Parrocchia
Santa Maria della Consolazione
don Alfonso Capuano
 Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò
che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in
ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato: il
candidato deve essere irreprensibile, sposato una
sola volta, con figli credenti e che non possano essere
accusati di dissolutezza o siano insubordinati. Il
vescovo infatti, come amministratore di Dio,
dev'essere irreprensibile: non arrogante, non
iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido
di guadagno disonesto, ma ospitale, amante del bene,
assennato, giusto, pio, padrone di sé, attaccato alla
dottrina sicura, secondo l'insegnamento trasmesso,
perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina
e di confutare coloro che contraddicono.
 Tt 1,5-9
 Paolo, quando scrive a Tito (1,5-9) parla
dell'organizzazione
della
Chiesa
citando anziani, vescovi e diaconi, nel
definire le qualità richieste a questi
responsabili ne esalta le caratteristiche di
buon marito e padre di famiglia; non fa
riferimento all'obbligo di celibato (benché
egli lo consigliasse) che fu introdotto per i
vescovi, e nella chiesa d'occidente anche per
i presbiteri, dopo alcuni secoli.
Il celibato
 Da diversi secoli viene discussa la
questione se l'obbligo del celibato per i
chierici degli Ordini maggiori (o
almeno quello di vivere nella
continenza per quanti erano sposati)
sia di origine biblica oppure risalga
soltanto a una tradizione ecclesiastica,
dal IV secolo in poi, perché fin da quel
periodo, indubbiamente, esiste al
riguardo una legislazione irrecusabile.
 I Vangeli canonici non fanno alcuna
menzione di una sposa di Gesù e tutte
le Chiese cristiane d’ogni tempo, Chiesa
cattolica, Chiesa ortodossa, e la
maggioranza delle Chiese evangeliche
credono fermamente che egli sia
vissuto celibe per tutta la vita.
 Gli dissero i discepoli: “Se questa è la
condizione dell'uomo rispetto alla donna,
non conviene sposarsi”. Egli rispose loro:
“Non tutti possono capirlo, ma solo coloro
ai quali è stato concesso. Vi sono infatti
eunuchi che sono nati così dal ventre della
madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi
eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si
sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi
può capire, capisca".
Mt 19,9-12
 Da nessuno dei racconti evangelici si ricava in
maniera inconfutabile che gli apostoli avessero
moglie e figli. Molto più positiva è invece
l'indicazione implicita nell'abbandono totale
richiesto da Gesù a coloro che chiamava a seguirlo:
ciò comportava la rinuncia alla famiglia e al
matrimonio (cf. Mt 19,16-21; Mt 19,27- 30). Pietro
metto in evidenza la totalità dell'abbandono e
quello che gli costa. E Gesù nel rispondergli lo
sottolinea vigorosamente: “Chiunque avrà lasciato
case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o
campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e
avrà in eredità la vita eterna" (Mt 19,27-30).
 Secondo l'Apostolo Paolo, il ministro
del santuario deve essere “marito di una
sola moglie" (Tt 1,5-6), espressione che
bisogna intendere nel senso di un
interdetto portato su coloro che sono
passati a nozze due o più volte prima di
accedere agli Ordini sacri, e non già
quasi un obbligo fatto dall'Apostolo di
avere una sposa.
 Questa seconda interpretazione sarebbe
del resto in opposizione con quanto scrive
altrove lo stesso Apostolo (1 Cor 7,7; 32-34),
quando formula l'augurio di vedere gli altri
come se stesso (cioè non sposato: 1 Cor
7,7), ovvero quando spiega le disposizioni
favorevoli, perchè un'anima si dia al
servizio del Signore (1 Cor 7, 32-34). Il
precetto è quindi restrittivo, non
ingiuntivo; esclude il bigamo dagli Ordini,
non impone il matrimonio come
condizione per accedere al sacerdozio.
 Virtualmente raccomandato dalla Scrittura,
il celibato non appare però come
obbligatorio e tale libertà di scelta è stata la
norma seguita nei primi secoli della Chiesa,
nonostante l'alta considerazione in cui era
tenuta la continenza. Una ininterrotta serie
di testi, sia letterari sia giuridici, ci informa
della costante disciplina della Chiesa latina,
la quale ha sempre esigito da tutti i sacri
ministri una perfetta continenza: i coniugi
non dovranno più usare del matrimonio
dopo l'ordinazione; i celibi non dovranno
sposarsi.
 Nella Chiesa greca e in quella latina
chierici e laici si astenevano dai rapporti
sessuali nei giorni della Celebrazione
Eucaristica. Intanto, mentre in Asia
Minore, Siria, Palestina ed Egitto si
celebrava piuttosto raramente l'Eucaristia e
i chierici sposati potevano, sia pure con
una certa limitazione,
usare del
matrimonio,
s'introdusse in
Africa
settentrionale, Spagna, Gallia e Italia la
celebrazione quotidiana.
 Il XXXIII canone del Sinodo di Elvira (presso
Granada), tenutosi intorno al 300 d.C.,
infatti, dichiara esplicitamente che “È parsa
cosa buona vietare in senso assoluto ai
vescovi, ai presbiteri ed ai diaconi, come
pure a tutti i chierici impegnati nel
ministero di avere relazioni (coniugali) con
la propria moglie e di generare figli: se
qualcuno lo fa, che sia escluso dallo stato
clericale”.
 Nel 325, a Nicea, nel primo Concilio Ecumenico
della storia, viene stabilito, come espresso dal III
canone disciplinare, che: “Il Concilio allargato ha
vietato assolutamente ai vescovi, ai presbiteri, ai
diaconi ed a tutti i membri del clero di tenere con
sé una donna ‘co-introdotta’, a meno che non si
tratti della madre, di una sorella, di una zia o
comunque di una persona superiore ad ogni
sospetto” ed è interessante notare che il testo non
menziona le spose tra le donne che i chierici
possono ospitare nelle proprie case.
 In Oriente la Chiesa concedeva a coloro che non
sentivano vocazione per il celibato di usare dei loro
diritti coniugali. In questo senso si pronunziarono
i Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (350
circa). Una legge generale sulla continenza non
esisteva neppure verso la metà del V sec. quando
solo in alcune regioni, come in Macedonia, nella
Tessaglia e nell'Ellade, cominciava a introdursi
(Hist. Eccl., V, 22: PG 67,637).
 Sotto l'influsso della legislazione di Giustiniano
(Novella VI, I) queste stesse misure furono alquanto
ristrette e codificate più tardi nel Concilio Trullano
(692), che è l'ultima parola dell'Oriente in materia di
celibato ecclesiastico, tuttora in vigore. Essa si
compendia per i vescovi nell'obbligo della continenza
assoluta, con separazione dalla sposa tenuta a ritirarsi
in un monastero per i coniugati prima dell'episcopato.
Ai sacerdoti, diaconi e suddiaconi, interdizione del
matrimonio dopo l'ordinazione; per i già sposati invece
conservazione dei loro diritti coniugali sulla sposa, che
non è lecito ripudiare, sotto pena di deposizione (can.
6,12-13, 48, in Mansi, XI, 944-48, 965).
 Le regole date dai Papi e dai Concili in Occidente
continuarono a reggere la disciplina del celibato
sino al sec. XII, anche se, in periodi di crisi, ne
andò eclissata la pratica. L'opera indefessa di S.
Bonifacio, e più tardi la vita comune, come pure la
legislazione di Carlomagno contribuirono ad una
restaurazione del celibato, purtroppo di non lunga
durata: la decadenza dell'Impero trascinava con sè
la caduta della disciplina ecclesiastica, e per tutto il
sec. X sino alla seconda metà del sec. XI,
nonostante voci isolate di protesta, il male andò
dilagando...
 S.
Pier Damiani, uno dei paladini della
rinascita del celibato ecclesiastico, assecondò
energicamente l'opera dei papi riformatori
della seconda metà del sec. XI, che
proporzionando al male i rimedi ricondussero
il clero al senso della primitiva disciplina.
Soprattutto il fermo atteggiamento di S. Gregorio
VII assicurò all'azione del papato un successo
durevole con la lotta contro le investiture laiche,
radice del male.
 Il Papa, pur non dichiarando ancora nullo il
matrimonio dei preti, praticamente lo
considerava come tale. Il Concilio Lateranense
adunato da Callisto II (1123), fece l'ultimo
passo (can. 21), confermato dal Lateranense II
(1139), can. 7, e più tardi da Alessandro III nel
1180, che estendeva la legge dell'invalidità del
matrimonio anche ai suddiaconi (Decret.
capp. 1-2, X, IV, 6). Da allora gli Ordini maggiori
hanno costituito nella Chiesa latina impedimento
dirimente il matrimonio.
Gesù
Celibe
Non sposato
Continente
Sposo della Chiesa
Paolo
===
===
===
===
Apostoli?
Vescovo
Sposato
Non sposato che
una sola volta
Continente
(almeno per la
Celebrazione)
Sposo della
Chiesa (ma anche
di una donna che
diventa sorella)
Presbitero
===
===
===
===
Diacono
===
===
===
===
 Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi,
non doppi nel parlare, non dediti al molto
vino né avidi di guadagno disonesto, e
conservino il mistero della fede in una
coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti
a una prova e poi, se trovati irreprensibili,
siano ammessi al loro servizio. Allo stesso
modo le donne siano dignitose, non pettegole,
sobrie, fedeli in tutto. I diaconi non siano
sposati che una sola volta, sappiano dirigere
bene i propri figli e le proprie famiglie.
 Tm 3,6-12
 Nella prima lettera a Timoteo (3,1-12) oltre a
vescovi, presbiteri ed in parallelo con i
diaconi Paolo cita le donne, richiedendo
che Allo stesso modo le donne siano
dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in
tutto; queste donne avevano probabilmente
il ruolo di diaconesse ma il loro servizio era
sì ministeriale ma non ordinato, come
ufficialmente dichiarato nel primo concilio
di Nicea.
Ordinazione
delle donne?
 … in una prospettiva di fede, il problema è
radicalmente diverso da quello del matrimonio
per i consacrati, problema di disciplina
ecclesiale sul quale è possibile il dibattito, pur
non dimenticando che non sono in gioco solo
questioni di opportunità. Per l' ordinazione di
donne, invece, siamo davanti a una sorta di
intangibile «elemento costitutivo» della Chiesa
non solo cattolica, ma anche ortodossa: in tutto
l'Oriente greco e slavo la sola proposta di
sacerdoti femmine provocherebbe prima
stupore e poi, insistendo, sdegno o ilarità.
 Il tema è così basilare che, nel suo debordante
insegnamento, solo in due occasioni Giovanni
Paolo II è sembrato fare appello, almeno nei
toni, al carisma della infallibilità: è avvenuto sul
rifiuto, sempre e comunque, di ogni legittimità
dell' aborto; e sul rifiuto, appunto, del
sacerdozio femminile. In effetti, nella
Pentecoste del 1994, papa Wojtyla indirizzava
una Lettera apostolica ai vescovi di tutto il
mondo con il titolo «Ordinatio Sacerdotalis».
 Un testo breve e secco che terminava con parole
inequivocabili: «Al fine di togliere ogni dubbio
su una questione di grande importanza, che
attiene alla stessa divina costituzione della
Chiesa, in virtù del mio ministero di
confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non
ha in alcun modo la facoltà di conferire a donne
l' ordinazione sacerdotale e che questa nostra
sentenza deve essere tenuta in modo definitivo
da tutti i fedeli della Chiesa».
 Potremmo dunque vedere, in un futuro indefinito, preti
cattolici sposati (come nell' ortodossia i pope, ma non i
vescovi) ma non vedremo mai, parola di Giovanni Paolo
II, parroci donne. Ginofobia, tabù sessuali, maschilismo?
Niente affatto, replicava il Papa: «Il fatto che Maria
Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia
ricevuto la missione propria degli apostoli né il
sacerdozio ministeriale, mostra chiaramente che la non
ammissione delle donne all' ordinazione non può
significare una loro minore dignità o una
discriminazione... Il ruolo femminile nella vita e nella
missione della Chiesa, pur non essendo legato al
sacerdozio ministeriale, resta assolutamente necessario e
insostituibile».
 Così - lo dicevamo - Oriente e Occidente cristiani
hanno creduto e praticato sin dagli inizi, tanto che la
Tradizione indivisa, qui, non ha subito alcuna
eccezione in duemila anni. Ma perché questa
intransigenza? Si possono trovare, certo, motivi di
convenienza e di opportunità, si può fare appello a
una ricca simbologia. Ma, alla fine, ricorda papa
Wojtyla, il motivo di fronte al quale il credente deve
inchinarsi, è quello enunciato da Paolo VI, che pure
allineò molti e non irrilevanti argomenti umani: «La
ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua
fondamentale costituzione, seguita poi sempre dalla
Tradizione, ha stabilito così».
E
Giovanni Paolo II confermava: «Nell'
ammissione al servizio sacerdotale, la Chiesa
ha riconosciuto come norma il modo di agire
del suo Signore nella scelta di dodici uomini
che ha posto a fondamento della sua Chiesa». E
solo uomini scelsero quegli apostoli per loro
successori, in una catena maschile che giunge
sino a noi ... Siamo davanti a uno dei casi in cui
anche gli onnipotenti pontefici romani
spalancano le braccia: «Anche se volessimo,
non possumus.
 Così il Cristo ha stabilito e noi non siamo che suoi
esecutori. Obbediamo a una rivelazione, non a una
ideologia umana». Situazione, certo, comprensibile solo
in una prospettiva di fede. Ma per dirla ancora con papa
Wojtyla alla fine della sua Lettera apostolica: «I più
grandi nel regno dei cieli non sono i preti, sono i santi».
E di questi ultimi con nome femminile vi è abbondanza
nel calendario cattolico. Come ricordò proprio quel Papa,
tra i milioni di pellegrini di Lourdes pochi sanno il nome
del parroco e forse nessuno quello del vescovo nel 1858.
Ma tutti conoscono e venerano la piccola analfabeta che
Maria scelse come sua portavoce e che la Chiesa, gestita
da uomini, pose sugli altari, onorando questa «storia tra
donne».
Vittorio Messori
 Il pensiero va, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni
di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia
perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella
molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi
dagli stessi destinatari del loro ministero: come non
ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti
nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla
suprema testimonianza del sangue?
 Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza
deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà
di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo
di scandalo e di rifiuto.
Preti e pedofilia
 Sommario
della Lettera Pastorale del Papa ai fedeli irlandesi

 Il Papa ha indirizzato una Lettera Pastorale a tutti i
Cattolici dell’Irlanda per esprimere lo sgomento per gli
abusi sessuali commessi sui giovani da parte di esponenti
della Chiesa e per il modo in cui essi furono affrontati dai
vescovi irlandesi e dai superiori religiosi. Egli chiede che la
Lettera sia letta con attenzione nella sua interezza. Il Santo
Padre parla della sua vicinanza nella preghiera a tutta la
comunità cattolica irlandese in questo tempo pieno di
amarezza e propone un cammino di risanamento, di
rinnovamento e di riparazione.
 Chiede loro di ricordarsi della roccia da cui sono stati
tagliati (cfr Is 51, 1), e in particolare del bel contributo
che i missionari irlandesi apportarono alla
civilizzazione dell’Europa e alla diffusione del
cristianesimo in ogni continente. Negli ultimi anni si
sono verificate molte sfide alla fede in Irlanda, al
sopraggiungere di un rapido cambiamento sociale e di
un declino nell’attaccamento a tradizionali pratiche
devozionali e sacramentali. Questo è il contesto
all’interno del quale si deve comprendere il modo con
cui la Chiesa ha affrontato il problema dell’abuso
sessuale dei ragazzi.
 Molti sono i fattori che hanno originato il
problema: una insufficiente formazione morale e
spirituale nei seminari e nei noviziati, una
tendenza nella società a favorire il clero e altre
figure in autorità, una preoccupazione fuori luogo
per il buon nome della Chiesa e per evitare gli
scandali hanno portato alla mancata applicazione,
quando necessarie, delle pene canoniche che erano
in vigore. Solo esaminando con attenzione i molti
elementi che diedero origine alla crisi è possibile
identificarne con precisione le cause e trovare
rimedi efficaci.
 Durante la loro visita ad Limina a Roma nel 2006 il
Papa ha esortato i vescovi irlandesi a “stabilire la
verità di ciò che è accaduto in passato, prendere
tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in
futuro, assicurare che i princìpi di giustizia
vengano pienamente rispettati e, soprattutto,
guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da
questi crimini abnormi”. Da quel momento egli ha
voluto incontrare vittime in più di una occasione,
ascoltando le loro vicende, pregando con loro e per
loro, ed è pronto a farlo di nuovo in futuro.
Nel febbraio 2010 ha chiamato a Roma i vescovi
irlandesi per esaminare con loro le misure che
stanno prendendo per porre rimedio al problema,
con particolare riferimento alle procedure e ai
protocolli ora in vigore per assicurare la tutela dei
ragazzi negli ambienti ecclesiali e per rispondere
con prontezza e con giustizia alle denunce di abusi.
In questa Lettera Pastorale egli parla direttamente
a una serie di gruppi all’interno della comunità
cattolica irlandese, alla luce della situazione che si
è creata.
Rivolgendosi in primo luogo alle vittime di abuso,
egli prende atto del tremendo tradimento del
quale hanno sofferto e dice loro quanto egli è
dispiaciuto per ciò che hanno sopportato.
Riconosce come in molti casi nessuno era disposto
ad ascoltarli quando trovavano il coraggio di
parlare di quanto era accaduto. Si rende conto di
come coloro che dimoravano in convitti dovevano
essersi sentiti, rendendosi conto che non avevano
modo di sfuggire alle loro sofferenze.
Pur riconoscendo quanto deve risultare difficile per molti
di loro perdonare o riconciliarsi con la Chiesa, li esorta a
non perdere la speranza. Gesù Cristo, lui stesso vittima di
ingiuste sofferenze, comprende gli abissi della loro pena e il
perdurare del suo effetto sulle loro vite e sulle loro
relazioni. Ciononostante proprio le sue ferite, trasformate
dalle sue sofferenze redentrici, sono i mezzi attraverso i
quali il potere del male viene infranto e noi rinasciamo alla
vita e alla speranza. Il Papa esorta le vittime a cercare nella
Chiesa l’opportunità di incontrare Gesù Cristo e di trovare
risanamento e riconciliazione riscoprendo l’infinito amore
che Cristo ha per ciascuno di essi.
 Nelle sue parole ai sacerdoti e ai religiosi che hanno commesso
abusi sui giovani, il Papa ricorda loro che devono rispondere
davanti a Dio e a tribunali debitamente costituiti, per le azioni
peccaminose e criminali che hanno commesso. Hanno tradito
una fiducia sacra e rovesciato vergogna e disonore sui loro
confratelli. Un grande danno è stato arrecato, non soltanto alle
vittime, ma anche alla pubblica percezione del sacerdozio e della
vita religiosa in Irlanda. Mentre esige da loro che si sottomettano
alle esigenze della giustizia, ricorda loro che non devono
disperare della misericordia di Dio, che egli ha liberamente
offerto anche ai peccatori più grandi, se si pentono delle loro
azioni, fanno penitenza e con umiltà implorano perdono.
 Il Papa incoraggia i genitori a perseverare nel difficile compito di
educare i figli a riconoscere che sono amati e desiderati e a
sviluppare una sana stima di sé. I genitori hanno la
responsabilità primaria di educare le nuove generazioni ai
princìpi morali che sono essenziali per una civiltà civile. Il Papa
invita i ragazzi e i giovani a trovare nella Chiesa un’opportunità
per un incontro vivificante con Cristo, e a non lasciarsi frenare
dalle mancanze di alcuni sacerdoti e religiosi. Egli guarda al
contributo dei giovani per il rinnovamento della Chiesa. Esorta
anche i sacerdoti e i religiosi a non scoraggiarsi, ma al contrario a
rinnovare la loro dedizione ai rispettivi apostolati, operando in
armonia con i loro superiori in modo da offrire nuova vita e
dinamicità alla Chiesa in Irlanda attraverso la loro vivente
testimonianza all’opera redentrice del Signore.
 Rivolgendosi ai vescovi irlandesi, il Papa rileva i gravi errori di
giudizio e il fallimento della leadership di molti di loro, perché
non applicarono in modo corretto le procedure canoniche nel
rispondere alle denunce di abusi. Sebbene risultasse spesso
difficile sapere come affrontare situazioni complesse, rimane il
fatto che furono commessi seri errori e che di conseguenza essi
hanno perso credibilità. Il Papa li incoraggia a continuare a
sforzarsi con determinazione per porre rimedio agli errori del
passato e per prevenire ogni loro ripetersi, applicando in modo
pieno il diritto canonico e cooperando con le autorità civili nelle
aree di loro competenza. Invita inoltre i vescovi ad impegnarsi a
diventare santi, a presentarsi come esempi, ad incoraggiare i
sacerdoti e i fedeli a fare la loro parte nella vita e nella missione
della Chiesa.
 Infine, il Papa propone alcuni passi specifici per stimolare il
rinnovamento della Chiesa in Irlanda. Chiede a tutti di offrire le loro
penitenze del venerdì, per il periodo di un anno, in riparazione dei
peccati di abuso che si sono verificati. Raccomanda di ricorrere con
frequenza al sacramento della riconciliazione e alla pratica
dell’adorazione eucaristica. Annuncia l’intenzione di indire una Visita
Apostolica di alcune diocesi, congregazioni religiose e seminari, con il
coinvolgimento della Cura Romana, e propone una Missione a livello
nazionale per i vescovi, i sacerdoti e i religiosi in Irlanda. In questo
Anno dedicato in tutto il mondo ai Sacerdoti, presenta la persona di
San Giovanni Maria Vianney come modello e intercessore per un
rivivificato ministero sacerdotale in Irlanda. Dopo aver ringraziato tutti
coloro che si sono impegnati con alacrità per affrontare con decisione il
problema, conclude proponendo una Preghiera per la Chiesa in Irlanda,
da usare da tutti i fedeli per invocare la grazia del risanamento e del
rinnovamento in questo tempo di difficoltà.
 Dio dei padri nostri,
rinnovaci nella fede che è per noi vita e salvezza,
nella speranza che promette perdono e rinnovamento interiore,
nella carità che purifica ed apre i nostri cuori
ad amare te, e in te, tutti i nostri fratelli e sorelle.
 Signore Gesù Cristo,
possa la Chiesa in Irlanda rinnovare il suo millenario impegno
alla formazione dei nostri giovani sulla via della verità,
della bontà, della santità e del generoso servizio alla società.
 Spirito Santo, consolatore, avvocato e guida,
ispira una nuova primavera di santità e di zelo apostolico
per la Chiesa in Irlanda.
 Possano la nostra tristezza e le nostre lacrime,
il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato,
e il nostro fermo proposito di correzione,
portare abbondanti frutti di grazia
per l’approfondimento della fede
nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e associazioni,
per il progresso spirituale della società irlandese,
e per la crescita della carità. della giustizia, della gioia e della
pace, nell’intera famiglia umana.
 A te, Trinità,
con piena fiducia nell’amorosa protezione di Maria,
Regina dell’Irlanda, Madre nostra,
e di San Patrizio, di Santa Brigida e di tutti i santi,
affidiamo noi stessi, i nostri ragazzi,
e le necessità della Chiesa in Irlanda.
 Amen.
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