«L
e ragioni dell’informazione non chiedono una visione asettica della vita e
un giornalismo praticato senza sentimenti e senza emozioni: hanno invece bisogno di onestà intellettuale e realismo, intesi come un dovere di essere trasparenti nelle proprie idee e rispettosi degli
eventi. In particolare, rispettosi delle persone, della loro
dignità e della loro ansia di verità».
Biagio Agnes
Palazzo del Quirinale 18 settembre 2007
Discorso che il Presidente Biagio Agnes ha tenuto in occasione dell’incontro
con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la Giornata
dell’Informazione.
Vicinissimo alla mitica Piazzetta, ci passa il mondo per l’Hotel La Palma, dove si è felici di godere il
proprio tempo, accolti da charme ed eleganza caprese. Convivialità, cultura e arte dell’ospitalità si
mescolano, dando vita a nuova energia e creatività.
È proprio questo il genuis loci del più antico albergo di Capri, l’Hotel La Palma, che continua ad attirare,
come ai tempi del Gran Tour, nel cuore dell’Isola Azzurra, i protagonisti internazionali della cultura, del
cinema, dell’arte.
Tra gli ospiti più recenti: Forest Whitaker, Stevan Zaillain, Maria Grazia Cucinotta, Eric Lewis, Kerry
Kennedy, Roberto Bolle, Alessandra e Fabrizio Ferri, Lello Esposito, Marco Nereo Rotelli, Mariah
Carey, Claudio Angelini, Banana Yoshimoto, Samuel L. Jackson, Tony Renis, Lina Wertmuller,
Massimiliano Finazzer Flory, Bérénice Bejo, Michel Hazanavicius, Sir Ben Kingsley e moltissimi altri.
(dal libro dei Forestieri dell’Hotel La Palma)
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Premio BIAGIO AGNES
SOMMARIO
Prima pagina di Giorgio Napolitano
Il ricordo di Biagio Agnes
Giuria e Comitato Garanti
Premio alla carriera
Premio internazionale
Premio per la carta stampata
Premio per la televisione
Premio per la radio
Premio giornalista scrittore
Premio nuove frontiere del giornalismo
Premio giovani under 35
Premio speciale
Esiste ancora il giornalismo investigativo
nell’era di Internet?
Lucia Annunziata, Giuliano De Risi, Paolo Garimberti,
Paolo Graldi, Pierluigi Magnaschi
Capri, personaggi e dimore
Ansa: fatti e immagini dell’anno
Visti al Premio Biagio Agnes
8
10
11
15
19
23
27
33
39
43
47
51
59
83
113
131
9
Premio BIAGIO AGNES
10
«I
l senso dello Stato e la difesa dei valori essenziali dello Stato
hanno guidato l’azione del miglior giornalismo italiano
anche quando in tempi non troppo lontani ciò ha comportato serena fermezza e determinazione, a costo del sacrificio della vita».
Giorgio Napolitano
11
Premio BIAGIO AGNES
Giuria
e Comitato Garanti
13
Premio BIAGIO AGNES
GIURIA
Nelle foto da sinistra:
Gianni Letta
Presidente della Giuria
Paolo Garimberti
Presidente onorario del Premio
Giulio Anselmi
Maurizio Belpietro
Stefano Caldoro
Virman Cusenza
Giuliano De Risi
Giampiero Gramaglia
Enzo Iacopino
Roberto Iadicicco
Paolo Liguori
Pierluigi Magnaschi
Giuseppe Marra
Antonio Martusciello
Mauro Mazza
Roberto Napoletano
Mario Orfeo
Mario Pirani
Antonio Preziosi
Mario Sechi
14
COMITATO
GARANTI
Nelle foto, dall’alto:
Pellegrino Capaldo
Gaetano Gifuni
Raimondo Pasquino
Cesare Romiti
15
INTERNO OTTO ROMA
LAVORIAMO PER UNA RETE
PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE
LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE.
QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA.
Proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia, Terna ha un ruolo unico e insostituibile
per la sicurezza e la continuità del sistema elettrico italiano che svolge con un approccio sostenibile all’ambiente e al
territorio. Il rispetto di Terna per l’ambiente ha portato alla firma di accordi di partnership strategica con WWF Italia
per la definizione di linee guida per un maggiore livello di integrazione dei criteri ambientali nella pianificazione della
rete e per la realizzazione di interventi di ripristino, mitigazione e compensazione ambientale nelle Oasi WWF toscane
di Stagni di Focognano e Padule-Orti Bottagone e in quella siciliana di Torre Salsa. Con LIPU-Lega Italiana per la
Protezione degli Uccelli, Terna ha invece realizzato un’innovativa ricerca scientifica sull’interazione tra linee elettriche
ed avifauna. Con l’associazione Ornis italica installa cassette nido sui tralicci per favorire la riproduzione di alcune
specie protette di uccelli e per consentire l’acquisizione di dati scientifici sul comportamento animale. Terna è inclusa
nei principali indici borsistici internazionali di sostenibilità tra i quali il Dow Jones Sustainability Index World e Europe.
Terna S.p.A. • Viale Egidio Galbani, 70 • 00156 Roma • [email protected] • www.terna.it
Premio BIAGIO AGNES
Premio
alla carriera
17
Premio BIAGIO AGNES
Piero
Ostellino
Piero Ostellino, di famiglia torinese, è nato a Venezia il 9 ottobre 1935. Si è laureato in Scienze politiche all’Università di Torino con Alessandro Passerin d’Entrèves e Norberto Bobbio.
Nel 1967, sotto la direzione di Alfio Russo, ha collaborato, da Torino, con il Corriere della Sera,
sezione Cultura. Nel 1968 ha
curato gli editoriali di politica internazionale sul Corriere di Informazione sotto la gestione di
Giovanni Spadolini che due anni
dopo l’ha chiamato alla redazione esteri del Corriere della
Sera, a Milano. Nel 1972 ha pubblicato “Il diplomatico”, un’inchiesta sulla diplomazia italiana.
Nel 1973, sulla base dei suoi studi sul comunismo mondiale, è
stato inviato da Piero Ottone a
Mosca come corrispondente fino
al 1978. Si è trattato della prima
volta che un giornalista del Corriere veniva mandato nella città
russa senza aver maturato una
precedente esperienza come tirocinante in una capitale minore.
I suoi cinque anni da corrispondente in Unione Sovietica sono
18
stati raccontati in “Vivere in Russia” pubblicato nel 1977. Sempre
sulla stessa esperienza, ha scritto “Roy Medvedev, intervista sul
dissenso in Urss”, un dialogo con
il grande storico dello stalinismo
tradotto in tutte le lingue compreso il giapponese. L’anno successivo è uscito “In che cosa
credono i russi”.
Nel 1979, è stato mandato da
Franco Di Bella a Pechino dove
è rimasto fino al 1980 come corrispondente di un giornale borghese. Per i suoi servizi dalla
Cina ha ricevuto il Premio SaintVincent. Nel 1981 ha pubblicato
“Vivere in Cina” in cui racconta
i due anni trascorsi in questo Paese. Il 18 giugno del 1984 ha succeduto ad Alberto Cavallari nella direzione del Corriere della
Sera su nomina del Consiglio di
amministrazione e di emanazione del Tribunale di Milano che
ne controllava l’amministrazione in quegli anni. Nel 1987 ha lasciato la direzione del Corriere
dove continua a scrivere come
editorialista e titolare della rubrica settimanale “Il dubbio”.
Premio alla carriera
Ha fondato nel 1963 il Centro di
Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino. Nel 1964, ha
diretto la rivista “Biblioteca della Libertà” fino al 1970. Del Centro Einaudi è ora presidente
onorario. Dal 1990 al 1995 ha
guidato l’ISPI (Istituto per gli
Studi di Politica Internazionale)
di Milano.
Durante la direzione del Corriere, ha pubblicato “Cose viste
e pensate”. Una raccolta di saggi già editi su riviste scientifiche
di politica, nonché, di articoli di
una certa rilevanza comparsi
sul quotidiano, di cui era a
capo, fra i quali un resoconto
del viaggio in Transiberiana, da
Mosca a Pechino. Nel 2002 viene pubblicato “Il dubbio”, un’antologia della sua rubrica settimanale e successivamente “Letizia
Moratti: La nostra scuola. Conversazione con Piero Ostellino”.
Quest’ultimo riporta la lunga
intervista con l’allora Ministro
dell’Istruzione Letizia Moratti
relativamente alla sua riforma.
Il 2009 è stato segnato dalla nascita di un nuovo libro “Lo Sta-
to canaglia. Come la cattiva
politica continua a soffocare
l’Italia”. La pubblicazione riporta un lungo e attento studio
dei complessi rapporti che intercorrono fra il potere pubblico ed il cittadino italiano,
analizzando una serie di temi
che l’autore individua come
centrali per la modernizzazione del Paese, alla luce di un’interpretazione liberale.
Sposato con due figli e tre nipoti, vive fra Milano, la Provenza e
Parigi.
19
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Premio BIAGIO AGNES
Premio
internazionale
21
Premio BIAGIO AGNES
Seymour
Hersh
Seymour M. Hersh first wrote
for The New Yorker in 1971
and has been a regular contributor to the magazine since
1993. His journalism and
publishing awards include the
Pulitzer Prize, five George
Polk Awards, two National
Magazine Awards, and more
than a dozen other prizes for
investigative reporting. In
2004, Hersh exposed the Abu
Ghraib prison scandal in a series of pieces in the magazine;
early in 2005, he received the
National Magazine Award for
Public Interest, an Overseas
Press Club award, the National Press Foundation’s W.
M. Kiplinger Distinguished
Contributions to Journalism
award, and his fifth George
W. Polk award, making him
that award’s most honored
laureate.
Hersh was born in Chicago, in
1937, and graduated in 1958
from the University of
Chicago. He began his newspaper career as a police reporter for the City News Bu-
22
reau of Chicago. After serving
in the Army, Hersh worked for
a suburban newspaper and
then for UPI and AP until
1967, when he joined the Presidential campaign of Eugene J.
McCarthy as speechwriter and
press secretary. In 1969, he exposed the My Lai massacre
and cover up during the Vietnam War; his work earned him
the 1970 Pulitzer Prize for International Reporting. Hersh
joined the New York Times in
1972, working in Washington
and New York. He left the paper in 1979 and has been a
freelance writer since, with
two six-month stints on special assignment to the Times’s
Washington bureau.
Hersh has published eight
books, most recently, “Chain
of Command,” which was
based on his reporting for The
New Yorker on Abu Ghraib.
His book prizes include the
1983 National Book Critics
Circle Award, the Los Angeles
Times award for biography,
and a second Sidney Hillman
Premio internazionale
award, for “The Price of
Power: Kissinger in the Nixon
White House.” Hersh has also
won two Investigative Reporters & Editors prizes, one
for “The Price of Power,” in
1983, and the other for “The
Samson Option,” a study of
American foreign policy and
the Israeli nuclear bomb program, in 1992. In 2004, Hersh
won a National Magazine
Award for public interest for
his pieces “Lunch with the
Chairman,” “Selective Intelligence,” and “The Stovepipe.”
Hersh is married, with three
children, and lives in Washington, D.C.
23
Premio BIAGIO AGNES
Premio
per la carta stampata
25
Premio per la carta stampata
Stefano
Folli
Stefano Folli, giornalista ed
editorialista del Sole 24 Ore.
è nato a Roma e si è laureato in
Lettere all’Università della “Sapienza” di Roma con una tesi
sul Nazionalismo italiano durante la Grande Guerra, discussa con Renzo De Felice.
Giornalista professionista, è
stato direttore responsabile
della Voce Repubblicana, il
giornale in cui aveva esordito,
negli anni fra il 1981 e ’89.
è stato portavoce del governo
guidato da Giovanni Spadolini
nel 1981-’82.
Tra gli anni Settanta e Ottanta
ha diretto una rivista dedicata ai
temi internazionali e alla politica
estera dell’Italia: Occidente (in seguito trasformatosi in Nuovo Occidente).
Collaboratore del Mulino e di
altre testate di cultura politica.
Caporedattore per la politica
interna del Tempo fra il 1989
e il ’90.
Ha cominciato la sua attività
di editorialista e notista politico per il Corriere della Sera
all’inizio del ’91.
Per il Corriere ha scritto costantemente anche sulle pagine culturali, soprattutto su
temi storici.
Ha diretto il Corriere della
Sera fra il 2003 e il 2004.
Ha vinto diversi premi di giornalismo, tra cui il Premiolino,
il Saint Vincent, il premio
Ischia.
Premio BIAGIO AGNES
Premio
per la televisione
29
Premio BIAGIO AGNES
Monica
Maggioni
Monica Maggioni, nata a Milano il 20 maggio 1964 è una
giornalista italiana.
Si è laureata in Lingue e letterature straniere moderne all'Università Cattolica di Milano con
una tesi in Letteratura francese
occupandosi della letteratura
francese degli anni ‘20.
Dal 1989 al 1990 collabora con
il quotidiano Il Giorno.
Entra alla Rai vincendo il concorso del primo Master della
Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia nel 1992.
Dal 1994 al 1996 lavora a Euronews (Lione) dove sperimenta il lavoro all’interno della redazione multilingue del primo
canale di all news europeo.
Dal 1996 torna in Italia e lavora
alla redazione di Tv7, settimanale di approfondimento del Tg1. Lavora in redazione cronaca e poi
agli esteri.
Conduce diverse trasmissioni
tra cui TV7, tre edizioni di
Unomattina e l’edizione del telegiornale del mattino e poi
l’edizione delle 20.
Attualmente conduce l’edizio-
30
ne domenicale di Speciale Tg1,
di cui è responsabile.
Ha sempre voluto fare la reporter di guerra.
Tra il 2000 e il 2002 segue le fasi
più violente della seconda intifada e racconta il conflitto tra
israeliani e palestinesi.
Dopo l’11 settembre 2001 segue
le reazioni mediorientali all’attentato al WTC e viaggia tra
territori palestinesi e Libano.
Poi, negli Stati Uniti da ottobre
a dicembre, realizza una serie
di inchieste sull’eversione interna americana.
Nel 2003 è l'unica giornalista
italiana embedded in Iraq,
cioè aggregata all’esercito statunitense durante la seconda
Guerra del Golfo. Per tre
mesi vive con i militari americani durante l’avanzata di
terra dal Kuwait verso la capitale irachena.
Dal maggio 2003 arriva a
Baghdad e inizia una copertura regolare delle vicende
irachene fino al gennaio
2005.
Tornerà in Iraq nel 2007.
Premio per la televisione
In questi anni ha continuato a
occuparsi di guerre e di crisi in
giro per il mondo, dalla Birmania, all’Africa, all’Afghanistan dove è tornata nel luglio
2009 con i marines. Ha viaggiato nel Nord Uganda per
raccontare le vicende dei bambini soldato vittime di Joseph
Kony. Ha seguito le vicende iraniane, quelle siriane; ha incontrato capi di stato, blogger,
pacifisti e terroristi.
Dal 2008 si è trasferita negli
USA dove ha seguito la campagna elettorale che ha portato
all’elezione del presidente Barack Obama. Nel frattempo
ha collaborato con diverse riviste italiane ed internazionali, tra cui Foreign Policy,
pubblicando articoli di politica estera.
è attualmente capo redattore
centrale della Redazione Speciali
del Tg1: cura l’ideazione e la
realizzazione degli approfondimenti storici del Tg1 e dall’ottobre 2009 conduce Speciale
Tg1, in onda la domenica in
seconda serata.
Nel 2010 realizza il documentario “Ward 54” – storia
dei soldati americani suicidi al
ritorno dalla guerra in Iraq e
Afghanistan. Il documentario
viene presentato alla Mostra del
Cinema di Venezia, premiato a
Biarritz con il Prix Mitrani (miglior opera prima) al Fipa; entra in finale al docFest di Istanbul e nella cinquina del David
di Donatello.
Nel 2011 realizza il documentario “Out of Tehran”. è la
storia dei giovani intellettuali iraniani in fuga dal regime di
Tehran. Il documentario entra
in Concorso alla 68 Mostra del
Cinema di Venezia.
Riceve diversi premi e riconoscimenti tra cui il Premio Luigi Barzini all'inviato speciale.
Ha pubblicato due libri:
“Dentro la guerra” - nel 2005 e “La fine della verità” - nel 2006
- editi tutti da Longanesi .
31
Premio BIAGIO AGNES
Premio
per la radio
35
Premio BIAGIO AGNES
Riccardo
Cucchi
Riccardo Cucchi è nato a Roma
il 31 agosto del 1952. Appassionato di narrativa, si è laureato in
Lettere all’Università della “Sapienza”, con una tesi su la Voce
rivista fiorentina fondata e diretta da Prezzolini e Papini.
Giuliano Manacorda e Walter
Pedullà i suoi relatori. Nel 1979
partecipa al concorso indetto
dalla Rai in occasione del varo
della terza rete. Lo supera e
viene assegnato alla redazione
regionale del Molise in qualità
di giornalista.
Il sogno di poter raccontare una
partita in diretta alla radio, si realizza nel 1982. L’occasione è fornita da una gara di Coppa Italia
tra Campobasso e Fiorentina.
Inizia un percorso di formazione sul campo, accompagnato
da Guglielmo Moretti, Mario
Giobbe e Massimo De Luca,
che lo porta a fare esperienza
nel basket e nella pallavolo. Partecipa ai corsi organizzati dalla
Rai e coordinati da Aldo Salvo,
fino al momento dell’emozionante affiancamento ai “maestri” della radiocronaca: Enrico
36
Ameri e Sandro Ciotti.
A loro cerca di “rubare” i segreti
del mestiere più bello del mondo,
dopo essere stato ascoltatore fedele e incantato di “Tutto il calcio
minuto per minuto”.
è del 1984 la prima grande
esperienza: le Olimpiadi di Los
Angeles. Canottaggio e scherma gli sport che racconta dagli
Stati Uniti. è l’era degli Abbagnale, nel canottaggio, e di
Mauro Numa e Dorina Vaccaroni nella scherma. Ormai
voce stabile in Tutto il calcio,
allarga la sua esperienza ad un
altro sport, l’atletica leggera.
Alle Olimpiadi di Seul, nel
1988, racconterà la medaglia
di Bordin nella maratona e la
finale dei 100 metri vinta da
Ben Jhonsson su Carl Lewis.
Una vittoria cancellata, dopo
l’esito positivo al controllo di
antidoping dell’atleta canadese. Trasferito a Roma, nella
nascente testata sportiva diretta da Gilberto Evangelisti,
viene nominato inviato speciale. Partecipa ai mondiali di
calcio del 1990, disputati in
Premio per la radio
Italia. Segue la Germania, la
Spagna e l’Inghilterra.
Nel 1992, alle Olimpiadi di Barcellona, è chiamato a seguire
l’atletica leggera per la televisione, senza abbandonare il calcio e la radio. Una parentesi che
dura due anni e si conclude con
la convinta scelta di aderire al
progetto editoriale di Livio Zanetti, che riunifica i Giornali Radio e riporta lo sport nella nuova
redazione da lui diretta.
Nel ‘94 diventa la prima voce di
“Tutto il calcio minuto per minuto” e il radiocronista della Nazionale di calcio che seguirà ai
mondiali Statunitensi e in quelli
successivi.
Racconterà sette finali di Champions League, con i successi di
Milan, Juventus ed Inter.
Ma la serata più emozionante
sarà quella di Berlino nel 2006.
L’Italia di Lippi, dopo lo scandalo
di calciopoli, approda in finale e
conquista, ai rigori, il quarto titolo mondiale della storia del calcio azzurro, battendo la Francia.
Nel 2007 è chiamato a dirigere la
redazione sportiva di Radio 1 e
del Giornale Radio e a coordinare le spedizioni olimpica di Pechino, europea di Austria e Svizzera e mondiale in Sud Africa.
La redazione sportiva è impegnata quest’anno in altri due
grandi eventi: gli Europei di calcio in Polonia ed Ucraina e le
Olimpiadi di Londra.
Ha raccontato per Radio 1, sei
mondiali di calcio e sette olimpiadi. Conduce, con Filippo Corsini, Radio Anch’io Sport in
onda ogni lunedì mattina.
37
Premio per la radio
Alfredo
Provenzali
Alfredo Provenzali è nato a Genova, nel quartiere di Sampierdarena, il 13 luglio 1934.
Dal 1966 è radiocronista nella
trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. La sua è la
voce storica della radio.
Lavora per la Rai dai primi mesi
dalla nascita della trasmissione
che conduce. Per oltre trent’anni
è stato inviato sui campi insieme
a Enrico Ameri e Sandro Ciotti.
Il suo debutto è stato allo stadio
Marassi di Genova che ospita le
partite interne del Genoa e della
Sampdoria, squadra di cui è
grande tifoso.
Nel 1994, ha sostituito Massimo
De Luca alla conduzione della
popolare trasmissione.
Nel settembre 2006 ha festeggiato i quarant’anni di attività
come radiocronista sportivo.
Segue, tuttora, da inviato anche il campionato italiano di
pallanuoto, di cui è molto appassionato. In passato, nel 1991,
ha curato anche i collegamenti
con il Ciclismo nel corso della
trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Provenzali ha
dato, sempre, prova di spiccata
professionalità e di maturato
self control.
Durante i primi anni ‘60, ha
presentato nei teatri liguri diverse rassegne dedicate ai talenti emergenti: in una di queste, nel 1964, ha conosciuto
anche il cantautore, compositore come lui stesso amava definirsi, Luigi Tenco, il cui suicidio in un albergo di Sanremo
durante l’edizione del 1967, del
Festival della canzone italiana,
che ha lasciato pieno sgomento
nella società italiana.
Della sua lunghissima carriera
giornalistica, il ricordo che più
lo ha emozionato è stata la cronaca radio del record del
mondo negli 800 stile libero ottenuto dalla nuotatrice italiana
Novella Calligaris durante i
primi campionati del mondo di
nuoto in vasca lunga disputati a
Belgrado nel settembre 1973.
La sua voce è una delle più amate
dal pubblico.
Alfredo Provenzali è uno dei pilastri del successo della trasmissione sportiva di Radio Rai.
Premio BIAGIO AGNES
Premio
giornalista scrittore
41
Premio BIAGIO AGNES
Piero
Angela
Giornalista, scrittore, autore
televisivo.
Autore di numerosissimi programmi televisivi, ha svolto lavoro di inviato, documentarista, corrispondente (9 anni a
Parigi e 4 a Bruxelles) e conduttore del primo telegiornale
presentato da giornalisti (ha
inaugurato il primo Tg nel
1968, alternandosi con Andrea
Barbato e ha inaugurato nel
1976 la prima edizione del
Tg2). Dal 1968 si è dedicato
esclusivamente alla divulgazione scientifica.
Negli anni ‘70 ha realizzato oltre 50 documentari di argomento scientifico-tecnologicoeconomico.
Dal 1981 realizza la rubrica settimanale di scienza Quark. Un
programma che allora presentava servizi dedicati alla ricerca nei
vari campi della scienza (dalla
biologia alla fisica, dalla psicologia all’etologia) e che si è poi ramificato in tanti filoni (il mondo
di Quark, Quark Economia,
Quark Europa, Le pillole di
Quark, Superquark, Speciali Su-
42
perquark ecc). Molte delle sue serie speciali (“Viaggio nel corpo
umano”, “Il pianeta dei dinosauri”, “Viaggio nel cosmo”), realizzate
con speciali tecniche elettroniche,
sono state trasmesse in 40 paesi
in tutto il mondo.
Per circa 10 anni ha collaborato
alla pagina culturale del quotidiano La Repubblica .
Ha pubblicato 34 libri con una
tiratura complessiva di circa 3
milioni di copie, su argomenti
di scienza, tecnologia, ambiente, economia, psicologia.
Vari suoi libri sono stati tradotti in inglese, tedesco, spagnolo, giapponese. L’ultimo
suo libro è uscito nel novembre
del 2011 con il titolo: “A cosa
serve la politica?”.
Negli anni ‘70 ha fondato un comitato contro la pseudoscienza, tuttora attivo, il Cicap (Comitato italiano per il controllo
delle affermazioni sul paranormale), con l’adesione di alcuni dei più prestigiosi scienziati italiani (Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia, Silvio Garattini, Umberto Veronesi, ecc).
Premio giornalista scrittore
Per il cinema ha scritto nel
1983 il soggetto di un film, diretto dal regista Giuliano Montaldo, sui problemi posti dai rischi di guerra nucleare (“Il
giorno prima”). Tra gli interpreti: Burt Lancaster, Ben Gazzara, Erland Josephson, Ingrid
Thulin.
Ha tenuto oltre 400 conferenze in Italia e all’estero sui problemi della scienza, dello sviluppo, della cultura scientifica
e della divulgazione in: scuole,
circoli culturali, biblioteche,
piazze, Università, associazioni, Collegi universitari, seminari di formazione professionale, ecc.
Ha progettato e realizzato allestimenti museali molto innovativi, utilizzando in particolare nuove tecniche virtuali:
come per le due ville imperiali romane ritrovate sotto Palazzo Valentini, ai Fori Imperiali, o il Santuario di Ercole
Vincitore a Tivoli, o la Necropoli etrusca a Cerveteri.
Ha ricevuto numerosissimi premi in Italia (tra cui quello del-
l’Ordine dei Giornalisti “per
aver onorato la professione”) e
all’estero (in Giappone, Stati
Uniti e a Parigi, dove ha ricevuto il prestigioso premio Kalinga dell’Unesco, assegnato
per la prima volta a un italiano).
Nel 2002 il Presidente Carlo
Azeglio Ciampi gli ha consegnato la medaglia d’oro per la
cultura.
Per l’insieme delle sue attività
ha ricevuto 9 lauree honoris
causa da altrettante Università italiane.
43
Premio BIAGIO AGNES
Premio
nuove frontiere
del giornalismo
45
Premio BIAGIO AGNES
Giuseppe
Smorto
Ventitrè anni nella carta, nove
anni su internet: Giuseppe Smorto, reggino, può vantare un profilo professionale non comune. Ha
lavorato su piattaforme molto
diverse, dalla cui fusione nasce il
giornalismo del futuro.
Entrato a Repubblica nel 1980 con
una borsa di studio Fieg-Fnsi,
Smorto è cresciuto nella redazione sportiva del quotidiano
fondato da Eugenio Scalfari, nutrendosi del giornalismo di personaggi come Gianni Brera, Gianni Clerici, Mario Fossati, Gianni
Mura, Mario Sconcerti. Accanto
a loro ha seguito molte importanti
manifestazioni sportive.
è diventato poi caporedattore
della sezione, curando il lancio
dell’edizione del lunedì, nel 1993.
Una scommessa decisiva per un
giornale nato con la convinzione,
presto abbandonata, di non coprire gli avvenimenti sportivi:
oggi l’edizione del lunedì è per Repubblica una delle più ricche e seguite, con la sezione sport al centro del giornale.
Nel 1996 è passato a Tuttosport,
dove ha ricoperto per quasi tre
46
anni la carica di condirettore, ai
tempi della direzione di Gianni
Minà. In quel periodo ha seguito
il nuovo progetto grafico del
giornale, che fu firmato da Piergiorgio Maoloni. Un progetto
oggetto oggi di studi e tesi di laurea, perché fortemente innovativo rispetto alla grafica dei quotidiani sportivi.
è poi tornato a Repubblica per
lavorare all’ufficio dei capiredattori centrali, in seguito è
stato caporedattore del Venerdì (con direttore Paolo Garimberti), poi per due anni capocronista alla redazione di Torino. Negli anni si è così costruito un profilo e un’esperienza da giornalista di “macchina” e non di scrittura.
Da quasi nove anni guida il sito di
Repubblica.it ed è quindi uno dei
pochi giornalisti italiani a vantare una così lunga esperienza sia
sulla carta che su internet.
Repubblica.it è ai vertici dell’informazione online in Italia, e
fra i primi al mondo in rapporto alla popolazione e alla lingua.
Ha circa 60 homepage temati-
Premio nuove frontiere del giornalismo
che, ospita i blog con le migliori firme del giornale, una sezione economica in collaborazione
con Bloomberg, una dedicata
alle inchieste multimediali.
Repubblica.it regala approfondimenti e pagine tematiche anche
alla cooperazione e alla solidarietà,
non disdegnando incursioni in argomenti “leggeri” come è tipico
dei siti di news.
Repubblica.it può essere considerata un modello riuscito di fusione fra le esigenze del quotidiano di carta – che rimane il baricentro dell’offerta informativa
dell’editoriale l’Espresso – e internet. E l’area digitale, con tutte
le sue produzioni, è ormai una
voce importante nel bilancio del
Gruppo presieduto da Carlo De
Benedetti (ultimo arrivo, l’edizione italiana del prestigioso Huffington Post, che sarà diretto da
Lucia Annunziata).
Particolarmente attivo sui social
network, il sito del quotidiano diretto da Ezio Mauro, può vantare circa un milione di fans su Facebook e 500.000 followers su
Twitter. Giuseppe Smorto ne ha
guidato la trasformazione, fino a
portarlo a una copertura informativa 24 ore su 24, caso unico
nell’informazione italiana, e con
pochissimi altri esempi in quella europea.
Ultima scommessa, la trasformazione di Repubblica Tv – che
trasmette anche sul digitale terrestre – in una emittente nonstop, e lavora a stretto contatto
con il sito, rilanciandone i contenuti e i video.
47
Premio BIAGIO AGNES
Premio
giovani under 35
49
Premio BIAGIO AGNES
Alessandra
Viero
Alessandra Viero è nata a Sandrigo, in provincia di Vicenza, il
16 aprile del 1981. Dopo gli studi classici, nel settembre del 2004
si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Trento con il
massimo dei voti e la lode con
una tesi in diritto romano, dal titolo Fides bona e responsabilità
contrattuale nell’esperienza giuridica romana. La sua tesi di laurea viene premiata dall’Accademia Olimpica di Vicenza.
Durante l’università inizia la
sua esperienza giornalistica
collaborando nella redazione
locale di un’emittente televisiva privata, Rete Veneta, e con il
Corriere del Veneto.
Diventa giornalista professionista nel 2006. In Veneto segue soprattutto i casi di cronaca nera e
giudiziaria. Conduce le edizioni
del telegiornale locale e i dibattiti
in diretta su temi di attualità per
l’emittente per cui lavora.
Mentre segue il drammatico sequestro Tassitani, tra le province di Treviso e Vicenza, il primo
contatto con la realtà giornalistica
nazionale, realizzando alcuni
50
collegamenti sulle indagini, in relazione al delitto, per il Tg4.
Nel 2008 approda a Mediaset con
una sostituzione estiva. Assunta
nella redazione del Tg4, sotto la
direzione di Emilio Fede, segue la
cronaca, ma è anche inviata a coprire alcuni importanti eventi
di costume e società.
Nel dicembre del 2010 segue
l’alluvione che colpisce duramente il Veneto. Documenta il
disastro con servizi e collegamenti audio video. Nel 2011 per
quei servizi vince un premio
(“Penna d’Oca 2010”) promosso dall’Ordine dei Giornalisti
del Veneto.
Si occupa del delitto della piccola Yara Gambirasio, seguendo la vicenda fin dagli inizi,
dalle ricerche alle indagini, fino
al tragico ritrovamento del corpo; sullo sfondo i pochi punti
fermi e i tanti lati oscuri di un
caso ancora aperto, di una verità
ancora da trovare.
Il 29 aprile del 2011 è inviata a
Londra per il matrimonio reale di
William e Kate che le reti Mediaset seguono con speciali, di-
Premio giovani under 35
rette, servizi e approfondimenti.
Realizza servizi e cura la diretta
delle nozze reali per il Tg4.
Nel settembre del 2011, come già
nel 2010, è inviata a seguire la
69esima edizione della mostra
del Cinema di Venezia. Intervista i grandi registi e attori del cinema italiano e internazionale,
da Marco Bellocchio a Sofia
Coppola, da Giuseppe Tornatore a Virna Lisi.
Nel settembre del 2011 passa alla
redazione di Newsmediaset, sotto la direzione di Mario Giordano. Partecipa allo start up di
Tgcom24, la rete All news di
Mediaset, che inizia a trasmettere in diretta il 28 novembre.
Conduce la prima edizione
delle breaking news di
Tgcom24, all’interno dello spazio di approfondimento di Annalisa Spiezie, il 28 novembre
del 2011.
Attualmente, per Tgcom24 conduce le edizioni dei telegiornali, la rassegna stampa e lo spazio
di approfondimento serale in
cui intervista ospiti della politica, dell’attualità e della cultura.
Ha sempre sognato di fare la
giornalista, fin da bambina.
Un sogno che ha avuto la fortuna di realizzare.
Durante la sua strada ha incontrato piccoli e grandi maestri di questa professione. Da
ognuno ha imparato, e continuerà ad imparare, qualcosa su
questo mestiere che spera di
riuscire a fare sempre meglio,
con tenacia e determinazione.
Raccogliendo informazioni e
testimonianze sul posto o realizzando un’intervista in uno
studio televisivo, il punto è
sempre lo stesso: dare le notizie, informare. Farlo in modo
chiaro, completo e preciso. Un
mestiere che è passione e diventa sfida quotidiana.
51
Premio BIAGIO AGNES
Premio
speciale
53
Premio BIAGIO AGNES
Padre Enzo
Fortunato
Padre Enzo Fortunato (1966),
dottore in teologia, laureato in
psicologia e giornalista pubblicista, matura la sua vocazione nel
cuore della spiritualità francescana, muovendo i primi passi
nel 1986 nel postulato del Sacro
Convento di Assisi.
Viene ordinato sacerdote nel
1994 per l'imposizione delle
mani del Cardinale Virgilio Noé.
Dopo l'Ordinazione inizia a
svolgere il suo ministero ad
Assisi come Padre Spirituale
dei ragazzi postulanti che bussano alla porta del Sacro Convento per iniziare il cammino
francescano.
Fonda e dirige la collana Orientamenti formativi francescani e
la Collana Francescana
Durante il terremoto del 26
settembre 1997, uno dei momenti più drammatici nella
storia del Sacro Convento e
della Basilica Papale, assiste i
media e i loro inviati nella
complessa opera di informazione dell’opinione pubblica.
Nel 1999 dopo i lavori di re-
54
stauro, il Custode del Sacro
Convento Padre Giulio Berrettoni gli affida la responsabilità
del rapporto con i media, riconfermato dai successivi custodi
Padre Vincenzo Coli e l'attuale
Padre Giuseppe Piemontese.
Nel 2002 riporta il Concerto di
Natale nella sua collocazione
naturale, la Basilica Superiore,
dopo che dal 1995 l’evento era
stato invece trasferito a "La
Scala" di Milano.
Progetta e realizza un evento televisivo legato ai valori francescani di solidarietà e fratellanza,
in diretta dal Sacro Convento:
“Nel nome del cuore”, giunto alla
sua 10ª edizione.
Nel 2004 lavora all'iter della
legge parlamentare (presentata
dagli Onorevoli Giuseppe Giulietti e Giampiero D'Alia) per il
riconoscimento del 4 ottobre,
festa del Patrono della Nazione:
San Francesco, quale giornata
della pace, della fraternità e del
dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse.
Nel 2005 gli è affidata la direzione della rivista San Francesco
Premio speciale
patrono d’Italia. In 6 anni di lavoro la rivista passa da 29.000 a
100.000 copie. Oggi è pubblicata
anche in inglese, in arabo e in
braille e, dal 2006, è diffusa nelle
edicole e nelle scuole grazie ad
una convenzione col Ministero
della Pubblica Istruzione. Alla
pubblicazione della rivista affianca la creazione del sito internet omonimo, il quale diventa il sito cattolico col
maggior numero di accessi in
Italia, grazie anche alla webcam
in diretta continua dalla tomba
di San Francesco.
Dal giugno 2011: dopo Fra Mariano da Torino (con “Pace e
bene a tutti”) e dopo Padre Raniero Cantalamessa (con “Le ragioni della speranza”), Padre
Enzo prosegue la diffusione del
messaggio francescano con la
rubrica giornalistica su RaiUno
“Tg1 Dialogo” realizzata assieme
a Roberto Olla.
Nel marzo 2012 ha pubblicato
“Siate amabili”, con la casa editrice Messaggero, e con la prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi.
55
Premio BIAGIO AGNES
Elvira
Terranova
Elvira Terranova è nata a Francoforte sul Meno, in Germania,
42 anni fa dove è rimasta fino al
liceo. Parla tedesco e inglese ed è
una grande appassionata di libri
e cinema. è corrispondente dalla
Sicilia dal 2001 dell’agenzia di
stampa Adnkronos per la quale si
occupa di cronaca, giudiziaria e
politica. La sua attività giornalistica inizia subito dopo la maturità, nel 1989, con una collaborazione con il quotidiano
catanese La Sicilia e una tv locale di Licata (Agrigento).
Nel 1992 l’approdo a Palermo
grazie a una borsa di studio promossa dal Giornale di Sicilia,
dove si è occupata soprattutto di
scuola e di cronaca bianca. In
quello stesso periodo ha iniziato
a collaborare per la tv regionale
Tgs, dove è rimasta fino al 1997.
Cronista di giudiziaria da oltre
15 anni ha seguito i principali
fatti di cronaca e processi di mafia che si sono celebrati in Sicilia.
Dall’arresto dei più importanti
boss mafiosi come Giovanni
Brusca, Pietro Aglieri, del capomafia Bernardo Provenzano.
56
è stata la prima a dare la notizia dell’arresto dei boss mafiosi
Salvatore e Sandro Lo Piccolo,
avvenuto nel novembre 2007.
Fino ai più recenti arresti della
nuova Cupola, da Mimmo Raccuglia a Gianni Nicchi, avvenuto nel 2009.
Ha seguìto, fin dalla prima
udienza, il “processo del secolo”
a Giulio Andreotti, sia quello di
Palermo che di Perugia, il processo per mafia a Bruno Contrada, Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino fino all’inchiesta
sulle cosiddette “talpe” che ha
visto protagonista l’ex Presidente
della Regione Sicilia, Salvatore
Cuffaro, condannato a sette anni
per favoreggiamento aggravato
a Cosa nostra.
Elvira Terranova ha seguito la
cronaca per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno e
quello per il sequestro della piccola Denise Pipitone, entrambi
in corso davanti al tribunale di
Trapani. Ha scritto anche di politica, seguendo le elezioni regionali, provinciali fino alla recenti amministrative in Sicilia.
Premio speciale
Cronista attenta, appassionata
e scrupolosa, per l’Adnkronos
ha seguito i fatti più importanti
avvenuti negli ultimi 10 anni
nell’isola a partire dall’emergenza sbarchi a Lampedusa, l’alluvione di Giampilieri, la partenza degli F16 dalla base
militare di Trapani per la Libia,
la recente alluvione di Saponara
nel Messinese.
Nel 2009 è andata per due volte
in Afghanistan, in visita alla
base militare italiana Camp
Arena di Herat per raccontare la
vita dei soldati in missione di
pace. Nel 2011, durante la
guerra in Libia, è stata inviata
nel Golfo di Bengasi.
Sempre nel 2011 ha seguito
per oltre sei mesi l’emergenza
sbarchi sull’isola di Lampedusa
dove sono approdati, tra febbraio e settembre, oltre 50.000
immigrati e profughi subsahariani. Nella notte tra il 7 e l’8
maggio, mentre assisteva all’ennesimo sbarco, ha partecipato
alla catena umana per mettere
in salvo oltre 700 migranti, tra
cui numerose donne ma anche
bambini che si trovavano su un
barcone incagliatosi sugli scogli
nei pressi di Cala Francese, in
una zona completamente al
buio. In particolare, ha messo
in salvo un bambino nigeriano
di quattro mesi, restituendolo
dopo qualche ora alla madre
che non ne aveva più notizie.
Per questo gesto di solidarietà
ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra i quali il conferimento della medaglia d’oro al
valor civile della Regione Sicilia, una targa speciale del “Premio Mario Francese” e una
targa della Libera Università
dei Diritti Umani, oltre al Premio Galatea.
57
Premio BIAGIO AGNES
Giovanni
Tizian
Nato a Reggio Calabria il 5
giungo 1982, ha vissuto a Bovalino, nella Locride, fino all’età di
12 anni, quando emigra verso
nord, direzione Modena. Qui ha
iniziato la professione giornalistica. è pubblicista da gennaio
2010, iscritto all’Ordine dell’Emilia Romagna. Si è fatto le
ossa scrivendo per la Gazzetta
di Modena dove collabora dal
2006, da allora si occupa di cronaca giudiziaria e di inchieste
sulle mafie al nord. Privilegiando l’aspetto economico
della presenza dei clan nel settentrione d’Italia, «convinto che
le organizzazioni mafiose non
sono questione di ordine pubblico, ma holding economiche e
finanziarie, che ragionano e agiscono nell’economia di tutti i
giorni». Parallelamente all’esperienza nel quotidiano locale del gruppo Espresso, ha
collaborato con il mensile
Narcomafie del Gruppo Abele
di Torino e con il quotidiano
online Linkiesta.it. Oggi lavora per il gruppo Espresso.
Collabora con l’associazione an-
58
timafia da Sud e con l’archivio
multimediale Stop’ndrangheta.it.
Due realtà dell’antimafia sociale organizzate attorno al
coraggio di alcuni giovani
emigrati calabresi che hanno
scelto di fare qualcosa per la
propria terra, nonostante ormai lontani da quei luoghi.
Con l’intento di non lasciare
la Calabria in mano alla
‘ndrangheta.
Nel novembre 2011 per Round
Robin Tizian ha pubblicato il libro “Gotica. ‘Ndrangheta, mafia
e camorra oltrepassano la linea”.
Uno squarcio sul potere delle
mafie a nord della Linea Gotica.
Edilizia, Trasporto, gioco d’azzardo legale, finanza e pizzo, le
forme attraverso cui si manifesta
la presenza dei clan in Emilia
Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto. Ma
“Gotica” è anche un tuffo nel
tragico passato dell’autore. è un
viaggio attraverso l’Italia, e l’infanzia di Giovanni Tizian. Parte
da Bovalino, il paese con il record di sequestri di persona. E
proprio in quegli anni a Gio-
Premio speciale
vanni perde il padre, ucciso dalla
‘ndrangheta. Giuseppe Tizian,
un bancario onesto, “integerrimo” diranno gli investigatori.
Un’indagine che non porterà a
nulla. Il caso fu archiviato e
Peppe, con la sua storia, il suo
esempio, cestinati nel dimenticatoio di una terra con la memoria tremendamente corta.
Oggi la figura di Peppe, il suo
nome e cognome si sentono riecheggiare nelle testimonianze
che Giovanni e sua madre portano durante gli incontri con gli
studenti. E riecheggiano anche il
21 marzo durante la giornata
della Memoria e dell’Impegno
dedicata a tutte le vittime delle
mafie, organizzata ogni anno
dall’associazione Libera presieduta da don Luigi Ciotti.
Dopo la pubblicazione di “Gotica” e delle ultime inchieste
giornalistiche pubblicate con
la Gazzetta di Modena, a Giovanni è stata assegnata una
scorta armata. è in pericolo
per il lavoro che fa. Ma continua a raccontare, a scrivere, a
indagare il potere mafioso
nelle sue mille sfumature e
contraddizioni.
Nella sua stessa situazione in
Italia sono numerosi in giornalisti minacciati e intimiditi,
e Giovanni a ogni presentazione e incontro pubblico lo
vuole ricordare. Convinto che
solo collaborando tra colleghi,
e creando una rete si può realmente squarciare quella spessa
coltre di omertà che immobilizza il Paese.
59
Premio BIAGIO AGNES
Esiste ancora il giornalismo
investigativo nell’era di Internet?
61
Premio BIAGIO AGNES
Semplici interrogativi
con risposta immediata
di LuciaAnnunziata
Nell’agosto del 1974 il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon
si dimise. Non il primo a farlo,
nella storia degli Usa, ma certamente il primo a farlo a causa di
una serie di articoli di un paio di
gagliardi giornalisti e di un giornale senza paura, il Washington
Post. A una più attenta (e meno
entusiastica) rilettura della storia
di quegli anni, è forse esagerato
sostenere che Nixon abbandonò
la Casa Bianca solo per quegli articoli, ma è fuori di dubbio che le
dimissioni segnarono una svolta per il giornalismo contemporaneo. Da quel momento infatti,
nel cuore di ogni aspirante giornalista e nella idea della intera nostra società, i giornalisti investigativi divennero il simbolo stesso della professione, nonchè la
sua più romantica versione, insomma i nuovi eroi della società della comunicazione di massa. Da allora, quel ruolo della
stampa e dei giornalisti è stato
più volte reinventato, attaccato,
riproposto, e, alternativamente,
dichiarato morto.
Il più recente canto funebre per
questa nobile professione nasce
dal web, o, meglio, a causa del web.
62
La Rete appare infatti l’esatto
contrario di tutto ciò che si identifica con la ricerca investigativa.
Le inchieste sono lunghe, si dice,
richiedono tanto tempo, domandano ampie pagine e costano tanto. Il web vive, si dice ancora, sulla brevità, sull’immediato, sulla velocità di consumo e
produzione, e, non ultimo, ha poche risorse da investire. Da qui a
sostenere che la rete sia la morte del giornalismo investigativo il
passo è stato breve. Come succede quasi regolarmente, però, le
verità più evidenti sono spesso
banali, e la trasformazione dei
mezzi si rivela più una ridefinizione di strumenti che una cancellazione di contenuti.
***
Vorrei intanto riportare l’attenzione su cosa esattamente sia il
giornalismo investigativo. Direi innanzitutto che è una espressione
culturale, il figlio di una concezione del rapporto fra media ed
establishment. L’esempio Americano, che rimane paradigmatico
dello sviluppo del giornalismo
moderno, serve bene anche per
capire questa affermazione.
Nel libro “The evolution of
american investigative journalism” (University of Missouri
Press), l’autore James Aucoin, fa
risalire questo genere alla fondazione stessa degli Usa, cioè
agli anni che prepararono la rivolta coloniale contro la madre
patria Inghilterra. Il primo investigative reporter viene indicato in Benjamin Harris, arrivato nel
nuovo mondo nel 1686 in fuga
dalle autorità inglesi che lo volevano arrestare per i suoi articoli di
denuncia (expose) contro la monarchia. Nella Colonia Harris ricominciò daccapo, fondando il
Publick Occurrences Both Forreign and Domestick (l’inglese
non è errato ma arcaico), il cui primo numero uscì il 25 settembre
del 1690. Non ebbe molta fortuna con le autorità nemmeno su
questa sponda dell’Atlantico, ma
trovò estimatori ovunque tra la
impegnata intellighentia che ragionava sul futuro. Uno di questi
fu James Franklin - fratello maggiore di quel Ben che diverrà presidente - che nel 1721 fondò il
New England Courant. Uno dei
primi e più autorevoli fogli che popolarono, animarono e sostennero la rivolta antimonarchica, an-
tieuropea e visionaria che porterà alla indipedenza coloniale. Non
era ne casuale ne occasionale che
quel giornalismo di denuncia che
oggi si chiamerebbe di inchiesta,
si definisse e prosperasse in quel
tempo e in quel luogo. Il mondo
anglosassone del 1600 e 1700 fu la
grande fucina delle rivoluzioni
sociali e politiche europee. La
Guerra civile inglese iniziata nel
1642 è un grande calderone in cui
confluiscono e si scontrano tutte
le istanze che avrebbero poi segnato la modernità: monarchici e
parlamentaristi, cattolici e protestanti, popolo e sovranità, rendita e commercio. Quando cade la
testa di Carlo I nel 1649 ( il primo
sovrano giustiziato) cade il principio stesso del diritto divino dei
re e si legittima quello della sovranità popolare. Cambia per
sempre il paradigma del rapporto fra cittadini e stato. Ed è rilevante che questo avvenga su una
spinta che viene dalle classi abbienti, classi colte, fra cui è diffuso un rigoroso calvinismo che
chiede una società fondata sul
primato dell’individuo, e del rispetto delle sue scelte religiose e
individuali. La parola, l’opinione,
63
i libri, le idée sono, al di là delle
armi, i veri strumenti di questi
nuovi protagonisti. In questa
rottura del rapporto col potere
che si definisce il ruolo e la funzione del giornalismo che chiamiamo anglosassone: nasce insieme alla idea stessa che la pubblica opinione abbia e voglia una
voce, e il suo orizzonte è l’idea
che il potere sia quasi per definizione (la ispirazione religiosa di
questo sentimento è chiara) corrotto. Presa molto alla lontana, il
concetto del giornalista come
Watch Dog si forma in quella inquieta era.
***
La domanda più giusta da farsi in
merito al futuro del giornalismo
investigativo dopo (e dentro) il
web, a mio parere, ha a che fare
con tutto questo: la Rete favorisce
o uccide lo spirito di cui abbiamo
fin qui parlato? La risposta credo
sia indubbia: la identità tecnologica stessa della Rete la definisce
come strumento perfetto di disintermediazione, luogo della trasparenza, della rappresentanza
diretta degli individui. Dunque,
quasi naturalmente, uno strumento potenziato del controllo,
della messa in discussione e della trasformazione del potere. Piaccia o non piaccia, questo spirito rivoluzionario è la seconda pelle
della Rete, che oggi e, nel bene e
nel male, il più forte garante della dinamica fra cittadini e governi. Ed è nell’interstizio di questo
confronto/scontro che il giornalismo investigativo lavora.
Nella foto
il Presidente degli Stati Uniti
Richard Nixon
Premio BIAGIO AGNES
Basta diffidenze
il percorso è obbligato
di Giuliano De Risi
Bella domanda: esiste ancora il
giornalismo investigativo nell’era
di internet? Quesito non di poco
conto dal momento che parliamo
di una delle forme più pure e nobili di giornalismo – lo si dica senza paura di sconfinare nella retorica - almeno inteso nella sua
concezione tradizionale. Tradizionale, appunto: il classico “vado,
vedo, scrivo”, con in più un quid
dovuto al lavoro di ricerca, di
raffronto comparativo delle fonti, di elaborazione originale dei
dati e delle idee. Un lavoro in cui
il giornalista è al tempo stesso ricercatore, magari storico, talvolta persino, lo vedremo, erudito.
Nel senso che il suo lavoro lo avvicina storicamente più ad un
Lorenzo Valla, critico acuto e
pungente del potere della chiesa
che si esercitò senza risparmio
nella distruzione della Donazione di Costantino, che non ad un
semplice reporter. Rimandando a
più tardi la spiegazione del perché
di quest’accostamento, apparentemente molto ardito, tra un cronista dei tempi correnti ed un
umanista che demolì le basi giuridiche dell’esistenza dello Stato
64
della Chiesa, poniamoci dunque
conseguentemente un’altra domanda. E se allargassimo il quadro ben oltre il giornalismo investigativo? E a chi chiediamo una
risposta? Alla nostra “corporazione” che si eserciterà in profluvi di attestazioni di garanzie o giustificazionismi a seconda delle
angolature di giudizio, o al pubblico dei lettori, all’opinione pubblica sempre più insoddisfatti dei
media e poco inclini a fare sconti alla nostra professione e che
chiedono notizie che vengano
dal paese reale e non dai palazzi
di qualunque colore siano? Con
due punti interrogativi siamo già
di fronte ad uno scenario dai risultati imprevedibili e, diciamo la
verità, perfino inquietanti per il
presente e il futuro del giornalismo ma anche per la democrazia.
Andiamo per ordine. Un primo
dato di fatto emerge clamorosamente da uno dei più importanti fenomeni politici e civili che si
siano determinati sotto gli occhi
dell’opinione pubblica internazionale da qualche anno a questa
parte: la primavera araba. A partire dai primi moti tunisini, a se-
guire con l’Egitto, la Libia, e poi
Yemen, Bahrain, Siria e via di seguito è incontestabile che l’Informazione – non a caso uso la maiuscola - dal di dentro di queste realtà politiche e sociali complesse,
e sovente da noi indecifrate nonostante la loro vicinanza geografica all’Europa, sia venuta prima che dagli organi di stampa,
dalla pancia del paese, da cittadini che hanno veicolato al mondo
esterno quello che vedevano dalle loro finestre, o direttamente in
strada, tramite computer o telefonini, e che ci hanno realmente
aiutato a capire quanto accadeva
in quei paesi, spesso fornendoci
una cifra interpretativa, descrivendoci quei mondi dal di dentro
del loro intricato complesso di fenomeni sociali, religiosi, economici, tribali e di potere, offrendoci
il quadro di una realtà ben più articolata di quella che apparteneva alla nostra conoscenza di distratti spettatori occidentali. Ultimo esempio il recentissimo
andamento delle elezioni in Algeria, uno dei paesi a più alta
tensione politica e a più diretta ripercussione di effetti stra-
tegici per l’Europa: a dispetto di
tanti nostri profeti di catastrofismo sull’avanzata dei Fratelli
Musulmani nessuno aveva prefigurato una cocente sconfitta
dei partiti a più alto tasso di fanatismo islamico, come è invece avvenuto.
Dovremo rassegnarci quindi sempre più a un giornalismo fuori dalle redazioni, all’affermarsi di quello che ha già ricevuto una catalogazione ufficiale, di citizen journalism? In realtà il fenomeno è
molto più antico di quanto si immagini. Sergio Lepri in un saggio
sui rapporti fra internet e informazione àncora addirittura la
data di nascita di questa forma di
giornalismo alternativo, allo scatenarsi del rovinoso terremoto che
nel 1994 colpì Los Angeles: le prime notizie sul sisma furono diffuse in rete da un ignoto abitante della città che batté ampiamente sul tempo le news dell’Associated Press o della Cnn. E risale al 2001, ci ricorda ancora Lepri, un altro significativo esempio
di informazione parallela a quella istituzionalmente preposta.
Questa volta lo scenario è più of-
65
fensivo per la nostra professione:
siamo in piena guerra contro
l’Iraq di Saddam Hussein. “La
guerra era da poco cominciata
quando si scoprì su internet il diario di un tale che si presentava con
lo pseudonimo di Salam Pax “pace” in arabo e “pace” in latino
- e che ogni giorno raccontava da
Baghdad quello che vedeva e che
sapeva sul conflitto; molto di più
di ciò che trasmettevano gli inviati
chiusi nell’Hotel Palestine o “embedded” al seguito delle truppe
americane. Episodi analoghi si
ebbero alla fine della guerra guer-
Nell’immagine a sinistra,
la Donazione di Costantino,
nel XV secolo
Lorenzo Valla dimostrò
che è il falso più famoso
nella storia della Chiesa.
A destra,
Salam Pax,
alias Salam al-Janabi ,
è lo pseudonimo
del blogger gay dell'Iraq.
Premio BIAGIO AGNES
reggiata: su alcuni siti, che subito diventarono conosciutissimi si
potevano leggere e, in alcuni casi
ascoltare, i racconti di soldati
statunitensi da Baghdad e altrove nel paese; parlavano della guerra, delle loro paure, delle loro
speranze. Anche loro erano “reporter” che non avevano fatto
nessuna scuola di giornalismo”.
Ma il caso in assoluto più clamoroso di un giornalismo di inchiesta, antagonista al potere costituito che ha saputo svolgere quel
ruolo che spetterebbe storicamente all’informazione è quello di
Matt Drudge, direttore del “Drudge Report” una aggregazione di
informazioni politico-scandalistiche di Los Angeles diffusa via
internet: fu una sua mail a rompere l’imbarazzante muro d’omertà eretto a protezione della più alta
carica dello Stato diffondendo
alla comunità web la notizia del
caso Clinton-Lewinsky destinata
a scuotere alle fondamenta la
presidenza degli Stati Uniti e il
mondo politico americano. Qualcuno obiettò: una esclusiva dettata
da motivi non mai chiariti fino in
fondo. No, non ci sto: la notizia dei
rapporti sessuali fra il capo dello
stato e la ventiquattrenne stagista
della Casa Bianca circolava da
tempo in tutte le redazioni dei
giornali, nessuno aveva avuto
però il coraggio di pubblicarla.
Punto e basta.
E allora dobbiamo recitare il de
profundis della stampa scritta e
In alto il presidente americano
Bill Clinton con Monica Lewinsky,
ex stagista della Casa Bianca.
parlata di fronte all’incalzare di
uno tsunami dell’informazione
“altra” che grazie ad internet si diffonde dal basso, non conosce remore politiche non risparmia poteri forti e si diffonde nelle case
della gente senza passare per le redazioni dei giornali e delle tv ?
Prima di tentare una risposta
proviamo ad allargare lo sguardo
e la memoria. A proposito della
crisi della stampa tradizionale,
viene in mente la storia, molto
istruttiva, di Judith Miller e Walter Pincus. è il momento in cui la
“coalizione dei volenterosi” si
prepara ad attaccare l’Iraq (un periodo – sia detto per inciso – che
possiamo ritenere davvero di
svolta nella storia recente del
giornalismo). La prima è una
cronista con ottime entrature al
Pentagono ed al Dipartimento di
Stato. La cosa le permette un accesso privilegiato ad una serie di
fonti ed informazioni precluse a
molti colleghi. Lei, logicamente,
se ne fa forte per stendere un’inchiesta sulla possibilità da parte
di Saddam Hussein di entrare in
possesso di armi di distruzione di
massa. Conclude, nella sua in-
66
chiesta, che Bagdad è già in possesso di questi armamenti. Lo fa
perché le fonti di cui si serve (Pentagono e Dipartimento di Stato)
sono autorevolissime. Autorevolissime, ma non affidabili, perché oggettivamente di parte. Lei
scrive un’inchiesta sbagliata perché basata su assunti sbagliati, e
ne ottiene, alla fine, di essere allontanata dal suo giornale.
Il secondo, Pincus, è al contrario della Miller un anziano giornalista con poco fiato nei polmoni. Non è scattante come
una volta, al telefono parla con
pochi funzionari e non ha accesso a fonti particolarmente
informate. Il suo giornale, diretto
concorrente di quello della Miller, gli affida un’inchiesta sullo
stesso argomento. Lui va su internet e trova una serie di documenti di Pentagono e Dipartimento di Stato. Li confronta, li
studia, ne analizza le singole
parti e mette in risalto la verità
che si nasconde dietro le righe.
Usa lo stesso metodo di Lorenzo Valla nei confronti della Donazione di Costantino, guarda
alle fonti con occhio critico, e alla
fine trova la soluzione giusta:
Saddam non è in grado di fabbricare la Bomba.
Storia realmente accaduta, che
insegna come Internet possa
scavalcare i normali metodi e
preconcetti del giornalismo (parlo di preconcetti perché – prosegue la storia – a Pincus nel suo
giornale non vollero credere, e la
sua inchiesta venne pubblicata
solo grazie all’intervento di un
suo amico chiamato Bob Woodward. Pubblicata sì, ma a pagina
14 – cioè accuratamente nascosta). Insegna anche che il cittadino, se dotato di una propria capacità critica, può benissimo in
qualche caso scavalcare il giornalista, rendendolo inutile (pensiamo, oltre alla Primavera Araba, anche a come gli spagnoli
bocciarono nelle urne le bugie di
Aznar sull’attentato della stazione di Atocha).
Bob Woodward e Carl Bernstein,
mitici redattori del Washington
Post che rivelarono i retroscena
del Watergate costringendo alle
dimissioni il presidente Usa Richard Nixon, denunciano tutto il
loro scetticismo sulla possibile
fine, non gloriosa, del giornalismo
di inchiesta davanti all’incalzare
dell’onda anomala dell’informazione via Internet. “La rete può integrare, può aiutare a fare progressi, ma la verità si trova sempre dentro le persone” hanno dichiarato in occasione della conferenza annuale della “American
Society of News Editors”. E Bob
Woodward commentando gli
elaborati degli studenti dell’Università di Yale ai quali era
stato chiesto di scrivere come
avrebbero agito se si fossero dovuti trovare a raccontare un
caso Watergate dei giorni d’oggi è andato giù di mano pesante : “Mi è quasi venuto un aneurisma – ha confessato, sconsolato – molti studenti hanno scritto
cose del tipo: beh andrei su internet, mi metterei a cercare fondi segreti di Nixon e troverei le risposte per la mia inchiesta. Altri
ancora si sono detti convinti che
Nixon, nell’era dei social network, si sarebbe sentito talmente incalzato dalle critiche di blogger e utenti di twitter che si sarebbe dimesso nel giro di un paio
di settimane”.
67
Lapidaria l’obiezione di Mathew
Ingram da Gigaom.com nel dibattito che si è aperto sulle dichiarazioni dei due columnist:
“Il giornalismo ha bisogno di
molto di più di un paio di scarpe
da consumare”. E ha avuto buon
gioco nel ricordare che fu un cittadino pachistano a diffondere al
mondo via internet le prime notizie sul raid in cui fu ucciso Osama Bin Laden. Fu vero giornalismo? Certo la pratica del “random
acts of journalism” che si va sempre più diffondendo è altra cosa
dalla nostra professione, non ci
Nelle foto a sinistra,
Robert Woodward
e Carl Bernestein, giornalisti
del Washington Post,
si occuparono dello caso
Watergate che portò
alle dimissioni del presidente
Richard M.Nixon nel 1974.
A destra,
Mathew Ingram scrittore
GigaOm.com, una delle reti
più importanti blog di tecnologia
negli Stati Uniti,
con sede a San Francisco.
Premio BIAGIO AGNES
sono dubbi. I rischi sono dietro
l’angolo: veridicità, attendibilità,
verifica delle fonti, imparzialità,
obiettività, pluralismo, indipendenza e via di seguito, principi e
regole che hanno costituito nei secoli i pilastri della professione
giornalistica (anche se in alcuni
casi si è trattato più di mere parole
d’ordine che non di reali professioni di fede) non possono certo
essere richiesti in modo certificato
all’informazione spontanea che
corre via internet. Il problema che
si pone è dunque come e dove
trovare un punto di incontro
Nelle foto a sinistra,
Bradley Manning, militare
e informatico statunitense, accusato
di aver scaricato documenti riservati
passati poi all'organizzazione
WikiLeaks. Nel settembre 2011
candidato a Premio Nobel
per la Pace.
A destra
Julian Paul Assange, noto per il caso
WikiLeaks.
fra questi due mondi che si guardano con diffidenza così come la
medicina tradizionale guarda
alla medicina omeopatica, come
a una pratica quasi riportabile
alla stregoneria.
Ingram ci dà una sua via: “Il giornalismo sta diventando un ecosistema di cui chiunque può diventare parte piuttosto che un
concetto statico associato ad uno
specifico gruppo professionale e
a uno specifico insieme di piattaforme e di supporti”. E non risparmia rilievi critici: “Woodward è un gigante della storia del
giornalismo investigativo. Ma
solo per questo dovremo credergli che internet non è di alcuna
utilità concreta in vicende come
il Watergate? Non necessariamente, Il giornalismo di ora è
molto diverso da quello di quaranta anni fa e probabilmente
migliore”. E cita il caso dei Collateral Murder rivelato da Wikileaks nel 2010. Qualcuno nutre
dubbi sul fatto che sarebbe mai venuto alla luce senza internet, senza che si determinasse la connessione fra Wikileaks e Bradley
Manning il soldato Usa, analista
68
dell’esercito incriminato dalla
corte marziale per “collusione
con il nemico” con l’accusa di aver
indebolito gli ingranaggi della sicurezza nazionale, e nel contempo inserito addirittura nell’elenco
dei 231 candidati all’Oscar per la
Pace? E come negare che i documenti diffusi da Assange,
senza alcuna mediazione giornalistica, abbiano costituito un
momento determinante di informazione per l’opinione pubblica mondiale?
Si può essere d’accordo o no su
Assange, se considerarlo angelo
della verità o demone di una informazione perversa, ma c’è invece sicuramente da rabbrividire nel leggere i risultati di una ricerca di Cision, azienda inglese
che si occupa di media, in Francia, Germania e Gran Bretagna,
(ma non è che in Italia i risultati apparirebbero granché diversi) secondo cui il 70 per cento di
giornalisti interrogati nell’ambito di una indagine sulle fonti di
approvvigionamento delle notizie dalle reti sociali, ha dichiarato di usare ancora i comunicati
stampa, le pubbliche relazioni e
i siti web delle aziende per controllare i dati e trovare notizie. C’è
da chiedersi, con queste premesse, se un caso Finmeccanica,
Tanzi, San Raffaele, sarebbe mai
esploso se ci si fosse affidati unicamente ai comunicati stampa
delle aziende.
E qui si deve avere il coraggio di
aprire un capitolo doloroso per il
giornalismo investigativo - e non
- che non è meno preoccupante
per una democrazia dell’informazione che venga esercitata nel
nome, per conto e nell’interesse
dell’opinione pubblica e quindi del
paese. Ricordando a coloro che
hanno una certa età cosa rappresentò per il mondo giornalistico e per il paese l’inchiesta
sulle deviazioni del Sifar portata
avanti da due straordinari giornalisti di razza come Eugenio
Scalfari e Lino Jannuzzi che nel
1968 denunciarono il tentativo di
colpo di Stato del Piano Solo e la
deviazione dei servizi segreti italiani. Toccarono un santuario
intoccabile: il Generale De Lorenzo li querelò e i due giornalisti furono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclu-
sione, nonostante il Pubblico Ministero Vittorio Occorsio, che
aveva letto gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di stato, avesse
chiesto la loro assoluzione convinto della liceità del loro operato giornalistico. Fu grazie al Partito Socialista che offrì loro il salvacondotto di un seggio alla Camera ed uno al senato se i due valorosi giornalisti evitarono il carcere grazie all'immunità parlamentare. E dobbiamo ancora alla
penna di Scalfari se pochi anni
dopo fece conoscere all’Italia gli
inquietanti maneggi di un boiardo di stato come Eugenio Cefis,
passato dall’Eni alla Montedison, al quale dedicò un libro che
fece epoca: “Razza Padrona” scritto a quattro mani con Giuseppe
Turani. Un libro profetico degli
scenari che si sarebbero delineati in Italia negli anni a venire e che
avrebbero offerto linfa all’attività di molti magistrati.
Da allora ad oggi l’Italia è stata terra di scandali, da Sindona ai fondi neri Iri, dalla mala sanità di De
Lorenzo e Poggiolini a Telekom
Serbia, dal caso Loockheed al
69
crack Parmalat, dalla Missione Arcobaleno a Mario Chiesa che aprì
la controversa stagione di mani
pulite, a Vallettopoli.
Ma dobbiamo pur chiederci, fatta eccezione per alcune coraggiose
inchieste come quelle di Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Iaria
Alpi e Miran Hrovatin che hanno pagato con la vita il coraggio
della loro ricerca di verità, o di un
Giuseppe D’Avanzo, per proseguire, cito a caso e senza intendimenti esaustivi, con Giampaolo Pansa, Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, Milena Gabanelli, Gianluigi Nuzzi: quante delle inchieste che hanno catturato i titoli di
prima pagina dei nostri giornali in
questi ultimi anni sono state condotte fuori e separatamente dalle stanze delle procure, degli uffici istruzione e dalle aule dei tribunali italiani? In tempi in cui anche la politica inizia, seppure timidamente, ad ammettere le proprie debolezze e a presentare in
qualche caso le scuse al Paese, nascondersi dietro professioni di
messianicità, dietro un fumoso
giustificazionismo per cui tutto è
lecito in vista di un obiettivo superiore, appare non solo colpevole, peggio, patetico. E allora la
risposta, se vogliamo conservare
alla nostra professione i pilastri di
quei connotati cui si faceva prima
riferimento, non può conoscere
attenuanti e va denunciata a crude lettere: ben pochi. Di destra, di
centro o di sinistra, il giornalismo
Nelle foto Callisto Tanzi
arrestato, nel 2003
per il crac Parmalat:
un sistema perverso dal quale
per anni politici,
banche e giornali hanno tratto
la propria convenienza
a danno dei piccoli investitori.
Premio BIAGIO AGNES
di inchiesta, ha finito per trasformare la propria natura, ha rinunciato alla sua connotazione
fondamentale di ricerca, di denuncia, di antagonismo di qualsiasi potere politico, economico,
sociale ma anche culturale, di indipendenza, per trasformarsi in
braccio operativo inconsapevole, in alcuni casi, più che consapevole in altri, di interessi superiori, superiori in tutte le accezioni del termine.
Questo muoversi secondo regie
palesi od occulte ha portato da
qualche decennio a questa parte
a quello che potremmo definire il
giornalismo dal pensiero unico.
Troppo spesso, i principali giornali italiani sono usciti con la
stessa prima pagina. Stessa apertura, spesso la stessa titolazione,
spesso la stessa impaginazione.
Una tendenza all’omologazione
frutto – se si può dire – di una
professione che nel deteriorarsi
del clima politico e culturale di
un paese, incapace di rinnovarsi e di aprirsi al nuovo, di interrogarsi e di sapersi mettere in discussione, ha finito per risentire della logica degli schieramenti contrapposti assorbendone e riflettendone gli effetti.
Un pensiero unico, rosso o nero
che sia, è tutt’altro che garanzia di
alterità rispetto alle parti. Al contrario, è spia di una asfissia cerebrale che non prepara – come in
Italia è accaduto – l’opinione
pubblica ad essere critica e vigiIn alto,
alcune testate
di quotidiani italiani.
le nei confronti della realtà fattuale. Questa attitudine si intreccia con il secondo fenomeno, che
è più antico – un vero e proprio
peccato originale – ma che si è
rafforzato negli ultimi due decenni, quello di un giornalismo visto come cronaca di Palazzo. Che
non necessariamente deve essere concepito secondo l’accezione
pasoliniana, che è negativa. Il
Palazzo è il potere, e come il potere da sempre può essere positivo o negativo, a seconda di come
lo si usa. Credo che la recente storia italiana ce ne offra ampi esempi. Ora, storicamente il giornalismo italiano nasce con le gazzette delle corti dei principi e dei
principotti. Niente di male, se
non che il “dietro le quinte”, in una
corte, spesso è considerato più interessante dell’illustrazione dei
fatti e dei provvedimenti veri e
propri (la quale illustrazione è lo
scopo precipuo con cui nasce invece la stampa anglosassone). Il
“retroscenismo”, orribile invenzione dei quotidiani post Tangentopoli, attizza questo tipo di
curiosità, cattura spazio e rilevanza nell’informazione, ma in fin
70
dei conti non aggiunge quasi mai
nessun elemento utile alla comprensione delle cose. è spazio e
tempo rubato alla buona informazione. Il retroscena, del resto,
non nasce a caso: è lo sviluppo di
un giornalismo che si occupa di
cose di corte, e che per questo soccombe alla tentazione di esserne
esso stesso protagonista, e di influenzarne l’esito. La crisi dei
partiti ha accentuato questo fenomeno, trasformando gli organi di informazione in altrettanti
quotidiani-partito, ognuno con i
suoi interessi di riferimento, con
i suoi interlocutori privilegiati, con
una linea editoriale (di per sé
una cosa buona) degenerata nella partigianeria. Ognuno lontano,
quanto i partiti in crisi, dalla realtà del pubblico. Ci si deve stupire se il pubblico si allontana?
Non è normale che tutti i giorni
- tutti - l’argomento di prima pagina (quasi sempre la politica interna) occupi l’inizio del giornale, dalle prime quattro alle prime
nove pagine. Inevitabilmente gli
argomenti sono trattati in modo
ripetitivo, verboso, con una ricerca di scrittura giornalistica
che sfocia nel barocco delle
espressioni e delle sfumature
(come quando, ad esempio, la
ricerca di un accordo in commissione viene spacciata per una
“ricerca del Graal”).
Tutto ciò è l’esatta negazione di un
giornalismo di inchiesta che scava nelle pieghe offuscate, occulte, mistificate del Palazzo, ma
anche nelle contraddizioni del
sistema ricavandone elementi di
denuncia, di indignazione, ma
anche proponendo elementi di
consapevolezza su come prevenire ulteriori degenerazioni e
come porvi rimedio: in breve
proponendosi come un momento fondamentale di costruzione
dell’organizzazione civile dei cittadini parlando un linguaggio
che tutti tocca e a tutti è comprensibile e trattando argomenti
che tutti interessano.
Meravigliarsi a questo punto per
la disaffezione del pubblico dei lettori, per l’insorgere di una informazione parallela che corre sul filo
dei collegamenti internet, per lo
spostarsi dell’attenzione dei giovani sempre più verso blog e so-
cial media è comportarsi da Alice nel paese delle meraviglie: se i
media tradizionali non sono in
grado di svolgere la loro funzione, la stessa informazione percepita come “libera” viene ricercata altrove. Vale per giornali vale
per i partiti.
La presenza di Seymour Hersh fra
i vincitori del Premio Agnes con
il clamore delle sue inchieste che
hanno permesso all’opinione pubblica mondiale di conoscere verità
inconfessabili e inconfessate, dai
massacri di civili innocenti a May
Lai alle violenze e profanazioni del
campo di prigionia di Abu Ghraib,
alle vergogne della guerra in Iraq,
ai retroscena dell’establishment
politico-militare statunitense, ci riporta alle reali dimensioni e funzioni del giornalismo d’inchiesta
che fa dell’indipendenza e del
coraggio la propria bandiera per
affermare verità scomode a molti ma indispensabili al consolidamento di una corretta conoscenza e coscienza democratica dell’opinione pubblica e quindi alla
crescita civile di un paese.
Tornando alla domanda iniziale
71
chiediamoci dunque: giornalismo di inchiesta e informazione
web sono antitetici e inconciliabili o è possibile una terza via?
Il direttore di Bbc Global News
Peter Horrocks non sembra nutrire dubbi in proposito: “Twitter
e gli Rss readers sono diventati
strumenti essenziali dell’establishment. I giornalisti della Bbc dovrebbero tener conto degli aggregatori e seguire attentamente
i contenuti di qualità”.
Dobbiamo dunque rassegnarci a
cercare la verità fuori dalle edicole
Nelle foto a sinistra,
uno degli abusi inflitti
ai prigionieri iracheni
dalle forze militari Usa
nel carcere di Abu Ghraib.
A destra,
Peter John Gibson Horrochs,
direttore del Bbc World Service,
è stato assistente produttore
e poi produttore per il Newsnight,
senior producer e vice direttore
di Panorama.
Premio BIAGIO AGNES
o dai nostri schermi televisivi?
Paul Lewis, giornalista del Guardian, Reporter of the Year nel
2010, lancia una interessante provocazione “penso ci sia una questione social media che ha cambiato il giornalismo in maniera
molto profonda e questo vale anche per il giornalismo . Twitter in
particolare dà un modello unico
di flusso di informazioni – diverso da qualsiasi cosa abbiamo
vista prima – e permette alle
fonti di collaborare direttamente coni giornalisti. Il giornalismo investigativo per tradizione
è sempre stato “il giornalismo che
scova la fonte”. Credo che nell’era
dei social media questo rapporto possa cambiare: le fonti trovano i giornalisti.”
Che dire? Mi sembra evidente
a questo punto che l’opinione
pubblica di fronte ai profondi
mutamenti politici ed economici determinatisi in questi ultimi anni e destinati a segnare
profondamente il nostro futuro, ai sempre più complessi
scenari nazionali e internazionali non sembra più intenzionata a delegare in alto la regia
del proprio destino.
Dalle piazze arabe, da quelle
europee, da quelle americane, da
quelle asiatiche emerge con forte determinazione la voglia della gente comune di sentirsi partecipe, in quanto informata, dei
processi di sviluppo della socieIn alto, Mark Zuckerberg
ideatore del social network
Facebook.
tà e delle sue articolazioni. La
consapevolezza acquisita che il
futuro del sistema paese, passa
attraverso una maggiore conoscenza dei processi economico-finanziari, energetici, ambientali e sociali, richiede una
forte responsabilizzazione della
collettività chiamata a scelte (un
esempio per tutti il rifiuto del nucleare con quello che potrà comportare sui costi industriali e
del bilancio energetico) in grado
di incidere notevolmente sulla
qualità della vita.
Giornalismo e media sociali in
questo contesto e in questa prospettiva presentano una forte
componente strategica e non
possono a mio parere porsi disgiuntamente. Il giornalismo di
inchiesta in particolare può svolgere una funzione propulsiva di
una nuova coscientizzazione di
massa motivando sempre più i
lettori ad esercitare una funzione di controllo, di prevenzione, di
salvaguardia degli interessi della
collettività. Più che di un giornalismo che si attardi a descrivere
scandali e degenerazioni del po-
72
tere quando questi sono oramai
fatto comune, c’è bisogno di un
giornalismo che entri nelle pieghe
del paese, analizzi le sue necessità,
le sue aspirazioni, promuova una
nuova cultura della conoscenza
dei problemi, delle criticità ma
anche delle possibili soluzioni, sia
critico con i poteri forti ma si occupi anche delle cose di ordinaria amministrazione che determinano quotidianamente un abbassamento e uno scadimento dei
livelli della qualità della vita delle persone.
Sotto questo punto di vista il
giornalismo professionale, e in
particolare quello di inchiesta,
per la sua propensione a monitorare le possibili degenerazioni
del sistema, ha nei social network
un formidabile alleato, una miniera di informazioni capillari,
dalle quali trarre linfa per esercitare il suo ruolo fondamentale per
il Paese.
E questo, ancorandolo al paese
reale e alla sua voglia di pulizia civile e morale, aprirà sicuramente
alla professione giornalistica nuove prospettive e nuova credibilità.
Premio BIAGIO AGNES
Giornalismo investigativo:
poco amato da governi e investitori pubblicitari
di Paolo Garimberti
Il giornalismo investigativo è
per me sinonimo innanzitutto di
democrazia. La più problematica delle invenzioni che ci viene
dall’eredità greca si realizza pienamente solo quando il giornalismo è effettivamente degno
del suo nome e può esercitare in
piena libertà il suo ruolo di
watch-dog del potere, di “protettore” del cittadino dagli abusi e dalle sbavature di qualsiasi
potere.
Su un piano più professionale, il
giornalismo d’investigazione mi
fa subito pensare alla figura di
"Ed" (Edward) Murrow (19081965). Il “santo patrono” del
giornalismo statunitense, e forse mondiale, è ricordato oggi
per i suoi notiziari radiofonici e
poi televisivi seguiti da milioni di
ascoltatori negli Stati Uniti e in
Canada in virtù dell’onestà e integrità di Murrow nel diffondere le notizie. E grazie anche al
gioco di squadra che egli seppe
organizzare intorno a sé: durante la seconda guerra mondiale
arruolò una serie di corrispondenti di guerra e successiva-
74
mente alla Cbs tirò su una generazione di giornalisti televisivi, di cui fu il leader carismatico
e riconosciuto. Ma "Ed" Murrow
fu anche il giornalista che nella
prima metà degli anni Cinquanta
ebbe il coraggio di investigare,
controcorrente, su molti casi di
persone sospettate di simpatie
comuniste dal Senatore Joseph
McCarthy. Alla fine, proprio un
programma di Murrow segnò un
nuovo spartiacque nella storia del
giornalismo televisivo statunitense contribuendo alla caduta
politica del Senatore e alla conseguente fine della “caccia alle
streghe” dell’era del maccartismo.
Sulla strada aperta da Murrow,
che attinse a sua volta a una tradizione giornalistica risalente
all’ultimo terzo dell’Ottocento, ci
furono altri grandi casi che segnarono in profondità la coscienza degli americani. Nel
1970 l’indipendente Seymour
Hersh vinse il Pulitzer Prize for
International Reporting tra l’altro i suoi articoli sul massacro di
civili perpetrato da soldati americani a My Lai durante la guer-
ra del Vietnam nel 1968. Nel
1973 ad aggiudicarsi il Pulitzer
furono Bob Woodward e Carl
Bernstein con le loro inchieste
sul caso Watergate, uno scandalo
politico scoppiato nel 1972, che
portò alle dimissioni dell'allora
Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Nel 1979 -1980 il
giornalista e documentarista australiano John Pilger, il regista
David Munro e il fotografo Eric
Piper narrarono la dominazione
dei Khmer Rossi sulla popolazione cambogiana con vari articoli e due documentari televisivi (premiati col Un Media Peace Prize) che fecero scattare una
raccolta fondi in favore della
Cambogia. Con la fine degli
anni Ottanta ad aprire un nuovo capitolo nel giornalismo d’investigazione fu l’avvento del
computer e dei database elettronici: così nel 1988 il premio
Pulitzer Bill Dedman analizzò il
razzismo dei prestatori di mutui
coniando l’espressione “il colore dei soldi”. Nel 2004, durante la
guerra in Iraq, ancora Seymour
Hersh raccontò gli abusi inflitti
ai prigionieri iracheni dalle forze militari Usa nella prigione di
Abu Ghraib (peraltro le foto
scattate nel carcere delle atrocità aggirarono la censura governativa via Internet).
Il giornalismo d’investigazione, se ha una forte impronta
americano-inglese, non ha confini. Tuttavia dove la democrazia è debole corre rischi maggiori. Nel 1993 il giornalista
turco Uğur Mumcu – celebre
per le sue inchieste sul Partito
dei Lavoratori del Kurdistan, sui
rapporti tra Iran ed Hezbollah
curdi, e su Mehmet Ali Ağca,
l’attentatore di Giovanni Paolo
II – venne assassinato con una
bomba. Nel 1996 l’irlandese
Veronica Guerin fu uccisa per i
suoi articoli sugli spacciatori
di droga. La giornalista russa
Anna Politkovskaja si fece conoscere per i suoi coraggiosi reportage sulla Cecenia e sul conflitto russo-ceceno, nonché per
i suoi articoli sullo scarso rispetto dell'Esercito e del Governo russi per i diritti civili e lo
Stato di diritto.
75
“Sono una reietta”, scrisse una
volta di sé: nel 2006 dei sicari la
eliminarono in ascensore, mentre rincasava.
L’essenza del giornalismo investigativo è cercare di descrivere
quello che succede, e ciò che
qualcuno in genere non vuole
che si sappia, a chi non lo sa o
non può esserne a conoscenza.
Per farlo occorre stabilire innanzitutto i fatti, distinguendoli dai commenti: condizione necessaria eppure non sufficiente.
I fatti occorre non solo verificarli
In alto a sinistra
la commemorazione
per Ugur Mumcu,
il giornalista turco assassinato
per le sue inchieste
sul Partito dei Lavoratori
del Kurdistan.
A destra,
Veronica Guerin,
la giornalista irlandese
uccisa per i suoi articoli
sugli spacciatori di droga.
Premio BIAGIO AGNES
ma saperli mettere in relazione
tra loro. Le voci diffuse da una
fonte vanno incrociate con altre
fonti, quindi appropriatamente
elaborate. Si arriva alla fine del
percorso solo dopo aver consumato molti tacchi delle proprie
scarpe e molti fogli dei propri
taccuini. Si prenda il controverso caso di WikiLeaks, l'organizzazione internazionale che dal
2006 ha ricevuto in modo anonimo e poi pubblicato sul proprio
sito quantità industriali di documenti a vario titolo riservati o
anche segreti, soprattutto di provenienza governativa. Documentando per esempio aspetti
nascosti della guerra in Afghanistan e della guerra in Iraq
(come il video dell’uccisione di
due giornalisti della Reuters e di
molti civili da parte di elicotteri
americani nel luglio 2007). Oppure riguardanti i rapporti UsaPakistan. O la gestione del Campo di prigionia di Guantánamo,
uno dei casi più celebri venuti alla
conoscenza del grande pubblico
grazie a WikiLeaks. In ciascuna
di queste occasioni, però, la “verità” è diventata tale solo quando persone credibili o testate di
riconosciuta autorevolezza (il
britannico“Guardian” come l’americano “New York Times” o
come il tedesco “Der Spiegel”, per
citare solo tre testate internazionali) hanno certificato l'autenticità del materiale.
In alto, il campo di prigionia
di Guantanamo,
uno dei casi più celebri
venuti a conoscenza
grazie a WikiLeaks
[1]
http://projects.washingtonpost.com
/top-secret-america
Come contro esempio si possono citare due grandi casi di reporting investigativo. Dopo l’11
settembre, “e Washington
Post” ha avviato una complessa
inchiesta durata due anni (Top
Secret America) per mappare
l’apparato di sicurezza e l’universo segreto dispiegato su tutto il territorio degli Stati Uniti
dopo l’attacco alle torri gemelle,
inchiesta che ha coinvolto una
ventina di giornalisti e che è
oggi disponibile in rete1. Mentre
nel 2010 la Bbc e l’International
Consortium of Investigative Journalists in quasi un anno hanno ricostruito su scala mondiale la
piaga dell’industria dell’amianto.
Sono solo due tra i tanti possibili
esempi che dimostrano la vitalità di un genere di informazione
che si sta organizzando in modo
nuovo: aumentano anche in Europa i centri e le organizzazioni
indipendenti specializzate nel
giornalismo investigativo; e cresce la produzione di storie basate
su inchieste transnazionali.
Non è, dunque, l’estensione a dismisura di documenti senza con-
76
trollo che fa la notizia, ma il lavoro
meticoloso e approfondito di analisi dei documenti e delle testimonianze. Tale messa in guardia
è più che mai attuale. Il giornalismo investigativo soffre oggi a
causa di un duplice fattore di debolezza. Per una sorta di meccanismo della bilancia, più la carta stampata e i media audiovisivi sono finanziariamente dipendenti (da uno Stato come dalla
pubblicità) meno i giornalisti
hanno la possibilità di svolgere
inchieste su temi difficili o delicati. Detto in altre parole, i governi
e gli investitori pubblicitari amano poco il giornalismo d’inchiesta. D’altra parte, la moltiplicazione delle fonti disponibili online e la possibilità di ricorrere a
specifici software investigativi
che consentono di scandagliare
quasi automaticamente la Rete
spingono troppi a credere che si
possa sapere tutto e in un baleno.
è vero esattamente il contrario. La
qualità dell’informazione esige
tempo, un tempo molto spesso artigianale, insieme a un ampio
margine di libertà d'azione.
Premio BIAGIO AGNES
Tra inchiostro e pallottole,
uno sguardo che guarda lontano
di Paolo Graldi
L’Italia di quegli anni era tutta da
scoprire. Si presentava come
un’inquietante miscela di ambiti sfuggenti e misteriosi, occulti, temibili. Il dopoguerra aveva
lasciato segni difficili da cancellare: poteri forti e ramificati
stentavano o apertamente si opponevano all’evoluzione democratica del Paese, le imponenti
contrapposizioni politiche tra
destra, centro e sinistra creavano ramificate alleanze. C’era e si
poteva palpare una cortina di silenzi, omertà, complicità a largo
raggio. Alle spalle avevamo la
guerra e la voglia di ricostruire,
davanti rigurgiti di eversione
rossa e nera, retaggi di ideologie ancora radicate e temerarie.
Poi vennero gli Anni di Piombo.
Da piazza Fontana in poi per
vent’anni abbiamo convissuto
con fasce di violenza organizzata, determinata, con tassi di
altissima criminalità. Fino al
punto più alto che ha coinciso
con la lenta discesa verso la ritrovata normalità: il sequestro e
l’uccisione di Aldo Moro, lo
sconquasso della politica e dei
78
vecchi partiti fino, lentamente ai
nuovi e diversi acuti criminali,
con la stagione di Mani Pulite,
l’intreccio della corruzione e
della politica.
Nuotare tra le mille notizie e suggestioni di quel periodo ha contribuito a formare una classe
giornalistica chiamata dalla temperie del momento all’investigazione, all’analisi che utilizzasse i percorsi ufficiali e tuttavia
imparando ad allargare l’orizzonte della ricerca oltre quei
confini. Non bastava più la fonte della Procura, il magistrato
impegnato in difficili indagini
ma anche attratto dall’improvvisa notorietà che inchieste su
fatti clamorosi e densi di implicazioni portavano con sé,
l’investigatore che pensava di
utilizzare i giornali un po’ per
mettersi in luce, un po’ per vanità personale e magari pensando che certe notizie era bene
che si sapessero piuttosto che
tenerle chiuse in un rapporto.
Era evidente e necessario utilizzare con misura (a ciascuno il
suo mestiere!) e pur restando a
debita distanza per evitare strumentalizzazioni e impropri coinvolgimenti (è capitato a più
d’uno tentare questa pericolosa
scorciatoia) tutte le fonti ma
anche cercare di andare oltre,
uscire dai percorsi suggeriti o indicati per convenienza certamente ostile alla verità dei fatti,
spesso disegnati dalle utilità politiche dei potenti di turno, sempre infastiditi dal clamore di
certe iniziative giornalistiche.
Non è stato facile affrancarsi, e
con costante continuità, da un
complesso di situazioni, di ambiti e di servaggi. Da una parte le
fonti ufficiali, per quanto mascherate e dense di spifferi (in
certi uffici giudiziari le porte
erano sempre socchiuse) erano
indispensabili per orientarsi, per
assumere la prima grande mole
d’informazioni, la piattaforma
sulla quale impiantare le proprie
ricerche, allargando il più possibile il ventaglio dell’investigazione. Qualcuno ci temeva. Senza averne la consapevolezza piena eravamo talmente presi dalla passione da sottovalutare, e
non sempre per sola ingenuità,
rischi anche grossi. Ci pareva
che la penna e il giornale che
ospitava i nostri articoli (per
me, in quegli anni, il Corriere
della Sera) bastassero a difenderci dai rischi e dai pericoli
che, oggettivamente, comportava occuparsi di Brigate Rosse, di Prima Linea, di Nar e poi
anche di P2. Qualcuno, per i suoi
“non sono samurai invincibili”,
l’amico Walter Tobagi, si ritrovò
i killer ad aspettarlo sotto casa
con le armi pronte per freddarlo mentre accompagnava a scuola Benedetta, la figlioletta. Poi,
Alfonso Madeo ed io scoprimmo
dalle carte trovate in casa della
brigatista Anna Maria Petricola
dal giudice Ferdinando Imposimato che eravamo stati prescelti per lo stesso trattamento.
Qualcuno si portava in tasca la
pistola. In redazione la teneva nel
cassetto e uscendo se la infilava
nella cintura. “Non farlo”, mi
consigliò Gianni De Gennaro,
già allora considerato una eccellenza nella Polizia, al tempo di
Vincenzo Parisi, “se non sei di-
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sposto a sparare per primo non
tenere addosso quell’oggetto:
chi vuole colpirti ha un vantaggio incolmabile, vuole uccidderti e può farlo prima che tu ti
accorga delle sue intenzioni”.
è bastato l’inchiostro, le pallottole la sorte ce le ha risparmiate.
Cercavamo di capire qualcosa
che non si riusciva a capire:
poco ci aiutava a decifrare la
folle scelta della lotta armata,
della clandestinità, della prospettiva delirante di una guerra civile. Andavamo cercando di
Nella foto, a sinistra,
Aldo Moro e Walter Tobagi
entrambi vittime del terrorismo.
A destra
Ferdinando Imposimato,
il giudice istruttore
che si è occupato
dei più importanti
casi di terrorismo,
tra cui il rapimento
dello statista democristiano
e l’attentato
al papa Giovanni Paolo II.
Premio BIAGIO AGNES
comporre un quadro complessivo di una situazione incandescente, scandita ogni giorno da
fatti di sangue. Per mestiere, ma
anche per amicizia, non di rado
conoscevano da vicino le vittime:
Vittorio Occorsio, Mario Amato, il colonnello Varisco…
Eppure ogni giorno, in quella
martellante e sconvolgente stagione, componemmo nell’insieme
un mosaico di inchieste, di giornalismo investigativo che, pur
nell’affanno di rincorrere tanti
venti crudeli e insensati, contribuì
non poco, penso io, a formare
un’opinione pubblica consapevole che occorresse battere e abbattere quella stagione di sangue.
La passione. Eravamo instancabili.
Non c’erano telefonini come adesso. Si andava in cerca di fonti non
autorizzate “scarpinando”, consumando scarpe per raggiungere
anche marciapiedi lontani dove ci
aspettava qualcuno disposto ad
aggiungere un frammento, magari
insignificante, al nostro mosaico.
Vennero anche gli scoop. Squarci di luce su verità nascoste. Il caso
Pecorelli, massacrato nella sua
auto davanti alla redazione del suo
OP, settimanale vicino a servizi segreti deviati, pronto a qualsiasi
operazione su quelle pagine dense di ombre.
Ma cercavamo anche di capire le
trame della banda della Magliana,
in un lavoro spesso artigianale e
tuttavia instancabile di ricerca e
In alto,
Vittorio Occorsio, magistrato,
vittima del terrorismo
di estrema destra
negli anni di piombo,
ha partecipato al processo
per la Strage di Piazza Fontana
confronto di notizie: una storia
che puzzava di crimine, di droga
e però anche di complicità ad altissimo livello istituzionale.
Era indispensabile, per qualsiasi pista, leggere le carte. Meglio,
va confessato, se ancora coperte
dal segreto istruttorio: uno strumento flessibile come un elastico. Poteva valere una pesante incriminazione, e qualcuno come
Roberto Chiodi e Fabio Isman
hanno provato come si sta a Regina Coeli, oppure non lasciare
alcun segno. Il clamore di un’incriminazione del giornalista valeva troppo poco rispetto alla
portata della notizia rivelata.
Fu Umberto Improta a evitarmi il
carcere: gli ero simpatico, mi
chiamava “Paolino l’uragano” per
la mia furia di acchiappanotizie,
pubblicai la notizia dell’arresto di
Concutelli, il capo supremo di Ordine Nero, il killer del giudice Occorsio. Pier Luigi Vigna, sostituto procuratore a Firenze, autore di
una celebre istruttoria sull’eversione di estrema destra, s’infuriò
a morte con me: nel covo del killer, dov’era custodito un impres-
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sionante arsenale di armi micidiali, si era appostata la Digos,
aspettando eventuali complici.
Vigna era determinato, danno
all’indagine, Graldi va arrestato.
Improta, capo dell’allora Ufficio
Politico, lo placò, gli disse ch’ero
un bravo ragazzo, che me l’avrebbe fatta pagare ma il carcere no.
Negli anni ho poi stretto con entrambi una grande amicizia.
Non c’erano i telefonini e neanche
i computer. L’archivio era affidato agli scaffali dei nostri armadi,
in redazione, allora in via del
Parlamento, davanti a Montecitorio. Il maestro del ritaglio e
della archiviazione era Pier Luigi
Roesler Franz, che veniva da uno
studio di commercialisti. Sapeva
a memoria i numeri di tutti gli assegni del caso Lockeed: uscirono
sul Corriere pezzi memorabili,
con la sua firma e quella di Giampaolo Pansa, incaricato dal direttore Piero Ottone di “mettere in
italiano” quella massa spaventosa di cifre e di dati.
Il giornalismo d’inchiesta oggi si
fa poco: poco sulla carta stampata (Stella e Rizzo sono i massimi
esperti e campioni) e forse di più
sulla tv. Lo strumento della telecamera acchiappa sfumature che
la scrittura non possiede, anche la
più raffinata.
Sergio Zavoli, con la Notte della
Repubblica (io ero co-autore con
Piero Di Pasquale) ci ha letteralmente insegnato l’investigazione
giornalistica attraverso le interviste: cinquanta colloqui con altrettanti terroristi, detenuti o in semilibertà. Ogni colloquio era preceduto e preparato da un’imponente documentazione sul personaggio, un autentico dossier
che ne scandagliava tutti gli aspetti, umani, politici, ambientali, un
dossier che si traduceva in un “domandiere”, un insieme accuratissimo di domande basiche che
rappresentavano la prima grande
intelaiatura. Poi il faccia a faccia:
Zavoli faceva le domande io gli ero
a fianco e gli passavo foglietti dai
quali scaturivano altre domande
sulla base delle risposte appena
date. Zavoli interrompendosi davanti a Bonisoli (strage di via
Fani) che si era emozionato, interruppe il colloquio con un ama-
bile: “si calmi, si rilassi, non c’è fretta”: ripreso il colloquio lo riportò a quegli attimi del sequestro,
degli spari contro la scorta e a Bonisoli ricominciò a tremare il
mento, scosso dall’emozione di
quei tremendi ricordi. Un pezzo di
bravura da grande maestro. E lo
stesso fece Enzo Biagi quando
andammo a intervistare a Rebibbia Alì Agca, l’attentatore del Papa
Giovanni Paolo II: sa qualcosa di
Emanuela Orlandi gli chiese Biagi e il turco rispose, certo, so che
è viva. Fermammo le macchine:
era una clamorosa menzogna ma
imponeva di insistere. Biagi si informò con me del risvolto del caso
che naturalmente conosceva, ma
non nei dettagli. Lo strinse all’angolo con quelle sue domande
aperte, apparentemente mai ostili, mai inquisitorie. Domande di
sette parole, ripeteva spesso. In sette parole c’è tutto. E Agcà offrì allora il meglio della sua mente criminale.
Investigare costa. Ci vuole tempo.
Per questo il genere è un po’ decaduto. Non tutti possono permettersi il lusso di “staccare” un
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giornalista, per di più intelligente, curioso e dotato di buona
scrittura troppo a lungo.
Eppure questo giornalismo va
tenuto vivo e in vita: serve, fornisce una prova dell’insostituibilità
di una informazione approfondita, attendibile, coraggiosa, di denuncia nella maggior parte dei
casi ma anche di sorveglianza
per conto del lettore di una società
che si evolve, si trasforma e non
di rado in peggio, più in fretta della nostra capacità di accorgercene. Il giornalismo d’inchiesta ha lo
sguardo lungo, scrive a ciglio
asciutto e vede lontano.
Nella foto, a sinistra,
il manifesto della scomparsa
di Emanuela Orlandi,
la giovane 15enne,
figlia di un commesso
della Prefettura
della Casa Pontificia.
A destra
Alì Agca, il terrorista turco
che tentò di uccidere
il papa Giovanni Paolo II
Premio BIAGIO AGNES
Le inchieste scomparse
dalle pagine dei giornali ma finite sui libri
di Pierluigi Magnaschi
Si dice da più parti che il giornalismo di inchiesta sia morto
o in grande difficoltà. L’analisi
è, tutto sommato, condivisibile. Le cause di questo fatto
sono molteplici. Ma la prima è
che, in Italia, le inchieste giornalistiche si fanno ormai quasi solo con il taglia ed incolla.
Basta trovarsi il procuratore
di fiducia che l’inchiesta è già
fatta. Il giornalista non rischia
nulla e per di più, sia pure in
modo obliquo, dispone di mezzi di indagine che nessun giornalista da solo, mai disporrebbe: primo, per motivi economici. Quale giornale potrebbe
disporre di tanti uomini, dotati
di tanti mezzi, come ce ne ha un
pm? E poi, anche se potesse disporre di mezzi immensi, come
potrebbe, ad esempio, organizzare delle intercettazioni a danno delle persone o degli enti
che interessano alla sua inchiesta? Lo impediscono norme
precise ed univoche persino
della Costituzione (l’art. 15 infatti dice espressamente: “La libertà e la segretezza della cor-
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rispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”) e, ovviamente, anche
del codice penale.
Si è visto che fine ha fatto, ad
esempio, nel Regno Unito (un
paese nel quale le norme di legge si applicano senza se e senza
ma) l’onnipotente Rupert Murdoch. A causa di un, in fondo,
scarso numero di intercettazioni illegali realizzate da suoi giornalisti troppo disinvolti, il suo
immenso e temutissimo impero
mediatico internazionale, che
va dall’Australia agli Stati Uniti,
passando per l’Europa, ha rischiato di sciogliersi come neve
al sole. E la vicenda giornalistico-giudiziaria relativa al gruppo
Murdoch in Inghilterra, si è tutt’altro che chiusa.
C’è una inossidabile legge dell’economia di puntuale verifica
che dice che, se in un mercato
si immette una moneta che
vale, assieme ad una, indistinguibile dalla prima, che vale di
meno, alla fine sarà quest’ultima a prevalere. La legge di Gresham infatti dice che la mone-
ta cattiva scaccia quella buona.
Questa legge vale anche nel
giornalismo. Se, visitando l’ufficio di un procuratore, si può
attenere, grazie al furtivo scambio di una semplice chiavetta
elettronica, tutto ciò che si vuole, in ordine ad una certa indagine giudiziaria, è chiaro che la
moneta buona (rappresentata,
in questo caso, dalla fatica di andarsi a cercare da soli le informazioni) finisce per essere scacciata da quella cattiva, rappresentata dal giornalista che si fa
terminale o megafono di altri
poteri che, di fatto, agendo su di
lui, ne parassitano anche la sua
professionalità e deontologia.
Fuori dal campo giudiziario le
inchieste giornalistiche sono
pressocché scomparse. Un tempo si diceva che esse si erano
rarefatte perché i giornalisti
avevano perso l’abitudine di
“consumare le suole delle scarpe”. Non andavano infatti più in
giro a sentire la gente e preferivano stare in redazione a fare
o a ricevere le telefonate. Con
l’elettronicizzazione della pro-
fessione giornalistica, con la
moltiplicazione delle piattaforme tecnologiche di comunicazione, con l’estendersi delle banche dati, spesso imponenti e, altrettanto spesso, gratuite, questo
vizio della stanzialità redazionale dei giornalisti, si è ulteriormente
accresciuta, visto che tutto, oggi,
è a portata di mouse. L’affermarsi poi dei nuovi network sociali, uno per tutti, l’ultimo,
Twitter, diffondono l’abitudine
di restringere l’informazione
in un massimo di 140 caratteri, in una manciata di parole,
quindi. L’opposto esatto dell’inchiesta che significa invece
approfondimento e, in un certo modo, esaustività.
Da un certo punto di vista,
però, se le inchieste sono scomparse dalle pagine dei giornali,
esse non si sono perse definitivamente, ma sono andate a posarsi nelle pagine dei libri. Il fenomeno degli instant book,
sempre più diffuso come pratica giornalistica non episodica e
con libri sempre più graditi da
parte dei lettori, sono la dimo-
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strazione che, da una parte,
fra i giornalisti non si è persa la
voglia e la capacità dell’approfondimento e, dall’altra, esistono molti lettori che desiderano leggere questo tipo di informazione complessa, approfondita e corposa.
Nella foto a sinistra,
Rupert Murdoch, nel 1978 editore
del Sunday Times,
fu coinvolto nel caso dei famosi
falsi diari di Adolf Hitler.
A destra un dipinto
di Sir omas Gresham
fondatore della Legge
secondo cui la moneta cattiva
scaccia quella buona
Premio BIAGIO AGNES
Capri
personaggi e dimore
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Premio BIAGIO AGNES
EDWIN CERIO
Figlio di Ignazio, noto dottore dell’isola, studiò ingegneria e architettura e si laureò nel1898. Divenne ben
presto collaboratore di Krupp il quale lo fece lavorare in
Germania e in Sudamerica. A 45 anni, dopo il divorzio
dalla moglie Elena, decise di lasciare la professione di
ingegnere navale e di dedicarsi all’isola che tanto amava.
Iniziò a comprare terreni e case; ricevette, nel 1920, da
alcuni capresi la proposta di candidarsi a sindaco, accettò e così nello stesso anno divenne primo cittadino
caprese. Nell’arco del suo mandato (1920-23) tentò di
proteggere l’isola da alcuni costruttori milanesi che volevano modificarne l’aspetto architettonico. Uno dei
passi più importanti, fu l’organizzazione del convegno
per la difesa del paesaggio dell’isola.
Alla fine del convegno, Cerio creò una commissione per
il controllo delle costruzioni, al fine di combattere la fabbricazione di appartamenti troppo moderni per lo stile
del territorio. Negli ultimi anni della sua vita, Cerio aggiunse materiale per la collezione di Palazzo Cerio, fondato insieme al fratello in memoria del padre Ignazio.
Edwin Cerio rimane comunque l’unico scrittore locale
noto all’estero. è ricordato, da alcune testimonianze isolane, come un personaggio tenace ed intelligente, un
giorno allegro e disponibile e l’altro freddo e arrogante.
Fu anche un ottimo botanico, collezionista d’antichità e
uomo d’affari. Le sue opere assumono, qualunque campo
trattino, toni sarcastici, fatta eccezione de Capri nel Seicento (1934), ottimo libro contenente informazioni difficilmente reperibili altrove. Altre opere non di minore
importanza sono: L’ora di Capri (1950), L’aria di Capri
e Flora privata di Capri (1939).
Capri, 1875 - 1960
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Premio BIAGIO AGNES
KARL WILHELM DIEFENBACH
Il pittore tedesco arrivò a Capri nei primi anni del Novecento per sfuggire agli attacchi della stampa e al bigottismo borghese dell’epoca. Prima di raggiungere
l’isola, considerato uno dei luoghi ideali per gli artisti,
Diefenbach raggiunse prima il Lago di Garda, la città
de Il Cairo in Egitto ed in fine Trieste.
A Capri Diefenbach trovò nei paesaggi a picco sul mare,
nei dirupi e negli scorci naturalistici la giusta ispirazione per le sue opere che esponeva nell’atelier a ridosso della Piazzetta di Capri.
Karl Wilhelm Diefenbach seguiva i principi della Teosofia e predicava il ritorno a una vita semplice, a contatto con la natura: i suoi capelli erano lunghi e
camminava sempre a piedi scalzi e vestiva con un saio
bianco, anche durante i mesi più rigidi.
Le opere del pittore tedesco spesso sono di notevoli dimensioni e prevedono anche l’utilizzo di materiali e tecniche particolari per la pittura dell’epoca.
Dal 1975 i quadri di Karl Wilhelm Diefenbach sono custoditi nelle sale della Certosa di San Giacomo.
Hadamar 1851 - Capri, 1913
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Premio BIAGIO AGNES
NORMAN DOUGLAS
Nasce in Austria nel 1868, da una nobile famiglia
austriaca, proprietaria di diversi cotonifici. Pur essendo di madrelingua tedesca, apprese molto presto
l’inglese come seconda lingua. Dopo una poco felice
esperienza in una scuola di Uppingham, frequentò il
ginnasio a Karlsruhe, dove apprese l’italiano, la letteratura classica e il pianoforte.
Giunse a Capri per la prima volta nel 1888 insieme
al fratello. Ritornato in Germania, lasciò il ginnasio
nel 1889. Avendo a disposizione un buon capitale finanziario decise di intraprendere la carriera diplomatica, ma con poca fortuna e abbandonò l’idea.
Iniziò a visitare Capri da solo e per brevi periodi. Si
stabilì sull’isola definitivamente solo nell’autunno
del 1903, alloggiando inizialmente in Villa San Michele, di proprietà del principe Caracciolo. Nel 1904
pubblicò due monografie: sulla Grotta Azzurra e
sulla situazione forestale dell’isola.
In seguito, nel luglio del 1906, la sua composizione
si arricchì di altre quattro opere, inerenti la letteratura caprese, Tiberio, i Saraceni e i Corsari.
Ebbe molto a cuore tutte le piccole curiosità dell’isola, tanto da voler creare monografie per ogni
campo, ma si accorse ben presto di essere poco seguito. Tentò più volte di crearsi una propria casa
editrice, ma nessun tentativo ebbe esito positivo.
Fu in viaggio per vari anni, recandosi prima in Calabria e poi in Tunisia. Tornato a Capri in pessime
condizioni economiche, pubblicò l’opera Siren Land
in versione ridotta.
uringen, 1868 - Capri, 1952
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Furono infatti, tagliati ben sette dei venti capitoli
iniziali e gli altri figuravano solo come adattamenti
alle sue vecchie monografie. Neanche in questo
modo riuscì ad ottenere fondi per la costruzione
della sua villa e quindi fu costretto a venderla.
Nel 1912 abbandonò l’isola per far ritorno a Londra. A Capri gli rimaneva ancora una piccola villa
che però vendette poco prima dello scoppio della
guerra. Fece ritorno sull’isola nel 1914 e strinse
rapporti di amicizia con i coniugi Mackenzie. Durante la guerra scrisse l’opera di maggiore importanza South Wind contenente molti elementi di
filosofia personale. Iniziato a Londra, il racconto fu
continuato da Douglas a Capri presso Villa Behering, dove fu aiutato nella battitura da Faith Mackenzie. Decise però di terminare il racconto nella
sua Londra.
Nel 1916 il libro fu pubblicato e Douglas ricevette
il meritato successo, ma nel 1917 fu imprigionato e
sottoposto a ben quattro udienze. Riuscito a lasciare
Londra si rifugiò a Firenze e pubblicò la sua opera.
Nel 1946 decise di stabilirsi definitivamente a Capri.
Appena giunto ricevette da Cerio una piccola dimora in località Unghia Marina, ma soprattutto la
cittadinanza onoraria di Capri. Attraversò momenti
di difficoltà economica, ma tutto si risolse ben presto e Douglas visse gli ultimi anni della sua vita in
modo agiato. La vista di alcuni splendidi paesaggi
dell’isola lo ispirarono nella stesura de Footnote on
Capri un saggio sull’isola.
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Premio BIAGIO AGNES
CAMILLE DU LOCLE
Librettista, regista teatrale e direttore della prestigiosa Opera Comique di Parigi dal 1870 al 1874, il
francese Camille Du Locle è stato uno dei primi personaggi illustri di Capri.
Il suo nome è conosciuto al grande pubblico per aver
scritto insieme a Joseph François Méry il libretto del
Don Carlos, opera in cinque atti tratta dalla tragedia
di Friedrich Schiller e soprattutto per aver portato
all’attenzione di Giuseppe Verdi il celebre soggetto
di Aida.
Nel 1876, Du Locle decise di trasferirsi a Capri e di
costruire Villa Certosella, oggi lussuoso albergo situato lungo la passeggiata di Via Tragara. Gli isolani
erano soliti chiamarlo "u’ francesiello", probabilmente a causa della sua bassa statura.
Alla sua morte, nel 1903, fu seppellito nel Cimitero
Acattolico dell’isola.
Capri, 1875 - 1960
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Premio BIAGIO AGNES
JACQUES D'ADELSWARD FERSEN
Nacque a Parigi nel 1880, da una famiglia proprietaria di importanti acciaierie a Longwy, in Lorena e discendente dal nobile casato svedese dei Fersen. Fu
avviato agli studi nei migliori collegi di Parigi e nel
1897, all’età di diciotto anni, partì alla volta dell’Italia
e giunse a Napoli. Qui conobbe il visconte francese
Robert de Turnel, poeta dilettante, con il quale si rese
conto di avere più di un’affinità e con cui si recò in
gita a Capri. Fu questo il primo rapido approccio che
Fersen ebbe con l’Isola del suo destino.
Nel 1898 fece ritorno a Parigi, dove ebbe inizio la
sua attività letteraria. Agli inizi del Novecento partì
per il servizio militare. Concesso un periodo di licenza per problemi di salute, ne approfittò per andare a Capri.
Terminato il servizio militare, Jacques riprese, la sua produzione artistica. La mattina del 10 luglio 1903, fu arrestato con l’accusa d'oltraggio alla morale e corruzione di
minorenni e condannato a sei mesi di reclusione.
Rimesso in libertà e perduto ormai l’amore della sua
giovane amante, decise di abbandonare tutto e fuggire alla ricerca di un posto dove poter ricominciare
a vivere.
Fu così che nel 1904 sbarcò a Capri per la terza volta,
prendendo in affitto villa La Certosella a via Tragara.
Ritenendo però Tragara troppo piena di turisti e
troppo vicina al paese, decise di costruirsi una villa
su una rupe a picco sul mare. Acquistò dunque il
suolo sotto la villa di Tiberio dalla famiglia Salvia per
costruire il suo eremo incantato.
Parigi, 1880 - Capri, 1923
94
Nel luglio del 1905 terminarono i lavori della villa che,
chiamata in un primo momento “La Gloriette”, prese
poi il nome di “Villa Lysis”, in onore di Liside, discepolo
di Socrate, ricordato in un celebre dialogo di Platone.
In questo periodo scrisse quello che sarà il primo romanzo ambientato a Capri, dal titolo Et le feu s’èteignit sur le mer…, dove si divertì a sparlare un po’ di
tutti, rendendo peraltro facilmente riconoscibili gli
isolani e i residenti stranieri. Per questo motivo attirò
su di sé molte antipatie, perdendo gran parte della benevolenza che aveva accumulato dagli isolani. Nel
1910 fu costretto a lasciare l’isola per aver voluto rievocare il sacrificio di Hypatus, il favorito di Tiberio,
nella grotta di Matermania, causando l’intervento dei
carabinieri. Fersen si recò così dapprima a Napoli
dalla sorella, poi intraprese un lungo viaggio in giro
per il mondo insieme all’amico Nino.
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Premio BIAGIO AGNES
GRACIE FIELD
Nata a Stansfield nel 1898, cominciò sin da piccola a
evidenziare le sue doti canore. La sua vita fu sempre
all’insegna dell’arte e del lavoro: dapprima cantante e
poi, in seguito, imitatrice e ballerina; il tutto lavorando, contemporaneamente, in un cotonificio, in
modo da aiutare economicamente la propria famiglia.
L’ebreo Archie Pitt, suo futuro marito, le permise di
fare un salto di qualità affidandole il ruolo di protagonista nella rivista "Mr. Tower of London". La rivista andò in scena per sette anni e permise a Gracie di
diventare la regina del music-hall inglese.
Il rapporto tra i due fu molto agitato, soprattutto a
causa dei continui tradimenti di lui. Fu così che la
donna si innamorò del pittore irlandese John Flanagan con il quale, in seguito alla lettura del romanzo
South Wind, visitò per la prima volta Capri nel 1927.
Da quel dì i soggiorni nell’isola azzurra presso la villa
del Marchese Patrizi, furono frequenti e intensi, tanto
che, quando nel 1933 la villa fu messa in vendita, la
acquistò senza indugio.
Ben presto anche l’amore con l’irlandese finì. Gracie
passò al cinema, esordendo con “Sally in Our Alley”.
Negli ambienti del jet set conobbe il regista Monty
Banks (al secolo Mario Bianchi) che fu per lei un compagno dolce e affettuoso. Fu proprio Banks che, nel
1936, ebbe l’idea di trasformare l’ex Fortino appartenuto allo scopritore del siero antidifterico Emil von
Behring, in un complesso turistico. Tale attività legò
sempre più Gracie a Capri.
Vennero i periodi difficili del primo conflitto mondiale. Nonostante le difficoltà, fu proprio grazie alla
Stansfield, 1898 – Capri 1979
96
donna che molti camerieri e portuali riuscirono a trovare lavoro. Con l’aggravarsi del conflitto i lavori per
la costruzione dello stabilimento furono sospesi a
causa della mancanza di manodopera. Gracie fu costretta a ritornare insieme a Banks negli Stati Uniti,
cosa che le costò profonde critiche da parte del popolo britannico.
Dopo la fine della guerra, Gracie ritornò a Capri dove
riprese i lavori che, sotto la guida dell’architetto Talamona avrebbero dato vita al primo complesso balneare con piscina di Capri: “La Canzone del mare”.
Dopo la morte prematura di Banks, la donna si unì, con
rito cattolico a Boris Alperovic, un ebreo russo della Bessarabbia, con la quale gestì fino al 1976, nonostante le
profonde incomprensioni, “la Canzone del Mare”.
Gracie chiuse gli occhi nel settembre del 1979. Le sue
spoglie riposano in pace in un loculo all’entrata del cimitero di Capri, donato dalla famiglia Cerio, alla
quale la donna fu sempre fortemente legata.
95
Premio BIAGIO AGNES
MAKSIM GORKIJ
La sua infanzia non è delle più felici: rimane dapprima
orfano di padre e, in seguito, la madre lo abbandona,
una volta risposatasi. Costretto a lavorare fin da bambino, vive tra i diseredati e gli scaricatori del Volga,
per poi concedersi una vita agiata fino alla morte,
giunta il 18 giugno 1936, tre anni dopo l’assassinio del
figlio.
Nel 1906 Gorkij si trasferisce a Capri, accompagnato
dall’attrice Andrejeva. I due provenivano dagli Stati
Uniti, dove aveva avuto problemi per la loro unione non
ufficiale. Lo scrittore risiede inizialmente presso "Villa
Blaesus", di proprietà di Ettore Settanni; dimora che,
nel 1908, ospiterà anche Lenin.
Nel 1909 Gorkij si trasferisce nella più spaziosa "Villa
Behering", spinto soprattutto dalla necessità di ospitare
gli allievi e i professori della "Scuola rivoluzionaria". La
villa fu anche per lo scrittore fonte d’ispirazione per la
creazione di romanzi e drammi. Nel 1911, sentendosi
come rinchiuso, cambia ancora dimora, andando a vivere presso "Villa Pierina", elegante costruzione posta
sul versante meridionale dell’isola, in Via Mulo. Anche
in questo caso Gorkij creò all’interno della sua abitazione un centro di accoglienza per gli esuli russi, tra i
quali: Ivan Budin e Leonid Andreev.
Nel 1913 con la fine del suo esilio, voluto dal governo
imperiale, Gorkij lascia l’isola e fa ritorno in Russia.
Durante il suo soggiorno a Capri scrisse, tra l’altro, i
romanzi: Estate, Confessione, La cittadina di Okurov,
La spia, e La madre che ultimò e pubblicò sull’isola
nel 1908.
Nižnij Novgorod, 1868
Mosca, 1936
100
GRAHAM GREENE
Scrittore e drammaturgo inglese, per un periodo
anche agente segreto in Sierra Leone, Graham Greene
affrontò diversi generi letterari.
Molto impegnato sui temi religiosi e sulla politica internazionale, si dedicò fin da giovane alla scrittura e
riuscì a condurre una vita particolarmente agiata grazie ai successi ottenuti con i suoi romanzi di maggior
successo: Un americano tranquillo, La rocca di Brighton, Il nocciolo della questione e Il nostro agente all'Avana.
Graham Greene amava viaggiare e scoprire nuovi luoghi capaci di stimolarlo nella scrittura dei suoi romanzi. Fu così che negli anni Quaranta arrivò a Capri
e soggiornò per lunghi periodi a “Villa Il Rosaio”, la
splendida casa di Via Ceselle ad Anacapri acquistata
nel 1911 da Edwin Cerio.
99
Berkhampsted, 1904
Corsier-sur-Vevey, 1991
Premio BIAGIO AGNES
FRIEDRICH ALFRED KRUPP
Il magnate dell’industria pesante tedesca, soprannominato “il re dei cannoni”, è legato all’Isola di Capri.
La sua passione per la biologia marina lo spinse fino a
all’isola dove non comprò mai una propria residenza ma
soggiornò per diversi anni nelle suite del Grand Hotel
Quisisana. Il terreno che aveva acquistato per una futura costruzione confinava con la Certosa di San Giacomo e, dopo il secondo conflitto mondiale, fu
trasformato nei Giardini di Augusto, un parco pubblico
ricco di soleggiate terrazze.
Durante i primi anni del ‘900 Krupp collaborò con la
Stazione Zoologica di Napoli per effettuare ricerche
biologiche marine a bordo della sua imbarcazione privata, il “Puritain”, e fece costruire Via Krupp, la panoramica strada che dal centro storico di Capri scende
fino a Marina Piccola.
Inaugurata nel 1902 fu progettata dall’ingegnere napoletano Emilio Mayer, direttore dell’ufficio tecnico del
Comune di Capri. La strada è stata riaperta al pubblico
nel 2008, dopo un lungo restauro per renderla sicura
dalla caduta massi.
Purtroppo Friedrich Alfred Krupp fu investito da uno
scandalo sulla sua presunta omosessualità che ebbe una
forte eco anche in Germania. Fu espulso dall’Italia e morì
nella sua villa di Essen ufficialmente per un malore ma
molti sostengono che si sia suicidato.
Essen, 1854 - 1902
102
Premio BIAGIO AGNES
COMPTON MACKENZIE
Nasce in Scozia nel 1883. Anche nel suo caso l’incontro-scoperta con l’isola di Capri è casuale: trovandosi a
New York, osserva per caso alcune stampe della Terra
delle Sirene e ne rimane incantato, tanto da decidere,
nel 1913, di trasferirsi sull’isola per ammirare tutte le
bellezze locali.
Il suo soggiorno sull’isola durò circa dieci anni e fu
sempre accompagnato dalla moglie Faith; nonostante
ciò, la sua vita matrimoniale fu molto movimentata,
tanto da sposarsi per ben tre volte. Nel 1952 ricevette
dalla regina Elisabetta la nomina di Sir.
Autore molto prolisso, è ricordato per aver scritto circa
cento opere, due delle quali ambientate a Capri: Vestal
Fire e Extraordinary Women, nelle quali riesce a raccontare, con tono dolce e arguto, tutti i modi di vivere
della popolazione isolana di quegli anni.
Muore a Edimburgo nel 1972.
A Capri Mackenzie arriva nel 1913, stabilendosi, inizialmente, all’Hotel Faraglioni. Appena giunto sull’isola
stringe rapporti di amicizia con Gorkij, che però nell’aprile dello stesso anno lascia l’isola.
In seguito prende in affitto, da William Andrews, “Villa
La Caterola” e durante la permanenza riceve, prima da
Munthe, poi da Cerio, la proposta di prendere in affitto
ville di loro proprietà. In comune accordo con la moglie decide di accettare la proposta di Cerio e si trasferisce presso “Villa La Solitaria” (1914).
In questo periodo i coniugi attraversano un periodo di
totale esaurimento, che risolvono grazie all’aiuto di
Munthe, che li convince a rinunciare al matrimonio per
West Hartlepool, 1883
Edimburgo, 1972
104
stringere un patto di amicizia.
Una volta ripresosi, lo scrittore decise di realizzare la
sua idea di costruire una villa dietro l’approdo di Ventroso (località adiacente alla vallata di Cetrella).
Iniziò i lavori facendo scavare una piccola cisterna, ma
appena completato il rivestimento, il tutto fu distrutto
dalla caduta di un enorme masso staccatosi da Monte
Solaro. Decise allora di comprare un piccolo villino
nella piana di Cetrella, nel quale organizzava i suoi incontri galanti con giovani ragazzi isolani.
Nel 1918, grazie all’arrivo a Capri di una consorteria di
lesbiche, Mackenzie trovò l’ispirazione per scrivere Extraordinary Women.
Nel 1920 lo scrittore inizia ad avvertire una certa insofferenza per la vita sull’isola. Un primo passo di
quieto distacco si ha con la stipulazione di un contratto
di affitto in due piccole isole della Manica. I suoi soggiorni a Capri sono sempre più rari.
Nel 1923, costretto dalla precaria situazione finanziaria, vende un’isola della Manica e ritorna a Capri in
compagnia di Faith. In questa visita ha il piacere di osservare che i lavori a Cetrella vanno avanti.
Nel 1924, Faith abbandonata la “Solitaria”, vende “La
Cetrella” a Cerio e, un anno dopo, raggiunge Campton
in Inghilterra.
Oggi nella vallata sono ancora presenti, accanto ai
resti della casa distrutta dal tempo, i due pini che
Mackenzie volle piantare e una lapide di marmo che
ricorda i proprietari della villa, ormai devota al silenzio e alla solitudine.
103
Premio BIAGIO AGNES
CURZIO MALAPARTE
Uno dei personaggi più singolari del panorama caprese fu
Curzio Malaparte: il mito dell’eterna giovinezza narcisista.
Pelle liscia, nutrita sapientemente con olii e lozioni; capelli
scurissimi e sempre lucidi: sguardo intenso, reso quasi crudele dalle arcate sopraccigliari ben disegnate e ordinate.
Malaparte era gelido, indifferente agli altri e al sole. Passava
le sue giornate pedalando, spesso totalmente nudo, sul tetto
della sua abitazione, spesso fino a stordirsi.
Un luogo evitato dagli altri ospiti della casa, a causa delle
forti vertigini che il bagliore del sole causava.
Fu sempre un personaggio inquieto, controcorrente e imprevedibile. Prima fascista, poi antifascista, tanto da essere
mandato al confine da Mussolini. In seguito seguì gli alleati.
Il suo amore per Capri iniziò nel 1936 quando, recatosi a
far visita all’amico Axel Munthe, ne rimase entusiasta.
Grazie all’interessamento dell’amico Galeazzo Ciano, acquistò da un isolano, un pezzo di terra a picco sul mare, in
una posizione impervia e selvaggia, a pochi passi dai faraglioni. Fu lui stesso a progettare quella che, in seguito, fu
considerata un capolavoro del Razionalismo italiano. La
villa, battezzata dallo scrittore “Casa come me” è costituita
da un grande salone, sulle cui pareti si aprono quattro
grandi finestroni, costruiti in modo da offrire in ognuno un
panorama diverso.
Morì appena prima di compiere sessant’anni in seguito ad
un lungo viaggio in Cina (dove conobbe anche Mao), durante il quale contrasse una grave malattia. Passò gli ultimi
giorni della sua esistenza asserragliato da commenti di ogni
genere. Prima di morire aveva chiesto i conforti della fede
cattolica. La sua abitazione fu lasciata in eredità ai cinesi ma
i suoi parenti impugnarono il testamento.
Oggi la casa non è più visitabile.
Prato, 1898 - Roma, 1957
106
THOMAS MANN
Figura di grande rilievo della letteratura del XIX secolo.
Nel 1895 abbandona il suo precedente lavoro e decide di
dedicare tutti i suoi sforzi alla grande passione di sempre,
la scrittura. Solo dopo pochi anni inizia la stesura de I
Buddenbrook, un capolavoro pubblicato nel 1901 che racconta l'ascesa e la caduta, attraverso diverse generazioni,
di una ricca famiglia di mercanti di Lubecca.
Nel 1929 è insignito del Premio Nobel ma nel 1933 decide di non rientrare più in Germania a causa dell'ascesa
al potere del Partito Nazista.
Dalla Svizzera si trasferì negli Stati Uniti, a Los Angeles e
non tornò più in Germania anche se al termine della Seconda Guerra Mondiale fu indicato come possibile Presidente della Repubblica.
La figlia dello scrittore, Monika Mann, arrivò a Capri nel
1953 e trascorse un periodo molto lungo nella panoramica “Villa Monacone”, una casa bianca con vista sui Faraglioni, insieme al pescatore Antonio Spadaro.
105
Lubecca, 1875 - Zurigo, 1955
Premio BIAGIO AGNES
AXEL MUNTHE
Studiò medicina prima a Uppsala e poi a Parigi dove si
laureò, alla giovane età di 23 anni, in ginecologia ed
ostetricia nel 1880. Fu allievo del celebre alienista
Charcot presso la Salpêtrière e l’Hôtel-Dieu e ben presto cominciò a interessarsi alle malattie generiche.
Apertosi uno studio personale nella capitale francese,
divenne ben presto il medico della numerosa colonia
di artisti scandinavi.
Alla medicina dedicò gran parte della sua vita: fu un
clinico di valore, dotato di un eccezionale ascendente
sui suoi pazienti. Medico di molti personaggi importanti, non disdegnò di offrire il suo aiuto a nessuno.
Fu proprio in seguito alla grave epidemia partenopea
del 1884 che giunse per la prima volta ad Anacapri,
dove decise di stabilirsi definitivamente nel 1887 e di
esercitare la professione di medico condotto.
Non appena arrivò sull’isola, Munthe si innamorò di
alcune rovine di una piccola cappella medioevale dedicata a San Michele, circondata da un gran vigneto
che celava i resti di una villa romana tant’è vero che,
durante gli intensi lavori di costruzione, furono portati
alla luce numerosi reperti archeologici.
Per realizzare lo splendido giardino, Munthe acquistò
tutta la montagna costruendo cisterne per raccogliere
l’acqua piovana da utilizzare per l’irrigazione.
Concepì egli stesso la villa e seguì i lavori personalmente. Era sempre più viva, nella sua mente, l’idea di
un’abitazione “...la mia casa deve essere aperta al sole,
al vento, alla luce del mare come un tempio greco e luce,
luce, luce ovunque”.
Purtroppo lo svedese non poté godersi la sua creatura
fino in fondo: dai primi anni del ‘900 cominciò a per-
Oskarshamn, 1857
Stoccolma, 1949
108
dere la vista e fu costretto a lasciare San Michele, dove
la luce era troppo forte, per trasferirsi alla più ombrosa
Torre Materita.
Munthe fu anche un cultore dell’arte, un filantropo e
un grande amante degli animali. Al fine di proteggere
gli stormi di uccelli migratori che periodicamente attraversavano i cieli dell’isola, decise di acquistare il terreno del Monte Barbarossa, per di offrire ai volatili una
area protetta. Oggi tale zona fa parte di una splendida
riserva naturale.
Scrisse anche numerosi libri ma il più importante fu
La Storia di San Michele nel quale Munthe descrive,
spesso con molta fantasia, la storia della sua vita, in
molti versi legata alla dimora anacaprese.
Il libro fu pubblicato per la prima volta in inglese nel
1929, quando Munthe aveva oltre settant’anni, su consiglio di Henry James. Da allora il libro non ha mai
smesso di esercitare il suo fascino magico, tanto da essere tradotto in innumerevoli lingue e diventare uno
dei libri più letti.
Nel giugno del 1943 Munthe, con il peggiorare della salute, lasciò per sempre Anacapri, per trascorrere il resto
della sua vita a Stoccolma, presso Re Gustavo. Prima della
sua morte firmò un testamento nel quale donava Villa San
Michele e tutti i suoi averi allo stato svedese. Si spense
l’11 febbraio 1949 all’età di 92 anni.
Oggi la villa è gestita dalla “Fondazione San Michele” e
parte di essa è stata adibita a museo, con i proventi vengono finanziate le opere di manutenzione e le numerose
iniziative culturali organizzate dalla Fondazione.
107
Premio BIAGIO AGNES
PABLO NERUDA
Pablo Neruda non è stato solo un grande nome della
letteratura internazionale ma anche un personaggio
che ha rivestito importanti incarichi politici e diplomatici. Legato al partito comunista cileno ed eletto
come senatore nel 1945, Pablo Neruda accusò pubblicamente il presidente Gabriel Gonzalez Videla dei
soprusi attuati nei confronti della popolazione.
Videla ordinò l’arresto di Neruda che lasciò la sua
patria per un lungo esilio.
Nel 1953 - lo stesso anno in cui fu insignito del Premio Stalin - il poeta cileno arrivò a Capri e fu ospitato da Edwin Cerio nella splendida “Casa di Arturo”,
una villa situata lungo via Tragara che affaccia sulla
baia di Marina Piccola.
Durante la permanenza a Capri lavorò alle sue composizioni e pubblicò I versi del Capitano, una raccolta di poesie d’amore.
Nel 1971 Pablo Neruda ricevette il Premio Nobel per
la letteratura.
Parral, 1904 - Santiago, 1973
110
Premio BIAGIO AGNES
TIBERIO
Fin dai primi anni della sua giovinezza dimostrò di essere una persona timida e riservata ma, allo stesso
tempo, onesta e dotata di grandi capacità militari.
Quando succedette all’imperatore Augusto aveva cinquantacinque anni. Governò con saggezza, rifiutando
i fasti e le falsità dei salotti dell’Urbe; ragione che lo
spinse, nel 16 d.C., a lasciare la capitale per trasferirsi
a Capri, suo possedimento privato.
Tiberio fece dell’Isola azzurra una degna residenza
imperiale, costruendovi ben dodici ville, ognuna dedicata ad una divinità. Alla più sontuosa diede il nome
di “Villa Jovis”.
Quest’ultima era situata in uno dei luoghi più inaccessibili dell’Isola, in cima al Monte Tiberio, sulla
sommità della parte orientale dell’isola, e circondata
da una folta vegetazione. I numerosi livelli in cui era
divisa erano collegati tra loro da grandi scale di
marmo. Nella parte più alta sorgeva l’Ambulatio, la
loggia dalla quale Tiberio aveva sotto controllo l’intero golfo di Napoli. Pur avendo lì la sua dimora,
continuò a occuparsi dell’impero mantenendo, grazie ad un sistema di fari e di messaggeri, i contatti
con Roma.
Durante il suo soggiorno caprese Tiberio attenuò una
crisi finanziaria istituendo un “Fondo di Prestito”, ridusse la spesa pubblica per le opere edilizie e per il
mantenimento della corte riuscendo anche a eliminare l’impopolare tassa sulle vendite.
Altrettanto vasta è la letteratura sul comportamento
sessuale e vizioso. Dopo una lunga esistenza controllata, si abbandonò nel piacevole ambiente offertogli
Roma, 42 a.C. – Miseno, 37 a.C.
112
dalla sua isola privata. La maggior parte di queste vicende è raccontata da Svetonio nel paragrafo dedicato
a Tiberio de Vite dei dodici Cesari.
In questo capitolo lo storico afferma che le turpitudini dell’Imperatore “si osa a malapena descriverle o
sentirle esporre”.
A difesa di Tiberio, però, nessuno di questi particolari scandalistici è stato confermato dagli storici del
primo secolo, segno che, forse, Tacito e Svetonio ne
fecero un ritratto così crudele perché, per inclinazione politica, erano più vicini al partito senatoriale e
quindi ostili verso la sua figura.
Sappiamo invece per certo che a Capri Tiberio si circondò di uomini di studio, di letterati, di artisti e di
astrologi. Lo stesso Svetonio ammette che l’Imperatore era appassionato cultore di letteratura e di filosofia, che scriveva versi in greco e che possedeva una
ricca biblioteca.
Alla sua morte, avvenuta nel marzo del 37 a.C., Tiberio lasciò un paese in pace e un impero ancor più forte
e unito.
111
Premio BIAGIO AGNES
Ansa:
fatti e immagini
dell’anno
115
Premio BIAGIO AGNES
Maggio
2011
BEATIFICAZIONE DI PAPA
GIOVANNI PAOLO II
Fedeli, di tutto il mondo, riuniti in
Piazza San Pietro per assistere:
alla Cerimonia di Beatificazione
del Santo Padre e alla successiva
venerazione delle spoglie del
nuovo Beato.
116
Giugno
2011
TRICOLORE DA RECORD
Modena entra nel Guinness
Word Record per una bandiera
lunga 1797 metri. Il serpentone
verde, bianco e rosso retto da
quasi 2000 volontari colora le vie
principali della città.
UNITÀ D'ITALIA A ROMA
Nella Capitale per i 150 anni
eventi solenni, mostre e manifestazioni culturali. Nelle strade gli
italiani partecipano sfoggiando
fieri il tricolore.
Luglio
Agosto
MONDIALI DI SHANGHAI:
ORO DELLA PELLEGRINI
ESPLOSIONE DI CISTERNE
IN PAKISTAN
2011
La nuotatrice azzurra è la prima
donna italiana ad aver vinto due
medaglie d’oro nel nuoto ai Giochi
Olimpici.
2011
Nella città di Quetta bruciano i
rifornimenti destinati alle
truppe NATO in missione in
Afghanistan.
118
WOODY ALLEN A ROMA PER
IL SUO NUOVO FILM
Un momento di pausa durante le
riprese di "To Rome with Love",
con Roberto Benigni e il regista
americano.
Settembre
2011
RITMICA: LE AZZURRE
CAMPIONESSE DEL MONDO
La Nazionale italiana conquista il
terzo titolo mondiale consecutivo,
dopo i successi del 2009 e del
2010, precedendo Russia e Bulgaria. A Montpellier, le farfalle azzurre trionfano e volano, ancora
una volta, sul tetto del mondo aggiudicandosi anche il punteggio più
alto della competizione nell’esercizio ai tre nastri e due cerchi.
GIORNATA INTERNAZIONALE
DELL’ALFABETIZZAZIONE
Quest’anno il tema scelto dall’Onu: “L’istruzione femminile, riconosciuta come un diritto madre
necessario per rendere autonome,
libere e pronte a sviluppare la propria personalità tutte le donne del
mondo”. Perché ogni donna alfabetizzata segna una vittoria contro
la povertà.
120
Ottobre
2011
CELEBRAZIONI
IN AFGHANISTAN
Inaugurate due stazioni destinate
alle forze di polizia nazionali finanziate dal PRT. Il team italiano impegnato nella ricostruzione della
provincia afghana.
SESTO ORO MONDIALE
PER VALENTINA VEZZALI
La schermitrice jesina batte la campionessa uscente, Elisa Di Francisca,
sua concittadina, nel torneo individuale di fioretto femminile ai Mondiali di Catania e conquista così il
suo sesto titolo in carriera dopo
quelli di Seul 1999, Nimes 2001,
l’Havana 2003, Lipsia 2005 e San
Pietroburgo 2007.
Premio BIAGIO AGNES
Novembre
2011
PASSAGGIO DI CONSEGNE
TRA SILVIO BERLUSCONI
E MARIO MONTI
Stretta di mano e augurio di buon
lavoro tra i due Presidenti durante il
rito della consegna della campanella
che dà inizio alle riunioni del Consiglio dei Ministri.
122
Dicembre
2011
SCIARPA DELLA ROMA
AD HONOREM PER LA CANCELLIERI
Il ministro dell'Interno, Anna Maria
Cancellieri, riceve dal presidente, della
commissione Giustizia, Filippo Berselli,
una sciarpa della Roma, al termine
dell'incontro con le donne impegnate
nelle forze dell'ordine.
123
Gennaio
2012
LA COSTA CONCORDIA
INCLINATA AL LARGO
DELL'ISOLA DEL GIGLIO
Il gigante d'acciaio, adagiato sugli scogli tra punta Lazzaretto e Gabbianara,
si è trasformato in icona involontaria
di un'isola, il Giglio, divenuta famosa in
tutto il mondo.
124
Febbraio
2012
NAOMI CAMPBELL AL MILANO
FASHIONWEEK
Dopo un lungo periodo di assenza dalle passerelle Naomi
Campbell torna a sfilare per lo
stilista Roberto Cavalli durante
la settimana della moda.
ONDATA DI NEVE E GELO
PASSEGGERI BLOCCATI
NEITRENI
Morsa di freddo sull'intera penisola provoca allerta, soprattutto,
a Roma, in Molise e Abruzzo,
per i disagi della circolazione
sulle autostrade e sulla rete ferroviaria. Diversi i pendolari rimasti all'addiaccio per ore.
Marzo
2012
BENIGNI AL QUIRINALE
Il comico toscano, invitato dal
presidente Giorgio Napolitano,
racconta la storia risorgimentale
e patriottica, alla cerimonia di
chiusura dei festeggiamenti del
150° anniversario dell’Unità
d’Italia.
MORTE IMPROVVISA
DI LUCIO DALLA
L'ultimo saluto dei fans al cantautore bolognese stroncato, all'età di 69 anni, da un attacco
cardiaco, durante il tour a Montreux, in Svizzera.
Aprile
2012
BLITZ ANIMALISTA CONTRO
GREEN HILL: SALVATI 20 CANI
Irruzione all'interno dell'allevamento di Montichiari (Brescia), di
proprietà della multinazionale
Marshall. Dal canile, che ospita più
di 2.500 beagle destinati alla vivisezione, sottratti alcuni cuccioli
dal loro futuro di cavie da laboratorio. Dodici gli arresti in fraganza
di reato.
PIERMARIO MOROSINI MUORE
IN CAMPO, IL CALCIO SI FERMA
La Federcalcio (Figc) sospende tutti
i campionati, dalla serie A alle dilettanti minori, dopo la morte del calciatore 25enne del Livorno a
Pescara. A seguito l’accaduto, la lega
Pro lancia l’ultimatum per la presenza in campo dei defibrillatori in
Prima e Seconda divisione.
127
Maggio
2012
SISMA EMILIA: 7 MORTI,
50 FERITI E 3000 SFOLLATI
L'orologio della torre lesionato,
prima del secondo crollo, a Finale Emilia, Modena.
BOMBA A BRINDISI
DAVANTI LA SCUOLA
UCCIDE UNA 16ENNE
L'ordigno posizionato
sul muretto vicino all'ingresso
dell'istituto "Morvillo-Falcone",
provoca la morte della studentessa, Melissa Bassi e il ferimento di altri sei studenti. Sul
luogo della tragedia, tra i resti
della deflagrazione posto un
mazzo di fiori.
Premio BIAGIO AGNES
PROGRAMMA
Venerdì 15 giugno 2012
ore 20,30
Cena di Gala
Grand Hotel Quisisana
Capri
Sabato 16 giugno 2012
Mattinata a disposizione
ore 17,00
Dibattito
Esiste ancora il giornalismo
investigativo nell'era di Internet?
con la partecipazione di
Seymour Hersh
Paolo Garimberti
Hotel La Palma
Capri
ore 21,00
Proclamazione dei vincitori
del Premio Biagio Agnes,
durante una serata televisiva
condotta da Mara Venier
Certosa di San Giacomo
Capri
ore 23,00
Cena in onore dei vincitori
Hotel La Palma
Capri
130
Presidente
Simona Agnes
Pubblicazione Annuale
Anno IV – giugno 2012
Direttore
da nominare
Direzione editoriale
Fondazione Biagio Agnes
CREDITS
Art Director
Gianpiero Scafuri
Foto
Archivio ANSA
Collezione
foto Capri antica
Luciano Garofano
Organizzazione Generale
Agnes Comunicazione Srl
Cerimonia di premiazione
sabato 16 giugno 2012
Consulenza Organizzativa
Giorgio Parmegiani
Regia
Marisa Vesuviano
Executive Account
Eleonora Sasso
Conduce
Mara Venier
Ufficio Stampa
Agnes Comunicazione Srl
Testi
Annamaria De Nittis
Cristina Serra
Consulenza
ed assistenza legale
Studio Legale Sablone
Scultura “Comunicazione”
opera di Bartolomeo Gatto
Art Director Corporate Image
Daniela Piscitelli
Sito Web
Agnes Comunicazione Srl
Direttore di produzione
Fabio Cattivelli
Scenografia
Marco Calzavara
@ 2012 Copyright
Fondazione Biagio Agnes
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e
parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm
e le copie fotostatiche) sono riservati.
131
Visti
al Premio Biagio Agnes
Premio BIAGIO AGNES
1- Letizia Gambi
2- Biagio Agnes, Gianni Letta, Claudio
Meoli e Antonio De Luca
3- Massimo Franco e Arrigo Levi
4- Walter Veltroni, Paolo Garimberti
e Rosella Agnes
1
2
3
4
5
7
6
5- Enrico Mentana e Pierluigi Magnaschi
6- Paolo Garimberti
7- Stefano Lorenzetto e Antonio Preziosi
8- Pippo Marra e Rosella Agnes
8
Premio BIAGIO AGNES
09- Ballerini dell’Accademia
Nazionale di Danza
10- Dolcenera
11- Milly Carlucci e Ruggero Po
12- Carlo Rossella e Alfonso del Pizzo
9
10
12
11
13
15
14
16
13- Emanuele Boffi
14- Abdel Halim Kandil
e Roberto Iadicicco
15- Lucia Annunziata e Paolo Garimberti
16- Riccardo Villari, Enrico Mentana,
Raffaella Leone e Giorgia Meloni
17- Emanuela Audisio e Pippo Marra
17
Premio BIAGIO AGNES
18
20
19
18- Mango
19- Giorgia Meloni e Simona Agnes
20- Maite Carpio e Gigi Marzullo
21- Stefano De Nicolo e Paolo Liguori
21
22- Valeria e Antonio Martusciello,
Milly Carlucci, Bruno Vespa,
Antonio Preziosi e Raffaella Leone
24- Gigi Marzullo e Paolo Liguori
25- Auditorium Oscar Niemeyer
22
23
25
24
Premio BIAGIO AGNES
26- Roberto Napoletano
e la moglie Giusy Franzese
27- Giorgia Meloni, Massimo Franco
e Walter Veltroni
28- Paolo Liguori e Simona Agnes
29- Robert Fisk e Maite Carpio
26
27
28
29
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Presidente
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Consiglio
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Ministri
Regione
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Campania
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Città di Capri
144
Finito di stampare
nel mese di giugno 2012
Arti Grafiche Boccia SpA
Salerno
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