DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA
P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005
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ELABORAZIONE DEL SEGNALE
La strategia di elaborazione dei segnali forniti dai rivelatori vari a seconda
dell’informazione che si vuole estrarre dai segnali. Le misure che consideremo
per prime sono MISURE DELL’ ENERGIA RILASCIATA. Come già è stato
fatto notare l’informazione di energia si ottiene dalla misura della carica
associata all’impulso di corrente del rivelatore. Quindi il passo fondamentale in
una misura d’energia è l’integrazione del segnale di corrente. La pura
integrazione, tuttavia, non è sufficiente, in quanto non rispetterebbe i vincoli
imposti dalla misura, come ora illustreremo.
t
integrazione
pura
t
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Dove avviene questo primo passo nell’elaborazione dei segnali forniti dai
rivelatori? Avviene solitamente a livello della combinazione rivelatorepreamplificatore.
a) integrazione eseguita direttamente sul rivelatore
Q i(t)
CD
circuito di
+
_
compensazione
di carica
Si può utilizzare questa connessione a patto che la capacità del rivelatore sia
affidabile in valore e costante, come nel caso di una camera a ionizzazione in
mezzi gassosi, liquidi o solidi. Nel caso di un rivelatore a giunzione è
utilizzabile solo nel caso in cui il rivelatore sia totalmente svuotato.
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b) integrazione eseguita sulla capacità di reazione di un preamplificatore di carica
circuito di
compensazione di
carica
CF
_
Q i(t)
CD
Questa connessione, la più comunemente usata, ha il vantaggio di rendere il
risultato dell’integrazione indipendente dalla capacità del rivelatore.
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Il preamplificatore è un elemento estremamente importante in un sistema di
elaborazione dell’informazione fornita da un rivelatore. Infatti, poiché il
preamplificatore agisce direttamente sul segnale del rivelatore, un suo
difetto progettuale solitamente influenza negativamente le prestazioni
dell’intero sistema di elaborazione.
I requisiti che vincolano il progetto di un preamplificatore variano in maniera
considerevole in dipendenza delle caratteristiche del rivelatore e della natura
della misura che si vuole eseguire.
Così ad esempio, misure di basse energie con un rivelatore che non possegga
un meccanismo di moltiplicazione di carica, come una camera a ionizzazione o
un rivelatore a semiconduttore, pone nel progetto del preamplificatore
stringenti requisiti di rumore.
Misure con elevate intensità di radiazione richiedono solitamente che il
preamplificatore sia progettato in modo da presentare un breve tempo di
salita, così da contribuire in maniera trascurabile alla durata dei segnali lungo
il sistema di elaborazione.
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Nella maggioranza dei casi il rivelatore è schematizzabile in prima
approssimazione con un generatore di corrente che eroga il segnale Qi(t) in
parallelo alla capacità Cd
Qi(t)
Cd
Q è la carica associata all’ impulso di corrente e i(t) si intende normalizzato ad
area unitaria.
La capacità Cd varia notevolmente da un tipo di rivelatore a un altro, da valori
minimi inferiori a 1 pF nel caso dell’elettrodo collettore di un rivelatore a pixel
a diverse migliaia di pF nel caso di rivelatori sottili di grande area sensibile o
di celle di un calorimetro.
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DIVERSE STRUTTURE DI PREAMPLIFICATORE
Cf
0
Qi(t)
C*d
Ci
Q/Cf
preamplificatore di
carica
E’ la struttura piu’ comunemente impiegata nelle applicazioni spettrometriche.
Il preamplificatore è un integratore operazionale. Il principale vantaggio del
preamplificatore di carica è quello di avere una rete di reazione puramente
capacitiva, i cui contributi di rumore termico si possono rendere trascurabili.
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Rf
QRfi(t)
C*d
Qi(t)
preamplificatore di corrente
Ci
E’ una configurazione operazionale a transimpedenza che si impiega quando si
voglia preservare la forma dell’impulso di corrente del rivelatore. Presenta
un contributo di rumore termico dovuto alla resistenza di reazione.
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0
0
Q/(Cd*+Ci)
(Q/(Cd*+Ci))(R1 + R2)/R1
Qi(t)
C*d
Ci
R1
R2
preamplificatore di tensione
Si impiega in misure spettrometriche nelle quali l’integrazione del segnale di
corrente si possa eseguire direttamente sul rivelatore, cioè quando la capacità
Cd è lineare, affidabile in valore e stabile.
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Riprendiamo ora la struttura più dettagliata del preamplificatore di carica, in cui
è evidenziato il circuito di ripristino di carica. Nella spettrometria a elevata
risoluzione questo circuito
rappresenta una parte molto importante del
preamplificatore, al punto che tuttora viene dedicato sforzo di ricerca per
ottimizzarne le prestazioni.
circuito di
ripristino di carica
Cf
en
Idet
Qd
gm/sC
C d*
in
Ci
o
Vp,n
formatore
Vo,n
T(jwtp)
In(w)/JwCf +En(w)(Cf+ Cd*+Ci)/Cf
Come primo passo occorre discutere la connessione fra rivelatore e preamplificatore.
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RF
CF
IL
IG
VB
_
T
I_L
A)
_ V
det
rivelatore
(giunzione P-N)
Ripristino di carica su CF continuo
di natura resistiva. Per ridurre
il contri buto di rumore termico
RF si sceglie molto grande, se
possibile 10 GOhm
CF
IG
Vdet
B)
_
Vdet
_
+
Vu
C
_
rivelatore (giunzione P-N)
Ripristino di carica su CF impulsato,
attuato dal transistore T.
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Qual è la funzione del circuito di ripristino della carica sul condensatore Cf ? Il
condensatore tende a caricarsi per la presenza di:
• corrente di fuga del rivelatore e corrente di gate del dispositivo de ingresso del
preamplificatore
• impulsi di corrente del rivelatore esposto alla radiazione
Senza il ripristino di carica la tensione ai capi di Cf continuerebbe ad aumentare fino a
far uscire il preamplificatore dalla regione lineare di funzionamento. Il circuito di
ripristino di carica è una parte critica e delicata in un preamplificatore destinato all’
impiego in sistemi di spettrometria a elevata risoluzione e negli anni ha costituito un
argomento di ricerca molto stimolante. Il suo progetto presenta difficoltà maggiori nel
caso della spettrometria X, dove le energie sono più basse e quindi il rumore più
importante.
Lo schema A) contiene un ripristino di carica di natura resistiva. Si tratta di un ripristino
continuo che presenta i seguenti limiti. Il resistore presenta rumore termico e per
ridurlo si ricorre a valori di resistenza molto alti, > 1 GW. Resistori di questo valore
introducono una capacità parassita verso massa non trascurabile. Se il ripristino
resistivo è talvolta accettato nella spettrometria gamma, è totalmente da escludere nel
caso di spettrometria X.Lo schema B) attua un ripristino di natura impulsata e impiega un
transistore per iniettare la corrente di compensazione quando il livello in uscita al
preamplificatore supera un valore prefissato.
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A rigor di termini neppure lo schema B) soddisfa i requisiti di risoluzione della
spettrometria X, in quanto impiega per il ripristino di carica un elemento
esterno, il transistore, che aggiunge capacità all’entrata del preamplificatore.
Per questa ragione lo sforzo di ricerca relativo al circuito di ripristino di carica
si è sempre indirizzato all’utilizzazione di meccanismi intrinseci al JFET di
entrata per attuare il ripristino.
E’ stata anche ideata una struttura speciale di transistore a effetto di campo,
detta pentafet, che contiene una zona P aggiuntiva rispetto a una ordinaria
struttura a doppio gate. Questa serve per il ripristino di carica di natura
pulsata.
N+
canale
S
P+
quinto elettrodo
P+
P+
N+ D
N
G
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Rivelatore accoppiato in alternata al preamplificatore. Per semplicità si è
rappresentato un ripristino di carica resistivo. Questo tipo di accoppiamento
non è adatto alla spettrometria a elevata risoluzione. Infatti la presenza di Cac
aumenta le capacità parassite verso massa.
RF
IL
RD
CF
Cac
IG
_
rivelatore (giunzione P-N)
-Vdet
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Un primo esempio significativo di impiego dei rivelatori, con risvolti in molti
settori applicativi è quello della spettrometria dispersiva in energia dei fotoni
X e gamma. Anni di ricerca e sviluppo sono stati dedicati all’ottenimento di
elevate risoluzioni energetiche, a ritmi di arrivo dei segnali dal rivelatore
sempre più elevati. La figura indica come si costruisce lo spettro in energia
rilasciata nel rivelatore dalla radiazione incidente.
circuito di
compensazion
e di carica
sistema di
spettrometria della
radiazione
CF
_
Q i(t)
CD
formatore
Costruzione
della funzione
densità di
probabilità
delle ampiezze
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Si può ora definire la risoluzione energetica di un sistema spettrometrico. La
risoluzione definisce l’attitudine del sistema a separare righe di energie vicine
fra loro. Si immagini di far cadere
sul rivelatore una radiazione
rigorosamente monoenergetica. Ci si aspetterebbe di ottenere una funzione
densità di probabilità prossima a una d. Ciò che si ottiene invece è una
gaussiana.
Densità di probabilità
caso ideale
Dn/DE
caso reale di distribuzione di E
ricostruita dalla distribuzione di
ampiezze nel sistema spettrometrico
FWHM: piena larghezza a
metà altezza
E1
E
o
energia E
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Molte cause contribuiscono a determinare la larghezza della linea spettrale
osservata. Sia s la deviazione standard della gaussiana. Intercorre la relazione:
FWHM = 2.355 s
s 2 ,. . . . sn le deviazioni standard dovute ai singoli
processi, che generalmente sono statisticamente indipendenti fra loro,
vale la relazione:
Indicate con s 1,
s2 = s1 2 + s2 2 + . . . . + sn 2
Passiamo ora in rassegna sistematicamente le cause di allargamento della linea
spettrale, distinguendo quelle intrinseche al rivelatore da quella legate
all’elettronica.
Contributi del rivelatore alla larghezza della linea spettrale.
La statistica di formazione delle coppie nel rivelatore è una causa importante
di allargamento. La statistica di creazione delle coppie di portatori nel processo
di ionizzazione presenta una deviazione standard inferiore a quella poissoniana.
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Si consideri il caso di energia rilasciata pari a E in un rivelatore a ionizzazione
in cui l’energia occorrente alla formazione di una coppia di portatori sia e. Il
numero medio di portatori creati è n = E/e. Se la statistica fosse poissoniana,
la varianza s2 sarebbe pari a n. Invece il processo di creazione di coppie per
ionizzazione presenta una varianza ridotta del fattore di Fano F:
s2 = F n
con F < 1,
cioè
s2 = F E/e
o, riferita all’ energia,
s2 = e F E
Il valore del fattore di Fano per Si è 0.1 e per il Ge iperpuro 0.08.
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Ulteriori cause di allargamento della linea spettrale dovuti al rivelatore sono:
• La cattura di portatori da parte di difetti nel materiale rivelatore.
I difetti agiscono da trappole che catturano i portatori. Il processo di cattura
è casuale, così come casuale è il tempo di permanenza nella trappola.
• La raccolta incompleta dei portatori legata alla presenza nel rivelatore di
zone di basso campo.
Può avvenire, per difetti costruttivi, che il rivelatore presenti una zona in cui il
campo elettrico è basso, insufficiente ad assicurare la raccolta di portatori
creati in tale zona.
• Rumore Il rivelatore contribuisce al rumore con il termine di rumore
granulare associato alla corrente inversa. Inoltre, l’analisi dei limiti di
risoluzione dei rivelatori al Si(Li) per applicazioni estremamente raffinate di
spettrometria X si sta facendo strada l‘ ipotesi che il rivelatore possa
contribuire al’allargamento della riga con un termine di rumore dielettrico.
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Contributi alla larghezza della linea spettrale provenienti dall’elettronica.
• Il rumore dl preamplificatore rappresenta un importante contributo alla
larghezza della linea spettrale. La relativa s è rappresentata da ENC in unità di
carica (elettroni rms) e da e ENC in unità di energia (eV).
Ulteriori cause di allargamento legate all’elettronica sono:
• errore balistico, che dà luogo a fluttuazioni nell’ampiezza del segnale in
uscita al formatore per segnali del rivelatore che, pur portando uguale carica
hanno diversa forma.
• fluttuazioni della linea di base dovute al sovrapporsi delle code negative
associate al segnale.
La fluttuazione legata all’errore balistico può venire eliminata con una
formatura trapezoidale di sommità piatta sufficientemente lunga, il che può
richiedere come effetto collaterale una riduzione nel ritmo di arrivo degli
eventi, cioè dell’intensità della sorgente.
La fluttuazione nella linea di base può venire contenuta con l’uso di un circuito di
ripristino della linea di base.
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Immaginando che la risoluzione in energia sia l’ obiettivo di importanza
primaria e che per raggiungerlo si sia disposti ad accettare di operare a
intensità di radiazione incidente sul rivelatore ridotta, rimangono come
termini ultimi a limitare la risoluzione la statistica di frmazione delle coppie
nel rivelatore e il rumore.
E’ interessante valutare quale dei due termini predomini.
In prima approssimazione si può dire che a energie relativamente basse,
dalla decina di keV fino a 100 keV, regione tipica della spettrometria X, la s
legata alla statistica di formazione delle coppie è generalmente trascurabile
rispetto al rumore. A energie superiori al MeV, tipiche della spettrometria
gamma, la statistica di formazione delle coppie può diventare il termine
dominante nel limitare la risoluzione.
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Questo schema mostra come sia possibile separare il contributo di larghezza di
linea spettrale dovuto al rumore da quello dovuto alla statistica di formazione
delle coppie nel rivelatore. Si esegue un primo accumulo di eventi nella linea
spettrale con la sorgente affacciata al rivelatore. Allontanata la sorgente si
inietta una carica nota a simulare il segnale del rivelatore. La larghezza di linea
ottenuta nel secondo caso è dovuta esclusivamente al rumore.
circuito di
compensazion
e di carica
CF
Cinj
_
Q i(t)
CD
formatore
Costruzione
della funzione
densità di
probabilità
delle ampiezze
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FWHM:
piena
larghezza
a
metà
altezza in
assenza di
sorgente
e con
segnale
artificiale
caso ideale
FWHM: piena
larghezza a
metà altezza in
presenza di
sorgente
E
o
E
Incidentalmente, questo metodo si presta alla valutazione sperimentale del
fattore di Fano, una volta che sia nota l’energia della radiazione incidente Eo
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Nella spettrometria gamma a elevata risoluzione si impiegano rivelatori al
germanio iperpuro.
Nella spettrometria X, in dipendenza dall’energia dei fotoni si impiegano
rivelatori a Si(Li) o rivelatori a germanio iperpuro.
In entrambi i casi il rivelatore è mantenuto a temperatura criogenica (77 K),
per cui le correnti di fuga e il rumore a esse associato si riducono a livelli
trascurabili.
Sempre nel caso di spettrometria X, dove l’impatto del rumore sulla
risoluzione è più forte e, in molti casi anche nella spettrometria gamma si
approfitta della presenza del liquido criogenico, solitamente Azoto, per
raffreddare anche lo stadio di ingresso del preamplificatore, che è la
sorgente di rumore dominante.
L’ elemento di ingresso universalmente impiegato per la spettrometria a
elevata risoluzione è il transistore a effetto di campo a giunzione. L’operazione
criogenica
potenzialmente avrebbe
effetti benefici sul rumore se il
dispositivo venisse tenuto a una temperatura meno bassa di quella dell’azoto
liquido.
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L’avvento dei rivelatori microstrip, che già all’ inizio degli
anni ‘80 venivano realizzati con elevata densità spaziale di
elettrodi, passo di 100 micron, aveva introdotto il
problema dello sviluppo di un’elettronica di lettura con una
densità di canali compatibile con quella del rivelatore.
canale di
lettura
P+
P+
P+
Fan-out
P+
P+
Il prezzo che si paga con questa soluzione è un
considerevole aumento di capacità all’ingresso del
preamplificatore dovuto al circuito di fan-out.
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L’estensione delle microstrip ha reso la soluzione dell’elettronica in tecnologia
a film non più percorribile, sia per l’aumentato numero di strip da leggere sia
per la necessità di introdurre una riduzione dei dati a livello di front-end che
alleviasse il problema dei cavi in uscita. Si è ricorsi allora a soluzioni integrate.
P+
PA
FORM FUNZ
P+
PA
FORM FUNZ
P+
PA
FORM FUNZ
P+
PA
FORM FUNZ
P+
PA
FORM FUNZ
Anno dopo anno queste soluzioni si sono avvalse del progresso
delle tecnologie monolitiche a elevata densità, quali tecnologie
CMOS, di tecnologie miste Bi-JFET-CMOS e dell’evoluzione
nel campo dei dispositivi nota come “device scaling”
Convergenza
delle
informazioni
dai canali
singoli
uscita
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+
_C
meccanismo di ripristino di carica
R
Vth
Cf
b
S
+C
_
ToT
Vth
T1
T2
clock
formatore
c
Cst
preamplificatore di carica
d
memoria
analogica
+_
A
D
Strutture alternative del la sezione di FE
definizione temporale dell’evento
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Cella elementare di elaborazione del segnale dal pixel
Ripristino di carica
Cf
Ni(t)
Le celle si realizzano su un
substrato de silicio, in modo
che ogni cella corrisponda
geometricamente al pixel a
cui la cella viene connessa
0V
P+
e
FORM
V+
Ileak
Cd
C
Ci
Vth<0
compensazione Ileak
+
flip-flop
memoria
locale di
stato
IMPORTANTE: l’area del pixel
fissa la massima superficie di
silicio disponibile per la cella.
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I circuiti monolitici di eleborazione dei segnali provenienti da microstrip e
pixel sono chip VLSI a elevata densità in cui coesistono una sezione analogica
la cui parte di ingresso tratta segnali a basso livello e una sezione numerica.
Nel caso delle microstrip i canali di elaborazione del segnale sono disposti sul
chip con una spaziatura identica al passo delle strip sul rivelatore.
Nel caso dei rivelatori a pixel il criterio di progetto normalmente adottato
consiste nel far sì che la cella elementare occupi sul chip di lettura un`area
uguale a quella del pixel, tipicamente 100micronx100micron.
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I SISTEMI DI LETTURA DI RIVELATORI MICROSTRIP E PIXEL VENGONO
DENOMINATI “MIXED SIGNAL”, PER IL FATTO CHE CONVIVONO SULLA STESSA
PLACCHETTA DI SILICIO UNA SEZIONE ANALOGICA E UNA LOGICA.
LA TECNOLOGIA UNIVERSALMENTE IMPIEGATA NELLA LORO REALIZZAZIONE E’
QUELLA CMOS, IN ALCUNI CASI COMPLETATA DA UN TRANSISTORE BIPOLARE (BiCMOS).
GIA’ DALLE PRIME REALIZZAZIONI DI SISTEMI DI LETTURA PER RIVELATORI A
FINE SEGMENTAZIONE QUALI LE MICROSTRIP DI DELPHI e ALEPH ERA RISULTATO
CHIARO CHE ERA IMPOSSIBILE RINUNCIARE ALLA VERSATILITA’ DI PROGETTO
OFFERTA DAI PROCESSI CMOS,
RIMANEVANO TUTTAVIA DELLE RISERVE SUI LORO LIMITI DI RUMORE. QUESTE
RISERVE AVEVANO DIRETTO L’ATTENZIONE VERSO TECNOLOGIE MISTE, IN GRADO
DI OFFRIRE OLTRE AL PROCESSO CMOS COMPONENTI QUALI I TRANSISTORI A
EFFETTO DI CAMPO A GIUNZIONE (JFET).
NEGLI ULTIMI ANNI IL PROGRESSO TECNOLOGICO NOTO COME “DEVICE SCALING”
HA CONTRIBUITO NOTEVOLMENTE A RENDERE I CMOS MOLTO PIU’ IDONEI AL
CASO SPECIFICO DEGLI IMPIEGHI PER IL TRACKING E IL RILIEVO DI IMMAGINI,
FACENDO ANCHE CADERE LE RISERVE SUI LIMITI DI RUMORE.
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IL “DEVICE SCALING” HA PORTATO A RIDURRE LA LUNGHEZZA DI CANALE DEI
DISPOSITIVI MOS AL LIMITE DELLO 0.1 MICRON. I VANTAGGI CHE NE RISULTANO
AI FINI DEL PROGETTO DELLA SEZIONE LOGICA IN TERMINI DI:
• DENSITA’ FUNZIONALE
• VELOCITA’ DI COMMUTAZIONE
SONO FACILMENTE INTUIBILI
CONTEMPORANEAMENTE LO SPESSORE DELL’OSSIDO DI GATE E’ SCESO A VALORI
DI POCHI NANOMETRI.
QUESTA RIDUZIONE, UNITA ALLA DIMINUITA
LUNGHEZZA DI CANALE HA CONDOTTO A:
• DIMINUZIONE DEL RUMORE 1/f
• MIGLIORAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DI RUMORE TERMICO DI CANALE A
CORRENTI DI LAVORO RELATIVAMENTE BASSE
COME CONSEGUENZA, SI E’ MOLTO AMPLIATO IL CAMPO APPLICATIVO IN CUI IL
MOS RISULTA UN VALIDO CONCORRENTE DEL JFET.
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DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA
RESISTENZA ALLA RADIAZIONE E “DEVICE SCALING”
SE A LUNGO SI ERA PENSATO CHE LA RESISTENZA ALLA RADIAZIONE
DELL’ELETTRONICA FOSSE UNA CARATTERISTICA DI INTERESSE LIMITATO AL
CASO DEGLI IMPIEGHI IN FISICA DELLE PARTICELLE, I PIU’ RECENTI SVILUPPI NEL
SETTORE DEL RILIEVO DI IMMAGINI, SOPRATTUTTO IN IMPIEGHI CON SORGENTI
DI LUCE DI SINCROTRONE HANNO RESO DI ATTUALITA’ IL PROBLEMA DELLA
RESISTENZA ALLA RADIAZIONE.
I VECCHI PROCESSI CMOS AVEVANO LIMITI BEN PRECISI DI RESISTENZA ALLA
RADIAZIONE, CON PARTICOLARE SENSIBILITA’ ALLA RADIZIONE IN GRADO DI
CAUSARE IONIZZAZIONE NEGLI OSSIDI DI GATE E DI CAMPO.
QUESTI LIMITI SI SONO MOLTO ATTENUATI CON IL “DEVICE SCALING”,
SOPRATTUTTO PER MERITO DELLA RIDUZIONE NELLO SPESSORE DELL’OSSIDO DI
GATE. I PROCESSI A LUNGHEZZA DI CANALE VICINA ALLO 0.1 MICRON VENGONO
ADDIRITTURA
CONSIDERATI
“INTRINSECAMENTE
RESISTENTI
ALLA
RADIAZIONE.
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DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA
P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005
36
DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO
vo
N+
P+
P+
P+
P+
P+
-
Cf
La camera a deriva usa un metodo originale di trasporto di
carica grazie al quale la capacità dell’elettrodo d’uscita risulta
svincolata dall’ area sensibile. L’influsso del rumore del frontend risulta notevolmente ridotto.
Traccia
della
particella
P+
deriva dei portatori
hhhh
P+
P+
P+
b
silicio
N-
+ - + +
- +P+
P+
X
IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004
37
DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO
Modello meccanico che illustra il principio di trasporto di carica nella camera a
deriva.
ANODO
IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004
38
DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO
vo
P+
P+
P+
P+
P+
Y
Traccia
della
particella
-
Cf
Cf
N+
-
vo
Cf
-
vo
Camera a deriva a anodo segmentato per il rilievo
della posizione in due dimensioni.
silicio
N-
P+
deriva dei portatori
hhhh
P+
P+
P+
+ - +++
P+
P+
X
IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004
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DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA
P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005
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DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO
ELABORAZIONE DEL SEGNALE PER LA DEFINIZIONE TEMPORALE DELL’
EVENTO.
Natura del problema. Si considerino due segnali contemporanei, di egual
forma e di ampiezza diversa che siano presentati a due comparatori di identico
valore di soglia. A causa della differente pendenza i due segnali raggiungono la
soglia ideale a istanti diversi, cosicchè quello più piccolo appare ritardato. Si
tratta chiaramente di un errore strumentale, che però all’osservatore fa
apparire non contemporanei due segnali che in realtà lo sono.
0
soglia
T
+
t1
Vs
soglia
2
0
comparatore 1
comparatore 2
+
T
t2
ELABORAZIONE DEI SEGNALI
-
ritardo t2 - t1
t1t2
PISA – Marzo 2004
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DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO
Il fenomeno è aggravato dal fatto che il ritardo di commutazione di un
comparatore erale dipende dalla pendenza del segnale di ingresso, per cui non
solamente il segnale più piccolo raggiunge la soglia ideale in ritardo rispetto al
segnale più grande, ma induce anche la commutazione con maggior ritardo.
Il tipo di temporizzazione ora descritto, detto a leading edge può essere
utilizzato solamente a patto che i segnali siano intrinsecamente molto rapidi,
tale che il loro tempo di salita sia inferiore alla dispersione del ritardo allo
scatto che si desidera ottenere.
Per eliminare questo errore di temporizzazione occorre creare nel
comparatore non una soglia fissa, bensì una soglia “adattiva”, proporzionale cioè
all’ampiezza dell’impulso. Questo richiede evidentemente l’introduzione di un
ritardo fisso, come illustrato in figura
Vo[ (t-trit)/T]
Segnale ritardato
ritardo
bVo
b<1
ELABORAZIONE DEI SEGNALI
confronto
+
-
Segnale attenuato
PISA – Marzo 2004
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