La storia del Sistema Solare è ancora tutta da
raccontare.
La teoria ormai accettata circa l'origine e
l'evoluzione del Sistema Solare è
sostanzialmente (come idea di partenza)
quella di Kant (1755) e Laplace (1796):
una nube di gas e polveri che, sotto
l'azione della gravità, tende a
condensarsi.
E’ importante sottolineare (Coradini et
al.,1980) il duplice aspetto della teoria
che deve spiegare la nascita del Sistema
Solare: da una parte vi è un problema
astrofisico (correlato alla formazione
della stella Sole, da risolvere alla luce
delle teorie e dei modelli stellari) e
dall'altra parte un problema
planetologico (da risolvere alla luce dello
studio dei meteoriti, delle superfici e
degli interni dei pianeti).
I nostri limiti ….
E’ significativo anche porre in evidenza due difficoltà di fondo,
vale a dire il fatto di avere a disposizione solamente il nostro
Sistema Solare quale fonte di informazioni ed il fatto che ci è
quasi del tutto sconosciuto il suo stato iniziale. Queste due
difficoltà ci pongono in una situazione profondamente diversa e
più complicata di quella che si incontra nell’analisi
dell'evoluzione stellare. Lo studio dell'evoluzione stellare ha
la possibilità di guardare sia nel passato sia nel futuro: si
possono, cioè, osservare stelle in diverse fasi della loro
evoluzione ed in tal modo verificare le ipotesi formulate. Nel
caso dell’analisi dell'evoluzione planetaria, invece, si ha a
disposizione soltanto il nostro sistema planetario, ed in esso,
inoltre, è possibile individuare pochi relitti delle epoche
passate.
FASE "ZERO"
Inizio dell’addensamento gravitazionale: si parte da una nube
interstellare (composta per il 70% di H, il 27% di He e per il
restante 3% di elementi più pesanti) la cui situazione di
equilibrio viene perturbata da un fattore esterno. Non è
certamente azzardato Taylor (1992) quando afferma che la
nebulosa primordiale non doveva essere di grande massa e
neppure dotata di moto rotazionale elevato; queste due
caratteristiche, infatti, resero possibile il fenomeno di
addensamento centrale, impedendo, cioè, quel frazionamento
della nebulosa che sarebbe sfociato nella nascita di un sistema
stellare binario.
A proposito della causa perturbatrice responsabile dell’innesco
del meccanismo di autogravitazione, già si è avuto modo di dire
che, oltre l'onda di densità di Lin, si può ragionevolmente
ipotizzare una vicina esplosione di supernova: con tale ipotesi
si potrebbe giustificare la presenza di alcuni isotopi la cui
sintesi difficilmente si potrebbe spiegare in altro modo.
Ad ogni buon conto ha inizio il collasso gravitazionale,
assicurato dalla presenza di materia in quantità sufficiente a
garantire la massa di Jeans.
FASE 1
Collasso della materia della primordiale nebulosa solare (gas e
polvere) in un disco rotante (dissipazione di momento angolare) e
conseguente condensazione di piccole particelle (formazione dei
granuli). Ripetuti episodi di condensazione ed evaporazione
possono spiegare le inclusioni refrattarie di CAI (calcio-alluminio
intrusion) rilevate in alcune meteoriti. Sono queste inclusioni gli
oggetti più antichi dei quali è stato possibile stabilire una datazione
(meteorite Allende), stimata in circa 4560 milioni di anni; ed è a tale
epoca cui, solitamente, ci si riferisce quale istante To per il Sistema
Solare.
Considerando la composizione attuale del Sistema Solare interno,
sembra che gli elementi condensatisi per primi siano Ferro, Nickel e
silicati di Ferro e Magnesio; nelle regioni più esterne della nebulosa,
a temperature inferiori, il nocciolo della condensazione era
costituito da ghiaccio d’acqua e ghiacci di acqua/ammoniaca.
Il ritmo di crescita è quantificato (Goldreich e Ward, 1973)
nell’ordine di centimetri per anno per i minerali più abbondanti;
considerando la condensazione del Ferro nella regione terrestre
viene suggerita la condensazione di granuli con raggio di alcuni
centimetri in tempi di una decina d’anni.
FASE 2
Contemporaneamente alla fase di condensazione in granuli inizia la caduta
delle particelle verso il piano mediano della nebulosa con la conseguente
formazione di un sottile e denso disco di polveri. E’ in questo disco di
materia formatosi nel piano centrale durante la fase di condensazione che si
sviluppano le instabilità gravitazionali responsabili dei fenomeni successivi; i
valori dei parametri fisici caratteristici sono, indicativamente, di 700 °K per
la temperatura e 7.5x10-10 g/cm3 per la densità del gas (Goldreich e Ward,
1973).
Si verificano episodi di fusioni che coinvolgono metalli e silicati e che
possono spiegare la formazione di condruli; con questo termine si indicano le
inclusioni sferoidali, tipicamente di circa 0.5-1.5 mm, presenti nei meteoriti
condritici e composti in genere di olivina (silicato di Fe e Mg). Il modello
ritenuto più plausibile per la formazione di tali strutture (Levy e Araki, 1989)
prevede la presenza di flares nebulari, analoghi alle protuberanze
normalmente osservate sul Sole. Questi eventi altamente energetici
avrebbero caratterizzato le zone situate al di fuori del piano mediano della
nebulosa con rilascio praticamente istantaneo di enormi quantitativi di
energia (circa 1032 erg) immagazzinata nelle linee di campo magnetico
sottoposte a distorsione. La rapidità del fenomeno (i tempi ipotizzati sono
dell’ordine di 0.1 sec) e le alte temperature associate sarebbero in grado di
spiegare efficacemente sia la formazione dei condruli sia le loro ridotte
dimensioni.
Il fatto che i condruli siano così comuni è una prova che in quel periodo la
nebulosa solare era caratterizzata da rimescolamenti violenti, riconducibili
alla necessità di dissipare considerevoli quantità di energia.
FASE 3
Aggregazione delle polveri in planetesimali per mezzo di collisioni a bassa
velocità.
Inizia in questa fase il bruciamento dell'H ed il proto-Sole inizia la fase TTauri e FU-Orionis che ha una durata di circa 106 anni.
Ad una distanza di circa 4 U.A. si può situare la snow-line, la linea
immaginaria in corrispondenza della quale avviene la condensazione del
ghiaccio d’acqua, fenomeno in grado di accrescere la densità locale della
nebulosa planetaria incrementando notevolmente il ritmo di
accrezione. Non è ancora certo se il meccanismo della snow-line sia stato
attivo solamente per la formazione planetaria nella regione di Giove oppure
se vi siano stati altri siti in cui meccanismi analoghi abbiano fatto da
catalizzatore della fase di accrezione. Certo è, invece, che tale meccanismo
operante nella regione posta a circa 4 U.A. dal Sole e che porterà alla
formazione di Giove ha influenzato pesantemente (e lo vedremo in seguito)
l’evoluzione successiva di tutto il Sistema Solare.
Un secondo dato certo è che questi primi stadi della formazione dei pianeti si
sono svolti sullo sfondo di una luminosità molto più elevata di quella attuale,
quantificata da Hoyle (1979) in circa 150 LSOL.
Tutto il gas presente (H, He ed altri) viene rimosso dalla regione interna
(vento T-Tauri) lasciando solamente i planetesimali di una certa massa già
formati. La massa originaria della nebulosa è stimabile (Hoyle, 1979) in
almeno 1750 masse terrestri, delle quali circa 1300 costituite da H ed He
sono in qualche modo andate perdute.
FASE 4
Nella zona dove il ghiaccio d'acqua diventa stabile, a circa 5 U.A.
dal Sole, si colloca l'accrezione di Giove che raccoglie anche parte
dei gas espulsi dalla zona interna. L'accrezione del nucleo del
proto-Giove deve essere avvenuta in un tempo di 105-106 anni ed
altrettanto tempo è servito per la sua formazione definitiva:
l’intero processo, comunque, si deve essere svolto prima che il
gas venisse completamente dissipato. Dunque Giove è un vero e
proprio pianeta e non una stella mancata: la sua origine è da
ricercarsi in meccanismi di accrezione e non direttamente dal
frazionamento della nebulosa originaria. E’ importante ancora
una volta evidenziare che la formazione rapida di Giove è
certamente stato l’evento più importante per il Sistema Solare in
formazione, un evento in grado di condizionare pesantemente le
successive fasi evolutive.
E' riconducibile a questa fase anche la formazione dei nuclei di
Saturno, Urano e Nettuno, la cui formazione, però, avviene molto
più lentamente.
Saturno impiega un tempo due volte più lungo di Giove: a
differenza di Giove, inoltre, ha un asse di rotazione inclinato
rispetto al piano dell'orbita, chiara indicazione che si deve essere
condensato da più di un corpo di grandezza considerevole.
Urano completa l'accrezione in circa 107 anni e Nettuno
nel doppio di questo tempo; la formazione di questi
due pianeti deve certamente essere avvenuta quando
ormai buona parte di H ed He erano sfuggiti dal
Sistema Solare.
La formazione di Urano e Nettuno assomiglia a quella
dei pianeti di tipo terrestre, dunque è profondamente
differente da quella di Giove e Saturno, formatisi in
presenza di un grande quantitativo di H ed He.
Fernandez e Ip (1983) collocano in questa fase
l’origine di planetesimali che, immessi in orbite molto
eccentriche dall’azione dei nuclei iniziali di Nettuno e
Urano, avrebbero poi costituito sia la Nube di Oort sia
una fascia cometaria trans-nettuniana (seguendo in
ciò le teorie avanzate negli anni ‘50 da Edgeworth e
Kuiper).
FASE 5
Formazione dei pianeti di tipo terrestre (Mercurio, Venere,
Terra e Marte) in tempi di 107-108 anni.
E' ragionevole ipotizzare, tra questi, la situazione "disagiata"
di Mercurio e Marte: il primo risente della vicinanza del Sole ed
il suo accrescimento si sviluppa in una zona molto povera di
materiale; il secondo risente dell'azione di svuotamento
esercitata da Giove nella zona della Fascia Principale degli
asteroidi.
Tale azione di svuotamento era duplice: da un lato
l'acquisizione e l'inglobamento di planetesimali qui
sviluppatisi, dall'altro lato la loro espulsione dalla suddetta
zona.
FASE 6
Formazione dei sistemi satellitari e dei sistemi di anelli
attraverso meccanismi secondari di accrezione, cattura di
planetesimali già formati ed episodi collisionali.
Talvolta, in una concezione quasi frattale del nostro Sistema
Solare cara anche allo stesso Galileo, si può essere indotti a
considerare i sistemi satellitari come dei sistemi solari in
miniatura, quasi una sorta di inevitabile conseguenza dei
meccanismi evolutivi di un pianeta. E’ certamente vero che la
formazione dei satelliti può essere considerata quasi un
sottoprodotto della genesi planetaria, ma è altrettanto vero ed
evidente che le possibili varianti alla formazione satellitare sono
davvero molteplici, paradossalmente una per ogni satellite.
Si colloca in questa fase anche la formazione della Luna
riconducibile ad un impatto con un planetesimo di dimensioni
paragonabili a quelle di Marte, evento databile 4.4 miliardi di
anni fa.
Episodi analoghi hanno coinvolto anche altri pianeti: a seguito di
un impatto Venere potrebbe aver invertito il senso di rotazione
e, sempre per un impatto violento, Mercurio potrebbe essere
stato privato del mantello di silicati. Le collisioni hanno inoltre
caratterizzato e continuano a caratterizzare l'evoluzione dei
corpi della fascia asteroidale.
A 108 anni dalla separazione iniziale della nebulosa, il Sistema
Solare aveva completato il suo processo formativo ed iniziava per i
corpi che si erano formati la lenta modificazione superficiale ad
opera sia degli episodi impattivi anche estremamente violenti, sia
di cause endogene.
Si innescava anche quel processo di formazione-distruzione delle
atmosfere planetarie; quelle attuali, infatti, non sono le atmosfere
originarie (almeno nei pianeti di tipo terrestre) ed è molto
probabile che drastiche variazioni della composizione atmosferica
siano stati episodi frequenti nell’evoluzione planetaria, proprio
quali conseguenze di eventi impattivi giganti. Il periodo di queste
drastiche modificazioni atmosferiche va collocato circa 3.8 miliardi
di anni fa, in coincidenza con il momento di maggiore
bombardamento; in seguito le atmosfere dei pianeti terrestri sono
state sufficientemente stabili e non hanno più risentito di massicci
fenomeni di rimozione, ma hanno, ciascuna per conto suo, seguito
percorsi evolutivi indipendenti risultando in tal modo uniche. Per
quanto riguarda la Terra, un aspetto correlato alla costruzione
dell’attuale atmosfera è quello dell’identificazione dell’origine
dell’acqua presente sulla superficie del nostro pianeta; e su
questo aspetto le comete avrebbero potuto giocare un ruolo
decisivo (Chyba, 1987 e 1990).
Malfi Enrica
Mucciariello Andrea
Pacifico Antonio
Tremiterra Roberta
V A europeo 2008/2009
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L`origine del sistema solare di Enrica Malfi