REGIONE CALABRIA Autorità di bacino Regionale Specifiche tecniche : perimetrazione delle aree a rischio di alluvione Ing. Salvatore GABRIELE CNR-IRPI, Via Cavour RENDE Rende, dicembre 2001 Allegato 4 SOMMARIO (Preliminare) 1 INTRODUZIONE 1.1 Quadro normativo di riferimento 1.2 Criteri metodologici per la valutazione del rischio 1.2.1 Definizione del rischio idraulico 2 ARTICOLAZIONE DELLE ATTIVITA’ Programmazione attività conoscitive secondo il D.P.R. 7 gennaio 1992 e piano stralcio 2.1.1 Specifiche 4 6 7 7 10 2.1 11 17 2.2 Catasto reticoli idrografici 2.2.1 Completamento dell’informatizzazione dei reticoli e bacini 18 18 2.3 19 Informatizzazione dati rilevati dagli operatori fluviali 2.4 Analisi sezioni critiche 20 2.4.1 Specifiche per il rilievo topografico delle sezioni e del profilo longitudinale 20 2.4.2 Specifiche per l’inserimento dati 21 3 CARATTERISTICHE IDRAULICHE ASTE FLUVIALI 22 3.1 Tratti montani 22 3.2 Tratti alluvionati pedemontani 23 3.3 Tratti terminali delle fiumare 24 3.4 Tratti incassati di pianura 25 3.5 Perimetrazione sulla base di documenti storici. 3.5.1 Documenti cartografici georeferenziabili 3.5.2 Documenti storici con descrizione geografica dei luoghi 3.5.3 Documenti storici che identificano solo i luoghi in forma generica 26 26 26 27 4 27 RISCHIO IDRAULICO 4.1 Carta regionale degli elementi a rischio. (carta V1) 4.1.1 Costruzione della carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità 4.1.2 Specifiche per la realizzazione della carta. 27 28 28 4.2 Carta della vulnerabilità aree R4 28 4.2.1 Specifiche per la valutazione della vulnerabilità nelle aree a rischio R4, a partire dalle ortofoto in scala 1:10.000 29 4.2.2 Specifiche per la valutazione della vulnerabilità delle aree a rischio a partire dalla cartografia tecnica vettoriale 30 CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 2 Allegato 4 4.2.3 4.2.4 Criteri di omogeneizzazione delle cartografie tecniche numeriche Costruzione DB ed estrazione delle informazione 30 30 4.3 Carta regionale della propensione al rischio idraulico (carta V2) 4.3.1 Mappa della pericolosità idraulica scala regionale 30 31 4.4 32 5 Costruzione della carta del rischio idraulico a scala regionale. MODELLO IDROLOGICO 34 5.1 Applicazione del modello VAPI 5.1.1 Aggiornamento DB idropluviometrico 34 35 5.2 Calcolo della piena a partire dalla curva di possibilità pluviometrica. 5.2.1 Idrogramma di piena 35 35 5.3 Stima della massima portata al colmo di piena mediante metodi empirici, semiempirici e analitici 5.3.1 Metodi empirici 5.3.2 Metodi analitici 5.4 Modelli idraulici. 37 37 38 39 6 MISURE DI SALVAGUARDIA 40 7 INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO 42 APPENDICE A APPENDICE B APPENDICE C CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 3 Allegato 4 1. INTRODUZIONE Con delibera n. 3410 del 26-10-1999, la Giunta della Regione Calabria, ha approvato il Piano Straordinario di cui all’art. 9 comma 2 della legge 226/99 che elenca le aree a rischio idrogeologico più elevate, individuate sino a tale data. Con la deliberazione n. 2984/1999, la Regione Calabria ha inoltre approvato il programma finalizzato alla elaborazione del Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico, individuando le modalità, le fasi e le procedure di elaborazione. Il programma individua: § § § § nelle strutture della ricerca operanti in Calabria i supporti scientifici per definire metodiche, valicare risultati, svolgere attività formativa; nel Consorzio TELCAL il soggetto per l’implementazione della banca dati del rischio idrogeologico; in n. 10 consulenti seniores e 30 juniores (15 ingegneri, 15 geologi) la struttura operativa per la redazione del piano; nei servizi regionali competenti, oltre che nell’autorità di bacino regionale, i soggetti deputati alla gestione operativa ed al controllo. Il Piano Stralcio è lo strumento diretto al conseguimento di condizioni accettabili di sicurezza idraulica del territorio, nell’ambito più generale della salvaguardia delle componenti ambientali all’interno delle fasce di pertinenza fluviale. Le finalità generali che il piano stralcio persegue sono dettate all’art.3 della legge 183/89 con particolare riferimento alle lettere b, c, l, m,n e q, attraverso: • • • • • "la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua"; "la moderazione delle piene”; "la manutenzione delle opere”; "la regolamentazione dei territori interessati dalle piene” "le attività di prevenzione ed allerta attraverso lo svolgimento funzionale di polizia idraulica, di piena e di pronto intervento”. Obiettivi prioritari del Piano Stralcio riguardano: • • • • l'avviamento di un processo di pianificazione di bacino, basato su un approccio non puntuale ai singoli dissesti bensì sull'inquadramento degli stessi alla scala di bacino, rispetto al quale siano definiti le linee generali di sistemazione della difesa del suolo; l'individuazione delle priorità di intervento; il controllo, sia in corso d'opera che successivo, sull'attuazione dei programmi e degli interventi e sugli effetti degli stessi; la ridefinizione periodica dei programmi di intervento sulla base del controllo degli effetti attesi e di nuovi ed eventuali fabbisogni. Il piano-stralcio, in osservanza a quanto riportato nel DPCM del 29 settembre 1998, si articolerà nelle seguenti fasi, correlate fra di loro, e corrispondenti a diversi livelli di approfondimento: a) la fase conoscitiva e l’individuazione delle aree a rischio idraulico con l'analisi dello stato di fatto dell’attuale assetto della rete idrografica, delle alluvioni e dei danni verificatisi, del grado di vulnerabilità al dissesto. In particolar deve prevedere: • l’identificazione di tutto il reticolo idrografico regionale; CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 4 Allegato 4 • • • • • • • il censimento e l'analisi delle opere di attraversamento e degli interventi di sistemazione idraulica già realizzati; le caratteristiche idrauliche degli eventi temuti; l’acquisizione di tutta la cartografia necessaria; la definizione delle caratteristiche geologiche ed idrogeologiche; l’identificazione delle aree vulnerabili a scala regionale; la classificazione delle aree inondabili in base al danno potenziale ed in relazione alle caratteristiche di urbanizzazione e di uso del suolo; l’acquisizione dei vincoli territoriali e degli strumenti di pianificazione vigenti; La fase conoscitiva dovrà, in definitiva, essere finalizzata ad acquisire tutte le informazioni necessarie alla realizzazione del Piano. Secondo quanto previsto dall’art. 12 della legge 493 del 4 dicembre 1993, il Piano stralcio costituisce un elemento del Piano di bacino, in considerazione di ciò è opportuno che questo si adegui, ove non disposto diversamente dalla legislazione legata al DL 180, alle indicazioni fornite dal D.P.R. 18 luglio 1995 (vedi ALLEGATO A) concernenti i criteri per la redazione dei piani di bacini e del D.P.R. 7 gennaio 1992, per la programmazione delle attività conoscitive. b) la fase di perimetrazione e valutazione del rischio dovrà condurre alla perimetrazione delle aree a rischio idraulico sulla base di opportuni studi idraulici ed idrogeologici. In tale fase si dovrà procedere alla definizione dei criteri di calcolo per la valutazione della pericolosità, alla identificazione degli elementi a rischio e della loro vulnerabilità, alla valutazione del rischio secondo le procedure descritte al punto 0 . In particolare tale fase deve prevedere: • • • • la definizione di un modello idrologico regionale per la valutazione della pericolosità; la scelta di opportuni metodi di calcolo idraulico per perimetrazione delle aree inondabili; la definizione dei criteri per la perimetrazione delle aree a inondabili sulla base di documenti storici; definizione delle misure di salvaguardia c) la fase di programmazione della mitigazione del rischio, con l'indicazione degli obiettivi, delle finalità e delle direttive a cui deve uniformarsi la programmazione e mitigazione del rischio. In particolare modo, questa fase deve prevedere: • • la valutazione della gravità degli squilibri tra il rischio prevedibile allo stato attuale ed il rischio ritenuto accettabile per una data tipologia di utilizzazione del territorio; le direttive alle quali devono uniformarsi gli interventi strutturali: o o • la manutenzione ordinaria ed il ripristino della funzionalità delle opere; la sistemazione idrogeologica dei versanti e la sistemazione idraulica dei corsi d'acqua. le direttive alle quali devono uniformarsi gli interventi non strutturali: o o la regolamentazione d'uso delle aree inondabili, attraverso la revisione ed integrazione dei vincoli idrogeologici ed urbanistici, nonché la descrizione dei provvedimenti normativi ed amministrativi proposti; la pianificazione degli interventi di emergenza, basati su sistemi di preannuncio ed allarme degli eventi critici. Per gli interventi strutturali dovranno definirsi: • l'elenco degli interventi di manutenzione ordinaria (e straordinaria) e di ripristino della funzionalità delle opere esistenti; CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 5 Allegato 4 • • l'elenco degli interventi strutturali di sistemazione idraulica atti a mitigare il rischio, distinti in funzione della probabilità del pericolo di inondazione e della gravità ed estensione del danno potenziale; la stima dei costi complessivi, la valutazione degli effetti attesi in termini di sicurezza del territorio ed il quadro delle priorità di intervento. Per gli interventi non strutturali si dovrà prevedere: • • • 1.1 l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli, prescrizioni e regolamentazioni d'uso, in rapporto alle probabilità di pericolo di inondazione; la predisposizione di un sistema di controllo strumentale del territorio, con compiti non solo conoscitivi per l'analisi dello stato di fatto, ma anche di sorveglianza finalizzata al riconoscimento del realizzarsi di un dato scenario di inondazione e al preannuncio degli eventi di piena; la pianificazione degli interventi di emergenza, che individuano i comportamenti del pubblico e le necessità di soccorso che contribuiscono a mitigare le conseguenze dannose delle inondazioni. Quadro normativo di riferimento L’art. 1 comma 1 del decreto legge dell’ 11-giugno-1998, convertito con modificazioni, dalla legge 267 del 3 agosto 1998, demanda all’Autorità di bacino ed alle regioni, l’adozione di piani stralcio per l’assetto idrogeologico, ai sensi del comma 6-ter dell’art. 17 della legge 183 del 18 maggio 1989 n. 183 e successive modificazioni. [6-ter] I piani di bacino idrografico possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali che in ogni caso devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 6bis, le opportune misure inibitorie e cautelative in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati". Secondo quanto disposto dal DPCM del 29 settembre 1998, i Piani stralcio di bacino dovranno essere adottati entro il 30 giugno 2001 ed approvati entro il 30 giugno 2002. La legge 11 dicembre 2000 n. 365, nel modificare, all’art. 1 bis le procedure per l’adozione dei piani stralcio, recita: [1-bis] 1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998, sono adottati entro il termine perentorio del 30 aprile 2001, per i bacini di rilievo nazionale con le modalita' di cui all'articolo 18, comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 183, per i restanti bacini con le modalita' di cui all'articolo 201 della medesima legge, e successive modificazioni. 1 Art.20.I PIANI DI BACINO DI RILIEVO REGIONALE [1] Con propri atti le regioni disciplinano e provvedono ad elaborare ed appro-vare i piani di bacino di rilievo regionale contestualmente coordinando i piani di cui alla legge 10-51976, n. 319. Ove risulti opportuno per esigenze di co-ordinamento, le regioni possono elaborare ed approvare un unico piano per più bacini regionali, rientranti nello stesso versante idrografico ed aventi carat-teristiche di uniformità morfologica ed economicoproduttiva". CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 6 Allegato 4 2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico e' effettuata, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano, ovvero entro e non oltre il termine perentorio del 30 aprile 2001 per i progetti di piano adottati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Nel caso della regione Calabria, si dovrà realizzare entro il 30 aprile 2001 il Progetto di piano ed entro il 30 ottobre 2001 si dovrà adottare il relativo Piano stralcio. I contenuti essenziali del piano stralcio sono definiti nel DPCM del 29 settembre 1998 , “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n.180”. 1.2 Criteri metodologici per la valutazione del rischio Poiché tutte le azioni conseguenti alla redazione del Piano stralcio sono connesse alla valutazione del rischio idraulico, è opportuno riportare una sintesi della sua attuale formulazione consolidata e riconosciuta quale il prodotto di tre fattori: § pericolosità o probabilità di accadimento dell'evento calamitoso, § valore degli elementi a rischio (persone, beni localizzati, patrimonio ambientale) § vulnerabilità degli elementi a rischio. 1.2.1 Definizione del rischio idraulico Le aree potenzialmente interessate da fenomeni di tipo idraulico e geologico che potrebbero arrecare danno alle persone ed ai beni costituiscono le aree vulnerabili. Ogni singola manifestazione del fenomeno temuto costituisce un evento. In un area vulnerabile possono essere identificati gli elementi a rischio, cioè le persone ed i beni che possono subire danni quando si verifica un evento. Quando si verifica un evento ciascun elemento a rischio può riportare un danno maggiore o minore in base alla propria capacità di sopportare tale evento. La vulnerabilità esprime l'attitudine dell'elemento a rischio a subire danni per effetto dell'evento e più precisamente indica qual è l'aliquota dell'elemento a rischio che viene danneggiata. Nelle valutazioni ingegneristiche è opportuno disporre di una valida procedura per la misura del rischio: si può mostrare, sotto ipotesi semplificatrici che non riducono la generalità dei risultati, che è definibile il rischio idraulico Rt = E * V * t * / T (1) dove: Rt = il rischio connesso all’evento valutato su un periodo di t anni; E = l'entità complessiva degli elementi posti nelle aree a rischio idraulico; V = la vulnerabilità di tali elementi 0≤ V≤ 1; t = l'orizzonte temporale di valutazione; T = il tempo di ritorno dell’evento. E' noto che, nel caso di fenomeni di piena, il periodo di ritorno T è l'inverso della probabilità di superamento del valore Q della portata oltre il quale avviene l'esondazione: T=[1-P(q ≤ Q)]-1 CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). (2) 7 Allegato 4 e che la probabilità P è definibile con le metodologie proposte dalla idrologia statistica. La riduzione del rischio idraulico Rt può essere ottenuta agendo su ciascun o su tutti i termini che compaiono nell'equazione (1). L'analisi di questa relazione consente di classificare dal punto di vista generale i differenti mezzi di protezione contro l’evento temuto: ü ü ü mezzi di protezione strutturali che hanno lo scopo di diminuire la probabilità del verificarsi dell’evento temuto, aumentandone il valore del tempo di ritorno T; mezzi di protezione non strutturali, costituiti da difese da porre in opera durante l'emergenza oppure provvedimenti di autoprotezione, che hanno l'effetto di ridurre la vulnerabilità V degli elementi a rischio; provvedimenti di zonazione delle aree a rischio, attuabili attraverso la vincolistica dell'uso del suolo, che hanno invece l'effetto di ridurre il valore E degli elementi a rischio. Tuttavia i termini che compaiono nella relazione (1) sono nella realtà di incerta valutazione in quanto: ü ü ü non sono ben definibili i valori unitari dei beni da proteggere, la loro effettiva vulnerabilità e gli effetti indiretti e indotti dell'evento; esiste un margine di incertezza talvolta molto ampio nelle proiezioni statistiche in campo idrologico; la situazione delle aree vulnerabili è destinata a mutare nel corso del periodo di valutazione t in maniera non perfettamente prevedibile nei calcoli di progetto. Vista l’urgenza di pervenire in breve tempo ad una perimetrazione delle aree a rischio, considerato, inoltre, che l’indagine riguarda tutto il territorio regionale, la valutazione di Rt, nella realizzazione del Piano stralcio, sarà di tipo qualitativo e non quantitativo, ovvero non si ritiene sia opportuno, almeno in questa fase, effettuare stime numeriche di E e V. Il DPCM in merito a quanto sopra recita: Sulla base della sovrapposizione delle forme ricavate dalla carta delle aree inondabili e dagli elementi della carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale, risulta possibile eseguire una prima perimetrazione delle aree a rischio e valutare , in tale ambito, le zone con differenti livelli di rischio, al fien di stabilire le misure più urgenti di prevenzione, mediante interventi, e/o misure di salvaguardia. Con riferimento ad esperienze di pianificazione già effettuate, è possibile definire 4 classi di rischio, secondo le classificazioni di seguito riportate. Le diverse situazioni sono aggregate in 4 classi di rischio a gravosità crescente (1 = moderato/a; 2 = medio/a; 3 = elevato/a; 4 = molto elevato/a), alle quali sono attribuite le seguenti definizioni: moderato (R1): per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; medio (R2): per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; elevato (R3): per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 8 Allegato 4 alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale; molto elevato vite umane e edifici, alle distruzione di (R4): per il quale sono possibili la perdita di lesioni gravi alle persone, danni gravi agli infrastrutture e al patrimonio ambientale, la attività socio economiche; Nella identificazione delle aree vulnerabili visto che, i fattori che concorrono a determinare la soggezione di un'area a fenomeni di inondazione non sono sempre facilmente identificabili, lo stesso D.P.R. rimanda, ove non sono possibili analisi di maggior dettaglio, all’analisi delle aree storicamente vulnerate, le aree cioè che nel passato sono state interessate da eventi idrogeologici disastrosi. Esiste infatti una tendenza di questi eventi a riprodursi nel tempo con caratteristiche in qualche misura analoghe, così che l'identificazione delle aree vulnerate porta ad identificare una aliquota verosimilmente consistente delle aree vulnerabili. Naturalmente eventi futuri potranno interessare anche zone mai colpite, o per la rarità del fenomeno o per le mutate condizioni ambientali o antropiche. In particolare l'espansione degli insediamenti finisce per interessare zone nuove magari colpite nel passato da fenomeni naturali che non provocando danni non hanno lasciato traccia nella memoria collettiva. In quest’ultimo caso, al cap.5 viene descritta una metodologia per localizzare, in prima approssimazione, aree a rischio idraulico non desumibili da indagini storiche. C'è poi da aspettarsi che eventi del passato potranno non ripetersi nell'orizzonte temporale di interesse, perché è molto elevato il loro periodo di ritorno o perché gli interventi antropici di sistemazione o la dinamica naturale del fenomeno attraverso il raggiungimento di nuove condizioni di equilibrio hanno ridotto la pericolosità del fenomeno. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 9 Allegato 4 2. ARTICOLAZIONE DELLE ATTIVITA’ L’imminente scadenza per l’ultimazione del lavoro conferisce carattere di urgenza alle attività da svolgere; pertanto, si prevede che le energie necessarie dovranno essere concentrate in modo che, alla data del 30 ottobre 2001, l’applicazione di una robusta struttura informativa e metodologica porti ad una prima perimetrazione delle aree a rischio. In tale ambito, compatibilmente con il dettaglio reso possibile dalle informazioni disponibili, saranno prioritariamente analizzate le zone con livello di rischio più elevato (come definito dal DPCM 29 settembre 1998 e dalla successiva L. 226/99) Lo studio sarà articolato in varie fasi che possono essere sintetizzate nei seguenti punti: § messa a punto di un catasto dei reticoli idrografici e relativi bacini (area ≥ 0,5 km2), per un ancoraggio univoco di tutte le informazioni derivate dallo studio e dall’osservazione del territorio; § progettazione e organizzazione di un data base relazionale, basato su Oracle, per un razionale ed efficiente utilizzo delle informazioni territoriali disponibili; § caratterizzazione morfologica dei corsi d’acqua e definizione delle differenti tipologie fluviali; § selezione dei modelli idrologici e idraulici, appropriati a ciascuna tipologia fluviale identificata, per una corretta stima della pericolosità idraulica; § reperimento dei dati storici e degli studi esistenti, finalizzato a una prima individuazione dei tratti di rete idrografica a maggior rischio; § realizzazione di una carta regionale della vulnerabilità, basata, in prima approssimazione, sulla densità abitativa derivata dai limiti censuari comunali e la localizzazione di aree vulnerabili (aree industriali, P.I.P. , infrastrutture, etc.); § messa a punto di un modello analitico semplificato, basato su informazioni morfometriche e geolitologiche, per la identificazione delle aree potenzialmente inondabili. § intersezione della carta regionale delle aree vulnerabili con le aree potenzialmente inondabili (come risultato del modello idraulico) e storicamente inondate, per la taratura di un metodo di localizzazione delle aree a rischio idraulico da utilizzare in mancanza di dati storici; § applicazione del modello di calcolo idraulico prescelto ai tratti di rete idrografica più significativi e individuati come tratti potenzialmente soggetti a fenomeni di dissesto idraulico; § misure di salvaguardia; § definizione degli interventi per la mitigazione del rischio e delle misure di salvaguardia. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 10 Allegato 4 2.1 Programmazione attività conoscitive secondo il D.P.R. 7 gennaio 1992 e piano stralcio Nell’allegato 2 del D.P.R. del 7 gennaio 1992, sono elencati dati ed elaborati che dovranno essere realizzati nella redazione dei Piani di Bacino. Il primo comma dell’allegato recita infatti: Per la redazione dei piani di bacino, ai sensi degli articoli 3 e 17 della legge n. 183 del 1989, le autorità di bacino e le regioni forniranno indicazioni in ordine alla disponibilità dei dati e degli elaborati sottoindicati. Le autorità di bacino e le regioni potranno altresì proporre ulteriori elaborati ritenuti necessari in relazione alle proprie esigenze territoriali. Sono di seguito elencati gli elaborati richiesti nella redazione del Piano di bacino secondo l’allegato 2 del D.P.R2. sopra citato. In neretto sono riportati gli elaborati che rientrano nell’ambito del Piano Stralcio; nel riquadro è riportata una sintetica descrizione dell’elaborato da realizzare. TERRITORIO: • carta topografica; La cartografia di base per la restituzione degli elaborati grafici del Piano Stralcio si dovrà avvalere dei seguenti prodotti: - ortofotocarta (in B/W) in scala 1:10.000 dell’AIMA messe a disposizione dal Ministero dell’Ambiente; - ortofotocarta a colori (1998) disponibile presso la Regione Calabria; - cartografia 1:10.000 CASMEZ - cartografie tecniche comunali - cartografia IGM • carta batimetrica; • carta geologica; (NON PREVISTA) Quale carta geologica regionale si potrà adottare la “Carta geologica della Calabria” (Salvatore Critelli & Emilia Le Pera, Tavola I, cartografia relativa al progetto Valutazione delle Piene in Calabria), in scala 1:330.000 realizzata dalla unità operativa 1.4 del CNRIRPI. In caso di necessità ed in aree ristrette, si utilizzeranno le tavolette della Carta Geologica in scala 1:25.000 • carta geomorfologica; da realizzare • carta idrogeologica: da realizzare 2 Il testo dell’allegato è riportato in COURIER. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 11 Allegato 4 • permeabilità delle formazioni affioranti pozzi e sorgenti; (NON PREVISTA) • caratteristiche idrauliche dell'acquifero; (NON PREVISTA) • carta pericolosità per frane; (Vedi • carta pedologica; • carta dell'uso del suolo; RISCHIO FRANE) (NON PREVISTA) Quale carta di base per l’uso del suolo a scala regionale si adotterà, in prima approssimazione, la cartografia del progetto CORINE III (o successivi aggiornamenti). • carta della subsidenza; • carta forestale e/o della vegetazione; (NON PREVISTA) Quale carta forestale regionale si potrà adottare, quale cartografia di sintesi, la “Carta geologica dell’indice di boscosità” (Sergio Cinnirella, Tavola VIII, cartografia relativa al progetto Valutazione delle Piene in Calabria), in scala 1:330.000 realizzata dalla unità operativa 1.4 del CNR-IRPI. In caso di necessità ed in aree ristrette, si utilizzeranno eventuali cartografie di maggior dettaglio. • carta dell'ubicazione delle cave e miniere; • carta delle opere di sbarramento e di ritenuta; (NON PREVISTA) Dovrà essere realizzato un elaborato (scala 1:250.000) contente tutti gli invasi presenti nella regione con sbarramenti superiori ai 10 metri. Le principali caratteristiche degli invasi dovranno essere riportate in un allegato a parte. • carta della classificazione sismica, con ubicazione degli epicentri e delle stazioni sismometriche e accelerometriche esistenti. (NON PREVISTA) INSEDIAMENTI • carta della pianificazione territoriale regionale; (NON PREVISTA) • carta della pianificazione paesistica; (NON PREVISTA) • carta della pianificazione urbanistica comunale; (NON PREVISTA) • carta della distribuzione della popolazione; carta della densità della popolazione; carta dei confini amministrativi; In merito alla distribuzione della popolazione dovrà essere realizzata, per ciascuna provincia, la seguente cartografia in scala 1:200.000 : Carta dei limiti comunali con la localizzazione dei centri urbani. I poligoni corrispondenti a ciascun comune dovranno essere campiti in falsi colori secondo una scala di 10 classi, corrispondenti alla distribuzione della densità della popolazione in ab/kmq. Un analoga rappresentazione dovrà essere realizzata per i poligoni rappresentanti i confini dei centri urbani. • carta dei vincoli: idrogeologico; CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 12 Allegato 4 forestale; paesaggistico; archeologico; militare; usi civici; carta dei beni culturali (centri storici, monumenti isolati, ecc.); altri; su cartografia in scala 1:50.000 (utilizzando quale sfondo la cartografia IGM in B/W) dovranno essere riportati limiti e vincoli esistenti su tutta la regione) • carta delle infrastrutture: stradali; ferroviarie; portuali; aeroportuali. La carta delle infrastrutture dovrà essere realizzata sovrapponendo al reticolo fluviale (in B/W), i reticoli stradali e ferroviari, codificati per ordine di importanza. Ogni intersezione reticolo-infrastruttura, dovrà essere marcato con un simbolo proporzionale all’ordine gerarchico del reticolo fluviale. ACQUE E METEOROLOGIA • carta idrografica Sulla base delle blu-lines rilevate dalla cartografia 1:10.000 e 1:25.000, si dovrà produrre una cartografia in scala 1:50.000 contenente tutti i reticoli, limiti di bacino e principale toponomastica. • carta dell'uso dell'acqua a livello intersettoriale (civile, industriale, agricolo) (NON PREVISTA) • carta delle aree inondate La carta delle aree inondate, un scala 1:200.000 dovrà essere realizzata sulla base di tutti i documenti storici disponibili. A seconda del dettaglio descrittivo disponibile, si procederà alla perimetrazione dell’area inondata o alla semplice identificazione del tronco fluviale interessato. A margine della carta, per ciascuna informazione riportata, si dovrà riportare la fonte e la descrizione di massima dell’evento. • carta delle precipitazioni per gli eventi alluvionali più significativi Si dovrà produrre un aggiornamento della carta “Isoiete dei principali eventi pluviometrici verificatisi dal 1921 al 1985” realizzata nell’ambito del Rapporto Calabria 1988. • carta delle aree con rischio di inondazione, comprese quelle a drenaggio difficile da realizzare • carta tematica dell'organizzazione del servizio di piena;(NON PREVISTA) • carta delle opere idrauliche di difesa (fluviali e marittime); carta delle opere su alvei fluviali; carta delle derivazioni CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 13 Allegato 4 La carta delle opere fluviali sarà realizzata utilizzando come base la “Carta Idrografica” in scala 1:50.000. Sulla carta saranno riportate tutte le opere rilevate dai sorveglianti idraulici. • carta dei prelievi superficiali e sotterranei e degli scarichi (NON PREVISTA) • carta della rete extraurbana di raccolta delle acque di scarico e degli impianti di depurazione; (NON PREVISTA) • carta della qualità delle acque superficiali, sotterranee e costiere; (NON PREVISTA) • carta delle stazioni di misura: termometriche; pluviometriche; nivometriche; anemometriche; idrometriche; di portata; Su cartografia in scala 1:250.000, con riportato in sfondo il reticolo ed i bacini principali, si localizzeranno tutte le stazioni di misura idropluviometriche, individuate sul territorio regionale. Per ciascuna stazione dovranno essere evidenziate, nel modo più opportuno, le seguenti informazioni: grandezza misurata, tipo di strumento, quota, anno inizio (fine) funzionamento, gestore. • sezioni di interesse; torbidometriche; freatimetriche; di qualità delle acque; carta delle temperature medie annue; carta delle precipitazioni medie annue; carta delle temperature medie stagionali; carta delle precipitazioni medie stagionali; carta delle precipitazioni nevose e dei ghiacciai; • carta delle zone di alimentazione del trasporto solido.(VEDI RISCHIO FRANE) (NON PREVISTA) Dati ed elaborati grafici: • opere corrispondenti a concessioni su demanio fluviale, lacuale e marittimo (NON PREVISTA) • variazioni demografiche; (NON PREVISTA) • patrimonio abitativo; (NON PREVISTA) • disponibilità idrica; (NON PREVISTA) • dotazioni e consumi idropotabili: (NON PREVISTA) • dotazioni e consumi irrigui; (NON PREVISTA) • patrimonio zootecnico; (NON PREVISTA) • industrie a rischio; (NON PREVISTA) • attività produttive idroesigenti. Stima della domanda idrica; (NON PREVISTA) • attività produttive. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). (NON PREVISTA) 14 Allegato 4 • Valutazioni inquinamento potenziale; (NON PREVISTA) • acque pubbliche; (NON PREVISTA) • serie storica degli eventi alluvionali; dati ed elaborati degli eventi alluvionali più significativi. In merito ai dati ed elaborati sopra richiesti si dovrà produrre una opportuna monografia, collegata alle carta delle aree storicamente inondate. • rappresentazioni idrometeorologiche, idrometriche e mareografiche di riferimento; • valutazione globale per corso d'acqua dei prelievi; utilizzazioni delle grandi derivazioni con regolazione pluriennale; • concessioni di prelievo di inerti dagli alvei; (NON PREVISTA) • bilancio delle risorse idriche del corso d'acqua; (NON PREVISTA) • valutazione dell'evapotraspirazione; (NON PREVISTA) • dati idrometrici per gli eventi di piena: altezze idrometriche, portate; valutazione delle portate di piena nelle sezioni di interesse con tempi di ritorno; Dati da inserire nella relazione idrologica • stima dell'ablazione totale del bacino; • stima delle caratteristiche mareografiche, correntometriche ed ondametriche nei tratti costieri; • valutazioni del cuneo salino; • schema del sistema gerarchico della rete idrografica; (NON PREVISTA) Lo schema gerarchico della rete idrografica dovrà essere riportato nella carta dei reticoli fluviali. • curve di probabilità pluviometriche per altezze di precipitazione con durata 1, 3, 6,12 e 24 ore; curve di probabilità pluviometriche per altezze di precipitazione con durata 1, 2 3, 4 e 5 giorni; profili longitudinali dei corsi d'acqua e delle eventuali arginature; profili trasversali dei corsi d'acqua; sezioni trasversali dei corsi d'acqua; Le quantità sopra descritte dovranno essere prodotte nell’ambito della “Relazione idrologica” e “Relazione idraulica” • serie storica dei profili longitudinali dei corsi d'acqua;(NON PREVISTA) • serie storica delle sezioni trasversali dei corsi d'acqua;(NON PREVISTA) • profili di costa e loro evoluzione; • analisi chimiche e batteriologiche delle acque; acque reflue; censimento pozzi con stratigrafie; relazione fra acque sotterranee e acque marine nei territori costieri. (NON PREVISTA) (NO Nell’ambito del Piano stralcio che dovrà essere realizzato, tutte le informazioni saranno georeferenziate secondo il sistema ROMA40, ove possibile, per le coordinate degli CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 15 Allegato 4 elementi puntuali, vettoriali e DTM sarà mantenuta la doppia notazione in coordinate geografiche sessadecimali e coordinate piane (Gauss-Boaga fuso est.) Nell’eventualità che le informazioni geografiche siano disponibili nel sistema Roma40, queste dovranno essere convertite in Gauss-Boaga tenendo presente le variazioni in longitudine e latitudine organizzate per tavoletta. Dovrà essere reperita la seguente cartografia: - ortofoto scala 1:10.000 cartografia CASMEZ 1:10.000 cartografia IGM 1:50.000 carta geologica 1:25.000 DEM 20 mt IGM Curve livello IGM limiti provinciali, comunali, censuari limiti Comunità Montane limiti consorzi, aree industriali,…. (?) reticolo viario limiti di bacino reticolo fluviale carta uso del suolo Landsat 7 (agosto 2000) Cartografia di base a grande scala, dove disponibile: - cartografia tecnica comunale vettoriale cartografia tecnica in formato raster, georeferenziata Cartografia di base derivata: - carta densità antropica (%superficie antropizzate) carta delle pendenze Cartografia Cartacea relativa a tutto il territorio regionale: - ortofoto scala 1:10.000 carta topografica CASMEZ 1:10.000 (GB) carta 1:25.000 (vecchia serie, GB) carta 1:25.000 (nuova serie ED50) carta 1:50.000 (ED) carta 1:100.000 /GB) carta 1:250.000 (ED50) carta geologica 1:25.000 (GB) Gli elaborati cartografici previsti possono essere sommariamente divisi nelle seguenti categorie: - Profili e sezioni fluviali Carte tematiche a scala regionale CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 16 Allegato 4 - Carte finalizzate alla valutazione del rischio Carte del rischio idraulico Profili e sezioni - Per tutte le aree a rischio idraulico R4, la messa a punto del modello idraulico richiede la presenza di profili e sezioni fluviali, in quantità sufficienti a garantire una soluzione accettabile. Carte tematiche a scala regionale - Le carte tematiche a scala regionale, dovranno essere realizzate in scala 1:200.000 - Carta geologica - Carta dell’uso del suolo (progetto CORINE) - Carta della vegetazione - Carta dei bacini idrografici + reticoli principali (ord. > 2) - Carta delle vie di comunicazioni e del reticolo fluviale - Carta della vulnerabilità - Carta del rischio idraulico presunto - Carta delle aree vulnerate storicamente Carte specifiche per la valutazione del rischio Carte finalizzate alla valutazione del rischio Carte del rischio idraulico 2.1.1 Specifiche Profili e sezioni La scala degli elaborati grafici, per rappresentare profili e sezioni, sarà compresa tra 1:1.000 a 1.5.000, a seconda della lunghezza totale del tronco in esame, e delle sezioni. Dovranno essere riportati i seguenti dati: • numero vertice • distanza parziale • progressiva • quota L’alveo in esame e le sezioni progressivamente numerate, dovranno essere riportati nella planimetria delle carte del rischio in scala 1:10.000. Le sezioni rilevate topograficamente, dovranno riportare la data del rilievo. Carte tematiche a scala regionale Tutte le carte dovranno essere realizzate in coordinate GB (ROMA40) secondo le proiezioni di Gauss-Boaga. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 17 Allegato 4 2.2 Catasto reticoli idrografici Al fine di raccogliere e archiviare in modo coerente tutte le informazioni riguardanti i fiumi calabresi, si dovrà realizzare un “catasto” dei reticoli fluviali, in cui ciascun tronco compreso tra due confluenze sarà identificato da un codice univoco a scala regionale. Analogamente, ciascun bacino sarà identificato da un codice da utilizzare successivamente quale prefisso per i sottobacini di appartenenza, secondo una semplice regola gerarchica. L’operazione sopra descritta dovrà essere realizzata di concerto con il Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale (S.I.M.N.), Ufficio di Catanzaro. Il SIMN, utilizzando le tavolette in scala 1:25˙000 dell’I.G.M., ha effettuato una perimetrazione dei principali bacini e sottobacini calabresi. Per questi 45 bacini sono state, inoltre, estratte ed elaborate tutte le blue-line presenti sulle tavolette. Le informazioni così rilevate sono state digitalizzate e organizzate in file compatibili con AutoCad. Sulla base di questi dati il C.N.R.-I.R.P.I. e il S.I.M.N. di Catanzaro hanno prodotto una cartografia che riproduce in 7 tavole, corredate di ulteriori informazioni, i 45 bacini suddetti. Per ciascuno di essi sono disponibili le seguenti informazioni: Dati geometrici • limiti bacino • limiti sottobacini • reticolo fluviale (insieme di tratti elementari provvisti di congruenza nodale) o ID (per ciascun tronco) o Ordine secondo Horton-Strahler o Indice foce Files ASCII • Nomi bacini • Nomi sottobacini • Nomi tronchi fluviali Fasi realizzative Per completare le informazioni necessarie alla realizzazione del catasto dei reticoli idrografici si rendono necessarie tre ulteriori operazioni: a) completamento dell’informatizzazione dei reticoli e bacini; b) elaborazione dei dati morfometrici; c) inserimento dei dati all’interno di un DB relazionale. Completamento dell’informatizzazione dei reticoli e bacini I dati messi a disposizione dal S.I.M.N., relativi ai principali bacini calabresi, coprono il 70% della regione. Il restante 30% del territorio regionale non è stato ancora elaborato per cui si rende necessario, prima di procedere alla realizzazione del sistema informativo del Piano, completare l’archivio. La gran parte dei reticoli non ancora digitalizzati riguarda piccoli bacini, che saranno rilevati dalla cartografia CASMEZ 1:10˙000. Le operazioni necessarie alla copertura del restante 30%, che sarà effettuata dai juniores si svolgerà secondo il seguente schema: − Recupero di tutte le tavolette in scala 1:25˙000 e carte 1:10˙000; − Riporto sulle tavolette dei limiti di bacini preesistenti; CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 18 Allegato 4 − − − − − Perimetrazione (su carta) di tutti i piccoli bacini con S > 3 km2; Perimetrazione su carta di tutti i sottobacini; Assegnazione codici e toponomastica Verifica dati da parte del SIMN Digitalizzazione bacini e reticoli idrografici mediante scanning e vettorializzazione automatica. − Elaborazione dati − Aggiornamento dati DB Collaudo Elaborazione dei dati morfometrici relativi ai bacini Al fine di rendere utilizzabili i dati relativi a reticoli e bacini idrografici, nella tabella associata a ciascun elemento, oltre alle caratteristiche geometriche, dovranno essere inserite informazioni derivate dal DEM dell’I.G.M. (celle 20 m x 20 m). Per ciascun bacino e sottobacino dovranno essere rilevate le seguenti informazioni: − superficie; − perimetro; − pendenza media; − quota media; − quota minima; − quota massima. Integrazione dati reticoli idrografici Tutti i reticoli idrografici dovranno essere organizzati in una forma topologica congruente, orientando da monte verso valle ciascun tratto compreso tra due confluenze. Ciascun tronco fluviale, identificato dal nodo iniziale, finale e da un ID progressivo, dovrà contenere le seguenti informazioni: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. ID progressivo; Nodo Iniziale (monte); Nodo Finale (valle); Quota I; Quota F (quota F sempre < di quota I); Quota media (media delle quote di tutti i nodi); Pendenza media (media dei singoli elementi); Lunghezza. 2.3 Informatizzazione dati rilevati dagli operatori fluviali Nel corso del corrente anno sono state rilevate, da parte di numerosi operatori fluviali, circa 50˙000 schede riferite allo stato dei fiumi calabresi e delle relative opere di sistemazione e difesa spondale. Le schede, attualmente presenti solo su supporto cartaceo, necessitano di essere informatizzate in modo organico all’interno del sistema informativo del piano. Obiettivo prioritario nell’informatizzazione dei dati rilevati dagli ufficiali idraulici è l’inserimento strutturato di tutte le informazioni utili alla valutazione del rischio idraulico, all’interno di un DB relazionale omogeneo e compatibile con tutte le altre informazioni disponibili. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 19 Allegato 4 2.4 Analisi sezioni critiche Si ritengono sezioni critiche quelle in cui la presenza di un’opera antropica (ponti, tombini di attraversamento etc.) o di singolarità nella geometria dell’alveo (brusco restringimento etc.) possa provocare esondazioni, sia per insufficienza delle sezioni stesse, sia per effetti di rigurgito che mettano in crisi le sezioni di monte. L’analisi delle sezioni critiche consiste nella valutazione, nel caso di strutture interferenti con la corrente, delle portate massime transitabili senza esondazioni, evitando situazioni di pericolo o danneggiamento delle opere. Per le sezioni trasversali in cui sono presenti ponti, ad esempio, si valuteranno le portate massime che garantiscano un assegnato franco di sicurezza. Si valuteranno, altresì, le portate massime che, per effetto del rigurgito provocato dall’opera sulla corrente, possano provocare condizioni critiche di esondazione nelle sezioni del tronco fluviale di monte. Analoghe valutazioni saranno effettuate nel caso di sezioni singolari (brusco restringimento etc.). Dall’analisi delle sezioni critiche potranno derivare indicazioni operative, finalizzate alla riduzione della pericolosità (nel caso di ponti, soprattutto se di scarsa valenza architettonica, paesaggistica e infrastrutturale, si potrà pervenire all’abbattimento e alla ricostruzione). L’analisi deve essere sviluppata, ovviamente, partendo dai rilievi topografici di dettaglio specificamente eseguiti e dalle schede di rilevamento-dati redatte dai sorveglianti idraulici (v. Scheda Rilievo Ponti e Scheda Rilievo Tombini, allegate). 2.4.1 Specifiche per il rilievo topografico delle sezioni e del profilo longitudinale Secondo il modello idraulico utilizzato, l’insieme di dati (sezioni, profili, piani quotati etc.) dovranno essere elaborati in accordo con le specifiche richieste dal modello. Le quantità sopra elencate possono essere attualmente desunte, in ordine di precisione da: § Schede Rilievo Ponti e Tombini3: (ALLEGATO C) sono state predisposte delle apposite schede da distribuire ai sorveglianti idraulici per un’intensiva campagna di rilevamento (v. allegati). Sono in corso di predisposizione gli appositi software per trasferire le informazioni sul data base e costruire gli script secondo le specifiche richieste dai modelli di calcolo idrologico e idraulico (HEC-1, HEC-RAS, TELEMAC-2D, etc.). La risoluzione e il dettaglio dei dati, derivabili dalle schede in oggetto, consentono un loro utilizzo su tutti i modelli presi in considerazione. § Rilievo topografico di precisione: sono in corso di predisposizione le schede di campagna per effettuare rilievi di sezioni e profili mediante Stazione Totale. Sono state programmate 5 squadre di rilevatori per effettuare campagne di misura in corrispondenza dei corsi d’acqua dove si ravvisa un rischio di livello R4 ed eventualmente R3. La risoluzione e il dettaglio dei dati, derivabili dalle misure dirette di campagna, consentono un loro utilizzo su tutti i modelli presi in considerazione. § Estrazione piani quotati e sezioni da cartografia FFSS: le FFSS dispongono di un DB topografico lungo la linea ferroviaria per un ampiezza di 1000 m ed alla scala 1:5000. Sulla base di un campione acquisito di recente presso gli uffici di Reggio C., si è potuto verificare che la cartografia in oggetto è molto dettagliata e consente la realizzazione di piani quotati e sezioni di buon livello. Anche in questo caso i dati potranno essere utilizzati per tutti i modelli presi in considerazione. 3 Vedi allegato B CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 20 Allegato 4 § Estrazione piani quotati da cartografia tecnica comunale: moltissimi comuni calabresi si sono dotati di cartografia tecnica a grande scala. Purtroppo spesso questa cartografia non consente di estrarre dati relativi alla quota in forma automatica. Nel caso di cartografia di tipo 3D (a tutti gli elementi è sempre associata la quota), la qualità delle sezioni fluviali dipende dalla completezza dei diversi strati informativi. 2.4.2 Specifiche per l’inserimento dati Per accelerare il processo di inserimento dei dati geometrici all’interno dei programmi che dovranno essere utilizzati per la valutazione delle sezioni, portate, etc., si dovranno predisporre dei semplici programmi capaci di trasformare i dati rilevati in formato tabellare semplice (tipo excel) in script leggili dai diversi modelli che saranno utilizzati (HEC-1, HEC-RAS, TELEMAC, etc.) . CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 21 Allegato 4 3. Caratteristiche idrauliche aste fluviali L’atto di indirizzo e coordinamento richiede la distinzione delle caratteristiche idrauliche degli eventi temuti (punto 2.2) che possono verificarsi nei bacini montani: colate detritiche, piene repentine, alluvioni di conoide, etc., dalle caratteristiche idrauliche degli eventi che possono verificarsi nei corsi d’acqua di fondo valle: piene dei corsi d’acqua maggiori, piene con pericolo di disalveamento, piene con deposito di materiale alluvionale, sostanze inquinanti o altre, etc. Quanto sopra richiede una distinzione, seppur di larga massima, dei tronchi fluviali in base alle caratteristiche degli eventi idraulici temuti che possono interessare il corso d’acqua. Resta inteso che, data la complessa dinamica degli eventi alluvionali, che certamente si manifestano in maniera complessa e articolata, ciascun tronco fluviale dovrà essere classificato in base a quella che appare la caratteristica predominante. § tratti montani, incisi in formazioni in posto, in cui possono verificarsi dissesti di carattere erosivo localizzati al piede dei versanti e, nei casi più gravi, colate rapide di fango o di detrito con effetti distruttivi; § tratti alluvionati pedemontani: o alvei pensili in corrispondenza di conoidi o per eccessivo deposito di materiale alluvionale in corrispondenza di alvei arginati; § tratti terminali delle fiumare in cui si possono verificare esondazioni improvvise e violente, caratterizzate da un notevole trasporto solido; § tratti incassati di pianura, in cui si verificano esondazioni in conseguenza delle portate in arrivo da monte, eccessive rispetto alla capacità di convogliamento idrico; o punti sensibili in cui si possono verificare esondazioni per restringimento delle sezioni trasversali a causa di opere antropiche (ponti, arginature di confinamento, etc.) o naturali; o aree pianeggianti soggette ad allagamenti per insufficienza della rete drenante. A. Nella successiva fase di individuazione e perimetrazione delle aree a rischio di inondazione, verifiche ed analisi dovranno essere condotte facendo riferimento a tratti di tronchi fluviali omogenei secondo la classifica sopra definita. 3.1 Tratti montani Per tratti montani si intendono i corsi d’acqua con pendenze di fondo alveo, comprese tra 1÷2% e 10÷15%, regime delle portate spiccatamente torrentizio, quasi sempre caratterizzato da portate non nulle solo nei periodi di pioggia, e notevole capacità di trasporto sia del materiale solido in arrivo dal bacino sia, in talune circostanze, di quello presente sul fondo alveo. In tali tratti, a causa dell’elevata pendenza dei versanti, nella gran parte dei casi non vi è possibilità d’esondazione. Pertanto, si può non procedere a un vero e proprio studio del profilo della superficie libera che si instaura per portate di piena di assegnato periodo di ritorno. In tali tratti è sufficiente: CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 22 Allegato 4 a) un adeguato rilievo topografico, anche mediante cartografia in scala 1:5˙000 – 1:10˙000; b) la localizzazione di tutte le opere di attraversamento viario, che possono essere di ostacolo al deflusso delle acque; c) il rilievo di alcune sezioni trasversali dell’alveo (intervallate di circa 300÷400 m) a monte di opere trasversali, per l’effettuazione di calcoli idraulici di prima approssimazione; d) la localizzazione di eventuali condizioni di dissesto delle sponde, tali da minare la stabilità dei versanti e comprometterne l’equilibrio. 3.2 Tratti alluvionati pedemontani La Calabria, attraversata da una dorsale montuosa secondo una direzione nord-sud, presenta numerose aree pedemontane sia al suo interno, in corrispondenza del graben del Crati, lungo i versanti tirrenico e ionico ed in corrispondenza di alcuni tratti pianeggianti. L’orogenesi dell’arco calabro, attualmente ancora interessato da fenomeni di sollevamento, ha inoltre contribuito alla formazione di significative conoidi nella zona di foce di numerosi torrenti caratterizzati da un elevato trasporto solido (tratto Amantea-Belmonte, f.ra Melito). Tali conoidi, nell’intersecare le vie di comunicazione litoranee, sono spesso attraversate in galleria, divenendo in tal modo alvei pensili. Anche se non possono considerarsi propriamente tratti pedemontani, la presenza di arginature in tratti montuosi di corsi d’acqua a scarsa pendenza e caratterizzati da notevole trasporto solido, ha spesso causato l’innalzamento dell’alveo rendendo quest’ultimo pensile rispetto alla campagna circostante (vedi tratto di monte f.ra Valanidi, etc.). Particolare attenzione meritano le fiumare calabre presenti sul versante ionico della regione. Queste certamente ricadono nella categoria dei tratti alluvionati pedemontani, ma, considerata la loro dimensione e l’importanza dei fenomeni che in esse avvengono, saranno considerate a parte. I tratti pedemontani e i casi sopra descritti si presentano quasi sempre alluvionati, in conseguenza delle scarse pendenze già originariamente disponibili e in maniera più o meno consistente in relazione al dissesto del bacino. In tali tratti, le portate in arrivo da monte tendono via via a rallentare, arrivando anche a formare risalti sia per la presenza di opere trasversali (salti di fondo e ponti), sia per la presenza di restringimenti della sezione (muri di sponda). Pertanto, soprattutto in corrispondenza di brusche deviazioni planimetriche e di delimitazioni d’alveo, le correnti di piena possono fuoriuscire dal proprio alveo e esondare, più o meno disordinatamente, sulle zone confinanti. È evidente che, nel caso in cui queste aree risultassero interessate dalla presenza di insediamenti civili e/o produttivi, il rischio di danno che ne conseguirebbe verrebbe ad essere alquanto elevato e, pertanto, intollerabile dalla comunità. Va tenuto ancora presente che, in tali tratti, il rischio di esondazione può essere drammaticamente incrementato da fenomeni di sovralluvionamento d’alveo che, determinando rapide e spesso cospicue riduzioni delle sezioni trasversali, possono comportare una insufficienza delle sezioni o, comunque, una riduzione della capacità di convogliamento delle portate liquide. Per tali tratti è dunque necessario: CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 23 Allegato 4 a) l’individuazione preliminare, in base al DEM dell’I.G.M. (celle 20 m x 20 m), le zone di brusca variazione della pendenza dei reticoli, pertanto, potenzialmente suscettibili di fenomeni di sovralluvionamento; b) l’analisi documentale dei tratti pensili; c) la localizzazione dei restringimenti e delle opere di attraversamento; d) l’individuazione, sulla base della cartografia in scala 1:5.000 ove disponibile, e sulla base dell’analisi dei profili longitudinali, dei tratti fluviali in cui, per la presenza di accentuate curve planimetriche, può temersi la fuoriuscita dall’alveo delle correnti di piena e del materiale solido in arrivo da monte e, contemporaneamente, possono verificarsi danneggiamenti a persone o cose. Nei casi in cui emergono situazioni di rischio, si rendono necessari: - 3.3 la costruzione di un DEM ad alta definizione a partire da eventuali cartografie tecniche a grande scala; un rilievo topografico dell’asta e delle sezioni trasversali (mediamente, ogni 250 m circa e, comunque, in corrispondenza di ogni discontinuità; la perimetrazione della conoide per la localizzazione degli alvei pensili mediante fotointerpretazione; Tratti terminali delle fiumare Fattori climatici, morfologici e geolitologici hanno determinato nel versante ionico calabrese alcuni sistemi fluviali con alcune caratteristiche molto accentuate e particolari denominati fiumare. Le fiumare si presentano in genere con brevi corsi d’acqua caratterizzati da dislivelli notevoli, pendenze accentuate e bruschi passaggi planoaltimetrici dai tratti montani a quelli vallivi. Nelle pianure costiere le aste terminali presentano ampi materassi alluvionali solcati da una rete di canali poco incisi costituenti il letto di magra. Le caratteristiche idrologiche delle fiumare sono difficilmente quantificabili per la mancanza dei dati di portata. Durante le piene ordinarie, la corrente incide uno o più alvei provvisori, profondi e larghi quanto basta per contenere la portata; essi hanno durata effimera perché nella fase di esaurimento della piena, per la diminuita capacità di trasporto, vengono, almeno in parte, interriti. Nelle aste terminali la casualità con cui la fiumara utilizza i diversi settori dell’alveo, durante le piene ordinarie, fa si che alcune porzioni di esso non subiscano l’azione delle acque per lunghi periodi. Ciò induce a pensare che la fiumara abbia modificato il proprio corso e abbandonato tali aree che pertanto vengono, in breve tempo, colonizzate dall’uomo. Nel corso di eventi eccezionali la corrente tende invece ad occupare tutto l’alveo disponibile comprese le aree golenali apparentemente abbandonate. Per l’analisi di tali tratti, risulta dunque indispensabile: a) una dettagliata analisi storica di tutti i documenti cartografici e fotografici dei tratti terminali, esaminando con particolare attenzione i documenti ripresi dopo eventi alluvionali (Volo 1955); b) un rilievo sufficientemente dettagliato dello stato dei luoghi, ottenibile mediante il rilievo di sezioni trasversali situate, comunque, in corrispondenza di tutti i siti di CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 24 Allegato 4 particolare interesse ai fini delle successive analisi idrauliche (ponti, confluenze, salti di fondo, inizio/fine di tratti arginati, traverse, ecc.); c) un censimento di tutte le opere (soprattutto di quelle trasversali) esistenti sul tratto da indagare, o sui tratti di monte, in grado di influenzare i valori delle portate massime che possono effettivamente affluire al tratto; d) la determinazione delle aree storicamente allagate; e) una disamina degli interventi di sistemazione idraulica realizzati ed il loro stato di efficienza. 3.4 Tratti incassati di pianura Per la sua natura prevalentemente montuosa la Calabria presenta pochi tratti pianeggianti. La valle del Crati rappresenta la più estesa area pianeggiante; altre aree di pianura di minore estensione sono situate nelle parti terminali di alcuni fiumi quali l’Esaro, il Petrace, il Mesima, il Lao, il Savuto, l’Amato. In passato, in particolare fino al secolo scorso, per motivi di difesa da eventuali aggressioni, nonché per motivi sanitari legati alla presenza di aree paludose malariche, le popolazioni locali non hanno occupato tali aree. Pur se ancora oggi non vi sono grossi agglomerati urbani, è evidente comunque una tendenza alla trasformazione di tali aree da agricole ad industriali (Gioia Tauro, Lamezia, Crotone). I tratti d’alveo e i canali calabresi incassati nelle piane alluvionali sono caratterizzati da scarse pendenze di fondo, al più dell’ordine d’alcune unità per mille, e da sponde di norma sufficienti - in assenza di interventi di sistemazione idraulica - a convogliare, senza esondazioni, portate corrispondenti a periodi di ritorno di qualche anno (dell’ordine di 5-10 anni). Tali tronchi risultano, in genere, fortemente interessati da interventi antropici, essendo: § attraversati da strade e ferrovie di diverso ordine d’importanza; § frequentemente delimitati da arginature e/o muri di sponda; § spesso caratterizzati dalla presenza, in prossimità delle sponde, di complessi insediativi e/o produttivi; § a volte interessati da notevoli immissioni concentrate di portata, provenienti da reti di drenaggio montane. Per l’analisi di tali tratti, risulta dunque indispensabile: a) un rilievo sufficientemente dettagliato dello stato dei luoghi, ottenibile o mediante il rilievo di sezioni trasversali situate, comunque, in corrispondenza di tutti i siti di particolare interesse ai fini delle successive analisi idrauliche (ponti, attraversamenti, confluenze, salti di fondo, inizio/fine di tratti arginati, traverse, ecc.), oppure, preferibilmente, attraverso il rilievo planoaltimetrico dei luoghi e, la ricostruzione successiva di sezioni trasversali per tutti i punti di interesse precedentemente indicati; b) un censimento di tutte le opere (soprattutto di quelle trasversali) esistenti sul tratto da indagare o sui tratti di monte, in grado di influenzare i valori delle portate massime che possono effettivamente affluire al tratto; c) la determinazione delle aree storicamente allagate; d) una disamina degli interventi di sistemazione idraulica realizzati. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 25 Allegato 4 3.5 Perimetrazione sulla base di documenti storici. La legge 267/98, nelle definizione dei criteri per la perimetrazione delle aree a rischio di inondazione, tiene in grande considerazione lo studio e l’analisi delle aree storicamente inondate secondo il principio che gli eventi alluvionali si possano ripetere in aree già vulnerate in passato. Tale principio definisce senz’altro una condizione necessaria ma, purtroppo, in molti casi non sufficiente in quanto, aree a rischio di recente antropizzazione, difficilmente dispongono di documenti relativi ad eventi alluvionali accaduti nel passato. In ogni modo, fatta salva la considerazione di indagare anche in aree in cui non si dispone di nessun documento (vedi 0), l’analisi dei documenti storici costituisce una insostituibile strumento per localizzare le aree a rischio. L’utilizzo dell’informazione storica e la possibilità di localizzare le aree a rischio dipendono ovviamente dalla qualità del documento disponibile. In linea generale possiamo distinguere tre livelli di dettaglio per la documentazione storica: § documenti cartografici georeferenziati § documenti con la descrizione geografica dei luoghi § documento con descrizione generica dei luoghi In ogni modo, quale che sia il documento storico disponibile, la perimetrazione che ne può scaturire è puramente indicativa in quanto, difficilmente è associabile a quest’ultima una misura della pericolosità. 3.5.1 Documenti cartografici georeferenziabili I documenti cartografici, normalmente reperibili, sono costituiti da foto aeree, carte topografiche, elaborati grafici. Anche se nella maggior parte dei casi questi documenti non sono stati realizzati per delimitare aree vulnerate, in alcuni casi è possibile ricostruire, attraverso le tracce lasciate dalle acque, le aree interessate dall’inondazione. Di particolare interesse in Calabria sono le foto aeree del volo IGM 1955 e la cartografia CASMEZ in scala 1:10.000. Le prime sono state riprese dopo i devastanti eventi alluvionali che hanno interessato gran parte della regione negli anni 1951 e 1953. Da un’analisi allo stereoscopio delle foro aeree, sono facilmente individuabili le aree interessate dalle esondazioni delle fiumare durante gli eventi sopra citati. In molti casi tali aree si estendono su porzioni di territorio attualmente adibite ad attività agricole e industriali se non addirittura urbanizzate. Poiché, presumibilmente, gran parte della cartografia CASMEZ 1:10.000 è stata realizzata utilizzando tali foto, in molti casi sono chiaramente riportate come alvei fluviali le aree interessate dalle inondazioni. Da una comparazione con la cartografia recente, molte di queste aree non sono più visibili e rilevabili. Le considerazioni sopra esposte per realizzare una valida perimetrazione di aree potenzialmente inondabili, sono valide sempre che, nel tronco in esame, non vi siano state sostanziali modifiche alle arginature ed opere di laminazione a monte. 3.5.2 Documenti storici con descrizione geografica dei luoghi Rientrano in questa categoria informazioni desumibili da pubblicazioni di enti pubblici, Servizi Tecnici, studi specifici, monografie su singoli fenomeni ed articoli scientifici. Da questi documenti è possibile localizzare con buon dettaglio l’area vulnerata e l’intensità dell’evento. Le informazioni desunte possono essere utilizzate per effettuare una perimetrazione di larga massima, da verificare successivamente con i modelli idraulici. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 26 Allegato 4 3.5.3 Documenti storici che identificano solo i luoghi in forma generica In questa categoria di documenti rientrano in genere articoli, recensioni e pubblicazioni di tipo divulgativo quali notizie stampa, racconti memorialistici, storiografici ed altri. Le informazioni desumibili da tali sorgenti sono in genere di tipo qualitativo; una misura dell’intensità dell’evento è desumibile solo dalla descrizione dei danni. 1. RISCHIO IDRAULICO Per l’individuazione delle aree a rischio idraulico a scala regionale è necessario definire la carta delle aree suscettibili di inondazione e la carta degli elementi a rischio (intesi come persone, beni localizzati, patrimoni ambientali) con la loro vulnerabilità. Sempre al §2.1, l’Atto di Indirizzo e C. considera come elementi a rischio “..innanzitutto l’incolumità delle persone e inoltre, con caratteri di priorità, almeno: a) gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica; b) le aree cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge; c) le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale; d) il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante; e) le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie; Il cap. 2.1 dell’Atto di Indirizzo e Coordinamento, inoltre, recita “.. Utilizzando la cartografia in scala minima di 1:25.000 e con l’ausilio delle foto aeree, dovrà essere individuata la presenza degli elementi indicati nelle premesse … , riferiti agli insediamenti, alle attività antropiche e al patrimonio ambientale, che risultano vulnerabili da eventi idraulici. ..” Considerata la complessità di realizzare una carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità a scala regionale, il problema sarà affrontato per successivi livelli di approfondimento, aumentando il dettaglio informativo in corrispondenza delle aree a rischio R4 e R3, precedentemente individuate sulla base delle informazioni storiche. La procedura di seguito esposta è finalizzata, inoltre, ad individuare ulteriori aree a rischio, non classificate nella prima fase. 4.1 Carta regionale degli elementi a rischio. (carta V1) La carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità sarà derivata a partire dalla nuova cartografia IGM in scala 1:25.000 che costituisce attualmente, a scala regionale, il documento cartografico più aggiornato4. Per la costruzione della carta si dovranno perimetrare, sulla base dei dati censuari le aree urbanizzate, secondo classi corrispondenti a diverse intensità abitative, e industriali, costruendo le seguenti classi di densità abitativa: 4 La copertura attuale dei 25.000 è di circa il 90%, le aree non coperte saranno elaborate utilizzando i 50.0000 CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 27 Allegato 4 1. alta 2. media 3. bassa 4. scarsa 5. molto scarsa 6. nulla Si dovranno inoltre perimetrare le aree in cui insistono: 7. insediamenti produttivi, 8. impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge; 9. le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale; 10. il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante; 11. le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie; 4.1.1 Costruzione della carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità Prima di passare alla rappresentazione cartografica degli elementi a rischio e della vulnerabilità, è necessario definire il livello di vulnerabilità degli elementi a rischio. Una ipotesi molto approssimativa, per valutare la vulnerabilità, è di legare ciascuna classe alla densità abitativa ed alla destinazione d’uso del territorio (urbano, industriale). Anche se il valore della densità abitativa rilevabile con le informazioni disponibili è molto approssimato, la carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità potrà essere costruita secondo una scala 0 – 1 in base alla densità abitativa. La stessa scala di vulnerabilità (0-1) sarà applicata ai punti 7-11 in base all’importanza degli insediamenti. 4.1.2 Specifiche per la realizzazione della carta. La carta dovrà essere realizzata secondo un modello a celle di dimensioni 20x20. A ciascuna cella, rappresentativa di una delle 11 classi sopra definita, sarà quindi assegnato un valore da 0 a 1. 4.2 Carta della vulnerabilità aree R4 Per le aree a rischio riconosciuto di classe R4, l’individuazione della vulnerabilità degli elementi a rischio dovrà essere effettuata con il massimo dettaglio consentito dagli strumenti cartografici oggi disponibili. L’unico strumento di dettaglio oggi disponibile su tutta la regionale sono le ortofoto in scala 1:10.000 realizzate sulla base di un volo aereo del 1998. Le ortofoto purtroppo non consentono di enumerare automaticamente gli elementi vulnerabili all’interno di una assegnata area inondabile. Le ortofoto saranno utilizzate ove non sono disponibili strumenti alternativi. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 28 Allegato 4 Il secondo strumento disponibile è rappresentato dalla cartografia tecnica a grande scala realizzata da singoli comuni o Comunità Montane. Questa, se realizzata in formato vettoriale e con una buona organizzazione dei diversi layers informativi, costituisce lo strumento più efficace per l’analisi della vulnerabilità in quanto consente di misure con estrema precisione e dettaglio tutti gli elementi vulnerabili. Purtroppo la copertura regionale oggi disponibile, presumibilmente, è molto limitata, disomogenea e di non facile reperibilità Per le aree a rischio R4 in cui necessita un elevato dettaglio, si potranno utilizzare le carte “numerizzate” del catasto che consentono, a partire dai dati cartografici e censuari, di valutare anche il costo dei beni a rischio. Anche in quest’ultimo caso sono necessarie alcune precisazioni: § solo la provincia di Cosenza ha una elevata copertura cartografica § alle mappe catastali sfuggono gli insediamenti abusivi § è necessario sostenere dei costi (circa L. 250.000 per ogni foglio) § è necessario disporre dei dati censuari del Catasto Urbano allineati alla data di ultimo aggiornamento della cartografia § i sistemi di riferimento sono diversi § il formato numerico predisposto dal catasto per la cartografia (NTF) non è supportato da tutti i GIS. E’ bene ricordare che molti comuni e Comunità Montane hanno disponibile una cartografia numerica in formato raster derivata dalla scansione di cartografia cartacea. Questo tipo di cartografia può essere efficacemente utilizzata per costruire le ortofotocarte al posto delle carte 1:10.000 della Casmez. 4.2.1 Specifiche per la valutazione della vulnerabilità nelle aree a rischio R4, a partire dalle ortofoto in scala 1:10.000 Per facilitare l’utilizzo dello ortofoto disponibili, si procederà alla realizzazione di una ortofotocarta, sovrapponendo alla foto la cartografia in scala 1:10.000 della Casmez,. Considerato che i fogli 1:10000 hanno oramai più di 40 anni, per migliorare il loro utilizzo, eventualmente, si procederà ad una cancellazione dei centri abitati che impediscono una chiara visione della situazione attuale. Per i comuni che dispongono di cartografia cartacea, o raster di recente utilizzazione, si utilizzerà quest’ultima al posto dei 10.000. Sulla ortofotocarta così realizzata, si sovrapporranno i limiti delle aree a rischio di inondazione corrispondenti ai diversi periodi di ritorno considerati. All’interno delle aree perimetrate si procederà quindi a valutare: − densità abitativa − presenza di beni culturali di interesse − infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie) − insediamenti produttivi ed impianti tecnologici ……. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 29 Allegato 4 4.2.2 Specifiche per la valutazione della vulnerabilità delle aree a rischio a partire dalla cartografia tecnica vettoriale Nel caso in cui nell’area di interesse si ha a disposizione la cartografia numerica vettoriale, la valutazione della vulnerabilità degli elementi a rischio è fortemente dipendente dalla organizzazione e qualità degli strati informativi (layers). Una volta costruite le poligonali corrispondenti alla perimetrazione delle aree a rischio di inondazione per i tre periodi di ritorno considerati, gli elementi vulnerabili saranno ottenuti dalla intersezione topologica dei layers con i poligoni sopra descritti. A titolo di esempio, nel caso delle strade, si dovranno calcolare il numero di chilometri di strada soggetti a rischio di inondazione, distinti per categoria. (sentieri, strade interpoderali, comunali, provinciali, statali, etc) Nel caso di edifici si conteggeranno il numero e la superficie totali, degli edifici interessati, distinti anche in questo caso per categoria (privati, pubblici, industrie, chiese, ….). Nel caso in cui è presente in cartografia l’altezza degli edifici, si valuterà anche il volume. In definitiva si dovranno quantizzare tutti gli elementi descritti da ciascun layer di interesse per la stima della vulnerabilità. 4.2.3 Criteri di omogeneizzazione delle cartografie tecniche numeriche Le cartografie tecniche a grande scala realizzate da enti e Comuni sono in genere quasi tutte divulgate nel formato vettoriale standard Autocad DXF. Purtroppo la denominazione dei layers che contengono le diverse tipologie di dati, variano a seconda della ditta che ha prodotto la cartografia. Si rende necessario quindi definire una nomenclatura standard per tutte le tipologie di dati prevedibili, operando se necessario delle semplificazioni, e trasformare quindi tutte le cartografie secondo la nomenclatura definita. Operato questo primo livello di omogeneizzazione, le cartografie saranno quindi organizzate in gruppi omogenei sulla base di: § formato 3D (presenza coordinata Z per tutti i punti) § scala di restituzione § qualità dei dettagli 4.2.4 Costruzione DB ed estrazione delle informazione Tutte le cartografie vettoriali disponibili, saranno memorizzate all’interno di un DB topografico ereditando le informazioni sulle sorgenti, qualità e tipologia di dati. A partire dal DB, secondo semplici procedure ed avvalendosi di software commerciali (Oracle, ArcInfo, Geomedia, etc) si potranno così estrarre le seguenti informazioni: § sezioni lungo un assegnato percorso § profilo altimetrico § piano quotato § entità (edifici, strade, etc.) interne ad un poligono Il data base topografico potrà essere, inoltre, utilizzato unitamente alle ortofoto disponibili, per realizzare ortofotocarte di supporto alla restituzione dei risultati del piano. 4.3 Carta regionale della propensione al rischio idraulico (carta V2) CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 30 Allegato 4 La carta della propensione al rischio idraulico sarà elaborata a partire dalla carta degli elementi a rischio e sulla base di una carta della pericolosità costruita semplicisticamente a partire da informazioni topografiche. Ovviamente tale carta ha valore puramente indicativo è dovrà essere utilizzata per individuare eventuali aree a rischio, da esaminare e perimetrare con i criteri fissati al §0. In ogni, modo la carta V2 consentirà di eliminare le aree non soggette a rischio idraulico in conseguenza di: • assenza di elementi vulnerabili (vedi carta V1). • assenza di condizioni topografiche, • mancanza di reticolo idrografico o suo limitato sviluppo. La carta della propensione al rischio idraulico sarà realizzata sulla base di una intersezione logica tra i seguenti tematismi: 1. 2. 3. 4. 5. DTM Carta della pendenza Carta geologica Reticolo fluviale Carta degli elementi a rischio e della vulnerabilità (V1) 4.3.1 Mappa della pericolosità idraulica scala regionale La mappa della pericolosità idraulica sarà realizzata in modo tale da localizzare le aree passibili di inondazioni in accordo con le prime 4 caratteristiche definite al paragrafo 0. La perimetrazione sarà realizzata utilizzando il reticolo idrografico al 25.000 disponibile al SIMN di Catanzaro ed integrato con i reticoli mancanti (vedi 0). Il reticolo sarà gerarchizzato utilizzando gli indici di Horton-Strahler ed organizzato in uno specifico DB, con l’aggiunta di ulteriori colonne descrittive (pendenza, quote nodali, etc) . La mappa della pendenza sarà realizzata a partire dal DTM (celle 20x20) del IGM e nelle disponibilità della Autorità di Bacino. La costruzione della carta sarà realizzata dopo aver trasformato tutte le informazioni in celle di 20x20 mt. Sono di seguito riportati i criteri di valutazione della pericolosità idraulica per ciascuna caratteristica: A.1 Tratti incassati di pianura, in cui si verificano esondazioni in conseguenza delle portate in arrivo da monte, eccessive rispetto alla capacità di convogliamento idrico. Per tutti i tratti con pendenza dell’asta inferiore al 1% (dato soggetto a variazione) sarà individuata una area di buffering considerata inondabile, correlata all’ordine dell’asta ed alla pendenza. L’ampiezza dell’area sarà direttamente proporzionale all’ordine dell’asta ed inversamente proporzionale alla pendenza. A.2 Tratti terminali delle fiumare, in cui si possono verificano esondazioni improvvise e violente caratterizzate da un notevole trasporto solido. La procedura sopra descritta sarà applicata nei tratti terminali dei fiumi con pendenza >= 1%. A.3 Aree pianeggianti soggette ad allagamenti per insufficienza della rete drenante. Tutte le aree con pendenza inferiore al 2%% saranno considerate aree a potenziale rischio di allagamento CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 31 Allegato 4 A.4 Torrenti montani, incisi in formazioni in posto, in cui possono verificarsi dissesti di carattere erosivo localizzati al piede dei versanti e, nei casi più gravi, colate rapide di fango o di detrito con effetti distruttivi; . Tutti i tronchi fluviali di ordine (Horton-Strahler) compreso tra 2 e max-1, con pendenza >1% (dato soggetto a variazione) rientrano in questa casistica. L’ampiezza dell’area inondabile sarà proporzionale all’ordine. Le aree risultanti saranno filtrate sulla base della carta Geologica (1:250.000) realizzata nell’ambito del Rapporto Calabria. Le aree inondabili che rientrano all’interno delle formazioni notoriamente stabili (cristallino, aree calcaree, etc), saranno eliminate in quanto non soggette a fenomeni di colate di detrito e di fango. 4.4 Costruzione della carta del rischio idraulico a scala regionale. La carta della propensione al rischio idraulico sarà costruita sovrapponendo la carta degli elementi a rischio e vulnerabilità con la mappa della pericolosità idraulica descritta al punto precedente. La carta sarà realizzata sovrapponendo il DTM associato alla carta degli elementi a rischio di cui al 4.1 con il DTM della carta della pericolosità idraulica definita al 4.3. La rappresentazione delle classi potrà essere realizzata mediante falsi colori, secondo una scala 0-100 corrispondente a a livelli di rischio crescenti. Sulla stessa carta si dovranno inoltre riportare o mettere in evidenza, mediante icone o linee: § centrali idroelettriche e termiche § centrali distribuzione e pompaggio gas § stazioni di trasformazioni ENEL § siti archeologici § rete stradale e ferroviaria § principali elettrodotti § metanodotti Sulla stessa carta si dovranno riportare, per tutta la regione: 1. tutti i siti vulnerati 2. tutte le informazioni sul rischio idraulico attuale e sulle aree vulnerate, desunte dalle interviste agli uffici tecnici comunali 3. tutte le opere ed il loro stato di efficienza, rilevate dai sorveglianti idraulici La carta della propensione al rischio idraulico dovrà essere realizzata attraverso un processo iterativo di successivi “aggiustamenti”. La sovrapposizione delle informazioni relative alle aree storicamente vulnerate, consentirà di migliorare le procedure per la formulazione di ipotesi di aree a rischio in assenza di dati storici. E’ bene sottolineare che l’atto di indirizzo e coordinamento al punto 2.1 recita : “L’individuazione esaustiva delle possibili situazioni di pericolosità dipendenti dalle condizioni idrogeologiche del territorio può essere realizzata attraverso metodologie complesse, capaci di calcolare la probabilità di accadimento in aree mai interessate in epoca storica da tali fenomeni. Tuttavia, i limiti temporali imposti dalla norma per realizzare CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 32 Allegato 4 la perimetrazione delle aree a rischio consentono, in generale, di poter assumere, quale elemento essenziale per la individuazione del livello di pericolosità, la localizzazione e la caratterizzazione di eventi avvenuti nel passato riconoscibile o dei quali si ha al momento presente cognizione”. Con la carta della propensione al rischio idraulico, si vuole qui introdurre una metodologia per individuare in prima approssimazione e come auspicato nel primo comma sopra riportato, le aree a rischio idraulico in cui non si hanno informazioni su eventi alluvionali passati. La realizzazione di tale carta, nel caso della Regione Calabria, è di fondamentale importanza in quanto, l’urbanizzazione delle aree pianeggianti ed in prossimità delle foci dei fiumi è avvenuta massivamente solo negli ultimi decenni. Poiché gli ultimi eventi alluvionali, di una certa intensità risalgono al 1972, si può dedurre che la sola informazione storica è assolutamente insufficiente alla realizzazione di una efficace perimetrazione delle aree inondabili. E’ plausibile che nel corso dei gravi eventi alluvionali accaduti del 1951, 1953, 1959, 1972 siano state alluvionate numerose aree, all’epoca disabitate, e che quindi queste non trovino riscontro nelle cronache e notizie giornalistiche dell’epoca. I recenti fatti accaduti a Soverato ed in particolare nella Locride confermano che, le manomissioni antropiche del territorio e l’urbanizzazione di aree potenzialmente inondabili, non tenute in debito conto, avvenute in questi ultimi anni, hanno generato nuove situazioni di rischio non facilmente desumibili da analisi storiche e cronachistiche. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 33 Allegato 4 5 Modello idrologico Al fine di individuare e perimetrare le aree corrispondenti ai diversi livelli di rischio, così come definiti nell’Atto di indirizzo e coordinamento (DPCM. 29/09/1998, G.U. Serie generale Anno 140° n. 3 del 05/01/1999), risulta necessario definire sul territorio le diverse classi di pericolosità (espressa in termini di probabilità di non superamento o in funzione del tempo di ritorno T) e la corrispondente massima portata al colmo di piena, QT. Scopo del Modello Idrologico è fornire gli strumenti per una valutazione, con la minima incertezza, del rischio di piena in una sezione qualsiasi del reticolo idrografico del bacino di interesse. Nei casi, piuttosto rari, di tratti d’alveo il cui regime naturale delle portate di piena non sia stato modificato dalla presenza di manufatti a monte – quali dighe, derivazioni o altro – potranno senz’altro prendersi a riferimento i risultati e le metodologie statistiche dell'indagine sulla VAlutazione delle PIene (VAPI), già effettuata in Calabria. Nei casi in cui l’applicazione diretta del modello VAPI per le portate presenti sostanziali incertezze, sia per l’assenza di dati idrometrici all’interno del bacino, sia per il succitato effetto delle opere antropiche sul regime idrometrico, sia ancora nel caso particolare di piccoli bacini, si potrà procedere alla valutazione indiretta della portata, partendo dall’analisi statistica delle piogge e adoperando modelli di trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi superficiali. Saranno utilizzate, inoltre, le numerose formule empiriche, semiempiriche e analitiche presenti nella letteratura specialistica, al fine di effettuare uno studio comparativo dei metodi di valutazione della portata di piena e selezionare le formule più idonee per le applicazioni di tipo speditivo. 5.1 Applicazione del modello VAPI Le metodologie sviluppate nell’ambito del VAPI, Rapporto Calabria, del C.N.R.G.N.D.C.I. si basano su un approccio di tipo probabilistico, secondo il quale la massima portata al colmo di piena con assegnato periodo di ritorno, T, è ricavabile dalla seguente espressione: Q T = K Q,T ⋅ Q in cui il parametro KQ,T è definito fattore di crescita con periodo di ritorno T relativo alle portate al colmo Q e Q è la media della variabile Q, detta piena indice. Il fattore di crescita è ritenuto una caratteristica essenzialmente climatica. Esso si assume costante in aree abbastanza grandi, definite regioni idrologicamente omogenee rispetto ai massimi annuali delle portate al colmo. Per ciascuna regione, viene dapprima determinata la legge regionale di crescita K t ,T = f t (T ) relativa ai massimi annuali delle altezze di pioggia di breve durata, essendo Kt,T il fattore di crescita con periodo di ritorno T delle piogge di breve durata t. Considerato che il VAPI, Rapporto Calabria, è relativo a dati aggiornati al 1988, si rende necessario: − aggiornare i data-base idropluviometrici; − aggiornare i parametri relativi al modello regionale. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 34 Allegato 4 Ulteriori approfondimenti dovranno, inoltre, essere effettuati per migliorare la stima della piena indice, Q . A tal proposito, nel Rapporto Calabria vengono proposti numerosi metodi regressivi che legano la Q ad alcune caratteristiche morfometriche dei bacini, quali la superficie e la magnitudine (numero di aste fluviali del prim’ordine). Tali relazioni, pur se derivate utilizzando tutti i dati idrometrici disponibili fino al 1988, a causa della scarsa numerosità delle serie storiche non sembrano offrire sufficienti garanzie. La piena indice, per la valutazione della massima portata al colmo di piena, sarà valutata utilizzando, oltre a quanto proposto dal Rapporto Calabria, metodi alternativi derivati dagli avanzamenti e approfondimenti proposti dalla comunità scientifica nell’ultimo decennio. Tutte le procedure saranno applicate utilizzando il Sistema Informativo del VAPI (SIVAPI, v. Manuale allegato), recentemente sviluppato presso la U.O. 1.4 del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche. 5.1.1 Aggiornamento DB idropluviometrico I dati pluviometrici presenti all’interno del SIVAPI sono attualmente aggiornati al 1996. Gli ulteriori aggiornamenti da effettuare riguardano i valori massimi annuali di piogge e portate nel periodo 1997-1999. Terminata la fase di aggiornamento, si dovranno ricalcolare i parametri regionali del modello probabilistico a doppia componente per lo studio degli estremi idrologici, Two Component Extreme Value (TCEV). 5.2 Calcolo della piena a partire dalla curva di possibilità pluviometrica. Le recenti alluvioni di Crotone (1996), Soverato e Siderno (2000) hanno mostrato che anche bacini e sottobacini di piccole dimensioni, possono provocare gravi danni e disagi alla popolazione. Per tali bacini, dove quasi mai si dispone di stazioni idrometrografiche, si utilizzerà un idoneo modello di trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi superficiali, che, a partire dalle curve di probabilità pluviometriche (ricavate per assegnati tempi di ritorno, e considerando anche le piogge sub-orarie) e dai pluviogrammi sintetici da esse derivati, permetta di determinare i pluviogrammi efficaci e di simulare gli idrogrammi di piena. A tal uopo occorrerà: - un preliminare studio morfometrico del bacino in esame e del reticolo idrografico; - la caratterizzazione del bacino dal punto di vista geopedologico, della copertura vegetale e dell’uso del suolo; - la determinazione del tempo di corrivazione (o, se richiesto, del tempo di ritardo) del bacino, da effettuare con le numerose formule empiriche o concettuali presenti nella letteratura specialistica; - un modello di trasformazione afflussi/deflussi con un ridotto numero di parametri, di chiaro significato fisico; - la taratura dei parametri del modello, partendo da pluviogrammi e relativi idrogrammi di piena registrati nel bacino in esame. 5.2.1 Idrogramma di piena Il calcolo dell’idrogramma di piena e della portata al colmo può essere effettuato col modello idrologico di trasformazione afflussi/deflussi HEC-1 dell’Hydrologic Engineering Center – United States Army Corps of Engineers. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 35 Allegato 4 Il modello HEC-1, partendo da un pluviogramma di progetto, individua le piogge nette e, quindi, procede alla loro trasformazione in deflussi superficiali. Per il calcolo delle piogge nette, il modello può adoperare vari metodi, tra cui quello del numero di curva (Curve Number, CN) proposto dal Soil Conservation Service (SCS). L’equazione di continuità dei volumi liquidi per unità di superficie: R=P-S in cui, a un dato istante t, R (mm) rappresenta l’altezza d’acqua complessivamente defluita, P (mm) l’altezza di precipitazione complessivamente affluita e S (mm) le perdite apparenti, può essere modificata come segue. Si ipotizza che tra le perdite S e la massima altezza immagazzinabile nel terreno a saturazione, S’ (mm), valga la relazione di proporzionalità: S R = S' P da cui: S= R S' P L’equazione di continuità diventa, pertanto: R =P− R S' P ossia, dopo semplici passaggi: R= P2 P + S' che definisce l’andamento temporale del deflusso, R, note l’altezza di precipitazione, P, e la massima altezza immagazzinabile nel terreno a saturazione, S’. Introducendo il termine sottrattivo di depurazione iniziale delle piogge, Ia (initial abstraction), si tiene conto di un’aliquota di P, la quale, prima che il deflusso abbia inizio, viene intercettata dalla vegetazione o si invasa nelle depressioni superficiali o si infiltra nel terreno. L’equazione di continuità si trasforma in definitiva nell’espressione: R= (P − Ia )2 P − Ia + S' Per quanto riguarda il calcolo dell’altezza massima immagazzinabile nel terreno a saturazione, S’, si adopera la formula seguente: S' = 25400 − 254 CN in cui è necessario introdurre l’indice CN (Curve Number), compreso tra 0 e 100, i cui valori sono ampiamente tabulati nella letteratura statunitense, in funzione del tipo di terreno, del tipo di copertura e uso del suolo e delle condizioni antecedenti di umidità (Antecedent Moisture Conditions, AMC), ritenute dipendenti dall’altezza di pioggia complessivamente precipitata nei 5 giorni precedenti l’evento. Il parametro di depurazione iniziale delle piogge, Ia, può essere determinato, secondo il SCS, come il 20% dell’altezza massima immagazzinabile nel terreno a saturazione, S’: CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 36 Allegato 4 Ia = 0,2S’ in modo tale da far dipendere il deflusso, R, una volta nota la precipitazione, P, soltanto dal parametro S’, ossia dal CN. Secondo Wisner (1983) la precedente assunzione relativa alla depurazione iniziale è poco cautelativa, in quanto porta a sovrastime di Ia e, di conseguenza, a sottostime dei deflussi di piena. L’autore consiglia di adottare valori di Ia non superiori a 2 o 3 mm. Tra i modelli di trasformazione afflussi/deflussi presenti in HEC-1, si considera quello basato sull’idrogramma unitario adimensionale del SCS (1972), avente in ascisse il rapporto tra il tempo e l’istante di picco e in ordinate il rapporto tra la portata istantanea e la portata di picco. Tale modello richiede come unico parametro d’ingresso il tempo di ritardo, tlag (ore), che intercorre tra i baricentri del pluviogramma efficace e dell’idrogramma superficiale. Si consiglia di stimare il tempo ritardo come il 60% del tempo di corrivazione del bacino, tc: tlag=0,6 tc L’istante e la portata di picco si calcolano con le seguenti espressioni: t picco = 0,5∆t + t lag Q picco =484 A t picco essendo tpicco (ore) il tempo cui si manifesta il picco dell’idrogramma, ∆t (ore) la durata della pioggia netta, Qpicco (cfs/in) la portata massima dell’idrogramma riferita all’unità di pioggia e A (mi2) l’area del bacino. La portata è ottenuta con la seguente espressione, che rappresenta la discretizzazione dell’integrale di convoluzione: Q(i ) = å U ( j)P(i − j + 1) i j=1 dove Q(i) è la portata alla fine dell’intervallo i-esimo, U(j) è la j-esima ordinata dell’idrogramma unitario e P(i) è l’afflusso netto all’intervallo i-esimo. Ottenuto l’idrogramma di piena e il valore della massima portata al colmo, Qc, si ricava il valore del contributo unitario, qc=Qc/A, del volume defluito, WQ, e del coefficiente di afflusso, Ca=WQ/WP, essendo WP il volume affluito. La disponibilità di dati relativi a eventi di piena precedentemente verificatisi può permettere la taratura dei parametri del modello HEC-1. 5.3 Stima della massima portata al colmo di piena mediante metodi empirici, semiempirici e analitici 5.3.1 Metodi empirici I metodi empirici prescindono da qualsiasi osservazione idrometeorologica diretta, stimando la massima portata al colmo di piena attraverso semplici formule, in funzione di parametri morfometrici (spesso la sola area della superficie topografica del bacino). 600 Scimemi (1928), per A≤1·000 km2: q max = + 1 (m3/s/km2). A + 10 2900 Pagliaro (1936), per 20≤A≤1·000 km2: q max = (m3/s/km2). A + 90 CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 37 Allegato 4 −2 / 3 æ A ö (m3/s/km2), con q max = q 100 ç ÷ è 100 ø q100=contributo unitario di piena al colmo di un bacino avente A=100 km2, pari rispettivamente a 4,5 e a 7,5 m3/s/km2 per i bacini della Calabria prevalentemente permeabili e impermeabili. Gherardelli-Marchetti (1939-1955): −0 , 5 æ A ö (m3/s/km2), con q100=5,9÷7,9 per i bacini Mele, per A≤100 km : q max = q 100 ç ÷ 100 è ø della Calabria tirrenica e q100=11,3÷13,4 per i bacini della Calabria ionica. Pirozzi (1939): si determina qmax (m3/s/km2) in funzione di A (km2) dal grafico delle “curve inviluppo” per i bacini della Calabria. 2 Metodi semiempirici I metodi semiempirici stimano la massima portata al colmo di piena in funzione di parametri morfometrici e del regime pluviometrico del bacino, pur senza riferimento all’evento di precipitazione che genera la piena. 500 Forti (1920), per A≤1·000 km2: q max = α + β (m3/s/km2), con α=3,25 e β=1,0 A + 125 per precipitazioni massime giornaliere h24=400 mm; α=2,35 e β=0,5 per h24=200÷250 mm. Secondo De Marchi: α=6 e β=5. −2 / 3 æ A ö (m3/s/km2), con kr=0,53 oppure 1,90 per Mongiardini (1959): q max = k r C A h d ç ÷ è 100 ø i bacini della Calabria rispettivamente permeabili o impermeabili, C A =coefficiente di deflusso medio annuo, hd (mm)=precipitazione giornaliera media = rapporto tra altezza di precipitazione annua e numero di giorni piovosi. Iskowski (1885): Qmax=k·m·h·A (m3/s), con k=coefficiente dipendente dall’altitudine, dalle caratteristiche geomorfologiche e dall’estensione della copertura vegetale (tabulato), m=coefficiente dipendente dalla velocità di deflusso (tabulato), h (m)=altezza di precipitazione media annua. 5.3.2 Metodi analitici I metodi analitici stimano la massima portata al colmo di piena attraverso un bilancio idrologico, che tiene conto dell’evento di precipitazione che genera la piena. Metodo razionale (o cinematico di Turazza, 1880): Qmax=C·ic·A/3,6 (m3/s), con C=coefficiente adimensionale d’afflusso (minore di 1) per la riduzione della portata meteorica, dipendente dal tipo di suolo, dall’estensione e dal tipo di copertura vegetale e dalla pendenza del suolo; ic (m/h)=intensità della precipitazione che provoca la piena, di durata pari al tempo di corrivazione; A (km2)=area della superficie del bacino. Il metodo si basa sull’ipotesi di pioggia avente intensità costante e uniformemente ripartita sul bacino. γ ψi c A (m3/s), con ψ=coefficiente di Metodo di Giandotti (1940) e Visentini: Q max = λ 3,6 riduzione delle precipitazioni, γ=rapporto tra la portata al colmo e quella media durante l’evento di piena, λ=rapporto tra la durata della piena e il tempo di corrivazione. Secondo Giandotti, per A<300 km2: ψ=0,50, γ=10, λ=4,0; per 300≤A≤500 km2: ψ=0,50, γ=8, λ=4,0. In studi di altri autori, si sono riscontrati, per A≤100 km2, γ<<10 e λ>>4, per cui si può porre γ/λ=1. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 38 Allegato 4 Onda di Gregorig (1940): Qmax=Wpiena/(1,6·tc) (m3/s), con tc=tempo di corrivazione; Wpiena=volume di piena=0,8·hc·A/3,6; hc (mm)=altezza di precipitazione di durata pari al tempo di corrivazione; A (km2)=area della superficie del bacino. 5.3 Modelli idraulici. I modelli idraulici sono basati sulle equazioni di conservazione della massa, dell’energia e della quantità di moto. Essi possono essere sviluppati sotto le ipotesi di moto permanente o vario, monodimensionale (ALLEGATO B) o bidimensionale. Nel caso di correnti idriche inalveate, si accetta solitamente l’errore commesso nel considerare il moto monodimensionale nella direzione della corrente. Nel caso di esondazioni dall’alveo, sia che queste si sviluppino per insufficiente capacità di convogliamento delle sezioni sia per sormonti e/o rotte arginali, le aree limitrofe ai corsi d’acqua vengono inondate e il moto non può più essere considerato unidimensionale, dovendosi ricorrere alla trattazione bidimensionale. Pertanto, soprattutto allorquando le acque esondate tendono a defluire su zone pianeggianti molto ampie, lateralmente indefinite, sarà necessario simulare il fenomeno di piena mediante modelli di tipo bidimensionale in moto non stazionario, in conseguenza del più o meno rapido riempimento dei volumi a disposizione nelle aree inondabili e della propagazione dei fronti di allagamento. L’approccio metodologico che si intende adottare consiste nell’individuazione preventiva delle aree inondabili mediante l’applicazione di un modello monodimensionale. In tutti i casi in cui le sezioni fluviali dovessero risultare insufficienti per il convogliamento delle massime portate al colmo di piena senza provocare esondazioni, si adotterà un modello bidimensionale, capace di determinare i tiranti idrici nei vari punti delle aree inondate. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 39 Allegato 4 6 MISURE DI SALVAGUARDIA Una volta riconosciute le situazioni di maggior rischio dovranno essere messe a punto le misure di salvaguardia per prevenire o minimizzare il rischio secondo le direttive del DPCM 29/09/98. Nella predisposizione delle misure di salvaguardia si dovrà tenere conto della tutela e conservazione del patrimonio ambientale e dei beni culturali. a) Aree a rischio molto Secondo quanto riportato dal esclusivamente: elevato ed elevato Livello R4-R3. DPCM 29.09.1998, in tali aree sono consentiti gli interventi idraulici volti alla messa in sicurezza delle aree a rischio, approvati dall’Autorità idraulica competente, tali da migliorare significativamente le condizioni di funzionalità idraulica, da non aumentare il rischio di inondazione a valle e da non pregiudicare le possibili attuazioni di una sistemazione idraulica definitiva. Sono altresì consentiti i seguenti interventi a condizione che essi non aumentino le condizioni di rischio comportando significativo ostacolo al deflusso o riduzione apprezzabile della capacità di invaso delle aree stesse e non precludano la possibilità di eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio: gli interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, così come definito alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della legge n. 457/1978, e senza aumento di superficie e di volume, interventi colti a mitigare la vulnerabilità dell’edificio; la manutenzione, l’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzabili, nonché la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali, purchè non concorrano ad incrementare il carico insediativi e non precludano la possibilità di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio, e risultino essere comunque coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile. I progetti relativi agli interventi ed alle realizzazioni in queste aree, dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità idraulica che dovrà ottenere l’approvazione dell’Autorità idraulica competente. Per quanto concerne il rischio di inondazione, le misure di salvaguardia dovranno specificatamente indicare gli interventi idraulici necessari per la messa in sicurezza delle aree, tali da migliorare significativamente le condizioni di funzionalità idraulica, da non aumentare il rischio di inondazione a valle e da non pregiudicare la possibile attuazione di una sistemazione idraulica definitiva. Dovranno altresì essere indicate le norme, gli strumenti ed i soggetti responsabili delle concessioni e dei controlli atti a consentire gli interventi previsti alla lettera a) e b) del punto 3.1 del citato DPCM. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla regolamentazione delle attività estrattive di cava ed ai prelievi. b) Aree a rischio medio e moderato - Livello R2 – R1 . Secondo il DPCM in tali aree sono consentiti esclusivamente: CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 40 Allegato 4 interventi di cui alla precedente lettera a) nonché quelli di ristrutturazione edilizia, a condizione che gli stessi non aumentino il livello di rischio e non comportino significativo ostacolo o riduzione apprezzabile della capacità di invaso delle aree stesse ovvero che le superfici destinate ad uso abitativo o comunque ad uso economicamente rilevante siano realizzate a quote compatibili con la piena di riferimento; interventi di ampliamento degli edifici esistenti unicamente per motivi di necessità di adeguamento igienico-sanitario, purchè siano compatibili con le condizioni di rischio che gravano sull’area. A tal fine i progetti dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità idraulica; manufatti che non siano qualificabili quali volumi edilizi purchè siano compatibili con le condizioni di rischio che gravano sull’area. A tal fine i progetti dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità idraulica. Nell’ambito del presente lavoro, per il significato e l’importanza che viene attribuito alla sviluppo della prevenzione e della cultura della prevenzione al fine di non generare in futuro nuove situazioni di rischio, si provvederà comunque a definire, oltre l’individuazione e la perimetrazione, le relative misure di salvaguardia. (DPCM 29.09.1998-Premesse) anche per le aree a rischio medio) e moderato da considerare “aree di attenzione”. In particolare anche per le aree a rischio in cui il grado di pericolosità è elevato ma per l’assenza, o la scarsità, di persone, cose e patrimonio ambientale, è attribuita una classe di rischio limitata (livelli 1 e 2), saranno comunque considerate, e indicate, eventuali misure di prevenzione per l’utilizzo del territorio al fine di non generare in futuro nuove situazioni di rischio. CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 41 Allegato 4 7 INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO In relazione alle situazioni e al livello di rischio riscontrate nel corso delle attività svolte nelle precedenti fasi (I e II), la fase finale del piano dovrà: • • definire eventuali programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio predisporre un programma di interventi atti a mitigare il livello di rischio rilevato. Secondo le indicazioni del DPCM 29.09.1998 in questa fase per ogni sub-bacino dovranno essere effettuati • analisi e elaborazioni anche grafiche, sufficienti ad individuare le tipologie di interventi da realizzare per la mitigazione o per la rimozione dello stato di pericolosità; • analisi e elaborazioni anche grafiche, sufficienti a consentire l’individuazione, la programmazione e la progettazione preliminare per l’eventuale finanziamento degli interventi strutturali e non strutturali di mitigazione del rischio o per l’apposizione di vincoli definiti all’utilizzazione territoriale comprese le indicazioni delle eventuali, necessarie delocalizzazioni di insediamenti; • l’acquisizione dei parametri e elementi utili al monitoraggio eventuale del rischio. Gli interventi che dovranno essere individuati saranno sostanzialmente ascrivibili alle due categorie degli interventi strutturali e non strutturali. A) Interventi strutturali. Si intendono opere di: • manutenzione ordinaria e straordinaria della sezione fluviale, • sistemazioni integrate versanti-rete idrografica; • arginature compatibili alle necessità di smaltimento a valle; • opere di laminazione delle piene; • canali scolmatori;. • sistemazione dei versanti, consolidamento scarpate con specie arboree ed arbustive autoctone secondo un criterio funzionale di rapido attecchimento, crescita e efficacia; • regimazione delle acque di scorrimento superficiale, al fine di limitare l’infiltrazione sui pendii a rischio (rifacimento rete scolante, esecuzione di drenaggi superficiali e sotterranei); • adozione di tecniche di coltivazione agricola che favoriscano l’instaurarsi e il mantenimento di condizioni di stabilità; • ripristino della funzione prioritaria del bosco per la costruzione del manto vegetale; • creazione di appositi vivai specializzati in piante autoctone arboree ed arbustive che potrebbero coprire il fabbisogno per gli interventi di forestazione e di sistemazione delle aree instabili e produrre un incremento quantitativo e qualitativo della manodopera specializzata legata i lavori forestali; • corsi di formazione professionale e di aggiornamento nel campo di manutenzione e interventi di ingegneria naturalistica; • progressiva limitazione o modifica dell’uso di tecniche di lavorazione dei terreni, (ad esempio a “rittochino”, lungo le linea di massima pendenza, causa di aumento dei fenomeni di ruscellamento e di erosione superficiale, di eliminazione di terrazzi, etc.). B) Interventi non strutturali. - Si potrà prevedere una proposta di indirizzi e direttive da introdurre, a vari livelli, negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 42 Allegato 4 nonché di pianificazione di settore ed in particolare nella pianificazione di bacino idrografico. Si intende inoltre la specifica pianificazione d’emergenza ai vari livelli (sistemi di allertamento e di allarme) e le attività di informazione e formazione culturale sui diversi tipi di rischi e sui comportamenti da assumere in caso di emergenza.. In sintesi potranno essere quindi formulati: • • indirizzi che la Regione attuerà in collaborazione con Province, Comunità Montane, Comuni e Enti per la predisposizione di normative, la redazione di linee guida alla progettazione e per la azioni di difesa, l'acquisizione di finanziamenti per progetti pilota e altro da identificare. etc.; direttive che la Regione attuerà in collaborazione con Province, Comunità Montane, Comuni e Enti per promuovere la predisposizione di sistemi di monitoraggio per il controllo nel tempo dell’evoluzione delle piene fluviali e dei fenomeni di dissesto, la predisposizione dei piani allertamento, di emergenza e di protezione per le popolazioni esistenti, la disseminazione dell'informazione e la formazione a tutti i livelli, soprattutto nella popolazione scolastica CNR IRPI – Specifiche perimetrazione aree inondabili (D.L. 180, DPCM 267/98). 43 APPENDICE A (D.P.R. 18 luglio 1995) xlv Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. APPENDICE A (D.P.R. 18 luglio 1995) Piano Stralcio e Piano di Bacino Come già specificato nel cap. 1, nella redazione del Piano stralcio si dovrà tener conto, oltre che delle disposizioni della legge 183/1989 e della legge 267/1998, anche delle indicazioni di coordinamento già emanate ai sensi della stessa legge 183/89. Di particolare rilevanza sono le indicazioni fornite dal D.P.R. 18 luglio 1995 concernenti i criteri per la redazione dei piani di bacini. La redazione di quest’ultimi, in base al sopraccitato D.P.R., si articola in tre fasi, non necessariamente in sequenza, che riguardano rispettivamente: 1. Stato delle conoscenze 2. Individuazione degli squilibri 3. Azioni propositive Ciascuna di queste include, nello stesso ordine, le tre fasi previste nell’atto di indirizzo e coordinamento del DPCM del 29 settembre 1998: • fase prima: individuazione delle aree a rischio idraulico • fase seconda: perimetrazione e valutazione dei livelli di rischio • fase terza: programmazione della mitigazione del rischio Nella realizzazione del piano stralcio, finalizzato alla individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idraulico, costituendo esso stesso un elemento del Piano di Bacino, oltre al rispetto di quanto richiesto nel comma 1, art 1, del DL 180, è particolarmente utile e necessario allinearsi ai “Criteri per la redazione dei piani di bacino” descritti nell’allegato al D.P.R. 18 luglio 1995. Sono di seguito riportati ed criteri dell’atto di indirizzo che rientrano nelle specifiche di quanto richiesto dal DL 180. D.P.R. 18 luglio 1995. 1. STATO DELLE CONOSCENZE Questa fase ha lo scopo di raccogliere e riordinare le conoscenze esistenti sul bacino, al fine di renderle disponibili, oltre che all'Autorità di Bacino ed alla Direzione Generale Difesa del Suolo, a tutte le altre Amministrazioni, agli Enti e alle popolazioni interessati. Tutte le informazioni saranno riportate in opportune raccolte tematiche inserite in un quadro organizzato delle conoscenze, ove saranno indicati i dati rilevati e le varie fonti di rilevamento. Le informazioni raccolte dovranno anche essere riportate su opportuna cartografia tematica. A tal fine si dovrà scegliere un adeguata ed unificata Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. scala, che per le rappresentazioni complessive, relative a tutta l'area del bacino, dovrà essere almeno 1:100000 e, per i bacini più piccoli, almeno 1:50000. Scale maggiori saranno opportunamente scelte per le rappresentazioni di dettaglio, mentre per i bacini di grande estensione e dove scarseggiano le informazioni potranno essere utili anche rappresentazioni d'assieme in scale minori. Data Base Territoriale Operando con elaboratori elettronici per la messa a punto e la presentazione, anche grafica, delle informazioni raccolte, dovranno essere specificati il software e le conoscenze di base utilizzati, indicando inoltre le caratteristiche dello hardware impiegato. Per quanto attiene l'acquisizione e gestione dell'informazione raccolta, sarà definito un "quadro organizzato delle conoscenze, secondo una- strutturazione logica e funzionale nei confronti degli obiettivi posti dal piano. Tale xlvi Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. xlvii strutturazione, che sarà normalizzata in modo da essere adottata da tutti gli studi di piano di bacino, dovrà comunque corrispondere a requisiti di flessibilità tali da consentire un trattamento dell'informazione secondo le esigenze dello specifico contesto territoriale in esame che, evidentemente, condizionano i processi di rilevamento ed elaborazione delle formazioni. Il quadro conoscitivo sarà organizzato in modo informatico seguendo i seguenti criteri generali: • schedatura gestibile per elaborazione matematica e statistica dei dati archiviati in forma numerica; • rappresentazione cartografica vettoriale; testi originali. Le specifiche del sistema informatico di gestione relazionale del data base saranno fornite dal Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali ed adottate dal coordinamento centrale istituito presso la Direzione Generale per la difesa del suolo. Il data base di ogni Autorità di Bacino dovrà essere infatti compatibile e integrabile nel data base della Direzione Generale della Difesa Suolo del Ministero dei Lavori Pubblici, del S.I.N.A. del Ministero dell'Ambiente e del sistema informativo unico del Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali. A tal fine esso dovrà possedere almeno le seguenti caratteristiche: • possibilità di aggiornamento della presente versione del data base senza manipolazione dei cataloghi già archiviati; • facilità di gestione da parte di personale non necessariamente specializzato in informatica; • facilità di inserimento di nuovi dati; • facilità di formazione di nuovi (non previsti) cataloghi; • gestione di informazioni territoriali e restituzione in forma cartografica; • possibilità di predisporre il data base secondo un diverso criterio di archiviazione. Sarà descritto l'attuale stato di consistenza di ogni sistema di opere, mostrando la sua evoluzione nel tempo ed indicandone le situazioni di dettaglio. In Carte tematiche di sintesi dovranno essere mostrate le interconnessioni esistenti tra i singoli sistemi di opere insediate sul bacino ed eventualmente anche esterne ad esso. FASE Conoscitiva 1.1 - Descrizione dell'ambiente fisiografico. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. xlviii Questa attività dovrà consentire la definizione di tutti gli elementi di base per inquadrare i problemi da esaminare con il Piano di bacino e si articolerà innanzitutto su dati già disponibili ed acquisiti in applicazione del D.P.R. 7 gennaio 1992, tenendo presente che ulteriori e particolareggiate informazioni saranno raccolte, analizzate ed utilizzate nei successivi tempi di predisposizione ed attuazione del Piano di bacino.ù 1.1.1 - Individuazione del bacino. Sarà individuato lo spartiacque naturale. Dove meno evidente risulta lo spartiacque, si definiranno appropriati contorni del bacino sulla base di documentate ipotesi, tenendo presenti anche la conformazione del bacino sotterraneo e gli eventuali interventi antropici modificanti la rete idrografica. Saranno poste in evidenza le eventuali interazioni, naturali e antropiche, con i bacini idrografici limitrofi. Per i bacini con foce a mare si identificheranno le zone litoranee nelle quali è sentito l'effetto degli apporti idrici e sedimentari del fiume, in termini di correnti litoranee prevalenti, di trasporto solido costiero, di assetto biologico, di eventuali inquinamenti e di quanto altro possa interessare l'ambiente marino. Per questa attività conoscitiva è perciò necessario attuare: • la delimitazione del bacino idrografico oggetto del Piano e la delineazione della rete idrografica, secondo le indicazioni fornite dal D.P.R. sulle delimitazione dei bacini idrografici di rilievo nazionale ed interregionale; • la delimitazione dei sottobacini fino al massimo ordine richiesto dalla natura e dall'importanza dei problemi da trattare; • l'individuazione dei bacini sotterranei e delle loro interconnessioni se chiaramente accertabili con bacini idrografici limitrofi a quello in esame; • la delimitazione delle unità fisiografiche costiere collegate al bacino interessato, individuando, se possibile, i meccanismi di massima che ne regolano la dinamica. Per tutte le attività più sopra elencate, qualora non fossero disponibili informazioni ritenute essenziali, si farà esplicita menzione di tale carenza conoscitiva, indicando nel contempo gli studi integrativi necessari, con sufficiente grado di dettaglio, che completano i programmi di cui all'articolo 1 del D.P.R. 7 gennaio 1992. 1.1.2 Morfologia, geologia, pedologia ed idrogeologia del bacino, uso del suolo. Le informazioni da organizzare riguardano essenzialmente: Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. • l'individuazione delle grandi unità lito-morfologiche; • i caratteri altimetrici, idrografici, geomorfologici, geologici, geochimici, giacimentologici, idrogeo logici e pedologici; • la copertura vegetale; • i fenomeni di erosione e modificazione dei suoli, anche in relazione all'uso antropico; • la natura, le caratteristiche geochimiche, la consistenza e la qualità delle acque sotterranee, la stratigrafia degli acquiferi e la loro piezometria; • l'ubicazione e la tipologia delle sorgenti e delle risorgive; • i caratteri morfologici dei corsi d'acqua e natura del trasporto solido in alveo; • le aree di alimentazione degli acquiferi; • l'uso del suolo; • le capacità d'uso del suolo ("Land capability "); • le caratteristiche pedologiche, in rapporto all'idrologia superficiale e sotterranea, alla --tipologia taxonomica, all'uso attuale del suolo, a lla stabilità dei versanti; • gli eventuali giacimenti di materiali solidi, liquidi e gassosi di particolare interesse; xlix 1.1.3 - Climatologia ed idrologia. Sarà evidenziata la climatologia del bacino, anche raffrontandola con quella dei bacini limitrofi e curando, in particolare: • l'individuazione dei regimi pluviometrici e delle zone pluviometriche Omogenee; • l'individuazione delle caratteristiche idrologiche in relazione all'uso del suolo; • l'individuazione dei regimi idrologici e delle zone idrologiche omogenee; • la caratterizzazione degli eventi estremi pluviometrici e idrologici; • la nivologia e la glaciologia, con riferimento al regime dei ghiacciai; • il quadro geochimico delle acque. Sarà curata particolarmente l'informazione relativa ai corsi d'acqua del bacino, con riferimento alle misure di livello, portata e trasporto 'solido in sezioni Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. l caratteristiche. Saranno inoltre evidenziate le modifiche planimetriche ed altimetriche degli alvei, come conseguenza delle varie forme di trasporto solido. Per i fiumi sfocianti a mare saranno esaminate le interazioni fra acqua dolce ed acqua salata, la variazione dei livelli come conseguenza delle maree, la risalita del cuneo salino, il comportamento della barra di foce e di eventuali rami edilizi. Per i bacini che comprendono acque di transizione (lagune, stagni costieri), saranno evidenziate le interazioni i e te acque con quelle fluviali, in termini di portate, variazioni di livello, di apporto di materiale solido, di caratteri chimici e di carichi inquinanti. Per la raccolta di queste informazioni si farà riferimento ai dati correntemente raccolti da tutti gli Enti interessati (Servizio Idrografico e Mareografico, Aeronautica Militare, Istituto Idrografico della Marina, ENEL, Ministero per il Coordinamento delle politiche agricole alimentari e forestali, Consorzi, Uffici regionali), nonché da Università ed Istituti di ricerca. Saranno inoltre individuate le stazioni di rilevamento esistenti ed operanti, unitamente all'ente che le gestisce, con l'indicazione della rispettiva area di copertura, della strumentazione impiegata, dei periodi e delle modalità di funzionamento e della consistenza e qualità degli archivi di dati. Si provvederà infine ad una descrizione degli eventi storici più significativi in materia di inondazioni ed allagamenti verificatisi nel bacino. Nelle zone a pericolo valanghivo sarà redatta una Carta di probabile localizzazione delle valanghe: tale carta segnalerà anche le attività antropiche e gli insediamenti a rischio ed i sistemi di opere di protezione, sia nella zona di distacco delle valanghe che nelle zone di scorrimento e di accumolo. 1.1.4 - Sedimentologia e trasporto solido. Saranno raccolte tutte le informazioni atte a definire il bilancio sedimentologico a livello di bacino o di sottobacino, tenendo anche in debito conto l'apporto di sedimenti al mare. Tale disamina sarà effettuata in termini di: • contributi sedimentari quantitativi e qualitativi delle diverse unità lito-morfo-pedologiche caratteristiche delle varie parti del bacino; • caratteri sedimentologici dei corsi d'acqua; • trasporto solido costiero e nella zona di mare esterna contigua al sistema di spiagge; • principali tipi di gestione dei suoli che causano l'erosione ed il trasporto solido. Dei laghi, dei serbatoi e delle opere idrauliche si evidenzieranno gli effetti dell'interrimento, la qualità dei materiali di sedimentazione e la loro provenienza, nonché agli aspetti limnologici delle acque. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. li Per le acque costiere interessanti il bacino saranno evidenziati l'aspetto idrodinamico delle variazioni del livello marino e del moto ondoso in acque basse, delle correnti litoranee predominanti, le modalità di erosione delle spiagge. 1.2 - Normativa e caratterizzazione delle ripartizioni amministrative. I risultati e le conoscenze acquisite durante la fase conoscitiva saranno inquadrati nell'esistente legislazione e quindi dovrà preliminarmente essere fissato l'aspetto amministrativo entro cui sono da effettuarsi gli interventi sul bacino, tenendo presente il riferimento normativo derivato dalle leggi dello Stato e delle Regioni, nonché dalle connesse norme attuative. Saranno individuati i soggetti giuridici ed amministrativi che svolgono attività di pianificazione di interesse per il bacino o comunque territorialmente competenti, con definizione della relativa giurisdizione tecnica ed amministrativa. Saranno identificati: • gli eventuali confini di stato e la natura delle autorità estere operanti nelle zone appartenenti al bacino; • i limiti di regione, provincia e comune; • i limiti giurisdizionali di consorzi e di particolari aggregazioni; • gli enti e gli organismi interessati alle finalità della legge n.183 del 1989 (3) per il bacino in esame o territorialmente competenti: • la struttura amministrativa direttamente o indirettamente competente pro tempore, quali gli assessorati, gli uffici speciali, l'organizzazione tecnica di supporto ai singoli uffici, il personale tecnico e le rispettive qua 1ificazioni, le procedure amministrative e tecniche seguite per l'espletamento delle funzioni istituzionali dell'ufficio; • i centri e gli organismi di ricerca che abbiano operato od operino nel bacino; • i mezzi tecnici disponibili (strumentazione, hardware e software informatico, mezzi di trasporto, ecc.) per i singoli uffici; • il grado di interconnessione tra i diversi uffici e de lì e possibilità di cooperazione; • gli archivi, tradizionali e/o automatizzati di informazioni di diverso tipo (dati misurati, bibliografie, ecc.) disponibili presso i singoli uffici; • le attività di pubblicizzazione e di editing dei singoli uffici; • le reti di monitoraggio, con la descrizione del grado di interconnessione; Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. • lii l'ammontare dei finanziamenti negli ultimi 10 anni per interventi e manutenzione. Si provvederà quindi al censimento ed all'analisi degli strumenti di pianificazione, evidenziandone particolarmente l' 'impatto sui problemi e sugli aspetti specifici del bacino, ed in particolare sulla possibilità di armonizzare e rendere compatibili fra loro i diversi piani. Ai fini del coordinamento di cui al comma IV dell'art. 17 - legge n. 183 del 1989, si prenderanno in considerazione, in quanto costituenti lo scenario di rifèrimento; • i provvedimenti della programmazione comunitaria e nazionale; • i piani regionali di sviluppo; • i piani territoriali regionali il coordinamento ed i piani regionali paesistici; • i piani territoriali provinciali, i piani comprensoriali ed i piani territoriali di area sub-regionale; • i piani e programmi regionali e provinciali di settore, ivi compresi quelli riguardanti porzioni sub-regionali e sub-provinciali (ad esempio, il piano regolatore degli acquedotti, il piano di risanamento delle acque, i piani di infrastrutture a rete e puntuali, i piani di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e tossico-nocivi, i piani della bonifica e degli insediamenti produttivi, ecc., nonché i piani ed i programmi di cui alla legge 8 giugno 1990 n. 142); • i programmi di interventi ed i sistemi di progetti relativi ai settori delle attività primarie, secondarie e terziarie (ad esempio, i programmi per l'agricoltura, per la forestazione, per il controllo dell'inquinamento atmosferico, lo sviluppo turistico, per i trasporti, per le idrovie, per il settore energetico, per la portualità, per i parchi e le riserve, ecc.). Tutte queste informazioni saranno riportate su appropriata cartografia, secondo le scale unificate prescelte. Per la raccolta delle informazioni si potrà altresì far capo agli uffici dello Stato, delle Regioni e delle Amministrazioni locali (Province, Comunità Montane, Comuni), ad Università ed Istituti CNR nonché ad altre fonti comunque disponibili. Degli enti a competenza nazionale saranno individuati gli uffici periferici o le sezioni competenti per il bacino in esame. Saranno inoltre individuati: • le leggi nazionali e le direttive della Comunità Europea, distinguendo tra quelle recepite e quelle in via di recepimento, e gli eventuali accordi internazionali; Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. • le leggi ed i regolamenti regionali; • le disposizioni provinciali e le ordinanze locali più significative; • imposte, canoni e contributi particolari; • i criteri di tariffazione per i vari usi dell'acqua e per i servizi di raccolta, trasporto e trattamento d elle acque reflue; • gli strumenti di finanziamento ad opera dello Stato, della Comunità Europea e delle Regioni. 1.3 Descrizione dell'ambiente antropico (stato di fatto) L'elaborazione del Piano di Bacino richiede la conoscenza dello stato di antropizzazione del territorio e della dinamica insediativa. E' pertanto necessario procedere all'identificazione dell'uso del territorio e delle attività economiche interessanti il Piano, con particolare riferimento a: • trend demografico e socio-economico; • aree marginali, incolte e soggette a desertificazione; • parchi e zone protette; • zone soggette a vincoli e servitù in base a leggi speciali (vincolo monumentale, paesistico, archeologico, ecc.); • miniere, cave, perforazioni profonde ed attività estrattive in alveo; • zone agricole, con l'indicazione delle colture prevalenti e dell'attività irrigua e relativa struttura fondiaria, boschi, zone di rimboschimento e colture arboree da legno, pascoli ed allevamenti zootecnici intensivi; • zone adibite alla pesca ed all'acqua-coltura; • zone urbane, con le tendenze espansive; • zone industriali, commerciali, produttive in genere; • discariche di rifiuti solidi urbani, industriali, speciali; • zone turistiche, ricreative e di particolare interesse storico e paesaggistico; • zone soggette a particolari servitù di carattere idraulico, per il traffico e la difesa nazionale; • dighe ed opere di ritenuta; • impianti idroelettrici; • strade, autostrade, ferrovie, aeroporti eporti di particolare impatto sulle condizioni ambientali; liii Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. • infrasttutture a rete (acquedotti, fognature, impianti di depurazione, di bonifica, irrigazione, ecc.); • idrovie. 1.4 - Utilizzo delle acque. Con l'ausilio di adeguata rappresentazione cartografica, nelle prescelte scale unificate, saranno evidenziati: • gli usi potabili, indicando i punti e le modalità di prelievo dai corpi idrici superficiali e sotterranei, le opere di invaso, adduzione, sollevamento e potabilizzazione; • gli usi irrigui, indicando i punti e le modalità di prelievo, adduzione, ripartizione, adeguamento e restituzione delle portate di supero; • gli usi secondari per l'agricoltura, la pastorizia e la zootecnia; • gli usi industriali: nella segnalazione degli acquedotti industriali si evidenzieranno i punti e le modalità di prelevamento, le strutture di adduzione trattamento e restituzione dei reflui; • gli usi idroelettrici, con l'indicazione delle opere di sbarramento, scarico, trasporto e restituzione dell'acqua, nonché con l'ubicazione e la tipologia delle centrali; • gli usi termoelettrici, con l'ubicazione delle centrali, il sistema di raffreddamento, l'ubicazione e la tipologia delle opere di prelievo e di scarico, le caratteristiche dei servizi idrici ausiliari. Per ciascuno dei precedenti impieghi saranno riportati: • gli estremi dei provvedimenti di concessione, • le portate minime e massime prelevate, • i volumi prelevati annualmente e quelli eventualmente restituiti, • i calendari di prelievo, • gli eventuali canoni di concessione. Saranno ancora descritti gli utilizzi dell'acqua per: • la navigazione interna, indicando l'ubicazione e la tipologia delle opere fisse (canali, porti, sostegni, conche), i tiranti minimi di navigazione, i criteri di esercizio; liv Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. • lv gli usi naturalistici ed ambientali (aree protette, parchi, zone di pesca, di balneazione e di interesse paesaggistico e monumentale). Si dovrà inoltre effettuare una valutazione dei fenomeni di abusivismo. Saranno infine da identificare tutte le forme di utilizzo di risorse non convenzionali, evidenziandone la potenzialità e gli aspetti tecnologici. Utilizzando le informazioni reperite, saranno redatte carte dell'uso attuale delle acque in scala appropriata, ordinariamente 1: 100000 (1.50000 per i bacini minori). 1.5 - Censimento degli scarichi nei corpi idrici. Saranno individuati tutti gli scarichi significativi concentrati provenienti da utilizzazioni idriche di natura domestica, urbana, industriale e zootecoica, recapitanti nei corpi idrici superficiali e sotterranei, precisando: • gli estremi dell'autorizzazione; • la data di costruzione e quella di inizio funzionamento, nonché gli eventuali periodi di interruzione e le relative cause; • l'ubicazione, io base alle coordinate geografiche ed alla quota sul livello del mare; • le caratteristiche idrauliche (a pelo libero, io pressione, a getto libero o sommerso); • le caratteristiche del corpo idrico ricettore e la sua possibilità di rigurgitare lo scarico; • la portata minima, media e massima dell'effluente; • il volume annuo scaricato; • le modalità di funzionamento nel tempo; • le caratteristiche qualitative in base ad un certo numero di parametri significativi; • l'eventuale esistenza di situazioni di contenzioso e di intervento delle autorità sanitaria e giudiziaria. L'ubicazione dello scarico e le sue caratteristiche principali saranno indicate nella cartografia tematica, nelle scale unificate prescelte e con opportuno simbolismo unificato. Per gli scarichi provenienti dall'agricoltura e dalle altre attività che danno luogo ad immissioni diffuse nei corpi idrici superficiali e sotterranei, si indicheranno con opportuno simbolismo tutte le zone di influenza, precisando le modalità di scarico e la tipologia qualitativa delle acque sversate. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lvi Le informazioni raccolte saranno sintetizzate su cartografia tematica. 1.6 - Stato di qualità delle acque. Lo stato di qualità delle acque verrà definito attraverso idonei indicatori in grado di rappresentare le diverse condizioni di compromissione dei corpi idrici, anche sotto l'aspetto dello stato trofico. Io particolare, verranno utilizzati tutti i dati resi disponibili e derivanti dalle indagini effettuate ai livelli regionali, provinciali e locali, relativamente allo stato di qualità delle acque superficiali, sotterranee costiere. Verrà fatto specifico riferimento alle stazioni di rilevamento della qualità delle acque, nonché alle modalità di campionamento e di analisi. Con i dati disponibili sarà inoltre evidenziata l'evoluzione temporale dello stato di qualità dei corpi idrici, in relazione alle caratteristiche naturali delle acque ed alle attività antropiche della zona, individuando anche tratti e zone omogenee con caratteristiche qualitative particolari, anche io vista di azioni tendenti alla classificazione dei corpi idrici stessi ed al recupero della qualità. Per i laghi sarà verificato lo stato trofico delle acque. I dati in questione saranno oggetto di specifiche elaborazioni e verranno considerati gli aspetti fisici, chimici e biologici della qualità, in relazione agli standard d'i doneità d'uso delle acque. 1.7 - Censimento delle opere di difesa del territorio. Saranno individuati i sistemi di opere o le opere individuali, qualora esse siano di sufficiente consistenza, preposte a: • difesa idraulica (argini di piena, canali deviatori o scolmatori, bacini o serbatoi di laminazione delle piene, casse di espansione, ecc.) indicandone le caratteristiche generali e le finalità, l'area o l'entità protetta; • sistemazione delle aree in frana (opere di sostegno, drenaggi, ecc.) indicando le caratteristiche del fenomeno franoso delle Opere; • protezione dell'erosione (sistemazioni idraulico forestali, sistemazioni fluviali) indicando i caratteri del fenomeno erosivo, gli elementi generali del piano di sistemazione; • protezione delle valanghe indicando i caratteri generali del piano delle opere. Ove possibile, sarà indicata la data o il periodo di costruzione delle opere. Io aggiunta alle opere esistenti saranno censite anche le opere il cui progetto sia finanziato o sia in corso di finanziamento; io tal caso saranno indicati gli estremi del progetto e della disposizione del finanziamento. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lvii Le informazioni raccolte saranno riportate con opportuno simbolismo su carta tematica, sulla quale saranno evidenziate, indicando i singoli usi, anche le opere idrauliche adibite ad usi plurimi. 1.8 - Stato di manutenzione e di efficienza delle opere. Per tutte le opere realizzate, siano esse destinate al prelievo, trasporto e distribuzione delle acque da utilizzare, oppure al collettamento e smaltimento degli scarichi, oppure al controllo delle piene e prevenzione delle inondazioni, oppure ancora a lì a prevenzione dell'inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, saranno indicati il g rado di efficienza e lo stato di manutenzione, in termini di interventi attuati o da attuare, con l'indicazione dei relativi costi e delle rispettive competenze ad intervenire. 2. INDIVIDUAZIONE DEGLI SQUILIBRI Con la dizione generale di squilibrio si intende definire quelle situazioni, manifeste o prevedibili, nelle quali lo stato attuale del territorio presenta condizioni di rischio e/o di degrado ambientale negative per la vita e lo sviluppo delle popolazioni interessate costituendo, al tempo stesso, motivo di intervento ad opera della preposta autorità. Sono pertanto squilibri: • le situazioni di rischio idraulico, geologico ed ambientale; • le alterazioni nella qualità degli ecosistemi (flora, fauna); • le insufficienze nella disponibilità quali-quantitativa delle risorse- • il sovrasfruttamento delle risorse disponibili; • l'inquinamento delle acque e del suolo; • la non rispondenza delle opere esistenti agli specifici obiettivi da raggiungere. In Ciascuno dei diversi anbiti disciplinari il riconoscimento degli squilibri potrà avvenire secondo criteri differenti. Il riconoscimento degli squilibri di varia natura interessanti il bacino comporta l'acquisizione delle relative conoscenze definite nella fase conoscitiva e costituisce il passo preliminare della pianificazione: sulla base delle risultanze di questo riconoscimento saranno giustificati tutti gli interventi previsti nella fase propositiva. Saranno di norma identificati due orizzonti di studio: • attuale, con il riconoscimento delle situazioni critiche in atto o di cui si può prevedere il verificarsi a breve scadenza; • futuro, a proiezione di trent'anni ed attualmente fissati alla data convenzionale del 2020. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lviii Di norma, potranno essere previsti più scenari alternativi di sviluppo: questi saranno mantenuti per la loro valutazione nel corso della fase pro-positiva qualora ne sia verificata la compatibilità con le risorse disponibili nel bacino. In occasione dell'aggiornamento del Piano di bacino, saranno prodotte nuove valutazioni aggiornate sia della situazione di squilibrio attuale che di quella futura. Sulla scorta dei risultati e delle tendenze evidenziati nella fase conoscitiva, saranno formulati scenari alternativi da valutare io sede di previsione dell'assetto futuro. 2.1 - Risorsa idrica. Per le valutazioni riguardanti la risorsa idrica, sulla base dei dati raccolti nella fase conoscitiva, si tenderà all'ottimizzazione delle varie forme di utilizzo dell'acqua, sia di prelievo (potabile, agricolo, industriale per la produzione di energia), che in situ (interna, mantenimento di siti di carattere naturalistico, estetico e culturale). Una Carta tematica di sintesi indicherà quali siano le utenze che per quantità e/o qualità dell'acqua derivata non risultino soddisfatte; saranno altresì segnalate le utenze che derivino acqua in quantità superiore a quanto giustificabile per l'espletamento razionale degli usi considerati e con qualità non strettamente necessaria per quanto richiesto da gli usi medesimi. Saranno inoltre indica ti gli acquiferi soggetti a sovrasfruttamento, in relazione a particolari usi di prelievo, evidenziando gli effetti riscontrati o riscontrabili in conseguenza di tale sovrasfruttamento. In particolare, per gli acquiferi costieri saranno evidenziate le zone di intrusione e contaminazione salma. 2.2 - Risorsa suolo. In relazione alle capacità naturali del suolo di costituire un supporto alla vita vegetale, animale ed all'attività all'uomo, nonché di proteggere le falde dall'inquinamento da percolazione, Sono squilibri tutte quelle forme, influenzate o meno dall'intervento antropico, o dal suo stato di abbandono, che peggiorano o comunque alterano le sue qualità soprattutto in relazione alla fertilità e produttività, nonché alla capacità di incidere sulla stabilità dei versanti, sulla regolazione dei deflussi e dell'erosione, superficiale, sulla ricarica delle falde e sui conseguenti eventuali fenomeni di inquinamento. Tali situazioni di squilibrio saranno evidenziate su apposita cartografia, sottolineando gli effetti dei vari interventi antropici e individuando possibili forme di intervento di difesa e di ricostituzione. In questo contesto saranno analizzate le risorse agricole per tipologia ed importanza economica. Per tali risorse, compresa nella zootecnica, si dovranno valutare gli effetti quella ti ed indiretti sull'inquinamento. 2.3 - Risorse dell'ambiente acquatico. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lix La situazione di squilibrio in questo settore riguarda principalmente fl mantenimento di condizioni di vita acquatica, sulla base di esigenze quantitative e qualitative di acqua nei corpi idrici, ritenute indispensabili per lo sviluppo della vita stessa. Per le valutazioni riguardanti la quantità e la' qualità delle acque superficiali saranno individuati su una Carta tematica quei tronchi della rete drenante, naturale ed artificiale, nei quali sussiste l'incompatibilità con i predetti valori, tenendo presenti eventuali limiti fissati dalla legge e dai piani di risanamento delle acque. Le medesime valutazioni sono effettuate anche riguardo alle acque costiere di interesse per il bacino. Per le valutazioni riguardanti la qualità delle acque sotterranee saranno delimitate su Carta tematica le zone di falda a differente grado di compatibilità con l'habitat delle zone interessate direttamente od indirettamente dalle falde stesse, distinguendo, ove possibile, le diverse situazioni presentate dagli acquiferi multistrato, 2.4 - Attivita' estrattive. Per le attività di coltivazione di miniere e cave, distinte per metodologia di estrazione e caratteristiche del materiale prelevato, nonché per gli impianti di estrazione di sostanze liquide o gassose, sarà indicato su apposita cartografia il grado di compatibilità con le condizioni attuali o prevedibili dell'ambiente in cui dette attività sono inserite. Per quanto riguarda l'estrazione di inerti dagli alvei, sarà indicata la compatibilità dell'attività estrattiva con le condizioni di equilibri morfologico e ambientale degli alvei. Saranno individuate le situazioni io cui l'attività estrattiva interferisce con il deflusso delle acque di falda e determina contaminazioni pericolose per lo stato di qualità delle acque superficiali e sotterranee. Nel Piano saranno individuate le cave di materiali lapidei e di inerti. Io tutti i casi sarà documentata e valutata la compatibilità ambientale e la possibilità di ricorrere ad usi alternativi del territorio. Per quanto riguarda le risorse idriche sotterranee, saranno prese in considerazione quelle situazioni caratterizzate da depauperamento della qualità delle acque, da definire io base ad appropriate soglie di accettabilità di prestabiliti indicatori, tenendo presente eventuali limiti fissati dalle leggi vigenti. A tali considerazioni saranno associate le proiezioni relative all'evoluzione dei fenomeni evidenziati. Saranno inoltre evidenziate le situazioni di eccessivo sfruttamento delle falde, io relazione alle modalità di ricarica naturale. Io tutti i casi saranno pianificati i sistemi operativi di monitoraggio delle fonti di inquinamento potenziale ed areale di diverso gra i eri-colo, sia per gli inquinamenti stessi che per altri eventuali rischi. La cartografia tematica sarà opportunamente integrata da sistemi informativi della vulnerabilità ai diversi pericoli e rischi idrogeologici. Saranno infine localizzati i fenomeni di subsidenza, evidenziando i legami con le attività antropiche collegate direttamente allo sfruttamento dei fluidi. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lx 2.5 - Attività insediative. Nel valutare il grado di compatibilità ambientale delle attività di tipo insediativo nel bacino, si evidenzieranno, sia come situazione "de facto, che come situazione "de iure" previste nella pianificazione urbanistica, le interrelazioni degli insediamenti esistenti e di progetto con le esigenze di conservazione, valorizzazione o migliore utilizzo delle risorse fisiche presenti nel bacino. Saranno perciò evidenziate su Carta tematica le eventuali incongruenze che esistono tra nuovi insediamenti e valore storico e naturalistico dei luoghi, nonché l'impatto che i centri abitati e le relative infrastrutture esercitano sulle condizioni di assetto idraulico e di instabilità del suolo. 2.6 - Situazioni a rischio idraulico, geologico e sismico. Su tutto il territorio del bacino saranno segnalate, con Carta tematica, le situazioni di degrado geologico e geomorfologico in atto, distinguendole per tipologia (frane, erosioni di versante, ecc.) ed ove possibile, per probabilità di accadimento. Gli episodi di maggior e importanza saranno segnalati singolarmente, negli altri casi sarà delineata una zona omogenea su cui il dissesto possa ritenersi uniformemente diffuso. Sulla Carta tematica saranno indicate le attività antropiche minacciate da eventi geologici, diversificandole per tipologia (centri urbani, attività agricole, linee di comunicazione, insediamenti industriali, ecc.) e per il grado di rischio a cui esse sono soggette. Lungo la rete idrografica saranno individuate le aree passibili di inondazione con diversa probabilità (o tempo di ritorno): sulle Carte tematiche saranno evidenziate anche le attività antropiche e gli insediamenti a rischio. Lungo le coste saranno segnalate su Carta tematica le situazioni di dissesto, distinguendole per tipologia e classificandole per gravità saranno altresì individuate le attività antropiche e gli insediamenti a rischio. Il territorio di pertinenza del bacino sarà infine valutato dal punto di vista del rischio sismico, considerando quindi gli aspetti di pericolosità sismica, vulnerabilità ed esposizione, particolarmente finalizzati alle problematiche di bacino. 2.7 - Caratterizzazione degli squilibri. Per quanto riguarda le acque superficiali, le valutazioni riguardanti gli squilibri tra qualità della risorsa disponibile e domanda d'uso della stessa, sia ai fini del mantenimento della vita acquatica che degli usi potabili, agricoli e industriali, faranno riferimento a tronchi della rete drenante, naturale e artificiale, in cui le acque defluenti abbiano caratteristiche pressoché uniformi. In relazione ai diversi usi sarà segnalata con distinte modalità di rappresentazione la differenza riscontrata tra gli indicatori della qualità delle acque del corpo idrico ed i valori necessari per l'uso in esame. Andrà fatto esplicito riferimento alle normative vigenti e dovrà essere fatta menzione alla disponibilità dei dati che hanno consentito di emettere il giudizio. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lxi Per quanto riguarda le acque sotterranee, si identificheranno gli acquiferi, o parti di essi, ove la qualità delle acque, sia per cause naturali che come conseguenza di attività antropiche, non è in grado di soddisfare le esigenze dell'utenza, prima fra tutte quella potabile. Ai fini del riconoscimento degli squilibri, nei casi di insufficienza dell'informazione disponibile, potranno essere condotte campagne di monitoraggio per il rilevamento di indicatori fisici chimici e biologici in sezioni o luoghi rappresentativi. Per le acque superficiali le misure saranno effettuate in condizioni idrologiche significative rappresentative del ciclo stagiona le ed in localizzazioni definite sulla base delle risultanze delle indagini conoscitive descritte nelle fase conoscitiva. Una situazione ritenuta critica sarà separabile dalle altre quando essa sarà riconosciuta indipendente dalle altre, sia dal punto di vista fisico, sia per le possibili ricadute dal punto di vista economico e sociale. Alcune situazioni critiche possono interessare tutto il bacino nel suo complesso. E' anche possibile che in una singola area si presentino situazioni critiche di diversa tipologia: queste saranno considerate tra loro indipendenti quando ciò sia giustificata dal punto di vista fisico e delle modalità di intervento. Identificate e circoscritte le situazioni critiche, queste saranno elencate su una scheda di sintesi, distinte per tipologia e contrassegnate da un ordine di priorità. Le situazioni squilibrate così identificate (o almeno quelle la cui soluzione sarà proposta nella fase propositiva) saranno analizzate in maggior dettaglio, indicando su una scheda sintetica le motivazioni degli scompensi, la valutazione della gravità degli squilibri, l'elenco ragionato degli interventi (strutturali e non strutturali) atti a risolverle. Dell'efficacia di ciascuna delle soluzioni proposte sarà fornita una valutazione qualitativa. Qualora le soluzioni identificate interessino più aree di crisi, ciò deve essere segnalato nella scheda, la quale dovrà considerare tutte le aree di crisi interessate dalla soluzione progettuale proposta. E' consigliabile che le schede siano corredate da una cartografia esplicativa redatta in scala non inferiore a 1:50000. 3. AZIONI PROPOSITIVE 3.1 - Obiettivi Il valore, le finalità ed i contenuti del Piano di bacino sono quelli definiti all'art. 3 e dall'art, 17, comma 1, della legge n. 183 del 1989. Obiettivi del Piano saranno pertanto il conseguimento di azioni coordinate rivolte alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, nonché alla corretta gestione complessiva di tutte le risorse esistenti nel bacino. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lxii Il Piano si manifesta pertanto come uno strumento dinamico, in grado di programmare le azioni da svolgere, tenendo in debito conto l'effetto degli interventi realizzati e la reattività delle misure adottate, non solo secondo l'aspetto fisico delle varie componenti del bacino, ma anche nell'aspetto economico e sociale del territorio interessato. Le finalità generali elencate al citato art. 3 sono però definite in rapporto ai caratteri fisici ed agli assetti antropici del bacino considerato e quindi precisate nel dettaglio tenendo conto delle situazioni e dei problemi specifici. 3.2 - Elaborati di piano. Il piano, sulla base del terzo comma dell'art. 17 della legge n. 183 del 1989, è composto dai seguenti elaborati obbligatori: • la relazione tecnica in cui sono descritte le analisi sullo stato di fatto, gli obiettivi specifici, le ipotesi progettuali e l'articolazione delle fasi attuative, comprensive degli aspetti economici ed amministrativi • gli elaborati di progetto con distinzione tra lo stato di fatto e quello di progetto • le norme di attuazione attraverso cui sono individuati i criteri, le direttive, le prescrizioni d'uso, finalizzati alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, nonché sono regolamentati gli aspetti operativi del piano ed i rapporti con gli strumenti di pianificazione ed i progetti di intervento. 3.2.1 - I piani di bacino e gli altri strumenti di pianificazione. Ai fini della preminenza di cui all'art. 17 della legge n. 183 del 1989, negli elaborati di piano saranno valutati l'integrabilità ed il grado di coerenza del piano di bacino con i programmi nazionali, regionale e sub regionali di sviluppo economico e di ogni altro piano o programma avente incidenza sul la conservazione e sull'uso del suolo nonché sulla tutela delle acque. A tal fine saranno specificati modalità e strumenti per garantire il concreto adeguamento ai piani di bacino, ove necessario, dei piani citati nell'art. 17 comma 4 d ella legge 18 maggio 1989 n. 183, considerandone gli effetti sul territorio e sull'ambiente antropico, nonché le ripercussioni a carattere socioeconomico. 3.3 - Proposte di intervento e priorita. Questa fase prevede la progettazione, a livello di fattibilità, ai sistemi di opere di difesa del suolo, forestali, infrastrutturali (interventi strutturali), e di provvedimenti normativi ed amministrativi (interventi non strutturali), necessari per risolvere le singole situazioni di squilibrio individuate nella precedente fase. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lxiii Ciascuna soluzione è proposta, nei limiti del possibile, identificando oltre al progetto complessivo anche gli intermedi stralci realizzativi, al fine di consentire sia la verifica della funzionalità delle opere che il loro graduale finanziamento. Ciascun progetto deve porre in luce le inter-connessioni con i progetti riguardanti altre aree critiche e le sinergie che ulteriori proposte possono realizzare per la risoluzione di più situazioni di squilibrio. Ciascun progetto di intervento strutturale è descritto al meno con gli elaborati di seguito elencati: • un testo sintetico con la giustificazione del progetto alla luce di quanto chiarito nelle precedenti fasi di studio del Piano di bacino e la descrizione dei risultati che con esso si intende raggiungere; • una cartografia in scala non inferiore a 1:25000, con la localizzazione delle opere e degli interventi proposti; • una serie di schede con l'indicazione delle caratteristiche delle opere e degli interventi; il grado di dettaglio nella descrizione delle opere deve essere sufficiente per una ragionata stima dei costi; • una scheda con l'elenco delle opere e degli interventi e relativa stima dei costi, nonché l'indicazione degli stralci realizzativi; • ove possibile, una sintetica analisi costi-benefici del l'intervento proposto. Nell'elencazione degli interventi strutturali sono considerati anche quelli rivolti alla manutenzione ed al ripristino e a funzionalità delle opere esistenti. Ciascun progetto di intervento non strutturale è descritto almeno con gli elaborati di seguito elencati: • un testo sintetico con la giustificazione del progetto alla luce di quanto chiarito nelle precedenti fasi di studio del Piano di bacino e la descrizione dei risultati che con esso si intende raggiungere, sotto l'aspetto tecnico, ambientale, economico e sociale; • una descrizione dei provvedimenti normativi e/o amministrativi proposti per la soluzione del problema; • bozze dei testi delle disposizioni normative delle quali è proposta l'adozione; • una sintetica analisi costi-benefici del l'intervento previsto. Le proposte di intervento fatte per gli scenari futuri debbono essere compatibili con le proposte di intervento precedentemente formulate per lo scenario attuale. Allegato A - D.P.R. 18 luglio 1995. lxiv Qualora siano individuabili più soluzioni progettuali (sia di tipo strutturale che non strutturale) per la soluzione degli squilibri, è consigliabile che esse siano separatamente presentate: la conclusiva analisi costi-benefici sarà utile al fine di valutare l'efficacia e la funzionalità della soluzione prescelta. Ai fini dell'individuazione degli interventi, della valutazione del grado di priorità e della scelta delle caratteristiche tipologiche, si seguiranno i criteri gli elementi indicati ai paragrafi 5.2, criteri e del D.P.C.M. 23 marzo 1990. 3.4 - Formazione del catalogo nazionale. Presso la Direzione Generale della Difesa del Suolo, in ordine alla sua funzione di segreteria del Comitato Nazionale per la Difesa del Suolo, verrà attivato un catalogo nazionale delle proposte di intervento sui bacini italiani. A tal fine le Autorità di bacino dovranno elaborare e presentare alla Direzione Generale della Difesa e Suolo una documentazione di sintesi che fornisca un quadro completo ed esauriente degli squilibri in atto nel bacino e degli interventi proposti. Tale documentazione sarà costituita da: una Carta tematica riportante la localizzazione delle situazioni di squilibrio e di rischio; una scheda di sintetica descrizione per ciascuna di queste situazioni; una Carta tematica riportante la localizzazione delle soluzioni progettuali proposte, sia diffuse che puntuali; una scheda di sintetica descrizione per ciascuna di queste soluzioni. Le schede dovranno contenere gli opportuni rinvii alla documentazione di maggior dettaglio. Questa documentazione sarà prodotta utilizzando procedure e strumenti informatici secondo gli standard che verranno utilizzati dalla Direzione Generale per la Difesa del Suolo. Allegato B – Modello di calcolo idraulico lxv APPENDICE B Ricostruzione dei profili della superficie libera in moto permanente. Modello monodimensionale. Allegato B – Modello di calcolo idraulico lxvi APPENDICE B Ricostruzione dei profili della superficie libera in moto permanente. Modello monodimensionale. La ricostruzione dei profili della superficie libera dei corsi d’acqua in moto permanente è effettuata col programma di calcolo River Analysis System dell’Hydrologic Engineering Center, United States Army Corps of Engineers (HEC-RAS). Nelle ipotesi di condizioni di moto permanente unidimensionale, corrente gradualmente variata (fatta eccezione per le sezioni in cui si risente della presenza di strutture, quali ponti o tombini per attraversamento) e pendenze longitudinali del fondo dell’alveo non eccessive, per un dato tratto fluviale elementare, di lunghezza finita, il modello si basa sulla seguente equazione di conservazione dell’energia tra le generiche sezioni trasversali di monte e di valle, rispettivamente indicate coi pedici 2 e 1: Y2+Z2+α2V22/(2g) = Y1+Z1+α1V12/(2g)+∆H in cui Y2 e Y1 sono le profondità d’acqua, Z2 e Z1 le quote dei punti più depressi delle sezioni trasversali rispetto a un piano di riferimento (superficie libera del medio mare), V2 e V1 le velocità medie (rapporto tra portata e area bagnata della sezione), α2 e α1 coefficienti di Coriolis di ragguaglio delle potenze cinetiche, g l’accelerazione di gravità e ∆H le perdite di carico nel tratto considerato. Le perdite energetiche per unità di peso che subisce la corrente fluida fra due sezioni trasversali sono espresse come segue: α 2 V22 α1V12 − ∆H = LJm + C 2g 2g in cui L è la lunghezza del tratto in analisi, Jm è un valore medio rappresentativo della cadente (perdita di carico per unità di lunghezza) nel tratto medesimo e C è il coefficiente di contrazione o espansione; in tal modo, si tiene conto sia delle perdite di carico continue o distribuite, rappresentate dal primo addendo del membro di destra, sia delle perdite di carico localizzate o concentrate, rappresentate dal secondo addendo del membro di destra e dovute alle variazioni di sezione trasversale e/o alla presenza di ostacoli strutturali. Negli alvei naturali, si suole suddividere la sezione trasversale in tre parti, caratterizzate da differenti valori della scabrezza, in cui la velocità si possa ritenere uniformemente distribuita: la parte centrale o canale principale, interessata dalle portate più basse, e le banchine laterali o golene, interessate dalle portate più alte. La determinazione della cadente, J, sezione per sezione avviene tramite l’equazione di moto uniforme di Manning: Q = KJ0,5 essendo Q la portata totale e K un coefficiente di trasporto, espresso come segue: K = ARi2/3/n lxvii Allegato B – Modello di calcolo idraulico in cui A è l’area bagnata della sezione trasversale, Ri il raggio idraulico (rapporto tra area e perimetro bagnato), n un coefficiente di scabrezza. Il coefficiente di trasporto, K, viene valutato separatamente per il canale principale e le golene; il suo valore per l’intera sezione trasversale è la somma delle tre aliquote. La cadente è quindi esprimibile come J=(Q/K)2 in ciascuna sezione; ma il suo valore rappresentativo, Jm, nel tratto considerato è valutato con una delle seguenti formule: media dei coeff. di trasporto æ Q + Q2 Jm = çç 1 è K1 + K 2 ö ÷÷ ø media aritmetica Jm = (J1+ J2)/2 media geometrica Jm = (J1J2)0,5 media armonica 2 Jm = 2J1J2/(J1+ J2) Il programma HEC-RAS seleziona automaticamente l’equazione più appropriata per il calcolo di Jm, secondo che, nel tratto di volta in volta considerato, l’alveo sia a forte o debole pendenza e la corrente sia lenta o veloce, accelerata o decelerata. Per ciascun tronco fluviale compreso tra due sezioni trasversali si considerano la lunghezza del canale centrale, Lc, e le lunghezze delle banchine laterali, Lsx e Ldx rispettivamente per la golena sinistra e quella destra. Per la determinazione delle perdite di carico continue, si adopera un valore della lunghezza pari alla media pesata di Lc, Lsx e Ldx sulle portate medie riferite anch’esse all’alveo centrale e alle golene (Qc,m, Qsx,m e Qdx,m): L = (LsxQsx,m+LcQc,m+LdxQdx,m)/(Qsx,m+Qc,m+Qdx,m) Il coefficiente di Coriolis si esprime come segue, in funzione dei coefficienti di trasporto, Ki, e delle aree bagnate, Ai, del canale principale e delle golene: α= A2 K3 K 3i åi A 2 i La procedura di calcolo per la determinazione della profondità d’acqua in ogni sezione è iterativa: si assegna una condizione iniziale a valle o a monte (tirante di moto uniforme, altezza critica, profondità d'acqua nota, ecc.) e si procede verso monte o valle secondo che si stia ricostruendo un profilo di corrente lenta o veloce; si assume una quota della superficie libera, WSI=YI+ZI, di primo tentativo nella sezione in cui essa è incognita; si determinano K e V; si calcolano Jm e ∆H; si ottiene dall’equazione dell’energia un secondo valore della quota dell’acqua, WSII, da paragonare con quello assunto inizialmente; si ripetono i passi suddetti finché la differenza tra le quote della superficie libera risulti inferiore alla tolleranza prestabilita (3 mm). La profondità d’acqua determinata, Y=WS-Z, va paragonata con l’altezza critica, Ycr, per stabilire se il regime di moto è subcritico o supercritico. L’altezza critica è quella profondità d’acqua per cui il carico totale, H=WS+αV2/(2g), assume valore minimo. In alvei naturali, si possono presentare situazioni in cui la curva dell’energia, ossia la funzione H(WS), presenta più di un minimo, ad esempio in presenza di ampie golene o di Allegato B – Modello di calcolo idraulico lxviii superamento di argini. Il programma HEC-RAS può individuare fino a tre minimi nella curva dell’energia, tra i quali seleziona il valore più piccolo. Note la profondità d’acqua e l’altezza critica in una data sezione, si stabilisce se nella sezione stessa il regime è di corrente lenta o veloce. Se tale regime è differente da quello che si è verificato nella sezione precedente, la profondità d’acqua appena determinata perde di significato e alla sezione si assegna l’altezza critica. Nel caso di passaggio da regime supercritico a subcritico tramite risalto idraulico, la corrente perde il carattere gradualmente variato e l’equazione dell’energia non può essere applicata. In tal caso, si ricorre all’equazione di conservazione della quantità di moto: β 2 Q 22 β1Q12 æ A1 + A 2 ö æ A1 + A 2 ö + A 2 Y2,b + ç − A 1 Y1,b = 0 ÷L ⋅ i − ç ÷L ⋅ J m − gA 2 2 2 gA1 è ø è ø in cui si sono indicate coi pedici 2 e 1 rispettivamente le sezioni di monte e di valle del tratto considerato; a meno del peso specifico, che essendo presente in ciascun addendo è stato eliso, il primo e il quinto termine rappresentano le spinte idrodinamiche dovute alle quantità di moto (con β coefficiente di ragguaglio dei flussi di quantità di moto), il secondo e il sesto termine le spinte idrostatiche dovute alle pressioni (essendo Y2,b e Y1,b gli affondamenti dei baricentri delle sezioni bagnate), il terzo termine la componente del peso lungo la direzione del moto (essendo i la pendenza longitudinale del fondo dell’alveo, calcolata in base alle quote medie in ciascuna sezione) e il quarto termine la resistenza al moto. Per ciascuno dei tratti oggetto di studio si indicheranno le stazioni identificative delle diverse sezioni trasversali (river stations), numerate in senso decrescente procedendo da monte a valle (le stazioni con asterisco indicheranno sezioni non rilevate, ma calcolate per interpolazione all’interno di HEC-RAS); accanto a ogni stazione sarà indicata la lunghezza in metri (Lc, Lsx e Ldx) che separa la sezione in questione dalla successiva a valle. I valori del coefficiente di scabrezza, n, di Manning sono tabulati su diverse pubblicazioni nella letteratura specializzata. Si farà riferimento ai testi classici di Ven Te Chow e Richard H. French.5 I coefficienti di contrazione e di espansione, rispettivamente pari a 0,1 e 0,3 nei casi più comuni di transizioni graduali in regime subcritico, possono assumere valori differenti in presenza di ponti (valori più elevati quali 0,3 e 0,5 rispettivamente). L’analisi della superficie libera sarà effettuata per diversi valori di portata, Q, ottenuti dallo studio idrologico in corrispondenza di differenti valori del tempo di ritorno: Tr=20÷50 anni, Tr=100÷200 anni e Tr=300÷500 anni. Tali valori sono indicati nell’«Atto di indirizzo e coordinamento» approvato con D.P.C.M. 29/9/98 (G.U. Serie Generale Anno 140° n.3, 5/1/99), relativo all’adozione, da parte delle autorità di bacino e delle regioni (secondo quanto stabilito dal D.L. 11/6/1998 n.180, convertito nella legge 3/8/1998 n.267), di Piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico, che contengano in particolare l’individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, e all’adozione in tali aree di misure di salvaguardia. L’applicazione del modello HEC-RAS fornirà, per ciascuna sezione del tratto del corso d’acqua analizzato, i valori delle principali grandezze idrauliche (tirante idrico, altezza critica, area bagnata, raggio idraulico, cadente, velocità media, numero di Froude, ecc.). 5 Chow, V. T., Open Channel Hydraulics, McGraw-Hill Book Co., New York, 1959; French, R. H., OpenChannel Hydraulics, McGraw-Hill Book Co., Singapore, 1985. lxix Allegato B – Modello di calcolo idraulico Ricostruzione dei profili della superficie libera in moto vario. Modello bidimensionale. La ricostruzione dei profili della superficie libera dei corsi d’acqua in moto vario è effettuata col programma di calcolo Telemac-2D, sviluppato dal Laboratoire National d'Hydraulique et Environnement (LNH) di Parigi e commercializzato da HR Wallingford Ltd (UK). Esso risolve le equazioni bidimensionali delle acque basse integrate sulla verticale, per simulare il comportamento delle correnti in idraulica fluviale, costiera e marittima. Telemac adopera le più moderne tecniche degli elementi finiti con griglie triangolari molto flessibili, che permettono una più accurata rappresentazione di casi geometrici complessi (ad es., le linee di costa). Le applicazioni del modello di calcolo includono lo studio di porti, fasce costiere, piene fluviali, ecc. Tra i numerosi campi di applicazione si ricordano, nel campo dell’Idraulica Fluviale: l’interazione delle correnti idriche con le strutture antropiche, quali ponti, soglie di fondo, idrorepellenti, dighe (compreso lo studio della rottura); la delimitazione di aree inondabili; il trasporto di traccianti. Telemac risolve le seguenti equazioni delle acque basse, scritte in forma non conservativa: () ∂c c + u gradc + div u = 0 ∂t 2 ∂Z ∂u ∂u ∂u ∂c +u +v + 2c − div υgradu = S x − g f ∂t ∂x ∂y ∂x ∂x ∂Z ∂v ∂v ∂v ∂c +u +v + 2c − div υgradv = S y − g f ∂t ∂x ∂y ∂y ∂y ( ) ( ) in cui u e v sono le componenti del vettore velocità in direzione longitudinale e trasversale alla corrente, c è la celerità delle onde perturbatrici, Zf è la quota del fondo, Sx e Sy sono termini sorgente (resistenza del fondo, forza di Coriolis, etc.). La soluzione è relativa ai nodi di una griglia di elementi finiti di forma triangolare (o quadrilatera), in coordinate cartesiane o sferiche. Le variabili che intervengono sono definite nei nodi rappresentati dai vertici dei triangoli, nell’ipotesi di una loro variazione lineare all’interno dell’elemento finito triangolare. Il modello presuppone la scelta di un intervallo di tempo di calcolo; sebbene non ci sia alcun vincolo particolare sull’intervallo di tempo da scegliere per avere una soluzione stabile, è consigliato di rispettare la condizione di Courant (numero di Courant minore di 10). Per una soluzione pressappoco stabile occorrono infatti poche iterazioni per raggiungere un fissato livello di accuratezza. Ogni passo temporale è suddiviso in due stadi: uno advettivo e uno di propagazionediffusione. Il passo advettivo è trattato secondo il metodo delle caratteristiche di Petrov-Galerkin, in modo da tenere conto di problemi quali quelli di correnti idriche passanti su gradini di fondo o di vortici formantisi dietro ostruzioni al flusso. Il metodo degli elementi finiti è basato sulla formulazione variazionale di Galerkin, e le equazioni a ciascun passo temporale sono risolte usando un metodo iterativo basato sull’efficiente metodo pcg (pre-conditioned coniugate gradient). L’utente può selezionare, tra quelli disponibili, il solutore pcg che preferisce adottare. Allegato B – Modello di calcolo idraulico lxx La condizione iniziale dipende dal regime della corrente (subcritico o supercritico). La resistenza delle pareti può essere espressa mediante il coefficiente di scabrezza di Chézy o la scabrezza equivalente di Nikuradse, variabile lungo la lunghezza del tratto fluviale. La resistenza delle sponde può essere messa in conto separatamente. La turbolenza può essere trattata con modelli del tipo k-ε. Telemac richiede in input una griglia di elementi finiti triangolari che ricopra l’intera area di interesse, generata attraverso il modulo MATISSE (grid generator). Vanno anche specificati i dati topografici, le scabrezze, il passo temporale di calcolo e la durata della simulazione. I risultati riguardano tutte le caratteristiche di interesse idraulico, quali le velocità, i tiranti idrici, i numeri di Froude, le concentrazioni di traccianti ecc. Il modulo RUBENS permette di costruire una serie di grafici, da allegare alle relazioni sullo studio idraulico. APPENDICE C (Schede rilevamento ponti e tombini) SCHEDA RILIEVO ATTRAVERSAMENTI TRONCO ....................................................... GESTORE Consorzio Comune Provincia ANAS Ferrovia Altro ATTRAVERSAMENTO (acquedotto, gasdotto, etc) ..................................................... TIPOLOGIA PILA 1 2 4 5 Coordinate Gauss-Boaga Est ................................ Coordinate Gauss-Boaga Nord ............................... DATA RILEVAMENTO ............................... SQUADRA RILEVATORI ............................... FOTO ............................... B N° luci ostruite ................ 6 a a a a CODICE SU CARTOGRAFIA ................................ N° luci ................ 3 A DESCRIZIONE 1 Pila ellittica a a 2 Pila circolare b b b a (m) = ................ b Direzione della corrente b (m) = ................ b 3 Pila rettangolare (spigoli arrotondati) 4 Pila rettangolare (spigoli vivi) a 5 Pile multiple circolari Pila 6 Pile multiple rettangolari a (°) = ................. C TIPOLOGIA PONTE Arco Capriata in c.a. Arco ribassato Travatura reticolare Soletta Capriata in c.a.p. MATERIALE IMPALCATO MATERIALE PILA D Muratura Muratura Mattoni Mattoni Calcestruzzo Calcestruzzo Acciaio Acciaio PROTEZIONI LATERALI SOGLIE E L (m) = .............. h Muratura piena h Guard-rail h Inferriata Soglia di monte Attraversamento SM (m) = .......... Soglia di valle h (m) ....................... LM (m) = ............ SV (m) = .......... LV (m) =.......... Autorità di Bacino Regione Calabria F LIBRETTO MISURE N. Tipo X (m) H (m) S (m) T (m) Note 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 Autorità di Bacino Regione Calabria F N. Tipo X (m) H (m) S (m) T (m) Note 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 Autorità di Bacino Regione Calabria S +y Arco S S S S S Q F I Q M S M S S Q I RILEVATORI: H S F I Arco ribassato S M S h Rilevato ............................................. F I S S S T Capriata in c.a. S T Q M S S F I S T Q S F Travatura reticolare S T M +x Autorità di Bacino Regione Calabria ............................................. NOTE: ....................................................................................................... .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. Soletta S Altezza della protezione laterale M ............................................. Altezza totale (H) Altezza della protezione Laterale (h) Spessore delle sovra strutture (T) Spessore dell’impalcato (S) S F I DATA: .......................................... SIMBOLOGIA: I G SCHEDA RILIEVO TOMBINI TRONCO ....................................................... A CODICE SU CARTOGRAFIA ......................... Coordinate Gauss-Boaga Est GESTORE Consorzio ......................... Coordinate Gauss-Boaga Nord ......................... Comune Provincia ANAS Ferrovia Altro DATA RILEVAMENTO ......................... SQUADRA RILEVATORI ......................... FOTO ......................... TRATTO TOMBATO CANALE Buone condizioni > Sezione tombino Interrato > 50% < Sezione tombino Ostruito Rivestito (pietrame,ca) Presenza folta vegetazione C TOMBINO h min h max B Base (m) ............... h max (m) ............... Base (m) ............... Altezza (m) ............... D min (m) ............... D max (m) ............... Pendenza ..........% h min (m) ............... Altezza Base D max Base D min za hez ng Lu Lunghezza (m) ............... n. spechi ............ (Dh ............... Dl ............... ) Buone condizioni Parzialmente ostruito Praticamente ostruito NOTE: ....................................................................................................... .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. .................................................................................................................. DATA: .......................................... I RILEVATORI: ............................................. ............................................. ............................................. Autorità di Bacino Regione Calabria Allegato 4 ISTRUZIONI PER LA COMPILAZIONE DELLA SCHEDA PER IL RILIEVO DEGLI ATTRAVERSAMENTI FLUVIALI Introduzione La SCHEDA RILIEVO ATTRAVERSAMENTI è stata realizzata in modo da essere compatibile con il “Catasto dei Reticoli Idrografici” della Calabria. I dati richiesti sono finalizzati, in gran parte, a rilevare la geometria necessaria al calcolo del passaggio di una corrente tra le pile di un ponte. Nella scheda è richiesta, inoltre, la geometria della parte superiore del ponte, estradosso, necessaria per i calcoli nell’ipotesi di sormonto. La scheda è organizzata in 7 sezioni (A-G); in ciascuna sezione sono richieste informazioni relative a: ü Localizzazione e gestore opera d’arte sez. A ü Tipologia dell’opera sez. B-C-D ü Opere d’arte aggiuntive collegate al ponte (soglie) sez. E ü Geometria della sezione e misure impalcato sez. F ü Rilievi obbligatori per ciascuna tipologia di ponte sez. G ü Note e firma documento sez. G. Le Schede Rilievo Attraversamenti sono sempre accompagnate da una cartografia (>= 1:10.000) contenente l’indicazione degli attraversamenti da rilevare, secondo una numerazione univoca basata sul bacino o sottobacino di appartenenza. SEZIONE A Il rilevatore troverà questa sezione parzialmente compilata in modo tale da identificare, sulla cartografia allegata alla scheda, l’attraversamento da rilevare. TRONCO: alla voce tronco deve essere assegnato il codice del tronco secondo la codifica del Catasto dei Reticoli Fluviali. A ciascun tronco il catasto dei reticoli assegna un numero progressivo 1,..,n preceduto dal codice del bacino. Il rilevatore troverà impostata sulla scheda questa quantità insieme al CODICE SU CARTOGRAFIA riportato nell’allegato cartografico. CODICE SU CARTOGRAFIA: è il codice assegnato all’opera d’arte nel riferimento cartografico allegato. Anche in questo caso il codice si compone di due numeri: il primo indica il numero del bacino o sottobacino, il secondo la numerazione progressiva dell’opera all’interno del bacino in esame. COORDINATE Gauss Boaga: sono le coordinate dell’opera d’arte rilevate in corrispondenza della mezzeria. Le coordinate dovranno essere rilevate su una cartografia in scala maggiore o uguale a 1:10.000 GESTORE: Barrare la casella in corrispondenza dell’ente gestore dell’attraversamento. ATTRAVERSAMENTO: indicare la rete di servizi (acquedotto, gasdotto, etc.), per cui l’attraversamento è stato realizzato. DATA RILIEVO: indicare la data del rilievo dell’attraversamento. SQUADRA RILEVATORI: indicare la squadra rilevatori secondo un codice composto dalle prime due lettere dei componenti la squadra in ordine alfabetico. FOTO: il rilievo deve essere accompagnato da due foto in formato digitale (800x600): 1) vista prospettica dell’opera, 2) vista da monte di tutta la sezione trasversale. Al fine di poter facilmente identificare l’attraversamento, su ciascuna foto dovrà essere riportato il numero progressivo attribuito all’attraversamento, utilizzando cartoncini numerati formato A4. 3 Allegato 4 SEZIONE B TIPOLOGIA PILA: nel caso di attraversamento a più luci, indicare una tipologia di pila tra le 6 riportate nella scheda barrando la corrispondente casella di controllo ed indicando le dimensioni a e b specificate in figura. Nel caso di pile multiple rettangolari o circolari disposte nel senso longitudinale alla corrente dovrà indicarsi la dimensione totale di ingombro, senza depurarla dell’interspazio tra di esse. Nel caso di pile inclinate rispetto alla corrente indicare l’angolo α formato dalla direzione della corrente rispetto all’asse longitudinale della pila. In caso di ponte con una sola arcata, non marcare alcuna casella. SEZIONE C TIPOLOGIA PONTE: indicare la tipologia del ponte tra le 5 riportate nella scheda. Maggiori dettagli, sulle diverse tipologie previste, sono riportati in sez. G. In caso di attraversamenti realizzati con tipologie diverse, considerare quella che è prevalente rispetto alle altre. SEZIONE D MATERIALE IMPALCATO, MATERIALE PILA: indicare il materiale costituente l’impalcato e le pile dell’attraversamento. SEZIONE E PROTEZIONI LATERALI: indicare il tipo di manufatto realizzato per le protezioni laterali della sede dell’attraversamento e l’altezza h in metri. E’ importante distinguere la tipologia della protezione laterale rispetto al grado di occlusione opposta al passaggio della corrente, in caso di sormonto dell’attraversamento. Per tipologie diverse da quelle riportate nella scheda, barrare le caselle in base alle seguenti considerazioni: Muratura piena se la protezione impedisce totalmente (o con grado maggiore del 60%) il passaggio dell’acqua, Guard-rail se la protezione occlude il 30%-60; Inferriata nel caso di occlusioni inferiori al 30%. L’altezza della protezione va misurata rispetto al piano di calpestio. SOGLIE: riportare le distanze (in metri) LM ed LV che separano rispettivamente la soglia situata a monte e a valle dell’attraversamento dall’attraversamento stesso, secondo lo schema riportato in figura e le altezze (in metri) SM ed SV della soglia di monte e della soglia di valle. Qualora l’altezza della soglia sia variabile, riportare un valore mediato su tutta la larghezza. Dovrà altresì indicarsi la larghezza L (in metri) dell’attraversamento, misurata comprendendo gli eventuali vuoti in caso di pile multiple in senso longitudinale alla corrente. SEZIONE F LIBRETTO DELLE MISURE. Questa parte della scheda è finalizzata a determinare la sezione fluviale in corrispondenza dell’attraversamento, considerando sia le strutture (pile di ponti, ostacoli) che possono interagire con la corrente in condizioni normali di deflusso, sia le strutture e/o sovrastrutture dell’attraversamento (protezioni e barriere laterali, capriate e travature reticolari) che possono influenzare il comportamento della corrente in caso di sormonto. La situazione tipo prevista nella scheda presuppone che tutte le grandezze di interesse siano rilevate dall’impalcato del ponte, posizionando l’origine delle progressive (asse delle X) all’inizio dell’attraversamento, in corrispondenza della sinistra idraulica del fiume, e l’origine dell’asse delle Y, positivo verso il basso, in corrispondenza della parte superiore della protezione laterale del ponte. In caso di mancanza di protezioni laterali (indicare 0 nella sezione E della scheda, relativa all’altezza h delle protezioni laterali), l’origine dell’asse Y va identificata con il piano di 4 Allegato 4 calpestio. Il rilievo dell’attraversamento comprende anche l’eventuale rilevato di raccordo tra i versanti e le spalle del ponte che occludono la sezione fluviale. Nel caso di attraversamenti localizzati in corrispondenza di restringimenti dovuti ad argini o altro, questi non devono essere considerati appartenenti al ponte. Se non specificato, si presume che le misure siano effettuate in corrispondenza della sezione di monte dell’attraversamento. Al fine di individuare l’intradosso e l’estradosso dell’attraversamento, nonché la conformazione e la disposizione delle pile, è necessario effettuare le misurazioni in corrispondenza dell’inizio della luce (I), a un quarto della luce (Q), in mezzeria (M) e alla fine della luce (F), e riportarle nel libretto delle misure come descritto di seguito: 1) nella prima colonna è riportato il numero d’ordine (N) delle misure effettuate; 2) nella seconda colonna (Tipo) dovrà indicarsi una lettera (I o Q o M o F), che consente di individuare in maniera immediata la posizione cui le misurazioni si riferiscono. 3) nella terza colonna (X) andrà indicata l’ascissa progressiva X (in metri) del punto in cui la misurazione viene effettuata, ottenuta mediante lettura della fettuccia come nel seguito specificato. 4) nella quarta colonna si dovrà riportare l’altezza totale H (in metri) ottenuta dalla lettura della sagola, posizionata, come meglio specificato nel seguito, a partire dalla protezione laterale eventualmente esistente, fino a raggiungere, con l’estremità inferiore, il piano campagna. 5) nella quinta colonna dovrà indicarsi lo spessore dell’impalcato S (in metri, comprendente anche l’altezza h della protezione laterale), ottenuto mediante lettura della sagola, posizionata sempre a partire dalla protezione laterale, fino a raggiungere l’intradosso. 6) nella sesta colonna deve indicarsi lo spessore delle sovrastrutture T (in metri), tenendo presente che tale spessore è relativo alle strutture eventualmente presenti al di sopra della protezione laterale o, ove questa manchi, al di sopra della sede calpestabile dell’attraversamento; qualora risulti difficoltoso e/o pericoloso misurare tale quantità, si indicherà una misura stimata. Per rilevare la sezione trasversale del corso d’acqua, risultano necessarie ulteriori misurazioni in verticali d’interesse, in modo da descrivere l’andamento delle golene sinistra e destra, della savanella, del letto di magra, ecc. Tali misurazioni saranno relative all’altezza totale H (riempire solo le colonne X e H, lasciando in bianco le colonne Tipo, S e T). Nel caso in cui l’impalcato dell’attraversamento possa ritenersi orizzontale, le misurazioni delle altezze totali H consentiranno di risalire alla descrizione geometrica delle sezioni trasversali (a rigore, esse andrebbero rilevate coi metodi della Topografia, misurando ascisse e quote rispetto a un’origine di riferimento, ma si ritiene che i calcoli idraulici siano poco influenzati se si accetta l’ipotesi di orizzontalità dell’impalcato). Il programma di interpretazione dei dati, sulla base di queste informazioni e della tipologia del ponte, ricostruisce l’intera geometria dell’estradosso e dell’intradosso. Si riassume nel seguito iI contenuto delle colonne del libretto delle misure: N. : numero d’ordine della misura, prestampato; Tipo : identificativo della verticale cui la misura si riferisce (I, Q, M, F); X : distanza rispetto all’origine dell’asse X (m); H : altezza totale rispetto al piano campagna (m); S : spessore impalcato (m); T : spessore delle sovrastrutture (m); Note : eventuali annotazioni. SEZIONE G Nella sezione G è riportato uno schema con le diverse tipologie di ponti, in cui sono indicate le verticali in corrispondenza delle quali effettuare le misure in base a quanto specificato nella sezione F. E’ inoltre 5 Allegato 4 inserito un quadrante per le eventuali note e appositi spazi per la data del rilievo e le firme dei componenti la squadra. Si riporta un esempio, commentato nelle note, di inserimento dei dati per il caso rappresentato: N. Tipo Progr. X (m) H (m) S T Note (m) (m) 0.0 6.55 3.5 Verticale di inizio luce - prima campata Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 2.5 7.15 3.5 7.35 “ Q 5 7.9 2.0 Verticale a un quarto della luce Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 7.5 8.1 9.0 8.3 “ M 10.0 8.35 1.5 Verticale in corrispondenza della mezzeria Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 12.0 8.4 16.75 9.0 “ F 20.0 9.1 3.5 Verticale di fine luce - prima campata I 22.0 9.1 3.5 Verticale di inizio luce - seconda campata Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 23.0 8.9 .. .. .. .. ……. .. .. .. .. …… F 64.0 8.0 1.2 Verticale di fine luce - quinta campata I 66.0 8.1 1.2 0.1 Verticale di inizio luce - sesta campata Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 68.0 8.5 Q 70.0 8.2 1.2 3.5 Verticale a un quarto della luce M 74.0 8.3 1.2 3.5 Verticale in corrispondenza della mezzeria Verticale intermedia per la misura dell’altezza totale H 79.0 8.1 F 82.0 8.0 1.2 0.1 Verticale di fine luce – sesta campata 87.0 7.8 Verticale in corrispondenza del rilevato Strumenti per effettuare le misure Per effettuare le misure sopra descritte ciascuna squadra di rilevatori dovrà munirsi di un metro a fettuccia di almeno 30 mt, un metro ad ultrasuoni, un metro pieghevole (1.5-2 mt), una sagola graduata di 25 mt in treccia di nylon, due serie di numeri (0-9) su cartoncino plastificate formato A4. La sagola per la misura delle altezze dovrà terminare con un peso di forma sferica di materiale ferroso di almeno 1 kg dipinto in arancio. La graduazione della sagola, da realizzare mediante smalti colorati con tacche di 1cm, dovrà essere realizzata in accordo con i seguenti codici: mt. 5 blu mt. 10 rosso mt. 15 blu+rosso mt. 20 rosso+rosso tutti i tratti intermedi di 1 m dovranno essere realizzati con un tacca nera. Modalità di esecuzione delle misure Una volta individuata l’origine delle misure, ancorare a questa lo zero della fettuccia e distenderla per tutta la lunghezza necessaria lungo il ponte. Uno dei tre operatori si posizionerà ad una certa distanza dall’attraversamento in modo da avere in vista la sagola e dare indicazioni, all’operatore addetto alla misura delle altezze, sull’allineamento di quest’ultima rispetto ai piloni e all’impalcato. Dopo aver misurato la luce della campata, si procede alla misura delle altezze in corrispondenza delle verticali I, Q, M, F e delle eventuali verticali intermedie richieste dalla conformazione di fondo alveo. NORME DI SICUREZZA Nell’effettuare i rilievi si raccomanda di osservare le norme di sicurezza, in special modo in caso di misure da effettuare su strade prive di passaggi pedonali. In particolare si raccomanda di: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 .. … 31 32 33 34 35 36 37 38 I 6 Allegato 4 B. effettuare i rilievi in condizioni di luce ottimale; C. indossare indumenti color arancio con appositi catarifrangenti; D. utilizzare scarpe da lavoro antiscivolo; E. sospendere le misure in caso di pioggia; F. non occupare mai la sede stradale; G. non sporgersi in maniera pericolosa dai parapetti; H. non effettuare misure in prossimità di linee elettriche che possono venire in contatto con gli strumenti utilizzati; I. effettuare il rilievo in tre persone di cui una adibita a segnalare la presenza di lavori in corso; J. non creare ostacoli alla circolazione stradale; K. nel caso di attraversamenti ferroviari o autostradali il rilievo andrà condotto senza transitare sulla sede del ponte e limitandosi all’acquisizione delle misure transitando nella zona dell’alveo fluviale; l’altezza totale H, lo spessore S dell’impalcato, lo spessore delle sovrastrutture T, l’altezza della protezione laterale h saranno successivamente richiesti, se necessario, agli enti gestori; L. non transitare mai sulla massicciata ferroviaria o all’interno dell’area di rispetto autostradale; M. tralasciare le misure di attraversamenti in cui sono presenti cartelli che avvisano della possibilità di onda di piena improvvisa; N. tralasciare le misure che possono pregiudicare l’incolumità delle persone o possono ingenerare situazioni di pericolo. 7 Allegato 4 ISTRUZIONI PER LA COMPILAZIONE DELLA SCHEDA PER IL RILIEVO DEI TOMBINI Introduzione La SCHEDA RILIEVO TOMBINI è stata realizzata in modo da essere compatibile con il “Catasto dei Reticoli Idrografici” della Calabria. I dati richiesti sono finalizzati, in gran parte, a rilevare la geometria dello speco e del tratto tombato, al fine di valutare le condizioni di manutenzione e la capacità in termini di portata transitabile. La scheda è organizzata in 3 sezioni (A, B, C); in ciascuna sezione sono richieste informazioni relative a: ü Localizzazione e gestore opera d’arte sez. A; ü Informazioni riguardanti la conformazione e lo stato di manutenzione del canale di monte sez. B; ü Geometria della sezione del tombino e del tratto tombato sez. E; Le Schede Rilievo Tombini sono sempre accompagnate da una cartografia (>= 1:10.000) contenente l’indicazione dei tombini da rilevare, secondo una numerazione univoca basata sul bacino o sottobacino di appartenenza. SEZIONE A Il rilevatore troverà questa sezione parzialmente compilata in modo tale da identificare, sulla cartografia allegata alla scheda, il tombino da rilevare. TRONCO: alla voce tronco deve essere assegnato il codice del tronco secondo la codifica del Catasto dei Reticoli Fluviali. A ciascun tronco il Catasto dei Reticoli assegna un numero progressivo 1,..,n preceduto dal codice del bacino. Il rilevatore troverà impostata sulla scheda questa quantità insieme al CODICE SU CARTOGRAFIA riportato nell’allegato cartografico. CODICE SU CARTOGRAFIA: è il codice assegnato all’opera d’arte nel riferimento cartografico allegato. Anche in questo caso il codice si compone di due numeri: il primo indica il numero del bacino o sottobacino, il secondo la numerazione progressiva dell’opera all’interno del bacino in esame. COORDINATE Gauss Boaga: sono le coordinate del tombino rilevate in corrispondenza della mezzeria. Le coordinate dovranno essere rilevate su una cartografia in scala maggiore o uguale a 1:10.000 GESTORE: Barrare la casella in corrispondenza dell’ente gestore dell’attraversamento. TRATTO TOMBATO: barrare la casella di controllo nel caso in cui il canale risulti tombato per un tratto avente sviluppo longitudinale che si estende oltre la larghezza dell’attraversamento. DATA RILIEVO: indicare la data del rilievo dell’attraversamento. SQUADRA RILEVATORI: indicare la squadra rilevatori secondo un codice composto dalle prime due lettere dei componenti la squadra in ordine alfabetico. FOTO: il rilievo deve essere accompagnato da due foto in formato digitale (800x600): 1) vista prospettica dell’opera, 2) vista da monte di tutta la sezione trasversale. Al fine di poter facilmente identificare il tombino, su ciascuna foto dovrà essere riportato il numero progressivo attribuito al tombino, utilizzando cartoncini numerati formato A4. SEZIONE B CANALE Barrando l’apposita casella di controllo, indicare se la sezione del tombino costituisce uno strozzamento al canale di monte (prima 8 Allegato 4 casella) o non costituisce strozzamento al canale di monte (seconda casella). Barrare inoltre la terza casella qualora il canale di monte del tombino presenti un rivestimento cementizio o in pietrame e indicare, contrassegnando le altre apposite caselle, lo stato di manutenzione e pulizia. SEZIONE C TOMBINO Dovranno essere indicate la forma della sezione dello speco, le dimensioni caratteristiche, il numero degli spechi di cui il tombino si compone, la lunghezza e la pendenza del tratto tombato, lo stato di manutenzione in riferimento al grado di ostruzione; dovrà indicarsi inoltre il dislivello ∆h e la lunghezza ∆l il cui rapporto ha condotto alla determinazione della pendenza. Ai fini della misurazione del dislivello ∆h e della lunghezza ∆l si dovrà procedere nel seguente modo: si dovranno posizionare, ad una distanza ∆l tra loro, due triplometri con bolla in asse verticale, collegati da un filo teso (o fettuccia) con gradazione metrica, reso orizzontale mediante il centramento della bolla di una livella. La lunghezza ∆l è data dalla lettura della gradazione metrica presente sul filo teso; il dislivello ∆h si può ottenere dalla lettura della gradazione dei due triplometri verticali. 9