Una dottrina soggettiva di una
morale oggettiva
Interessante è la posizione di Hegel riguardo alla relazione fra etica e politica.
Secondo il filosofo, dall’idea a priori di libertà consegue il dovere morale, oggettivo e
non relativo, e che deve trovare la sua massima espressione nello Stato.
La concezione hegeliana ci offre spunto per alcune riflessioni.
1
Si può davvero pensare ad un
concetto di dovere che non entri
in conflitto ma, anzi, derivi
dall’idea immanente di libertà?
«Io invece credo, o carissimo,
che sarebbe meglio che la mia
lira fosse scordata e stonata, e
che lo fosse il coro che io
dirigessi, e che la maggior parte
della gente non fosse d'accordo
con me e mi contraddicesse,
piuttosto che sia io, anche se
sono uno solo, ad essere in
disaccordo con me stesso e a
contraddirmi. »
Socrate, 399 a . C .
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E’ istintivo pensare che i doveri limitino la nostra
libertà e che i due concetti siano inconciliabili. Ogni
dovere implica una limitazione della nostra scelta, il
che, apparentemente, nega la libertà personale.
Riconosciamo alla libertà un ruolo fondamentale nella
determinazione e affermazione della propria dignità.
Ma, evidentemente, la nostra vita si basa sulla nostra
capacità di scegliere il nostro meglio.
Pianto d’amore, Giorgio De
Chirico, 1974. Ettore sceglie
liberamente di compiere il suo
dovere nei confronti della patria.
Millenni di storia ci hanno insegnato quanto sia
pericoloso che alcune personalità si frappongano fra
gli individui e la loro libertà, in nome di un
autoproclamato bene superiore. Si guardi ai danni
delle dittature novecentesche nazionalsocialiste le
quali, talvolta sostenute anche dall’ardore del
popolo, hanno rivoluzionato in modo negativo
l’assetto politico europeo.
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Al di là delle forme di edonismo più semplicistiche, in molti hanno ritenuto giusto
svincolarsi da ogni obbligo che non fosse finalizzato al soddisfacimento personale.
Questo principio non è tuttavia valido se si ammette l’esistenza di un ideale più
elevato. Il che significa sottoporsi a un ordine morale superiore all’individuo,
slegato perciò dalle sue pulsioni. Chi sostiene tale concezione dunque,
ammettendo che esista un qualcosa di più alto della propria istintualità, ritiene per
sé bene uniformarsi a un bene superiore. Questo bene, si noti, non deve essere
necessariamente esterno e trascendente, come ritenevano i pensatori cristiani,
nonché Seneca e Cicerone i quali, in modo diverso, si rifacevano a un Dio o a un
assoluto. Ad esempio Kant, come già Spinoza e altri, rintracciò quel bene non
all’esterno ma all’interno, nella conoscenza.
“Il cielo stellato sopra di me,
la legge morale dentro di me.”
Immanuel Kant
Il doppio segreto,Renè Magritte, 1927.
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Hegel, escludendo qualsiasi
relativismo etico, sostiene che la
morale deve essere oggettiva e non
soggettiva. Ma come ignorare
l’infinita casistica dell’umanità?
Il Bene è l’Utile
Protagora, 486 a.C. - 411 a..C.
"Devi perché devi"
Immanuel Kant, 1724 - 1804
5
Dipinto di Keith Haring.
Rappresenta le numerose diversità che
esistono tra le diverse popolazioni.
Hegel dichiara che la morale è una, assoluta e non
relativizzabile. Il suo pensiero si allinea con la più
antica concezione della morale, spesso legata ad
aspetti religiosi. Quella di Hegel è tuttavia una
definizione di etica non condivisa universalmente.
Nel mondo occidentale, i primi a mettere in
discussione questa teoria furono i sofisti, i quali
notarono che popoli diversi vantavano diversi
sistemi etici e che il medesimo fatto è, nel
contempo, bene e male secondo il punto di vista
Alla concezione tradizionale opposero un
relativismo culturale e morale, concludendo che
l’unico metodo di giudizio condivisibile è l’utilità. La
vita di ogni giorno e le relazioni sociali ci mostrano
però le complicazioni pratiche di un relativismo
morale, oltre alla difficoltà di giustificarlo
teoricamente.
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Viste le difficoltà che derivano da una
morale assoluta e da un relativismo
sofistico, l’uomo, nei secoli, ha
inconsapevolmente trovato quella
soluzione che Kant per primo ha
teorizzato. Egli infatti ritiene etiche le
massime dell’azione soggettiva solo se
conformi una legge morale assoluta:
l’imperativo categorico. Esso non è però
una norma che prescrive un
comportamento specifico, ma generale e
per questo universalmente accettabile.
Ecco esplicitata la soluzione già a
fondamento dei sistemi giuridici: la
dicotomia tra forma e sostanza della
legge è risolta nella complementarietà tra
normativa e giurisprudenza. Perchè non
guardare alla morale con un’ottica simile ?
7
Per Hegel, se la libertà fonda la dottrina
dei doveri, la morale è il fondamento
dello Stato e delle sue istituzioni.
Ma fino a che punto lo Stato e le leggi
coincidono con la morale?
Leonida alle
Termopili,Jacques
Louis David, 1814
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Abbiamo visto come si possa individuare una certa somiglianza tra morale e legge dello
stato. Non si può tuttavia parlare di un’identità. Infatti, i concetti di morale e libertà
implicano dei doveri nei confronti della propria persona o della collettività. Lo stato,
invece, pur rappresentando, se evoluto, la collettività, ha delle proprie necessità (“Ragione
di stato”) e dinamiche che urtano contro la morale individuale.
L’antichissimo e insolvibile conflitto tra legge del cuore e legge dello stato non è mai stato
risolto, ma piuttosto affrontato in modo diverso. Nella tragedia di Sofocle, Antigone
decide di violare la legge del padre e dello stato in nome del sacro affetto per il fratello.
Chi potrebbe darle torto?
“Antigone” di Sofocle.
9
Giuramento degli Orazi, Jacques Louis David, 1784
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Neppure si può negare la nobiltà d’animo esaltata nel
dipinto di Jacques Louis David, tela nella quale i fratelli
Orazi sacrificano i loro affetti in nome dello stato. Il
conflitto morale-legge è senza tempo e noi riteniamo
poco realistico che i due concetti possano mai arrivare
a coincidere. Non è pensabile che la morale sia regolata
da norme. Tuttavia, sarebbe bene che la legge dello
stato,ove possibile, sia modellata su un sistema etico
condiviso, soggettivamente interpretabile.
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