Marco Micheli
Evoluzione superficiale
delle comete
e
nuclei cometari inattivi
Seminario di “Sistemi Planetari I + II”
I nuclei cometari
I nuclei cometari sono oggetti prevalentemente solidi con dimensioni
generalmente comprese tra 1 km e 10 km.
Le caratteristiche principali di un oggetto cometario sono:
Emissione di materiali volatili
Fasi di inattività e attivazione in vicinanza del Sole
Nucleo della cometa 1P/Halley
[Giotto/ESA/HMC/MPAe]
Queste caratteristiche sono ben spiegate, in prima approssimazione, da un
modello di nuclei con una grande percentuale di ghiacci.
La sublimazione di questi ghiacci è responsabile del rilascio di materiale che
forma le strutture estese tipiche delle comete (chioma e code).
L’attivazione a breve distanza dal Sole è collegata all’aumento di
temperatura che innesca la sublimazione stessa.
1
Fenomeni di estinzione
Un nucleo cometario è un oggetto transiente, destinato a perdere le sue
caratteristiche in tempi scala di qualche migliaio di anni.
I possibili processi responsabili dell’eliminazione di una cometa sono:
Disintegrazione del nucleo
Perdita di tutti i componenti volatili
Formazione di una crosta non volatile in superficie
Per verificare queste ipotesi di evoluzione si devono cercare prove
dell’esistenza degli stati finali di questi processi, cioe:
Sciami meteorici
Asteroidi con caratteristiche cometarie
2
orbitali
fisiche
Nel seguito verranno introdotte le prime due ipotesi, ed approfondita la terza.
Disintegrazione del nucleo
La frammentazione di un nucleo cometario in prossimità del perielio è un
evento non particolarmente raro. Tra le cause di frammentazione troviamo [11]:
Effetto mareale del Sole (del tipo “limite di Roche”)
Cedimento da pressione causata dall’evaporazione di sacche di gas
Il risultato può essere qualitativamente molto vario. Ad esempio:
Formazione di frammenti macroscopici
Comete “multiple”
Totale disintegrazione del nucleo
Scomparsa dell’oggetto
Sono ormai noti molti esempi di entrambi i fenomeni.
Es)
3
C/2005 A1 (LINEAR)
C/1999 S4 (LINEAR)
[Osservatorio Astronomico “Serafino Zani”]
[HST/STScI]
Sciami meteorici associati
La disintegrazione di un nucleo cometario potrebbe portare alla formazione di
uno sciame di frammenti coorbitali con l’oggetto progenitore. Se la sua orbita
interseca quella terrestre ciò potrebbe originare un outburst meteorico.
Es) La cometa 3D/Biela venne osservata frammentarsi nel 1846 e nel 1852. Da allora
non venne più ritrovata, ma al suo posto si presentò un intenso sciame meteorico,
associato alla stessa orbita.
Uno sciame meteorico si può generare anche da un oggetto non disintegrato,
grazie all’espulsione di polveri durante l’usuale attività emissiva di una
cometa. Tale progenitore potrebbe poi evolvere verso uno stato inattivo: quindi
un eventuale oggetto asteroidale con uno sciame meteorico associato
potrebbe indicare la sua natura di cometa estinta.
Es) L’asteroide (3200) Phaeton è responsabile dello sciame meteorico delle Geminidi.
Es) Lo sciame meteorico delle Quadrantidi, uno dei più intensi dell’anno, è stato
probabilmente originato da un piccolo oggetto oggi inattivo, noto come 2003 EH1.
L’integrazione numerica delle due orbite [6] porta ad ipotizzare che l’emissione di
materiale dall’oggetto sia avvenuta circa 500 anni fa.
4
Asteroidi con orbite cometarie
L’analisi delle orbite degli asteroidi noti rivela l’esistenza di alcuni oggetti con
orbite tipicamente cometarie. Potrebbero essere nuclei cometari inattivi.
La distinzione è effettuata per mezzo dell’invariante di Tisserand [3].
Un asteroide tipico ha T>3, mentre una tipica cometa di medio o lungo
periodo ha T<2. Esistono oggetti all’apparenza asteroidali con T<2.
Es) L’asteroide (5335) Damocles ha T=1.145
Esistono anche moltissimi corpi asteroidali con orbite tipiche delle comete della
famiglia di Giove (2<T<3).
Alcuni NEOs (circa il 10%) si sono probabilmente originati come comete di
questo tipo.
Es) L’asteroide NEO (3552) Don Quixote ha T=2.314. Da simulazioni al calcolatore [12]
risulta che con altissima probabilità questo corpo ha avuto origine come cometa della
famiglia di Giove.
5
Comete come progenitori di NEOs
Per molti anni si è creduto che le comete estinte fossero i progenitori di gran
parte dei Near Earth Objects. Oggi si è convinti che questo canale di
rifornimento giustifichi non più del 10% di questa popolazione.
Le evidenze di questo fatto vanno ricercate comparando le distribuzioni di
comete e NEOs secondo caratteristiche fisiche:
Classe spettrale
Albedo
E’ noto che i nuclei cometari hanno albedo molto bassi e classi spettrali “scure”
(simili alle classi C e D degli asteroidi).
Un’analisi delle classi spettrali di un campione significativo di NEOs [4] rivela
che solo una quantità modesta di essi appartiene alle classi spettrali cometarie.
Un’analisi degli albedo [12] rivela indicazioni simili. Se però essa viene
eseguita solo sui NEOs con T<3 si ottiene che circa il 90% di questi ha albedo
bassi, compatibili con le caratteristiche cometarie.
6
Riattivazione di nuclei cometari
La metodologia più ovvia per identificare nuclei cometari inattivi è ovviamente
osservarne una loro occasionale riattivazione.
Il fenomeno è stato osservato in alcuni oggetti, che hanno ora ricevuto una
classificazione mista. Può essere dovuto a:
Spostamento dell’oggetto su un’orbita più interna
Esposizione di materiale fresco per impatti o fratture nella crosta
Non tutti i casi di attività sporadica sono però prove convincenti di un oggetto
cometario: esistono anche oggetti ora classificati come comete, ma con
caratteristiche orbitali tipicamente asteroidali. E’ possibile che si tratti di normali
asteroidi, la cui attività emissiva è dovuta ad eventi collisionali.
Es) L’oggetto 133P/Elst-Pizarro è su un’orbita
tipica di un asteroide di fascia principale,
compatibile con la famiglia di Themis. Nel 1996
ha mostrato brevemente una lunga coda,
probabilmente attribuibile ad una collisione.
7
[Spacewatch/J.V. Scotti]
Osservazione in situ dei nuclei
Negli ultimi anni sono state raccolte grandi quantità di informazioni sui nuclei
cometari, grazie soprattutto ad alcune missioni spaziali che hanno transitato
all’interno della chioma di alcune comete.
Si sono osservate alcune caratteristiche comuni ai
vari nuclei cometari:
Come ipotizzato in precedenza i nuclei hanno
dimensioni piuttosto piccole (d = 1 ÷ 10 km).
La superficie è prevalentemente coperta da
materiale poco riflettente (A = 0.02 ÷ 0.06).
Le zone emissive coprono una frazione esigua
della superficie (a volte anche meno dell’1%).
Nucleo della cometa 81P/Wild
[Stardust/JPL/Nasa]
Si può dedurre da queste osservazioni che un eventuale nucleo cometario
estinto dovrebbe essere un oggetto di dimensioni non piccole, con albedo
basso e spettro compatibile con le classi spettrali più scure (C, D, …).
8
Spettri di nuclei cometari
Lo spettro di un nucleo cometario può essere ottenuto solo quando questo è
a notevole distanza dal Sole. Le dimensioni estremamente piccole di questi
oggetti li rendono difficilmente osservabili a queste distanze.
Es) Un oggetto di qualche chilometro con albedo di circa 0.04, posto a circa 5 ua,
raggiungerebbe una magnitudine visuale inferiore alla 23.
Le modalità per ottenere tali spettri sono sostanzialmente le seguenti:
Osservazione in situ del nucleo cometario: le missioni spaziali hanno
permesso di ottenere direttamente una piccola quantità di spettri
(restringendosi alle regioni non attive).
Osservazione del nucleo prima della sua attivazione (attorno all’afelio): i
grandi telescopi attualmente disponibili consentono la realizzazione di spettri
dei nuclei più grandi.
Osservazione di nuclei di oggetti con attività occasionale, nei periodi senza
attività emissiva.
9
Spettri di nuclei cometari
Dalle osservazioni disponibili si
ricavano spettri senza particolari
strutture, che spaziano dal “grigio”
(spettri quasi piatti, tipo C) al
“rosso” (spettri tipo D) [12].
Es) Spettro [1]
OG108 nello stato
Questo oggetto si è
dopo, ed è stato
cometa.
dell’oggetto 2001
di nucleo inattivo.
attivato alcuni mesi
riclassificato come
La determinazione del tipo spettrale dei candidati a cometa estinta è quasi
sempre coerente con questo schema.
Es) Gli asteroidi (2060) Chiron e (3200) Phaeton hanno spettri assimilabili ad un tipo D.
(2060) Chiron è un centauro che ha mostrato attività cometaria [9], mentre (3200)
Phaeton è il NEO progenitore delle Geminidi.
10
[1]
Formazione della crosta non volatile
Il meccanismo di formazione della crosta non volatile in superficie è tuttora
poco chiaro. Sono stati proposti [12] due meccanismi:
Durante la sua permanenza nelle regioni esterne il nucleo cometario
verrebbe irradiato con raggi cosmici galattici o protoni solari, che potrebbero
liberare i composti volatili più superficiali, e trasformare molecole organiche in
forme meno riflettenti
Durante la fase attiva potrebbero venire espulsi grani non volatili, con
velocità inferiori alla velocità di fuga, che ricadrebbero sulla superficie
formando strati isolanti
Si è osservato [12] che alcune comete dinamicamente antiche hanno regioni
attive inferiori allo 0.1% del totale. Ciò è coerente con un progressivo aumento
della regione coperta dalla crosta, destinato a rendere l’oggetto totalmente
inattivo.
Es) La cometa 49P/Arend-Rigaux orbita in una configurazione risonante, che ne
prolunga la vita dinamica nella regione di attività. Ha una frazione di superficie attiva
stimata [12] nello 0.08%.
11
Confronto con i KBOs
Per verificare la possibilità che la crosta dei nuclei cometari sia originata nel
Sistema Solare esterno è possibile confrontare la superficie dei nuclei con
quella degli oggetti della Fascia di Kuiper, che ne sono i probabili progenitori.
Per fare ciò è possibile confrontare la riflettività dei diversi oggetti. Un
parametro utile è il gradiente di riflettività normalizzato S’, definito [7] come
dS / d 
S'
S
dove S è la riflettività e S’
S è la sua media sul range spettrale considerato (in
genere nel visibile). E’ espresso usualmente in percentuale su 100 nm.
Spesso tale valore viene stimato per via fotometrica misurando la
magnitudine dell’oggetto in due bande (generalmente V ed R) e utilizzando la
relazione
 2  S '  
mV  mR  mV  mR S  2.5 log 

2

S
'




Nel fare ciò si presuppone che lo spettro sia lineare nel range considerato. Ciò
è generalmente vero per tutto il visibile.
12
Confronto con i KBOs
Uno studio [8] su 28 KBOs, 12 nuclei
cometari e 23 presunte comete estinte
presenta i seguenti valori:
KBOs:
Nuclei:
Comete estinte:
23±2
8±3
7±2
Le due distribuzioni ricavate dal
campione suddetto sono rappresentate
a lato: un test di Kolmogorov-Smirnov
rivela che esse possono derivare da
distribuzioni
identiche
con
una
probabilità di 2×10-4.
E’ evidente che i KBOs sono superficialmente diversi dalle comete, mentre le
comete estinte sono compatibili con caratteristiche cometarie.
13
[8]
Tempi scala delle comete
Calcoliamo ora l’andamento in funzione del raggio di alcuni dei tempi scala tipici
di un oggetto cometario:
Periodo orbitale: indipendente dal raggio (circa 10 yr)
Vita dinamica: indipendente dal raggio (circa 105 yr)
Periodo di rotazione del nucleo: approssimativamente indipendente dal
raggio (circa 1 h)
Tempo di devolatilizzazione: scala con il raggio, infatti
M  R3
 dv   
R
M
S
Tempo di eccitazione di rotazioni su assi non principali: scala con R2, perché
L
I
(M R 2 )  (  R3 ) R 2 
 ex    
 2

 R2
2
L M vout R R vout R
R vout R
Tempo di damping delle rotazioni anomale: non è facilmente stimabile, in
quanto dipende dalla struttura interna dell’oggetto. Dalla letteratura [3] si ricava
che varia con R-2
14
Tempi di devolatilizzazione
La caratteristica più interessante delle comete è la loro evoluzione rapida
rispetto alle scale tipiche del Sistema Solare.
Le scale temporali che determinano la vita di una cometa sono diverse, e
dipendono fortemente dalle dimensioni dell’oggetto considerato.
La
prima
scala
temporale
interessante è fornita dal tempo
medio di devolatilizzazione, cioè
dal tempo in cui un oggetto
cometario perderebbe tutti i suoi
componenti volatili.
Si vede dal grafico a lato [3] che
tale tempo è quasi sempre inferiore
alla vita orbitale di una media
cometa della Famiglia di Giove.
Ciò è coerente con l’esistenza di numerosi nuclei cometari inattivi.
15
[3]
Periodi di rotazione dei nuclei
La misura del periodo di rotazione dei nuclei cometari ci può fornire
interessanti indicazioni sullo strength tensile dei materiali che li compongono.
Il periodo di rotazione è conosciuto solo per pochi nuclei, ma si nota l’assenza
di rotatori veloci, anche tra gli oggetti di piccole dimensioni.
Nel grafico sono indicati i periodi di
rotazione di alcune comete note.
Si può vedere che tutti gli
riportati sono sopra alla
approssimata di fissione.
indicativo di uno strength
piuttosto basso.
oggetti
soglia
Ciò è
tensile
Es) La cometa D/1993 F2 (ShoemakerLevy 9) è stata distrutta con facilità
dall’effetto mareale di Giove.
Si ipotizza che i nuclei cometari siano aggregati di particelle poco coerenti.
16
[3]
Rotazioni anomale dei nuclei
E’ interessante anche esaminare gli assi di rotazione dei nuclei cometari.
E’ possibile ricercare un’eventuale rotazione eccitata, lungo assi diversi dagli
assi principali d’inerzia. Tale rotazione anomala può essere innescata
dall’emissione di materiale, e smorzata da processi dissipativi.
La scala temporale dell’eccitazione
di rotazioni anomale è molto breve
per oggetti piccoli, spesso anche
inferiore ad un periodo orbitale.
La scala di damping di tali rotazioni
è nettamente superiore, ed inizia a
competere con l’eccitazione solo
per nuclei di circa 100 km,
dimensioni superiori a quelle di ogni
oggetto noto.
Pertanto è ipotizzabile che i nuclei cometari siano in stati eccitati di rotazione [2].
17
[3]
Confronto con gli asteroidi
Alcuni dei fenomeni esposti per le comete avvengono anche per gli oggetti
asteroidali, ma su scale temporali molto più lente.
Può essere interessante confrontare alcune di queste analogie:
18
Formazione di crosta
Space Weathering
Dagli studi citati in precedenza [12] si
ricava che la crosta non volatile si
può formare in circa 103 yr.
Da simulazioni eseguite a Terra e
opportunamente riscalate [10] si pensa
che il fenomeno dello Space
Weathering di asteroidi avvenga in
circa 106 yr.
Emissione di materiale
Effetto Yarkovsky
Una stima dell’ordine di grandezza
dell’effetto può essere ottenuta
partendo dalle grandezze introdotte
in precedenza:
p dm vex vex
m
a


 10 7 2
M
dt M  dv
s
Per ottenere una stima (in eccesso)
supponiamo che tutto l’irraggiamento
dell’oggetto sia in una direzione:
F
W
 T 4 R2
14 m
a



10
M cM
c  R3
s2
Nuovi ambiti di ricerca
A partire dalla fine degli anni Novanta l’inaugurazione di grandi survey dedicate
alla scoperta di asteroidi e comete ha permesso la catalogazione di una
grande quantità di oggetti, e ne sono stati scoperti molti con caratteristiche
dinamiche apparentemente cometarie.
Molti di questi oggetti sono intrinsecamente deboli o lontani, ed è pertanto
difficile osservarne direttamente una attività emissiva. La conferma della loro
natura cometaria potrebbe avvenire per varie strade:
Individuazione di un aspetto lievemente “diffuso” con osservazioni visuali a
grande apertura
Ricerca di fenomeni di debole attività in occasione di particolari
configurazioni reciproche Sole-Terra-oggetto [5]
Necessità di introdurre effetti non gravitazionali per ricavare un’orbita
accurata per un oggetto [12]
19
Al momento solo la prima strategia ha prodotto risultati positivi. Le altre vie
sono state tentate solo su pochissimi oggetti, e non hanno condotto a risultati
univoci.
Bibliografia
[1] Abell P.A. et al., Icarus, 179, 174-194 (2005)
[2] Belton M.J.S. et al., Icarus, 175, 181-193 (2005)
[3] Bertotti B., Farinella P., Vokrouhlický D., Physics of the Solar System, (2003)
[4] Dandy C.L. et al., Proceedings of the Conference ACM 2002, 915-118 (2002)
[5] Hsieh H.H, Jewitt D.C., Astrophysical Journal, 624, 1093-1096 (2005)
[6] Jenniskens P., The Astronomical Journal, 127, 3018-3022 (2004)
[7] Jewitt D.C., The Astronomical Journal, 123, 1039-1049 (2002)
[8] Jewitt D.C., Proceedings of the Conference ACM 2002, 11-19 (2002)
[9] Luu J.X., Jewitt D.C., The Astronomical Journal, 100, 913-996 (1990)
[10]Marchi S., l’Astronomia, 269, 16-25 (2005)
[11] Richardson D.C. et al., Icarus, 134, 47-76 (1998)
[12]Weissman P.R. et al., Asteroids III, 669-686 (2002)
20
Scarica

SEMINARIO MICHELI - Dipartimento di Fisica