L’analisi degli equil ibri finanziari Alcuni criteri guida e relative indicazioni di metodo Testo di riferimento: Analisi Finanziaria (a cura di Eugenio Pavarani) Mc Graw-Hill, 2001 Cap. 3 (Prof. Giulio Tagliavini) 1 Le domande di partenza Sappiamo indicare, con precisione, quando una impresa è in equilibrio finanziario ? Sappiamo veramente dire quando e perché una impresa è in disequilibrio ? Sappiamo precisare quali fattori di disequilibrio sono più pericolosi e a partire da quale punto diventano tali ? Se lo sappiamo fare, siamo idonei ad affrontare il tema “principe” dell’analisi finanziaria. Se invece non lo sappiamo fare, non siamo effettivamente dei veri analisti finanziari. 2 E’ necessario un punto di vista qualificato Una riflessione su questi aspetti è un ottimo esercizio che mette a fuoco le basi stesse del lavoro dell’analista finanziario. Un buon analista finanziario ha sviluppato una logica precisa ed efficace per affrontare il problema dell’equilibrio finanziario. L’analista deve essere in grado di fornire un qualificato punto di vista al riguardo. Lo deve produrre in un tempo ragionevole o con un efficiente uso di attenzione e di lavoro di analisi. 3 Un concetto mutevole L’equilibrio finanziario è qualcosa di molto più preciso rispetto al concetto di “buona salute finanziaria” e buoni risultati di bilancio. La natura del problema è ben più complessa rispetto ad una semplice questione di giudizio complessivo (l’azienda ha situazione finanziaria che ci piace / che non ci piace; è in equilibrio / non è in equilibrio finanziario). L’equilibrio finanziario è invece un concetto ben preciso ma, purtroppo, spesso diverso a seconda dell’interlocutore. Con l’espressione “equilibrio finanziario” indichiamo sovente qualcosa di specifico, ma abbiamo bisogno di esplicitarlo con precisione per rendere completamente noto il nostro punto di vista all’interlocutore. 4 Quale equilibrio finanziario ? Una impresa in equilibrio finanziario è una impresa che presenta tutte od alcune delle seguenti caratteristiche: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. controlla nel breve periodo il divario tra le entrate e le uscite monetarie; mostra una struttura finanziaria (composizione del passivo) coerente con la strategia seguita; evidenzia una dinamica del capitale circolante ben raccordata con l’evoluzione del fatturato; ha una corretta relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle risorse finanziarie utilizzate; ha un rapporto corretto tra reddito operativo ed oneri finanziari, tenendo conto anche delle possibili dinamiche prospettiche legate alle condizioni di rischiosità operativa e finanziaria; ha un rapporto corretto tra valore economico dell’attivo e valore delle passività; ha una accettabile / ottimale relazione tra flusso di cassa complessivo e sviluppo aziendale; ha la struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa. 5 Occorre essere selettivi E’ ovvio che una impresa raramente corrisponde a tutti i requisiti citati. Se corrisponde ad uno di essi, si dirà che è in equilibrio finanziario con riguardo ad esso. L’analista finanziario deve comunque sapere giudicare l’impresa con riguardo ad ogni profilo di equilibrio prima citato e deve soprattutto maturare un approccio di selezione dei suddetti criteri. La parte successiva discute dei singoli criteri e permette di maturare qualche idea circa la loro forza di analisi e di approfondimento nei singoli casi concreti. 6 [1] Il divario tra le entrate e le uscite monetarie Si tratta del controllo di tesoreria. Una impresa è in equilibrio se riesce, nel tempo, ad avere un buon controllo della tesoreria, ossia se le sue entrate riescono a fronteggiare le uscite, tenuto conto dell’andamento della posizione finanziaria netta. Le uscite possono sopravanzare le entrate per periodi importanti della vita aziendale, in particolare quando sono in fase di realizzazione i piani di investimento. Occorre tuttavia che tale sbilancio rimanga sotto controllo e che non porti la posizione finanziaria complessiva in zona di debito eccessivo. 7 Risultato economico e risultato finanziario Un insegnamento classico della finanza d’impresa attiene alla distinzione tra risultato economico e risultato finanziario. Vi sono imprese in utile che pure hanno uscite superiori alle entrate ed imprese in perdita che hanno entrate superiori alle uscite. Il risultato finanziario non segue necessariamente il risultato economico; l’impresa è in equilibrio finanziario quando il suo risultato finanziario è accettabile sulla base del momento evolutivo dell’impresa. Ogni dichiarazione di fallimento è sempre originata da uno sbilancio di tesoreria; tale criterio di giudizio è quindi il più importante ? 8 [1] E’ un criterio poco efficace Quando i motivi di crisi aziendale si ripercuotono sul divario tra entrate ed uscite, la fase di avvitamento della crisi stessa è di solito, ormai, piuttosto avanzata. Il più delle volte, il percorso di crisi di una azienda parte da inidoneità della formula imprenditoriale di fronte ai cambiamenti di contesto (percezione delle occasioni di business, articolazione dell’approccio strategico, strutturazione organizzativa, …); in una seconda fase si riscontra un elemento di scarsa economicità (l’utile diventa molto basso in quanto i prezzi di vendita non sono più remunerativi); in una fase finale si riscontra una situazione di crisi finanziaria (le uscite, appunto, sopravanzano le entrate). Aspettare questo momento per giudicare il disequilibrio finanziario corrisponde all’attendere una fase di avvitamento delle difficoltà troppo avanzata. Sul divario tra entrate ed uscite si ripercuotono decisioni di finanza strategica che occorre governare anticipatamente. 9 [1] Il divario di tesoreria per le imprese di successo Per imprese di successo il carattere dell’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie non è poi molto rilevante. Esiste una varia classe di imprese che ha uscite più corpose rispetto alle entrate e nessuno certo pensa che siano in effettivo disequilibrio; si tratta di imprese che investono o che aumentano rapidamente il giro d’affari. In tali casi, il divario di tesoreria è sintomo positivo, e non negativo. Per le imprese di successo, il costo dell’errore sulla programmazione di tesoreria non è elevatissimo. Gli spazi per un consulente esterno su questi profili sono rilevanti solo per imprese di dimensione relativamente grande, essendo le imprese minori poco interessate al problema e poco attrezzate sui meccanismi di governo delle informazioni. In conclusione, il concetto di equilibrio finanziario inteso come equilibrio di tesoreria è importante ma non è quello su cui si concentra l’attenzione del consulente e del direttore finanziario. 10 [2] La coerenza della struttura finanziaria La struttura finanziaria (essenzialmente la composizione del passivo tra debito e mezzi propri e, in subordine, la composizione del debito) deve essere coerente con la formula competitiva adottata. Questo è un tema potenzialmente molto rilevante ma probabilmente nessuno conosce il comportamento ottimale a questo riguardo. Si sostiene che il grado di indebitamento debba essere inversamente proporzionale al grado di variabilità dei margini operativi (per tenere sotto controllo la possibilità di portare il bilancio in perdita nei momenti sfavorevoli) legati, a loro volta, al posizionamento di mercato. Le imprese con un Ros variabile debbono mantenere il grado di leva finanziaria su livelli contenuti. 11 [2] Come misurare questa coerenza La coerenza del passivo deve essere misurata con la struttura degli investimenti in capitale fisso e circolante: le imprese che hanno una formula più imperniata sul capitale fisso dovrebbero appesantire l’incidenza dei capitali a lento rigiro; le imprese con cospicui investimenti in capitale circolante potrebbero invece puntare su formule di finanziamento a rapido rigiro ed a scadenza ravvicinata. Le regole tradizionali sottolineano che l’impresa in equilibrio finanziario dispone, in sostanza, di un livello ottimale di risorse reperite con protratte e adeguate condizioni di scadenza; la regola è quella dell’adattamento tra la durata e la variabilità dei fabbisogni e quelle delle fonti di finanziamento. In questa logica, l’errore da evitare è quello di finanziare fabbisogni durevoli, in capitale fisso e circolante, con capitali raccolti a breve termine. Tale criterio di equilibrio finanziario è molto rilevante ed esso solo, almeno fino al 1980, veniva citato con forza dalla letteratura più accreditata. 12 [2] Quali rischi si possono correre Non rispettare tale indicazione di equilibrio finanziario comporta effettivamente rischi di triplice natura: un rischio di tasso di interesse (un eventuale incremento dei tassi di mercato, applicato sui rinnovi dei prestiti, erode la performance reddituale aziendale); un rischio di rifinanziamento (legato alla possibilità che la controparte bancaria abituale si rifiuti di continuare a servire il fabbisogno finanziario aziendale); una naturale posizione di debolezza nel ricontrattare e rifinanziare i prestiti assolutamente necessari (ne deriva un effetto di perdita di autonomia decisionale nei riguardi della banca). Il tema della struttura del passivo e della composizione dei debiti per scadenza è dunque potenzialmente rilevante ma, al di là di poche regole ovvie, è in realtà difficilissimo schematizzare delle guidelines operative. Nella realtà delle imprese, si riscontra poi che gestioni finanziarie assolutamente inidonee nei termini sopra precisati spesso prosperano. 13 [2] Posizione consolidata e garanzie Il ragionamento a questo riguardo deve anche tenere conto della posizione finanziaria dell’imprenditore e della rete di garanzie che dal patrimonio personale sono rilasciate a favore dell’indebitamento societario. Poiché le regole di rilevazione delle garanzia in bilancio non sono efficaci ai fini dell’analisi finanziaria, è chiaro che i criteri di giudizio diventano difficili da utilizzare. E’ ben possibile che una impresa giudicata non in equilibrio finanziario secondo questo criterio lo sia in realtà in ragione di garanzie non adeguatamente, ma non per questo illegittimamente, rilevate in bilancio. 14 [2] Una conclusione su questo criterio Anche questo criterio di analisi dell’equilibrio finanziario non è diretto ed efficace. Si risottolinea ancora che molte imprese in disequilibrio in questa accezione non provvedono a porvi rimedio e continuano a prosperare a dispetto del punto di vista dell’analista finanziario. Le sollecitazioni a riequilibrare la struttura finanziaria nel senso qui indicato provengono, se del caso, dai finanziatori e sono piuttosto infrequenti. Neppure questa è presumibilmente, il più delle volte, l’area di intervento prioritaria del direttore finanziario e del consulente in finanza d’azienda. 15 [3] La dinamica del capitale circolante ben raccordata con l’evoluzione del fatturato Un disequilibrio finanziario rilevante si produce quando vi è un innalzamento delle poste attive di capitale circolante non compensato da un innalzamento delle poste passive. Tale situazione comporta un importante assorbimento di risorse finanziarie -> innalzamento del debito finanziario. E’ possibile che si sia prodotta la conseguenza finanziaria immediata dello scadimento della posizione di mercato (aumentano le scorte invendute, aumentano i tempi di incasso da clienti o perché essi sono meno solvibili o perché le vendite sono state sorrette da un politica del credito commerciale più larga) o si sia manifestata la indisponibilità dei fornitori a concedere gli abituali termini di pagamento. Il controllo dell’evoluzione del capitale circolante e la sua coerenza con l’andamento del fatturato può fornire elementi preziosi per inquadrare con prontezza il venir meno delle condizioni di equilibrio finanziario. 16 [3] L’indice di liquidità Versione tradizionale, rapporto tra attivo a breve termine e passivo a breve termine, o modo più vicino al concetto di capitale circolante di pertinenza gestionale, attivo circolante e passivo circolante di pertinenza gestionale. Il tradizionale indice di liquidità viene inteso in senso favorevole quando assume un valore elevato o si incrementa. In realtà, l’innalzamento delle poste attive può nascondere un innalzamento di poste attive del capitale circolante, che comportano un assorbimento di risorse finanziarie e la forma di copertura potrebbe essere stata operata nella zona dei finanziamenti a protratta scadenza o con capitale proprio. D’altro canto, un abbassamento dell’indice di liquidità potrebbe essere generato da un irrobustimento della voce fornitori e ciò sarebbe un segnale positivo per la gestione finanziaria. L’indice fornisce un segnale coerente solo per la controparte che fornisce credito a breve termine ed un indicatore estremamente parziale dell’equilibrio finanziario. 17 [3] L’indice della liquidità operativa L’indice di liquidità costruito con le poste attive e passive di capitale circolante di pertinenza gestionale ha un significato univoco e rilevante. Quando aumenta, la situazione peggiora; quando diminuisce, la situazione migliora, senza possibilità di errate interpretazioni. L’indice di liquidità è quindi un indicatore molto particolare dell’equilibrio finanziario: non è particolarmente significativo dell’equilibrio di tesoreria, come invece potrebbe fare intendere la sua denominazione; nella versione tradizionale può fornire indicazioni errate e nella versione riferita al capitale circolante di natura gestionale va interpretato in senso contrario. Certamente il punto di vista dell’equilibrio del capitale circolante ha una sua notevole rilevanza. Si nota che esso è comunque un punto di vista parziale, pur se relativo ad una area della gestione finanziaria di notevole importanza. 18 Indice di liquidità Se è alto o aumenta Se è basso o diminuisce Attendibilità Valore segnaletico Tradizionale, come rapporto tra attivo a breve e passivo a breve E’ un segnale di miglioramento dell’equilibrio finanziario E’ un segnale di peggioramento dell’equilibrio finanziario Ha un significato parziale utile solo per il fornitore di credito a breve Può dare falsi segnali Come rapporto tra attivo corrente e passivo corrente E’ un segnale di un peggioramento dell’equilibrio finanziario E’ un segnale di miglioramento dell’equilibrio finanziario E’ un segnale univoco di equilibrio finanziario Non fornisce falsi segnali [4] La relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle risorse finanziarie Una impresa in equilibrio finanziario è una impresa che ha un attivo che rende in modo adeguato rispetto al costo del passivo. E’ equilibrio finanziario o economico ? E’ molto impreciso e in qualche caso assolutamente sbagliato raffrontare indicatori contabili (Roa) con indicatori di natura finanziaria (il tasso medio sul debito, eventualmente approssimato dal rapporto OF/D). E’ stato ampiamente dimostrato che questo confronto non è particolarmente significativo: vi sono casi in cui il divario è negativo e l’impresa crea valore per gli azionisti, casi in cui il divario è positivo e l’impresa distrugge valore. Sei il Roa è maggiore di OF/D si ha certamente una buona notizia, ma ciò non è conclusivo. 20 [4] Il ruolo del direttore finanziario: scoprire la propria forza Il direttore finanziario che assume tale punto di vista si pone l’obiettivo di reperire risorse finanziarie a costo coerente con il rendimento dell’attivo. Nell’organizzazione della giornata del direttore finanziario, il cercare finanziamenti a costo limitato e la negoziazione con le banche impegna un considerevole ammontare di tempo e di attenzione. E’ evidente che tale impegno è molto rilevante e porta risultati concreti ma secondo la teoria del mercato dei capitali non è possibile creare valore con l’accensione di finanziamenti. Per definizione il valore attuale di un finanziamento è sempre pari a zero. Il lavoro di negoziazione del direttore finanziario è in effetti finalizzato a scoprire momento per momento la propria forza contrattuale ed a farla riconoscere nei prezzi che gli vengono applicati. 21 [4] Un falso obiettivo Secondo alcuni direttori finanziari, l’abbassamento del costo del capitale si ottiene utilizzando nel giusto dosaggio risorse del netto patrimoniale. Il capitale proprio infatti non produce oneri finanziari e, secondo un punto di vista, abbassa il costo medio del passivo. L’opinione prevalente ed assolutamente condivisibile sostiene invece che il direttore finanziario deve muoversi attribuendo ai mezzi propri l’adeguato livello di costo opportunità, a meno di vedere precipitare il valore degli stessi mezzi propri. In sintesi, neppure questa è l’area prioritaria di intervento per il direttore finanziario e per il consulente. Da un lato, infatti, il Roi dipende da decisioni che non sono sotto il controllo della direzione finanziaria, d’altra parte, il costo del capitale è in larga misura deciso dal mercato e tutto ciò che può fare il direttore finanziario è scoprire quali sono le migliori condizioni possibili sul mercato dei capitali. 22 [5] Il rapporto tra reddito operativo ed oneri finanziari Il grado di tensione finanziaria è inversamente proporzionale a quante volte il margine operativo supera il livello degli oneri finanziari. L’indicatore di bilancio più utilizzato: EBIT /OF (Earning before Interest and Taxes / Oneri Finanziari). L’Ebit è pari a utile+interessi+imposte sul reddito, rappresenta l’ammontare disponibile per sostenere la gestione finanziaria. Se l’indicatore Ebit/OF fosse pari a 3, ciò significa che l’impresa ha a disposizione 3 euro di margini per pagare 1 euro di oneri finanziari. Il divario tra i due aggregati sarebbe in questo caso piuttosto consistente. Ponendo il limite di allarme a 1, trovandosi da un indicatore pari a 3 si è in una situazione in cui sono possibili peggioramenti dei margini operativi, da un lato, ed innalzamento del debito e/o del tasso medio di interesse, d’altro lato, tali comunque da non compromettere la solidità dell’impresa. Il pregio dell’indicatore sta nell’analizzare congiuntamente il profilo finanziario con la dimensione patrimoniale (ammontare del debito) ed economica (livello dei tassi e dei margini operativi). 23 [5] Messaggi operativi I messaggi operativi che l’indicatore Ebit/OF segnala sono molto chiari: se l’indicatore è inferiore ad 1, l’azienda è in perdita (in quanto i margini non sono grado di sopportare il costo del debito) ed in grave tensione finanziaria; se l’indicatore è inferiore a 2, ne deriva che l’azienda è in precario equilibrio finanziario (ha un debito troppo costoso rispetto al rendimento del business o ha debito già molto consistenti, che non possono assolutamente incrementarsi); se è invece maggiore di 5, è chiaro che l’impresa ha un potenziale di investimento non sfruttato o delle capacità di restituzione del capitale proprio esuberante. I termini numerici sopra indicati sono significativi ma non corretti in senso assoluto. 24 [5] L’approfondimento dell’analisi L’indicatore è molto chiaro e permette di impostare un ragionamento preciso e convincente. Se è basso, l’analista deve scoprire, sulla base di altri indicatori, se è la redditività operativa che è bassa o se è la gestione finanziaria che è appesantita. Lo schema di analisi del problema è il seguente Ebit / OF = ( Ebit/V * V/D ) / (OF/D) Tale schema mette in relazione l’indice di tensione finanziaria con il Ros (Ebit/V – redditività delle vendite), con un indicatore di indebitamento rapportato alle vendite e con il costo medio del debito stesso. 25 [5] L’alternativa OF /V Molti analisti finanziari analizzano il punto qui indicato con l’indicatore OF/V e si creano dei termini di raffronto ideali sulla base di esso. In realtà questa soluzione è un cattivo sostituto essendo tale indicatore meno efficiente. Ciò accade per due motivi in seguito illustrati. In primo luogo, l’indicatore OF/V trascura il fatto che le imprese hanno dei margini operativi molto variabili e quindi lo stesso livello di OF/V può risultare, a seconda dei casi, accettabile o assolutamente eccessivo. Le imprese di successo hanno un ritorno sulle vendite (Ros) che può benissimo andare dal 25%, nei casi migliori, al 2%. Un valore di OF/V del 5% può risultare dunque assolutamente accettabile nel primo caso ma certamente insoddisfacente nel secondo. E’ vero che l’analisi può essere precisata confrontando il Ros con OF/V, ma l’indicatore Ebit/OF permette appunto tale raffronto in modalità sintetica, tenendo correttamente conto dei margini operativi prodotti. L’indicatore Ebit/OF è significativo per se stesso e non richiede confronti immediati con altri indicatori per risultare interpretabile. 26 [5] Il secondo motivo di debolezza Per illustrare il secondo punto, si prenda in considerazione il caso seguente. Apparentemente, leggendo l’indicatore OF/V la situazione è peggiorata; ne deriva che l’equilibrio finanziario è relativamente peggiore rispetto a prima. L’indicatore Ebit /OF suggerisce invece che la tensione finanziaria è migliorata. In questo caso, di contrasto delle indicazioni fornite dai due indicatori, quale prevale ? E’ ovvio che sono migliorati sensibilmente i margini industriali e quindi è migliorata la capacità di servire il debito. In conclusione, la situazione si è allontanata dalle condizioni di tensione finanziaria. La politica finanziaria adottata è corretta perché, con l’innalzamento dei margini industriali, si è correttamente proceduto con l’innalzamento del debito, pur rafforzando nel complesso la situazione di assoluta sicurezza finanziaria. 27 Anno x X+1 X+2 OF/V 5,0% 5,5% 6,0% Ebit/OF 3,0 3,2 3,4 28 [5] Una ulteriore alternativa L’analisi può essere effettuata anche utilizzando l’indicatore Mol/Of. La differenza è che il Mol (margine operativo lordo) è lordo degli effetti della gestione accessoria e di quella straordinaria; Ebit è invece al netto di tali gestioni. Nel significato essenziale sia Mol che Ebit esprimono lo stesso concetto e possono essere utilizzati per lo scopo qui perseguito. Siccome Ebit è al netto di un ulteriore fattore, esso assume il criterio di valutazione conclusiva. 29 [6] Il valore economico dell’attivo complessivo ed il valore delle passività Questo test corrisponde alla valutazione, a prezzi di mercato, del capitale economico, ossia del valore corrente del netto patrimoniale. Questo punto di vista non è l’unico possibile. I debiti possono essere rimborsati sulla base di tre elementi di fondo: a) mediante smobilizzo di poste dell’attivo; b) mediante i flussi finanziari in entrata originati dalla gestione corrente; c) mediante l’accensione di nuovi prestiti che prendono il posto di quelli giunti a scadenza. Se l’analista ritiene che il rimborso si realizzi sulla base dell’elemento a), allora utilizzerà il criterio di valutazione esaminato in questo paragrafo. In realtà i prestiti sono rimborsati con modalità più varie nell’ambito delle tre possibilità sopra descritte. Il criterio patrimoniale corrisponde, a ben vedere, all’ottica patrimoniale del banchiere, che finanzia osservando il ruolo di garanzia dell’attivo. 30 [6] Equilibrio patrimoniale L’equilibrio patrimoniale, come caso specifico dell’equilibrio finanziario, ha una sua importanza e una sua legittimità professionale, ma non esaurisce di certo il problema complessivo dell’equilibrio finanziario. Se si usa molto debito e se non si è in grado di mostrare l’evoluzione successiva dei propri flussi di cassa, allora diventa inevitabile rapportarsi con il banchiere sulla base dei valori dell’attivo. Il criterio patrimoniale non dà indicazioni sui valori economici, ossia non distingue situazioni in cui l’equilibrio patrimoniale esiste ma vi è un assorbimento di risorse finanziarie e situazioni in cui vi è produzione di cassa. 31 [6] Alcuni elementi rilevanti recenti L’utilizzo della logica patrimoniale è messo in difficoltà dalle modalità di sviluppo delle imprese più aggressive e dinamiche. Le imprese impegnate nei settori più moderni e più tecnologici investono in modo massiccio in beni immateriali. Frequentemente questi investimenti non hanno evidenza contabile in quanto vengono, anche per convenienza fiscale, spesati nell’esercizio. E’ chiaro che una valutazione patrimoniale di tale beni risulta particolarmente penalizzante e tali imprese finiscono per risultare in pratica non bancabili, almeno secondo questo criterio. In conclusione, la verifica della superiorità del valore dell’attivo complessivo rispetto al valore del debito è ancora (purtroppo) molto utilizzata. Questo test di equilibrio finanziario in chiave patrimoniale è tuttavia sempre meno in grado di fornire valutazioni corrette. 32 [7] La relazione tra flusso netto di cassa complessivo e sviluppo aziendale Criterio precedente illustrato = logica tradizionale del banchiere per giudicare l’equilibrio della propria clientela La verifica della produzione di flussi di cassa coerenti con il proprio percorso di sviluppo = nuova logica del banchiere, che finanza appunto su cash flow. E’ ovvio che tale criterio di giudizio è essenziale per seguire, da parte del banchiere, da parte del consulente e del direttore finanziario, l’azienda dinamica, in sviluppo, i progetti imprenditoriali aggressivi. 33 [7] Procedure di lavoro Sotto il profilo metodologico, le procedure di lavoro si fanno più complesse. E’ evidente che questa è una delle aree di intervento prioritarie dell’assistenza consulenziale, del rapporto con il banchiere, dell’essenza stessa del lavoro del direttore finanziario. I preventivi finanziari devono essere interpretati non tanto come preventivi in senso letterale, essendo invece delle stime sulle traiettorie impresse alla gestione finanziaria dalle caratteristiche attuali della formula competitiva, e non devono essere intesi come meri esercizi di calcolo, ma devono essere utilizzati per verificare la fattibilità finanziaria del piano strategico. 34 [7] Il vincolo della crescita “autofinanziata” Frequentemente, ed assai frequentemente in passato, l’equilibrio dinamico che raccorda il ritmo di sviluppo dell’impresa con i flussi di finanziamento viene interpretato in senso restrittivo. La posizione di equilibrio viene ricercata nel massimo tasso di sviluppo che può essere sorretto in una logica di mantenimento dell’assoluto controllo dei diritti di comando. Si tratta, dunque, di trovare un percorso di crescita “autofinanziata”, che mantenga volutamente contenuto il proprio tasso di crescita in conseguenza della volontà di non forzare lo sviluppo con manovre sul capitale proprio. E’ evidente che un disequilibrio di tale traiettoria di sviluppo “autofinanziata” si ripercuote spesso in un livello eccessivo del debito. 35 [7] Casi di disequilibrio E’ necessario concludere chiarendo in quali casi, adottando questa logica, si definisce una situazione di disequilibrio finanziario. Ciò accade, ad evidenza, quando il flusso di cassa prodotto dall’impresa è insufficiente per sostenere lo sviluppo. Ciò si realizza allorché tale flusso di cassa sia insufficiente per finanziare direttamente i nuovi investimenti in capitale fisso e circolante e, simultaneamente, quando sia insufficiente per assicurare la corretta remunerazione a coloro che apportano i finanziamenti. Nella logica della crescita “autofinanziata”, l’impresa è in disequilibrio quando il fabbisogno è eccessivo rispetto alla capacità di garanzia dell’attivo aziendale e del patrimonio personale dell’imprenditore e sopravanza il ritmo di accumulazione dell’autofinanziamento. 36 [8] La struttura finanziaria che massimizza il valore societario Un punto di vista relativamente nuovo: l’equilibrio finanziario si ha in corrispondenza delle scelte finanziarie che sono in grado di massimizzare il valore dell’impresa (performance economiche superiori rispetto a quelle attese dal mercato dei capitali). Esiste un teorema fondamentale in tale disciplina, dovuto a Modigliani e Miller, che assicura che il valore dell’impresa è invariante rispetto alle scelte di struttura del passivo, subordinatamente all’esistenza di condizioni di perfezione del mercato. Siccome però il mercato è imperfetto, si definisce un punto di ottimo in corrispondenza del quale il valore dell’impresa è massimo, essenzialmente in considerazione dell’effetto para-imposte del debito, dei costi di agenzia e di controllo sull’impresa, dei costi di fallimento. Trovare tale punto di ottimo è compito del direttore finanziario, che lo affronta in termini di politica finanziaria indicativamente ottimale per l’accrescimento del valore. 37 [8] L’ottica della finanza strategica Tale approccio corrisponde all’ottica nuova della finanza strategica. Il direttore finanziario deve trovare le corrette modalità di rapportarsi con i fornitori di capitale di rischio e di debito al fine di mantenere relativamente contenuto il costo del capitale; ciò corrisponde alla massimizzazione del valore dell’impresa. Come è noto, esistono alcuni schemi di lavoro professionale per assistere le imprese a giungere a tale risultato; la gestione degli EVA®, proposta da Stern Stewart Co., è probabilmente la soluzione metodologica che ha avuto maggiore risonanza. Questo punto di vista è molto importante perché consente di connettere il profilo finanziario alle ordinarie operazioni di gestione dell’azienda. 38 Finanza come area critica E’ necessario chiedersi se un disequilibrio finanziario, nelle varie accezioni, può essere un elemento critico della vita di una impresa. Nella letteratura aziendalistica si definisce area critica quel problema o quel gruppo di problemi dalla cui soluzione dipende in misura decisiva il successo o l’insuccesso dell’impresa. Il fatto che il profilo finanziario possa essere un’area critica è piuttosto controverso. 39 Un primo punto di vista Secondo il punto di vista più tradizionale, il manifestarsi di un elemento di criticità segue la sequenza seguente: problemi strategici -> problemi di mercato -> disequilibri economici -> disequilibri finanziari -> insolvenza. Il disequilibrio finanziario risulta essere la conseguenza, e non la causa, di qualche elemento di difficoltà di ordine più generale. La gestione finanziaria difficilmente risulta essere, di per sé, l’area critica dell’impresa. => Visione della finanza come funzione secondaria, di solito strumentale al raggiungimento degli obiettivi dell’impresa. L’estrazione culturale ed i precedenti lavorativi del soggetto imprenditoriale, il più delle volte nel campo produttivo o commerciale, finisce per rafforzare notevolmente tale visione. 40 Un secondo punto di vista Ammessa in termini generali la ragionevolezza di questa posizione, è vero però anche che in qualche caso specifico l’area finanziaria può assumere il ruolo di area critica. E’ quindi possibile che le difficoltà finanziarie siano di vario tipo, originarie o derivate. Una buona sistematizzazione del problema è quella che vede le difficoltà finanziarie come riconducibili alla seguente classificazione: difficoltà finanziarie derivate da squilibri più generali della formula finanziaria (l’area critica è “a monte” e se ne vede gli effetti sulla performance finanziaria); difficoltà finanziarie che si innestano su una formula imprenditoriale di successo e che sono potenzialmente in grado di metterla rapidamente in difficoltà (l’area critica è proprio la finanza); squilibri finanziari e inadeguatezze della direzione finanziaria che possono rendere nel medio termine più difficile perseguire il pieno dispiegamento del potenziale della formula imprenditoriale, pur non rappresentando nel breve una rilevante area critica. 41 I problemi vanni identificati Al direttore finanziario è richiesto di identificare quali problemi finanziari l’impresa manifesta e in quale classe tali problemi siano riconducibili. Con riferimento alla seconda classe (la finanza come vera area critica originaria), è possibile indicare una varietà di casi rilevanti. Le scelte finanziarie risultano una area critica nei seguenti casi: la variabilità del Roi è eccessiva rispetto al suo livello medio; in questo caso ogni soluzione di finanziamento è problematica ed occorre utilizzare in via assolutamente preponderante capitali propri; il grado di indebitamento è troppo elevato; il saggio di ritenzione degli utili è troppo basso in rapporto alle esigenze di autofinanziamento e/o troppo alto in rapporto alle esigenze di remunerazione del capitale di rischio; il saggio di crescita del capitale investito è sproporzionato rispetto al saggio di autofinanziamento; la performance dell’impresa è esposta in misura significativa agli effetti prodotti dalla variabilità dei cambi o dei tassi. 42 Le conseguenze sono gravi Si tratta dunque di elementi di varia rilevanza e di varia natura che possono / debbono essere messi a fuoco dal direttore finanziario sulla base dei criteri di giudizio precedentemente enunciati. Con riguardo alla terza classe: la sottovalutazione della finanza al fine di riuscire a raggiungere il potenziale della business idea è un pericoloso elemento di debolezza. Esistono precisi elementi che giustificano il fatto che è progressivamente rilevante cogliere il nesso tra strategia dell’impresa e politiche finanziarie a essa funzionali. 43 Un sintetico percorso di lavoro Il giudizio sull’equilibrio finanziario si deve sempre basare, in prima approssimazione, sul grado di tensione finanziaria. L’equilibrio finanziario giudicato nella relazione tra margini operativi e costo finanziari permette di chiarire subito tre quarti del giudizio complessivo sugli equilibri finanziari. L’equilibrio finanziario inteso come incidenza dei costi finanziari sui margini industriali può essere meglio approfondito ma l’indicatore Ebit/Of già presenta una valutazione significativa del problema. Lo schema riportato in appendice è la struttura del giudizio di forza finanziaria messo a punto da Standard & Poor’s. L’analista procede poi sulla base della propria cultura d’impresa, della propria conoscenza degli strumenti dell’analisi finanziaria e della possibilità di approfondire i vari problemi. Ogni elemento di disequilibrio deve essere correttamente inquadrato sullo schema delle varie possibilità: squilibrio derivato; area critica; ostacolo al pieno dispiegamento del potenziale di successo. 44 Equilibrio finanziario - Metodo Standard & Poor's PARAMETRI DI RIFERIMENTO Tipologia Indici Ebit / OF Ebitda / OF Ro / V D / (D + CN) FCO / D A) Molto sicura >5 >7 >5% < 30 % > 40 % B) Sicura >2 > 2,5 >5% > = 30 % < = 40 % C) Rischio moderato >2 > 2,5 <=5% D) Rischiosa <=2 >1 > 2,5 E) Molto rischiosa <=2 >1 < = 2,5 F) Insolvente <=1 45 Un sintetico percorso di lavoro I criteri di giudizio dell’equilibrio finanziario sono tutti significativi ma, quasi certamente, quelli che si dimostrano più utili sono quelli della coerenza con la crescita e quello della massimizzazione del valore. Occorrono: logiche di pianificazione finanziaria; modelli efficaci di calcolo del flusso di cassa della gestione operativa. Fatto questo, occorre verificare l’andamento della posizione finanziaria riguardo al percorso di crescita ed assicurarsi che siano attivabili le fonti di finanziamento coerenti con l’esigenza di percorrere il sentiero di crescita potenziale. La gestione finanziaria è congrua quando si ottiene una ottimizzazione dei valori societari. Ciò viene ottenuto tenendo in grande considerazione gli aspetti che legano la variabile finanziaria con la variabile fiscale; occorre individuare la struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa al netto dei profili fiscali ordinari. In seconda battuta, tenuto conto dell’imposizione sulle operazioni di finanza straordinaria e di distribuzione di cash flow. 46 Utilità dei criteri intuitivi La valutazione dei fabbisogni finanziari avviene spesso sulla base dell’esperienza o sulla base di criteri empirici piuttosto grossolani. La natura del problema è invece intrinsecamente complessa ed è sostanzialmente impossibile individuare in modo diretto ed intuitivo le conseguenze finanziarie di un piano di sviluppo aziendale. E’ evidentissima l’esigenza di innalzare la razionalità della gestione finanziaria per valutare la compatibilità finanziaria dei programmi aziendali e per apprezzare le caratteristiche qualitative dei fabbisogni finanziari. E’ vero che difficilmente la finanza è l’area critica che può impedire il successo dell’impresa e che quindi opportunamente l’imprenditore si concentra sulle aree critiche effettivamente rilevanti. E’ vero anche però che sempre più frequentemente la finanza diviene un fattore di accelerazione o di decelerazione delle traiettorie di sviluppo delle imprese. La finanza è quasi sempre l’area critica degli imprenditori ambiziosi. 47 La mentalità finanziaria è progressivamente indispensabile Diversi business tendono recentemente a mostrare un ampio divario temporale tra momento dell’investimento e momento di breakeven finanziario, con un incremento dei capitali necessari allo sviluppo; => ci si rapporta con i finanziatori con i criteri di lavoro più appropriati. In diversi settori si rileva la convenienza dell’incremento delle dimensioni aziendali e del posizionamento in più mercati geografici. Diverse imprese costruiscono il proprio sentiero di successo sulla base della crescita per acquisizioni. Gli imprenditori non considerano più le risorse personali come limite naturale alle dimensioni dell’impresa, ma la funzione finanziaria si assicura che il valore creato sia adeguato per la remunerazione dei vari finanziatori coinvolti, in capitale di debito e di rischio. 48 Non c’è solo il bianco ed il nero E’ riduttivo distinguere le imprese tra quelle in equilibrio finanziario e quelle in disequilibrio finanziario. Al fine di ragionare nel modo più opportuno di equilibrio finanziario, occorre essere in grado di cogliere più precisamente i seguenti casi: imprese con elementi di crisi “a monte” che si riflettono sul profilo finanziario e patrimoniale; imprese con risultati medi che hanno necessità di controllo finanziario “ordinario”; imprese di successo con qualche criticità di tipo finanziario; imprese di successo, ma non particolarmente ambiziose, gestite con disattenzione al profilo finanziario e senza rilevanti probabilità di ripercussione negativa di questo fatto; imprese ambiziose guidate sulla base di una attenta riflessione sul legame tra strategia e finanza. 49