biodegradabile e alla rimozione dei solidi
in forma colloidale, non sedimentabili e, quindi,
non separabili con trattamenti di tipo fisico.
d) Trattamenti terziari:
Hanno lo scopo di perfezionare la depurazione
riducendo il carico di elementi nutrienti (fosforo e
azoto) presenti nell'effluente secondario. In certi
casi il trattamento terziario elimina sostanze poco
biodegradabili che non sono state eliminate
attraverso il metabolismo batterico.
• Delle quattro fasi previste in un impianto di depurazione
delle acque reflue urbane (fase preliminare meccanica,
trattamento biologico a fanghi attivi, trattamento chimico
quando si renda necessaria una depurazione spinta,
trattamento dei fanghi di risulta) l’ultima fase rappresenta il
problema più grave della depurazione delle acque. Per avere
una dimensione di tale problema si consideri che per un
Comune come quello di Verona di medie dimensioni
(popolazione residente poco superiore a 250.000 abitanti)
ogni giorno vengono trattati oltre 90.000 metri cubi di reflui
che generano circa 50 tonnellate di fanghi di risulta. Una
soluzione efficace per il trattamento dei fanghi è costituita
dalla digestione anaerobica.
Si tratta di un processo biologico complesso, che ha luogo in
assenza di ossigeno, per mezzo del quale la sostanza organica
viene trasformata in biogas, costituito principalmente da
metano e anidride carbonica (la percentuale di metano può
arrivare, nelle migliori condizioni, fino al 75-80 %).
La trasformazione della sostanza organica in biogas avviene
per opera di particolari microrganismi anaerobi (batteri
metanigeni) all’interno di digestori a silo di dimensioni
variabili. La produzione di biogas è notevolmente condizionata
dalla temperatura all’interno del digestore, dal tipo di inoculo
batterico, dalla natura del liquame da trattare e da altri fattori
di esercizio dell’impianto.
Il biogas recuperato, dopo essere stato opportunamente
depurato, può essere utilizzato per la combustione diretta
e la sola produzione di calore o, in alternativa, in sistemi
di cogenerazione per la produzione contemporanea di
energia elettrica e calore.
Si stima che in Europa siano operativi circa 2.000 digestori
associati ad impianti di trattamento di fanghi di
depurazione delle acque reflue urbane e circa 2.500
digestori per il trattamento di liquami zootecnici.
Tecnologie a ridotto impatto ambientale
I sistemi di fitodepurazione e lagunaggio sono definiti
dalla normativa sistemi depurativi "naturali". Essi sono in
realtà impianti artificiali appositamente progettati e
costruiti secondo regole ingegneristiche, per riprodurre i
processi autodepurativi caratteristici delle aree umide
naturali. Secondo la pratica comune, il termine "naturale"
o "a ridotto impatto ambientale" è usato per distinguere
questi sistemi dalle tecnologie convenzionalmente
applicate ai reflui urbani (sistemi a fanghi attivi o a
biomassa sospesa).
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