Melanie
Klein
(Vienna 1882 –
Londra 1960)
• Per il pensiero di M. Klein – che rappresenta
il retroterra teorico del testo di Waddell,
Mondi interni – l’Io è è esistente sin dalla
nascita
• Inoltre, per M. Klein gli “impulsi” (pulsioni)
dell’Io sono sempre legate agli “oggetti”: per
la Klein le unità di base dei processi
mentali non sono blocchi di energia senza
oggetto, ma unità relazionali.
È mia convinzione che il bambino abbia fin dall’inizio
della vita prenatale una relazione con la madre […]
che è impregnata degli elementi fondamentali di una
relazione oggettuale, ossia amore, odio, fantasie,
angosce e difese (Le origini della traslazione, 1952,
p. 49).
• Per la Klein le fantasie sono la base
dell’esperienza della realtà.
il pensiero di realtà non può operare senza la
concomitanza e il supporto di fantasie inconsce
(Isaac, Natura e funzione della fantasia, 1943).
Approfondimento: fantasia e realtà:
• La Klein oscilla, relativamente al ruolo degli altri in relazione agli
oggetti interni, fra varie sfumate posizioni, sottolineando sempre,
tuttavia, anche nei suoi primi lavori, il ruolo degli altri reali.
• Ella afferma che ad oggetti primitivi rigidi si sovrappongano poi le
immagini dei genitori reali; in altri momenti ipotizza che i primi
oggetti derivino dalle percezioni dei genitori reali, ma
grossolanamente distorte dagli impulsi del bambino; altrove
ipotizza un meccanismo più fluido, in virtù del quale gli altri reali
verrebbero poi deformati dal mondo interno del bambino:
percezioni di oggetti reali si mescolano alle immagini
proiettate cosicché nella successiva reinteriorizzazione gli
oggetti interni che ne risultano sono parzialmente trasformati
dalle percezioni di oggetti reali. Ecco allora che ai genitori reali
si sovrappone sempre un’immagine fantastica di essi
esageratamente punitiva.
• La Klein ha messo in luce gli impulsi
aggressivi del bambino, fra cui, in particolare,
l’invidia (si veda dopo).
– Ella si figura che il bambino sia impegnato a possedere tutte le
ricchezze che immagina contenute nel grembo della madre, tra cui il
cibo, feci preziose, neonati e il pene del padre. Immagina e
distrugge, nella fantasia il perpetuo rapporto sessuale reciproco dei
genitori, che concepisce come uno scambio di preziose sostanze
nutritive, inaccessibili a lui. Immagina che il proprio corpo sia abitato
da un simile mondo di oggetti buoni e cattivi ed è occupato in un
sempre rinnovato tentativo di:
• afferrare sostanze e oggetti “buoni” (in sostanza “buon” latte,
“buone” feci, “buon” pene e “buoni” neonati) e, con il loro aiuto,
paralizzare l’azione di sostanze e oggetti “cattivi” all’interno del
suo stesso corpo;
• ammassare al suo interno abbastanza riserve per poter resistere
agli attacchi sferrati contro di lui dai suoi oggetti esterni
(Contributo alla teoria delle inibizioni intellettive, 1931).
• Sulla base di tali processi – fortemente
determinati dalle fantasie innate, da un
lato, e dagli altri reali, dall’altro – si
stabilisce una fitta rete di relazioni
oggettuali interiorizzate.
– Il bambino può anche essere turbato e
paralizzato dagli esiti di tali relazioni, soprattutto
da quelle aggressive, che possono bloccare la
sua creatività. Lo scopo dell’analisi infantile sarà,
allora, proprio restituire la creatività al bambino.
• Per la Klein, “l’io assorbe continuamente in sé
l’intero mondo esterno (1935)”, internalizza
aspetti buoni del mondo esterno e, facendoli
propri, cresce e si sviluppa.
→ Il rapporto con il mondo esterno e la
crescita della personalità può essere
figurata come un alternarsi di momenti in
cui si «proiettano» «parti di sé» (prima) o
affetti e sentimenti (successivamente) per
poi «reintroiettare» questi aspetti psichici
modificati sulla base di un rapporto via via
più realistico col mondo esterno e con
gli altri (cfr. Waddell).
Posizione schizo-paranoide
/ posizione depressiva
• Il bambino teme che la propria cattiveria (che
proietta), gli “ritorni indietro”. Vive pertanto
nella paura “paranoide”. M. Klein chiama
pertanto questa dimensione come “posizione
paranoide”.
– Il “Super-io” del bambino è alimentato da tali
sentimenti di ritorsione
• Nella posizione paranoide il bambino separa
gli oggetti buoni e gli oggetti cattivi: i primi
vengono trattenuti psichicamente presso l’Io;
gli altri espulsi (proiettati).
• Successivamente, facendo proprie
sollecitazioni di Fairbairn, la Klein affermerà
che scissioni d’oggetto implicano scissioni
dell’io: in sostanza “parti” di Io vengono
scisse assieme agli oggetti (potremmo dire:
ciò che viene scisso è l’intera relazione Iooggetto) e tendono a ritornare in modo
persecutorio
 ella ridenomina la posizione “paranoide” in
posizione “schizo-paranoide”, dove “schizo”
sta per “schizoide” nel senso di Fairbairn
• Il processo di scissione permette all’Io di
emergere dalla indistinzione affettiva
originaria ordinando le cose in “buone” o
“cattive”.
• Se la scissione non sarà stata troppo
drastica, rimarrà una comunicazione fra
conscio (buono) e inconscio (pieno di oggetti
cattivi).
• Fondamentale, per la Klein, è che
l’esperienza del mondo (e dell’Io) come
“buono” prevalga sulle esperienze del
mondo (e dell’Io) come “cattivo”.
il primo oggetto buono agisce come punto
focale nell’Io. Esso bilancia i processi di
scissione e dispersione, contribuisce alla
coesione e all’integrazione, ed è strumentale alla
costruzione dell’Io. (Note su alcuni meccanismi
schizoidi, 1946, p. 6)
Approfondimento: il Super-Io arcaico e l’oggetto ideale
• Nel periodo 6-12 mesi il Super-Io arcaico si arricchisce
dell’oggetto ideale: esso perde in parte il suo carattere
feroce, ma incita il bambino alla perfezione promovendo
l’identificazione, incoraggiandolo a crescere e gratificandolo.
• Il tentativo di tutelare l’oggetto d’amore dalle sue stesse
pulsioni, che si esprime nel circolo “senso di colpa –
riparazione”, induce anche alla sublimazione, alla
produzione di simboli e alla creatività.
• L’esperienza di un oggetto buono che
prevale su quello cattivo rimane nella
profonda memoria affettiva come
idealizzazione dell’oggetto buono: essa si
risperimenta nell’innamoramento, nel
piacere estetico, nella costruzione di ideali e
valori.
 Comunque il predominio delle
esperienze buone su quelle cattive è
essenziale ai fini di uno sviluppo
armonico.
• Uno dei fattori perturbativi di un sano
sviluppo è, invece, l’invidia, espressione
precoce dell’istinto di morte, attacca gli
oggetti parziali, in particolare il seno.
• L’invidia impedisce di ricevere aiuto e
conforto da un oggetto ideale e l’Io di priva
della possibilità di arricchirsi mediante
l’introiezione.
Approfondimenti: l’invidia
• All’invidia viene attribuita una posizione di estrema
importanza in Invidia e gratitudine (1957, anche se
riferimenti all’invidia si trovano già in La psicoanalisi dei
bambini, 1932): essa è la forma più nefasta di aggressività
innata: l’invidia vuole distruggere il seno non perché è
cattivo, ma perché è buono. L’esistenza del seno al di
fuori del suo controllo è intollerabile per il bambino e di qui
discende l’invidia. Il danno arrecato dall’indivia sta nel fatto
che la distruzione è diretta anche verso gli oggetti buoni,
distruggendo i quali egli si impedisce quei momenti di
sollievo che questi possono arrecare.
• La descrizione kleiniana dell’invidia ha un notevole
potere esplicativo nel caso dei pazienti difficili, quelli
che non sembrano trarre nulla di buono dalla relazione
terapeutica e manifestano quella che Freud definì “reazione
terapeutica negativa”.
• Nella seconda metà del primo anno di vita,
secondo la Klein il bambino acquista la
capacità di interiorizzare oggetti interi (in
opposizione al scindere e dividere gli oggetti)
e questo corrisponde ad una marcata
variazione del centro della vita psichica.
 Il bambino entra così nella posizione
depressiva
– L’angoscia “depressiva” è quella provata
per l’oggetto intero, che il bambino teme di
aver distrutto. Il bambino si sente svuotato e
tenta allora di “riparare” la madre attraverso
fantasie e comportamenti ricostruttivi.
Gratitudine e ansia per il destino
dell’oggetto
• La Klein mette in luce come in questa fase vi sia
un’autentica preoccupazione del bambino
verso gli altri
 questa preoccupazione non è solamente una
“formazione reattiva”, ma è espressione di una
profonda gratitudine
 l’ansia per il destino dell’oggetto e il
tentativo di ricostruirlo per mezzo dell’amore
sono la forza motrice della personalità. In questi
tentativi di riparazione l’io dubita di riuscire e
questo costituisce un forte impulso al suo
sviluppo.
• Quindi, nello sviluppo normale all’invidia si
contrappone la gratitudine.
 quando il bambino è sicuro del possesso
di un oggetto ideale avrà meno bisogno di
proiettare i suoi impulsi distruttivi e
aumenterà la capacità di tolleranza e la
forza energetica dell’Io. Con il sorgere della
posizione depressiva si acquisisce la
capacità di tollerare l’ambivalenza.
Riparazione
 Poiché l’oggetto amato è ora incorporato
nell’Io, l’aggressione contro di esso non dà
luogo a paure persecutorie, come quando il
bambino era nella posizione schizo-paranoide
(dove gli oggetti erano esterni), ma senso di
colpa e lutto per distruggere un oggetto
buono interno. Ma tali sentimenti incitano il
bambino ad assumere un atteggiamento di
riparazione.
• Nella fase finale del suo pensiero la Klein vede
la vita come una lotta fra l’integrazione creata
dall’amore e la disintegrazione ad opera
dell’invidia. Tenere insieme i due aspetti è
penosamente difficile: devono essere
riconosciuti i limiti dell’amore di ciascuno, la
realtà dell’ambivalenza e devono essere
affrontati l’ansia depressiva e il senso di colpa.
• L’angoscia depressiva non viene mai
superata per tutta la vita: l’ambivalenza
verso gli oggetti rimane. La perdita viene
vissuta come svuotamento e come risultato
della propria distruttività e come rappresaglia
per azioni odiose passate. Per contro, buone
esperienze con altri sono importanti per
ristabilire una speranza nella propria capacità
di amare e di ricostruire. Nell’ultima fase della
Klein, gli altri reali sono importanti.
Difese nella posizione schizoparanoide
• Le difese che si sperimentano nella
posizione schizoparanoide sono volte a
scongiurare la contaminazione degli
oggetti buoni con quelli cattivi: scissione,
idealizzazione, diniego della realtà interna
ed esterna, repressione, artificiosità delle
emozioni, identificazione proiettiva
• Fra le difese, l’ “identificazione proiettiva” è un
concetto tipicamente kleiniano che viene utilizzato
per descrivere la scissione di parti dell’Io e la loro
proiezione su altri. Quindi, parti non desiderate di
sé sono attribuite ad oggetti esterni.
– Per la Klein l’aver proiettato parti cattive rende l’Io
timoroso di rappresaglie e la paura di avere parti di sé
imprigionate dentro l’oggetto aggredito. Il meccanismo
dell’identificazione proiettiva sta alla base del delirio
psicotico di essere un’altra persona (ad es. Cristo o
Napoleone).
Normali sviluppi della
posizione depressiva
• I normali sviluppi della posizione depressiva
sono:
– la riparazione, che scaturisce dal senso di colpa e
dalla consapevolezza di aver leso il proprio
rapporto con l’oggetto buono,
– il rafforzamento dell’esame di realtà (con
conseguente sviluppo della simbolizzazione e
della creatività),
– la capacità di tollerare amore e odio nei confronti
di uno stesso oggetto (perché si è acquisita la
sicurezza della prevalenza dell’amore sull’odio),
– la gratitudine.
Sviluppi patologici della
posizione depressiva
Gli sviluppi patologici della posizione
depressiva consistono nell’instaurarsi di un
rapporto maniacale con l’oggetto, che nega il
senso di colpa ed è caratterizzato da tre
sentimenti volti a negare la dipendenza e ad
assicurarsi il dominio del mondo esterno:
– dominio,
– trionfo,
– disprezzo.
lo sviluppo patologico della posizione
depressiva fa sì che si instauri un rapporto
maniacale con l’oggetto all’insegna
dell’idealizzazione, che impoverisce la vita
psichica e nega l’ambivalenza degli oggetti
N.B. Ma quando gli sforzi di idealizzazione
(volto a negare l’ambivalenza) falliscono,
come nel caso del lutto patologico, si
innesca una spirale di colpa, autorimprovero
e disperazione che conduce alla psicosi
depressiva.
• Freud aveva notato (1915) che una delle reazioni
che si può avere nel lutto patologico è il
trasformarsi della melanconia in mania, cioè
nel controllo onnipotente dell’oggetto
• L’accettazione della sofferenza e del «lutto» per
gli oggetti amati e perduti, se non negata,
permette di approdare a un rapporto più profondo
con essi.
• Per Bion esiste una genuina capacità di
amare, di odiare e di conoscere.
• Ma esiste anche una mistificazione di
questa capacità che trasforma:
l’amore
 in cinismo,
l’odio
 in puritanesimo/bigottismo
Il conoscere  in ipocrisia
• Il «mentire» rappresenta un’impossibilità di fare
un’autentica esperienza emotiva e pertanto di crescere,
perché ci si sbarazza delle emozioni che rappresentano
la «base» del mio «essere».
→ Bion dice che l’esperienza emotiva autentica è
una forma di «legame», nel senso che permette di
legare ciò che è soggettivo (sentire) con l’oggetto
• Nella relazione educativa amore/odio/conoscenza (L,
H, K = Love/Hate/Knowledge) potrebbero essere
tradotti come segue:
– Amore → cura, premura, interesse acché l’altro
esista e cresca libero
– Odio → la ripulsa, il rigettare ciò che dell’altro mi
urta e infastidisce, il rimettere ciascuno al proprio
posto
– Conoscenza → interesse per come l’altro
«funziona» (a livello mentale, fisico, emotivo),
l’altro come «sistema vivente» avente una sua
propria dinamica
– Cinismo → mancanza della capacità di prendersi cura dell’altro
e disinteresse profondo per il suo destino, incapacità di
coinvolgimento emotivo, di commozione. Fromm dice che la
profonda incapacità di amare si trasforma in mancanza di
interesse per ciò che è vivo e quindi in necrofilia, attrazione per
ciò che è morto → mancanza di «calore»
– Bigottismo → provare amore mentre invece si disprezza,
fingere in amore (diverso dall’incapacità di amare), ammantare,
mistificare, non provare vergogna per il proprio odio, incapacità
di sentirsi creatura colpevole, onnipotenza → mancanza di
senso di colpa
– Ipocrisia → distorcere la verità, disinteresse verso la verità,
mancanza di devozione verso le cose, disprezzo per come le
cose sono ed evolvono, senso di trionfo sulle cose/persone,
attitudine «pornografica»; l’incapacità profonda di comprendere
si trasforma in distruttività e incapacità di cambiare. Fromm dice
che prevale la conoscenza come «avere» piuttosto che come
«essere» → mancanza di interesse autentico.
Es. Angelo Izzo: il «mostro del Circeo»
ROMA - Romano ed ex 'pariolino', estremista di destra, circa
50 anni, Angelo Izzo, arrestato oggi in Molise, è salito alla
ribalta della cronaca nel 1975, con Gianni Guido e Andrea
Ghira, per lo spaventoso episodio del 'massacro del Circeo'. I
tre 'ragazzi bene' invitarono Maria Rosaria Lopez e Donatella
Colasanti ad una 'festa' nella villa di Ghira, al Circeo, e lì le
seviziarono e massacrarono. La Lopez morì e la Colasanti si
salvò, in terribili condizioni, fingendosi morta.
I corpi delle due ragazze furono abbandonati dai tre nel
bagagliaio di un'auto, a Roma. Izzo e Guido furono arrestati il
giorno dopo. Ghira è ancora latitante.
Il processo, svoltosi nell' estate del 1976 davanti ai giudici
della corte di assise di Latina, si concluse con la condanna
degli imputati all'ergastolo, grazie alla ricostruzione fatta
dalla Colasanti. I difensori degli imputati tentarono
inutilmente di ottenere il riconoscimento di una totale o
parziale capacità di intendere e volere dei loro assistiti. In
appello (ottobre 1980) l'ergastolo fu confermato per Izzo e
Ghira mentre a Guido furono riconosciute le attenuanti
generiche e la pena fu tramutata in 30 anni di carcere.
Quest'ultima decisione suscitò molte polemiche anche
perchè motivata dal versamento di 100 milioni di lire, fatto, a
titolo di risarcimento, dai Guido ai familiari della Lopez. La
stessa cifra fu invece rifiutata dalla Colasanti. Nel settembre
del 1983 la Cassazione confermò la sentenza di appello.»
Durante la detenzione, Izzo comincia a collaborare con la giustizia, anche se spesso le
sue dichiarazioni non hanno trovato riscontri. E altrettanto spesso ha anche cercato di
evadere, con alterni risultati. Nel 1977 fallisce un tentativo di evadere dal carcere di
Latina, facendosi scudo del maresciallo delle guardie di custodia. Nel gennaio 1986, nel
supercarcere di Paliano, viene scoperto un altro piano di fuga attribuito a lui. Il 25
agosto 1993 riesce ad allontanarsi dal carcere di Alessandria, durante un permesso, ma
viene arrestato a Parigi a metà settembre, armato di una rivoltella con dieci milioni in
contanti ed estradato in Italia. Nel 1995, mentre era nel carcere di Prato, confessa un
omicidio, mai scoperto, che sarebbe avvenuto nel 1975. La vittima era un malavitoso che
si sarebbe impadronito del bottino di una rapina compiuta da un gruppetto di estremisti
di destra.
Tre le 'rivelazioni' di Izzo, un' accusa ad Andrea Ghira di aver sparato a Giorgiana Masi,
usando le armi che avevano in dotazione nel gruppo eversivo di cui faceva parte,
chiamato "Drago", e versioni (quasi tutte apprese in carcere) sulla strage di piazza
Fontana, quella della stazione di Bologna, quella di piazza della Loggia a Brescia,
l'uccisione di Mino Pecorelli, quella di Fausto e Iaio, quella di Piersanti Mattarella, e
diversi altri episodi di terrorismo e mafia.
Gianni Guido, nel 1981, riuscì ad evadere dal carcere di San Gimignano. Due anni dopo
fu arrestato in Argentina, ma anche da lì riuscì ad allontanarsi dall'ospedale dove era
ricoverato. Guido fu poi arrestato di nuovo a Panama, nel 1994, ed estradato in Italia.
Andrea Ghira non è mai stato arrestato e presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati,
in diversi periodi, in Brasile, Kenya, Sudafrica.
(30 aprile 2005, http://www.repubblica.it/2005/d/sezioni/cronaca/izz/schedci/schedci.html)
• Il circolo virtuoso che spinge il bambino,
sicuro del possesso dell’oggetto amato, ad
abbandonare le fantasie per accettare la
realtà non è mai concluso una volta per tutte:
esperienze di ambivalenza, colpa e
privazione possono ricomparire anche nella
vita adulta.
Approfondimenti: la psicopatologia
• La concezione della psicopatologia si è progressivamente
spostata (soprattutto dopo l’introduzione delle “posizioni”)
verso i nuclei psicotici e, nel caso delle nevrosi, alle
eventuali psicosi soggiacenti.
• Nella Klein la tendenza è a vedere il buono come dato
dall’esterno e il cattivo come un prodotto della psicologica
originaria del bambino. La Klein tende a vedere l’influenza
dei genitori sul bambino come uniformemente positivo,
come fonte di immagini di amore a fronte dell’innata
aggressività di lui. Talvolta mette in luce casi particolari:
depressione della madre, mancanza di calore, avversione
nei confronti del bambino, ma tali formulazioni non
compaiono in relazione ad oggetti interni, che rispondono a
caratteristiche universali. Le radici della patologia vanno
ricercate nella cattiveria del bambino. È sicuramente strano
che la Klein non parli delle deficienze genitoriali.
• Per la Klein i fallimenti nell’elaborazione delle due posizioni
darebbero luogo a punti di fissazione sui quali si innesta il
disturbo psicotico dell’adulto.
• Inoltre, ella paragona i disturbi psicotici in generale alla
posizione schizo-paranoidea, tanto da lasciar presumere
che il neonato sia un piccolo psicotico. La Klein connette in
unico quadro schizofrenia e paranoia:
– il delirio persecutorio tipico della paranoia deriverebbe dalla
proiezione dell’oggetto cattivo.
– Lo schizofrenico fallisce nell’entrata nella posizione
depressiva (non riesce ad integrare oggetto e sé) e resta in
preda a violente scissioni e proiezioni e ad una confusione fra
mondo interno e mondo esterno.
– Il depresso non riesce a conseguire la riparazione dell’oggetto
(e di se stesso) e resta diviso fra l’Io cattivo e l’oggetto buono.
– Nella fase maniacale, invece, ad un Io grandioso si oppone un
oggetto svalutato.
In breve
• Per la Klein, come per Freud, esiste una pulsione di vita e
una pulsione di morte
• Le pulsioni si manifestano come fantasie inconsce
originarie in cui il sé interagisce con un oggetto sotto
l’influenza di emozioni primitive (che sono il riflesso delle
pulsioni). Si è utilizzata la metafora della mente come teatro.
• Il prototipo della pulsione di vita è la relazione col seno buono.
La proiezione dell’oggetto buono su nuovi oggetti è alla base
della fiducia verso il mondo, del desiderio di esplorare ecc.
• La pulsione di morte viene intesa come derivante dalla
cattiveria originaria del bambino e viene proiettata all’esterno.
La Klein ha parlato assai del sentimento dell’invidia, una
forma perniciosa di aggressività che conduce il bambino a
voler depredare il corpo della madre di cose buone avendone,
di rimando, la paura della ritorsione.
• Il bambino viene descritto dalla Klein come impegnato ad
ammassare oggetti buoni e preziosi, depredandoli dal corpo
della madre, ma è impaurito dalla ritorsione da parte degli
oggetti aggrediti. Il suo vissuto è caratterizzato dalla paura
paranoide della ritorsione degli oggetti cattivi, sia esterni, in
quanto ha diretto nei loro confronti la propria aggressività, sia
di quelli che sono diventati interni in virtù dell’internalizzazione
(che è un processo spontaneo e naturale di assorbimento
dell’io degli oggetti).
• La Klein descrive una posizione schizoparanoide, in cui il
bambino è impegnato ad ammassare oggetti buoni e a lottare e
rifiutare gli oggetti cattivi, dai quali si attende sempre
rappresaglia e punizione (paura paranoide). I meccanismi di
scissione operano al massimo livello fino al 6° mese. Si parla
in tal senso di relazione con oggetti parziali. La relazione con
un oggetto assolutamente buono e idealizzato, scisso
dall’oggetto assolutamente cattivo, rimane nelle nostre menti.
• Le difese che si sperimentano nella posizione depressiva sono
volte a scongiurare la contaminazione degli oggetti buoni con
quelli cattivi: scissione, idealizzazione, diniego della realtà
interna ed esterna, repressione, artificiosità delle emozioni,
identificazione proiettiva
• Quando il bambino sarà in grado di accettare i propri impulsi
cattivi, sperimenterà la posizione depressiva, diminuirà l’uso di
difese e inizierà a relazionarsi con l’oggetto intero. A consentire
questo passaggio è la consapevolezza, da parte del bambino,
del sicuro possesso di un oggetto buono, che aumenta la forza
dell’Io e la sua capacità di tolleranza. “…il primo oggetto buono
agisce come punto focale nell’Io. Esso bilancia i processi di
scissione e dispersione, contribuisce alla coesione e
all’integrazione, ed è strumentale alla costruzione dell’Io (Note su
alcuni meccanismi schizoidi, 1946, p. 6)
• A differenza delle paure persecutorie della posizione
schizoparanoide, il timore che il bambino sperimenta nella
posizione depressiva è quello di far male all’oggetto buono. Ciò
genera senso di colpa e angoscia depressiva e conseguente
desiderio di riparare al male arrecato all’oggetto buono.
• Il Super-io arcaico, che si era formato durante la posizione
schizoparanoide, è costituito dal timore di rappresaglia da parte
di oggetti interni cattivi non proiettati. Esso giunge a
maturazione alla fine del 1° anno, col passaggio delle fantasie
dalla madre al padre, e si caratterizza della paura di organi
sessuali pericolosi e di relazioni sessuali fra i genitori distruttive.
Il Super-io si arricchisce però anche dell’oggetto ideale
perdendo, così, parte del suo carattere feroce, ma incitando il
bambino alla perfezione (anche in modo crudele), promovendo
l’identificazione, incoraggiandolo a crescere, gratificandolo.
• I normali sviluppi della posizione depressiva sono la
riparazione, il rafforzamento dell’esame di realtà (con
conseguente sviluppo della simbolizzazione e della creatività),
la capacità di tollerare amore e odio nei confronti di uno stesso
oggetto (perché si è acquisita la sicurezza della prevalenza
dell’amore sull’odio), gratitudine che scaturisce dal senso di
colpa.
• Gli sviluppi patologici della posizione depressiva derivano
da una negazione del senso di colpa e da un rapporto
maniacale con l’oggetto all’insegna dell’idealizzazione, che
impoverisce la vita psichica e nega l’ambivalenza degli oggetti;
si nega anche la dipendenza e il bisogno che si ha di essi
controllandoli con un senso di trionfo e disprezzo. Ma quando
gli sforzi di idealizzazione falliscono, come nel caso del lutto
patologico, si innesca una spirale di colpa, autorimprovero e
disperazione che conduce alla psicosi depressiva.
Ronald Fairbairn
(1889 – 1964)
La centralità della
relazione
• Ronald Fairbairn – che elaborò i suoi contributi di
psicoanalisi negli anni ’40 – pose al centro del suo
interesse il profondo bisogno da parte del
bambino di relazioni personali basate sull’amore.
Egli affermò, in contrasto con Freud, che la
motivazione centrale degli esseri umani è stabilire
buone relazioni con gli altri (“la libido non è ricerca di
piacere, ma ricerca d’oggetto”)
 Per Fairbain l’asse centrale attorno al quale ruota
lo sviluppo del bambino sono le buone relazioni,
all’insegna dell’affetto, dell’amore, della stima, della
considerazione personale.
 Il bisogno di relazione è così centrale che “è
meglio una relazione cattiva che nessuna
relazione”
• Nelle prime fasi dello sviluppo l’Io non è strutturato
e dotato di una coscienza di sé di tipo riflessivo,
ma è tutt’uno col caregiver. Il piccolo è, cioè, in
“identificazione primaria” con l’altro.
 Così, se il bambino sperimenta relazioni
insoddisfacenti, egli – in virtù dell’identificazione –
giungerà a percepire se stesso come
insoddisfacente e “cattivo”.
• Questo sentirsi cattivo comporta un’esperienza
molto dolorosa, addirittura catastrofica,
nell’esperienza di Sé del bambino.
…l’esperienza di non essere accettato e riconosciuto nel
proprio bisogno di amore è un’esperienza devastante che, a
livello profondo, è l’esperienza della vergogna per aver
manifestato dei bisogni affettivi. Il senso del proprio valore è
minacciato. Ad un livello ancora più profondo, si ha un
senso di svuotamento e di morte psichica. La
consapevolezza che il proprio amore è inutile genera un
senso di futilità dell’Io… (Fairbairn 1944, tr. it. 1970, p. 140)
• Fairbairn descrisse approfonditamente come
tali esperienze relazionali negative
possano essere controllate solamente
tramite la loro rimozione nell’inconscio.
– la rimozione nell’inconscio delle esperienze
negative è un espediente per “bonificare” le
relazioni della loro “cattiveria” e farle apparire di
nuovo positive e “buone”.
• È l’esperienza, tristemente nota, dei bambini abusati
che non riescono ad accusare i loro aguzzini della
violenza subita perché hanno bisogno di credere
nella bontà della relazione.
• Nell’inconscio, tuttavia, questi sentimenti
negativi permangono; in virtù
dell’identificazione, il proprio Io,
inconsciamente percepito come
profondamente “contaminato” di cattiveria,
svuotato.
 Fairbairn tale parte dell’Io contaminata
di cattiveria “sabotatore interno”, che
rappresenta quella parte dell’Io
profondamente contaminata da un senso
di cattiveria e capace di boicottare i
miglioramenti della personalità
Ciò genera una vera e propria situazione di
tipo “schizoide” ovvero di scissione all’interno
dell’Io. Ci sono, cioè, delle “parti” del nostro Io
legate a delusioni relazioni molto profonde che
intaccano e si legano al senso di sé da dover
essere negate perché intollerabili.
Questi individui percepiscono che il bisogno di
amore, dipendenza e affetto sono pericolosi e vanno
negati. L’amore è sentito come connesso alla
distruzione e alla morte. È questo il senso
dell’affermazione di Oscar Wilde che, nella Ballata
della prigione di Reading, esclama “Ogni uomo
uccide la cosa che ama” (Fairbairn 1940, tr. it 1970).
• Inoltre, osserva Fairbairn, assieme alla
inconscia sensazione di cattiveria dell’Io,
v’è un’altra parte dell’Io, anch’essa
diventata inconscia, che ambisce ad avere
soddisfatti quei bisogni relazionali di cui
non ha avuto esperienza. Tuttavia li
desidera in maniera compulsiva, esigente,
vorace, voluttuosa, “libidica”.
 Fairbairn chiama tale Io “Io libidico” e
a suo parere assomiglia all’inconscio
pulsionale descritto da Freud.
Riassumendo:
• Le relazioni insoddisfacenti generano, cioè, da un
lato un bisogno insoddisfatto che assume una
forma seduttiva, stimolante e, dall’altro lato, la
continua frustrazione di quei bisogni da parte dell’
“Io cattivo” (sabotatore interno), che incarna la
memoria del fallimento profondo di ogni tentativo di
mettersi in relazione. Il sabotore interno, come
suggerisce il nome, “attacca” rabbiosamente quella
parte dell’Io (l’Io libidico) che manifesta desideri.
• Più in fondo, l’attacco del sabotatore interno
rappresenta anche un attacco che il bambino
rivolge verso sé stesso in quanto dipendente e
bisognoso di relazione.
Precisazione:
• Rispetto a questa dinamica profonda avente a che
fare relazioni buone o cattive, il senso di colpa che
genera il Super-Io descritto da Freud agisce, per
Fairbairn, a un livello più superficiale.
 Fairbairn pensa infatti che il senso di colpa sia
una difesa “morale” più evoluta dietro la quale si
cela una situazione più originaria legata a relazioni
interiorizzate assolutamente cattive (in cui il proprio
Io è sentito come indegno e cattivo). Il
colpevolizzarsi viene utilizzato, cioè, per coprire e
per tenere lontano dalla coscienza la sensazione
profonda di disperazione legata alle relazioni
cattive. Meglio, cioè, sentirsi in colpa che sentirsi
indegno di esistere.
L’evoluzione come passaggio dalla dipendenza
immatura alla dipendenza matura
• Crescendo il bambino sarà indotto a evolvere
dalla dipendenza immatura alla dipendenza
matura.
• Affinché tale passaggio possa avvenire in modo
emotivamente sano occorre che il bambino
abbia la sensazione di essere sostenuto e
incoraggiato nell’ambito di relazioni in cui si
sente amato come persona; altrimenti egli tale
passaggio e l’aprirsi al mondo esterno come
carichi di troppa ansia di separazione.
– L’ansia di separazione è spesso legata alla sensazione di
sentirsi intrappolati in spazi troppo stretti o troppo ampi.
Approfondimento:
• Per Fairbairn le relazioni cattive rimosse
nell’inconscio (che contengono un’esperienza dell’Io
come cattivo e dell’altro come cattivo) sono alla base
dei disturbi ossessivi, paranoidi, isterici e fobici.
Si riportano i meccanismi di difesa così come vengono intesi da Fairbairn:
– La fobia rappresenta la tensione connessa al passaggio dalla
dipendenza infantile a quella matura, nella speranza di “farcela” e nel
timore di rimanere intrappolato, rinchiuso, inghiottito… Il conflitto è
quello tra la fuga dall’oggetto e il ritorno all’oggetto. Il fobico adotta una
posizione passiva e si pone nella scelta di fuggire dal potere
dell’oggetto o sottomettersi ad esso.
– La paranoia è la più radicale, in quanto gli oggetti cattivi vengono
trattati come assolutamente cattivi. Questi diventano dei persecutori
che attaccano il soggetto dall’esterno. Il paranoide è caratterizzato da
una grandiosità stravagante (perché non basata su una realistica
autostima) che teme l’attacco da parte degli oggetti cattivi persecutori.
– L’isteria non è una fissazione alla fase fallica come conseguenza della
situazione edipica, come nella teoria freudiana, ma è un rifiuto degli
organi genitali perché essi sono utilizzati per avere soddisfazioni di tipo
infantile-dipendente.
• Fairbairn fa l’esempio di una bambina tenuta in disparte da genitori che non
si occupavano di lei che inizia ad utilizzare la seduzione per avere il padre
dalla sua parte.
A differenza che per il paranoico e l’ossessivo, nell’isterico l’oggetto
cattivo è trattenuto psicologicamente dentro: l’isterico vuole consegnare
tutto ai suoi oggetti d’amore, spesso idealizzandoli, nella speranza di
stabilire una relazione più rassicurante, ma non dà loro gli organi
sessuali, che restano invischiati in un meccanismo di soddisfazione
regressiva con l’oggetto cattivo e devono pertanto essere tenuti fuori
dalla relazione idealizzata. L’isterico, come il fobico e l’ossessivo, ha in
parte acquistato una maturità durante la fase di transizione, ma in parte è
rimasto legato in modo immaturo ai suoi oggetti interni. Proprio
l’esagerazione dell’isterico solleva il sospetto che il suo comportamento
derivi dalla sovracompensazione d’un rifiuto. Questo sospetto è
confermato nell’isterico dalla presenza di dissociazioni e l’analisi può
evidenziare l’identificazione con i genitali rifiutati.
– Nell’ossessione, invece, c’è un po’ di atteggiamento oblativo della
dipendenza matura. L’ossessivo è come se volesse metaforicamente
espellere di propri oggetti cattivi e pertanto esercita un forte controllo,
spesso connotato da alta aggressività, su di essi.
Iper-investimento difensivo del
mondo interno
• Per paura di ulteriori “fallimenti relazionali”, il
bambino si “attaccherà” di più al suo “mondo
interno” fatto di relazioni con oggetti cattivi (che lo
fanno sentire una nullità) e oggetti libidici (che
stimolano il suo desiderio in maniera vorace).
• L’attaccamento al mondo interno va a
compensare la sensazione di solitudine; ma così
l’individuo si chiude in un circolo vizioso sempre
più stringente, fino al punto che il dare e
l’interagire autentico con gli altri viene sentito
come un pericoloso “svuotamento”.
• Melanie Klein aveva già evidenziato come il normale
sviluppo infantile contempli il rafforzamento dell’esame
di realtà (con conseguente sviluppo della
simbolizzazione e della creatività) e la capacità di tollerare
amore e odio nei confronti di uno stesso oggetto (perché
si è acquisita la sicurezza della prevalenza dell’amore
sull’odio e si prova gratitudine verso l’oggetto).
L’espressione dell’aggressività diventa connotata da
senso di colpa e dal desiderio di riparare al male fatto.
• Gli sviluppi patologici derivano invece da una
negazione del senso di colpa e da un rapporto
maniacale con l’oggetto all’insegna dell’idealizzazione,
che impoverisce la vita psichica e nega l’ambivalenza
degli oggetti; si nega anche la dipendenza e il bisogno
che si ha di essi controllandoli con un senso di trionfo
e disprezzo.
Realtà esterna, altri
Parte matura dell’individuo in interazione con la realtà e capace di
interagire in senso realistico col mondo (Io centrale)

Senso di colpa (Super-Io “morale” di Freud) (“non devi comportarti così”;
“non essere così dipendente”; “non essere egoista, pensa come soffrono gli
altri”; “sei proprio una persona cattiva” ecc.)
Io solo, abbandonato, vergognoso del
proprio bisogno di amore, con un senso
di profonda disistima e di cattiveria
(sabotatore interno)
(Super-Io primitivo sadico e punitivo)


Io che reclama aggressivamente il
soddisfacimento dei propri bisogni, non
più percepiti come puri bisogni
relazionali e di affetto, ma come
esigenze, “capricci”, lusinghe, seduzioni
(che spesso si intrecciano con la sfera
sessuale), uno sfruttare gli altri. Contro
questo bisogno il sabotatore interno
mobilita la sua aggressività (perché in
fondo è un bisogno che si sviluppa da
una mancanza, compensatorio, che il
sabotatore interno rabbiosamente mette
a tacere) (io libidico)
Relazioni con oggetti interiorizzati, cui l’individuo è costretto a ricorrere in
mancanza di una relazione soddisfacente con gli oggetti del mondo esterno
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Psicologia della personalità AA 2012-13