Smaltimento dei liquami
Insieme dei processi impiegati per raccogliere, trattare e
depurare le acque di scarico civili e industriali.
Il problema della depurazione
delle acque è emerso in
maniera evidente verso il 1970,
con la presa di coscienza dei
problemi legati all’inquinamento
ambientale e alla
contaminazione dei fiumi, dei
laghi, degli oceani e delle falde
acquifere con rifiuti domestici,
urbani, agricoli e industriali.
Per rifiuto liquido si intende un’acqua che, dopo essere stata utilizzata in
diversi processi e/o attività (industriali, civili, agricole, ecc.), ha perduto le
caratteristiche qualitative originarie, divenendo inidonea ad un utilizzo diretto.
Soluzioni per lo smaltimento dei liquami domestici vennero
elaborate fin dall'antichità. Tra le rovine delle civiltà cretese e
assira sono stati rinvenuti piccoli fossi entro cui venivano
convogliate le acque nere, mentre i canali di scolo delle acque
piovane costruiti dagli antichi romani funzionano ancora oggi
come condotti di drenaggio.
Tra le infrastrutture tecnologiche delle
città, la rete fognaria è certo la più
antica. Roma, già nel VI secolo a.C.,
disponeva di una vasta rete di
fognature costruite allo scopo di
drenare le zone paludose.
Lungo le vie cittadine, condotti di
dimensioni modeste raccoglievano le
acque e le scaricavano in un grande
collettore fognario, la cloaca maxima,
che sboccava nel Tevere.
Milano, in epoca imperiale, fu dotata di una rete di
fognature che faceva capo ad un canale emissario
che, oltrepassato il fossato di difesa delle mura,
proseguiva fino al fiume Lambro (significativamente
anche chiamato ”Lambro Merdario”).
Milano condotti fognari romano (1)
e medioevale (2)
Verso la fine del Medioevo, in Europa, si cominciarono a
costruire vasche di raccolta per i liquami domestici, una sorta di
prototipo dei futuri pozzi neri, che venivano fatte svuotare a
spese del committente. I liquami prelevati venivano utilizzati per
concimare i campi o scaricati nei fiumi o su terreni abbandonati.
Dagli "Statuti delle strade e delle acque del contado di Milano", del
1346 è possibile farsi un’idea piuttosto raccapricciante sulle condizioni
igieniche della vita cittadina. Molto spazio è dedicato dagli statuti al
problema dei pozzi neri. Il contenuto dei pozzi neri situati nelle
abitazioni non doveva essere vuotato né nelle strade, né nelle
chiaviche e neppure nei numerosi corsi d’acqua cittadini.
Una prescrizione vieta lo svuotamento dei pozzi neri, con relativo
trasporto del contenuto, nei mesi estivi. Il servizio di svuotamento era
svolto da appositi addetti, che svolgevano un servizio di pubblica
utilità traendone il vantaggio di utilizzare il liquame in campagna quale
concime.
Agli inizi del XIX secolo si comprese, tuttavia, che dal punto
di vista sanitario e della difesa della salute pubblica lo
scarico di escrementi umani in canali dilavati dalle acque
meteoriche sarebbe stata una misura più efficace di altre.
Fu così che tra il 1844 e il 1875
a Londra venne realizzato un
sistema di canali artificiali per
convogliare i liquami e le acque
piovane verso il tratto inferiore
del Tamigi.
A Milano, nel 1868, venne presentato un
progetto che affrontava nella sua
globalità la sistemazione delle fognature
della zona del centro storico.
I progettisti adottarono il così detto
sistema misto, nel quale si provvedeva
con un unico condotto alla raccolta delle
acque di rifiuto e di quelle piovane.
I condotti avevano una sezione moderna,
di tipo ovoidale, studiata in modo da
mantenere una buona velocità di efflusso
anche in periodi di magra e da evitare la
formazione di depositi sul fondo dei
canali.
Per il loro dimensionamento si fece
riferimento alle prime osservazioni
pluviometriche sistematiche raccolte
dall’Osservatorio di Brera.
Milano sezioni
ovoidali fine 1800
Più tardi, lo sviluppo di sistemi avanzati di erogazione delle
acque, ovvero di acquedotti e di impianti idraulici domestici,
consentì la progettazione e la realizzazione dei complessi
sistemi fognari che caratterizzano gran parte dei centri
urbani occidentali.
Agli inizi del XX secolo alcune amministrazioni riconobbero
che scaricare le acque di scolo direttamente nei corpi idrici
poteva causare danni alla salute dell'uomo e fu così che
vennero realizzati i primi impianti di depurazione.
Le acque reflue vengono raccolte e convogliate ai depuratori
mediante una rete di tubazioni e canalizzazioni. In alcuni
casi le acque di scarico urbane (acque nere) e l'acqua
piovana (acque bianche) vengono fatte scorrere dentro uno
stesso sistema di condotti, detti a canalizzazione unica,
particolarmente diffusi nei centri storici urbani.
In altri casi i due tipi di acque vengono raccolti in sistemi di
canalizzazione separati, in modo da consentire uno
smaltimento più efficiente dei liquami, in quanto, così
facendo, è possibile ridurre il carico di liquidi introdotto negli
impianti di depurazione ed evitare che i canali di trasporto,
non riuscendo a contenere i volumi di acque nere e bianche
che vi si riversano, tracimino inquinando le aree limitrofe.
Strade e cortili allegati dopo
un temporale a Prima Porta,
uno dei quartieri di Roma che
da anni attende la
realizzazione della nuova
condotta fognaria
La rete fognaria è costituita da un sistema di canalizzazioni. Le
tubature che collegano le abitazioni alla rete sono generalmente
in ghisa o in materiale plastico (PVC), misurano 8-10 cm di
diametro e convogliano i liquami verso condotti più larghi,
costruiti in laterizi, cemento o cemento armato, installati sotto la
linea mediana delle sedi stradali a una profondità di circa 2 m.
All'interno dei canali i liquami
scorrono per effetto della
forza di gravità perciò le
tubazioni devono avere
un'inclinazione tale da
consentire ai liquami di
scorrere a una velocità di
almeno 0,5 m/sec,
indispensabile a evitare che i
materiali solidi si
sedimentino e finiscano con
l'ostruire le condutture.
Le acque di scarico urbane e industriali contengono materiali
inquinanti in percentuali variabili a seconda della loro origine.
Le acque di scarico urbane, prodotte dai cittadini all'interno delle
abitazioni o degli impianti civili pubblici e ricreativi, contengono
detersivi, detergenti, escrementi e resti di cibo. In Italia ogni
cittadino produce in media ogni giorno circa 200 l di scarichi.
Le acque di scarico
industriali presentano
caratteristiche molto
differenti a seconda del
tipo di processo da cui
provengono e del tipo di
trattamento, ossia di
parziale depurazione, a
cui sono state sottoposte
prima di venire scaricate
nella sede fognaria.
Guerre Stellari: il mostro del liquame
Il grado di inquinamento delle acque di scarico viene misurato
in base a parametri fisici, chimici e biologici.
Tra i più utilizzati quelli relativi al tipo di materiali solidi
presenti nell'acqua e alla loro relativa concentrazione, il
consumo di ossigeno microbiologico (BOD), il consumo di
ossigeno per ossidazione chimica (COD) e il pH.
IL PRINCIPIO DEL TRATTAMENTO BIOLOGICO
Fin dall’antichità è nota la capacità di certi microrganismi di
trasformare sostanze organiche per ottenerne altre (ad es. la
vinificazione con la trasformazione degli zuccheri in alcoli o la
produzione dell’aceto con la trasformazione degli alcoli),
effettuando tali reazioni in presenza o in assenza di ossigeno.
Anche la depurazione biologica delle acque si serve di questi
principi e si basa sull’azione dei microrganismi già contenuti
nelle acque reflue, messi in condizioni opportune per
aumentare il loro numero e la loro efficienza. I microrganismi
devono trovarsi in condizioni idonee in termini di sostanze
nutrienti, che sono carbonio, azoto e fosforo contenuti nel
refluo di cui sono parte e, per quanto riguarda gli aerobi, deve
esserci un adeguato apporto di ossigeno. Inoltre sono
necessarie condizioni opportune di pH e di temperatura.
Fossa settica
La fossa settica è uno dei sistemi più usati nelle
aree rurali per trattare i liquami domestici. Le
fosse settiche sono grandi cisterne in cemento,
calcestruzzo o metallo, in cui i liquami vengono
scaricati e lasciati parzialmente sedimentare.
I materiali solidi contenuti nelle acque di scarico si depositano
sul fondo del pozzo, mentre quelli galleggianti salgono in
superficie. Passando attraverso un sifone i liquidi parzialmente
chiarificati si riversano in fosse sotterranee piene di pietrisco e
percolano, così, nel suolo, dove vengono ossidate
aerobicamente. I materiali galleggianti e quelli sedimentati
rimangono invece per periodi più o meno lunghi (da sei mesi a
parecchi anni) nella fossa, dove vengono decomposti
anaerobicamente.
Fosse Imhoff
Le Fosse Imhoff costituiscono
il primo esempio della tecnica
depurativa di impianti compatti
di tipo combinato; il brevetto di
Imhoff, creatore dell'arte della
depurazione delle acque di
scarico, risale al 1904.
Le Fosse Imhoff permettono di
effettuare due fasi di trattamento: la
sedimentazione e la digestione; si
compongono di due scomparti
sovrapposti in comunicazione tra
loro. Quello superiore, conformato a
tramoggia con fessure di fondo,
consente la sedimentazione delle
sostanze sospese contenute nel
liquame che lo attraversa
longitudinalmente, mentre lo
scomparto inferiore, conformato a
piramide rovesciata, è destinato
all'accumulo progressivo ed alla
conseguente digestione anaerobica
del fango che vi perviene attraverso
le fessure del vano soprastante.
Gli impianti di depurazione delle acque sono composti da una
serie più o meno complessa di unità di processo, riunite in tre
fasi dette trattamento primario, secondario e terziario; ogni
singolo processo rimuove uno o alcuni tipi di inquinanti.
La linea di pre-trattamento o trattamento primario,
processo di tipo fisico è costituito dalle seguenti operazioni:
Grigliatura. In questo processo avviene la rimozione dei
solidi grossolani con griglie metalliche opportunamente
distanziate.
Dissabbiatura. Qui la sabbia è separata in apposite
vasche di sedimentazione.
Preareazione, disoleatura. Infine il liquame viene
ossigenato impedendo l’instaurarsi di condizioni settiche
e si determina la risalita in superficie con l’asportazione
di buona parte degli oli e dei grassi.
Sedimentazione primaria. In essa viene eliminata la
parte più grossolana di inquinamento organico per
sedimentazione sul fondo delle vasche.
Il trattamento secondario, comprende:
Ossidazione biologica. Consiste nei processi di
ossidazione biologica della sostanza organica
biodegradabile sospesa e disciolta nelle acque di
scarico. Per questi processi sono utilizzati batteri
aerobi e vengono favoriti dall’insufflazione di O2 e dal
mantenimento di una temperatura ottimale (fanghi
attivi).
Sedimentazione finale. È la separazione tra fango e
acqua pulita.
Filtrazione a sabbia. L’acqua proveniente dalla
sedimentazione finale viene filtrata su filtri di sabbia
così da liberarsi da ulteriori particelle solide
eventualmente ancora presenti.
Il trattamento terziario viene effettuato quando, in
considerazione della composizione del corpo idrico recettore o
dell'eventuale riuso dell'effluente finale, si deve procedere alla
rimozione dei nutrienti e comprende:
Denitrificazione e defosfatazione. È un processo
per la rimozione dei Sali solubili di fosforo e di azoto
delle acque di scarico, effettuato per precipitazione
chimica.
Disinfezione. Consiste nell’aggiunta di opportuni
reagenti ad azione battericida in genere composti del
cloro (biossido di cloro, ipoclorito di sodio) od ozono.
Linea di trattamento dei fanghi. In essa viene eliminata
ulteriormente la materia organica:
Ispessimento. Consiste in una diminuzione di volume
dei fanghi.
Digestione. Si tratta di un processo che può essere
aerobio, ma nella maggior parte dei casi è anaerobio; infatti
il fango viene messo a contatto con microrganismi anaerobi
che trasformano la sostanza organica in H2O, CO2 , CH4 ,
H2S, cioè in una miscela gassosa che forma biogas.
Il biogas prodotto molto spesso viene utilizzato in loco per
mantenere la temperatura del digestore a 37°C, in modo da
facilitare la decomposizione operata dai microrganismi. Dalla
digestione si ottiene un fango che è separato dall’acqua,
ancora ricca di fosfati; quest’ultima è rimandata nella linea
dei liquami, mentre il fango viene disidratato e può essere
utilizzato in agricoltura.
Grigliatura
I liquami immessi
nell'impianto di
depurazione contengono
residui grossolani (detriti e
frammenti di materiali
inerti) che, se non rimossi,
potrebbero intasarne le
tubature e danneggiarne
le pompe.
Per evitare ciò, questi materiali
vengono rimossi mediante una serie di
griglie e barre e, quindi, prelevati
meccanicamente o manualmente e
inceneriti o stoccati in discarica.
Dissabbiatura e deoleatura
Alla fase di grigliatura segue
quella di dissabbiatura in cui
sabbie, polveri, scorie,
ghiaia e ceneri vengono
rimosse mediante
sedimentazione. Le sabbie
depositatesi vengono quindi
rimosse dall'impianto.
La deoleatura serve per eliminare pressoché totalmente i
corpi galleggianti, che vengono portati in superficie tramite
insufflazione d'aria nell'acqua, e le particelle oleose che
vengono raccolte in canalette di scarico.
Sedimentazione primaria
Dopo la disoleatura i liquami
fluiscono molto lentamente
in una vasca di quiete
idraulica, o sedimentatore, in
cui la materia organica e
inorganica più minuta viene
lasciata sedimentare sul
fondo. I fanghi biologici
depositati vengono rimossi.
Con il processo di sedimentazione è possibile rimuovere circa il
20-40% del BOD e circa il 40-60% dei materiali solidi in
sospensione.
Per accelerare il processo possono essere aggiunte ai liquami
sostanze chimiche (come il solfato di alluminio e il cloruro di
ferro) o poli-elettroliti in grado di destabilizzare le cariche
superficiali delle molecole delle particelle inquinanti e di
favorirne, così, l'aggregazione e la precipitazione.
Ossidazione biologica
Con il processo di
digestione è possibile
ridurre la concentrazione di
materia organica nei liquami
del 45-60%.
Le sostanze organiche
biodegradabili sospese e
disciolte nelle acque di scarico
vengono eliminate mediante
processi di ossidazione
biologica, operati da batteri
‘eterotrofi’, che si nutrono di
sostanze azotate e trasformano
l’azoto nitrico in gassoso che si
libera nell’atmosfera (processo
‘anaerobico’) o da i batteri
‘autotrofi’, che si nutrono di
azoto ammoniacale e
trasformano l’azoto in nitrato
(processo ‘aerobico’).
Fanghi attivi o attivati
L'ossidazione a fanghi attivi
avviene all'interno di una vasca
di aerazione nella quale
l'ossigeno viene fornito
mediante aeratori meccanici o
insufflazione d'aria. Ai liquami
vengono aggiunti fanghi
batterici attivi formati da milioni
di batteri degradatori che
assorbono la materia organica e
la trasformano in svariati
sottoprodotti. Il processo di
depurazione a fanghi attivi
consente di eliminare circa il 6085% del BOD5.
Letti percolatori
La degradazione
mediante filtri
percolatori consente di
eliminare circa l'85%
del BOD5 immesso
nell'impianto.
Sono costituiti da un letto
poroso formato da materiali
grossolani (sassi, carbone
fossile o materie plastiche)
rivestiti da un film di batteri
attivi. I liquami spruzzati sul
letto, percolando verso la
base, consentono ai batteri di
venire a contatto con la
materia organica inquinante e
di decomporla,
trasformandola in anidride
carbonica e acqua.
Lagune o vasche di
stabilizzazione
Con questo processo è
possibile eliminare il 7585% del BOD5.
Le lagune sono vasche di
grandi dimensioni utilizzate
soprattutto nelle aree rurali.
Spesso superano 1,5 m di
profondità e la loro superficie
misura parecchi acri.
Nei modelli più diffusi la
materia organica viene
decomposta sia in condizioni
aerobiche (prevalenti negli
strati più superficiali), sia in
condizioni anaerobiche
(prevalenti negli strati più
profondi, che normalmente non
vengono aerati).
Sedimentazione finale
L'acqua trattata
biologicamente viene fatta
affluire in grandi vasche non
agitate dove avviene la
sedimentazione finale.
Si ottiene la separazione tra
acqua e fango.
Una parte del fango attivo
torna all’ossidazione biologica
per il ripristino della massa
batterica, l’altra parte viene
inviata all’ispessimento (fango
di supero).
Filtrazione
L’acqua proveniente
dalla sedimentazione
finale viene filtrata su
filtri di sabbia così da
liberarsi da ulteriori
particelle solide
eventualmente
ancora presenti.
Trattamento terziario
Il trattamento terziario può essere seguito da un'ulteriore fase
di depurazione finalizzata a eliminare le sostanze inquinanti
refrattarie. Certi processi chimico-fisici consentono di ridurre
anche del 90% la presenza di materiali solidi in sospensione e
il BOD5 delle acque di scarico.
Disinfezione
Gli effluenti vengono a
volte sottoposti a
disinfezione con cloro o
mediante raggi UV o
ozonizzazione, processi
ritenuti più sicuri della
comune clorazione.
Trattamento dei fanghi
Ispessimento
Il fango viene immesso in
vasche dove
l’ispessimento si ottiene
per gravità. Il ’ fango di
supero ‘ con l’aggiunta di
aria e un flocculante
viene concentrato.
Digestione Anaerobica
Il fango viene trattato con un processo di stabilizzazione e si
ottiene la riduzione volumetrica e la produzione di biogas.
Disidratazione meccanica
Per rendere più facile e conveniente il trasporto il fango viene
ulteriormente disidratato con l'aggiunta di flocculante e poi
passato in centrifughe ottenendo un valore di secco finale del
25% circa.
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