PERCORRENDO LA VIA DELLA
RESPONSABILITA’
MEDICINA
FERRARA 16 MARZO 2007
Rosa Maria Gaudio
RCU Medicina Legale
Università degli Studi di Ferrara
• L’espressione responsabilità professionale è
riconducibile al fatto che in quanto professionisti
della salute assieme ad altre figure professionali,
gli infermieri vengono ad assumere una posizione
di garanzia tipica nei confronti delle persone che
hanno in cura, e questa posizione obbliga a farsi
carico di tutte le implicazioni rischiose che le
prestazioni professionali includono, secondo
quelle che sono le conoscenze scientifiche e
tecniche della categoria professionale cui
l’operatore appartiene.
• L’infermiere che assiste la persona deve
farsi carico non di qualsiasi ipotetico,
teorico, genericamente possibile rischio, ma
dei rischi che sono prevedibili, valutabili e
prevenibili, usando quelle cognizioni
teorico-scientifiche e le capacità tecniche
che appartengono alla categoria.
L’uscita dal mercato della
St. Paul Company, solo negli
USA, ha lasciato senza polizza
42.000 medici e 750 ospedali
REGIONE EMILIA-ROMAGNA
INCIDENT REPORTING:
CAUSA EVENTO
46%
17%
7%
30%
Ambiente e Tecnologia
Errori umani (attivi)
Errori organizzativi
Altri fattori
Infermiere in medicina, geriatria, psichiatria,
pediatria
•Mezzi di contenzione
•Ospedali pre legge 180
•Prescrizione medica in cartella
•Mezzi di contenzione in età pediatrica
• L’argomento della contenzione fisica delle
persone assistite è oggi molto dibattuto tra i
professionisti infermieri, soprattutto in ambito
geriatrico e psichiatrico. L’utilizzo di mezzi
contenutivi, tuttavia, non è limitata a questi soli
ambiti. Spesso viene rilevato il ricorso alla
contenzione anche in unità operative ospedaliere
di medicina e chirurgia, servizi di pronto soccorso,
eccetera.
Infermiere e mezzi di contenzione
•Uso dei mezzi di contenzione art 34 RD 615/1909: “il ricorso
a mezzi coercitivi agli infermieri era “possibile solo in casi
eccezionali e con il permesso scritto del medico”
•Art 60: “ nei manicomi debbono essere aboliti i mezzi di
contenzione degli infermi e non possono essere usati se non con
l’autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell’istituto.
•I mezzi che i vecchi manuali di psichiatria riportavano con
dovizia di particolari quali catene, ceppi, gabbie, sedie fornite
di cinghie e camicie di forza appartengono all’archeologia del
trattamento psichiatrico e non sono in alcun modo riproponibili
e giustificabili
Infermiere e mezzi di contenzione
Vi è una importante differenza tra l’attuale legislazione
e la legislazione manicomiale
Prima della legge 180, i mezzi coercitivi potevano
essere usati eccezionalmente per motivi non
esclusivamente terapeutici ma anche custodialistici.
Oggi è solo l’interesse terapeutico a poter giustificare
tale misura.
Assistenza adeguata e non “contenimento come surrogato di assistenza”
Infermiere e mezzi di contenzione
Il vecchio regolamento di esecuzione della normativa
manicomiale, limitava a situazioni eccezionali il contenimento
dei malati: l’eccezionalità non deve essere confusa con il
concetto dello stato di necessità ex art 54 c.p.*
* Castiglioni R, Flores A: “sull’uso dei mezzi di contenzione in ambiente
psichiatrico. Considerazioni giuridiche e medico-legali. 1987.
• ‘stato di necessità’ art. 54 C.P. “Non è
punibile chi ha commesso il fatto per
esservi stato costretto dalla necessità di
salvare sé od altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, pericolo da lui
non volontariamente causato, né altrimenti
evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo”.
• L’interpretazione giuridica più coerente è
quella che vede l’attuarsi di una
contenzione fisica, in casi estremi e
eccezionali, per un periodo di tempo
limitato con annotazione dettagliata in
cartella clinica, allo scopo di prevenire gli
abusi.
Infermiere e mezzi di contenzione
.
•Cester A: i percorsi della contenzione-da caos a metodo, 1997:
•“ Per mezzi di contenzione si intendono quegli strumenti o dispositivi
applicati al corpo, a parti di esso o nell’ambiente circostante l’individuo, atti
a limitare la libertà dei movimenti volontari dell’intero corpo o di un suo
segmento”. Si distinguono 4 mezzi di contenzione.1)mezzi di contenzione x
il letto; 2)mezzi di contenzione x la sedia 3)mezzi di contenzione x segmenti
corporei 4)sistemi di postura utilizzati a fine di contenzione”
Oggi x mezzi di contenzione si intende prevalentemente “l’uso di
fascette”che servono a immobilizzare il malato al letto
Infermiere e mezzi di contenzione
•Mezzi di contenzione sono terapia: devono in quanto tali essere prescritti dal medico
in cartella clinica
•Non devono avere una finalità punitiva, custodialistica, carceraria, assumere caratteri
inumani
•Devono essere proporzionati rispetto al fine terapeutico ed avvenire come disposto
dall’art 1 della legge 180: “nel rispetto della dignità della persona”
•La prescrizione medica da annotare in cartella clinica deve essere dettagliata
in bibliografia:
Castiglioni R, Flores A: sull’uso dei mezzi di contenzione: ”opportuno annotare
dettagliatamente ogni particolare in cartella tra cui le circostanze che portano all’uso
della contenzione sia cliniche sia organizzative (presenza di più malati, carenza di
infermieri, impedimenti transitori a trattare i pazienti in altro modo)
Il provvedimento di contenzione dovrà avere una durata determinata e saranno
necessari controlli sull’andamento della contenzione e sul suo effetto sul paziente
Le giustificazioni cliniche per l’uso di questi presidi sono veramente pochissime:
• non servono assolutamente per controllare la confusione e l’agitazione,
che a volte peggiorano;
• non prevengono le cadute, anzi, qualora avvengano con la contenzione
le conseguenze sono più gravi;
• rimangono specifiche situazioni eccezionali, in cui vi è reale
impossibilità nella somministrazione di farmaci, o comportamenti
palesemente aggressivi
• Attualmente, questi ultimi possono essere giustificati unicamente nel
supremo interesse terapeutico del paziente. Sarebbe quindi del tutto
ingiustificato non solo dal punto di vista etico e morale, ma anche
legale, l’uso di tali mezzi per risolvere situazioni assistenziali che
richiederebbero un grosso impegno professionale da parte degli
operatori. .
Infermiere e mezzi di contenzione
Il problema della contenzione è oggi forse maggiormente sentito
in ambito geriatrico.
Negli Stati Uniti sono state definite delle Linee Guida federali x
il ricorso alla contenzione degli anziani nelle nursing homes
(Departm Health Human Service 1984): la contenzione è
comunque considerata un atto terapeutico e quindi necessita di
una preventiva prescrizione
•In Inghilterra invece la contenzione è considerata un atto
assistenziale più che terapeutico (almeno nella procedura
indicata). Le indicazioni del Royal College non parla
esplicitamente di prescrizione.
Infermiere e mezzi di contenzione
Linee guida sulla contenzione negli Stati Uniti:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
La prescrizione deve indicare le ragioni precise
La contenzione deve essere a termine e il pz non può essere contenuto
indefinitamente
..non può essere imposta x + di 12h, a meno che non lo richieda la condizione del
pz
Un pz sottoposto a contenzione deve essere controllato ogni 30 min da personale
addestrato…
La reiterazione della prescrizione deve avvenire solo dopo ulteriore verifica delle
condizioni del soggetto
La restrizione non va usata a fini punitivi, per comodità dello staff o come un
succedaneo di un attento controllo
La restrizione con mezzi fisici non deve produrre danno al pz e deve indurre il
minimo disagio possibile
Si deve garantire la possibilità di movimento ed esercizio per non meno di 10
min ogni 2 h con esclusione della notte
Infermiere e mezzi di contenzione
Linee guida sulla contenzione in Inghilterra:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
La contenzione dovrebbe essere attuata solo in circostanze eccezionali e dovrebbe
essere solo una misura temporanea
La contenzione dovrebbe essere adottata solo dopo un’attenta valutazione delle
condizioni della persona. Esaminando anche le modalità alternative
Il periodo di contenzione dovrebbe essere indicato prima di procedere e la
contenzione dovrebbe essere continuamente riesaminata, per es ogni 15 min.
La decisione della contenzione dovrebbe essere adottata da un’infermiera dopo
essersi consultata con un altro membro qualificato dello staff e dopo esplicita
approvazione della caposala
I tempi della contenzione dovrebbero essere accuratamente registrati ed elaborati
in statistiche mensili, comunemente accessibili, che dovrebbero evidenziare, i
tempi, il tipo e la causa ..
Nessun paziente dovrebbe essere in contenzione con una “cintura di sicurezza”
La necessità di somministrare sedativi dovrebbe essere rivista giornalmente dai
medici dello staff
Infermiere e mezzi di contenzione
Emblematica la vicenda di cui si è dovuto occupare il
tribunale di Napoli nel 1977:
..rimase uccisa in un incendio una donna costretta in un
letto di contenzione. Le indagini appurarono che il
ricorso al letto di contenzione non era giustificato da
alcun interesse terapeutico o con scopi di tutela del
paziente, bensì al solo esclusivo scopo di garantire
sonni tranquilli “ai sanitari e alle vigilatrici”
•Spesso questa pratica era attuata nei confronti di tutti i pazienti
del manicomio durante le ore notturne.
•Tali trattamenti non comparivano nelle cartelle cliniche
Infermiere e mezzi di contenzione(4)
•Sentenza tribunale di Milano 4 aprile 1979: Riv It med Leg
571, 1979:
Statuisce che
“il giudice non può prendere posizione in ordine al problema se la
contenzione meccanica dei malati non sia scientificamente ammissibile in
alcun caso oppure se, in alcune limitate evenienze e con tutte le dovute
cautele, essa possa essere praticata come estremo rimedio e come male
minore rispetto a trattamenti ancor più spersonalizzati come quelli
farmacologici. Non si ritiene infatti legittimo che un organo dello stato si
pronunci, in ragione esclusiva della propria autorità, su una discussione
ancora aperta tra gli studiosi [….]”
Il Tribunale di Milano non accenna al ricorso sullo stato di necessità
Infermiere e mezzi di contenzione
•Controversa è la legittimazione dell’uso delle cosiddette spondine che sono
da considerarsi un efficace mezzo di contenzione
•“l’uso riabilitativo della sponda alzata da una sola parte ne autorizza
l’esistenza e il conseguente uso *
•Cester A: i percorsi della contenzione pg 44
•Anche in ambito internazionale gli studi condotti non hanno portato risultati
univoci.
Scarsa giurisprudenza in materia:
Tribunale di Milano sentenza 13/7/1989: sancito obbligo di maggior
sorveglianza verso quei pazienti che ricoverati anche in reparti non
psichiatrici, abbiano “dato segni di squilibrio” tali da suggerire “l’adozione di
adeguate misure di sorveglianza”
Infermiere e mezzi di contenzione
•Mezzi di contenzione in età pediatrica:
Sono vietati
•Questo divieto è sancito dalla “carta dei diritti del bambino ricoverati in
ospedale” del Consiglio d’Europa, in cui si precisa che la “sicurezza del
bambino non può essere ottenuta mediante mezzi di contenzione fisica, né la
sua tranquillità può essere ottenuta mediante mezzi di contenzione fisica né
la sua tranquillità può essere ottenuta mediante mezzi di contenzione chimica
(psicofarmaci ecc): entrambe vanno garantite dall’adeguatezza quantitativa e
qualitativa del personale di assistenza”*
Infermiere e mezzi di contenzione
Solo in casi eccezionali
e giustificati da interesse
terapeutico e con
salvaguardia della dignità
della persona
Uso dei mezzi
di contenzione
oggi
dietro prescrizione medica
contenente il mezzo
da usare e la durata
Controllo continuo e costante
del z sottoposto a contenzione
Da parte del personale
Infermieristico e medico
• Per quanto riguarda la responsabilità
infermieristica, essendo la contenzione
assimilabile a una pratica terapeutica, l'infermiere
può contenere soltanto se esiste una prescrizione
medica, rispondente alle seguenti regole:
•
• registrazione in cartella clinica con l’indicazione
della: motivazione circostanziata; durata del
trattamento o della sua rivalutazione previa
verifica; tipo di contenzione e modalità da
utilizzare (solo polsi, polsi e caviglie, ecc.).
Qualora la contenzione fosse ingiustificata perché sostenuta da
motivazioni di carattere punitivo o per sopperire a carenze organizzative
o, ancora, per convenienza del personale sanitario, si possono configurare
i reati di :
• maltrattamenti (art. 572 C.P.) : Chiunque, fuori dai casi indicati,
maltratta una persona a lui affidata per ragioni di educazione,
istruzione, cura, vigilanza e custodia, o per l’esercizio di una
professione o un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
• lesioni personali (art 581 e 582 C.P.): Chiunque cagiona ad alcuno una
lesione personale, dalla quale deriva una lesione nel corpo o nella
mente è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
• sequestro di persona (art. 605 C.P.): Chiunque priva taluno della
libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
• violenza privata (art. 610 C.P.) : Chiunque, con violenza o minaccia,
costringe altri a fare, tollerare o omettere qualche cosa è punito con la
reclusione fino a quattro anni.
Il sequestro di persona è un reato previsto
dall’articolo 605 del Codice Penale
• . Il reato in questione si commette “privando della libertà
personale un individuo”; la privazione può avvenire non
solo con la violenza o la minaccia, ma anche con
l’inganno. La condotta dell’autore del reato può essere sia
attiva sia omissiva. La giurisprudenza ritiene anche che,
affinché si realizzi il reato in questione, è necessario “che
la perdita della libertà si protragga per un periodo di tempo
di un certo rilievo”, “per un tempo giuridicamente
apprezzabile”. In campo sanitario questo reato può essere
commesso dagli infermieri nel settore psichiatrico e nel
trattamento dei tossicodipendenti.
La violenza privata è un reato sanzionato dall’articolo 610
del Codice Penale
• ed è considerato reato generico e sussidiario; viene
sostituito spesso da ipotesi di reato più specifiche quali
possono essere, per esempio, in ambito sanitario, i reati di
sequestro di persona e lesioni personali. Se viene
commesso da un pubblico ufficiale (il medico nel contesto
sanitario) o un incaricato di pubblico servizio (infermiere)
vi è un’aggravante di pena. La condotta criminosa consiste
nel costringere altri a fare, tollerare od omettere qualche
cosa. All’interno della professione infermieristica, può
integrare gli estremi di violenza privata l’abuso di
contenzione fisica.
• L’articolo 45 C.P.(“Non è punibile chi ha
commesso il fatto per caso fortuito o per forza
maggiore”) ricorda “che se ricorrono gli estremi
dello stato di necessità la misura di contenzione –
sempre proporzionale al pericolo attuale di un
danno grave non altrimenti evitabile- non solo
può, ma deve essere applicata se non si vuole
incorrere nel reato di abbandono di incapaci -art.
591 del C.P.
AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA DI
BOLOGNA
PROGETTO “SORVEGLIANZA CADUTE DEI
PAZIENTI IN OSPEDALE”
% incidenza
cadute
1,6
1,48
1,5
1,4
1,25
1,3
1,23
1,2
1,09
1,01
1,1
1
0,86
0,9
0,8
2000
2001
2002
2003
2004
2005
•
•
•
•
L’incidenza di cadute negli ospedali e nelle strutture assistenziali è circa il
triplo di quella riscontrabile a domicilio. Le cadute sono responsabili del 6070% delle morti accidentali, e in età avanzata sono al 5° posto fra le cause di
decesso (Brummel, Smith,1990).
Alcuni dati relativi ad uno studio effettuato presso l’Azienda Ospedaliera
Universitaria di Ferrara (2001-2003): anno 2001-303 cadute (1,04%), anno
2002- 288 cadute (0,98%), anno 2003-245 cadute (0,83%). Gli eventi caduta
sono stati poi messi in relazione con i turni degli operatori ed è stato
evidenziato che la percentuale maggiore di cadute avviene nel turno notturno
(fascia dalle 21 alle 7 del mattino):
Le motivazioni possono essere imputate ad una minor sorveglianza durante il
turno notturno e che durante il sonno profondo vi è un’intensa attività
muscolare.
Cassazione Penale, I sez., sentenza del 4 dicembre 1974
• Ad esempio, nell'ipotesi di un infermiere che provoca delle
lesioni a un paziente conseguenti alla caduta, perché non
adotta i mezzi fisici/farmacologici di contenzione
prescritti, quell'infermiere sarà civilmente responsabile per
il risarcimento del danno che il suo comportamento ha
provocato al paziente; sarà penalmente responsabile perché
il suo comportamento costituisce un reato, quello di lesioni
(art. 590 c.p.) e sarà sottoposto, molto probabilmente, a un
procedimento disciplinare da parte del datore di lavoro
perché è venuto meno ai suoi doveri di diligenza, di cura e
di attenzione propri della sua attività e costituenti un
obbligo nei confronti del datore di lavoro.
Reato di pericolo
• Soltanto recentemente i tribunali di merito e la Corte di Cassazione
hanno riconosciuto la tutela prevista dall’art. 348 del c.p. verso la
professione infermieristica e sono gli atti individuabili nelle seguenti
fattispecie:
• prelievo capillare e venoso del sangue
• esecuzione e somministrazione di fleboclisi
• cateterismo maschile e femminile.
• Non vi sono dubbi che “gli atti tipici ed esclusivi” di una professione
sono da interpretarsi in modo assolutamente flessibile in relazione al
progresso delle conoscenze e all’evoluzione della tecnologia, pertanto
la nascita di una figura di supporto dell’assistenza (l’Operatore SocioSanitario con formazione complementare) vedrà riconosciuta la sua
legittimazione per atti fino a ieri erano preclusi a figure non
infermieristiche.
“reato di pericolo”.
• E’ importante sottolineare che si ha reato anche in
assenza di danno per il paziente, in quanto il reato
previsto dall’art. 348 c.p. è cosiddetto “reato di
pericolo”. I reati di pericolo sono quei reati in cui
il “bene giuridico” è soltanto minacciato. In caso
di danno l’infermiere risponderà del reato di
esercizio abusivo di professione in concorso con il
reato che ha causato il danno (lesioni, omicidio
colposo ecc..)
La condotta
• Alcuni esempi di condotte dell’infermiere
potenzialmente comportanti uno o più requisiti
delle colpa possono essere :
• Omessa pianificazione dell’assistenza
• Sottostima di elementi di rischio
• Mancata, carente o errata esecuzione delle
procedure assistenziali di pertinenza
• Errata valutazione di segni e sintomi
• Omesso rilievo di segni e sintomi
• Omessa richiesta di intervento medico
• Negli ultimi anni, gli infermieri sono balzati agli onori
della cronaca (purtroppo nera), per errori in merito alla
somministrazione di farmaci, che hanno avuto esiti mortali
per i pazienti.
• Torino: morte di un bambino per iniezione di un antibiotico
diluito con cloruro di potassio al posto di fisiologica, Terni:
esecuzione di un enteroclisma a base di formaldeide al
posto di sorbitolo
• Questi casi portano a riconsiderare l’ attività professionale
infermieristica alla luce di responsabilità che a volte si
valutano come lontane, ma che invece sono
drammaticamente presenti in ogni momento della nostra
giornata lavorativa
L’evento
•
•
•
•
•
•
somministrazione dei farmaci;
somministrazione e detenzione di farmaci guasti
o imperfetti;
disciplina dei farmaci stupefacenti
disciplina dei farmaci campioni
responsabilità dell’infermiere per fatto dello
studente durante la somministrazione di farmaci
attribuzione di attività all’operatore sociosanitario.
AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA
DI BOLOGNA
INCIDENT REPORTING:
ERRORI DI TERAPIA
8%
7%
68%
17%
Prescrizione
Allestimento
Distribuzione
Somministrazione/Assunzione
• La nozione di farmaco accettata in giurisprudenza[1], è quella della
Comunità Europea, recepita dalla normativa italiana[2] in cui si cita
che per sostanza medicinale si intende: “ogni sostanza o composizione
presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie
umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da
somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una
diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni
organiche dell’uomo o dell’animale.
•
[1] Corte di Cassazione, I sez., sentenza 7 agosto 1996, n. 7738
• [2] D. Lgs. 29 maggio 1991, n. 178 “recepimento delle direttive della
Comunità Economica Europea in materia di specialità medicinali”.
Somministrazione dei farmaci.
• L’infermiere garantisce la “corretta applicazione delle
prescrizioni diagnostico-terapeutiche” così cita il comma 3
articolo 1 del D.M. 739/94 che, rispetto al decaduto
mansionario[1], non elenca più passo per passo ciò che
l’infermiere è autorizzato a fare, ma indica in linea
generale le competenze proprie a tale figura professionale,
fermo restando che l’elemento base è la prescrizione
medica senza la quale si incorre nel reato di abuso di
professione.
•
[1] DPR 225/74, titoli 1 Mansioni dell’infermiere
professionale, abrogato con L. n. 42/99
• L’infermiere è responsabile della corretta
somministrazione della terapia, per
adempiere a tale funzione si avvale della
letteratura internazionale. Ed è proprio in
tali fonti da tempo viene documentata la
regola delle 6 G adottata nella pratica
quotidiana.
•
Dal punto di vista giuridico l’atto della somministrazione può venire
scomposto in due parti, prescrizione e somministrazione, se così è la
responsabilità dell’infermiere si concreta nella somministrazione,
mentre la prescrizione è competenza perciò responsabilità medica.
•
La responsabilità infermieristica è correlata ovviamente al tipo di
errore e alle conseguenze dello stesso, scambio di pazienti, errori nel
dosaggio, che si configurano nella colpa professionale[1], negligenza,
imperizia e imprudenza[2], come del resto gli errori relativi alla
trascrizione della terapia dalla cartella medica a quella infermieristica.
•
• Per ciò che concerne quindi la somministrazione dei farmaci, le
indicazioni traggono forza da manuali infermieristici e da normative
medico legali che hanno identificato le caratteristiche tipo di una
prescrizione medica:
• TIPO DI FARMACO, ovvero nome commerciale,
• DOSAGGIO, espresso in unità di misura coerenti con la forma;
• TEMPI DI SOMMINISTRAZIONE, che constano di: orario; tempo di
durata dell’infusione; data di scadenza della prescrizione;
• VIA DI SOMMINISTRAZIONE;
• FORMA FARMACEUTICA
• FIRMA DEL MEDICO e DATA.
Responsabilità per la somministrazione di farmaci:
Gli elementi costitutivi della prescrizione medica dei farmaci è
costituita:
1. Tipo di farmaco: nome commerciale dello stesso
2. Dosaggio: gr, mg, 
3. Tempi di somministrazione: orario, min, h, die
4. la via di somministrazione: im, ev, sc
5. Forma farmaceutica: fiale, compresse, supposte
6. Sottoscrizione del medico:data e firma
•si riporta una tabella dove sono indicati i diversi modi di possibile errore nel garantire una
•corretta applicazione di una procedura terapeutica (gestione della terapia farmacologica).
•ME1 Errata identificazione del paziente
•ME2 Errori di monitoraggio del paziente a seguito della somministrazione
•ME3 Sovra-dosaggio o sotto-dosaggio
•ME4 Errata forma di somministrazione
•ME5 Errata frequenza di somministrazione
•ME6 Errata preparazione del farmaco
•ME7 Malinterpretazione degli ordini
•ME8 Somministrazione non autorizzata
•ME9 Preparazione o somministrazione di un farmaco diverso da quello
•prescritto
•ME10 Omissione della somministrazione
•ME11 Errato momento di somministrazione
•ME12 Extra dose
•ME13 Mancato controllo dello stato di conservazione del farmaco
•ME14 Somministrazione di un farmaco avente interazioni con altri farmaci o
•manifestante reazioni allergiche nel paziente
•ME15 Errata via di somministrazione
•ME16 Errata tecnica di somministrazione
•ME17 Velocità non corretta di iniezione o di afflusso del medicinale
•(somministrazione per via parenterale)
•Tabella 1 – Modi di errore nel processo di gestione delle terapie farmacologiche – Fonte: Pagano A. –
•Vittadini G., pag.298.
Infermiere in medicina, geriatria,
psichiatria, pediatria, terapia intensiva
•Responsabilità per la somministrazione di farmaci:
a)Competenza
b)Errore di prescrizione
c)Errore di trascrizione
d)Errore di interpretazione
e)Errore di preparazione
f)Errore di distribuzione
g)Errore di somministrazione
Noi continuiamo a muoverci fra trappole pronte a facilitare i nostri errori
Da un lato il pericolo dei
tranelli esistenti e trascurati,
Atropina
Carbocaina
Calcio gluconato
Soluzione fisiologica
Lidocaina cloridrato
Cloruro di Potassio
Bicarbonato di sodio
Dall’altro la maggiore facilità di errore quando eseguiamo operazioni più
complesse
Serrare viti su condotte idrauliche
1 errore su 9.600 operazioni giuste
Leggere un manometro o strumenti di misura 1 errore su 200 operazioni giuste
Errori da scarsa attenzione ai nostri problemi
• La maggior parte degli errori consiste
• nell'errore della prescrizione,
• nello scambio di pazienti, nell'errore di
dosaggio o di diluizione,
• nell'errore di via di somministrazione,
• errori cioè che si sostanziano nella colpa
professionale e nei suoi caratteri tipici della
negligenza e dell'imperizia.
• Facendo riferimento a prassi professionalmente scorrette,
quali per esempio la somministrazione di farmaci
precedentemente preparati da altri operatori, spesso a
distanza di tempo inaccettabile, c'è da precisare che
entrambi gli operatori assumono la responsabilità
dell'operato.
• Il principio dell'unitarietà dell'azione riconosce delle
eccezioni.
• Esse sono tassative e sono date dalle situazioni di
emergenza, dall’attività di insegnamento agli studenti e
dalle soluzioni con farmaci in infusione continua.
• la somministrazione della terapia è un atto unitario
sequenziale e cronologico, in altri termini deve essere
svolto interamente da un’unica persona che si occuperà di
preparare e somministrare il farmaco come da prescrizione.
• Implicazioni ulteriori anche se non ben specificate, né a
livello normativo né a livello disciplinare, riconoscono
all’infermiere un ruolo che va oltre la semplice
somministrazione, ma che lo coinvolge nell’accertamento
dell’assunzione del farmaco e sulla sorveglianza dei suoi
effetti. Mentre in Francia e in Inghilterra esistono a tal
riguardo documenti ufficiali, nella realtà italiana come
suddetto queste funzioni sono implicite con valore
deontologico.
Responsabilità per la somministrazione di farmaci:
•In pediatria:
Problemi legati al dosaggio maggiore o minore, al calcolo/Kg,
alla diluizione dei parmaci, sbaglio di paziente, fiale sbagliate
(es potassio anziché fisiologica)
In geriatria:
Problemi legati alla pluralità di patologie concomitanti,
variazioni farmacocinetiche dovute età e/o a patologie
concomitanti
Alcune eccezioni:
•
•
L’unitarietà dell’atto può essere spezzata anche durante l’attività di
insegnamento e per soluzioni con farmaci in infusione continua;
Il confine tra la prescrizione e la somministrazione dei farmaci, nonché le
rispettive responsabilità mediche e infermieristiche viene a mancare ancora
una volta in condizioni critiche sia cliniche che circostanziali, in tali situazioni
infatti, l’infermiere, agisce potendo somministrare farmaci senza prescrizione
medica, non essendo punibile ai sensi dell’articolo 54 c.p. che regola lo stato
di necessità. Essendo tuttavia questo difficilmente dimostrabile alla pari dei
francesi è in via di discussione al Ministero della Sanità una regolamentazione
che in caso di necessità prevede da parte dell’infermiere la messa in atto di una
serie di protocolli prescritti dal medico responsabile. Anche in caso di
emergenza extraospedaliera è legittima la somministrazione di farmaci in
assenza del medico e in presenza di protocolli (DPR 27 marzo 1992)[1].
•
[1] DPR 27 marzo 1992 "Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la
determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza";
prescrizioni condizionate
•
Per quanto concerne le prescrizioni condizionate, ovvero quelle caratterizzate
da condizioni quali, “al bisogno, se occorre, etc...”, esse possono essere divise
sulla base del riconoscimento del segno o del sintomo. Nel primo caso essendo
il segno oggettivo il problema non si pone, riconosciuto e misurato il segno si
procede alla somministrazione se sussistono le condizioni.
• Sono quindi da considerare accettabili dizioni del tipo:
• · “somministrare una fiala dell'antipiretico x se la
temperatura corporea supera la temperatura tot”;
• · “somministrare una fiala del diuretico x se la pressione
arteriosa supera i valori tot”
• e similari.
• Nel secondo caso invece essendo il sintomo soggettivo,
perciò non quantificabile, si rende necessaria da parte
dell’infermiere la formulazione di una diagnosi che rende
la prassi illegittima. Il sintomo è infatti riferito dal paziente
e non è quindi rilevabile oggettivamente dall'infermiere.
• Esempio tipico riscontrato nella prassi: “somministrare 1
fiala di morfina all'insorgere del dolore”.
• Compete in questo caso all'infermiere fare diagnosi di
dolore, con tutto ciò che comporta in caso di errore.
L'infermiere che accetta di somministrare in presenza di
questa prassi si sottopone alle stesse responsabilità del
medico sui possibili errori di diagnosi e di terapia”.
• In caso di dubbi sul dosaggio prescritto dal
medico, l'infermiere ha l'obbligo di attivarsi “al
precipuo scopo di ottenere una precisazione
per iscritto [...] non già per sindacare
l'efficacia terapeutica del farmaco prescritto,
bensì per richiamarne l'attenzione”
• (Cassazione Penale, IV sezione, sentenza
1878 del 25 ottobre 2000).
Corte di Cassazione N. 1878/2000
•
A seguito del decesso di una paziente per una prescrizione sostitutiva di un
farmaco non corretta (sia perché verbale sia perché errata nel dosaggio,
essendo questo diverso da quello del farmaco sostituito), stabilito che, oltre ai
precisi obblighi di garanzia del medico rispetto al paziente, l'infermiere è
tenuto a chiedere chiarimenti al medico, essendo esigibile da parte
dell'infermiere che l'attività di preparazione del flacone non sia prestata in
modo meccanicistico, ma in modo collaborativo con il medico, non già per
sindacare l'efficacia terapeutica del farmaco prescritto, bensì per richiamare
l'attenzione sui dubbi avanzati a proposito del dosaggio in presenza di
variazione del farmaco.
•
L'infermiere coinvolto nel caso era pertanto tenuto ad attivarsi al precipuo
scopo di ottenere una prescrizione per iscritto che valesse a responsabilizzare il
medico e ad indurlo ad un'eventuale rivisitazione della precedente indicazione.
In altre parole, laddove esistano dubbi o incertezze, l'infermiere deve
intervenire contattando il medico e non eseguire passivamente la prescrizione.
•
•
La più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avuto modo di statuire che
compete all'infermiere, nel caso in cui sorgano dubbi sul dosaggio prescritto dal medico, la
segnalazione al medico stesso della prescrizione dubbia al fine di indurre il medico a
un'eventuale revisione dell'indicazione terapeutica e di ottenerne una precisazione scritta.
•
Questo, precisa la suprema Corte, in quanto l'attività di preparazione di un farmaco “non sia
prestata in modo meccanicistico, ma in modo collaborativo con il medico, non già per
sindacare l'efficacia terapeutica del farmaco prescritto, bensì per richiamare l'attenzione sui
dubbi avanzati a proposito del dosaggio in presenza di variazione del farmaco,
conseguendo proprio dal dovere dell'infermiere professionale, quindi, l'obbligo di attivarsi in
tal senso”.
•
Sempre la Cassazione ha escluso la responsabilità concorrente dell’infermiere coordinatore
(ex caposala) sul mancato controllo della prescrizione in quanto “tale attività è demandata,
specificamente all'infermiere professionale”.
•
[1] Sentenza Corte di Cassazione n. 1878/2000
•
•
Da quanto fino ad ora esposto risulta chiaro che l’attività di somministrazione
dei farmaci deve essere eseguita dall’infermiere non in modo meccanicistico,
ma in modo collaborativo con il medico. In caso di dubbi su quanto prescritto,
a tutela dell’assistito e al fine di prevenire errori nella somministrazione,
l’infermiere si deve attivare, per richiedere chiarimenti, non per sindacare
l’efficacia terapeutica del farmaco prescritto, ma bensì per richiamare
l’attenzione e richiederne la rinnovazione in forma scritta. Il medico risponde
per la posizione di garanzia rispetto ai malati. Non compete alla caposala il
controllo tra la corrispondenza del farmaco prescritto in quanto tale attività è
demandata specificatamente all’infermiere[1].
L’infermiere non è un mero esecutore ma secondo il profilo professionale DM
739/94 è colui che deve “garantire la corretta applicazione delle prescrizioni
diagnostico-terapeutiche”, tale attività è un procedimento complesso e, in caso
di dubbi, l’infermiere deve intervenire contattando il medico e non eseguendo
passivamente la prescrizione.
•
[1] Sentenza Corte di cassazione n. 1878/2000
• “la prescrizione di farmaci sulla base di una prescrizione
orale può essere accettata solo in casi di emergenza”;
• “le istruzioni telefoniche ad un infermiere, date per una
somministrazione di farmaci, anche in una situazione di
emergenza, non sono accettabili. Questa pratica coinvolge
l'infermiere in una procedura potenzialmente pericolosa
per il paziente”.
• In situazioni di emergenza oltre ad essere legittima la
prescrizione orale, può venir meno quella che è stata
definita l’unitarietà dell’atto;
• Permane l’inaccettabilità delle prescrizioni
telefoniche in ogni caso, in quanto
implicano l’assenza del medico al letto del
paziente,
• risulta accettabile sono in caso di emergenza
la prescrizione orale.
la Suprema Corte sentenza n. 13219/2000
•
•
ha stabilito la catena di responsabilità che ricadono sul personale sanitario in occasione
della somministrazione di un farmaco letale per il paziente. La decisione è giunta al
termine della valutazione di un caso relativo a due pazienti ricoverati in ospedale,
deceduti per avvelenamento da potassio, derivante dalla somministrazione di fleboclisi
contenente una quantità di potassio cinque o addirittura otto volte superiore a quella
necessaria all'organismo umano. Ad originare il fatale errore era stata la sostituzione del
normale farmaco utilizzato nel reparto con una nuova soluzione ad elevata
concentrazione di potassio.
La novità farmacologica era stata prescritta dal medico aiuto ed era stata introdotta in
reparto dal medico assistente. La responsabilità è stata fatta ricadere sull'infermiere
incaricato di preparare la fleboclisi e sui due medici per non avere adeguatamente
informato il personale infermieristico sulla composizione e quindi sull'esatto impiego
del nuovo farmaco. È stato assolto l’infermiere coordinatore (ex caposala), al quale
spetta l’organizzazione del servizio infermieristico, la custodia e l'approvvigionamento
dei farmaci, per cui il suo ruolo di controllo è solo sul rispetto degli obblighi correlati al
servizio che dirige e non anche sul rispetto delle specifiche attività di dosaggio, che sono
necessarie per preparare ogni singolo flacone, in conformità alle prescrizioni del
medico.
prescrizione secondo protocollo.
• Una prassi molto in uso in questi ultimi anni è la prescrizione secondo
protocollo. Il protocollo a cui fare riferimento è un protocollo
terapeutico che viene approntato sempre più frequentemente
soprattutto per quanto riguarda la terapia infusiva.
• Può essere sufficiente una prescrizione in cartella clinica del tipo
“terapia secondo il protocollo n. 1”?
• La risposta può essere affermativa a una condizione: il protocollo deve
essere inserito all'interno della cartella clinica, diventandone così parte
integrante e deve essere sottoscritto dal medico richiedente.
• È doveroso ricordare che anche il protocollo deve essere costituito con
tutti gli elementi di una prescrizione di terapia con particolare riguardo
alla quantità di farmaci e/o di liquidi da somministrare, al tempo di
somministrazione, alla via ecc.
trascrizione
• Una frequente fonte di responsabilità è data dall'errore di
trascrizione dalla cartella clinica alla cartella
infermieristica o al quaderno della terapia.
• Laddove la copiatura della terapia correttamente prescritta
in cartella clinica risulti errata, l'infermiere professionale
risponderà per negligenza.
• Altri errori frequenti sono dovuti alla somministrazione di
terapia al paziente sbagliato o per una via diversa da quella
prescritta, per un dosaggio maggiore o minore di quello
prescritto.
La responsabilità dell'infermiere per errata
trascrizione della terapia:
una sentenza del tribunale di Bolzano
•
La responsabilità dell'errore della trascrizione stessa ricade per intero
sull'infermiere, quando questi ritenga opportuno, per prassi, trascrivere tale
terapia.
•
Il Tribunale di Bolzano ha ritenuto invece che la responsabilità ricadesse anche
sul medico in quanto aveva omesso “ogni necessaria forma di controllo sulla
successiva esattezza della trascrizione della prescrizione”.
Ove si accogliesse una simile interpretazione si arriverebbe al paradosso che il
medico diventerebbe sempre responsabile degli atti compiuti dal personale
infermieristico.
Come è stato acutamente notato non si comprende per quale motivo il medico
debba essere chiamato a rispondere degli errori compiuti dall'infermiere in
seno ai compiti che la legge assegna all'infermiere stesso.
•
•
La responsabilità per la somministrazione delle
infusioni per nutrizione
parenterale totale (TPN)
• In seguito a eventi mortali verificatisi durante la
somministrazione delle infusioni per nutrizione
parenterale totale l'autorevole organo di controllo
statunitense, la Food and Drug Administration, ha
emanato un safety alert - un allarme di sicurezza
- relativo alle modalità e ai controlli da effettuare
durante la somministrazione.
• Il Ministero della Sanità ha emanato in data 28
luglio 1994 una circolare prot. n.
800.3/AG.27/33718
La responsabilità per la somministrazione delle
infusioni per nutrizione
parenterale totale (TPN)
•
Alcune regole riguardano direttamente il personale infermieristico.
•
•
Si possono sinteticamente elencare:
a) prima di procedere alla somministrazione l'infermiere deve controllare
attentamente l'eventuale presenza di precipitati. I controlli devono essere
ripetuti durante l'infusione;
b) l'infermiere deve utilizzare un filtro per bloccare i precipitati;
c) la sacca di somministrazione ha un preciso tempo di conservazione dal
momento in cui arriva in reparto. Deve essere somministrata entro 24 ore se
conservata a temperatura ambiente; deve invece essere somministrata entro 24
ore dal riscaldamento se conservata in frigorifero.
•
•
•
Il non rispetto di tali regole precauzionali espone l'infermiere a responsabilità
colposa per inosservanza di regolamenti (colpa specifica), con conseguenze
assai gravi. Infatti se si verificano i fatti riferiti dalla FDA l'imputazione non
può che essere di omicidio colposo ai sensi dell'art. 589 C.p.
La responsabilità per la somministrazione delle
infusioni per nutrizione
parenterale totale (TPN)
•
•
•
•
Per quanto riguarda l'uso del filtro esso è obbligatorio. L'obbligatorietà deve
essere intesa nel senso che essa è condizione senza la quale non è possibile
procedere alla somministrazione.
L'infermiere non può procedere alla somministrazione in assenza del
filtro, neppure dietro ordine del medico.
Trova infatti applicazione in questo caso l'art. 17 terzo comma del D.P.R. 10
gennaio 1957, n. 3 che specifica che “l'impiegato non deve comunque eseguire
l'ordine del superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale”.
In questo caso, infatti, l'omissione di una regola precauzionale di condotta può
causare addirittura la morte del paziente e si stabilisce, di conseguenza, quel
rapporto di causalità previsto dall'art. 40 del C.p. secondo cui sussiste tale
rapporto quando un evento, dannoso o pericoloso, è conseguenza dell'azione o
dell'omissione di un determinato soggetto.
Farmaci …
• I seguenti sono i controlli che caposala e infermieri devono
mettere in atto :
•
•
•
•
Controllo scadenza farmaco;
Controllo integrità della confezione;
Rispetto delle norme previste per la conservazione.
I farmaci scaduti devono essere separati dagli altri, non è
sufficiente in altro scomparto è necessario un altro armadio
chiuso a chiave per escludere il reato.
2. Somministrazione e detenzione
di farmaci guasti o imperfetti
• Per farmaci guasti si intendono quelli che si sono
alterati per qualsiasi causa, normale deperimento,
vetustà, fermentazione. Per imperfetti si intendono
quei farmaci che non sono conformi alla tecnica
farmaceutica comprende quindi ogni vizio non
legato alla adulterazione o contraffazione,
rientrano nella categoria i farmaci che non sono
dosati nella misura prescritta o che hanno
composizione diversa da quella dichiarata nella
confezione.
• In alcune sentenze infatti la presenza di farmaci
scaduti nell’armadio terapia, di cui è responsabile
il caposala, è stata ritenuta reato con conseguente
condanna sulla base dell’assimilazione della
detenzione per il commercio con la detenzione per
la somministrazione, in altri casi analoghi la
sentenza ha dichiarato la non sussistenza del fatto
in quanto la detenzione per il commercio non è
stata assimilata alla detenzione per la
somministrazione.
•
•
•
Assimilabilità della detenzione per il commercio con la detenzione per la
somministrazione.
La Corte di Cassazione in una sentenza ha confermato la sentenza del Tribunale
di Roma che dichiarava l’equivalenza della detenzione per il commercio con
quella per la somministrazione, dichiarando a sua volta “..le due non
costituiscono situazioni differenti ma entrambe sono funzionali e dirette all’uso
effettivo del farmaco”[1].
Tale orientamento è stato confermato da un’altra sentenza secondo la quale
“…dato che sia l’una che l’altra rendono probabile o quanto meno possibile,
l’utilizzazione concreta del medicinale guasto o imperfetto a scopo
terapeutico”[2]
• Il nuovo orientamento, non assimilabilità della detenzione per il
commercio con la detenzione per la somministrazione..
•
•
[1] Corte di Cassazione, IV sez., n. 1772/1987
[2] Corte di Cassazione, I sez., n. 577/1994
• Secondo la sentenza 190 del 14 aprile 95 la Corte di Cassazione ha
affermato che “ pur avendo in passato sostenuto che non aveva alcun
fondamento la distinzione della detenzione per il commercio con la
detenzione per la somministrazione, ora questo indirizzo non può
essere confermato, in quanto la norma incriminatrice, punendo chi
detiene per il commercio, pone in commercio o somministra, vincola
l’interprete ad un insuperabile dato ermeneutico di ordine testuale, che,
nella sua specifica e univoca portata, segna la determinatezza della
fattispecie penale e ne delimita i confini precisi…” e continua
“l’assimilazione delle due ipotesi deve considerarsi preclusa dai
principi di legalità e tassatività della norma penale, con conseguenti
problemi di legittimità costituzionale.”
• Non esiste tuttavia chiarezza al riguardo dove si scontrano le diverse
interpretazioni, mentre risulta chiara la sussistenza del reato in caso di
somministrazione del farmaco scaduto.
3. Disciplina dei farmaci
stupefacenti
•
Tutta la materia relativa agli stupefacenti e alle sostanza
psicotrope è regolamentata dal DPR 9 ottobre 1990, n. 309[1], e dalla
L. 8 febbraio 2001 n. 12[2]. All’interno delle strutture sanitarie la
vigilanza e il controllo sul “movimento” delle sostanze stupefacenti e
psicotrope, si esplica con l’impiego di una modulistica specifica
costituita da:
-
•
•
un registro di carico e scarico (entrata ed uscita);
moduli per l’approvvigionamento dei reparti;
moduli per la restituzione dei medicinali alla farmacia interna.
[1] DPR n. 309/1990 “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”
[2] L. n. 12/2001 “norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del
dolore”
L'autosomministrazione di
farmaci da parte del paziente
• I medicinali di automedicazione “sono destinati al trattamento
(prevalentemente di tipo sintomatico) dei disturbi lievi e transitori
facilmente riconoscibili e risolvibili senza ricorrere all'aiuto del medico
mentre, solo in casi eccezionali, i medicinali di automedicazione sono
utilizzati per la prevenzione”. Ministero della Sanità”.
• I medicinali di automedicazione, quindi, sono tutti quelli che non
necessitano di prescrizione medica, in quanto sono destinati a curare
disturbi “facilmente riconoscibili e risolvibili senza ricorrere all'aiuto
di un medico”.
• Tra le vie di somministrazione “è esclusa la via di somministrazione
parenterale e tutte quelle che richiedono l'intervento di un
sanitario”.
• Le indicazioni all'automedicazione trovano la loro
maggiore utilizzazione all'interno dell’assistenza
domiciliare, delle RSA e in generale in tutte quelle
strutture non ospedalizzate. Per altro la pratica
dell’autosomministrazione risulta spesso all'interno di un
più vasto piano di cura.
• Questo non significa che l'infermiere in queste strutture
può completamente delegare l'atto al paziente; significa
invece che è suo compito assistere il paziente nell'atto,
mantenendo il controllo e la responsabilità sull'atto
stesso, che rimane un atto squisitamente professionale.
6. Attribuzione di attività
all’operatore socio-sanitario
• L’operatore socio sanitario, nasce come operatore di supporto
all’assistenza sanitaria e sociale più che come operatore dell’assistenza
infermieristica, ma il suo impiego negli anni futuri sarà
prevalentemente rivolto al supporto infermieristico. Da un punto di
vista generale la responsabilità dell’assistenza è dell’infermiere, il
DM 739/94 all’art. 1 cita. “.. l’infermiere è responsabile della
assistenza generale infermieristica ….. identifica i bisogni di
assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i
relativi obiettivi…..per l’espletamento delle funzioni l’infermiere si
avvale, ove necessario, dell’opera di personale di supporto….”. Per
quanto concerne l’argomento specifico di questa trattazione , cioè la
somministrazione della terapia, la normativa di riferimento
dell’OSS[1]
•
cita: “… aiuta per la corretta assunzione dei farmaci per os prescritti”, si
parla di assunzione e non di somministrazione. Per aiuto nella assunzione si
intende un’attività singola rivolta verso il paziente da effettuarsi quando egli
non è in grado di provvedervi da solo (es.: persona allettata), sulla base delle
indicazioni dell’infermiere. Per somministrazione in base a quanto sin qui
scritto si intende un atto complesso e continuativo, composto da più tappe
(regola delle 6G). In caso di errore (di dosaggio, di orario, di indicazione ecc.)
la responsabilità ricade interamente sull’infermiere, all’operatore rimane la
responsabilità dell’esecutore, limitata alla corretta esecuzione delle prestazione
nell’ambito delle istruzioni ricevute.
•
[1] Provvedimento della Conferenza Stato Regioni 22 febbraio 2001. Accordo tra il ministro della
Sanità, in ministro per la solidarietà sociale e le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, per
la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’operatore socio-sanitario e per
la definizione dell’ordinamento didattico dei corsi di formazione. Pubblicato nella Gazzetta ufficiale
del 19 aprile 2001, n. 91.
L’omissione di soccorso
• è prevista dall’art.593 del c.p.: “Chiunque,
trovando abbandonato o smarrito un minore di
anni dieci,o una persona incapace di provvedere a
se stessa ed omette di darne immediato avviso
all’autorità, è punito con la reclusione fino a tre
mesi o con una multa.La stessa pena è inflitta a
colui che, trovando un corpo umano che sia o
sembri inanimato,ferito o in pericolo, omette di
prestare l’assistenza occorrente o di darne
immediato avviso all’autorità”.
• L’omissione di soccorso si concretizza in:
• la mancata prestazione del soccorso, diretto o
indiretto;
• prestazione del soccorso insufficiente in rapporto
ai bisogni del pericolante e delle concrete
possibilità soccorritrici;
• il ritardo nel soccorso in rapporto alle effettive
possibilità di un intervento tempestivo.
Di quali reati risponderà quindi l’infermiere professionale che ometta il
soccorso d’urgenza
• Si distingue tra i seguenti casi:
• un infermiere che si imbatte in una persona in pericolo (es.incidente
stradale) risponderà, come ogni comune cittadino, di omissione di
soccorso;
• l’infermiere che opera nelle aziende del SSN che abbandona il reparto
o il malato, risponderà del reato di abbandono di persone incapaci;
• l’infermiere che sia “chiamato” a soccorrere proprio perché infermiere,
e non vi si rechi, non risponderà di alcun reato in quanto, per
commettere reato, bisogna “imbattersi” nella situazione di pericolo e
anche perché il codice precisa che spetta al soccorritore prestare
l’assistenza occorrente e dare immediato avviso alle autorità.
• Se però sussiste un particolare dovere di
assistenza(es.un infermiere del 118 in
servizio attivo) si cade nell’art.328 che
prevede l’omissione o il rifiuto di atti
d’ufficio(punito in modo più grave).
Il rifiuto di atti d’ufficio
• è un reato previsto dall’art.328 del c.p.: “il
pubblico ufficiale o l’incaricato di un
pubblico servizio, che indebitamente rifiuta
un atto del suo ufficio che, per ragioni di
giustizia o di sicurezza, o di ordine pubblico
o di igiene e sanità, deve essere compiuto
senza ritardo, è punito con la reclusione da
sei mesi a due anni”.
• Il reato consiste nell’indebito rifiuto di un atto
urgente che deve essere compiuto per ragioni di
sanità. Il “rifiuto” a differenza dell’omissione
presuppone sempre una richiesta. Commette
rifiuto d’atti d’ufficio, ad esempio, l’infermiere di
un reparto di degenza che si rifiuti, senza validi
motivi, di accompagnare un paziente in ambulanza
in un altro ospedale per eseguire esami diagnostici
urgenti o l’anestesista che in servizio nel turno di
guardia si rifiuti o ritardi la richiesta di intervento
e assistenza medica.
• Compie inoltre reato di rifiuto d’atti d’ufficio l’operatore
che è vincolato contrattualmente da un obbligo di
intervento come ad esempio la pronta disponibilità o
reperibilità, caratterizzata dall’obbligo dell’operatore di
raggiungere il suo posto di lavoro nel più breve tempo
possibile.Se rifiuta, benché chiamato, dovrà rispondere di
rifiuto d’atti d’ufficio, indipendentemente dal danno
eventualmente provocato al paziente. Laddove il mancato
intervento ne causi una lesione o la morte l’operatore
risponderà anche dei reati di lesioni personali o di omicidio
colposo.
• L'infermiere (...) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale
infermieristico [e]
• garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnosticoterapeutiche (art. 1, 3° co., lett. c) e d), d.m. 14.9.1994, n. 739).
• Se si prosegue nella lettura della norma, si incontra poi la seguente
prescrizione:
• L'infermiere (...) per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove
necessario dell'opera del personale di supporto (art. 1, 3° co., lett. f),
d.m. 14.9.1994, n. 739.
• Ebbene, a nostro giudizio, il combinato disposto di queste prescrizioni,
costituisce la fonte del dovere di controllo dell'infermiere sull'operato
del personale di supporto.
Infermiere e trasfusione
Esecuzione dell’emotrasfusione:
IV sentenza n 7601 del 15/7/1991 (c.c del
16/11/1990)
Corte di cassazione IV sez penale sentenza
171/1982
Il medico e l’infermiere a giudizio atti del I convegno nazionale
sulle responsabilità condivise medico-infermiere, Siena 10-11
aprile 1997. Lauri ed Milano 1998.
Infermiere e infermiere (studente)
•Art 2048 c.c
•Sentenza tribunale di Firenze n 713 del 23 marzo 1981
Corte di cassazione sentenza n 1318 del 16 luglio 1997
Infermiere nell’assistenza domiciliare
•
Normativa DPR 28 luglio 2000 n 270 “regolamento di
esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale”
art 32: stabilisce che il medico di medicina generale è tenuto all’assistenza
“programmata al domicilio dell’assistito, anche in forma integrata
con l’assistenza specialistica, infermieristica e riabilitativa”
Art 39: suddivide l’assistenza domiciliare programmata in 3 tipologie:
a)
Assistenza domiciliare integrata (ADI)
b)
Assistenza domiciliare programmata nei confronti dei pz non
ambulatoriali (ADP)
c)
Assistenza domiciliare nei confronti di pz ospiti in residenze protette
e collettività (ADR)
Infermiere nell’assistenza domiciliare
La recente definizione dei livelli di assistenza (LEA)* non aiuta
infatti nella definizione delle competenze visto che all’interno
dell’assistenza programmata a domicilio nella quale rientra
l’assistenza infermieristico distrettuale le fonti di riferimento per le
attività dei medici di medicina generale sono contenute all’interno
dell’accordo collettivo di lavoro, mentre “non si rinviene una
specifica fonte per l’assistenza infermieristica distrettuale”
*Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre
2001: “definizione dei livelli essenziali di assistenza.
Risk management : danno professionale
Responsabilità
1. Assistenziale
2. Relativa alle funzioni organizzative
Ascoltare e Comunicare …
molte volte la disponibilità di
tempo e l’attitudine all’ascolto ed
alla comunicazione partecipative
dell’operatore sanitario hanno
giocato un ruolo determinante
nell’evitare una denuncia.
Sicuramente la Società ci chiede di dare informazioni
precise ed esaurienti
Esempio di chiarezza e di obbedienza
alla legge che impone ai commercianti
di dichiarare la provenienza dei prodotti
Scene di vita a Napoli
Si affitta l’abitazione
del terzo piano,
la signora del secondo
la fa vedere a tutti
DOMANI
APERTO
(forse)
(forse)
Inserzione in una strada di Napoli
Comunicazione equivoca
Comunicazione incerta
Cartello esposto su una saracinesca a Napoli
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