L’analisi degli equil
ibri finanziari
Alcuni criteri guida e relative indicazioni di metodo
Testo di riferimento:
Analisi Finanziaria (a cura di Eugenio Pavarani) Mc Graw-Hill, 2001
Cap. 3 (Prof. Giulio Tagliavini)
1
Le domande di partenza





Sappiamo indicare, con precisione, quando una impresa è in
equilibrio finanziario ?
Sappiamo veramente dire quando e perché una impresa è in
disequilibrio ?
Sappiamo precisare quali fattori di disequilibrio sono più
pericolosi e a partire da quale punto diventano tali ?
Se lo sappiamo fare, siamo idonei ad affrontare il tema
“principe” dell’analisi finanziaria.
Se invece non lo sappiamo fare, non siamo effettivamente dei
veri analisti finanziari.
2
E’ necessario un punto di vista qualificato




Una riflessione su questi aspetti è un ottimo esercizio che mette
a fuoco le basi stesse del lavoro dell’analista finanziario.
Un buon analista finanziario ha sviluppato una logica precisa ed
efficace per affrontare il problema dell’equilibrio finanziario.
L’analista deve essere in grado di fornire un qualificato punto di
vista al riguardo.
Lo deve produrre in un tempo ragionevole o con un efficiente
uso di attenzione e di lavoro di analisi.
3
Un concetto mutevole




L’equilibrio finanziario è qualcosa di molto più preciso rispetto al
concetto di “buona salute finanziaria” e buoni risultati di
bilancio.
La natura del problema è ben più complessa rispetto ad una
semplice questione di giudizio complessivo (l’azienda ha
situazione finanziaria che ci piace / che non ci piace; è in
equilibrio / non è in equilibrio finanziario).
L’equilibrio finanziario è invece un concetto ben preciso ma,
purtroppo, spesso diverso a seconda dell’interlocutore.
Con l’espressione “equilibrio finanziario” indichiamo sovente
qualcosa di specifico, ma abbiamo bisogno di esplicitarlo con
precisione per rendere completamente noto il nostro punto di
vista all’interlocutore.
4
Quale equilibrio finanziario ?

Una impresa in equilibrio finanziario è una impresa che presenta tutte
od alcune delle seguenti caratteristiche:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
controlla nel breve periodo il divario tra le entrate e le uscite monetarie;
mostra una struttura finanziaria (composizione del passivo) coerente con la
strategia seguita;
evidenzia una dinamica del capitale circolante ben raccordata con
l’evoluzione del fatturato;
ha una corretta relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle
risorse finanziarie utilizzate;
ha un rapporto corretto tra reddito operativo ed oneri finanziari, tenendo
conto anche delle possibili dinamiche prospettiche legate alle condizioni di
rischiosità operativa e finanziaria;
ha un rapporto corretto tra valore economico dell’attivo e valore delle
passività;
ha una accettabile / ottimale relazione tra flusso di cassa complessivo e
sviluppo aziendale;
ha la struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa.
5
Occorre essere selettivi



E’ ovvio che una impresa raramente corrisponde a tutti i
requisiti citati. Se corrisponde ad uno di essi, si dirà che è in
equilibrio finanziario con riguardo ad esso.
L’analista finanziario deve comunque sapere giudicare l’impresa
con riguardo ad ogni profilo di equilibrio prima citato e deve
soprattutto maturare un approccio di selezione dei suddetti
criteri.
La parte successiva discute dei singoli criteri e permette di
maturare qualche idea circa la loro forza di analisi e di
approfondimento nei singoli casi concreti.
6
[1] Il divario tra le entrate e le uscite
monetarie




Si tratta del controllo di tesoreria.
Una impresa è in equilibrio se riesce, nel tempo, ad avere un
buon controllo della tesoreria, ossia se le sue entrate riescono a
fronteggiare le uscite, tenuto conto dell’andamento della
posizione finanziaria netta.
Le uscite possono sopravanzare le entrate per periodi importanti
della vita aziendale, in particolare quando sono in fase di
realizzazione i piani di investimento.
Occorre tuttavia che tale sbilancio rimanga sotto controllo e che
non porti la posizione finanziaria complessiva in zona di debito
eccessivo.
7
Risultato economico e risultato finanziario




Un insegnamento classico della finanza d’impresa attiene alla
distinzione tra risultato economico e risultato finanziario.
Vi sono imprese in utile che pure hanno uscite superiori alle
entrate ed imprese in perdita che hanno entrate superiori alle
uscite.
Il risultato finanziario non segue necessariamente il risultato
economico; l’impresa è in equilibrio finanziario quando il suo
risultato finanziario è accettabile sulla base del momento
evolutivo dell’impresa.
Ogni dichiarazione di fallimento è sempre originata da uno
sbilancio di tesoreria; tale criterio di giudizio è quindi il più
importante ?
8
[1] E’ un criterio poco efficace




Quando i motivi di crisi aziendale si ripercuotono sul divario tra entrate
ed uscite, la fase di avvitamento della crisi stessa è di solito, ormai,
piuttosto avanzata.
Il più delle volte, il percorso di crisi di una azienda parte da inidoneità
della formula imprenditoriale di fronte ai cambiamenti di contesto
(percezione delle occasioni di business, articolazione dell’approccio
strategico, strutturazione organizzativa, …); in una seconda fase si
riscontra un elemento di scarsa economicità (l’utile diventa molto basso
in quanto i prezzi di vendita non sono più remunerativi); in una fase
finale si riscontra una situazione di crisi finanziaria (le uscite, appunto,
sopravanzano le entrate).
Aspettare questo momento per giudicare il disequilibrio finanziario
corrisponde all’attendere una fase di avvitamento delle difficoltà troppo
avanzata.
Sul divario tra entrate ed uscite si ripercuotono decisioni di finanza
strategica che occorre governare anticipatamente.
9
[1] Il divario di tesoreria per le imprese di
successo





Per imprese di successo il carattere dell’equilibrio tra entrate ed uscite
monetarie non è poi molto rilevante.
Esiste una varia classe di imprese che ha uscite più corpose rispetto
alle entrate e nessuno certo pensa che siano in effettivo disequilibrio; si
tratta di imprese che investono o che aumentano rapidamente il giro
d’affari. In tali casi, il divario di tesoreria è sintomo positivo, e non
negativo.
Per le imprese di successo, il costo dell’errore sulla programmazione di
tesoreria non è elevatissimo.
Gli spazi per un consulente esterno su questi profili sono rilevanti solo
per imprese di dimensione relativamente grande, essendo le imprese
minori poco interessate al problema e poco attrezzate sui meccanismi
di governo delle informazioni.
In conclusione, il concetto di equilibrio finanziario inteso come equilibrio
di tesoreria è importante ma non è quello su cui si concentra
l’attenzione del consulente e del direttore finanziario.
10
[2] La coerenza della struttura finanziaria




La struttura finanziaria (essenzialmente la composizione del passivo tra
debito e mezzi propri e, in subordine, la composizione del debito) deve
essere coerente con la formula competitiva adottata.
Questo è un tema potenzialmente molto rilevante ma probabilmente
nessuno conosce il comportamento ottimale a questo riguardo.
Si sostiene che il grado di indebitamento debba essere inversamente
proporzionale al grado di variabilità dei margini operativi (per tenere
sotto controllo la possibilità di portare il bilancio in perdita nei momenti
sfavorevoli) legati, a loro volta, al posizionamento di mercato.
Le imprese con un Ros variabile debbono mantenere il grado di leva
finanziaria su livelli contenuti.
11
[2] Come misurare questa coerenza

La coerenza del passivo deve essere misurata con la struttura degli
investimenti in capitale fisso e circolante:





le imprese che hanno una formula più imperniata sul capitale fisso
dovrebbero appesantire l’incidenza dei capitali a lento rigiro;
le imprese con cospicui investimenti in capitale circolante potrebbero invece
puntare su formule di finanziamento a rapido rigiro ed a scadenza
ravvicinata.
Le regole tradizionali sottolineano che l’impresa in equilibrio finanziario
dispone, in sostanza, di un livello ottimale di risorse reperite con
protratte e adeguate condizioni di scadenza; la regola è quella
dell’adattamento tra la durata e la variabilità dei fabbisogni e quelle
delle fonti di finanziamento.
In questa logica, l’errore da evitare è quello di finanziare fabbisogni
durevoli, in capitale fisso e circolante, con capitali raccolti a breve
termine.
Tale criterio di equilibrio finanziario è molto rilevante ed esso solo,
almeno fino al 1980, veniva citato con forza dalla letteratura più
accreditata.
12
[2] Quali rischi si possono correre

Non rispettare tale indicazione di equilibrio finanziario comporta
effettivamente rischi di triplice natura:





un rischio di tasso di interesse (un eventuale incremento dei tassi di
mercato, applicato sui rinnovi dei prestiti, erode la performance reddituale
aziendale);
un rischio di rifinanziamento (legato alla possibilità che la controparte
bancaria abituale si rifiuti di continuare a servire il fabbisogno finanziario
aziendale);
una naturale posizione di debolezza nel ricontrattare e rifinanziare i prestiti
assolutamente necessari (ne deriva un effetto di perdita di autonomia
decisionale nei riguardi della banca).
Il tema della struttura del passivo e della composizione dei debiti per
scadenza è dunque potenzialmente rilevante ma, al di là di poche
regole ovvie, è in realtà difficilissimo schematizzare delle guidelines
operative.
Nella realtà delle imprese, si riscontra poi che gestioni finanziarie
assolutamente inidonee nei termini sopra precisati spesso prosperano.
13
[2] Posizione consolidata e garanzie



Il ragionamento a questo riguardo deve anche tenere conto
della posizione finanziaria dell’imprenditore e della rete di
garanzie che dal patrimonio personale sono rilasciate a favore
dell’indebitamento societario.
Poiché le regole di rilevazione delle garanzia in bilancio non
sono efficaci ai fini dell’analisi finanziaria, è chiaro che i criteri di
giudizio diventano difficili da utilizzare.
E’ ben possibile che una impresa giudicata non in equilibrio
finanziario secondo questo criterio lo sia in realtà in ragione di
garanzie non adeguatamente, ma non per questo
illegittimamente, rilevate in bilancio.
14
[2] Una conclusione su questo criterio




Anche questo criterio di analisi dell’equilibrio finanziario non è
diretto ed efficace.
Si risottolinea ancora che molte imprese in disequilibrio in
questa accezione non provvedono a porvi rimedio e continuano
a prosperare a dispetto del punto di vista dell’analista
finanziario.
Le sollecitazioni a riequilibrare la struttura finanziaria nel senso
qui indicato provengono, se del caso, dai finanziatori e sono
piuttosto infrequenti.
Neppure questa è presumibilmente, il più delle volte, l’area di
intervento prioritaria del direttore finanziario e del consulente in
finanza d’azienda.
15
[3] La dinamica del capitale circolante ben
raccordata con l’evoluzione del fatturato




Un disequilibrio finanziario rilevante si produce quando vi è un
innalzamento delle poste attive di capitale circolante non compensato
da un innalzamento delle poste passive.
Tale situazione comporta un importante assorbimento di risorse
finanziarie -> innalzamento del debito finanziario.
E’ possibile che si sia prodotta la conseguenza finanziaria immediata
dello scadimento della posizione di mercato (aumentano le scorte
invendute, aumentano i tempi di incasso da clienti o perché essi sono
meno solvibili o perché le vendite sono state sorrette da un politica del
credito commerciale più larga) o si sia manifestata la indisponibilità dei
fornitori a concedere gli abituali termini di pagamento.
Il controllo dell’evoluzione del capitale circolante e la sua coerenza con
l’andamento del fatturato può fornire elementi preziosi per inquadrare
con prontezza il venir meno delle condizioni di equilibrio finanziario.
16
[3] L’indice di liquidità





Versione tradizionale, rapporto tra attivo a breve termine e passivo a
breve termine, o modo più vicino al concetto di capitale circolante di
pertinenza gestionale, attivo circolante e passivo circolante di
pertinenza gestionale.
Il tradizionale indice di liquidità viene inteso in senso favorevole quando
assume un valore elevato o si incrementa.
In realtà, l’innalzamento delle poste attive può nascondere un
innalzamento di poste attive del capitale circolante, che comportano un
assorbimento di risorse finanziarie e la forma di copertura potrebbe
essere stata operata nella zona dei finanziamenti a protratta scadenza
o con capitale proprio.
D’altro canto, un abbassamento dell’indice di liquidità potrebbe essere
generato da un irrobustimento della voce fornitori e ciò sarebbe un
segnale positivo per la gestione finanziaria.
L’indice fornisce un segnale coerente solo per la controparte che
fornisce credito a breve termine ed un indicatore estremamente
parziale dell’equilibrio finanziario.
17
[3] L’indice della liquidità operativa



L’indice di liquidità costruito con le poste attive e passive di capitale
circolante di pertinenza gestionale ha un significato univoco e rilevante.
Quando aumenta, la situazione peggiora; quando diminuisce, la
situazione migliora, senza possibilità di errate interpretazioni.
L’indice di liquidità è quindi un indicatore molto particolare
dell’equilibrio finanziario:



non è particolarmente significativo dell’equilibrio di tesoreria, come invece
potrebbe fare intendere la sua denominazione;
nella versione tradizionale può fornire indicazioni errate e nella versione
riferita al capitale circolante di natura gestionale va interpretato in senso
contrario.
Certamente il punto di vista dell’equilibrio del capitale circolante ha una
sua notevole rilevanza. Si nota che esso è comunque un punto di vista
parziale, pur se relativo ad una area della gestione finanziaria di
notevole importanza.
18
Indice di
liquidità
Se è alto o
aumenta
Se è basso o
diminuisce
Attendibilità
Valore
segnaletico
Tradizionale,
come rapporto
tra attivo a breve
e passivo a breve
E’ un segnale di
miglioramento
dell’equilibrio
finanziario
E’ un segnale di
peggioramento
dell’equilibrio
finanziario
Ha un significato
parziale utile
solo per il
fornitore di
credito a breve
Può dare falsi
segnali
Come rapporto
tra attivo
corrente e
passivo corrente
E’ un segnale di
un
peggioramento
dell’equilibrio
finanziario
E’ un segnale di
miglioramento
dell’equilibrio
finanziario
E’ un segnale
univoco di
equilibrio
finanziario
Non fornisce
falsi segnali
[4] La relazione tra rendimento del capitale
investito e costo delle risorse finanziarie





Una impresa in equilibrio finanziario è una impresa che ha un
attivo che rende in modo adeguato rispetto al costo del passivo.
E’ equilibrio finanziario o economico ?
E’ molto impreciso e in qualche caso assolutamente sbagliato
raffrontare indicatori contabili (Roa) con indicatori di natura
finanziaria (il tasso medio sul debito, eventualmente
approssimato dal rapporto OF/D).
E’ stato ampiamente dimostrato che questo confronto non è
particolarmente significativo: vi sono casi in cui il divario è
negativo e l’impresa crea valore per gli azionisti, casi in cui il
divario è positivo e l’impresa distrugge valore.
Sei il Roa è maggiore di OF/D si ha certamente una buona
notizia, ma ciò non è conclusivo.
20
[4] Il ruolo del direttore finanziario: scoprire la
propria forza



Il direttore finanziario che assume tale punto di vista si pone l’obiettivo
di reperire risorse finanziarie a costo coerente con il rendimento
dell’attivo.
Nell’organizzazione della giornata del direttore finanziario, il cercare
finanziamenti a costo limitato e la negoziazione con le banche impegna
un considerevole ammontare di tempo e di attenzione. E’ evidente che
tale impegno è molto rilevante e porta risultati concreti ma secondo la
teoria del mercato dei capitali non è possibile creare valore con
l’accensione di finanziamenti.
Per definizione il valore attuale di un finanziamento è sempre pari a
zero. Il lavoro di negoziazione del direttore finanziario è in effetti
finalizzato a scoprire momento per momento la propria forza
contrattuale ed a farla riconoscere nei prezzi che gli vengono applicati.
21
[4] Un falso obiettivo




Secondo alcuni direttori finanziari, l’abbassamento del costo del capitale
si ottiene utilizzando nel giusto dosaggio risorse del netto patrimoniale.
Il capitale proprio infatti non produce oneri finanziari e, secondo un
punto di vista, abbassa il costo medio del passivo.
L’opinione prevalente ed assolutamente condivisibile sostiene invece
che il direttore finanziario deve muoversi attribuendo ai mezzi propri
l’adeguato livello di costo opportunità, a meno di vedere precipitare il
valore degli stessi mezzi propri.
In sintesi, neppure questa è l’area prioritaria di intervento per il
direttore finanziario e per il consulente. Da un lato, infatti, il Roi
dipende da decisioni che non sono sotto il controllo della direzione
finanziaria, d’altra parte, il costo del capitale è in larga misura deciso
dal mercato e tutto ciò che può fare il direttore finanziario è scoprire
quali sono le migliori condizioni possibili sul mercato dei capitali.
22
[5] Il rapporto tra reddito operativo ed oneri
finanziari





Il grado di tensione finanziaria è inversamente proporzionale a quante
volte il margine operativo supera il livello degli oneri finanziari.
L’indicatore di bilancio più utilizzato: EBIT /OF (Earning before Interest
and Taxes / Oneri Finanziari).
L’Ebit è pari a utile+interessi+imposte sul reddito, rappresenta
l’ammontare disponibile per sostenere la gestione finanziaria.
Se l’indicatore Ebit/OF fosse pari a 3, ciò significa che l’impresa ha a
disposizione 3 euro di margini per pagare 1 euro di oneri finanziari. Il
divario tra i due aggregati sarebbe in questo caso piuttosto consistente.
Ponendo il limite di allarme a 1, trovandosi da un indicatore pari a 3 si
è in una situazione in cui sono possibili peggioramenti dei margini
operativi, da un lato, ed innalzamento del debito e/o del tasso medio di
interesse, d’altro lato, tali comunque da non compromettere la solidità
dell’impresa.
Il pregio dell’indicatore sta nell’analizzare congiuntamente il profilo
finanziario con la dimensione patrimoniale (ammontare del debito) ed
economica (livello dei tassi e dei margini operativi).
23
[5] Messaggi operativi

I messaggi operativi che l’indicatore Ebit/OF segnala sono molto
chiari:




se l’indicatore è inferiore ad 1, l’azienda è in perdita (in quanto i
margini non sono grado di sopportare il costo del debito) ed in
grave tensione finanziaria;
se l’indicatore è inferiore a 2, ne deriva che l’azienda è in precario
equilibrio finanziario (ha un debito troppo costoso rispetto al
rendimento del business o ha debito già molto consistenti, che non
possono assolutamente incrementarsi);
se è invece maggiore di 5, è chiaro che l’impresa ha un potenziale
di investimento non sfruttato o delle capacità di restituzione del
capitale proprio esuberante.
I termini numerici sopra indicati sono significativi ma non
corretti in senso assoluto.
24
[5] L’approfondimento dell’analisi




L’indicatore è molto chiaro e permette di impostare un
ragionamento preciso e convincente.
Se è basso, l’analista deve scoprire, sulla base di altri indicatori,
se è la redditività operativa che è bassa o se è la gestione
finanziaria che è appesantita.
Lo schema di analisi del problema è il seguente
Ebit / OF = ( Ebit/V * V/D ) / (OF/D)
Tale schema mette in relazione l’indice di tensione finanziaria
con il Ros (Ebit/V – redditività delle vendite), con un indicatore
di indebitamento rapportato alle vendite e con il costo medio del
debito stesso.
25
[5] L’alternativa OF /V





Molti analisti finanziari analizzano il punto qui indicato con l’indicatore
OF/V e si creano dei termini di raffronto ideali sulla base di esso.
In realtà questa soluzione è un cattivo sostituto essendo tale indicatore
meno efficiente.
Ciò accade per due motivi in seguito illustrati.
In primo luogo, l’indicatore OF/V trascura il fatto che le imprese hanno
dei margini operativi molto variabili e quindi lo stesso livello di OF/V
può risultare, a seconda dei casi, accettabile o assolutamente
eccessivo. Le imprese di successo hanno un ritorno sulle vendite (Ros)
che può benissimo andare dal 25%, nei casi migliori, al 2%. Un valore
di OF/V del 5% può risultare dunque assolutamente accettabile nel
primo caso ma certamente insoddisfacente nel secondo.
E’ vero che l’analisi può essere precisata confrontando il Ros con OF/V,
ma l’indicatore Ebit/OF permette appunto tale raffronto in modalità
sintetica, tenendo correttamente conto dei margini operativi prodotti.
L’indicatore Ebit/OF è significativo per se stesso e non richiede
confronti immediati con altri indicatori per risultare interpretabile.
26
[5] Il secondo motivo di debolezza






Per illustrare il secondo punto, si prenda in considerazione il caso
seguente.
Apparentemente, leggendo l’indicatore OF/V la situazione è peggiorata;
ne deriva che l’equilibrio finanziario è relativamente peggiore rispetto a
prima. L’indicatore Ebit /OF suggerisce invece che la tensione
finanziaria è migliorata.
In questo caso, di contrasto delle indicazioni fornite dai due indicatori,
quale prevale ?
E’ ovvio che sono migliorati sensibilmente i margini industriali e quindi
è migliorata la capacità di servire il debito.
In conclusione, la situazione si è allontanata dalle condizioni di tensione
finanziaria.
La politica finanziaria adottata è corretta perché, con l’innalzamento dei
margini industriali, si è correttamente proceduto con l’innalzamento del
debito, pur rafforzando nel complesso la situazione di assoluta
sicurezza finanziaria.
27
Anno
x
X+1
X+2
OF/V
5,0%
5,5%
6,0%
Ebit/OF
3,0
3,2
3,4
28
[5] Una ulteriore alternativa




L’analisi può essere effettuata anche utilizzando l’indicatore
Mol/Of.
La differenza è che il Mol (margine operativo lordo) è lordo degli
effetti della gestione accessoria e di quella straordinaria; Ebit è
invece al netto di tali gestioni.
Nel significato essenziale sia Mol che Ebit esprimono lo stesso
concetto e possono essere utilizzati per lo scopo qui perseguito.
Siccome Ebit è al netto di un ulteriore fattore, esso assume il
criterio di valutazione conclusiva.
29
[6] Il valore economico dell’attivo complessivo
ed il valore delle passività


Questo test corrisponde alla valutazione, a prezzi di mercato, del
capitale economico, ossia del valore corrente del netto patrimoniale.
Questo punto di vista non è l’unico possibile. I debiti possono essere
rimborsati sulla base di tre elementi di fondo:






a) mediante smobilizzo di poste dell’attivo;
b) mediante i flussi finanziari in entrata originati dalla gestione corrente;
c) mediante l’accensione di nuovi prestiti che prendono il posto di quelli
giunti a scadenza.
Se l’analista ritiene che il rimborso si realizzi sulla base dell’elemento
a), allora utilizzerà il criterio di valutazione esaminato in questo
paragrafo.
In realtà i prestiti sono rimborsati con modalità più varie nell’ambito
delle tre possibilità sopra descritte.
Il criterio patrimoniale corrisponde, a ben vedere, all’ottica patrimoniale
del banchiere, che finanzia osservando il ruolo di garanzia dell’attivo.
30
[6] Equilibrio patrimoniale



L’equilibrio patrimoniale, come caso specifico dell’equilibrio
finanziario, ha una sua importanza e una sua legittimità
professionale, ma non esaurisce di certo il problema
complessivo dell’equilibrio finanziario.
Se si usa molto debito e se non si è in grado di mostrare
l’evoluzione successiva dei propri flussi di cassa, allora diventa
inevitabile rapportarsi con il banchiere sulla base dei valori
dell’attivo.
Il criterio patrimoniale non dà indicazioni sui valori economici,
ossia non distingue situazioni in cui l’equilibrio patrimoniale
esiste ma vi è un assorbimento di risorse finanziarie e situazioni
in cui vi è produzione di cassa.
31
[6] Alcuni elementi rilevanti recenti





L’utilizzo della logica patrimoniale è messo in difficoltà dalle modalità di
sviluppo delle imprese più aggressive e dinamiche.
Le imprese impegnate nei settori più moderni e più tecnologici
investono in modo massiccio in beni immateriali. Frequentemente
questi investimenti non hanno evidenza contabile in quanto vengono,
anche per convenienza fiscale, spesati nell’esercizio.
E’ chiaro che una valutazione patrimoniale di tale beni risulta
particolarmente penalizzante e tali imprese finiscono per risultare in
pratica non bancabili, almeno secondo questo criterio.
In conclusione, la verifica della superiorità del valore dell’attivo
complessivo rispetto al valore del debito è ancora (purtroppo) molto
utilizzata.
Questo test di equilibrio finanziario in chiave patrimoniale è tuttavia
sempre meno in grado di fornire valutazioni corrette.
32
[7] La relazione tra flusso netto di cassa
complessivo e sviluppo aziendale



Criterio precedente illustrato = logica tradizionale del banchiere
per giudicare l’equilibrio della propria clientela
La verifica della produzione di flussi di cassa coerenti con il
proprio percorso di sviluppo = nuova logica del banchiere, che
finanza appunto su cash flow.
E’ ovvio che tale criterio di giudizio è essenziale per seguire, da
parte del banchiere, da parte del consulente e del direttore
finanziario, l’azienda dinamica, in sviluppo, i progetti
imprenditoriali aggressivi.
33
[7] Procedure di lavoro



Sotto il profilo metodologico, le procedure di lavoro si fanno più
complesse.
E’ evidente che questa è una delle aree di intervento prioritarie
dell’assistenza consulenziale, del rapporto con il banchiere,
dell’essenza stessa del lavoro del direttore finanziario.
I preventivi finanziari devono essere interpretati non tanto come
preventivi in senso letterale, essendo invece delle stime sulle
traiettorie impresse alla gestione finanziaria dalle caratteristiche
attuali della formula competitiva, e non devono essere intesi
come meri esercizi di calcolo, ma devono essere utilizzati per
verificare la fattibilità finanziaria del piano strategico.
34
[7] Il vincolo della crescita “autofinanziata”




Frequentemente, ed assai frequentemente in passato, l’equilibrio
dinamico che raccorda il ritmo di sviluppo dell’impresa con i flussi di
finanziamento viene interpretato in senso restrittivo.
La posizione di equilibrio viene ricercata nel massimo tasso di sviluppo
che può essere sorretto in una logica di mantenimento dell’assoluto
controllo dei diritti di comando.
Si tratta, dunque, di trovare un percorso di crescita “autofinanziata”,
che mantenga volutamente contenuto il proprio tasso di crescita in
conseguenza della volontà di non forzare lo sviluppo con manovre sul
capitale proprio.
E’ evidente che un disequilibrio di tale traiettoria di sviluppo
“autofinanziata” si ripercuote spesso in un livello eccessivo del debito.
35
[7] Casi di disequilibrio




E’ necessario concludere chiarendo in quali casi, adottando questa
logica, si definisce una situazione di disequilibrio finanziario.
Ciò accade, ad evidenza, quando il flusso di cassa prodotto dall’impresa
è insufficiente per sostenere lo sviluppo.
Ciò si realizza allorché tale flusso di cassa sia insufficiente per
finanziare direttamente i nuovi investimenti in capitale fisso e circolante
e, simultaneamente, quando sia insufficiente per assicurare la corretta
remunerazione a coloro che apportano i finanziamenti.
Nella logica della crescita “autofinanziata”, l’impresa è in disequilibrio
quando il fabbisogno è eccessivo rispetto alla capacità di garanzia
dell’attivo aziendale e del patrimonio personale dell’imprenditore e
sopravanza il ritmo di accumulazione dell’autofinanziamento.
36
[8] La struttura finanziaria che massimizza il
valore societario




Un punto di vista relativamente nuovo: l’equilibrio finanziario si ha in
corrispondenza delle scelte finanziarie che sono in grado di
massimizzare il valore dell’impresa (performance economiche superiori
rispetto a quelle attese dal mercato dei capitali).
Esiste un teorema fondamentale in tale disciplina, dovuto a Modigliani e
Miller, che assicura che il valore dell’impresa è invariante rispetto alle
scelte di struttura del passivo, subordinatamente all’esistenza di
condizioni di perfezione del mercato.
Siccome però il mercato è imperfetto, si definisce un punto di ottimo in
corrispondenza del quale il valore dell’impresa è massimo,
essenzialmente in considerazione dell’effetto para-imposte del debito,
dei costi di agenzia e di controllo sull’impresa, dei costi di fallimento.
Trovare tale punto di ottimo è compito del direttore finanziario, che lo
affronta in termini di politica finanziaria indicativamente ottimale per
l’accrescimento del valore.
37
[8] L’ottica della finanza strategica




Tale approccio corrisponde all’ottica nuova della finanza
strategica.
Il direttore finanziario deve trovare le corrette modalità di
rapportarsi con i fornitori di capitale di rischio e di debito al fine
di mantenere relativamente contenuto il costo del capitale; ciò
corrisponde alla massimizzazione del valore dell’impresa.
Come è noto, esistono alcuni schemi di lavoro professionale per
assistere le imprese a giungere a tale risultato; la gestione degli
EVA®, proposta da Stern Stewart Co., è probabilmente la
soluzione metodologica che ha avuto maggiore risonanza.
Questo punto di vista è molto importante perché consente di
connettere il profilo finanziario alle ordinarie operazioni di
gestione dell’azienda.
38
Finanza come area critica



E’ necessario chiedersi se un disequilibrio finanziario, nelle varie
accezioni, può essere un elemento critico della vita di una
impresa.
Nella letteratura aziendalistica si definisce area critica quel
problema o quel gruppo di problemi dalla cui soluzione dipende
in misura decisiva il successo o l’insuccesso dell’impresa.
Il fatto che il profilo finanziario possa essere un’area critica è
piuttosto controverso.
39
Un primo punto di vista

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


Secondo il punto di vista più tradizionale, il manifestarsi di un
elemento di criticità segue la sequenza seguente: problemi
strategici -> problemi di mercato -> disequilibri economici ->
disequilibri finanziari -> insolvenza.
Il disequilibrio finanziario risulta essere la conseguenza, e non la
causa, di qualche elemento di difficoltà di ordine più generale.
La gestione finanziaria difficilmente risulta essere, di per sé,
l’area critica dell’impresa.
=> Visione della finanza come funzione secondaria, di solito
strumentale al raggiungimento degli obiettivi dell’impresa.
L’estrazione culturale ed i precedenti lavorativi del soggetto
imprenditoriale, il più delle volte nel campo produttivo o
commerciale, finisce per rafforzare notevolmente tale visione.
40
Un secondo punto di vista



Ammessa in termini generali la ragionevolezza di questa posizione, è
vero però anche che in qualche caso specifico l’area finanziaria
può assumere il ruolo di area critica.
E’ quindi possibile che le difficoltà finanziarie siano di vario tipo,
originarie o derivate.
Una buona sistematizzazione del problema è quella che vede le
difficoltà finanziarie come riconducibili alla seguente classificazione:



difficoltà finanziarie derivate da squilibri più generali della formula
finanziaria (l’area critica è “a monte” e se ne vede gli effetti sulla
performance finanziaria);
difficoltà finanziarie che si innestano su una formula imprenditoriale di
successo e che sono potenzialmente in grado di metterla rapidamente in
difficoltà (l’area critica è proprio la finanza);
squilibri finanziari e inadeguatezze della direzione finanziaria che possono
rendere nel medio termine più difficile perseguire il pieno dispiegamento del
potenziale della formula imprenditoriale, pur non rappresentando nel breve
una rilevante area critica.
41
I problemi vanni identificati



Al direttore finanziario è richiesto di identificare quali problemi finanziari
l’impresa manifesta e in quale classe tali problemi siano riconducibili.
Con riferimento alla seconda classe (la finanza come vera area critica
originaria), è possibile indicare una varietà di casi rilevanti.
Le scelte finanziarie risultano una area critica nei seguenti casi:





la variabilità del Roi è eccessiva rispetto al suo livello medio; in questo caso
ogni soluzione di finanziamento è problematica ed occorre utilizzare in via
assolutamente preponderante capitali propri;
il grado di indebitamento è troppo elevato;
il saggio di ritenzione degli utili è troppo basso in rapporto alle esigenze di
autofinanziamento e/o troppo alto in rapporto alle esigenze di
remunerazione del capitale di rischio;
il saggio di crescita del capitale investito è sproporzionato rispetto al saggio
di autofinanziamento;
la performance dell’impresa è esposta in misura significativa agli effetti
prodotti dalla variabilità dei cambi o dei tassi.
42
Le conseguenze sono gravi



Si tratta dunque di elementi di varia rilevanza e di varia natura
che possono / debbono essere messi a fuoco dal direttore
finanziario sulla base dei criteri di giudizio precedentemente
enunciati.
Con riguardo alla terza classe: la sottovalutazione della finanza
al fine di riuscire a raggiungere il potenziale della business idea
è un pericoloso elemento di debolezza.
Esistono precisi elementi che giustificano il fatto che è
progressivamente rilevante cogliere il nesso tra strategia
dell’impresa e politiche finanziarie a essa funzionali.
43
Un sintetico percorso di lavoro

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

Il giudizio sull’equilibrio finanziario si deve sempre basare, in prima
approssimazione, sul grado di tensione finanziaria. L’equilibrio
finanziario giudicato nella relazione tra margini operativi e costo
finanziari permette di chiarire subito tre quarti del giudizio complessivo
sugli equilibri finanziari.
L’equilibrio finanziario inteso come incidenza dei costi finanziari sui
margini industriali può essere meglio approfondito ma l’indicatore
Ebit/Of già presenta una valutazione significativa del problema. Lo
schema riportato in appendice è la struttura del giudizio di forza
finanziaria messo a punto da Standard & Poor’s.
L’analista procede poi sulla base della propria cultura d’impresa, della
propria conoscenza degli strumenti dell’analisi finanziaria e della
possibilità di approfondire i vari problemi.
Ogni elemento di disequilibrio deve essere correttamente inquadrato
sullo schema delle varie possibilità: squilibrio derivato; area critica;
ostacolo al pieno dispiegamento del potenziale di successo.
44
Equilibrio finanziario - Metodo Standard & Poor's
PARAMETRI DI RIFERIMENTO
Tipologia
Indici
Ebit / OF
Ebitda / OF
Ro / V
D / (D + CN)
FCO / D
A) Molto sicura
>5
>7
>5%
< 30 %
> 40 %
B) Sicura
>2
> 2,5
>5%
> = 30 %
< = 40 %
C) Rischio moderato
>2
> 2,5
<=5%
D) Rischiosa
<=2 >1
> 2,5
E) Molto rischiosa
<=2 >1
< = 2,5
F) Insolvente
<=1
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Un sintetico percorso di lavoro
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



I criteri di giudizio dell’equilibrio finanziario sono tutti significativi ma,
quasi certamente, quelli che si dimostrano più utili sono quelli della
coerenza con la crescita e quello della massimizzazione del valore.
Occorrono: logiche di pianificazione finanziaria; modelli efficaci di
calcolo del flusso di cassa della gestione operativa.
Fatto questo, occorre verificare l’andamento della posizione finanziaria
riguardo al percorso di crescita ed assicurarsi che siano attivabili le fonti
di finanziamento coerenti con l’esigenza di percorrere il sentiero di
crescita potenziale.
La gestione finanziaria è congrua quando si ottiene una ottimizzazione
dei valori societari.
Ciò viene ottenuto tenendo in grande considerazione gli aspetti che
legano la variabile finanziaria con la variabile fiscale; occorre
individuare la struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa
al netto dei profili fiscali ordinari. In seconda battuta, tenuto conto
dell’imposizione sulle operazioni di finanza straordinaria e di
distribuzione di cash flow.
46
Utilità dei criteri intuitivi





La valutazione dei fabbisogni finanziari avviene spesso sulla base
dell’esperienza o sulla base di criteri empirici piuttosto grossolani.
La natura del problema è invece intrinsecamente complessa ed è
sostanzialmente impossibile individuare in modo diretto ed intuitivo le
conseguenze finanziarie di un piano di sviluppo aziendale.
E’ evidentissima l’esigenza di innalzare la razionalità della gestione
finanziaria per valutare la compatibilità finanziaria dei programmi
aziendali e per apprezzare le caratteristiche qualitative dei fabbisogni
finanziari.
E’ vero che difficilmente la finanza è l’area critica che può impedire il
successo dell’impresa e che quindi opportunamente l’imprenditore si
concentra sulle aree critiche effettivamente rilevanti.
E’ vero anche però che sempre più frequentemente la finanza diviene
un fattore di accelerazione o di decelerazione delle traiettorie di
sviluppo delle imprese. La finanza è quasi sempre l’area critica
degli imprenditori ambiziosi.
47
La mentalità finanziaria è progressivamente
indispensabile
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

Diversi business tendono recentemente a mostrare un ampio
divario temporale tra momento dell’investimento e momento di
breakeven finanziario, con un incremento dei capitali necessari allo
sviluppo; => ci si rapporta con i finanziatori con i criteri di lavoro
più appropriati.
In diversi settori si rileva la convenienza dell’incremento delle
dimensioni aziendali e del posizionamento in più mercati geografici.
Diverse imprese costruiscono il proprio sentiero di successo sulla
base della crescita per acquisizioni.
Gli imprenditori non considerano più le risorse personali come
limite naturale alle dimensioni dell’impresa, ma la funzione
finanziaria si assicura che il valore creato sia adeguato per la
remunerazione dei vari finanziatori coinvolti, in capitale di debito
e di rischio.
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Non c’è solo il bianco ed il nero

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E’ riduttivo distinguere le imprese tra quelle in equilibrio finanziario e
quelle in disequilibrio finanziario.
Al fine di ragionare nel modo più opportuno di equilibrio finanziario,
occorre essere in grado di cogliere più precisamente i seguenti casi:
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imprese con elementi di crisi “a monte” che si riflettono sul profilo
finanziario e patrimoniale;
imprese con risultati medi che hanno necessità di controllo finanziario
“ordinario”;
imprese di successo con qualche criticità di tipo finanziario;
imprese di successo, ma non particolarmente ambiziose, gestite con
disattenzione al profilo finanziario e senza rilevanti probabilità di
ripercussione negativa di questo fatto;
imprese ambiziose guidate sulla base di una attenta riflessione sul legame
tra strategia e finanza.
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L`analisi degli equilibri finanziari: alcuni criteri guida e relative