Compliance
e collaborazione paziente-medico
Guglielmo M.Trovato – Istituto di Medicina Interna e Terapia Medica – Università di Catania
Il problema
Di collaborazione paziente-medico
esiste sia a livello di condizioni cliniche
relativamente banali,
che in condizioni di estrema gravità.
In queste situazioni il medico,
nell’informare su diagnosi e prognosi
assume il ruolo del giudice
che pronuncia una condanna,
anche estrema.
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Il rapporto di reciproca fiducia
e collaborazione tra medico
e paziente non comincia
e non si esaurisce
al momento della comunicazione
della diagnosi e della prognosi,
spesso a lungo incerte:
deriva invece dalla
esperienza condivisa nell’affrontare
i problemi, anche solo conversazionali,
sino alla concreta sofferenza fisica.
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La necessità di indurre una fattiva
collaborazione da parte del paziente
(compliance) e dei parenti
rivela la prospettiva iatrocentrica.
In effetti, lo stesso problema,
assai più drammatico, viene affrontato
dal malato stesso, che cerca di ottenere
comprensione, collaborazione
oltre che specifici comportamenti
professionali dalla struttura sanitaria
e dal singolo medico.
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Esiste quindi un lavoro
di elaborazione della compliance
che non ha per soggetto
il medico, ma i pazienti stessi
e i loro congiunti,
e per oggetto
la organizzazione sanitaria.
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Questo reciproco sforzo
di conquista della fiducia e della
collaborazione è tanto maggiore,
e persino vano,
quanto maggiormente
contraddittorie sono le esigenze
del paziente (in termini clinici).
Dipendono anche dalle reali possibilità
della medicina, della specifica organizzazione
sanitaria, del singolo medico.
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Il problema fondamentale
non è “comunicare”
Diagnosi e prognosi
ma formularle ed elaborarle.
Pensare, conoscere e comunicare
modelli diversi di
storia naturale di malattia
modificabile da terapie ma
inserite nel contesto del paziente
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Diagnosi e prognosi
comportano però, soprattutto,
un problema di gestione consapevole.
Gestire la diagnosi significa
soprattutto trascegliere
coinvolgendo proprie e altrui
competenze.
Gestire la prognosi
implica un impegno che coinvolge
medico, strutture sanitarie e asistenziali,
gruppo sociale di appartenenza del malato.
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Gli elementi critici
Sono quindi numerosi:
•La professionalità del singolo
medico
•Modalità e possibilità di
accesso a organizzazioni
sanitarie
•La “cultura” della salute
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L’ambito di
professionalità del singolo
medico dipende anche:
•Dalla sua formazione
e aggiornamento
•Dal contesto di lavoro specifico
(pubblico-privato)
•Dalla “solvibilità” dei pazienti
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Contesto di lavoro specifico
(pubblico-privato)
•fruibilità e immagine
della struttura sanitaria
•Logica percepita
dell’intervento medico
•Processo ed esito
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“solvibilità” dei pazienti
•Nessuna intermediazione
•Intermediazione burocratica
•Intermediazione assicurativa
•insolvibilità
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“cultura” della salute
•Differenze geo-etniche
•Differenze religiose
•Differenze sociali
•Impatto dei media
•Impatto delle logiche
“economiche”
•Norme e idealità di
giustizia distributiva
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Esiste una tendenza diffusa
all’evitamento
del tema angoscioso della morte,
altrui e propria.
Con Woody Allen, assai banalmente,
si tenta di esorcizzarla:
non ho paura della morte,
ma quando arriverà
preferirei non esserci.
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Comunicare una diagnosi, spesso
non definitiva, in itinere,
è ben altro problema
e presenta implicazioni medico-legali
oltre che etiche e psicologiche
assai complesse.
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La giurisprudenza afferma
che il paziente
capace di intendere e di volere
ha il diritto
di conoscere la verità sulla sua malattia
(Cassazione Civile, sentenza n. 364/1997)
e che i familiari,
senza il suo consenso informato,
non hanno diritto di assumere decisioni
per lui.
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Il codice di deontologia medica
approvato nel 1998 afferma all’art. 30 :
Il medico deve fornire al paziente
la più idonea informazione
sulla diagnosi,
sulla prognosi,
sulle prospettive
e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche
e sulle prevedibili conseguenze
delle scelte operate;
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il medico
nell’informare il paziente
dovrà tener conto delle sue capacità
di comprensione
al fine di promuovere
la massima adesione
alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione
da parte del paziente
deve essere soddisfatta.
codice di deontologia medica 1998
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Le informazioni riguardanti prognosi
gravi o infauste
o tali da poter procurare
preoccupazione e sofferenza
alla persona,
devono essere fornite con prudenza,
usando terminologie
non traumatizzanti
e senza escludere elementi di speranza.
codice di deontologia medica 1998
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La documentata volontà
della persona assistita
di non essere informata
o di delegare ad altra persona
l’informazione
deve essere rispettata.
codice di deontologia medica 1998
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Dunque, secondo la legge,
il paziente ha il diritto all’informazione
che richiede sulla sua malattia
sia per dare un consenso consapevole
alle cure necessarie,
sia per riorganizzare la propria vita
in funzione delle sue condizioni
e aspettative realistiche
e sia per provvedere
agli interessi morali e patrimoniali
propri e della sua famiglia.
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E' corretto non allarmare
il paziente,
per esempio non informandolo
delle ipotesi di malattie gravi
formulate con un quadro clinico incerto.
Infatti tali diagnosi
possono poi essere smentite,
non tanto dalle indagini strumentali,
quanto dal decorso clinico.
E’ però sbagliato essere reticenti su
una diagnosi molto probabile
o di cui si è addirittura certi
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Nel WWW circolano almeno cinque milioni
di pagine dedicate alla salute e alle malattie.
Possiamo imparare a convivere meglio
con le nostre malattie, controllare le epidemie,
contattare ospedali e sanitari,
informarci
di qualsiasi esperimento d'avanguardia.
Forse.
Ma in giro c'è anche spazzatura:
non ci si può curare da soli.
E soprattutto:
non si impara la medicina da internet
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Compliance
è un termine internazionalizzato
che ha acquistato un significato
con forte connotazione positiva.
fortuna eos efficit caecos, quos complexa est
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COMPLIANCE
Si induce in maniera modulata
compliance (collaborazione)
o non-compliance
da parte dei pazienti.
Questi rimangono gli unici
veri soggetti ed elementi
di valutazione e di filtro
per il grado di necessità e di fiducia
nei confronti del medico
e della organizzazione sanitaria.
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Ma i pazienti sperimentano
nel momento della sofferenza
(o del timore di sofferenza)
il confronto con norme e condizioni
fondate su "regole" economiche.
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Medico e struttura possono far aderire
ai propri programmi di intervento
i pazienti in una logica
di maggiori probabilità di successo,
in termini di dimostrabile efficienza
e di concreto interesse economico.
Possono incentivare procedure,
specie diagnostiche, formalmente ineccepibili,
che sono in grado di assicurare loro
un maggiore ritorno economico.
Possono disincentivare interventi e terapie
sulla base di indicazioni finalizzate,
anche incongruamente,
a criteri di “risparmio” di budget.
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Il grado di compliance del paziente
corrisponde al suo grado di adesione
a tutte le prescrizioni del suo medico.
Ne definisce, in genere,
la sua volontà di collaborazione
e di fiducia con le strutture sanitarie.
In questa sua accezione assume
la dimensione di virtù, di idealità,
di mito fine a se stesso.
Che si esprime in un rito,
essendo questa compliance espressione
di una disciplinata obbedienza.
Oppure di poco benevola e benefica complicità.
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Gli studenti
Sono invitati ad inviare
dei commenti sulle esperienze
cliniche svolte durante il corso
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