DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 1 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 2 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA ELABORAZIONE DEL SEGNALE La strategia di elaborazione dei segnali forniti dai rivelatori vari a seconda dell’informazione che si vuole estrarre dai segnali. Le misure che consideremo per prime sono MISURE DELL’ ENERGIA RILASCIATA. Come già è stato fatto notare l’informazione di energia si ottiene dalla misura della carica associata all’impulso di corrente del rivelatore. Quindi il passo fondamentale in una misura d’energia è l’integrazione del segnale di corrente. La pura integrazione, tuttavia, non è sufficiente, in quanto non rispetterebbe i vincoli imposti dalla misura, come ora illustreremo. t integrazione pura t P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 3 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Dove avviene questo primo passo nell’elaborazione dei segnali forniti dai rivelatori? Avviene solitamente a livello della combinazione rivelatorepreamplificatore. a) integrazione eseguita direttamente sul rivelatore Q i(t) CD circuito di + _ compensazione di carica Si può utilizzare questa connessione a patto che la capacità del rivelatore sia affidabile in valore e costante, come nel caso di una camera a ionizzazione in mezzi gassosi, liquidi o solidi. Nel caso di un rivelatore a giunzione è utilizzabile solo nel caso in cui il rivelatore sia totalmente svuotato. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 4 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA b) integrazione eseguita sulla capacità di reazione di un preamplificatore di carica circuito di compensazione di carica CF _ Q i(t) CD Questa connessione, la più comunemente usata, ha il vantaggio di rendere il risultato dell’integrazione indipendente dalla capacità del rivelatore. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 5 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 6 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Il preamplificatore è un elemento estremamente importante in un sistema di elaborazione dell’informazione fornita da un rivelatore. Infatti, poiché il preamplificatore agisce direttamente sul segnale del rivelatore, un suo difetto progettuale solitamente influenza negativamente le prestazioni dell’intero sistema di elaborazione. I requisiti che vincolano il progetto di un preamplificatore variano in maniera considerevole in dipendenza delle caratteristiche del rivelatore e della natura della misura che si vuole eseguire. Così ad esempio, misure di basse energie con un rivelatore che non possegga un meccanismo di moltiplicazione di carica, come una camera a ionizzazione o un rivelatore a semiconduttore, pone nel progetto del preamplificatore stringenti requisiti di rumore. Misure con elevate intensità di radiazione richiedono solitamente che il preamplificatore sia progettato in modo da presentare un breve tempo di salita, così da contribuire in maniera trascurabile alla durata dei segnali lungo il sistema di elaborazione. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 7 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Nella maggioranza dei casi il rivelatore è schematizzabile in prima approssimazione con un generatore di corrente che eroga il segnale Qi(t) in parallelo alla capacità Cd Qi(t) Cd Q è la carica associata all’ impulso di corrente e i(t) si intende normalizzato ad area unitaria. La capacità Cd varia notevolmente da un tipo di rivelatore a un altro, da valori minimi inferiori a 1 pF nel caso dell’elettrodo collettore di un rivelatore a pixel a diverse migliaia di pF nel caso di rivelatori sottili di grande area sensibile o di celle di un calorimetro. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 8 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA DIVERSE STRUTTURE DI PREAMPLIFICATORE Cf 0 Qi(t) C*d Ci Q/Cf preamplificatore di carica E’ la struttura piu’ comunemente impiegata nelle applicazioni spettrometriche. Il preamplificatore è un integratore operazionale. Il principale vantaggio del preamplificatore di carica è quello di avere una rete di reazione puramente capacitiva, i cui contributi di rumore termico si possono rendere trascurabili. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 9 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Rf QRfi(t) C*d Qi(t) preamplificatore di corrente Ci E’ una configurazione operazionale a transimpedenza che si impiega quando si voglia preservare la forma dell’impulso di corrente del rivelatore. Presenta un contributo di rumore termico dovuto alla resistenza di reazione. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 10 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA 0 0 Q/(Cd*+Ci) (Q/(Cd*+Ci))(R1 + R2)/R1 Qi(t) C*d Ci R1 R2 preamplificatore di tensione Si impiega in misure spettrometriche nelle quali l’integrazione del segnale di corrente si possa eseguire direttamente sul rivelatore, cioè quando la capacità Cd è lineare, affidabile in valore e stabile. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 11 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Riprendiamo ora la struttura più dettagliata del preamplificatore di carica, in cui è evidenziato il circuito di ripristino di carica. Nella spettrometria a elevata risoluzione questo circuito rappresenta una parte molto importante del preamplificatore, al punto che tuttora viene dedicato sforzo di ricerca per ottimizzarne le prestazioni. circuito di ripristino di carica Cf en Idet Qd gm/sC C d* in Ci o Vp,n formatore Vo,n T(jwtp) In(w)/JwCf +En(w)(Cf+ Cd*+Ci)/Cf Come primo passo occorre discutere la connessione fra rivelatore e preamplificatore. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 12 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA RF CF IL IG VB _ T I_L A) _ V det rivelatore (giunzione P-N) Ripristino di carica su CF continuo di natura resistiva. Per ridurre il contri buto di rumore termico RF si sceglie molto grande, se possibile 10 GOhm CF IG Vdet B) _ Vdet _ + Vu C _ rivelatore (giunzione P-N) Ripristino di carica su CF impulsato, attuato dal transistore T. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 13 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Qual è la funzione del circuito di ripristino della carica sul condensatore Cf ? Il condensatore tende a caricarsi per la presenza di: • corrente di fuga del rivelatore e corrente di gate del dispositivo de ingresso del preamplificatore • impulsi di corrente del rivelatore esposto alla radiazione Senza il ripristino di carica la tensione ai capi di Cf continuerebbe ad aumentare fino a far uscire il preamplificatore dalla regione lineare di funzionamento. Il circuito di ripristino di carica è una parte critica e delicata in un preamplificatore destinato all’ impiego in sistemi di spettrometria a elevata risoluzione e negli anni ha costituito un argomento di ricerca molto stimolante. Il suo progetto presenta difficoltà maggiori nel caso della spettrometria X, dove le energie sono più basse e quindi il rumore più importante. Lo schema A) contiene un ripristino di carica di natura resistiva. Si tratta di un ripristino continuo che presenta i seguenti limiti. Il resistore presenta rumore termico e per ridurlo si ricorre a valori di resistenza molto alti, > 1 GW. Resistori di questo valore introducono una capacità parassita verso massa non trascurabile. Se il ripristino resistivo è talvolta accettato nella spettrometria gamma, è totalmente da escludere nel caso di spettrometria X.Lo schema B) attua un ripristino di natura impulsata e impiega un transistore per iniettare la corrente di compensazione quando il livello in uscita al preamplificatore supera un valore prefissato. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 14 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA A rigor di termini neppure lo schema B) soddisfa i requisiti di risoluzione della spettrometria X, in quanto impiega per il ripristino di carica un elemento esterno, il transistore, che aggiunge capacità all’entrata del preamplificatore. Per questa ragione lo sforzo di ricerca relativo al circuito di ripristino di carica si è sempre indirizzato all’utilizzazione di meccanismi intrinseci al JFET di entrata per attuare il ripristino. E’ stata anche ideata una struttura speciale di transistore a effetto di campo, detta pentafet, che contiene una zona P aggiuntiva rispetto a una ordinaria struttura a doppio gate. Questa serve per il ripristino di carica di natura pulsata. N+ canale S P+ quinto elettrodo P+ P+ N+ D N G P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 15 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Rivelatore accoppiato in alternata al preamplificatore. Per semplicità si è rappresentato un ripristino di carica resistivo. Questo tipo di accoppiamento non è adatto alla spettrometria a elevata risoluzione. Infatti la presenza di Cac aumenta le capacità parassite verso massa. RF IL RD CF Cac IG _ rivelatore (giunzione P-N) -Vdet P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 16 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Un primo esempio significativo di impiego dei rivelatori, con risvolti in molti settori applicativi è quello della spettrometria dispersiva in energia dei fotoni X e gamma. Anni di ricerca e sviluppo sono stati dedicati all’ottenimento di elevate risoluzioni energetiche, a ritmi di arrivo dei segnali dal rivelatore sempre più elevati. La figura indica come si costruisce lo spettro in energia rilasciata nel rivelatore dalla radiazione incidente. circuito di compensazion e di carica sistema di spettrometria della radiazione CF _ Q i(t) CD formatore Costruzione della funzione densità di probabilità delle ampiezze 17 P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Si può ora definire la risoluzione energetica di un sistema spettrometrico. La risoluzione definisce l’attitudine del sistema a separare righe di energie vicine fra loro. Si immagini di far cadere sul rivelatore una radiazione rigorosamente monoenergetica. Ci si aspetterebbe di ottenere una funzione densità di probabilità prossima a una d. Ciò che si ottiene invece è una gaussiana. Densità di probabilità caso ideale Dn/DE caso reale di distribuzione di E ricostruita dalla distribuzione di ampiezze nel sistema spettrometrico FWHM: piena larghezza a metà altezza E1 E o energia E P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 18 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Molte cause contribuiscono a determinare la larghezza della linea spettrale osservata. Sia s la deviazione standard della gaussiana. Intercorre la relazione: FWHM = 2.355 s s 2 ,. . . . sn le deviazioni standard dovute ai singoli processi, che generalmente sono statisticamente indipendenti fra loro, vale la relazione: Indicate con s 1, s2 = s1 2 + s2 2 + . . . . + sn 2 Passiamo ora in rassegna sistematicamente le cause di allargamento della linea spettrale, distinguendo quelle intrinseche al rivelatore da quella legate all’elettronica. Contributi del rivelatore alla larghezza della linea spettrale. La statistica di formazione delle coppie nel rivelatore è una causa importante di allargamento. La statistica di creazione delle coppie di portatori nel processo di ionizzazione presenta una deviazione standard inferiore a quella poissoniana. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 19 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Si consideri il caso di energia rilasciata pari a E in un rivelatore a ionizzazione in cui l’energia occorrente alla formazione di una coppia di portatori sia e. Il numero medio di portatori creati è n = E/e. Se la statistica fosse poissoniana, la varianza s2 sarebbe pari a n. Invece il processo di creazione di coppie per ionizzazione presenta una varianza ridotta del fattore di Fano F: s2 = F n con F < 1, cioè s2 = F E/e o, riferita all’ energia, s2 = e F E Il valore del fattore di Fano per Si è 0.1 e per il Ge iperpuro 0.08. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 20 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Ulteriori cause di allargamento della linea spettrale dovuti al rivelatore sono: • La cattura di portatori da parte di difetti nel materiale rivelatore. I difetti agiscono da trappole che catturano i portatori. Il processo di cattura è casuale, così come casuale è il tempo di permanenza nella trappola. • La raccolta incompleta dei portatori legata alla presenza nel rivelatore di zone di basso campo. Può avvenire, per difetti costruttivi, che il rivelatore presenti una zona in cui il campo elettrico è basso, insufficiente ad assicurare la raccolta di portatori creati in tale zona. • Rumore Il rivelatore contribuisce al rumore con il termine di rumore granulare associato alla corrente inversa. Inoltre, l’analisi dei limiti di risoluzione dei rivelatori al Si(Li) per applicazioni estremamente raffinate di spettrometria X si sta facendo strada l‘ ipotesi che il rivelatore possa contribuire al’allargamento della riga con un termine di rumore dielettrico. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 21 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Contributi alla larghezza della linea spettrale provenienti dall’elettronica. • Il rumore dl preamplificatore rappresenta un importante contributo alla larghezza della linea spettrale. La relativa s è rappresentata da ENC in unità di carica (elettroni rms) e da e ENC in unità di energia (eV). Ulteriori cause di allargamento legate all’elettronica sono: • errore balistico, che dà luogo a fluttuazioni nell’ampiezza del segnale in uscita al formatore per segnali del rivelatore che, pur portando uguale carica hanno diversa forma. • fluttuazioni della linea di base dovute al sovrapporsi delle code negative associate al segnale. La fluttuazione legata all’errore balistico può venire eliminata con una formatura trapezoidale di sommità piatta sufficientemente lunga, il che può richiedere come effetto collaterale una riduzione nel ritmo di arrivo degli eventi, cioè dell’intensità della sorgente. La fluttuazione nella linea di base può venire contenuta con l’uso di un circuito di ripristino della linea di base. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 22 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Immaginando che la risoluzione in energia sia l’ obiettivo di importanza primaria e che per raggiungerlo si sia disposti ad accettare di operare a intensità di radiazione incidente sul rivelatore ridotta, rimangono come termini ultimi a limitare la risoluzione la statistica di frmazione delle coppie nel rivelatore e il rumore. E’ interessante valutare quale dei due termini predomini. In prima approssimazione si può dire che a energie relativamente basse, dalla decina di keV fino a 100 keV, regione tipica della spettrometria X, la s legata alla statistica di formazione delle coppie è generalmente trascurabile rispetto al rumore. A energie superiori al MeV, tipiche della spettrometria gamma, la statistica di formazione delle coppie può diventare il termine dominante nel limitare la risoluzione. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 23 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Questo schema mostra come sia possibile separare il contributo di larghezza di linea spettrale dovuto al rumore da quello dovuto alla statistica di formazione delle coppie nel rivelatore. Si esegue un primo accumulo di eventi nella linea spettrale con la sorgente affacciata al rivelatore. Allontanata la sorgente si inietta una carica nota a simulare il segnale del rivelatore. La larghezza di linea ottenuta nel secondo caso è dovuta esclusivamente al rumore. circuito di compensazion e di carica CF Cinj _ Q i(t) CD formatore Costruzione della funzione densità di probabilità delle ampiezze P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-200524 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA FWHM: piena larghezza a metà altezza in assenza di sorgente e con segnale artificiale caso ideale FWHM: piena larghezza a metà altezza in presenza di sorgente E o E Incidentalmente, questo metodo si presta alla valutazione sperimentale del fattore di Fano, una volta che sia nota l’energia della radiazione incidente Eo P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 25 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Nella spettrometria gamma a elevata risoluzione si impiegano rivelatori al germanio iperpuro. Nella spettrometria X, in dipendenza dall’energia dei fotoni si impiegano rivelatori a Si(Li) o rivelatori a germanio iperpuro. In entrambi i casi il rivelatore è mantenuto a temperatura criogenica (77 K), per cui le correnti di fuga e il rumore a esse associato si riducono a livelli trascurabili. Sempre nel caso di spettrometria X, dove l’impatto del rumore sulla risoluzione è più forte e, in molti casi anche nella spettrometria gamma si approfitta della presenza del liquido criogenico, solitamente Azoto, per raffreddare anche lo stadio di ingresso del preamplificatore, che è la sorgente di rumore dominante. L’ elemento di ingresso universalmente impiegato per la spettrometria a elevata risoluzione è il transistore a effetto di campo a giunzione. L’operazione criogenica potenzialmente avrebbe effetti benefici sul rumore se il dispositivo venisse tenuto a una temperatura meno bassa di quella dell’azoto liquido. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-200526 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 27 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA L’avvento dei rivelatori microstrip, che già all’ inizio degli anni ‘80 venivano realizzati con elevata densità spaziale di elettrodi, passo di 100 micron, aveva introdotto il problema dello sviluppo di un’elettronica di lettura con una densità di canali compatibile con quella del rivelatore. canale di lettura P+ P+ P+ Fan-out P+ P+ Il prezzo che si paga con questa soluzione è un considerevole aumento di capacità all’ingresso del preamplificatore dovuto al circuito di fan-out. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 28 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA L’estensione delle microstrip ha reso la soluzione dell’elettronica in tecnologia a film non più percorribile, sia per l’aumentato numero di strip da leggere sia per la necessità di introdurre una riduzione dei dati a livello di front-end che alleviasse il problema dei cavi in uscita. Si è ricorsi allora a soluzioni integrate. P+ PA FORM FUNZ P+ PA FORM FUNZ P+ PA FORM FUNZ P+ PA FORM FUNZ P+ PA FORM FUNZ Anno dopo anno queste soluzioni si sono avvalse del progresso delle tecnologie monolitiche a elevata densità, quali tecnologie CMOS, di tecnologie miste Bi-JFET-CMOS e dell’evoluzione nel campo dei dispositivi nota come “device scaling” Convergenza delle informazioni dai canali singoli uscita P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 29 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA + _C meccanismo di ripristino di carica R Vth Cf b S +C _ ToT Vth T1 T2 clock formatore c Cst preamplificatore di carica d memoria analogica +_ A D Strutture alternative del la sezione di FE definizione temporale dell’evento P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 30 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA Cella elementare di elaborazione del segnale dal pixel Ripristino di carica Cf Ni(t) Le celle si realizzano su un substrato de silicio, in modo che ogni cella corrisponda geometricamente al pixel a cui la cella viene connessa 0V P+ e FORM V+ Ileak Cd C Ci Vth<0 compensazione Ileak + flip-flop memoria locale di stato IMPORTANTE: l’area del pixel fissa la massima superficie di silicio disponibile per la cella. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 31 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA I circuiti monolitici di eleborazione dei segnali provenienti da microstrip e pixel sono chip VLSI a elevata densità in cui coesistono una sezione analogica la cui parte di ingresso tratta segnali a basso livello e una sezione numerica. Nel caso delle microstrip i canali di elaborazione del segnale sono disposti sul chip con una spaziatura identica al passo delle strip sul rivelatore. Nel caso dei rivelatori a pixel il criterio di progetto normalmente adottato consiste nel far sì che la cella elementare occupi sul chip di lettura un`area uguale a quella del pixel, tipicamente 100micronx100micron. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 32 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA I SISTEMI DI LETTURA DI RIVELATORI MICROSTRIP E PIXEL VENGONO DENOMINATI “MIXED SIGNAL”, PER IL FATTO CHE CONVIVONO SULLA STESSA PLACCHETTA DI SILICIO UNA SEZIONE ANALOGICA E UNA LOGICA. LA TECNOLOGIA UNIVERSALMENTE IMPIEGATA NELLA LORO REALIZZAZIONE E’ QUELLA CMOS, IN ALCUNI CASI COMPLETATA DA UN TRANSISTORE BIPOLARE (BiCMOS). GIA’ DALLE PRIME REALIZZAZIONI DI SISTEMI DI LETTURA PER RIVELATORI A FINE SEGMENTAZIONE QUALI LE MICROSTRIP DI DELPHI e ALEPH ERA RISULTATO CHIARO CHE ERA IMPOSSIBILE RINUNCIARE ALLA VERSATILITA’ DI PROGETTO OFFERTA DAI PROCESSI CMOS, RIMANEVANO TUTTAVIA DELLE RISERVE SUI LORO LIMITI DI RUMORE. QUESTE RISERVE AVEVANO DIRETTO L’ATTENZIONE VERSO TECNOLOGIE MISTE, IN GRADO DI OFFRIRE OLTRE AL PROCESSO CMOS COMPONENTI QUALI I TRANSISTORI A EFFETTO DI CAMPO A GIUNZIONE (JFET). NEGLI ULTIMI ANNI IL PROGRESSO TECNOLOGICO NOTO COME “DEVICE SCALING” HA CONTRIBUITO NOTEVOLMENTE A RENDERE I CMOS MOLTO PIU’ IDONEI AL CASO SPECIFICO DEGLI IMPIEGHI PER IL TRACKING E IL RILIEVO DI IMMAGINI, FACENDO ANCHE CADERE LE RISERVE SUI LIMITI DI RUMORE. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 33 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA IL “DEVICE SCALING” HA PORTATO A RIDURRE LA LUNGHEZZA DI CANALE DEI DISPOSITIVI MOS AL LIMITE DELLO 0.1 MICRON. I VANTAGGI CHE NE RISULTANO AI FINI DEL PROGETTO DELLA SEZIONE LOGICA IN TERMINI DI: • DENSITA’ FUNZIONALE • VELOCITA’ DI COMMUTAZIONE SONO FACILMENTE INTUIBILI CONTEMPORANEAMENTE LO SPESSORE DELL’OSSIDO DI GATE E’ SCESO A VALORI DI POCHI NANOMETRI. QUESTA RIDUZIONE, UNITA ALLA DIMINUITA LUNGHEZZA DI CANALE HA CONDOTTO A: • DIMINUZIONE DEL RUMORE 1/f • MIGLIORAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DI RUMORE TERMICO DI CANALE A CORRENTI DI LAVORO RELATIVAMENTE BASSE COME CONSEGUENZA, SI E’ MOLTO AMPLIATO IL CAMPO APPLICATIVO IN CUI IL MOS RISULTA UN VALIDO CONCORRENTE DEL JFET. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 34 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA RESISTENZA ALLA RADIAZIONE E “DEVICE SCALING” SE A LUNGO SI ERA PENSATO CHE LA RESISTENZA ALLA RADIAZIONE DELL’ELETTRONICA FOSSE UNA CARATTERISTICA DI INTERESSE LIMITATO AL CASO DEGLI IMPIEGHI IN FISICA DELLE PARTICELLE, I PIU’ RECENTI SVILUPPI NEL SETTORE DEL RILIEVO DI IMMAGINI, SOPRATTUTTO IN IMPIEGHI CON SORGENTI DI LUCE DI SINCROTRONE HANNO RESO DI ATTUALITA’ IL PROBLEMA DELLA RESISTENZA ALLA RADIAZIONE. I VECCHI PROCESSI CMOS AVEVANO LIMITI BEN PRECISI DI RESISTENZA ALLA RADIAZIONE, CON PARTICOLARE SENSIBILITA’ ALLA RADIZIONE IN GRADO DI CAUSARE IONIZZAZIONE NEGLI OSSIDI DI GATE E DI CAMPO. QUESTI LIMITI SI SONO MOLTO ATTENUATI CON IL “DEVICE SCALING”, SOPRATTUTTO PER MERITO DELLA RIDUZIONE NELLO SPESSORE DELL’OSSIDO DI GATE. I PROCESSI A LUNGHEZZA DI CANALE VICINA ALLO 0.1 MICRON VENGONO ADDIRITTURA CONSIDERATI “INTRINSECAMENTE RESISTENTI ALLA RADIAZIONE. P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 35 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 36 DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO vo N+ P+ P+ P+ P+ P+ - Cf La camera a deriva usa un metodo originale di trasporto di carica grazie al quale la capacità dell’elettrodo d’uscita risulta svincolata dall’ area sensibile. L’influsso del rumore del frontend risulta notevolmente ridotto. Traccia della particella P+ deriva dei portatori hhhh P+ P+ P+ b silicio N- + - + + - +P+ P+ X IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004 37 DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO Modello meccanico che illustra il principio di trasporto di carica nella camera a deriva. ANODO IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004 38 DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO vo P+ P+ P+ P+ P+ Y Traccia della particella - Cf Cf N+ - vo Cf - vo Camera a deriva a anodo segmentato per il rilievo della posizione in due dimensioni. silicio N- P+ deriva dei portatori hhhh P+ P+ P+ + - +++ P+ P+ X IMPIEGO DEI RIVELATORI - PISA – Marzo 2004 39 DIPARTIMENTO DI FISICA – UNIVERSITA’ DI PISA P. F. Manfredi – Rivelatori ed Elaborazione del Segnale – AA 2004-2005 40 DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO ELABORAZIONE DEL SEGNALE PER LA DEFINIZIONE TEMPORALE DELL’ EVENTO. Natura del problema. Si considerino due segnali contemporanei, di egual forma e di ampiezza diversa che siano presentati a due comparatori di identico valore di soglia. A causa della differente pendenza i due segnali raggiungono la soglia ideale a istanti diversi, cosicchè quello più piccolo appare ritardato. Si tratta chiaramente di un errore strumentale, che però all’osservatore fa apparire non contemporanei due segnali che in realtà lo sono. 0 soglia T + t1 Vs soglia 2 0 comparatore 1 comparatore 2 + T t2 ELABORAZIONE DEI SEGNALI - ritardo t2 - t1 t1t2 PISA – Marzo 2004 41 DIPARTIMENTO DI FISICA UNIVERSITÀ DI PISA-SEMINARIO Il fenomeno è aggravato dal fatto che il ritardo di commutazione di un comparatore erale dipende dalla pendenza del segnale di ingresso, per cui non solamente il segnale più piccolo raggiunge la soglia ideale in ritardo rispetto al segnale più grande, ma induce anche la commutazione con maggior ritardo. Il tipo di temporizzazione ora descritto, detto a leading edge può essere utilizzato solamente a patto che i segnali siano intrinsecamente molto rapidi, tale che il loro tempo di salita sia inferiore alla dispersione del ritardo allo scatto che si desidera ottenere. Per eliminare questo errore di temporizzazione occorre creare nel comparatore non una soglia fissa, bensì una soglia “adattiva”, proporzionale cioè all’ampiezza dell’impulso. Questo richiede evidentemente l’introduzione di un ritardo fisso, come illustrato in figura Vo[ (t-trit)/T] Segnale ritardato ritardo bVo b<1 ELABORAZIONE DEI SEGNALI confronto + - Segnale attenuato PISA – Marzo 2004 42