«L e ragioni dell’informazione non chiedono una visione asettica della vita e un giornalismo praticato senza sentimenti e senza emozioni: hanno invece bisogno di onestà intellettuale e realismo, intesi come un dovere di essere trasparenti nelle proprie idee e rispettosi degli eventi. In particolare, rispettosi delle persone, della loro dignità e della loro ansia di verità». Biagio Agnes Palazzo del Quirinale 18 settembre 2007 Discorso che il Presidente Biagio Agnes ha tenuto in occasione dell’incontro con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la Giornata dell’Informazione. Vicinissimo alla mitica Piazzetta, ci passa il mondo per l’Hotel La Palma, dove si è felici di godere il proprio tempo, accolti da charme ed eleganza caprese. Convivialità, cultura e arte dell’ospitalità si mescolano, dando vita a nuova energia e creatività. È proprio questo il genuis loci del più antico albergo di Capri, l’Hotel La Palma, che continua ad attirare, come ai tempi del Gran Tour, nel cuore dell’Isola Azzurra, i protagonisti internazionali della cultura, del cinema, dell’arte. Tra gli ospiti più recenti: Forest Whitaker, Stevan Zaillain, Maria Grazia Cucinotta, Eric Lewis, Kerry Kennedy, Roberto Bolle, Alessandra e Fabrizio Ferri, Lello Esposito, Marco Nereo Rotelli, Mariah Carey, Claudio Angelini, Banana Yoshimoto, Samuel L. Jackson, Tony Renis, Lina Wertmuller, Massimiliano Finazzer Flory, Bérénice Bejo, Michel Hazanavicius, Sir Ben Kingsley e moltissimi altri. (dal libro dei Forestieri dell’Hotel La Palma) ! ! "# ! $$$ %& '' ( ))) '' Premio BIAGIO AGNES SOMMARIO Prima pagina di Giorgio Napolitano Il ricordo di Biagio Agnes Giuria e Comitato Garanti Premio alla carriera Premio internazionale Premio per la carta stampata Premio per la televisione Premio per la radio Premio giornalista scrittore Premio nuove frontiere del giornalismo Premio giovani under 35 Premio speciale Esiste ancora il giornalismo investigativo nell’era di Internet? Lucia Annunziata, Giuliano De Risi, Paolo Garimberti, Paolo Graldi, Pierluigi Magnaschi Capri, personaggi e dimore Ansa: fatti e immagini dell’anno Visti al Premio Biagio Agnes 8 10 11 15 19 23 27 33 39 43 47 51 59 83 113 131 9 Premio BIAGIO AGNES 10 «I l senso dello Stato e la difesa dei valori essenziali dello Stato hanno guidato l’azione del miglior giornalismo italiano anche quando in tempi non troppo lontani ciò ha comportato serena fermezza e determinazione, a costo del sacrificio della vita». Giorgio Napolitano 11 Premio BIAGIO AGNES Giuria e Comitato Garanti 13 Premio BIAGIO AGNES GIURIA Nelle foto da sinistra: Gianni Letta Presidente della Giuria Paolo Garimberti Presidente onorario del Premio Giulio Anselmi Maurizio Belpietro Stefano Caldoro Virman Cusenza Giuliano De Risi Giampiero Gramaglia Enzo Iacopino Roberto Iadicicco Paolo Liguori Pierluigi Magnaschi Giuseppe Marra Antonio Martusciello Mauro Mazza Roberto Napoletano Mario Orfeo Mario Pirani Antonio Preziosi Mario Sechi 14 COMITATO GARANTI Nelle foto, dall’alto: Pellegrino Capaldo Gaetano Gifuni Raimondo Pasquino Cesare Romiti 15 INTERNO OTTO ROMA LAVORIAMO PER UNA RETE PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE. QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA. Proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia, Terna ha un ruolo unico e insostituibile per la sicurezza e la continuità del sistema elettrico italiano che svolge con un approccio sostenibile all’ambiente e al territorio. Il rispetto di Terna per l’ambiente ha portato alla firma di accordi di partnership strategica con WWF Italia per la definizione di linee guida per un maggiore livello di integrazione dei criteri ambientali nella pianificazione della rete e per la realizzazione di interventi di ripristino, mitigazione e compensazione ambientale nelle Oasi WWF toscane di Stagni di Focognano e Padule-Orti Bottagone e in quella siciliana di Torre Salsa. Con LIPU-Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli, Terna ha invece realizzato un’innovativa ricerca scientifica sull’interazione tra linee elettriche ed avifauna. Con l’associazione Ornis italica installa cassette nido sui tralicci per favorire la riproduzione di alcune specie protette di uccelli e per consentire l’acquisizione di dati scientifici sul comportamento animale. Terna è inclusa nei principali indici borsistici internazionali di sostenibilità tra i quali il Dow Jones Sustainability Index World e Europe. Terna S.p.A. • Viale Egidio Galbani, 70 • 00156 Roma • [email protected] • www.terna.it Premio BIAGIO AGNES Premio alla carriera 17 Premio BIAGIO AGNES Piero Ostellino Piero Ostellino, di famiglia torinese, è nato a Venezia il 9 ottobre 1935. Si è laureato in Scienze politiche all’Università di Torino con Alessandro Passerin d’Entrèves e Norberto Bobbio. Nel 1967, sotto la direzione di Alfio Russo, ha collaborato, da Torino, con il Corriere della Sera, sezione Cultura. Nel 1968 ha curato gli editoriali di politica internazionale sul Corriere di Informazione sotto la gestione di Giovanni Spadolini che due anni dopo l’ha chiamato alla redazione esteri del Corriere della Sera, a Milano. Nel 1972 ha pubblicato “Il diplomatico”, un’inchiesta sulla diplomazia italiana. Nel 1973, sulla base dei suoi studi sul comunismo mondiale, è stato inviato da Piero Ottone a Mosca come corrispondente fino al 1978. Si è trattato della prima volta che un giornalista del Corriere veniva mandato nella città russa senza aver maturato una precedente esperienza come tirocinante in una capitale minore. I suoi cinque anni da corrispondente in Unione Sovietica sono 18 stati raccontati in “Vivere in Russia” pubblicato nel 1977. Sempre sulla stessa esperienza, ha scritto “Roy Medvedev, intervista sul dissenso in Urss”, un dialogo con il grande storico dello stalinismo tradotto in tutte le lingue compreso il giapponese. L’anno successivo è uscito “In che cosa credono i russi”. Nel 1979, è stato mandato da Franco Di Bella a Pechino dove è rimasto fino al 1980 come corrispondente di un giornale borghese. Per i suoi servizi dalla Cina ha ricevuto il Premio SaintVincent. Nel 1981 ha pubblicato “Vivere in Cina” in cui racconta i due anni trascorsi in questo Paese. Il 18 giugno del 1984 ha succeduto ad Alberto Cavallari nella direzione del Corriere della Sera su nomina del Consiglio di amministrazione e di emanazione del Tribunale di Milano che ne controllava l’amministrazione in quegli anni. Nel 1987 ha lasciato la direzione del Corriere dove continua a scrivere come editorialista e titolare della rubrica settimanale “Il dubbio”. Premio alla carriera Ha fondato nel 1963 il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino. Nel 1964, ha diretto la rivista “Biblioteca della Libertà” fino al 1970. Del Centro Einaudi è ora presidente onorario. Dal 1990 al 1995 ha guidato l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano. Durante la direzione del Corriere, ha pubblicato “Cose viste e pensate”. Una raccolta di saggi già editi su riviste scientifiche di politica, nonché, di articoli di una certa rilevanza comparsi sul quotidiano, di cui era a capo, fra i quali un resoconto del viaggio in Transiberiana, da Mosca a Pechino. Nel 2002 viene pubblicato “Il dubbio”, un’antologia della sua rubrica settimanale e successivamente “Letizia Moratti: La nostra scuola. Conversazione con Piero Ostellino”. Quest’ultimo riporta la lunga intervista con l’allora Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti relativamente alla sua riforma. Il 2009 è stato segnato dalla nascita di un nuovo libro “Lo Sta- to canaglia. Come la cattiva politica continua a soffocare l’Italia”. La pubblicazione riporta un lungo e attento studio dei complessi rapporti che intercorrono fra il potere pubblico ed il cittadino italiano, analizzando una serie di temi che l’autore individua come centrali per la modernizzazione del Paese, alla luce di un’interpretazione liberale. Sposato con due figli e tre nipoti, vive fra Milano, la Provenza e Parigi. 19 IL TUO CONSULENTE ASSICURATIVO CONOSCE DAVVERO LA TUA IMPRESA? PER UNA GESTIONE CONSAPEVOLE DEI RISCHI AZIENDALI, OCCORRE SAPER GUARDARE SOTTO LA SUPERFICIE DEL VOSTRO BUSINESS E DEL SETTORE IN CUI OPERATE. CHI SI AFFIDA A WILLIS, OTTIENE ESATTAMENTE QUESTO. WILLIS ANNOVERA OLTRE 20.000 PROFESSIONISTI IN TUTTO IL MONDO, CON COMPETENZE SPECIFICHE NELLA MAGGIOR PARTE DEI SETTORI INDUSTRIALI: DALL’ALIMENTARE ALLE COSTRUZIONI, DALL’ENERGIA AI TRASPORTI, DALLA SANITÀ ALLA CHIMICA, ALLA GRANDE DISTRIBUZIONE. AFFIDANDOVI A NOI, POTRETE ESSERE CERTI CHE OGNI PROGRAMMA ASSICURATIVO RISPECCHI DAVVERO LE VOSTRE ESIGENZE. PERCHÉ, IN WILLIS, LO STUDIO DELLE FORME DI PROTEZIONE PIÙ APPROPRIATE PER LA VOSTRA IMPRESA INIZIA SEMPRE DA UNA PROFONDA COMPRENSIONE DELLE CRITICITÀ E DEI FATTORI DI SUCCESSO CHE CARATTERIZZANO IL MONDO IN CUI OPERATE. SCOPRITE DI PIÙ SULL’IMPEGNO PER I NOSTRI CLIENTI E SUI PRINCIPI CHE CI GUIDANO ALLA PAGINA: WWW.WILLIS.COM/WILLISCAUSE Premio BIAGIO AGNES Premio internazionale 21 Premio BIAGIO AGNES Seymour Hersh Seymour M. Hersh first wrote for The New Yorker in 1971 and has been a regular contributor to the magazine since 1993. His journalism and publishing awards include the Pulitzer Prize, five George Polk Awards, two National Magazine Awards, and more than a dozen other prizes for investigative reporting. In 2004, Hersh exposed the Abu Ghraib prison scandal in a series of pieces in the magazine; early in 2005, he received the National Magazine Award for Public Interest, an Overseas Press Club award, the National Press Foundation’s W. M. Kiplinger Distinguished Contributions to Journalism award, and his fifth George W. Polk award, making him that award’s most honored laureate. Hersh was born in Chicago, in 1937, and graduated in 1958 from the University of Chicago. He began his newspaper career as a police reporter for the City News Bu- 22 reau of Chicago. After serving in the Army, Hersh worked for a suburban newspaper and then for UPI and AP until 1967, when he joined the Presidential campaign of Eugene J. McCarthy as speechwriter and press secretary. In 1969, he exposed the My Lai massacre and cover up during the Vietnam War; his work earned him the 1970 Pulitzer Prize for International Reporting. Hersh joined the New York Times in 1972, working in Washington and New York. He left the paper in 1979 and has been a freelance writer since, with two six-month stints on special assignment to the Times’s Washington bureau. Hersh has published eight books, most recently, “Chain of Command,” which was based on his reporting for The New Yorker on Abu Ghraib. His book prizes include the 1983 National Book Critics Circle Award, the Los Angeles Times award for biography, and a second Sidney Hillman Premio internazionale award, for “The Price of Power: Kissinger in the Nixon White House.” Hersh has also won two Investigative Reporters & Editors prizes, one for “The Price of Power,” in 1983, and the other for “The Samson Option,” a study of American foreign policy and the Israeli nuclear bomb program, in 1992. In 2004, Hersh won a National Magazine Award for public interest for his pieces “Lunch with the Chairman,” “Selective Intelligence,” and “The Stovepipe.” Hersh is married, with three children, and lives in Washington, D.C. 23 Premio BIAGIO AGNES Premio per la carta stampata 25 Premio per la carta stampata Stefano Folli Stefano Folli, giornalista ed editorialista del Sole 24 Ore. è nato a Roma e si è laureato in Lettere all’Università della “Sapienza” di Roma con una tesi sul Nazionalismo italiano durante la Grande Guerra, discussa con Renzo De Felice. Giornalista professionista, è stato direttore responsabile della Voce Repubblicana, il giornale in cui aveva esordito, negli anni fra il 1981 e ’89. è stato portavoce del governo guidato da Giovanni Spadolini nel 1981-’82. Tra gli anni Settanta e Ottanta ha diretto una rivista dedicata ai temi internazionali e alla politica estera dell’Italia: Occidente (in seguito trasformatosi in Nuovo Occidente). Collaboratore del Mulino e di altre testate di cultura politica. Caporedattore per la politica interna del Tempo fra il 1989 e il ’90. Ha cominciato la sua attività di editorialista e notista politico per il Corriere della Sera all’inizio del ’91. Per il Corriere ha scritto costantemente anche sulle pagine culturali, soprattutto su temi storici. Ha diretto il Corriere della Sera fra il 2003 e il 2004. Ha vinto diversi premi di giornalismo, tra cui il Premiolino, il Saint Vincent, il premio Ischia. Premio BIAGIO AGNES Premio per la televisione 29 Premio BIAGIO AGNES Monica Maggioni Monica Maggioni, nata a Milano il 20 maggio 1964 è una giornalista italiana. Si è laureata in Lingue e letterature straniere moderne all'Università Cattolica di Milano con una tesi in Letteratura francese occupandosi della letteratura francese degli anni ‘20. Dal 1989 al 1990 collabora con il quotidiano Il Giorno. Entra alla Rai vincendo il concorso del primo Master della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia nel 1992. Dal 1994 al 1996 lavora a Euronews (Lione) dove sperimenta il lavoro all’interno della redazione multilingue del primo canale di all news europeo. Dal 1996 torna in Italia e lavora alla redazione di Tv7, settimanale di approfondimento del Tg1. Lavora in redazione cronaca e poi agli esteri. Conduce diverse trasmissioni tra cui TV7, tre edizioni di Unomattina e l’edizione del telegiornale del mattino e poi l’edizione delle 20. Attualmente conduce l’edizio- 30 ne domenicale di Speciale Tg1, di cui è responsabile. Ha sempre voluto fare la reporter di guerra. Tra il 2000 e il 2002 segue le fasi più violente della seconda intifada e racconta il conflitto tra israeliani e palestinesi. Dopo l’11 settembre 2001 segue le reazioni mediorientali all’attentato al WTC e viaggia tra territori palestinesi e Libano. Poi, negli Stati Uniti da ottobre a dicembre, realizza una serie di inchieste sull’eversione interna americana. Nel 2003 è l'unica giornalista italiana embedded in Iraq, cioè aggregata all’esercito statunitense durante la seconda Guerra del Golfo. Per tre mesi vive con i militari americani durante l’avanzata di terra dal Kuwait verso la capitale irachena. Dal maggio 2003 arriva a Baghdad e inizia una copertura regolare delle vicende irachene fino al gennaio 2005. Tornerà in Iraq nel 2007. Premio per la televisione In questi anni ha continuato a occuparsi di guerre e di crisi in giro per il mondo, dalla Birmania, all’Africa, all’Afghanistan dove è tornata nel luglio 2009 con i marines. Ha viaggiato nel Nord Uganda per raccontare le vicende dei bambini soldato vittime di Joseph Kony. Ha seguito le vicende iraniane, quelle siriane; ha incontrato capi di stato, blogger, pacifisti e terroristi. Dal 2008 si è trasferita negli USA dove ha seguito la campagna elettorale che ha portato all’elezione del presidente Barack Obama. Nel frattempo ha collaborato con diverse riviste italiane ed internazionali, tra cui Foreign Policy, pubblicando articoli di politica estera. è attualmente capo redattore centrale della Redazione Speciali del Tg1: cura l’ideazione e la realizzazione degli approfondimenti storici del Tg1 e dall’ottobre 2009 conduce Speciale Tg1, in onda la domenica in seconda serata. Nel 2010 realizza il documentario “Ward 54” – storia dei soldati americani suicidi al ritorno dalla guerra in Iraq e Afghanistan. Il documentario viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, premiato a Biarritz con il Prix Mitrani (miglior opera prima) al Fipa; entra in finale al docFest di Istanbul e nella cinquina del David di Donatello. Nel 2011 realizza il documentario “Out of Tehran”. è la storia dei giovani intellettuali iraniani in fuga dal regime di Tehran. Il documentario entra in Concorso alla 68 Mostra del Cinema di Venezia. Riceve diversi premi e riconoscimenti tra cui il Premio Luigi Barzini all'inviato speciale. Ha pubblicato due libri: “Dentro la guerra” - nel 2005 e “La fine della verità” - nel 2006 - editi tutti da Longanesi . 31 Premio BIAGIO AGNES Premio per la radio 35 Premio BIAGIO AGNES Riccardo Cucchi Riccardo Cucchi è nato a Roma il 31 agosto del 1952. Appassionato di narrativa, si è laureato in Lettere all’Università della “Sapienza”, con una tesi su la Voce rivista fiorentina fondata e diretta da Prezzolini e Papini. Giuliano Manacorda e Walter Pedullà i suoi relatori. Nel 1979 partecipa al concorso indetto dalla Rai in occasione del varo della terza rete. Lo supera e viene assegnato alla redazione regionale del Molise in qualità di giornalista. Il sogno di poter raccontare una partita in diretta alla radio, si realizza nel 1982. L’occasione è fornita da una gara di Coppa Italia tra Campobasso e Fiorentina. Inizia un percorso di formazione sul campo, accompagnato da Guglielmo Moretti, Mario Giobbe e Massimo De Luca, che lo porta a fare esperienza nel basket e nella pallavolo. Partecipa ai corsi organizzati dalla Rai e coordinati da Aldo Salvo, fino al momento dell’emozionante affiancamento ai “maestri” della radiocronaca: Enrico 36 Ameri e Sandro Ciotti. A loro cerca di “rubare” i segreti del mestiere più bello del mondo, dopo essere stato ascoltatore fedele e incantato di “Tutto il calcio minuto per minuto”. è del 1984 la prima grande esperienza: le Olimpiadi di Los Angeles. Canottaggio e scherma gli sport che racconta dagli Stati Uniti. è l’era degli Abbagnale, nel canottaggio, e di Mauro Numa e Dorina Vaccaroni nella scherma. Ormai voce stabile in Tutto il calcio, allarga la sua esperienza ad un altro sport, l’atletica leggera. Alle Olimpiadi di Seul, nel 1988, racconterà la medaglia di Bordin nella maratona e la finale dei 100 metri vinta da Ben Jhonsson su Carl Lewis. Una vittoria cancellata, dopo l’esito positivo al controllo di antidoping dell’atleta canadese. Trasferito a Roma, nella nascente testata sportiva diretta da Gilberto Evangelisti, viene nominato inviato speciale. Partecipa ai mondiali di calcio del 1990, disputati in Premio per la radio Italia. Segue la Germania, la Spagna e l’Inghilterra. Nel 1992, alle Olimpiadi di Barcellona, è chiamato a seguire l’atletica leggera per la televisione, senza abbandonare il calcio e la radio. Una parentesi che dura due anni e si conclude con la convinta scelta di aderire al progetto editoriale di Livio Zanetti, che riunifica i Giornali Radio e riporta lo sport nella nuova redazione da lui diretta. Nel ‘94 diventa la prima voce di “Tutto il calcio minuto per minuto” e il radiocronista della Nazionale di calcio che seguirà ai mondiali Statunitensi e in quelli successivi. Racconterà sette finali di Champions League, con i successi di Milan, Juventus ed Inter. Ma la serata più emozionante sarà quella di Berlino nel 2006. L’Italia di Lippi, dopo lo scandalo di calciopoli, approda in finale e conquista, ai rigori, il quarto titolo mondiale della storia del calcio azzurro, battendo la Francia. Nel 2007 è chiamato a dirigere la redazione sportiva di Radio 1 e del Giornale Radio e a coordinare le spedizioni olimpica di Pechino, europea di Austria e Svizzera e mondiale in Sud Africa. La redazione sportiva è impegnata quest’anno in altri due grandi eventi: gli Europei di calcio in Polonia ed Ucraina e le Olimpiadi di Londra. Ha raccontato per Radio 1, sei mondiali di calcio e sette olimpiadi. Conduce, con Filippo Corsini, Radio Anch’io Sport in onda ogni lunedì mattina. 37 Premio per la radio Alfredo Provenzali Alfredo Provenzali è nato a Genova, nel quartiere di Sampierdarena, il 13 luglio 1934. Dal 1966 è radiocronista nella trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. La sua è la voce storica della radio. Lavora per la Rai dai primi mesi dalla nascita della trasmissione che conduce. Per oltre trent’anni è stato inviato sui campi insieme a Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Il suo debutto è stato allo stadio Marassi di Genova che ospita le partite interne del Genoa e della Sampdoria, squadra di cui è grande tifoso. Nel 1994, ha sostituito Massimo De Luca alla conduzione della popolare trasmissione. Nel settembre 2006 ha festeggiato i quarant’anni di attività come radiocronista sportivo. Segue, tuttora, da inviato anche il campionato italiano di pallanuoto, di cui è molto appassionato. In passato, nel 1991, ha curato anche i collegamenti con il Ciclismo nel corso della trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Provenzali ha dato, sempre, prova di spiccata professionalità e di maturato self control. Durante i primi anni ‘60, ha presentato nei teatri liguri diverse rassegne dedicate ai talenti emergenti: in una di queste, nel 1964, ha conosciuto anche il cantautore, compositore come lui stesso amava definirsi, Luigi Tenco, il cui suicidio in un albergo di Sanremo durante l’edizione del 1967, del Festival della canzone italiana, che ha lasciato pieno sgomento nella società italiana. Della sua lunghissima carriera giornalistica, il ricordo che più lo ha emozionato è stata la cronaca radio del record del mondo negli 800 stile libero ottenuto dalla nuotatrice italiana Novella Calligaris durante i primi campionati del mondo di nuoto in vasca lunga disputati a Belgrado nel settembre 1973. La sua voce è una delle più amate dal pubblico. Alfredo Provenzali è uno dei pilastri del successo della trasmissione sportiva di Radio Rai. Premio BIAGIO AGNES Premio giornalista scrittore 41 Premio BIAGIO AGNES Piero Angela Giornalista, scrittore, autore televisivo. Autore di numerosissimi programmi televisivi, ha svolto lavoro di inviato, documentarista, corrispondente (9 anni a Parigi e 4 a Bruxelles) e conduttore del primo telegiornale presentato da giornalisti (ha inaugurato il primo Tg nel 1968, alternandosi con Andrea Barbato e ha inaugurato nel 1976 la prima edizione del Tg2). Dal 1968 si è dedicato esclusivamente alla divulgazione scientifica. Negli anni ‘70 ha realizzato oltre 50 documentari di argomento scientifico-tecnologicoeconomico. Dal 1981 realizza la rubrica settimanale di scienza Quark. Un programma che allora presentava servizi dedicati alla ricerca nei vari campi della scienza (dalla biologia alla fisica, dalla psicologia all’etologia) e che si è poi ramificato in tanti filoni (il mondo di Quark, Quark Economia, Quark Europa, Le pillole di Quark, Superquark, Speciali Su- 42 perquark ecc). Molte delle sue serie speciali (“Viaggio nel corpo umano”, “Il pianeta dei dinosauri”, “Viaggio nel cosmo”), realizzate con speciali tecniche elettroniche, sono state trasmesse in 40 paesi in tutto il mondo. Per circa 10 anni ha collaborato alla pagina culturale del quotidiano La Repubblica . Ha pubblicato 34 libri con una tiratura complessiva di circa 3 milioni di copie, su argomenti di scienza, tecnologia, ambiente, economia, psicologia. Vari suoi libri sono stati tradotti in inglese, tedesco, spagnolo, giapponese. L’ultimo suo libro è uscito nel novembre del 2011 con il titolo: “A cosa serve la politica?”. Negli anni ‘70 ha fondato un comitato contro la pseudoscienza, tuttora attivo, il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), con l’adesione di alcuni dei più prestigiosi scienziati italiani (Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia, Silvio Garattini, Umberto Veronesi, ecc). Premio giornalista scrittore Per il cinema ha scritto nel 1983 il soggetto di un film, diretto dal regista Giuliano Montaldo, sui problemi posti dai rischi di guerra nucleare (“Il giorno prima”). Tra gli interpreti: Burt Lancaster, Ben Gazzara, Erland Josephson, Ingrid Thulin. Ha tenuto oltre 400 conferenze in Italia e all’estero sui problemi della scienza, dello sviluppo, della cultura scientifica e della divulgazione in: scuole, circoli culturali, biblioteche, piazze, Università, associazioni, Collegi universitari, seminari di formazione professionale, ecc. Ha progettato e realizzato allestimenti museali molto innovativi, utilizzando in particolare nuove tecniche virtuali: come per le due ville imperiali romane ritrovate sotto Palazzo Valentini, ai Fori Imperiali, o il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli, o la Necropoli etrusca a Cerveteri. Ha ricevuto numerosissimi premi in Italia (tra cui quello del- l’Ordine dei Giornalisti “per aver onorato la professione”) e all’estero (in Giappone, Stati Uniti e a Parigi, dove ha ricevuto il prestigioso premio Kalinga dell’Unesco, assegnato per la prima volta a un italiano). Nel 2002 il Presidente Carlo Azeglio Ciampi gli ha consegnato la medaglia d’oro per la cultura. Per l’insieme delle sue attività ha ricevuto 9 lauree honoris causa da altrettante Università italiane. 43 Premio BIAGIO AGNES Premio nuove frontiere del giornalismo 45 Premio BIAGIO AGNES Giuseppe Smorto Ventitrè anni nella carta, nove anni su internet: Giuseppe Smorto, reggino, può vantare un profilo professionale non comune. Ha lavorato su piattaforme molto diverse, dalla cui fusione nasce il giornalismo del futuro. Entrato a Repubblica nel 1980 con una borsa di studio Fieg-Fnsi, Smorto è cresciuto nella redazione sportiva del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, nutrendosi del giornalismo di personaggi come Gianni Brera, Gianni Clerici, Mario Fossati, Gianni Mura, Mario Sconcerti. Accanto a loro ha seguito molte importanti manifestazioni sportive. è diventato poi caporedattore della sezione, curando il lancio dell’edizione del lunedì, nel 1993. Una scommessa decisiva per un giornale nato con la convinzione, presto abbandonata, di non coprire gli avvenimenti sportivi: oggi l’edizione del lunedì è per Repubblica una delle più ricche e seguite, con la sezione sport al centro del giornale. Nel 1996 è passato a Tuttosport, dove ha ricoperto per quasi tre 46 anni la carica di condirettore, ai tempi della direzione di Gianni Minà. In quel periodo ha seguito il nuovo progetto grafico del giornale, che fu firmato da Piergiorgio Maoloni. Un progetto oggetto oggi di studi e tesi di laurea, perché fortemente innovativo rispetto alla grafica dei quotidiani sportivi. è poi tornato a Repubblica per lavorare all’ufficio dei capiredattori centrali, in seguito è stato caporedattore del Venerdì (con direttore Paolo Garimberti), poi per due anni capocronista alla redazione di Torino. Negli anni si è così costruito un profilo e un’esperienza da giornalista di “macchina” e non di scrittura. Da quasi nove anni guida il sito di Repubblica.it ed è quindi uno dei pochi giornalisti italiani a vantare una così lunga esperienza sia sulla carta che su internet. Repubblica.it è ai vertici dell’informazione online in Italia, e fra i primi al mondo in rapporto alla popolazione e alla lingua. Ha circa 60 homepage temati- Premio nuove frontiere del giornalismo che, ospita i blog con le migliori firme del giornale, una sezione economica in collaborazione con Bloomberg, una dedicata alle inchieste multimediali. Repubblica.it regala approfondimenti e pagine tematiche anche alla cooperazione e alla solidarietà, non disdegnando incursioni in argomenti “leggeri” come è tipico dei siti di news. Repubblica.it può essere considerata un modello riuscito di fusione fra le esigenze del quotidiano di carta – che rimane il baricentro dell’offerta informativa dell’editoriale l’Espresso – e internet. E l’area digitale, con tutte le sue produzioni, è ormai una voce importante nel bilancio del Gruppo presieduto da Carlo De Benedetti (ultimo arrivo, l’edizione italiana del prestigioso Huffington Post, che sarà diretto da Lucia Annunziata). Particolarmente attivo sui social network, il sito del quotidiano diretto da Ezio Mauro, può vantare circa un milione di fans su Facebook e 500.000 followers su Twitter. Giuseppe Smorto ne ha guidato la trasformazione, fino a portarlo a una copertura informativa 24 ore su 24, caso unico nell’informazione italiana, e con pochissimi altri esempi in quella europea. Ultima scommessa, la trasformazione di Repubblica Tv – che trasmette anche sul digitale terrestre – in una emittente nonstop, e lavora a stretto contatto con il sito, rilanciandone i contenuti e i video. 47 Premio BIAGIO AGNES Premio giovani under 35 49 Premio BIAGIO AGNES Alessandra Viero Alessandra Viero è nata a Sandrigo, in provincia di Vicenza, il 16 aprile del 1981. Dopo gli studi classici, nel settembre del 2004 si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Trento con il massimo dei voti e la lode con una tesi in diritto romano, dal titolo Fides bona e responsabilità contrattuale nell’esperienza giuridica romana. La sua tesi di laurea viene premiata dall’Accademia Olimpica di Vicenza. Durante l’università inizia la sua esperienza giornalistica collaborando nella redazione locale di un’emittente televisiva privata, Rete Veneta, e con il Corriere del Veneto. Diventa giornalista professionista nel 2006. In Veneto segue soprattutto i casi di cronaca nera e giudiziaria. Conduce le edizioni del telegiornale locale e i dibattiti in diretta su temi di attualità per l’emittente per cui lavora. Mentre segue il drammatico sequestro Tassitani, tra le province di Treviso e Vicenza, il primo contatto con la realtà giornalistica nazionale, realizzando alcuni 50 collegamenti sulle indagini, in relazione al delitto, per il Tg4. Nel 2008 approda a Mediaset con una sostituzione estiva. Assunta nella redazione del Tg4, sotto la direzione di Emilio Fede, segue la cronaca, ma è anche inviata a coprire alcuni importanti eventi di costume e società. Nel dicembre del 2010 segue l’alluvione che colpisce duramente il Veneto. Documenta il disastro con servizi e collegamenti audio video. Nel 2011 per quei servizi vince un premio (“Penna d’Oca 2010”) promosso dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto. Si occupa del delitto della piccola Yara Gambirasio, seguendo la vicenda fin dagli inizi, dalle ricerche alle indagini, fino al tragico ritrovamento del corpo; sullo sfondo i pochi punti fermi e i tanti lati oscuri di un caso ancora aperto, di una verità ancora da trovare. Il 29 aprile del 2011 è inviata a Londra per il matrimonio reale di William e Kate che le reti Mediaset seguono con speciali, di- Premio giovani under 35 rette, servizi e approfondimenti. Realizza servizi e cura la diretta delle nozze reali per il Tg4. Nel settembre del 2011, come già nel 2010, è inviata a seguire la 69esima edizione della mostra del Cinema di Venezia. Intervista i grandi registi e attori del cinema italiano e internazionale, da Marco Bellocchio a Sofia Coppola, da Giuseppe Tornatore a Virna Lisi. Nel settembre del 2011 passa alla redazione di Newsmediaset, sotto la direzione di Mario Giordano. Partecipa allo start up di Tgcom24, la rete All news di Mediaset, che inizia a trasmettere in diretta il 28 novembre. Conduce la prima edizione delle breaking news di Tgcom24, all’interno dello spazio di approfondimento di Annalisa Spiezie, il 28 novembre del 2011. Attualmente, per Tgcom24 conduce le edizioni dei telegiornali, la rassegna stampa e lo spazio di approfondimento serale in cui intervista ospiti della politica, dell’attualità e della cultura. Ha sempre sognato di fare la giornalista, fin da bambina. Un sogno che ha avuto la fortuna di realizzare. Durante la sua strada ha incontrato piccoli e grandi maestri di questa professione. Da ognuno ha imparato, e continuerà ad imparare, qualcosa su questo mestiere che spera di riuscire a fare sempre meglio, con tenacia e determinazione. Raccogliendo informazioni e testimonianze sul posto o realizzando un’intervista in uno studio televisivo, il punto è sempre lo stesso: dare le notizie, informare. Farlo in modo chiaro, completo e preciso. Un mestiere che è passione e diventa sfida quotidiana. 51 Premio BIAGIO AGNES Premio speciale 53 Premio BIAGIO AGNES Padre Enzo Fortunato Padre Enzo Fortunato (1966), dottore in teologia, laureato in psicologia e giornalista pubblicista, matura la sua vocazione nel cuore della spiritualità francescana, muovendo i primi passi nel 1986 nel postulato del Sacro Convento di Assisi. Viene ordinato sacerdote nel 1994 per l'imposizione delle mani del Cardinale Virgilio Noé. Dopo l'Ordinazione inizia a svolgere il suo ministero ad Assisi come Padre Spirituale dei ragazzi postulanti che bussano alla porta del Sacro Convento per iniziare il cammino francescano. Fonda e dirige la collana Orientamenti formativi francescani e la Collana Francescana Durante il terremoto del 26 settembre 1997, uno dei momenti più drammatici nella storia del Sacro Convento e della Basilica Papale, assiste i media e i loro inviati nella complessa opera di informazione dell’opinione pubblica. Nel 1999 dopo i lavori di re- 54 stauro, il Custode del Sacro Convento Padre Giulio Berrettoni gli affida la responsabilità del rapporto con i media, riconfermato dai successivi custodi Padre Vincenzo Coli e l'attuale Padre Giuseppe Piemontese. Nel 2002 riporta il Concerto di Natale nella sua collocazione naturale, la Basilica Superiore, dopo che dal 1995 l’evento era stato invece trasferito a "La Scala" di Milano. Progetta e realizza un evento televisivo legato ai valori francescani di solidarietà e fratellanza, in diretta dal Sacro Convento: “Nel nome del cuore”, giunto alla sua 10ª edizione. Nel 2004 lavora all'iter della legge parlamentare (presentata dagli Onorevoli Giuseppe Giulietti e Giampiero D'Alia) per il riconoscimento del 4 ottobre, festa del Patrono della Nazione: San Francesco, quale giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse. Nel 2005 gli è affidata la direzione della rivista San Francesco Premio speciale patrono d’Italia. In 6 anni di lavoro la rivista passa da 29.000 a 100.000 copie. Oggi è pubblicata anche in inglese, in arabo e in braille e, dal 2006, è diffusa nelle edicole e nelle scuole grazie ad una convenzione col Ministero della Pubblica Istruzione. Alla pubblicazione della rivista affianca la creazione del sito internet omonimo, il quale diventa il sito cattolico col maggior numero di accessi in Italia, grazie anche alla webcam in diretta continua dalla tomba di San Francesco. Dal giugno 2011: dopo Fra Mariano da Torino (con “Pace e bene a tutti”) e dopo Padre Raniero Cantalamessa (con “Le ragioni della speranza”), Padre Enzo prosegue la diffusione del messaggio francescano con la rubrica giornalistica su RaiUno “Tg1 Dialogo” realizzata assieme a Roberto Olla. Nel marzo 2012 ha pubblicato “Siate amabili”, con la casa editrice Messaggero, e con la prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi. 55 Premio BIAGIO AGNES Elvira Terranova Elvira Terranova è nata a Francoforte sul Meno, in Germania, 42 anni fa dove è rimasta fino al liceo. Parla tedesco e inglese ed è una grande appassionata di libri e cinema. è corrispondente dalla Sicilia dal 2001 dell’agenzia di stampa Adnkronos per la quale si occupa di cronaca, giudiziaria e politica. La sua attività giornalistica inizia subito dopo la maturità, nel 1989, con una collaborazione con il quotidiano catanese La Sicilia e una tv locale di Licata (Agrigento). Nel 1992 l’approdo a Palermo grazie a una borsa di studio promossa dal Giornale di Sicilia, dove si è occupata soprattutto di scuola e di cronaca bianca. In quello stesso periodo ha iniziato a collaborare per la tv regionale Tgs, dove è rimasta fino al 1997. Cronista di giudiziaria da oltre 15 anni ha seguito i principali fatti di cronaca e processi di mafia che si sono celebrati in Sicilia. Dall’arresto dei più importanti boss mafiosi come Giovanni Brusca, Pietro Aglieri, del capomafia Bernardo Provenzano. 56 è stata la prima a dare la notizia dell’arresto dei boss mafiosi Salvatore e Sandro Lo Piccolo, avvenuto nel novembre 2007. Fino ai più recenti arresti della nuova Cupola, da Mimmo Raccuglia a Gianni Nicchi, avvenuto nel 2009. Ha seguìto, fin dalla prima udienza, il “processo del secolo” a Giulio Andreotti, sia quello di Palermo che di Perugia, il processo per mafia a Bruno Contrada, Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino fino all’inchiesta sulle cosiddette “talpe” che ha visto protagonista l’ex Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Elvira Terranova ha seguito la cronaca per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno e quello per il sequestro della piccola Denise Pipitone, entrambi in corso davanti al tribunale di Trapani. Ha scritto anche di politica, seguendo le elezioni regionali, provinciali fino alla recenti amministrative in Sicilia. Premio speciale Cronista attenta, appassionata e scrupolosa, per l’Adnkronos ha seguito i fatti più importanti avvenuti negli ultimi 10 anni nell’isola a partire dall’emergenza sbarchi a Lampedusa, l’alluvione di Giampilieri, la partenza degli F16 dalla base militare di Trapani per la Libia, la recente alluvione di Saponara nel Messinese. Nel 2009 è andata per due volte in Afghanistan, in visita alla base militare italiana Camp Arena di Herat per raccontare la vita dei soldati in missione di pace. Nel 2011, durante la guerra in Libia, è stata inviata nel Golfo di Bengasi. Sempre nel 2011 ha seguito per oltre sei mesi l’emergenza sbarchi sull’isola di Lampedusa dove sono approdati, tra febbraio e settembre, oltre 50.000 immigrati e profughi subsahariani. Nella notte tra il 7 e l’8 maggio, mentre assisteva all’ennesimo sbarco, ha partecipato alla catena umana per mettere in salvo oltre 700 migranti, tra cui numerose donne ma anche bambini che si trovavano su un barcone incagliatosi sugli scogli nei pressi di Cala Francese, in una zona completamente al buio. In particolare, ha messo in salvo un bambino nigeriano di quattro mesi, restituendolo dopo qualche ora alla madre che non ne aveva più notizie. Per questo gesto di solidarietà ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra i quali il conferimento della medaglia d’oro al valor civile della Regione Sicilia, una targa speciale del “Premio Mario Francese” e una targa della Libera Università dei Diritti Umani, oltre al Premio Galatea. 57 Premio BIAGIO AGNES Giovanni Tizian Nato a Reggio Calabria il 5 giungo 1982, ha vissuto a Bovalino, nella Locride, fino all’età di 12 anni, quando emigra verso nord, direzione Modena. Qui ha iniziato la professione giornalistica. è pubblicista da gennaio 2010, iscritto all’Ordine dell’Emilia Romagna. Si è fatto le ossa scrivendo per la Gazzetta di Modena dove collabora dal 2006, da allora si occupa di cronaca giudiziaria e di inchieste sulle mafie al nord. Privilegiando l’aspetto economico della presenza dei clan nel settentrione d’Italia, «convinto che le organizzazioni mafiose non sono questione di ordine pubblico, ma holding economiche e finanziarie, che ragionano e agiscono nell’economia di tutti i giorni». Parallelamente all’esperienza nel quotidiano locale del gruppo Espresso, ha collaborato con il mensile Narcomafie del Gruppo Abele di Torino e con il quotidiano online Linkiesta.it. Oggi lavora per il gruppo Espresso. Collabora con l’associazione an- 58 timafia da Sud e con l’archivio multimediale Stop’ndrangheta.it. Due realtà dell’antimafia sociale organizzate attorno al coraggio di alcuni giovani emigrati calabresi che hanno scelto di fare qualcosa per la propria terra, nonostante ormai lontani da quei luoghi. Con l’intento di non lasciare la Calabria in mano alla ‘ndrangheta. Nel novembre 2011 per Round Robin Tizian ha pubblicato il libro “Gotica. ‘Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”. Uno squarcio sul potere delle mafie a nord della Linea Gotica. Edilizia, Trasporto, gioco d’azzardo legale, finanza e pizzo, le forme attraverso cui si manifesta la presenza dei clan in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto. Ma “Gotica” è anche un tuffo nel tragico passato dell’autore. è un viaggio attraverso l’Italia, e l’infanzia di Giovanni Tizian. Parte da Bovalino, il paese con il record di sequestri di persona. E proprio in quegli anni a Gio- Premio speciale vanni perde il padre, ucciso dalla ‘ndrangheta. Giuseppe Tizian, un bancario onesto, “integerrimo” diranno gli investigatori. Un’indagine che non porterà a nulla. Il caso fu archiviato e Peppe, con la sua storia, il suo esempio, cestinati nel dimenticatoio di una terra con la memoria tremendamente corta. Oggi la figura di Peppe, il suo nome e cognome si sentono riecheggiare nelle testimonianze che Giovanni e sua madre portano durante gli incontri con gli studenti. E riecheggiano anche il 21 marzo durante la giornata della Memoria e dell’Impegno dedicata a tutte le vittime delle mafie, organizzata ogni anno dall’associazione Libera presieduta da don Luigi Ciotti. Dopo la pubblicazione di “Gotica” e delle ultime inchieste giornalistiche pubblicate con la Gazzetta di Modena, a Giovanni è stata assegnata una scorta armata. è in pericolo per il lavoro che fa. Ma continua a raccontare, a scrivere, a indagare il potere mafioso nelle sue mille sfumature e contraddizioni. Nella sua stessa situazione in Italia sono numerosi in giornalisti minacciati e intimiditi, e Giovanni a ogni presentazione e incontro pubblico lo vuole ricordare. Convinto che solo collaborando tra colleghi, e creando una rete si può realmente squarciare quella spessa coltre di omertà che immobilizza il Paese. 59 Premio BIAGIO AGNES Esiste ancora il giornalismo investigativo nell’era di Internet? 61 Premio BIAGIO AGNES Semplici interrogativi con risposta immediata di LuciaAnnunziata Nell’agosto del 1974 il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon si dimise. Non il primo a farlo, nella storia degli Usa, ma certamente il primo a farlo a causa di una serie di articoli di un paio di gagliardi giornalisti e di un giornale senza paura, il Washington Post. A una più attenta (e meno entusiastica) rilettura della storia di quegli anni, è forse esagerato sostenere che Nixon abbandonò la Casa Bianca solo per quegli articoli, ma è fuori di dubbio che le dimissioni segnarono una svolta per il giornalismo contemporaneo. Da quel momento infatti, nel cuore di ogni aspirante giornalista e nella idea della intera nostra società, i giornalisti investigativi divennero il simbolo stesso della professione, nonchè la sua più romantica versione, insomma i nuovi eroi della società della comunicazione di massa. Da allora, quel ruolo della stampa e dei giornalisti è stato più volte reinventato, attaccato, riproposto, e, alternativamente, dichiarato morto. Il più recente canto funebre per questa nobile professione nasce dal web, o, meglio, a causa del web. 62 La Rete appare infatti l’esatto contrario di tutto ciò che si identifica con la ricerca investigativa. Le inchieste sono lunghe, si dice, richiedono tanto tempo, domandano ampie pagine e costano tanto. Il web vive, si dice ancora, sulla brevità, sull’immediato, sulla velocità di consumo e produzione, e, non ultimo, ha poche risorse da investire. Da qui a sostenere che la rete sia la morte del giornalismo investigativo il passo è stato breve. Come succede quasi regolarmente, però, le verità più evidenti sono spesso banali, e la trasformazione dei mezzi si rivela più una ridefinizione di strumenti che una cancellazione di contenuti. *** Vorrei intanto riportare l’attenzione su cosa esattamente sia il giornalismo investigativo. Direi innanzitutto che è una espressione culturale, il figlio di una concezione del rapporto fra media ed establishment. L’esempio Americano, che rimane paradigmatico dello sviluppo del giornalismo moderno, serve bene anche per capire questa affermazione. Nel libro “The evolution of american investigative journalism” (University of Missouri Press), l’autore James Aucoin, fa risalire questo genere alla fondazione stessa degli Usa, cioè agli anni che prepararono la rivolta coloniale contro la madre patria Inghilterra. Il primo investigative reporter viene indicato in Benjamin Harris, arrivato nel nuovo mondo nel 1686 in fuga dalle autorità inglesi che lo volevano arrestare per i suoi articoli di denuncia (expose) contro la monarchia. Nella Colonia Harris ricominciò daccapo, fondando il Publick Occurrences Both Forreign and Domestick (l’inglese non è errato ma arcaico), il cui primo numero uscì il 25 settembre del 1690. Non ebbe molta fortuna con le autorità nemmeno su questa sponda dell’Atlantico, ma trovò estimatori ovunque tra la impegnata intellighentia che ragionava sul futuro. Uno di questi fu James Franklin - fratello maggiore di quel Ben che diverrà presidente - che nel 1721 fondò il New England Courant. Uno dei primi e più autorevoli fogli che popolarono, animarono e sostennero la rivolta antimonarchica, an- tieuropea e visionaria che porterà alla indipedenza coloniale. Non era ne casuale ne occasionale che quel giornalismo di denuncia che oggi si chiamerebbe di inchiesta, si definisse e prosperasse in quel tempo e in quel luogo. Il mondo anglosassone del 1600 e 1700 fu la grande fucina delle rivoluzioni sociali e politiche europee. La Guerra civile inglese iniziata nel 1642 è un grande calderone in cui confluiscono e si scontrano tutte le istanze che avrebbero poi segnato la modernità: monarchici e parlamentaristi, cattolici e protestanti, popolo e sovranità, rendita e commercio. Quando cade la testa di Carlo I nel 1649 ( il primo sovrano giustiziato) cade il principio stesso del diritto divino dei re e si legittima quello della sovranità popolare. Cambia per sempre il paradigma del rapporto fra cittadini e stato. Ed è rilevante che questo avvenga su una spinta che viene dalle classi abbienti, classi colte, fra cui è diffuso un rigoroso calvinismo che chiede una società fondata sul primato dell’individuo, e del rispetto delle sue scelte religiose e individuali. La parola, l’opinione, 63 i libri, le idée sono, al di là delle armi, i veri strumenti di questi nuovi protagonisti. In questa rottura del rapporto col potere che si definisce il ruolo e la funzione del giornalismo che chiamiamo anglosassone: nasce insieme alla idea stessa che la pubblica opinione abbia e voglia una voce, e il suo orizzonte è l’idea che il potere sia quasi per definizione (la ispirazione religiosa di questo sentimento è chiara) corrotto. Presa molto alla lontana, il concetto del giornalista come Watch Dog si forma in quella inquieta era. *** La domanda più giusta da farsi in merito al futuro del giornalismo investigativo dopo (e dentro) il web, a mio parere, ha a che fare con tutto questo: la Rete favorisce o uccide lo spirito di cui abbiamo fin qui parlato? La risposta credo sia indubbia: la identità tecnologica stessa della Rete la definisce come strumento perfetto di disintermediazione, luogo della trasparenza, della rappresentanza diretta degli individui. Dunque, quasi naturalmente, uno strumento potenziato del controllo, della messa in discussione e della trasformazione del potere. Piaccia o non piaccia, questo spirito rivoluzionario è la seconda pelle della Rete, che oggi e, nel bene e nel male, il più forte garante della dinamica fra cittadini e governi. Ed è nell’interstizio di questo confronto/scontro che il giornalismo investigativo lavora. Nella foto il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon Premio BIAGIO AGNES Basta diffidenze il percorso è obbligato di Giuliano De Risi Bella domanda: esiste ancora il giornalismo investigativo nell’era di internet? Quesito non di poco conto dal momento che parliamo di una delle forme più pure e nobili di giornalismo – lo si dica senza paura di sconfinare nella retorica - almeno inteso nella sua concezione tradizionale. Tradizionale, appunto: il classico “vado, vedo, scrivo”, con in più un quid dovuto al lavoro di ricerca, di raffronto comparativo delle fonti, di elaborazione originale dei dati e delle idee. Un lavoro in cui il giornalista è al tempo stesso ricercatore, magari storico, talvolta persino, lo vedremo, erudito. Nel senso che il suo lavoro lo avvicina storicamente più ad un Lorenzo Valla, critico acuto e pungente del potere della chiesa che si esercitò senza risparmio nella distruzione della Donazione di Costantino, che non ad un semplice reporter. Rimandando a più tardi la spiegazione del perché di quest’accostamento, apparentemente molto ardito, tra un cronista dei tempi correnti ed un umanista che demolì le basi giuridiche dell’esistenza dello Stato 64 della Chiesa, poniamoci dunque conseguentemente un’altra domanda. E se allargassimo il quadro ben oltre il giornalismo investigativo? E a chi chiediamo una risposta? Alla nostra “corporazione” che si eserciterà in profluvi di attestazioni di garanzie o giustificazionismi a seconda delle angolature di giudizio, o al pubblico dei lettori, all’opinione pubblica sempre più insoddisfatti dei media e poco inclini a fare sconti alla nostra professione e che chiedono notizie che vengano dal paese reale e non dai palazzi di qualunque colore siano? Con due punti interrogativi siamo già di fronte ad uno scenario dai risultati imprevedibili e, diciamo la verità, perfino inquietanti per il presente e il futuro del giornalismo ma anche per la democrazia. Andiamo per ordine. Un primo dato di fatto emerge clamorosamente da uno dei più importanti fenomeni politici e civili che si siano determinati sotto gli occhi dell’opinione pubblica internazionale da qualche anno a questa parte: la primavera araba. A partire dai primi moti tunisini, a se- guire con l’Egitto, la Libia, e poi Yemen, Bahrain, Siria e via di seguito è incontestabile che l’Informazione – non a caso uso la maiuscola - dal di dentro di queste realtà politiche e sociali complesse, e sovente da noi indecifrate nonostante la loro vicinanza geografica all’Europa, sia venuta prima che dagli organi di stampa, dalla pancia del paese, da cittadini che hanno veicolato al mondo esterno quello che vedevano dalle loro finestre, o direttamente in strada, tramite computer o telefonini, e che ci hanno realmente aiutato a capire quanto accadeva in quei paesi, spesso fornendoci una cifra interpretativa, descrivendoci quei mondi dal di dentro del loro intricato complesso di fenomeni sociali, religiosi, economici, tribali e di potere, offrendoci il quadro di una realtà ben più articolata di quella che apparteneva alla nostra conoscenza di distratti spettatori occidentali. Ultimo esempio il recentissimo andamento delle elezioni in Algeria, uno dei paesi a più alta tensione politica e a più diretta ripercussione di effetti stra- tegici per l’Europa: a dispetto di tanti nostri profeti di catastrofismo sull’avanzata dei Fratelli Musulmani nessuno aveva prefigurato una cocente sconfitta dei partiti a più alto tasso di fanatismo islamico, come è invece avvenuto. Dovremo rassegnarci quindi sempre più a un giornalismo fuori dalle redazioni, all’affermarsi di quello che ha già ricevuto una catalogazione ufficiale, di citizen journalism? In realtà il fenomeno è molto più antico di quanto si immagini. Sergio Lepri in un saggio sui rapporti fra internet e informazione àncora addirittura la data di nascita di questa forma di giornalismo alternativo, allo scatenarsi del rovinoso terremoto che nel 1994 colpì Los Angeles: le prime notizie sul sisma furono diffuse in rete da un ignoto abitante della città che batté ampiamente sul tempo le news dell’Associated Press o della Cnn. E risale al 2001, ci ricorda ancora Lepri, un altro significativo esempio di informazione parallela a quella istituzionalmente preposta. Questa volta lo scenario è più of- 65 fensivo per la nostra professione: siamo in piena guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. “La guerra era da poco cominciata quando si scoprì su internet il diario di un tale che si presentava con lo pseudonimo di Salam Pax “pace” in arabo e “pace” in latino - e che ogni giorno raccontava da Baghdad quello che vedeva e che sapeva sul conflitto; molto di più di ciò che trasmettevano gli inviati chiusi nell’Hotel Palestine o “embedded” al seguito delle truppe americane. Episodi analoghi si ebbero alla fine della guerra guer- Nell’immagine a sinistra, la Donazione di Costantino, nel XV secolo Lorenzo Valla dimostrò che è il falso più famoso nella storia della Chiesa. A destra, Salam Pax, alias Salam al-Janabi , è lo pseudonimo del blogger gay dell'Iraq. Premio BIAGIO AGNES reggiata: su alcuni siti, che subito diventarono conosciutissimi si potevano leggere e, in alcuni casi ascoltare, i racconti di soldati statunitensi da Baghdad e altrove nel paese; parlavano della guerra, delle loro paure, delle loro speranze. Anche loro erano “reporter” che non avevano fatto nessuna scuola di giornalismo”. Ma il caso in assoluto più clamoroso di un giornalismo di inchiesta, antagonista al potere costituito che ha saputo svolgere quel ruolo che spetterebbe storicamente all’informazione è quello di Matt Drudge, direttore del “Drudge Report” una aggregazione di informazioni politico-scandalistiche di Los Angeles diffusa via internet: fu una sua mail a rompere l’imbarazzante muro d’omertà eretto a protezione della più alta carica dello Stato diffondendo alla comunità web la notizia del caso Clinton-Lewinsky destinata a scuotere alle fondamenta la presidenza degli Stati Uniti e il mondo politico americano. Qualcuno obiettò: una esclusiva dettata da motivi non mai chiariti fino in fondo. No, non ci sto: la notizia dei rapporti sessuali fra il capo dello stato e la ventiquattrenne stagista della Casa Bianca circolava da tempo in tutte le redazioni dei giornali, nessuno aveva avuto però il coraggio di pubblicarla. Punto e basta. E allora dobbiamo recitare il de profundis della stampa scritta e In alto il presidente americano Bill Clinton con Monica Lewinsky, ex stagista della Casa Bianca. parlata di fronte all’incalzare di uno tsunami dell’informazione “altra” che grazie ad internet si diffonde dal basso, non conosce remore politiche non risparmia poteri forti e si diffonde nelle case della gente senza passare per le redazioni dei giornali e delle tv ? Prima di tentare una risposta proviamo ad allargare lo sguardo e la memoria. A proposito della crisi della stampa tradizionale, viene in mente la storia, molto istruttiva, di Judith Miller e Walter Pincus. è il momento in cui la “coalizione dei volenterosi” si prepara ad attaccare l’Iraq (un periodo – sia detto per inciso – che possiamo ritenere davvero di svolta nella storia recente del giornalismo). La prima è una cronista con ottime entrature al Pentagono ed al Dipartimento di Stato. La cosa le permette un accesso privilegiato ad una serie di fonti ed informazioni precluse a molti colleghi. Lei, logicamente, se ne fa forte per stendere un’inchiesta sulla possibilità da parte di Saddam Hussein di entrare in possesso di armi di distruzione di massa. Conclude, nella sua in- 66 chiesta, che Bagdad è già in possesso di questi armamenti. Lo fa perché le fonti di cui si serve (Pentagono e Dipartimento di Stato) sono autorevolissime. Autorevolissime, ma non affidabili, perché oggettivamente di parte. Lei scrive un’inchiesta sbagliata perché basata su assunti sbagliati, e ne ottiene, alla fine, di essere allontanata dal suo giornale. Il secondo, Pincus, è al contrario della Miller un anziano giornalista con poco fiato nei polmoni. Non è scattante come una volta, al telefono parla con pochi funzionari e non ha accesso a fonti particolarmente informate. Il suo giornale, diretto concorrente di quello della Miller, gli affida un’inchiesta sullo stesso argomento. Lui va su internet e trova una serie di documenti di Pentagono e Dipartimento di Stato. Li confronta, li studia, ne analizza le singole parti e mette in risalto la verità che si nasconde dietro le righe. Usa lo stesso metodo di Lorenzo Valla nei confronti della Donazione di Costantino, guarda alle fonti con occhio critico, e alla fine trova la soluzione giusta: Saddam non è in grado di fabbricare la Bomba. Storia realmente accaduta, che insegna come Internet possa scavalcare i normali metodi e preconcetti del giornalismo (parlo di preconcetti perché – prosegue la storia – a Pincus nel suo giornale non vollero credere, e la sua inchiesta venne pubblicata solo grazie all’intervento di un suo amico chiamato Bob Woodward. Pubblicata sì, ma a pagina 14 – cioè accuratamente nascosta). Insegna anche che il cittadino, se dotato di una propria capacità critica, può benissimo in qualche caso scavalcare il giornalista, rendendolo inutile (pensiamo, oltre alla Primavera Araba, anche a come gli spagnoli bocciarono nelle urne le bugie di Aznar sull’attentato della stazione di Atocha). Bob Woodward e Carl Bernstein, mitici redattori del Washington Post che rivelarono i retroscena del Watergate costringendo alle dimissioni il presidente Usa Richard Nixon, denunciano tutto il loro scetticismo sulla possibile fine, non gloriosa, del giornalismo di inchiesta davanti all’incalzare dell’onda anomala dell’informazione via Internet. “La rete può integrare, può aiutare a fare progressi, ma la verità si trova sempre dentro le persone” hanno dichiarato in occasione della conferenza annuale della “American Society of News Editors”. E Bob Woodward commentando gli elaborati degli studenti dell’Università di Yale ai quali era stato chiesto di scrivere come avrebbero agito se si fossero dovuti trovare a raccontare un caso Watergate dei giorni d’oggi è andato giù di mano pesante : “Mi è quasi venuto un aneurisma – ha confessato, sconsolato – molti studenti hanno scritto cose del tipo: beh andrei su internet, mi metterei a cercare fondi segreti di Nixon e troverei le risposte per la mia inchiesta. Altri ancora si sono detti convinti che Nixon, nell’era dei social network, si sarebbe sentito talmente incalzato dalle critiche di blogger e utenti di twitter che si sarebbe dimesso nel giro di un paio di settimane”. 67 Lapidaria l’obiezione di Mathew Ingram da Gigaom.com nel dibattito che si è aperto sulle dichiarazioni dei due columnist: “Il giornalismo ha bisogno di molto di più di un paio di scarpe da consumare”. E ha avuto buon gioco nel ricordare che fu un cittadino pachistano a diffondere al mondo via internet le prime notizie sul raid in cui fu ucciso Osama Bin Laden. Fu vero giornalismo? Certo la pratica del “random acts of journalism” che si va sempre più diffondendo è altra cosa dalla nostra professione, non ci Nelle foto a sinistra, Robert Woodward e Carl Bernestein, giornalisti del Washington Post, si occuparono dello caso Watergate che portò alle dimissioni del presidente Richard M.Nixon nel 1974. A destra, Mathew Ingram scrittore GigaOm.com, una delle reti più importanti blog di tecnologia negli Stati Uniti, con sede a San Francisco. Premio BIAGIO AGNES sono dubbi. I rischi sono dietro l’angolo: veridicità, attendibilità, verifica delle fonti, imparzialità, obiettività, pluralismo, indipendenza e via di seguito, principi e regole che hanno costituito nei secoli i pilastri della professione giornalistica (anche se in alcuni casi si è trattato più di mere parole d’ordine che non di reali professioni di fede) non possono certo essere richiesti in modo certificato all’informazione spontanea che corre via internet. Il problema che si pone è dunque come e dove trovare un punto di incontro Nelle foto a sinistra, Bradley Manning, militare e informatico statunitense, accusato di aver scaricato documenti riservati passati poi all'organizzazione WikiLeaks. Nel settembre 2011 candidato a Premio Nobel per la Pace. A destra Julian Paul Assange, noto per il caso WikiLeaks. fra questi due mondi che si guardano con diffidenza così come la medicina tradizionale guarda alla medicina omeopatica, come a una pratica quasi riportabile alla stregoneria. Ingram ci dà una sua via: “Il giornalismo sta diventando un ecosistema di cui chiunque può diventare parte piuttosto che un concetto statico associato ad uno specifico gruppo professionale e a uno specifico insieme di piattaforme e di supporti”. E non risparmia rilievi critici: “Woodward è un gigante della storia del giornalismo investigativo. Ma solo per questo dovremo credergli che internet non è di alcuna utilità concreta in vicende come il Watergate? Non necessariamente, Il giornalismo di ora è molto diverso da quello di quaranta anni fa e probabilmente migliore”. E cita il caso dei Collateral Murder rivelato da Wikileaks nel 2010. Qualcuno nutre dubbi sul fatto che sarebbe mai venuto alla luce senza internet, senza che si determinasse la connessione fra Wikileaks e Bradley Manning il soldato Usa, analista 68 dell’esercito incriminato dalla corte marziale per “collusione con il nemico” con l’accusa di aver indebolito gli ingranaggi della sicurezza nazionale, e nel contempo inserito addirittura nell’elenco dei 231 candidati all’Oscar per la Pace? E come negare che i documenti diffusi da Assange, senza alcuna mediazione giornalistica, abbiano costituito un momento determinante di informazione per l’opinione pubblica mondiale? Si può essere d’accordo o no su Assange, se considerarlo angelo della verità o demone di una informazione perversa, ma c’è invece sicuramente da rabbrividire nel leggere i risultati di una ricerca di Cision, azienda inglese che si occupa di media, in Francia, Germania e Gran Bretagna, (ma non è che in Italia i risultati apparirebbero granché diversi) secondo cui il 70 per cento di giornalisti interrogati nell’ambito di una indagine sulle fonti di approvvigionamento delle notizie dalle reti sociali, ha dichiarato di usare ancora i comunicati stampa, le pubbliche relazioni e i siti web delle aziende per controllare i dati e trovare notizie. C’è da chiedersi, con queste premesse, se un caso Finmeccanica, Tanzi, San Raffaele, sarebbe mai esploso se ci si fosse affidati unicamente ai comunicati stampa delle aziende. E qui si deve avere il coraggio di aprire un capitolo doloroso per il giornalismo investigativo - e non - che non è meno preoccupante per una democrazia dell’informazione che venga esercitata nel nome, per conto e nell’interesse dell’opinione pubblica e quindi del paese. Ricordando a coloro che hanno una certa età cosa rappresentò per il mondo giornalistico e per il paese l’inchiesta sulle deviazioni del Sifar portata avanti da due straordinari giornalisti di razza come Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi che nel 1968 denunciarono il tentativo di colpo di Stato del Piano Solo e la deviazione dei servizi segreti italiani. Toccarono un santuario intoccabile: il Generale De Lorenzo li querelò e i due giornalisti furono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclu- sione, nonostante il Pubblico Ministero Vittorio Occorsio, che aveva letto gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di stato, avesse chiesto la loro assoluzione convinto della liceità del loro operato giornalistico. Fu grazie al Partito Socialista che offrì loro il salvacondotto di un seggio alla Camera ed uno al senato se i due valorosi giornalisti evitarono il carcere grazie all'immunità parlamentare. E dobbiamo ancora alla penna di Scalfari se pochi anni dopo fece conoscere all’Italia gli inquietanti maneggi di un boiardo di stato come Eugenio Cefis, passato dall’Eni alla Montedison, al quale dedicò un libro che fece epoca: “Razza Padrona” scritto a quattro mani con Giuseppe Turani. Un libro profetico degli scenari che si sarebbero delineati in Italia negli anni a venire e che avrebbero offerto linfa all’attività di molti magistrati. Da allora ad oggi l’Italia è stata terra di scandali, da Sindona ai fondi neri Iri, dalla mala sanità di De Lorenzo e Poggiolini a Telekom Serbia, dal caso Loockheed al 69 crack Parmalat, dalla Missione Arcobaleno a Mario Chiesa che aprì la controversa stagione di mani pulite, a Vallettopoli. Ma dobbiamo pur chiederci, fatta eccezione per alcune coraggiose inchieste come quelle di Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Iaria Alpi e Miran Hrovatin che hanno pagato con la vita il coraggio della loro ricerca di verità, o di un Giuseppe D’Avanzo, per proseguire, cito a caso e senza intendimenti esaustivi, con Giampaolo Pansa, Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, Milena Gabanelli, Gianluigi Nuzzi: quante delle inchieste che hanno catturato i titoli di prima pagina dei nostri giornali in questi ultimi anni sono state condotte fuori e separatamente dalle stanze delle procure, degli uffici istruzione e dalle aule dei tribunali italiani? In tempi in cui anche la politica inizia, seppure timidamente, ad ammettere le proprie debolezze e a presentare in qualche caso le scuse al Paese, nascondersi dietro professioni di messianicità, dietro un fumoso giustificazionismo per cui tutto è lecito in vista di un obiettivo superiore, appare non solo colpevole, peggio, patetico. E allora la risposta, se vogliamo conservare alla nostra professione i pilastri di quei connotati cui si faceva prima riferimento, non può conoscere attenuanti e va denunciata a crude lettere: ben pochi. Di destra, di centro o di sinistra, il giornalismo Nelle foto Callisto Tanzi arrestato, nel 2003 per il crac Parmalat: un sistema perverso dal quale per anni politici, banche e giornali hanno tratto la propria convenienza a danno dei piccoli investitori. Premio BIAGIO AGNES di inchiesta, ha finito per trasformare la propria natura, ha rinunciato alla sua connotazione fondamentale di ricerca, di denuncia, di antagonismo di qualsiasi potere politico, economico, sociale ma anche culturale, di indipendenza, per trasformarsi in braccio operativo inconsapevole, in alcuni casi, più che consapevole in altri, di interessi superiori, superiori in tutte le accezioni del termine. Questo muoversi secondo regie palesi od occulte ha portato da qualche decennio a questa parte a quello che potremmo definire il giornalismo dal pensiero unico. Troppo spesso, i principali giornali italiani sono usciti con la stessa prima pagina. Stessa apertura, spesso la stessa titolazione, spesso la stessa impaginazione. Una tendenza all’omologazione frutto – se si può dire – di una professione che nel deteriorarsi del clima politico e culturale di un paese, incapace di rinnovarsi e di aprirsi al nuovo, di interrogarsi e di sapersi mettere in discussione, ha finito per risentire della logica degli schieramenti contrapposti assorbendone e riflettendone gli effetti. Un pensiero unico, rosso o nero che sia, è tutt’altro che garanzia di alterità rispetto alle parti. Al contrario, è spia di una asfissia cerebrale che non prepara – come in Italia è accaduto – l’opinione pubblica ad essere critica e vigiIn alto, alcune testate di quotidiani italiani. le nei confronti della realtà fattuale. Questa attitudine si intreccia con il secondo fenomeno, che è più antico – un vero e proprio peccato originale – ma che si è rafforzato negli ultimi due decenni, quello di un giornalismo visto come cronaca di Palazzo. Che non necessariamente deve essere concepito secondo l’accezione pasoliniana, che è negativa. Il Palazzo è il potere, e come il potere da sempre può essere positivo o negativo, a seconda di come lo si usa. Credo che la recente storia italiana ce ne offra ampi esempi. Ora, storicamente il giornalismo italiano nasce con le gazzette delle corti dei principi e dei principotti. Niente di male, se non che il “dietro le quinte”, in una corte, spesso è considerato più interessante dell’illustrazione dei fatti e dei provvedimenti veri e propri (la quale illustrazione è lo scopo precipuo con cui nasce invece la stampa anglosassone). Il “retroscenismo”, orribile invenzione dei quotidiani post Tangentopoli, attizza questo tipo di curiosità, cattura spazio e rilevanza nell’informazione, ma in fin 70 dei conti non aggiunge quasi mai nessun elemento utile alla comprensione delle cose. è spazio e tempo rubato alla buona informazione. Il retroscena, del resto, non nasce a caso: è lo sviluppo di un giornalismo che si occupa di cose di corte, e che per questo soccombe alla tentazione di esserne esso stesso protagonista, e di influenzarne l’esito. La crisi dei partiti ha accentuato questo fenomeno, trasformando gli organi di informazione in altrettanti quotidiani-partito, ognuno con i suoi interessi di riferimento, con i suoi interlocutori privilegiati, con una linea editoriale (di per sé una cosa buona) degenerata nella partigianeria. Ognuno lontano, quanto i partiti in crisi, dalla realtà del pubblico. Ci si deve stupire se il pubblico si allontana? Non è normale che tutti i giorni - tutti - l’argomento di prima pagina (quasi sempre la politica interna) occupi l’inizio del giornale, dalle prime quattro alle prime nove pagine. Inevitabilmente gli argomenti sono trattati in modo ripetitivo, verboso, con una ricerca di scrittura giornalistica che sfocia nel barocco delle espressioni e delle sfumature (come quando, ad esempio, la ricerca di un accordo in commissione viene spacciata per una “ricerca del Graal”). Tutto ciò è l’esatta negazione di un giornalismo di inchiesta che scava nelle pieghe offuscate, occulte, mistificate del Palazzo, ma anche nelle contraddizioni del sistema ricavandone elementi di denuncia, di indignazione, ma anche proponendo elementi di consapevolezza su come prevenire ulteriori degenerazioni e come porvi rimedio: in breve proponendosi come un momento fondamentale di costruzione dell’organizzazione civile dei cittadini parlando un linguaggio che tutti tocca e a tutti è comprensibile e trattando argomenti che tutti interessano. Meravigliarsi a questo punto per la disaffezione del pubblico dei lettori, per l’insorgere di una informazione parallela che corre sul filo dei collegamenti internet, per lo spostarsi dell’attenzione dei giovani sempre più verso blog e so- cial media è comportarsi da Alice nel paese delle meraviglie: se i media tradizionali non sono in grado di svolgere la loro funzione, la stessa informazione percepita come “libera” viene ricercata altrove. Vale per giornali vale per i partiti. La presenza di Seymour Hersh fra i vincitori del Premio Agnes con il clamore delle sue inchieste che hanno permesso all’opinione pubblica mondiale di conoscere verità inconfessabili e inconfessate, dai massacri di civili innocenti a May Lai alle violenze e profanazioni del campo di prigionia di Abu Ghraib, alle vergogne della guerra in Iraq, ai retroscena dell’establishment politico-militare statunitense, ci riporta alle reali dimensioni e funzioni del giornalismo d’inchiesta che fa dell’indipendenza e del coraggio la propria bandiera per affermare verità scomode a molti ma indispensabili al consolidamento di una corretta conoscenza e coscienza democratica dell’opinione pubblica e quindi alla crescita civile di un paese. Tornando alla domanda iniziale 71 chiediamoci dunque: giornalismo di inchiesta e informazione web sono antitetici e inconciliabili o è possibile una terza via? Il direttore di Bbc Global News Peter Horrocks non sembra nutrire dubbi in proposito: “Twitter e gli Rss readers sono diventati strumenti essenziali dell’establishment. I giornalisti della Bbc dovrebbero tener conto degli aggregatori e seguire attentamente i contenuti di qualità”. Dobbiamo dunque rassegnarci a cercare la verità fuori dalle edicole Nelle foto a sinistra, uno degli abusi inflitti ai prigionieri iracheni dalle forze militari Usa nel carcere di Abu Ghraib. A destra, Peter John Gibson Horrochs, direttore del Bbc World Service, è stato assistente produttore e poi produttore per il Newsnight, senior producer e vice direttore di Panorama. Premio BIAGIO AGNES o dai nostri schermi televisivi? Paul Lewis, giornalista del Guardian, Reporter of the Year nel 2010, lancia una interessante provocazione “penso ci sia una questione social media che ha cambiato il giornalismo in maniera molto profonda e questo vale anche per il giornalismo . Twitter in particolare dà un modello unico di flusso di informazioni – diverso da qualsiasi cosa abbiamo vista prima – e permette alle fonti di collaborare direttamente coni giornalisti. Il giornalismo investigativo per tradizione è sempre stato “il giornalismo che scova la fonte”. Credo che nell’era dei social media questo rapporto possa cambiare: le fonti trovano i giornalisti.” Che dire? Mi sembra evidente a questo punto che l’opinione pubblica di fronte ai profondi mutamenti politici ed economici determinatisi in questi ultimi anni e destinati a segnare profondamente il nostro futuro, ai sempre più complessi scenari nazionali e internazionali non sembra più intenzionata a delegare in alto la regia del proprio destino. Dalle piazze arabe, da quelle europee, da quelle americane, da quelle asiatiche emerge con forte determinazione la voglia della gente comune di sentirsi partecipe, in quanto informata, dei processi di sviluppo della socieIn alto, Mark Zuckerberg ideatore del social network Facebook. tà e delle sue articolazioni. La consapevolezza acquisita che il futuro del sistema paese, passa attraverso una maggiore conoscenza dei processi economico-finanziari, energetici, ambientali e sociali, richiede una forte responsabilizzazione della collettività chiamata a scelte (un esempio per tutti il rifiuto del nucleare con quello che potrà comportare sui costi industriali e del bilancio energetico) in grado di incidere notevolmente sulla qualità della vita. Giornalismo e media sociali in questo contesto e in questa prospettiva presentano una forte componente strategica e non possono a mio parere porsi disgiuntamente. Il giornalismo di inchiesta in particolare può svolgere una funzione propulsiva di una nuova coscientizzazione di massa motivando sempre più i lettori ad esercitare una funzione di controllo, di prevenzione, di salvaguardia degli interessi della collettività. Più che di un giornalismo che si attardi a descrivere scandali e degenerazioni del po- 72 tere quando questi sono oramai fatto comune, c’è bisogno di un giornalismo che entri nelle pieghe del paese, analizzi le sue necessità, le sue aspirazioni, promuova una nuova cultura della conoscenza dei problemi, delle criticità ma anche delle possibili soluzioni, sia critico con i poteri forti ma si occupi anche delle cose di ordinaria amministrazione che determinano quotidianamente un abbassamento e uno scadimento dei livelli della qualità della vita delle persone. Sotto questo punto di vista il giornalismo professionale, e in particolare quello di inchiesta, per la sua propensione a monitorare le possibili degenerazioni del sistema, ha nei social network un formidabile alleato, una miniera di informazioni capillari, dalle quali trarre linfa per esercitare il suo ruolo fondamentale per il Paese. E questo, ancorandolo al paese reale e alla sua voglia di pulizia civile e morale, aprirà sicuramente alla professione giornalistica nuove prospettive e nuova credibilità. Premio BIAGIO AGNES Giornalismo investigativo: poco amato da governi e investitori pubblicitari di Paolo Garimberti Il giornalismo investigativo è per me sinonimo innanzitutto di democrazia. La più problematica delle invenzioni che ci viene dall’eredità greca si realizza pienamente solo quando il giornalismo è effettivamente degno del suo nome e può esercitare in piena libertà il suo ruolo di watch-dog del potere, di “protettore” del cittadino dagli abusi e dalle sbavature di qualsiasi potere. Su un piano più professionale, il giornalismo d’investigazione mi fa subito pensare alla figura di "Ed" (Edward) Murrow (19081965). Il “santo patrono” del giornalismo statunitense, e forse mondiale, è ricordato oggi per i suoi notiziari radiofonici e poi televisivi seguiti da milioni di ascoltatori negli Stati Uniti e in Canada in virtù dell’onestà e integrità di Murrow nel diffondere le notizie. E grazie anche al gioco di squadra che egli seppe organizzare intorno a sé: durante la seconda guerra mondiale arruolò una serie di corrispondenti di guerra e successiva- 74 mente alla Cbs tirò su una generazione di giornalisti televisivi, di cui fu il leader carismatico e riconosciuto. Ma "Ed" Murrow fu anche il giornalista che nella prima metà degli anni Cinquanta ebbe il coraggio di investigare, controcorrente, su molti casi di persone sospettate di simpatie comuniste dal Senatore Joseph McCarthy. Alla fine, proprio un programma di Murrow segnò un nuovo spartiacque nella storia del giornalismo televisivo statunitense contribuendo alla caduta politica del Senatore e alla conseguente fine della “caccia alle streghe” dell’era del maccartismo. Sulla strada aperta da Murrow, che attinse a sua volta a una tradizione giornalistica risalente all’ultimo terzo dell’Ottocento, ci furono altri grandi casi che segnarono in profondità la coscienza degli americani. Nel 1970 l’indipendente Seymour Hersh vinse il Pulitzer Prize for International Reporting tra l’altro i suoi articoli sul massacro di civili perpetrato da soldati americani a My Lai durante la guer- ra del Vietnam nel 1968. Nel 1973 ad aggiudicarsi il Pulitzer furono Bob Woodward e Carl Bernstein con le loro inchieste sul caso Watergate, uno scandalo politico scoppiato nel 1972, che portò alle dimissioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Nel 1979 -1980 il giornalista e documentarista australiano John Pilger, il regista David Munro e il fotografo Eric Piper narrarono la dominazione dei Khmer Rossi sulla popolazione cambogiana con vari articoli e due documentari televisivi (premiati col Un Media Peace Prize) che fecero scattare una raccolta fondi in favore della Cambogia. Con la fine degli anni Ottanta ad aprire un nuovo capitolo nel giornalismo d’investigazione fu l’avvento del computer e dei database elettronici: così nel 1988 il premio Pulitzer Bill Dedman analizzò il razzismo dei prestatori di mutui coniando l’espressione “il colore dei soldi”. Nel 2004, durante la guerra in Iraq, ancora Seymour Hersh raccontò gli abusi inflitti ai prigionieri iracheni dalle forze militari Usa nella prigione di Abu Ghraib (peraltro le foto scattate nel carcere delle atrocità aggirarono la censura governativa via Internet). Il giornalismo d’investigazione, se ha una forte impronta americano-inglese, non ha confini. Tuttavia dove la democrazia è debole corre rischi maggiori. Nel 1993 il giornalista turco Uğur Mumcu – celebre per le sue inchieste sul Partito dei Lavoratori del Kurdistan, sui rapporti tra Iran ed Hezbollah curdi, e su Mehmet Ali Ağca, l’attentatore di Giovanni Paolo II – venne assassinato con una bomba. Nel 1996 l’irlandese Veronica Guerin fu uccisa per i suoi articoli sugli spacciatori di droga. La giornalista russa Anna Politkovskaja si fece conoscere per i suoi coraggiosi reportage sulla Cecenia e sul conflitto russo-ceceno, nonché per i suoi articoli sullo scarso rispetto dell'Esercito e del Governo russi per i diritti civili e lo Stato di diritto. 75 “Sono una reietta”, scrisse una volta di sé: nel 2006 dei sicari la eliminarono in ascensore, mentre rincasava. L’essenza del giornalismo investigativo è cercare di descrivere quello che succede, e ciò che qualcuno in genere non vuole che si sappia, a chi non lo sa o non può esserne a conoscenza. Per farlo occorre stabilire innanzitutto i fatti, distinguendoli dai commenti: condizione necessaria eppure non sufficiente. I fatti occorre non solo verificarli In alto a sinistra la commemorazione per Ugur Mumcu, il giornalista turco assassinato per le sue inchieste sul Partito dei Lavoratori del Kurdistan. A destra, Veronica Guerin, la giornalista irlandese uccisa per i suoi articoli sugli spacciatori di droga. Premio BIAGIO AGNES ma saperli mettere in relazione tra loro. Le voci diffuse da una fonte vanno incrociate con altre fonti, quindi appropriatamente elaborate. Si arriva alla fine del percorso solo dopo aver consumato molti tacchi delle proprie scarpe e molti fogli dei propri taccuini. Si prenda il controverso caso di WikiLeaks, l'organizzazione internazionale che dal 2006 ha ricevuto in modo anonimo e poi pubblicato sul proprio sito quantità industriali di documenti a vario titolo riservati o anche segreti, soprattutto di provenienza governativa. Documentando per esempio aspetti nascosti della guerra in Afghanistan e della guerra in Iraq (come il video dell’uccisione di due giornalisti della Reuters e di molti civili da parte di elicotteri americani nel luglio 2007). Oppure riguardanti i rapporti UsaPakistan. O la gestione del Campo di prigionia di Guantánamo, uno dei casi più celebri venuti alla conoscenza del grande pubblico grazie a WikiLeaks. In ciascuna di queste occasioni, però, la “verità” è diventata tale solo quando persone credibili o testate di riconosciuta autorevolezza (il britannico“Guardian” come l’americano “New York Times” o come il tedesco “Der Spiegel”, per citare solo tre testate internazionali) hanno certificato l'autenticità del materiale. In alto, il campo di prigionia di Guantanamo, uno dei casi più celebri venuti a conoscenza grazie a WikiLeaks [1] http://projects.washingtonpost.com /top-secret-america Come contro esempio si possono citare due grandi casi di reporting investigativo. Dopo l’11 settembre, “e Washington Post” ha avviato una complessa inchiesta durata due anni (Top Secret America) per mappare l’apparato di sicurezza e l’universo segreto dispiegato su tutto il territorio degli Stati Uniti dopo l’attacco alle torri gemelle, inchiesta che ha coinvolto una ventina di giornalisti e che è oggi disponibile in rete1. Mentre nel 2010 la Bbc e l’International Consortium of Investigative Journalists in quasi un anno hanno ricostruito su scala mondiale la piaga dell’industria dell’amianto. Sono solo due tra i tanti possibili esempi che dimostrano la vitalità di un genere di informazione che si sta organizzando in modo nuovo: aumentano anche in Europa i centri e le organizzazioni indipendenti specializzate nel giornalismo investigativo; e cresce la produzione di storie basate su inchieste transnazionali. Non è, dunque, l’estensione a dismisura di documenti senza con- 76 trollo che fa la notizia, ma il lavoro meticoloso e approfondito di analisi dei documenti e delle testimonianze. Tale messa in guardia è più che mai attuale. Il giornalismo investigativo soffre oggi a causa di un duplice fattore di debolezza. Per una sorta di meccanismo della bilancia, più la carta stampata e i media audiovisivi sono finanziariamente dipendenti (da uno Stato come dalla pubblicità) meno i giornalisti hanno la possibilità di svolgere inchieste su temi difficili o delicati. Detto in altre parole, i governi e gli investitori pubblicitari amano poco il giornalismo d’inchiesta. D’altra parte, la moltiplicazione delle fonti disponibili online e la possibilità di ricorrere a specifici software investigativi che consentono di scandagliare quasi automaticamente la Rete spingono troppi a credere che si possa sapere tutto e in un baleno. è vero esattamente il contrario. La qualità dell’informazione esige tempo, un tempo molto spesso artigianale, insieme a un ampio margine di libertà d'azione. Premio BIAGIO AGNES Tra inchiostro e pallottole, uno sguardo che guarda lontano di Paolo Graldi L’Italia di quegli anni era tutta da scoprire. Si presentava come un’inquietante miscela di ambiti sfuggenti e misteriosi, occulti, temibili. Il dopoguerra aveva lasciato segni difficili da cancellare: poteri forti e ramificati stentavano o apertamente si opponevano all’evoluzione democratica del Paese, le imponenti contrapposizioni politiche tra destra, centro e sinistra creavano ramificate alleanze. C’era e si poteva palpare una cortina di silenzi, omertà, complicità a largo raggio. Alle spalle avevamo la guerra e la voglia di ricostruire, davanti rigurgiti di eversione rossa e nera, retaggi di ideologie ancora radicate e temerarie. Poi vennero gli Anni di Piombo. Da piazza Fontana in poi per vent’anni abbiamo convissuto con fasce di violenza organizzata, determinata, con tassi di altissima criminalità. Fino al punto più alto che ha coinciso con la lenta discesa verso la ritrovata normalità: il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, lo sconquasso della politica e dei 78 vecchi partiti fino, lentamente ai nuovi e diversi acuti criminali, con la stagione di Mani Pulite, l’intreccio della corruzione e della politica. Nuotare tra le mille notizie e suggestioni di quel periodo ha contribuito a formare una classe giornalistica chiamata dalla temperie del momento all’investigazione, all’analisi che utilizzasse i percorsi ufficiali e tuttavia imparando ad allargare l’orizzonte della ricerca oltre quei confini. Non bastava più la fonte della Procura, il magistrato impegnato in difficili indagini ma anche attratto dall’improvvisa notorietà che inchieste su fatti clamorosi e densi di implicazioni portavano con sé, l’investigatore che pensava di utilizzare i giornali un po’ per mettersi in luce, un po’ per vanità personale e magari pensando che certe notizie era bene che si sapessero piuttosto che tenerle chiuse in un rapporto. Era evidente e necessario utilizzare con misura (a ciascuno il suo mestiere!) e pur restando a debita distanza per evitare strumentalizzazioni e impropri coinvolgimenti (è capitato a più d’uno tentare questa pericolosa scorciatoia) tutte le fonti ma anche cercare di andare oltre, uscire dai percorsi suggeriti o indicati per convenienza certamente ostile alla verità dei fatti, spesso disegnati dalle utilità politiche dei potenti di turno, sempre infastiditi dal clamore di certe iniziative giornalistiche. Non è stato facile affrancarsi, e con costante continuità, da un complesso di situazioni, di ambiti e di servaggi. Da una parte le fonti ufficiali, per quanto mascherate e dense di spifferi (in certi uffici giudiziari le porte erano sempre socchiuse) erano indispensabili per orientarsi, per assumere la prima grande mole d’informazioni, la piattaforma sulla quale impiantare le proprie ricerche, allargando il più possibile il ventaglio dell’investigazione. Qualcuno ci temeva. Senza averne la consapevolezza piena eravamo talmente presi dalla passione da sottovalutare, e non sempre per sola ingenuità, rischi anche grossi. Ci pareva che la penna e il giornale che ospitava i nostri articoli (per me, in quegli anni, il Corriere della Sera) bastassero a difenderci dai rischi e dai pericoli che, oggettivamente, comportava occuparsi di Brigate Rosse, di Prima Linea, di Nar e poi anche di P2. Qualcuno, per i suoi “non sono samurai invincibili”, l’amico Walter Tobagi, si ritrovò i killer ad aspettarlo sotto casa con le armi pronte per freddarlo mentre accompagnava a scuola Benedetta, la figlioletta. Poi, Alfonso Madeo ed io scoprimmo dalle carte trovate in casa della brigatista Anna Maria Petricola dal giudice Ferdinando Imposimato che eravamo stati prescelti per lo stesso trattamento. Qualcuno si portava in tasca la pistola. In redazione la teneva nel cassetto e uscendo se la infilava nella cintura. “Non farlo”, mi consigliò Gianni De Gennaro, già allora considerato una eccellenza nella Polizia, al tempo di Vincenzo Parisi, “se non sei di- 79 sposto a sparare per primo non tenere addosso quell’oggetto: chi vuole colpirti ha un vantaggio incolmabile, vuole uccidderti e può farlo prima che tu ti accorga delle sue intenzioni”. è bastato l’inchiostro, le pallottole la sorte ce le ha risparmiate. Cercavamo di capire qualcosa che non si riusciva a capire: poco ci aiutava a decifrare la folle scelta della lotta armata, della clandestinità, della prospettiva delirante di una guerra civile. Andavamo cercando di Nella foto, a sinistra, Aldo Moro e Walter Tobagi entrambi vittime del terrorismo. A destra Ferdinando Imposimato, il giudice istruttore che si è occupato dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento dello statista democristiano e l’attentato al papa Giovanni Paolo II. Premio BIAGIO AGNES comporre un quadro complessivo di una situazione incandescente, scandita ogni giorno da fatti di sangue. Per mestiere, ma anche per amicizia, non di rado conoscevano da vicino le vittime: Vittorio Occorsio, Mario Amato, il colonnello Varisco… Eppure ogni giorno, in quella martellante e sconvolgente stagione, componemmo nell’insieme un mosaico di inchieste, di giornalismo investigativo che, pur nell’affanno di rincorrere tanti venti crudeli e insensati, contribuì non poco, penso io, a formare un’opinione pubblica consapevole che occorresse battere e abbattere quella stagione di sangue. La passione. Eravamo instancabili. Non c’erano telefonini come adesso. Si andava in cerca di fonti non autorizzate “scarpinando”, consumando scarpe per raggiungere anche marciapiedi lontani dove ci aspettava qualcuno disposto ad aggiungere un frammento, magari insignificante, al nostro mosaico. Vennero anche gli scoop. Squarci di luce su verità nascoste. Il caso Pecorelli, massacrato nella sua auto davanti alla redazione del suo OP, settimanale vicino a servizi segreti deviati, pronto a qualsiasi operazione su quelle pagine dense di ombre. Ma cercavamo anche di capire le trame della banda della Magliana, in un lavoro spesso artigianale e tuttavia instancabile di ricerca e In alto, Vittorio Occorsio, magistrato, vittima del terrorismo di estrema destra negli anni di piombo, ha partecipato al processo per la Strage di Piazza Fontana confronto di notizie: una storia che puzzava di crimine, di droga e però anche di complicità ad altissimo livello istituzionale. Era indispensabile, per qualsiasi pista, leggere le carte. Meglio, va confessato, se ancora coperte dal segreto istruttorio: uno strumento flessibile come un elastico. Poteva valere una pesante incriminazione, e qualcuno come Roberto Chiodi e Fabio Isman hanno provato come si sta a Regina Coeli, oppure non lasciare alcun segno. Il clamore di un’incriminazione del giornalista valeva troppo poco rispetto alla portata della notizia rivelata. Fu Umberto Improta a evitarmi il carcere: gli ero simpatico, mi chiamava “Paolino l’uragano” per la mia furia di acchiappanotizie, pubblicai la notizia dell’arresto di Concutelli, il capo supremo di Ordine Nero, il killer del giudice Occorsio. Pier Luigi Vigna, sostituto procuratore a Firenze, autore di una celebre istruttoria sull’eversione di estrema destra, s’infuriò a morte con me: nel covo del killer, dov’era custodito un impres- 80 sionante arsenale di armi micidiali, si era appostata la Digos, aspettando eventuali complici. Vigna era determinato, danno all’indagine, Graldi va arrestato. Improta, capo dell’allora Ufficio Politico, lo placò, gli disse ch’ero un bravo ragazzo, che me l’avrebbe fatta pagare ma il carcere no. Negli anni ho poi stretto con entrambi una grande amicizia. Non c’erano i telefonini e neanche i computer. L’archivio era affidato agli scaffali dei nostri armadi, in redazione, allora in via del Parlamento, davanti a Montecitorio. Il maestro del ritaglio e della archiviazione era Pier Luigi Roesler Franz, che veniva da uno studio di commercialisti. Sapeva a memoria i numeri di tutti gli assegni del caso Lockeed: uscirono sul Corriere pezzi memorabili, con la sua firma e quella di Giampaolo Pansa, incaricato dal direttore Piero Ottone di “mettere in italiano” quella massa spaventosa di cifre e di dati. Il giornalismo d’inchiesta oggi si fa poco: poco sulla carta stampata (Stella e Rizzo sono i massimi esperti e campioni) e forse di più sulla tv. Lo strumento della telecamera acchiappa sfumature che la scrittura non possiede, anche la più raffinata. Sergio Zavoli, con la Notte della Repubblica (io ero co-autore con Piero Di Pasquale) ci ha letteralmente insegnato l’investigazione giornalistica attraverso le interviste: cinquanta colloqui con altrettanti terroristi, detenuti o in semilibertà. Ogni colloquio era preceduto e preparato da un’imponente documentazione sul personaggio, un autentico dossier che ne scandagliava tutti gli aspetti, umani, politici, ambientali, un dossier che si traduceva in un “domandiere”, un insieme accuratissimo di domande basiche che rappresentavano la prima grande intelaiatura. Poi il faccia a faccia: Zavoli faceva le domande io gli ero a fianco e gli passavo foglietti dai quali scaturivano altre domande sulla base delle risposte appena date. Zavoli interrompendosi davanti a Bonisoli (strage di via Fani) che si era emozionato, interruppe il colloquio con un ama- bile: “si calmi, si rilassi, non c’è fretta”: ripreso il colloquio lo riportò a quegli attimi del sequestro, degli spari contro la scorta e a Bonisoli ricominciò a tremare il mento, scosso dall’emozione di quei tremendi ricordi. Un pezzo di bravura da grande maestro. E lo stesso fece Enzo Biagi quando andammo a intervistare a Rebibbia Alì Agca, l’attentatore del Papa Giovanni Paolo II: sa qualcosa di Emanuela Orlandi gli chiese Biagi e il turco rispose, certo, so che è viva. Fermammo le macchine: era una clamorosa menzogna ma imponeva di insistere. Biagi si informò con me del risvolto del caso che naturalmente conosceva, ma non nei dettagli. Lo strinse all’angolo con quelle sue domande aperte, apparentemente mai ostili, mai inquisitorie. Domande di sette parole, ripeteva spesso. In sette parole c’è tutto. E Agcà offrì allora il meglio della sua mente criminale. Investigare costa. Ci vuole tempo. Per questo il genere è un po’ decaduto. Non tutti possono permettersi il lusso di “staccare” un 81 giornalista, per di più intelligente, curioso e dotato di buona scrittura troppo a lungo. Eppure questo giornalismo va tenuto vivo e in vita: serve, fornisce una prova dell’insostituibilità di una informazione approfondita, attendibile, coraggiosa, di denuncia nella maggior parte dei casi ma anche di sorveglianza per conto del lettore di una società che si evolve, si trasforma e non di rado in peggio, più in fretta della nostra capacità di accorgercene. Il giornalismo d’inchiesta ha lo sguardo lungo, scrive a ciglio asciutto e vede lontano. Nella foto, a sinistra, il manifesto della scomparsa di Emanuela Orlandi, la giovane 15enne, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia. A destra Alì Agca, il terrorista turco che tentò di uccidere il papa Giovanni Paolo II Premio BIAGIO AGNES Le inchieste scomparse dalle pagine dei giornali ma finite sui libri di Pierluigi Magnaschi Si dice da più parti che il giornalismo di inchiesta sia morto o in grande difficoltà. L’analisi è, tutto sommato, condivisibile. Le cause di questo fatto sono molteplici. Ma la prima è che, in Italia, le inchieste giornalistiche si fanno ormai quasi solo con il taglia ed incolla. Basta trovarsi il procuratore di fiducia che l’inchiesta è già fatta. Il giornalista non rischia nulla e per di più, sia pure in modo obliquo, dispone di mezzi di indagine che nessun giornalista da solo, mai disporrebbe: primo, per motivi economici. Quale giornale potrebbe disporre di tanti uomini, dotati di tanti mezzi, come ce ne ha un pm? E poi, anche se potesse disporre di mezzi immensi, come potrebbe, ad esempio, organizzare delle intercettazioni a danno delle persone o degli enti che interessano alla sua inchiesta? Lo impediscono norme precise ed univoche persino della Costituzione (l’art. 15 infatti dice espressamente: “La libertà e la segretezza della cor- 82 rispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”) e, ovviamente, anche del codice penale. Si è visto che fine ha fatto, ad esempio, nel Regno Unito (un paese nel quale le norme di legge si applicano senza se e senza ma) l’onnipotente Rupert Murdoch. A causa di un, in fondo, scarso numero di intercettazioni illegali realizzate da suoi giornalisti troppo disinvolti, il suo immenso e temutissimo impero mediatico internazionale, che va dall’Australia agli Stati Uniti, passando per l’Europa, ha rischiato di sciogliersi come neve al sole. E la vicenda giornalistico-giudiziaria relativa al gruppo Murdoch in Inghilterra, si è tutt’altro che chiusa. C’è una inossidabile legge dell’economia di puntuale verifica che dice che, se in un mercato si immette una moneta che vale, assieme ad una, indistinguibile dalla prima, che vale di meno, alla fine sarà quest’ultima a prevalere. La legge di Gresham infatti dice che la mone- ta cattiva scaccia quella buona. Questa legge vale anche nel giornalismo. Se, visitando l’ufficio di un procuratore, si può attenere, grazie al furtivo scambio di una semplice chiavetta elettronica, tutto ciò che si vuole, in ordine ad una certa indagine giudiziaria, è chiaro che la moneta buona (rappresentata, in questo caso, dalla fatica di andarsi a cercare da soli le informazioni) finisce per essere scacciata da quella cattiva, rappresentata dal giornalista che si fa terminale o megafono di altri poteri che, di fatto, agendo su di lui, ne parassitano anche la sua professionalità e deontologia. Fuori dal campo giudiziario le inchieste giornalistiche sono pressocché scomparse. Un tempo si diceva che esse si erano rarefatte perché i giornalisti avevano perso l’abitudine di “consumare le suole delle scarpe”. Non andavano infatti più in giro a sentire la gente e preferivano stare in redazione a fare o a ricevere le telefonate. Con l’elettronicizzazione della pro- fessione giornalistica, con la moltiplicazione delle piattaforme tecnologiche di comunicazione, con l’estendersi delle banche dati, spesso imponenti e, altrettanto spesso, gratuite, questo vizio della stanzialità redazionale dei giornalisti, si è ulteriormente accresciuta, visto che tutto, oggi, è a portata di mouse. L’affermarsi poi dei nuovi network sociali, uno per tutti, l’ultimo, Twitter, diffondono l’abitudine di restringere l’informazione in un massimo di 140 caratteri, in una manciata di parole, quindi. L’opposto esatto dell’inchiesta che significa invece approfondimento e, in un certo modo, esaustività. Da un certo punto di vista, però, se le inchieste sono scomparse dalle pagine dei giornali, esse non si sono perse definitivamente, ma sono andate a posarsi nelle pagine dei libri. Il fenomeno degli instant book, sempre più diffuso come pratica giornalistica non episodica e con libri sempre più graditi da parte dei lettori, sono la dimo- 83 strazione che, da una parte, fra i giornalisti non si è persa la voglia e la capacità dell’approfondimento e, dall’altra, esistono molti lettori che desiderano leggere questo tipo di informazione complessa, approfondita e corposa. Nella foto a sinistra, Rupert Murdoch, nel 1978 editore del Sunday Times, fu coinvolto nel caso dei famosi falsi diari di Adolf Hitler. A destra un dipinto di Sir omas Gresham fondatore della Legge secondo cui la moneta cattiva scaccia quella buona Premio BIAGIO AGNES Capri personaggi e dimore 85 Premio BIAGIO AGNES EDWIN CERIO Figlio di Ignazio, noto dottore dell’isola, studiò ingegneria e architettura e si laureò nel1898. Divenne ben presto collaboratore di Krupp il quale lo fece lavorare in Germania e in Sudamerica. A 45 anni, dopo il divorzio dalla moglie Elena, decise di lasciare la professione di ingegnere navale e di dedicarsi all’isola che tanto amava. Iniziò a comprare terreni e case; ricevette, nel 1920, da alcuni capresi la proposta di candidarsi a sindaco, accettò e così nello stesso anno divenne primo cittadino caprese. Nell’arco del suo mandato (1920-23) tentò di proteggere l’isola da alcuni costruttori milanesi che volevano modificarne l’aspetto architettonico. Uno dei passi più importanti, fu l’organizzazione del convegno per la difesa del paesaggio dell’isola. Alla fine del convegno, Cerio creò una commissione per il controllo delle costruzioni, al fine di combattere la fabbricazione di appartamenti troppo moderni per lo stile del territorio. Negli ultimi anni della sua vita, Cerio aggiunse materiale per la collezione di Palazzo Cerio, fondato insieme al fratello in memoria del padre Ignazio. Edwin Cerio rimane comunque l’unico scrittore locale noto all’estero. è ricordato, da alcune testimonianze isolane, come un personaggio tenace ed intelligente, un giorno allegro e disponibile e l’altro freddo e arrogante. Fu anche un ottimo botanico, collezionista d’antichità e uomo d’affari. Le sue opere assumono, qualunque campo trattino, toni sarcastici, fatta eccezione de Capri nel Seicento (1934), ottimo libro contenente informazioni difficilmente reperibili altrove. Altre opere non di minore importanza sono: L’ora di Capri (1950), L’aria di Capri e Flora privata di Capri (1939). Capri, 1875 - 1960 86 Premio BIAGIO AGNES KARL WILHELM DIEFENBACH Il pittore tedesco arrivò a Capri nei primi anni del Novecento per sfuggire agli attacchi della stampa e al bigottismo borghese dell’epoca. Prima di raggiungere l’isola, considerato uno dei luoghi ideali per gli artisti, Diefenbach raggiunse prima il Lago di Garda, la città de Il Cairo in Egitto ed in fine Trieste. A Capri Diefenbach trovò nei paesaggi a picco sul mare, nei dirupi e negli scorci naturalistici la giusta ispirazione per le sue opere che esponeva nell’atelier a ridosso della Piazzetta di Capri. Karl Wilhelm Diefenbach seguiva i principi della Teosofia e predicava il ritorno a una vita semplice, a contatto con la natura: i suoi capelli erano lunghi e camminava sempre a piedi scalzi e vestiva con un saio bianco, anche durante i mesi più rigidi. Le opere del pittore tedesco spesso sono di notevoli dimensioni e prevedono anche l’utilizzo di materiali e tecniche particolari per la pittura dell’epoca. Dal 1975 i quadri di Karl Wilhelm Diefenbach sono custoditi nelle sale della Certosa di San Giacomo. Hadamar 1851 - Capri, 1913 88 Premio BIAGIO AGNES NORMAN DOUGLAS Nasce in Austria nel 1868, da una nobile famiglia austriaca, proprietaria di diversi cotonifici. Pur essendo di madrelingua tedesca, apprese molto presto l’inglese come seconda lingua. Dopo una poco felice esperienza in una scuola di Uppingham, frequentò il ginnasio a Karlsruhe, dove apprese l’italiano, la letteratura classica e il pianoforte. Giunse a Capri per la prima volta nel 1888 insieme al fratello. Ritornato in Germania, lasciò il ginnasio nel 1889. Avendo a disposizione un buon capitale finanziario decise di intraprendere la carriera diplomatica, ma con poca fortuna e abbandonò l’idea. Iniziò a visitare Capri da solo e per brevi periodi. Si stabilì sull’isola definitivamente solo nell’autunno del 1903, alloggiando inizialmente in Villa San Michele, di proprietà del principe Caracciolo. Nel 1904 pubblicò due monografie: sulla Grotta Azzurra e sulla situazione forestale dell’isola. In seguito, nel luglio del 1906, la sua composizione si arricchì di altre quattro opere, inerenti la letteratura caprese, Tiberio, i Saraceni e i Corsari. Ebbe molto a cuore tutte le piccole curiosità dell’isola, tanto da voler creare monografie per ogni campo, ma si accorse ben presto di essere poco seguito. Tentò più volte di crearsi una propria casa editrice, ma nessun tentativo ebbe esito positivo. Fu in viaggio per vari anni, recandosi prima in Calabria e poi in Tunisia. Tornato a Capri in pessime condizioni economiche, pubblicò l’opera Siren Land in versione ridotta. uringen, 1868 - Capri, 1952 90 Furono infatti, tagliati ben sette dei venti capitoli iniziali e gli altri figuravano solo come adattamenti alle sue vecchie monografie. Neanche in questo modo riuscì ad ottenere fondi per la costruzione della sua villa e quindi fu costretto a venderla. Nel 1912 abbandonò l’isola per far ritorno a Londra. A Capri gli rimaneva ancora una piccola villa che però vendette poco prima dello scoppio della guerra. Fece ritorno sull’isola nel 1914 e strinse rapporti di amicizia con i coniugi Mackenzie. Durante la guerra scrisse l’opera di maggiore importanza South Wind contenente molti elementi di filosofia personale. Iniziato a Londra, il racconto fu continuato da Douglas a Capri presso Villa Behering, dove fu aiutato nella battitura da Faith Mackenzie. Decise però di terminare il racconto nella sua Londra. Nel 1916 il libro fu pubblicato e Douglas ricevette il meritato successo, ma nel 1917 fu imprigionato e sottoposto a ben quattro udienze. Riuscito a lasciare Londra si rifugiò a Firenze e pubblicò la sua opera. Nel 1946 decise di stabilirsi definitivamente a Capri. Appena giunto ricevette da Cerio una piccola dimora in località Unghia Marina, ma soprattutto la cittadinanza onoraria di Capri. Attraversò momenti di difficoltà economica, ma tutto si risolse ben presto e Douglas visse gli ultimi anni della sua vita in modo agiato. La vista di alcuni splendidi paesaggi dell’isola lo ispirarono nella stesura de Footnote on Capri un saggio sull’isola. 89 Premio BIAGIO AGNES CAMILLE DU LOCLE Librettista, regista teatrale e direttore della prestigiosa Opera Comique di Parigi dal 1870 al 1874, il francese Camille Du Locle è stato uno dei primi personaggi illustri di Capri. Il suo nome è conosciuto al grande pubblico per aver scritto insieme a Joseph François Méry il libretto del Don Carlos, opera in cinque atti tratta dalla tragedia di Friedrich Schiller e soprattutto per aver portato all’attenzione di Giuseppe Verdi il celebre soggetto di Aida. Nel 1876, Du Locle decise di trasferirsi a Capri e di costruire Villa Certosella, oggi lussuoso albergo situato lungo la passeggiata di Via Tragara. Gli isolani erano soliti chiamarlo "u’ francesiello", probabilmente a causa della sua bassa statura. Alla sua morte, nel 1903, fu seppellito nel Cimitero Acattolico dell’isola. Capri, 1875 - 1960 92 Premio BIAGIO AGNES JACQUES D'ADELSWARD FERSEN Nacque a Parigi nel 1880, da una famiglia proprietaria di importanti acciaierie a Longwy, in Lorena e discendente dal nobile casato svedese dei Fersen. Fu avviato agli studi nei migliori collegi di Parigi e nel 1897, all’età di diciotto anni, partì alla volta dell’Italia e giunse a Napoli. Qui conobbe il visconte francese Robert de Turnel, poeta dilettante, con il quale si rese conto di avere più di un’affinità e con cui si recò in gita a Capri. Fu questo il primo rapido approccio che Fersen ebbe con l’Isola del suo destino. Nel 1898 fece ritorno a Parigi, dove ebbe inizio la sua attività letteraria. Agli inizi del Novecento partì per il servizio militare. Concesso un periodo di licenza per problemi di salute, ne approfittò per andare a Capri. Terminato il servizio militare, Jacques riprese, la sua produzione artistica. La mattina del 10 luglio 1903, fu arrestato con l’accusa d'oltraggio alla morale e corruzione di minorenni e condannato a sei mesi di reclusione. Rimesso in libertà e perduto ormai l’amore della sua giovane amante, decise di abbandonare tutto e fuggire alla ricerca di un posto dove poter ricominciare a vivere. Fu così che nel 1904 sbarcò a Capri per la terza volta, prendendo in affitto villa La Certosella a via Tragara. Ritenendo però Tragara troppo piena di turisti e troppo vicina al paese, decise di costruirsi una villa su una rupe a picco sul mare. Acquistò dunque il suolo sotto la villa di Tiberio dalla famiglia Salvia per costruire il suo eremo incantato. Parigi, 1880 - Capri, 1923 94 Nel luglio del 1905 terminarono i lavori della villa che, chiamata in un primo momento “La Gloriette”, prese poi il nome di “Villa Lysis”, in onore di Liside, discepolo di Socrate, ricordato in un celebre dialogo di Platone. In questo periodo scrisse quello che sarà il primo romanzo ambientato a Capri, dal titolo Et le feu s’èteignit sur le mer…, dove si divertì a sparlare un po’ di tutti, rendendo peraltro facilmente riconoscibili gli isolani e i residenti stranieri. Per questo motivo attirò su di sé molte antipatie, perdendo gran parte della benevolenza che aveva accumulato dagli isolani. Nel 1910 fu costretto a lasciare l’isola per aver voluto rievocare il sacrificio di Hypatus, il favorito di Tiberio, nella grotta di Matermania, causando l’intervento dei carabinieri. Fersen si recò così dapprima a Napoli dalla sorella, poi intraprese un lungo viaggio in giro per il mondo insieme all’amico Nino. 93 Premio BIAGIO AGNES GRACIE FIELD Nata a Stansfield nel 1898, cominciò sin da piccola a evidenziare le sue doti canore. La sua vita fu sempre all’insegna dell’arte e del lavoro: dapprima cantante e poi, in seguito, imitatrice e ballerina; il tutto lavorando, contemporaneamente, in un cotonificio, in modo da aiutare economicamente la propria famiglia. L’ebreo Archie Pitt, suo futuro marito, le permise di fare un salto di qualità affidandole il ruolo di protagonista nella rivista "Mr. Tower of London". La rivista andò in scena per sette anni e permise a Gracie di diventare la regina del music-hall inglese. Il rapporto tra i due fu molto agitato, soprattutto a causa dei continui tradimenti di lui. Fu così che la donna si innamorò del pittore irlandese John Flanagan con il quale, in seguito alla lettura del romanzo South Wind, visitò per la prima volta Capri nel 1927. Da quel dì i soggiorni nell’isola azzurra presso la villa del Marchese Patrizi, furono frequenti e intensi, tanto che, quando nel 1933 la villa fu messa in vendita, la acquistò senza indugio. Ben presto anche l’amore con l’irlandese finì. Gracie passò al cinema, esordendo con “Sally in Our Alley”. Negli ambienti del jet set conobbe il regista Monty Banks (al secolo Mario Bianchi) che fu per lei un compagno dolce e affettuoso. Fu proprio Banks che, nel 1936, ebbe l’idea di trasformare l’ex Fortino appartenuto allo scopritore del siero antidifterico Emil von Behring, in un complesso turistico. Tale attività legò sempre più Gracie a Capri. Vennero i periodi difficili del primo conflitto mondiale. Nonostante le difficoltà, fu proprio grazie alla Stansfield, 1898 – Capri 1979 96 donna che molti camerieri e portuali riuscirono a trovare lavoro. Con l’aggravarsi del conflitto i lavori per la costruzione dello stabilimento furono sospesi a causa della mancanza di manodopera. Gracie fu costretta a ritornare insieme a Banks negli Stati Uniti, cosa che le costò profonde critiche da parte del popolo britannico. Dopo la fine della guerra, Gracie ritornò a Capri dove riprese i lavori che, sotto la guida dell’architetto Talamona avrebbero dato vita al primo complesso balneare con piscina di Capri: “La Canzone del mare”. Dopo la morte prematura di Banks, la donna si unì, con rito cattolico a Boris Alperovic, un ebreo russo della Bessarabbia, con la quale gestì fino al 1976, nonostante le profonde incomprensioni, “la Canzone del Mare”. Gracie chiuse gli occhi nel settembre del 1979. Le sue spoglie riposano in pace in un loculo all’entrata del cimitero di Capri, donato dalla famiglia Cerio, alla quale la donna fu sempre fortemente legata. 95 Premio BIAGIO AGNES MAKSIM GORKIJ La sua infanzia non è delle più felici: rimane dapprima orfano di padre e, in seguito, la madre lo abbandona, una volta risposatasi. Costretto a lavorare fin da bambino, vive tra i diseredati e gli scaricatori del Volga, per poi concedersi una vita agiata fino alla morte, giunta il 18 giugno 1936, tre anni dopo l’assassinio del figlio. Nel 1906 Gorkij si trasferisce a Capri, accompagnato dall’attrice Andrejeva. I due provenivano dagli Stati Uniti, dove aveva avuto problemi per la loro unione non ufficiale. Lo scrittore risiede inizialmente presso "Villa Blaesus", di proprietà di Ettore Settanni; dimora che, nel 1908, ospiterà anche Lenin. Nel 1909 Gorkij si trasferisce nella più spaziosa "Villa Behering", spinto soprattutto dalla necessità di ospitare gli allievi e i professori della "Scuola rivoluzionaria". La villa fu anche per lo scrittore fonte d’ispirazione per la creazione di romanzi e drammi. Nel 1911, sentendosi come rinchiuso, cambia ancora dimora, andando a vivere presso "Villa Pierina", elegante costruzione posta sul versante meridionale dell’isola, in Via Mulo. Anche in questo caso Gorkij creò all’interno della sua abitazione un centro di accoglienza per gli esuli russi, tra i quali: Ivan Budin e Leonid Andreev. Nel 1913 con la fine del suo esilio, voluto dal governo imperiale, Gorkij lascia l’isola e fa ritorno in Russia. Durante il suo soggiorno a Capri scrisse, tra l’altro, i romanzi: Estate, Confessione, La cittadina di Okurov, La spia, e La madre che ultimò e pubblicò sull’isola nel 1908. Nižnij Novgorod, 1868 Mosca, 1936 100 GRAHAM GREENE Scrittore e drammaturgo inglese, per un periodo anche agente segreto in Sierra Leone, Graham Greene affrontò diversi generi letterari. Molto impegnato sui temi religiosi e sulla politica internazionale, si dedicò fin da giovane alla scrittura e riuscì a condurre una vita particolarmente agiata grazie ai successi ottenuti con i suoi romanzi di maggior successo: Un americano tranquillo, La rocca di Brighton, Il nocciolo della questione e Il nostro agente all'Avana. Graham Greene amava viaggiare e scoprire nuovi luoghi capaci di stimolarlo nella scrittura dei suoi romanzi. Fu così che negli anni Quaranta arrivò a Capri e soggiornò per lunghi periodi a “Villa Il Rosaio”, la splendida casa di Via Ceselle ad Anacapri acquistata nel 1911 da Edwin Cerio. 99 Berkhampsted, 1904 Corsier-sur-Vevey, 1991 Premio BIAGIO AGNES FRIEDRICH ALFRED KRUPP Il magnate dell’industria pesante tedesca, soprannominato “il re dei cannoni”, è legato all’Isola di Capri. La sua passione per la biologia marina lo spinse fino a all’isola dove non comprò mai una propria residenza ma soggiornò per diversi anni nelle suite del Grand Hotel Quisisana. Il terreno che aveva acquistato per una futura costruzione confinava con la Certosa di San Giacomo e, dopo il secondo conflitto mondiale, fu trasformato nei Giardini di Augusto, un parco pubblico ricco di soleggiate terrazze. Durante i primi anni del ‘900 Krupp collaborò con la Stazione Zoologica di Napoli per effettuare ricerche biologiche marine a bordo della sua imbarcazione privata, il “Puritain”, e fece costruire Via Krupp, la panoramica strada che dal centro storico di Capri scende fino a Marina Piccola. Inaugurata nel 1902 fu progettata dall’ingegnere napoletano Emilio Mayer, direttore dell’ufficio tecnico del Comune di Capri. La strada è stata riaperta al pubblico nel 2008, dopo un lungo restauro per renderla sicura dalla caduta massi. Purtroppo Friedrich Alfred Krupp fu investito da uno scandalo sulla sua presunta omosessualità che ebbe una forte eco anche in Germania. Fu espulso dall’Italia e morì nella sua villa di Essen ufficialmente per un malore ma molti sostengono che si sia suicidato. Essen, 1854 - 1902 102 Premio BIAGIO AGNES COMPTON MACKENZIE Nasce in Scozia nel 1883. Anche nel suo caso l’incontro-scoperta con l’isola di Capri è casuale: trovandosi a New York, osserva per caso alcune stampe della Terra delle Sirene e ne rimane incantato, tanto da decidere, nel 1913, di trasferirsi sull’isola per ammirare tutte le bellezze locali. Il suo soggiorno sull’isola durò circa dieci anni e fu sempre accompagnato dalla moglie Faith; nonostante ciò, la sua vita matrimoniale fu molto movimentata, tanto da sposarsi per ben tre volte. Nel 1952 ricevette dalla regina Elisabetta la nomina di Sir. Autore molto prolisso, è ricordato per aver scritto circa cento opere, due delle quali ambientate a Capri: Vestal Fire e Extraordinary Women, nelle quali riesce a raccontare, con tono dolce e arguto, tutti i modi di vivere della popolazione isolana di quegli anni. Muore a Edimburgo nel 1972. A Capri Mackenzie arriva nel 1913, stabilendosi, inizialmente, all’Hotel Faraglioni. Appena giunto sull’isola stringe rapporti di amicizia con Gorkij, che però nell’aprile dello stesso anno lascia l’isola. In seguito prende in affitto, da William Andrews, “Villa La Caterola” e durante la permanenza riceve, prima da Munthe, poi da Cerio, la proposta di prendere in affitto ville di loro proprietà. In comune accordo con la moglie decide di accettare la proposta di Cerio e si trasferisce presso “Villa La Solitaria” (1914). In questo periodo i coniugi attraversano un periodo di totale esaurimento, che risolvono grazie all’aiuto di Munthe, che li convince a rinunciare al matrimonio per West Hartlepool, 1883 Edimburgo, 1972 104 stringere un patto di amicizia. Una volta ripresosi, lo scrittore decise di realizzare la sua idea di costruire una villa dietro l’approdo di Ventroso (località adiacente alla vallata di Cetrella). Iniziò i lavori facendo scavare una piccola cisterna, ma appena completato il rivestimento, il tutto fu distrutto dalla caduta di un enorme masso staccatosi da Monte Solaro. Decise allora di comprare un piccolo villino nella piana di Cetrella, nel quale organizzava i suoi incontri galanti con giovani ragazzi isolani. Nel 1918, grazie all’arrivo a Capri di una consorteria di lesbiche, Mackenzie trovò l’ispirazione per scrivere Extraordinary Women. Nel 1920 lo scrittore inizia ad avvertire una certa insofferenza per la vita sull’isola. Un primo passo di quieto distacco si ha con la stipulazione di un contratto di affitto in due piccole isole della Manica. I suoi soggiorni a Capri sono sempre più rari. Nel 1923, costretto dalla precaria situazione finanziaria, vende un’isola della Manica e ritorna a Capri in compagnia di Faith. In questa visita ha il piacere di osservare che i lavori a Cetrella vanno avanti. Nel 1924, Faith abbandonata la “Solitaria”, vende “La Cetrella” a Cerio e, un anno dopo, raggiunge Campton in Inghilterra. Oggi nella vallata sono ancora presenti, accanto ai resti della casa distrutta dal tempo, i due pini che Mackenzie volle piantare e una lapide di marmo che ricorda i proprietari della villa, ormai devota al silenzio e alla solitudine. 103 Premio BIAGIO AGNES CURZIO MALAPARTE Uno dei personaggi più singolari del panorama caprese fu Curzio Malaparte: il mito dell’eterna giovinezza narcisista. Pelle liscia, nutrita sapientemente con olii e lozioni; capelli scurissimi e sempre lucidi: sguardo intenso, reso quasi crudele dalle arcate sopraccigliari ben disegnate e ordinate. Malaparte era gelido, indifferente agli altri e al sole. Passava le sue giornate pedalando, spesso totalmente nudo, sul tetto della sua abitazione, spesso fino a stordirsi. Un luogo evitato dagli altri ospiti della casa, a causa delle forti vertigini che il bagliore del sole causava. Fu sempre un personaggio inquieto, controcorrente e imprevedibile. Prima fascista, poi antifascista, tanto da essere mandato al confine da Mussolini. In seguito seguì gli alleati. Il suo amore per Capri iniziò nel 1936 quando, recatosi a far visita all’amico Axel Munthe, ne rimase entusiasta. Grazie all’interessamento dell’amico Galeazzo Ciano, acquistò da un isolano, un pezzo di terra a picco sul mare, in una posizione impervia e selvaggia, a pochi passi dai faraglioni. Fu lui stesso a progettare quella che, in seguito, fu considerata un capolavoro del Razionalismo italiano. La villa, battezzata dallo scrittore “Casa come me” è costituita da un grande salone, sulle cui pareti si aprono quattro grandi finestroni, costruiti in modo da offrire in ognuno un panorama diverso. Morì appena prima di compiere sessant’anni in seguito ad un lungo viaggio in Cina (dove conobbe anche Mao), durante il quale contrasse una grave malattia. Passò gli ultimi giorni della sua esistenza asserragliato da commenti di ogni genere. Prima di morire aveva chiesto i conforti della fede cattolica. La sua abitazione fu lasciata in eredità ai cinesi ma i suoi parenti impugnarono il testamento. Oggi la casa non è più visitabile. Prato, 1898 - Roma, 1957 106 THOMAS MANN Figura di grande rilievo della letteratura del XIX secolo. Nel 1895 abbandona il suo precedente lavoro e decide di dedicare tutti i suoi sforzi alla grande passione di sempre, la scrittura. Solo dopo pochi anni inizia la stesura de I Buddenbrook, un capolavoro pubblicato nel 1901 che racconta l'ascesa e la caduta, attraverso diverse generazioni, di una ricca famiglia di mercanti di Lubecca. Nel 1929 è insignito del Premio Nobel ma nel 1933 decide di non rientrare più in Germania a causa dell'ascesa al potere del Partito Nazista. Dalla Svizzera si trasferì negli Stati Uniti, a Los Angeles e non tornò più in Germania anche se al termine della Seconda Guerra Mondiale fu indicato come possibile Presidente della Repubblica. La figlia dello scrittore, Monika Mann, arrivò a Capri nel 1953 e trascorse un periodo molto lungo nella panoramica “Villa Monacone”, una casa bianca con vista sui Faraglioni, insieme al pescatore Antonio Spadaro. 105 Lubecca, 1875 - Zurigo, 1955 Premio BIAGIO AGNES AXEL MUNTHE Studiò medicina prima a Uppsala e poi a Parigi dove si laureò, alla giovane età di 23 anni, in ginecologia ed ostetricia nel 1880. Fu allievo del celebre alienista Charcot presso la Salpêtrière e l’Hôtel-Dieu e ben presto cominciò a interessarsi alle malattie generiche. Apertosi uno studio personale nella capitale francese, divenne ben presto il medico della numerosa colonia di artisti scandinavi. Alla medicina dedicò gran parte della sua vita: fu un clinico di valore, dotato di un eccezionale ascendente sui suoi pazienti. Medico di molti personaggi importanti, non disdegnò di offrire il suo aiuto a nessuno. Fu proprio in seguito alla grave epidemia partenopea del 1884 che giunse per la prima volta ad Anacapri, dove decise di stabilirsi definitivamente nel 1887 e di esercitare la professione di medico condotto. Non appena arrivò sull’isola, Munthe si innamorò di alcune rovine di una piccola cappella medioevale dedicata a San Michele, circondata da un gran vigneto che celava i resti di una villa romana tant’è vero che, durante gli intensi lavori di costruzione, furono portati alla luce numerosi reperti archeologici. Per realizzare lo splendido giardino, Munthe acquistò tutta la montagna costruendo cisterne per raccogliere l’acqua piovana da utilizzare per l’irrigazione. Concepì egli stesso la villa e seguì i lavori personalmente. Era sempre più viva, nella sua mente, l’idea di un’abitazione “...la mia casa deve essere aperta al sole, al vento, alla luce del mare come un tempio greco e luce, luce, luce ovunque”. Purtroppo lo svedese non poté godersi la sua creatura fino in fondo: dai primi anni del ‘900 cominciò a per- Oskarshamn, 1857 Stoccolma, 1949 108 dere la vista e fu costretto a lasciare San Michele, dove la luce era troppo forte, per trasferirsi alla più ombrosa Torre Materita. Munthe fu anche un cultore dell’arte, un filantropo e un grande amante degli animali. Al fine di proteggere gli stormi di uccelli migratori che periodicamente attraversavano i cieli dell’isola, decise di acquistare il terreno del Monte Barbarossa, per di offrire ai volatili una area protetta. Oggi tale zona fa parte di una splendida riserva naturale. Scrisse anche numerosi libri ma il più importante fu La Storia di San Michele nel quale Munthe descrive, spesso con molta fantasia, la storia della sua vita, in molti versi legata alla dimora anacaprese. Il libro fu pubblicato per la prima volta in inglese nel 1929, quando Munthe aveva oltre settant’anni, su consiglio di Henry James. Da allora il libro non ha mai smesso di esercitare il suo fascino magico, tanto da essere tradotto in innumerevoli lingue e diventare uno dei libri più letti. Nel giugno del 1943 Munthe, con il peggiorare della salute, lasciò per sempre Anacapri, per trascorrere il resto della sua vita a Stoccolma, presso Re Gustavo. Prima della sua morte firmò un testamento nel quale donava Villa San Michele e tutti i suoi averi allo stato svedese. Si spense l’11 febbraio 1949 all’età di 92 anni. Oggi la villa è gestita dalla “Fondazione San Michele” e parte di essa è stata adibita a museo, con i proventi vengono finanziate le opere di manutenzione e le numerose iniziative culturali organizzate dalla Fondazione. 107 Premio BIAGIO AGNES PABLO NERUDA Pablo Neruda non è stato solo un grande nome della letteratura internazionale ma anche un personaggio che ha rivestito importanti incarichi politici e diplomatici. Legato al partito comunista cileno ed eletto come senatore nel 1945, Pablo Neruda accusò pubblicamente il presidente Gabriel Gonzalez Videla dei soprusi attuati nei confronti della popolazione. Videla ordinò l’arresto di Neruda che lasciò la sua patria per un lungo esilio. Nel 1953 - lo stesso anno in cui fu insignito del Premio Stalin - il poeta cileno arrivò a Capri e fu ospitato da Edwin Cerio nella splendida “Casa di Arturo”, una villa situata lungo via Tragara che affaccia sulla baia di Marina Piccola. Durante la permanenza a Capri lavorò alle sue composizioni e pubblicò I versi del Capitano, una raccolta di poesie d’amore. Nel 1971 Pablo Neruda ricevette il Premio Nobel per la letteratura. Parral, 1904 - Santiago, 1973 110 Premio BIAGIO AGNES TIBERIO Fin dai primi anni della sua giovinezza dimostrò di essere una persona timida e riservata ma, allo stesso tempo, onesta e dotata di grandi capacità militari. Quando succedette all’imperatore Augusto aveva cinquantacinque anni. Governò con saggezza, rifiutando i fasti e le falsità dei salotti dell’Urbe; ragione che lo spinse, nel 16 d.C., a lasciare la capitale per trasferirsi a Capri, suo possedimento privato. Tiberio fece dell’Isola azzurra una degna residenza imperiale, costruendovi ben dodici ville, ognuna dedicata ad una divinità. Alla più sontuosa diede il nome di “Villa Jovis”. Quest’ultima era situata in uno dei luoghi più inaccessibili dell’Isola, in cima al Monte Tiberio, sulla sommità della parte orientale dell’isola, e circondata da una folta vegetazione. I numerosi livelli in cui era divisa erano collegati tra loro da grandi scale di marmo. Nella parte più alta sorgeva l’Ambulatio, la loggia dalla quale Tiberio aveva sotto controllo l’intero golfo di Napoli. Pur avendo lì la sua dimora, continuò a occuparsi dell’impero mantenendo, grazie ad un sistema di fari e di messaggeri, i contatti con Roma. Durante il suo soggiorno caprese Tiberio attenuò una crisi finanziaria istituendo un “Fondo di Prestito”, ridusse la spesa pubblica per le opere edilizie e per il mantenimento della corte riuscendo anche a eliminare l’impopolare tassa sulle vendite. Altrettanto vasta è la letteratura sul comportamento sessuale e vizioso. Dopo una lunga esistenza controllata, si abbandonò nel piacevole ambiente offertogli Roma, 42 a.C. – Miseno, 37 a.C. 112 dalla sua isola privata. La maggior parte di queste vicende è raccontata da Svetonio nel paragrafo dedicato a Tiberio de Vite dei dodici Cesari. In questo capitolo lo storico afferma che le turpitudini dell’Imperatore “si osa a malapena descriverle o sentirle esporre”. A difesa di Tiberio, però, nessuno di questi particolari scandalistici è stato confermato dagli storici del primo secolo, segno che, forse, Tacito e Svetonio ne fecero un ritratto così crudele perché, per inclinazione politica, erano più vicini al partito senatoriale e quindi ostili verso la sua figura. Sappiamo invece per certo che a Capri Tiberio si circondò di uomini di studio, di letterati, di artisti e di astrologi. Lo stesso Svetonio ammette che l’Imperatore era appassionato cultore di letteratura e di filosofia, che scriveva versi in greco e che possedeva una ricca biblioteca. Alla sua morte, avvenuta nel marzo del 37 a.C., Tiberio lasciò un paese in pace e un impero ancor più forte e unito. 111 Premio BIAGIO AGNES Ansa: fatti e immagini dell’anno 115 Premio BIAGIO AGNES Maggio 2011 BEATIFICAZIONE DI PAPA GIOVANNI PAOLO II Fedeli, di tutto il mondo, riuniti in Piazza San Pietro per assistere: alla Cerimonia di Beatificazione del Santo Padre e alla successiva venerazione delle spoglie del nuovo Beato. 116 Giugno 2011 TRICOLORE DA RECORD Modena entra nel Guinness Word Record per una bandiera lunga 1797 metri. Il serpentone verde, bianco e rosso retto da quasi 2000 volontari colora le vie principali della città. UNITÀ D'ITALIA A ROMA Nella Capitale per i 150 anni eventi solenni, mostre e manifestazioni culturali. Nelle strade gli italiani partecipano sfoggiando fieri il tricolore. Luglio Agosto MONDIALI DI SHANGHAI: ORO DELLA PELLEGRINI ESPLOSIONE DI CISTERNE IN PAKISTAN 2011 La nuotatrice azzurra è la prima donna italiana ad aver vinto due medaglie d’oro nel nuoto ai Giochi Olimpici. 2011 Nella città di Quetta bruciano i rifornimenti destinati alle truppe NATO in missione in Afghanistan. 118 WOODY ALLEN A ROMA PER IL SUO NUOVO FILM Un momento di pausa durante le riprese di "To Rome with Love", con Roberto Benigni e il regista americano. Settembre 2011 RITMICA: LE AZZURRE CAMPIONESSE DEL MONDO La Nazionale italiana conquista il terzo titolo mondiale consecutivo, dopo i successi del 2009 e del 2010, precedendo Russia e Bulgaria. A Montpellier, le farfalle azzurre trionfano e volano, ancora una volta, sul tetto del mondo aggiudicandosi anche il punteggio più alto della competizione nell’esercizio ai tre nastri e due cerchi. GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’ALFABETIZZAZIONE Quest’anno il tema scelto dall’Onu: “L’istruzione femminile, riconosciuta come un diritto madre necessario per rendere autonome, libere e pronte a sviluppare la propria personalità tutte le donne del mondo”. Perché ogni donna alfabetizzata segna una vittoria contro la povertà. 120 Ottobre 2011 CELEBRAZIONI IN AFGHANISTAN Inaugurate due stazioni destinate alle forze di polizia nazionali finanziate dal PRT. Il team italiano impegnato nella ricostruzione della provincia afghana. SESTO ORO MONDIALE PER VALENTINA VEZZALI La schermitrice jesina batte la campionessa uscente, Elisa Di Francisca, sua concittadina, nel torneo individuale di fioretto femminile ai Mondiali di Catania e conquista così il suo sesto titolo in carriera dopo quelli di Seul 1999, Nimes 2001, l’Havana 2003, Lipsia 2005 e San Pietroburgo 2007. Premio BIAGIO AGNES Novembre 2011 PASSAGGIO DI CONSEGNE TRA SILVIO BERLUSCONI E MARIO MONTI Stretta di mano e augurio di buon lavoro tra i due Presidenti durante il rito della consegna della campanella che dà inizio alle riunioni del Consiglio dei Ministri. 122 Dicembre 2011 SCIARPA DELLA ROMA AD HONOREM PER LA CANCELLIERI Il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, riceve dal presidente, della commissione Giustizia, Filippo Berselli, una sciarpa della Roma, al termine dell'incontro con le donne impegnate nelle forze dell'ordine. 123 Gennaio 2012 LA COSTA CONCORDIA INCLINATA AL LARGO DELL'ISOLA DEL GIGLIO Il gigante d'acciaio, adagiato sugli scogli tra punta Lazzaretto e Gabbianara, si è trasformato in icona involontaria di un'isola, il Giglio, divenuta famosa in tutto il mondo. 124 Febbraio 2012 NAOMI CAMPBELL AL MILANO FASHIONWEEK Dopo un lungo periodo di assenza dalle passerelle Naomi Campbell torna a sfilare per lo stilista Roberto Cavalli durante la settimana della moda. ONDATA DI NEVE E GELO PASSEGGERI BLOCCATI NEITRENI Morsa di freddo sull'intera penisola provoca allerta, soprattutto, a Roma, in Molise e Abruzzo, per i disagi della circolazione sulle autostrade e sulla rete ferroviaria. Diversi i pendolari rimasti all'addiaccio per ore. Marzo 2012 BENIGNI AL QUIRINALE Il comico toscano, invitato dal presidente Giorgio Napolitano, racconta la storia risorgimentale e patriottica, alla cerimonia di chiusura dei festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. MORTE IMPROVVISA DI LUCIO DALLA L'ultimo saluto dei fans al cantautore bolognese stroncato, all'età di 69 anni, da un attacco cardiaco, durante il tour a Montreux, in Svizzera. Aprile 2012 BLITZ ANIMALISTA CONTRO GREEN HILL: SALVATI 20 CANI Irruzione all'interno dell'allevamento di Montichiari (Brescia), di proprietà della multinazionale Marshall. Dal canile, che ospita più di 2.500 beagle destinati alla vivisezione, sottratti alcuni cuccioli dal loro futuro di cavie da laboratorio. Dodici gli arresti in fraganza di reato. PIERMARIO MOROSINI MUORE IN CAMPO, IL CALCIO SI FERMA La Federcalcio (Figc) sospende tutti i campionati, dalla serie A alle dilettanti minori, dopo la morte del calciatore 25enne del Livorno a Pescara. A seguito l’accaduto, la lega Pro lancia l’ultimatum per la presenza in campo dei defibrillatori in Prima e Seconda divisione. 127 Maggio 2012 SISMA EMILIA: 7 MORTI, 50 FERITI E 3000 SFOLLATI L'orologio della torre lesionato, prima del secondo crollo, a Finale Emilia, Modena. BOMBA A BRINDISI DAVANTI LA SCUOLA UCCIDE UNA 16ENNE L'ordigno posizionato sul muretto vicino all'ingresso dell'istituto "Morvillo-Falcone", provoca la morte della studentessa, Melissa Bassi e il ferimento di altri sei studenti. Sul luogo della tragedia, tra i resti della deflagrazione posto un mazzo di fiori. Premio BIAGIO AGNES PROGRAMMA Venerdì 15 giugno 2012 ore 20,30 Cena di Gala Grand Hotel Quisisana Capri Sabato 16 giugno 2012 Mattinata a disposizione ore 17,00 Dibattito Esiste ancora il giornalismo investigativo nell'era di Internet? con la partecipazione di Seymour Hersh Paolo Garimberti Hotel La Palma Capri ore 21,00 Proclamazione dei vincitori del Premio Biagio Agnes, durante una serata televisiva condotta da Mara Venier Certosa di San Giacomo Capri ore 23,00 Cena in onore dei vincitori Hotel La Palma Capri 130 Presidente Simona Agnes Pubblicazione Annuale Anno IV – giugno 2012 Direttore da nominare Direzione editoriale Fondazione Biagio Agnes CREDITS Art Director Gianpiero Scafuri Foto Archivio ANSA Collezione foto Capri antica Luciano Garofano Organizzazione Generale Agnes Comunicazione Srl Cerimonia di premiazione sabato 16 giugno 2012 Consulenza Organizzativa Giorgio Parmegiani Regia Marisa Vesuviano Executive Account Eleonora Sasso Conduce Mara Venier Ufficio Stampa Agnes Comunicazione Srl Testi Annamaria De Nittis Cristina Serra Consulenza ed assistenza legale Studio Legale Sablone Scultura “Comunicazione” opera di Bartolomeo Gatto Art Director Corporate Image Daniela Piscitelli Sito Web Agnes Comunicazione Srl Direttore di produzione Fabio Cattivelli Scenografia Marco Calzavara @ 2012 Copyright Fondazione Biagio Agnes I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati. 131 Visti al Premio Biagio Agnes Premio BIAGIO AGNES 1- Letizia Gambi 2- Biagio Agnes, Gianni Letta, Claudio Meoli e Antonio De Luca 3- Massimo Franco e Arrigo Levi 4- Walter Veltroni, Paolo Garimberti e Rosella Agnes 1 2 3 4 5 7 6 5- Enrico Mentana e Pierluigi Magnaschi 6- Paolo Garimberti 7- Stefano Lorenzetto e Antonio Preziosi 8- Pippo Marra e Rosella Agnes 8 Premio BIAGIO AGNES 09- Ballerini dell’Accademia Nazionale di Danza 10- Dolcenera 11- Milly Carlucci e Ruggero Po 12- Carlo Rossella e Alfonso del Pizzo 9 10 12 11 13 15 14 16 13- Emanuele Boffi 14- Abdel Halim Kandil e Roberto Iadicicco 15- Lucia Annunziata e Paolo Garimberti 16- Riccardo Villari, Enrico Mentana, Raffaella Leone e Giorgia Meloni 17- Emanuela Audisio e Pippo Marra 17 Premio BIAGIO AGNES 18 20 19 18- Mango 19- Giorgia Meloni e Simona Agnes 20- Maite Carpio e Gigi Marzullo 21- Stefano De Nicolo e Paolo Liguori 21 22- Valeria e Antonio Martusciello, Milly Carlucci, Bruno Vespa, Antonio Preziosi e Raffaella Leone 24- Gigi Marzullo e Paolo Liguori 25- Auditorium Oscar Niemeyer 22 23 25 24 Premio BIAGIO AGNES 26- Roberto Napoletano e la moglie Giusy Franzese 27- Giorgia Meloni, Massimo Franco e Walter Veltroni 28- Paolo Liguori e Simona Agnes 29- Robert Fisk e Maite Carpio 26 27 28 29 SSotto o o ll’Alto ott ’Alto P Patronato atronato del Presidente della R Presidente Repubblica epubblica Con C on n il P Patrocinio atr trocinio i i della d lla P Presidenza residenza idenza Consiglio d C del onsiglio dei Ministri Ministri Regione R egione C Campania ampania Città di Capri 144 Finito di stampare nel mese di giugno 2012 Arti Grafiche Boccia SpA Salerno