DISTRETTI INDUSTRIALI E IMPRESE ARTIGIANE
TRA CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO.
I CASI DI PRATO E DI EMPOLI
GRUPPO DI LAVORO:
Lorenzo Bacci (Irpet), Marco
Bellandi (UNIFI), Annalisa Caloffi
(UNIFI), Gabi Dei Ottati (UNIFI),
Marco Mariani (Irpet), Riccardo
Perugi (Unioncamere TO), Alberto
Susini (Unioncamere TO), Cristina
Santini (UNIFI), Lorenzo Zanni
(UNISI– coordinatore scientifico)
Osservatorio Regionale
Toscano sull’Artigianato
Firenze, 18 settembre 2007
Regione
Toscana
Unioncamere
Toscana
CNA.
Toscana
Confartigianato
impr. Toscana
CGIL
Toscana
CISL
Toscana
UIL – Un.Reg.
Toscana
Obiettivi della ricerca
1) Fare il punto sullo “stato dell’arte” su imprese artigiane e
distretti TA di Prato ed Empoli
- analisi della letteratura e delle ricerche svolte
- analisi mediante data base e interviste
Approfondimento di alcune tematiche ritenute rilevanti
2) traiettorie di internazionalizzazione
3) competenze critiche e relazioni di sistema
4) evoluzione dei modelli imprenditoriali
5) Considerazioni di sintesi e implicazioni in termini di policy
Metodologie di ricerca
 Analisi desk letteratura
 Analisi banche dati disponibili
 Analisi field mediante questionario:
– 164 imprese TA italiane intervistate (32 Empoli + 132 Prato)
– 50 imprese cinesi intervistate (settore confezioni Prato)
 Analisi casi aziendali
– 7 casi di internazionalizzazione;
– 4 interviste a testimoni privilegiati;
– 2 casi imprenditori cinesi “emergenti”
1) Risultati sintesi analisi letteratura
 Alcune conferme nei caratteri della subfornitura locale

Differenze fra imprese C/P (conto proprio) e C/T (conto terzi);

Poche le imprese miste; difficile passare di ruolo.

Rari i rapporti di subfornitura di secondo livello presenti in altri sistemi locali toscani.

Prevalenza di rapporti di committenza locali e ridotta innovazione
 Molteplicità delle traiettorie evolutive possibili (non solo crescita)

In futuro un mercato sempre più frammentato in varie nicchie ad alta complessità: ci
sono spazi sia per piccole sia per grandi imprese

Varie le opzioni strategiche (l’industrializzazione è solo una delle opzioni possibili)

Differenti le traiettorie perseguite da Prato ed Empoli (settoriali e per tipo di aziende)
 Tre processi rimasti in ombra:

L’impatto dell’internazionalizzazione produttiva sull’imprenditoria artigiana;

Le modifica nel sistema delle relazioni distrettuali;

I cambiamenti nei modelli imprenditoriali (successione; imprenditoria etnica)
2) INTERNAZIONALIZZAZIONE PRODUTTIVA (IP)
 Le interviste evidenziano un quadro di risposte non del tutto coerente:
 le imprese CP dichiarano una modesta IP, per le imprese CT questa IP sarebbe più sviluppata
 L’analisi dei dati del commercio estero a livello d’impresa ha permesso di
quantificare i flussi del commercio internazionale evidenziando loro varietà:
 circa il 40% del valore dell’import e circa il 46% del valore dell’export toscano di TA da imputare
a imprese italiane che non hanno sede in Toscana e che, tuttavia, utilizzano la nostra regione
come piattaforma produttiva
 le operazioni di internazionalizzazione produttiva più complesse hanno ancora uno spazio
contenuto: circa l’80% dell’export di TA è riconducibile a operazioni tradizionali di vendita sul
mercato internazionale di prodotti realizzati localmente
 Le operazioni di delocalizzazione sono ancora poche, ma non irrilevanti (il 5% dell’export diretto
delle imprese TA, ma il 23% dell’import), circa 170 imprese coinvolte
 Le strategie opposte che si inseriscono in filiere internazionali e intercettano lavorazioni
esternalizzate da imprese estere riguardano circa 160 imprese toscane, anche se il valore dei
flussi è nettamente inferiore (il 5% dell’import e il 3% dell’export)
 Alto il ricorso all’importazione di prodotti afferenti a stesse fasi di lavorazione o successive a
quelle dell’impresa importatrice: oltre 570 imprese TA affiancano alla produzione una attività di
intermediazione commerciale importando beni finiti o semilavorati (oltre il 50% importazioni TA)
 Anche logiche opposte di imprese che esportano beni non afferenti alle proprie lavorazioni, ma
che si collocano spesso a valle delle loro lavorazioni. Si tratta di organizzatori di processi
produttivi locali per conto di committenti esteri (oltre 290 imprese, per il 7% dell’export TA)
• Pur nella varietà di flussi di IP il bilancio per le imprese terziste locali è
nel complesso negativo (l’opposto vale per le imprese finali).
• Gli effetti non sono quindi gli stessi per tutte le tipologie di imprese, né
incidono nello stesso modo nelle diverse tipologie di attività del TA.
• La metafora del lento “prosciugamento di un lago”: si riduce il lago, ma
restano delle zone in cui le acque sono più profonde e gli animali
superstiti vi si concentrano.
• Da evitare il prevalere di sole strategie di delocalizzazione produttiva
resource seeking da parte di leader (aspetto accentuato nell’area
empolese rispetto a quella pratese). Effetti valutabili nel medio-lungo
periodo (possibili anche i primi effetti “di ritorno” da gestire).
• Possibili alcune azioni di policy a supporto dei processi di
internazionalizzazione
3) Competenze critiche e relazioni di sistema
 Tipologie di imprese
 Primi tentativi delle imprese CP a spostarsi sulla rivendita di articoli prodotti da terzi. In
generale le imprese tendono a spostarsi più a valle per cercare più valore aggiunto ampliando
le produzioni e diversificandosi su più nicchie. Due traiettorie di sviluppo: dal tessile alla
maglieria e dalle confezioni alla maglieria
 Un 20% delle imprese muta posizionamento qualitativo dei prodotti con un upgrading di
prodotto, una strategia che sembra associarsi a buone performance. Ci sono però anche
passaggi dall’alta alla media o medio-bassa qualità.
 Preoccupa che ancora il 64% delle confezioni e l’84% del tessile operi su fasce di bassa o
media qualità
 L’incidenza della dimensione d’impresa sulle performance ha incerta valutazione mentre, tra
i settori, il tessile soffre di più. I risultati (fatturato) dipendono dal tipo di rapporto col mercato.
Soffrono meno le imprese CP (in oltre il 52% dei casi il fatturato cresce o è stabile) rispetto
alle CT (61% di imprese in calo). Fra le imprese in CP, specie tessili, meglio chi esternalizza
fasi manifatturiere mentre le imprese produttrici hanno cali di fatturato più frequenti
Fra le imprese contoterziste quelle monofase, specie nel tessile, hanno perdite di fatturato
più frequenti; quelle plurifase (soprattutto confezioni) hanno cali di fatturato più rari. Gli unici
terzisti con risultati in crescita o stabilità sono quelle imprese che alle lavorazioni
manifatturiere hanno associato fasi a monte e a valle
3) Competenze critiche e relazioni di sistema
 Rapporti di subfornitura
 I rapporti di fornitura presentano sia elementi di continuità col passato
(preferenza per i rapporti infra-distrettuali) sia elementi di cambiamento.
 In particolare aumenta il peso, rispetto al passato, di subfornitori con pochi
committenti o monocommittenza.
 Oltre il 50% dei contoterzisti ha un committente che impone specifiche di
lavorazione, nel 37% dei casi il committente, pur definendo le specifiche, accetta
la collaborazione mentre nel 36% si definisce insieme cosa fare. Quasi il 50%
delle imprese contoterziste ha rapporti di tipo collaborativo con i committenti
mentre una parte non bassa ha rapporti di puro mercato.
 L’erosione delle basi sociali della cooperazione tipiche del distretto legate
all’accresciuta pressione esterna (guerra dei prezzi, allungamento dei tempi di
pagamento, moltiplicarsi delle contestazioni) ha reso più difficile il rispetto di
alcune regole di comportamento
 Possibili azioni di policy che incentivino rapporti di tipo bilaterale
4) Evoluzione dei modelli imprenditoriali
Focus di attenzione e metodologia d’indagine
A) Il problema del ricambio generazionale (successione)
• Analisi questionario (ma su 164 imprese solo l’1,8% sono
nuovi imprenditori)
• Analisi data base esistente sui modelli di governance
familiari (Irpet 2005): enucleazione imprese tessili area FIPO (329 imprese: 46% artigiane, 54% non artigiane)
B) L’emergere di nuova imprenditoria etnica (cinese)
• Interviste dirette a 50 imprese cinesi tramite questionario
(rilevatrice cinese; questionario tradotto)
• Redazione di due casi aziendali di imprenditoria cinese
“di successo”
A) Modelli di governance familiari e problemi di
gestione della successione imprenditoriale
1. La struttura del vertice


Alta incidenza di imprese familiari (67,6%), ma dal 1990 in crescita le società miste (8,9%) e
quelle interamente composte da non parenti (23,5%)
I processi di “ri-familiarizzazione del vertice” (segno di tenuta del modello familiare)
2. L’ingresso della nuova generazione (natura dei figli,
modalità di gestione della successione)
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Discreta continuità aziendale (57% lavora nell’azienda, ma gli artigiani hanno più problemi); una
quota significativa sono studenti lavoratori
Il basso grado di condivisione valoriale dei figli rispetto ai valori dei padri (il 53% dei figli non
condivide i valori dei padri): è la seconda “spaccatura generazionale” nei distretti (post-fordista)
La tempistica del problema successorio (circa il 13% nei prossimi 10 anni)
L’alta incidenza della possibile mortalità aziendale nell’artigianato (da un minimo del 17% ad un
massimo del 33% degli intervistati la prevede)
3. Le nuove imprese distrettuali (alcune considerazioni
sulle performance in base all’età)
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La giovane età imprenditori si associa a stabilità di addetti, non pare correlarsi a performance
Gli imprenditori più giovani (sotto i 35 anni) non hanno maggiore propensione alla crescita
Non emerge una netta e precisa correlazione tra giovane età dell’imprenditore e grado di
adozione di nuove tecnologie (i giovani prediligono ICT, gli anziani le MCN)
B) L’emergere di imprenditoria etnica a PO
1) L’impatto sul tessuto produttivo locale
Aspetti positivi: a) Frena l’emorragia di imprenditori artigiani con problemi di successione
imprenditoriale; b) Irrobustimento di nuovi segmenti di mercato (confezioni pronto moda) verso un
vero “distretto moda”
Aspetti negativi: a) La presenza di un’economia parallela sommersa (che danneggia gli imprenditori
onesti); b) I problemi di integrazione sociale (Il rischio di creare un “distretto nel distretto” )
2) Similarità e differenze tra modelli imprenditoriali italiani e cinesi
Elementi comuni: a) Il ruolo della famiglia o del clan di villaggio (aspetti simili con emigrati dal Sud
Italia); b) Autosfruttamento (si lavora tanto e spesso “a nero”); c) Il nanismo imprenditoriale (ma
emergono i primi fenomeni di imprese leader cinesi)
Elementi diversi: a) La barriera linguistica (il problema dell’integrazione); b) I circuiti creditizi (si ricorre a
prestiti familiari escludendo il circuito bancario)
3) La rete di relazioni tra locale e globale
Potenzialità: a) Investimenti prevalentemente nell’area di Prato; b) Oltre il 50% delle materie prime
sembra acquisito nel sistema locale
Limiti: a) Un circuito cognitivo circoscritto al distretto (salvo rari casi); b) Le relazioni con la madre patria
prevalentemente familiari (potenzialità ancora da cogliere)
4) Le prospettive future
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Il problema della successione anche per gli imprenditori cinesi (il 20% lo segnala)
Dubbi sul ruolo futuro del Made in Italy in un’ottica di medio-lungo periodo (opinioni contrastanti)
Il desiderio di rimanere in Italia (indipendentemente dalla congiuntura);
5) Prime considerazioni di sintesi ed
implicazioni in termini di policy
Future leve e direttrici di sviluppo dell’artigianato TA di Prato-Empoli:
 Verso uno scenario di accresciuta complessità ambientale
 Non esiste una “one best way”
Supporto a processi di ristrutturazione e di riposizionamento (di
processo operativo, di prodotto, di mercato)
 Aziende plurifase e funzioni non solo manifatturiere
 Più che evitare la monocommittenza evitare l’impoverimento cognitivo
La questione dimensionale:
 La crescita aziendale è solo una delle soluzioni (incide sulle performance?)
 La difficoltà del mondo artigiano nel creare consorzi e collaborazioni reticolari
Il rischio di impoverimento del sistema sotto il profilo cognitivo:
 Fallimento dell’attuale sistema di formazione professionale
 Importante di inserire nel distretto nuove competenze (scientificazione)
Il sostegno ai processi innovativi
 Supporto agli investimenti in macchinari
 Il ruolo delle reti per l’innovazione (attualmente sotto monitoraggio)
 Sinergie con fiere di settore e attività museali (ricerca su tendenze e nuovi materiali)
Le leve e le direttrici di sviluppo dell’artigianato
in Toscana
LE LEVE DELLO SVILUPPO
LE DIRETTRICI DI SVILUPPO
• L’alta qualità (la nicchia)

• L’innovazione e l’ibridazione

• L’internazionalizzazione

• La managerializzazione

• L’autoriproduzione
• La professionalizzazione
– per terziarizzazione
– per scientificazione
• L’industrializzazione
• La de-marginalizzazione
• La cooperazione “guidata”
(metagovernance di sistema;
attori leader)
Misure di accompagnamento al processo di terziarizzazione:
 Individuare servizi dove l’intervento pubblico può aiutare a ridurre i costi per il sistema
 Spazi per introdurre innovazioni nel sistema distributivo dei prodotti
Supportare le strategie di internazionalizzazione “virtuose”




Possibile ruolo delle imprese leader per internazionalizzare la filiera?
Possibile creare presidi commerciali all’estero coinvolgendo capitali pubblico/privati
La metafora del lento “prosciugamento del lago”
Favorire la proiezione estera della formazione superiore (università)
Governare più che subire il processo di transizione generazionale
 Aumentare la consapevolezza del problema
 Cercare di mantenere le imprese sane (favorire le imprese a controllo misto?)
 La transizione come opportunità non solo come rischio
Opportunità nuova imprenditoria etnica ma attenta gestione dei rischi:
 I legami non ancora sfruttati con la madre patria
 Il rischio di creazione del “distretto nel distretto” (favorire l’emersione e cultura legalità)
Favorire la creazione di una governance di sistema locale
 Per ridurre la dispersione di risorse (duplicazioni) e individuare priorità comuni
 Per cercare di rigenerare economie esterne oggi in via di deterioramento
DISTRETTI INDUSTRIALI E IMPRESE ARTIGIANE
TRA CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO.
I CASI DI PRATO E DI EMPOLI
GRUPPO DI LAVORO:
Lorenzo Bacci (Irpet), Marco
Bellandi (UNIFI), Annalisa Caloffi
(UNIFI), Gabi Dei Ottati (UNIFI),
Marco Mariani (Irpet), Riccardo
Perugi (Unioncamere TO), Alberto
Susini (Unioncamere TO), Cristina
Santini (UNIFI), Lorenzo Zanni
(UNISI– coordinatore scientifico)
Osservatorio Regionale
Toscano sull’Artigianato
Firenze, 18 settembre 2007
Regione
Toscana
Unioncamere
Toscana
CNA.
Toscana
Confartigianato
impr. Toscana
CGIL
Toscana
CISL
Toscana
UIL – Un.Reg.
Toscana
DISTRETTI INDUSTRIALI E IMPRESE ARTIGIANE
TRA CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO.
I CASI DI PRATO E DI EMPOLI
GRUPPO DI LAVORO:
Lorenzo Bacci (Irpet), Marco Bellandi (UNIFI), Annalisa Caloffi (UNIFI), Gabi Dei Ottati (UNIFI), Marco
Mariani (Irpet), Riccardo Perugi (Unioncamere TO), Alberto Susini (Unioncamere TO), Cristina Santini
(UNIFI), Lorenzo Zanni (UNISI– coordinatore scientifico)
Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato
Firenze, 18 settembre 2007
Regione
Toscana
Unioncamere
Toscana
CNA.
Toscana
Confartigianato
impr. Toscana
CGIL
Toscana
CISL
Toscana
UIL – Un.Reg.
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Presentazione della ricerca del Prof. Lorenzo Zanni