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LETTURE SCELTE A PIU' VOCI DAGLI EPISTOLARI
­ a cura di Diego R. Cescotti ­
(Sala Conferenze MART ­ 29 ottobre 2004)
Passioni, entusiasmi, successi intrecciati a polemiche, delusioni, amarezze...: tutto un universo di affetti e
accadimenti emerge dalle pagine dei carteggi corposissimi, recentemente portati alla luce, in cui si racconta la
vicenda artistica e umana di Riccardo Zandonai e il suo primario impegno per affermare i valori dell'arte
musicale in un'Italia confusamente alla ricerca di un suo posto nel mondo.
Configurato in una dimensione corale di inusitata ampiezza, l'epistolario fa emergere con violenza d'impatto
motivi e comportamenti molteplici e contraddittori, tra slanci ideali e inevitabili debolezze, coraggiose affermazioni
di libertà creativa e compromessi imposti dal momento storico, ponendosi insieme come originale spaccato d'epoca
e inedito profilo d'autore.
Quattro attori, cui è stato affidato un piccolo ma significativo campione di lettere montate quasi come in un
copione teatrale, s'incaricano di dar voce ad alcuni dei contenuti più rilevanti di questi epistolari, assecondati da
momenti musicali d'atmosfera.
ATTORI:
­ Andrea Franzoi ­ Bruno Vanzo (B) ­ Michele Pandini
­ Michela Fedrizzi
(A) (Zandonai)
(D'Atri / Clausetti)
(C) (Rossato / Pizzini)
(D) (voce narrante)
COMMENTO MUSICALE:
Roberto Vigagni, pianoforte
­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­
(D)
Ia PARTE
(introduzione strumentale)
Una vita d'artista è affollata di persone d'ogni genere. In testa gli impresari, gli editori, i dirigenti e i rappresentanti d'istituzioni. Con essi vanno
trattati gli aspetti pratici: accordi da prendere, scadenze da rispettare, preventivi da fissare,
compensi da pattuire, contratti da firmare...
Poi, per le questioni puramente artistiche, vi sono gli addetti ai lavori: cantanti, direttori
d'orchestra, maestri sostituti, strumentisti, registi, scenografi...
Sullo sfondo la grande massa degli amici, dei sostenitori, degli ammiratori, dei cacciatori
d'autografi: centinaia di persone, spesso indefinite, che in ogni centro grande o piccolo cercano un
fuggevole contatto con l'uomo famoso, prodigando saluti, incoraggiamenti, voti, felicitazioni. (montaggio di voci diverse a ritmo incalzante, parzialmente sovrapposte e in
dissolvenza incrociata, su un continuum musicale)
(A) ...illustre Maestro, sebbene non abbia mai avuto né l'onore né il piacere di conoscerla
personalmente ho seguìto lo svolgersi della sua carriera artistica con trepidazione ad ogni Sua
première e con entusiasmo ad ogni suo trionfo. Perdoni la mia libertà e le frasi povere che non
riescono a tradurre i miei sentimenti, ma apprezzi la mia sincerità. Devotissimo
Rag. Bertoli Marco
(C)
... non so se Ella si ricordi di me. Ci siamo incontrati alla Radio Milano e ricordo con tanto
piacere la conversazione fatta con Lei. Vorrei pregarla vivamente di farmi inviare a Milano una
sua fotografia per la nostra rivista. Se potrò avere una fotografia Sua anche per me, tutta per me,
mi farà cosa sommamente grata. Devotissimo Giuseppe Ardàn
(B)
...tremila soci della Società Alpinisti Tridentini acclamano oggi a mezzo mio la fortunata ardita
ascensione alle eccelse vette dell'arte decretandovi il record dell'alpinismo italiano e trentino. suo Pietro Pedrolli
(D)
...penso che il mio nome Le sia ancora noto poiché io fui interprete della Sua meravigliosa
“Giulietta” al Verdi di Trieste e al Costanzi di Roma.
(1)
2
Se il ricordo di questa mia modesta interpretazione non è completamente dimenticato, voglia
gradire tutte le più vive, sincere congratulazioni per il ben meritato successo alla Scala. Distinti
saluti. Stefania Dandolo Dolcetta
A)
...con vivo plauso al vostro alto intelletto gli "Amici della Musica" vi augurano fervidamente un
nuovo trionfale successo che speriamo confermarvi qui nella città di Rossini vostra patria
d'adozione.
Avvocato Perotta
(C)
...per l’amore con cui il trapassato padre mio gelosamente tentava di interpretarVi sulla sua
fisarmonica imploro pietà a Vossignoria nel volermi beneficare con una Vostra effigie vergata dal
Vostro potente pugno. Scusate la mia sfrontatezza per tanta libertà ma non potendo frenarmi,
osai.
Giuseppe Manfredi
(B)
...illustre Maestro, gli Ufficiali del mio reggimento esprimono a mio mezzo il desiderio di poter
includere nel loro calendario annuale la riproduzione del suo autografo; ma prima sento il dovere
di chiederLe l'autorizzazione, inviando il facsimile della riproduzione. Con vivi ringraziamenti,
accolga gli ossequi miei e dei miei Ufficiali Colonnello Italo Caracciolo
(D)
...avrei voluto dirle con una stretta di mano espressiva tutto il mio godimento di ieri, ma vari
piccoli impegni mi hanno tolto la possibilità di tentarlo. Seguirò da qui questa sera al trionfo
partecipando alla Sua soddisfazione che deve essere grande. Non dispero di rivederla prima che
lasci Roma. Sua Giuseppina Garavaglia
(B)
...accolga con la consueta amichevole cordialità il caloroso affettuoso evviva del suo vecchio
ammiratore Giovanni Ferruccio Sacchetto
(D)
(sfumare fino al silenzio)
Il lavoro dell'artista non è mai un'azione singola, appartata: coinvolge molteplici interessi e
competenze, smuove pensiero, suscita discussioni, solleva passioni. Qui i rapporti si fanno più
delicati e non escludono incomprensioni, rivalità, gelosie, malumori, litigi e rotture. Zandonai capisce ben presto che il mondo dell'arte è un campo di battaglia dove si deve lottare
giorno per giorno per la sopravvivenza, perché nulla in arte è scontato. Per questo si rivela
fondamentale il sostegno e il consiglio delle poche persone veramente amiche, quelle che
costituiscono i punti di riferimento stabili .
(accordo)
NICOLA D'ATRI: avvocato, critico musicale, uomo d'affari e di cultura nel senso più ampio, si
assume il compito di gestire la vita di Zandonai guidandone i passi attraverso le continue insidie
che costellano il suo percorso. Autentica figura di mecenate del Novecento, D'Atri è mosso da
sentimenti di abnegazione e di amore per l'arte, ma anche da una più umana, segreta ambizione
di assicurare a se stesso un piccolo posto nella storia.
Fin dall'inizio la presenza di Nicola D'Atri nella vita di Zandonai assume i contorni di un evento
segnato dal destino. E il musicista è sollecito nell'esternare all'amico romano tutta la sua tenera
riconoscenza.
(A)
(2)
Sacco 29 marzo 1913 ­ Carissimo Amico, nella quiete della vecchia casetta che ha visto nascere le
mie figliuole Dot, Conchita e Melenis e che ora vedrà crescere Francesca, penso spesso ai giorni
passati a Roma e mi convinco sempre più che questo mese che sta per finire ha segnato per me
un’epoca che dovrò registrare nel mio libro d’oro. E penso molto agli amici nuovi e vecchi di costì
ma specialmente a Lei che si è guadagnato tutta la mia gratitudine con l’avermi procurato la
grande gioia di essere compreso. 3
Spero che la vita non mi negherà l’occasione di dimostrarLe con i fatti tutto ciò che di Lei penso e
tutto ciò che per Lei sento, e mi dia l’occasione di scontare almeno in parte il grande debito che
Ella mi ha imposto con i suoi grandi meriti di bontà e di intelligenza. E così sia!
(accordo)
(D)
L'affetto è del tutto reciproco ma comporta un prezzo da pagare: l'artista, una volta eletta la sua
guida, non può permettersi troppa autonomia di pensiero e di azione. Ciò può creare qualche
piccolo malinteso.
(B)
(un po' risentito) Mio caro Riccardo, la vostra lettera di ieri mi ha messo di cattivo umore, anzi ha
peggiorato il mio umore che non era allegro. Se voi poteste misurare veramente quanto e come io
partecipi alle vostre cose, ve ne rendereste ragione. Ma spero almeno abbiate compreso che
ormai, al di fuori della stessa amicizia, voi e l’arte vostra siete parte essenziale della mia
esistenza morale.
(jingle)
(D)
L'intento principale di D'Atri è quello di stimolare lo spirito critico, così che ogni aspetto del fare
artistico sia sottoposto al più puntiglioso vaglio della ragione. Nelle sue lunghissime, avvolgenti
lettere non si stanca di spiegare, consigliare, proporre, invitare alla riflessione. E se lo ritiene
opportuno, passa ad interventi più decisi per imporre la sua linea.
In questo sta il suo limite: nel non capire che l'arte sopporta male i vincoli e le interferenze
esterne.
La sua diplomazia però si esercita con abilità. Nel febbraio 1927, in vista di una ripresa
dell'opera “Conchita”, raccomanda al musicista di riconsiderare la sua vecchia partitura con
occhio severo.
(B)
(pacatamente) Se questa mia vi coglie in un buon momento, desidero raccomandarvi quanto
segue: ritrovandovi oggi, dopo molti anni, davanti alla vostra maliosa Conchita, potrete
riesaminarla senza la passione di una volta. In voi, cogli anni, ahimé! cresciuti, è pure cresciuta
l’esperienza, la quale ha modificato qualche criterio; ed è pure cresciuta la pratica del pubblico
teatrale e della sua natura. Soprattutto dev'esser prevalso ormai in voi il principio, così ostico ai
musicisti di razza, che nell’opera la musica, per bella che sia, non deve mai imporsi con le sue
proprie esigenze all’interesse scenico; non deve cioè ingombrare la scena o servire a colmarne i
vuoti.
Con questo preambolo v’invito a riesaminare a freddo, senza tenerezze paterne, la vostra
creatura, dal nuovo punto di vista, e dunque, se osservaste qua e là l’opportunità di far correre
l’azione, compite il sacrifizio della musica. (D)
E Zandonai – in questo caso – gli dà ragione. Ma solo a parole.
(A)
Vi ringrazio dei vostri consigli sul carattere pratico e teatrale di Conchita . Vi confesso che avevo
già preso la decisione di essere molto severo con me stesso, ma ritornando sul mio lavoro dopo
undici anni di abbandono completo ho dovuto dichiarare a me stesso che quest’opera è la più
stringata e scorrevole che io abbia scritto. In questa nuova edizione triestina mi sembra proprio
che non ci sia più nulla da tagliare. Avendo poi trovato qui una interprete che è anche
un’intelligente e simpatica attrice, piena di vita e di nervi, non c’è dubbio che nell’azione punti
morti non ce ne saranno. Ma se durante le prove qualche cosa non andasse mi ricorderò dei vostri
buoni consigli.
(jingle)
(D)
Sotto l'incombente influenza di D'atri viene a cadere anche ARTURO ROSSATO, il poeta che
sarà per più d'un ventennio il librettista unico di Zandonai. Da Milano, dove vive e lavora,
Rossato manda ora all'uno ora all'altro le sue lettere originali, stralunate, spiazzanti, piene di
punture e di spigoli ma sempre con un fondo umanissimo. La sua natura è meno remissiva e
malleabile di quella di Zandonai, e di fronte alle imposizioni di D'atri reagisce talvolta con un
moto istintivo di ribellione.
(C)
Carissimo Nicolino, certe volte mi fate arrabbiare sul serio coi vostri continui dubbi e le vostre
continue paure. La vostra disgrazia è d'essere troppo saggio e di voler applicare sempre un
sistema "crociano" di ragionamento logico ad ogni virgola. “A me m'à rovinato la guerra!”, dice
(3)
4
Petrolini. A voi vi à rovinato Benedetto Croce, dico io. Siete convinto, ora, che almeno tre quarti
dei vostri ragionamenti logici, nei quali trascinate anche me, crollano come foglie sotto il vento
davanti alla realtà?.. Voi pensate una cosa, e Riccardo ve ne fa un'altra. L'arte – quando è arte –
trova istintivamente le sue vie di espressione. Ergo, tutto il vostro tormento di sei mesi è stato
press'a poco un lusso. Pazienza per voi!. Ma avete tormentato anche me... che c'entravo
pochissimo e non amo Benedetto Croce!. Zandonai può fallare nei particolari di misura, mai nel colore e nell'impostazione d'un quadro o
d'un personaggio. Più il problema è difficile – ricordàtelo – più quell'Orso ci gratta sopra e riesce
a risolverlo.. Io credo addirittura che lavori dormendo: d'istinto... E voi non abbiate più paure,
lasciatemi dire i miei motti e non fatemi cambiare più tante cose...
(D)
In un caso il poeta si diverte a scendere sullo stesso piano logico di D'Atri – quasi facendogli il
verso – per esporre la sua personale posizione estetica.
(C)
(tono forense) L'artista quando crea, crea per istinto, e in quell'attimo conclude il più fiero e il più
stringente dei ragionamenti. Se chiedete all'artista perché ha fatto quella tal cosa, trovato quel
tal tema, usato quel tal colore, scritti quei tali versi, data quella tale scalpellata, l'artista vi
risponderà: "non lo so: ho sentito". E questo tremendo "ho sentito" è precisamente la ragione alla
quale mi riporto io: ragione che è la variazione e la conclusione di tutto un superbo ed inconscio
sistema millenario di logica sconosciuta. Vi porto un esempio. Mettetevi davanti al David di Michelangelo. Palpando e ragionando vi
troverete molti gravissimi errori, fra i quali, non ultimo, la stupidità immobile e sgraziata della
statua la quale – vista di fianco – sembra cadere, come una zappa che voglia stare in piedi per
forza. Ma nell'insieme, tutto quell'istintivo e furioso movimento di errori, di sproporzioni, di
immagini sbagliate dànno al David una bellezza movimentata e una vita umana, vera,
inconfondibile, precisa. Be'! Ora mettetevi di fronte alle Tre Grazie o all'Ebe di Canova.. Tutto perfetto, tutto ragionato,
tutto misurato. Movimenti, proporzioni, atteggiamenti si concatenano a perfezione, si
riallacciano e si concludono limpidamente. Ma qui l'opera d'arte è di mille cubiti al di sotto alla
creazione. (appassionandosi) Il David è tratto dalla furia appassionata d'un esaltato divino, l'Ebe e le
Grazie sono ragionate col centimetro sulle statue greche. Nel primo i difetti diventano i maggiori
coefficienti alle virtù dell'opera, nelle seconde tutto quanto è un regolare discorso... E dunque nel
David ci sto benissimo io; nelle Grazie e nell'Ebe ci state magnificamente voi. (pausa)
La difesa dell'imputato è finita e la conclusione è questa: che dopo sei o sette mesi, la scena della
Farsa amorosa che io avevo creata e che voi mi avete contestata ritorna al suo punto di partenza
originale nel quale il mio istinto l'aveva messa e il vostro ragionìo levata.
(breve stacco musicale: accordi perentori)
(D) In questa concezione del fare artistico come moto istintivo dell'animo si riconosce pienamente
anche Zandonai. Anche per lui l'interventismo razionalizzatore di D'Atri può a volte giungere del
tutto inopportuno, rischiando di smorzare l'entusuasmo dell'artista creativo.
(A)
(4)
Palermo 7 marzo 1921 ­ Caro Nicolino, la vostra lettera mi è giunta qui mentre i facchini stavano
collocando nella mia stanza d'albergo il pianoforte sul quale contavo di creare le prime Scene
dell’atto 2° di Giulietta. Ahimè, che doccia fredda mi avete dato! Dunque secondo voi anche la
scena della primavera dovrebbe scomparire! Addio organino, addio contrasto dolce nella scena
dell’attesa; addio giullare, addio ancelle, addio un sacco di cose! Se andiamo di questo passo, forse
solo fra quarant’anni l’opera sarà scritta!
Troppe preoccupazioni e troppa analisi: con le une e con l’altra non si creerà nemmeno una
canzonetta napoletana! Viva la faccia della mia incoscienza dalla quale sono nate Francesca,
Conchita e tante altre cose che i moderni trovano passabili ma che i posteri ammireranno anche
di più.
Sapete, io ho una grande paura di stancarmi di Giulietta e temo perfino di essere vicino al punto
di farla saltare dalla finestra. Ora io domando a voi: debbo lavorare o debbo aspettare che il
libretto sia finito? E quando sarà finito andremo avanti o continueremo a distruggere domani
quello che si è fatto oggi? Nicolino, datevi pace! Convincetevi che la perfezione non esiste, e se
pure esiste, è una cosa relativa come tutto ciò che è stato creato dall’uomo. Oppure esiste e non si
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vede che dopo, assai dopo… Ma questo dopo lasciatelo venire, se no saremo morti prima di averlo
raggiunto.
Oggi mi sento molto perplesso e l’arte mi nausea. Speriamo che domani non sia così altrimenti
povera Giulietta! Ve l'ho detto altre volte: mentre l’artista lavora non deve analizzare se vuole
evitare il pericolo di distruggere sé stesso. E non continuo perché sono assai nervoso.
Perdonatemi e abbiatevi gli affettuosi saluti da mia moglie e un abbraccio dal vostro Riccardo
(D)
(jingle)
In quest'eterna diatriba Zandonai riesce a mantenere una sua linea d'equilibrio: se lo ritiene
giusto fa di testa sua, ma in ogni caso non rinuncia mai all'all'imprimatur finale dell'amico più
anziano e navigato.
(A) Lavoro sempre e il primo tempo della mia Sinfonia dovrebbe essere a buon punto. Dico dovrebbe,
se non avessi buttato all’aria il già fatto due o tre volte. Temo di aver raggiunto quel grado di
maturità nel quale l’artista comincia a riflettere: temo di essere sulla via di diventare autocritico...
Se così fosse, mi sarei messo un gran nemico in casa e i critici – quelli dei giornali – potrebbero
godersi l’esilarantissimo spettacolo di Zandonai che distrugge sé stesso. Facciamo le corna e
tiriamo avanti. Non pensate che io non voglia prendere sul serio i vostri illuminati consigli: è che i vostri consigli
mi si tramutano in preoccupazioni e mi legano un po’ le braccia, mentre io sento profondamente
questa verità: nell’arte nulla va preso sul serio e i più bei frutti dell’arte nascono dall’incoscienza
più assoluta.
Tuttavia state tranquillo: la Sinfonia spero di scriverla, perché nella lotta fra il critico e l’artista
vincerà quest’ultimo. In questi momenti di perplessità, però, mi rammarico tanto di non esservi
vicino perché voi potreste con una sola parola portarmi sulla diritta via.
(D) Ma non sempre è possibile controbattere con disinvoltura agli inesauribili sofismi datriani. Alla
lunga il continuo implacabile esame produce come un moto di rifiuto in entrambi gli artisti.
Rossato, più debole o magari più convinto delle sue posizioni, cade in una vera e propria
depressione e viene preso dalla voglia di mollare tutto.
(C) (esasperato) Mio caro Nicolino, questa lunga attesa, questa ricerca disperata della perfezione,
questo assiduo continuo assedio al cervello mi hanno convinto ch'io sono un peso improduttivo e
inadatto allo scopo da raggiungere. Mi ci levo e passo la mano. Forse sarà un bene per Riccardo.
Dalla porta che lascio aperta entrerà l'aria nuova e fresca piena di canti: di quei canti ch'io non so
più trovare. Se mi volete bene – come ve ne voglio tanto, veramente tanto, io – rimanete vicino al
vecchio e grande Orso di Trento che vi ama con una venerazione e una gioia di grande bimbo. Per
la sua arte e per lui, non lasciate il vecchio focolare che vide nascere tanta luce. Trovatevi un
altro ragazzaccio migliore di me. Ce n'è tanti! Io da lontano ascolterò il vostro cuore gonfio di
passione e di bontà. Poi sarò il primo a venirvi incontro, nell'ora del buon successo, col muso
graffiato dal dolore e dal sorriso amaro come quello d'un gatto che torna dai tetti. Ma sarò lieto
egualmente nel profondo dell'anima! Purché Riccardo canti!. Purché – egli così buono e così
artista veramente – batta le ali ch'io impaccio da tempo... Portatelo alto! alto!.
Io mi caccio le mani in tasca e filo via. Vi abbraccio col cuore immutato e immutabile. Voilà tout.
Vostro Rossato
(D)
(arpeggio che imita una riverenza)
Non sarà questo il suo vero abbandono. Ancora una volta il poeta si lascerà convincere a ritornare
sui suoi passi. Ma il problema si ripresenta, caricato di molte ulteriori aggravanti, cinque anni
più tardi, nel settembre del 1937.
(C) (teso, sconfortato) Caro Riccardo, ultimamente, a Roma, alcuni tuoi ammiratori fedeli mi fecero la
colpa di averti fatto scrivere delle "opere borghesi". Già. Dopo Giulietta, saresti diventato
borghese. E per colpa mia. Che differenza ci sia tra "opera borghese" e "opera aristocratica"
confesso di non saperlo, ma la cosa mi ha impressionato molto per dieci minuti. Confesso che ho una tenerezza speciale per tutto ciò ch'è rurale. (animandosi) Ai vestiboli dei
grandi alberghi dove i gentiluomini di razza e i camerieri si somigliano tremendamente,
preferisco le mie due spanne di terra, dove sbadilo in maniche di camicia, taglio, falcio, sudo come
una bestia ed ho la libertà di "sputare per terra" ch'è l'espressione più raffinata dell'uomo libero.
(5)
6
All'elegante gioco del biliardo, dove un macaco ben vestito, con una lucente steccolina in mano, ti
spinge una pallina calva contro un'altra preferisco il gioco delle bocce: e quasi tutte le sere vado a
farmela fuori coi contadini urlando come loro. E, se non ti dispiace, alla saliva frizzante chiamata
champagne la quale ti bagna le labbra come una puttanella di alto lignaggio, preferisco un gotto
di vino solido, color rosso vivo, profumato di terra e di sole, che quando ti è in corpo, fa le capriole
e si mette a cantare i cori del Nabucco e dell'Ernani. Tutto vero. (fiero) Ma che in arte io sia
borghese nel senso dispregiativo di oggi, mai! Basterebbero le lucide ottave del Giuliano,
l'umanità semplice dei Cavalieri e la dignitosa fierezza di Giulietta a provarlo. (D)
(musica perentoria)
Ma ormai è troppo tardi per recuperare lo spirito originario e metterlo di nuovo in condivisione
con l'amico musicista. Pochi giorni dopo si consumerà con lui (e parzialmente anche con D'Atri)
una rottura clamorosa che non sarà più completamente sanata.
(intervento musicale lungo)
IIa PARTE
(D)
Il ritmo della creazione alterna momenti di forte spinta e altri di sosta e attesa. Sia Zandonai che
Rossato conoscono periodicamente tali situazioni di vuoto, vissuti a volte con sconforto, altre con
sereno fatalismo. Entrambi sono accomunati da una eguale tentazione di fuga, di evasione, quasi
di scomparsa nei rispettivi rifugi che si sono costruiti a contatto con la natura.
(A)
(tono distaccato, senza pathos) Caro D'Atri, in questo periodo passato ho riflettuto molto sulla
mia attuale posizione artistica e cento ragioni mi convincono che riposare per qualche anno mi
può essere di grande utilità. Mi domando: perché Conchita non si dà, Melenis non si conosce, La via della finestra si ignora? Il
perché è facile: ho prodotto troppo in questi anni; gli impresari non hanno tempo di dare tutte
queste opere e il pubblico non ha modo di conoscerle. Francesca, Giulietta, Cavalieri...: troppa
roba, e roba troppo buona; indigestione sicura! Ma vedrete, col tempo l’appetito ritornerà e farà
desiderare anche i piatti della mia gioventù che non sono ancora stantii ma semplicemente
obliati nella dispensa editoriale. Con queste premesse, che vi possono sembrare strambe e indegne della mia serietà abituale,
come posso rispondervi circa il progetto della nuova opera? Ma non sono affatto smontato. Oggi mi sento più sicuro di un tempo perché imparo a saper
aspettare. Quindi avete sbagliato la mia psicologia di queste settimane. Può darsi che i miei
disturbi fisici abbiano influito un poco a smontarmi; ma più di tutto mi ha smontato la mia stessa
coscienza d'artista che si ribella di fronte all’imbecillità del pubblico e dello sporco commercio
teatrale. Almeno avessi degli editori intelligenti! Neanche quello. E allora perché scrivere? per il
pubblico imbecille? per gli editori asini? Per sé stessi? Certo, scrivere per sé stessi è una grande
soddisfazione ma è anche un lusso che non sembra più dei nostri tempi, perciò non si deve
abusare di questo lusso. Tuttavia me lo permetterò qualche volta, mio caro Nicolino, state
tranquillo. (tono indolente) Ma intanto i propositi di tacere a lungo perdurano, e mi sembrano
infinitamente dolci in questo momento...
(D)
Poi però vi sono periodi in cui, come un turbine, subentra la febbre della creazione. In quei
momenti intensi Zandonai si muove sicuro, disciplinato, scrupoloso, efficente, quasi incurante
della fatica. Così avviene nell'estate del 1927, quando è visto lavorare febbrilmente al "Giuliano".
(A)
(tutto il seguente passaggio su un sottofondo musicale incalzante)
(rapido, nervoso) Lavoro disperatamente… Sono giorni e giorni, ormai, che mi tormento, e avrei
forse bisogno di un po’ di riposo; ma come staccare? i nervi sono a sì alta tensione che tutto mi
riesce facile, mentre se stacco temo poi la rimonatatura… Se resisto altri 5 o 6 giorni finirò l’atto
1° e poi mi darò pace. Ormai ho tutto il lavoro preparatorio sbozzato, non si tratta che di rifinire
e fissare. (jingle)
Ho finito ieri la partitura dell’atto 1°. Direi che è riuscita assai bene se non temessi di incorrere
nel solito luogo comune dei compositori, che trovano sempre ben fatte le loro opere... Mi occuperò
(6)
7
subito della riduzione per piano e canto, ma non so se avrò poi la forza di attaccare subito
l’epilogo; mi converrà forse continuare ad istrumentare...
(jingle)
Ho lavorato molto in questi giorni passati. Sto mettendo a posto definitivamente l’atto 2° del
quale attaccherò subito la partitura. Poi andrò in Carpegna e conto di lavorare anche lassù,
specie se il tempo si guasterà. Ma ho bisogno di ritemprarmi un poco: qui non piove da mesi e fa
un caldo atroce. Questa la ragione per cui non attacco l’epilogo di Giuliano, che conto di scrivere
poi a Sacco attraverso le dolci e tristi sensazioni dell’autunno.
(jingle)
Non ho perduto tempo. La partitura atto 2° di Giuliano è finita e sono soddisfatto e sicuro di
quanto ho scritto. Ora sto portando un piccolo ritocco al finale dell’atto 1° perché ho notato nei
miei ascoltatori un po’ di freddezza, proprio in quel punto. Ho fatto una diagnosi severissima col
bisturi nella mano. Mi direte voi più tardi se ho avuto ragione, ma io personalmente mi sento più
soddisfatto.
(jingle)
Domani ricomincerò ad istrumentare. Ma non vi nascondo che sono stufo, stufo, stufo! Dopo 12
mesi di lavoro ininterrotto sento il bisogno di far punto. E questo è anche umano.
(jingle)
Spero di finire domani o dopodomani al più tardi la riduzione dell’Epilogo di Giuliano e levarmi
così il grosso peso.
Lavoro da mane a sera trascurando perfino la caccia… (non è poco!) e francamente non vedo l’ora
di dare un po’ di riposo ai miei nervi. Tuttavia spero di riuscire a tutto.
(breve conclusione musicale più calma)
(D)
Poche cose un artista sopporta meno che di veder mutilate le proprie opere. Ma le esigenze del
palcoscenico impongono a volte dei duri sacrifici. È in questi casi che si forma spontaneamente un
fronte comune tra editori, collaboratori e amici per spingere ad un'unica azione: tagliare!
(A)
(con irritazione) Ieri Clausetti ha sfogato tutta la sua mania chirurgica sui miei poveri Cavalieri
di Ekebù. Cose da matti! Se dovessi enumerarvi tutte le scene che egli vorrebbe tagliate arriverei
alla dozzina, e l'opera prenderebbe delle proporzioni ridicole! Oggi con lo spartito alla mano ho
cercato di accontentarlo, almeno in parte; ma poi il sangue mi è salito al cervello e sono stato
preso dalla ribellione più ostinata. Qui i casi sono due: o la mia opera è una vera porcheria o il
nostro amico è un perfetto citrullo! Nel primo caso sarebbe meglio bruciare l'opera; nel secondo
sarebbe opportuno che l'editore avesse maggiore fiducia in chi l'ha scritta. Non mi sento l'anima
di straziare così il mio lavoro. Badate: ci sono mariti – ai nostri tempi – che tagliano a pezzi le
proprie mogli; ma non ci sono mai stati padri che abbiano affettato i propri figli. Il primo sarei io!
Dio me ne liberi! Prestatemi un po' di attenzione. (rapido) Sfrondare la scena delle ragazze nell'atto 1° è cosa
facile; togliere l'apparizione di Sintram alla fine d'atto può essere altrettanto facile. Ma eliminare
tutta la scena di Sintram nell'atto 2° non è facile affatto; eliminare il finale dell'atto 2° è più
difficile ancora (come posso finire l'atto, poi?). Tagliare la replica del canto di Natale equivale a
strapparsi un testicolo. A sfrondare la fine al quadro finale non ci riesco, almeno decentemente, e
sfido chiunque a riuscirci con decenza. E tagliare il duetto dell'atto 4° non è facile affatto senza
guastare l'effetto e la prospettiva dell'intero quadro. Sfrondare poi la scena della morte della
Comandante – come vorrebbe Serafin – è da cretini (questa frase la regalo ai posteri). Tutto
sommato, non vedo che una sola via d'uscita: fare ciò che mi pare, scaraventando in aria col fumo
della mia sigaretta tutti i consigli editoriali. Amen!!
(accordi perentorî)
(D) A un certo punto, fiutando dei cambiamenti nel costume musicale, D'Atri vorrebbe convincere
l'amico a passare al redditizio genere sinfonico. Ma senza molto successo.
(B)
(7)
Ho riflettuto molto su quello che dovreste fare, se vorrete procurarvi, vita natural durante, le
soddisfazioni cui la vostra genialità ha diritto. Io sono convinto che, se voi vi fissaste per direttiva
artistica, durante uno o due anni, la composizione nel campo sinfonico ne sareste poco dopo
largamente compensato, moralmente e materialmente. Ci prenderete gusto. E vi riuscirà bene,
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nonostante la vostra convinzione che siete nato pel teatro – convinzione acquisita e non naturale.
A furia di ripetervelo finirò col mettervi almeno nello stato di dubbio che io abbia ragione: cosa
che finora non credo sia avvenuta.
(A)
Mio buon Nicolino, voi vi affannate a scrivermi e riscrivermi la vecchia solfa. Non vi so dare torto
ma c’è un destino che governa i nostri sentimenti e le nostre azioni. Io amo troppo il teatro, a
dispetto degli impresari e degli editori; se il teatro crollerà io crollerò con esso e nessuno potrà
biasimarmi. Quanto alle fonti d’oro che il sinfonismo può far intravvedere non mi interessano
affatto. Dunque, se i vostri nobili sforzi riusciranno a farmi scrivere qualche pezzo sinfonico in più tutto
non sarà poi sprecato. Mi auguro che per lo meno i pezzi non siano indegni del grande amore che
li ha fatti nascere. Ma non vi illudete: (scandito) Zandonai non sarà mai sinfonista di proposito!
(intervento musicale)
(D)
IIIa PARTE
Con la Casa Ricordi i rapporti non sono sempre dei migliori. La gestione della Ditta è ora nelle
mani di due persone: Carlo Clausetti e Renzo Valcarenghi, due caratteri troppo diversi per andar
d'accordo. CLAUSETTI – premuroso, apprensivo, ipersensibile – soffre nel vedersi considerato con
diffidenza dagli artisti, di cui vorrebbe essere amico. E si sfoga – anche lui – con Nicola D'Atri.
(B)
(patetico, lamentoso) Mio caro Nicolino, ho attraversato un periodo così noioso che non puoi
sapere. Ecco perché la mia corrispondenza è diventata lenta e disordinata. Scusami. Spero di
rimettermi presto in carreggiata. Puoi immaginare come sia tuttora amareggiato per quanto è accaduto con Zandonai. Tu sai le
mie idee: se nella Ditta dovesse dipendere da me solo, nemmeno il più lieve accadrebbe di questo
genere di incidenti. Io mi trovo associato a un uomo (Valcarenghi) che sarà pieno di buone
qualità, ma la cui invadenza è intollerabile (a casa sua la moglie ne ha un sacro terrore). Io
facccio quello che posso per far valere le mie idee, ma molte volte mi trovo dinanzi a una
muraglia chiusa. Bisogna rassegnarsi: a quell’età è illusorio attendersi dei cambiamenti.
Qualcuno mi consiglia la rassegnazione o la strafottenza che dir si voglia. Io ti assicuro che certe
volte soffro come nessuno si immagina (anche stamane, per esempio, ho dovuto ingoiare
un’amarissima pillola), ma che fare? Sono i soci della Ditta che han voluto creare questa
posizione di salami legati a due, che è proprio assurda... Cioè, potrebbe anche andare benissimo,
se la mentalità del mio collega fosse diversa. Allora non nascerebbero né gli incidenti Zandonai,
né quelli Rossato. Invece...
Ciò che mi rincresce moltissimo è che noto in Zandonai una freddezza anche verso di me, che
sono stato sempre affettuoso e premuroso con lui. Quanto a Rossato debbo dirti francamente che
deploro il suo contegno, quel suo accampare stolte pretese... Ti garantisco che questa volta si è
regolato proprio male non solo verso la Ditta, ma soprattutto verso di me, che non lo merito.
Quanto a Zandonai, ti prego di adoperarti tu perché finisca il suo broncio. (D)
Ma quando l'azione di D'Atri su Zandonai sembra farsi troppo invadente, Clausetti ritrova
l'autorità del proprio ruolo di editore e la fa valere sull'amico romano, sia pure con tutta la
delicatezza dovuta.
(B) (un po' sostenuto) Caro Nicolino, riguardo ai contenuti della tua lettera questo solo ti dirò: che
sono ben felice che tu sia sempre nostro prezioso collaboratore nelle campagne zandonaiane. Se
ho alluso in questi ultimi tempi a qualche tua esagerazione è per il sincero convincimento che
tutto ciò che si fa in più e in là non solo non giova, ma guasta. Ciò che a me può dispiacere è che il tuo lavorìo sia in certo modo al di fuori, non coordinato al
nostro, quasi all'insaputa, se non in contrasto, con lo stesso. Non è certo simpatico che tu dia
incarichi, sia pure al librettista, in modo che suoni quasi ispezione o controllo all’opera nostra:
oltre al fatto che ciò ci espone anche a cattive figure verso gli altri interessati. Sarà una disgrazia
che esista l’editore, ma, sinché esso esiste, è necessario che la sua funzione la eserciti senza
intoppi e senza infiltrazioni. Vorrei – posso sperarlo? – che tu mi intendessi bene. Non alludo affatto alla tua azione
intelligente e utile di cooperatore e di amico, ma soltanto a tutto ciò che può esservi di soverchio o
(8)
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d'ingombrante. In questo momento, per esempio, se si insistesse troppo nello spingere Zandonai
alla Scala, la cosa sarebbe di pessimo gusto, oltre che inutile. Oramai la Scala gli è aperta,
Toscanini dirige la sua opera. Subito dopo essa sarà data a Roma. Il resto va da sé. E con questo
non intendo dire che l’editore debba starsene con le mani in mano. Tutt’altro. Ma lavorare in
sordina e proficuamente. Abbiamo intanto ripreso le pratiche per la Francesca in Germania.
Prepareremo presto anche la traduzione tedesca dei Cavalieri ... Bisogna avere un po’ di pazienza.
(pausa)
(in fretta, riscuotendosi) Non avevo l’animo di ingolfarmi in questi ragionamenti, ma mi accorgo
che involontariamente ci casco, mentre fra un quarto d’ora debbo trovarmi in teatro alla prova
generale!... Per il momento dunque li tronco. Il resto te lo spiegherò meglio a voce, a Milano.
(piccolo stacco musicale)
(D) Altro personaggio centrale nella vicenda zandonaiana è TANCREDI PIZZINI, medico degli artisti
della Scala e amico personale di Zandonai, nonché importante tramite informativo per tutto
quanto avviene a Milano e nel suo mondo musicale, di cui sa sempre fornire il polso esatto. Nel
1913, nella sua villa sul Lago di Lugano, Pizzini ospita Zandonai che sta ultimando la sua
“Francesca da Rimini”. Ne spia il lavoro con discrezione informandone puntigliosamente l'amico
D'Atri per lettera.
(C)
Figino 25 luglio 1913 ­ Per rispondere alla di Lei cortese lettera e mostrare il gradimento mio e di
Riccardo, Le mando come primizia riservatissima la variante fatta dal D'Annunzio nella tragedia
e precisamente nell’atto III° prima della lettura del libro. È un brano splendido pel quale
Riccardo ha fatto una musica che mi pare bellissima. Alle parole "Nemica ebbi la luce" la melodia
prende un accento solenne poi si svolge ora concitata ora dolce a seconda delle similitudini che
descrive, si sofferma sulla parola "visitatrice" (quasi sillabata) e chiude con un poetico richiamo al
motivo del finale del I° atto. La ripresa di Francesca è dolcemente mesta, poi comincia la lettura
in una specie di declamato melodico. Alla fine del duetto riappare il motivo di Paolo ed in ultimo
una ripresa del motivo della primavera.
Nell'atto IV° la fusione dei due quadri mi pare molto ben fatta. Comincia (molto abbreviato) il
duetto tra Francesca e Malatestino; poi, pure breve e bello, il duetto tra lei e Gianciotto. Superbo
mi è sembrato il duetto tra i due fratelli. Nel secondo quadro vi sono pagine piene di poesia e di
tristezza. (sottovoce) Ora Riccardo, nel salotto vicino, sta componendo il duetto finale. Non mi ha ancora
eseguito nulla, ma mi giungono accenni di melodie veramente appassionate e spontanee, tutte
nuove, delle quali è soddisfattissimo. Domani sera probabilmente l’opera sarà finita.
(inserto musicale)
a
IV PARTE
(D)
Per abitudine, Zandonai e i suoi due amici più prossimi si tengono sempre scrupolosamente
informati sul loro rispettivo stato di salute. Di malattie si parla molto in questi carteggi, ma in
modo per lo più delicato, discreto, e, se solo è possibile, con un tocco di leggerezza a scopo
esorcizzante.
Per Zandonai si tratta soprattutto di coliche epatiche.
(A)
(tono sofferente) L’altra sera, poco prima della rappresentazione, ho cominciato a sentirmi poco
bene e il malessere è cresciuto durante l’esecuzione di Giulietta che ho diretto coi dolori addosso e
con una sofferenza indicibile. Tuttavia ho resistito e non ho detto nulla per non provocare
chiacchiere inutili e commenti sul mio caso. Giunto al treno mi sono fatto un’iniezione da me che
ha giovato a rendermi sopportabile il viaggio ma che non ha stroncato il dolore. Sono arrivato a
casa esausto e mi sono buttato in letto. Per ora non mi posso nutrire e soffro abbastanza, pur
ricorrendo spesso alla morfina.
(D)
La concomitanza con la guerra non migliora certo la situazione.
(A)
Pesaro, 21 agosto 1943 ­ (voce flebile) Caro Nicolino ­ dopo 4 giorni di letto tento stamane di
rimettermi in piedi, ma fra il caldo e la debolezza potrei sentirmi idoneo per il passaporto finale...
Come dopo un lungo benessere sia ricaduto, e così gravemente, nel vecchio disturbo lo sa Iddio!..
Strapazzi che possano giustificare simile strambuglione non ne ho fatti. Certo che quello che
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avviene attorno a noi e che ci rende così tristi, depressi e allarmati, non è adatto per guarire i
fegati ammalati e delicati. Chianciano forse (dico forse!) mi farebbe bene, come mi farebbe bene
un po' di aria ossigenata di montagna. Ma chi ha il coraggio di muoversi in questo momento?
Senza macchina il viaggio da qui a Chianciano si presenterebbe complicatissimo.
(D)
D'Atri, nel corso degli anni, lamenta vari disturbi: artriti, lombaggini, gotta. Alcuni sono più
vaghi forse di natura psicosomatica: malinconie, forme d'accidia, astenie, perdita di peso...
(B)
Quel mio stato progressivo di debolezza mi si mutò, giungendo a Roma, in prostrazione fisica e
per conseguenza anche morale. I miei buoni cognati mi fecero sottoporre ad ogni specie di esame
medico. Non vi nascondo che anch’io mi preoccupai quando, esaminando il sangue, mi si trovò
un’anemia pronunziata. La causa? L’hanno cercata in tutti i modi. Ulcera allo stomaco? Tumore?
L’ultimo esame radioscopico di ieri lo ha escluso. Tranne il sangue povero e la pressione bassa
null’altro si è scoperto. Mi fu inibita la benché minima occupazione mentale. Ero così debole che in casa non mi
permettevano di scrivere, e del resto la mano mi tremava... (D)
Rossato soffre soprattutto ai bronchi, ma va anche incontro a tanti curiosi incidenti.
(C)
Venerdi, primo intervento chirurgico alla narice sinistra: un buco profondo tre centimetri, nel
tumore grosso come una mandorla. Dolore più interminabile del Parsifal: etere e jodio nella
ferita; gonfiore del viso e intontimento non so più se di umiliazione o di collera. Domenica, altro
intervento per l'altra narice: meno doloroso ma più cruento. Febbre, etere e jodio: il Notturno di
D'Annunzio, tale e quale. Poi fasciatura a tutto il viso deformato e avvilimento completo. (jingle)
Tre giorni fa sono stato alla Scala ad assistere alla lettura di un'opera con Alfano. Mal me ne
incolse. Nella platea sgombrata dalle poltrone, c'erano sparsi dei lunghi chiodi. Tra una melodia
e l'altra dell'opera mi venne in mente di spingere via con un calcio un bel chiodo lucido che
brillava sul pavimento. Risultato dell'operazione? Questo. Il chiodo, ch'era conficcato con la
capocchia sull'assito e mi rivolgeva la punta (cosa della quale mi sono accorto subito dopo), tenne
botta al calcio e penetrò oltre la scarpa per ben quattro centimetri nel piede. Me lo son dovuto
levare colle mie proprie mani, insanguinando la famigerata Scala (che mi costa sangue, come
vedi). Fui obbligato a un'iniezione antitetanica. Febbre. E sono qui, ancora, con il piede gonfio da
non potermi muovere e, ciò che più importa, senza poter nemmeno scrivere: perché i miei critici
hanno sempre detto che io scrivo con i piedi. Spero che tutto passi senza nefaste conseguenze. (jingle)
(tono disincantato) Questo preludio bronchiale ha tutta l'aria di quello della Traviata: la
bronchite non mi accorda che poche ore di bella vita!. Mi guarderò. Ma son già acconciato al
trasloco. Vi giuro che mi secca molto meno di quanto si possa pensarlo. In certi momenti la vita
diventa un fonografo stupido e noioso. Meglio cambiar disco e buona notte. (jingle)
(con sottile ironia) Vedo tutto nero nero. Il cielo lombardo sgocciola da mattina a sera ed io sto
qui, alla finestra, tra gli scialli e la tosse, sopraffatto dai casti pensieri della tomba. Non ò volontà
di far nulla, non penso a nulla, non mangio nulla, non m'interesso più a nulla: alle volte mi
domando se son veramente malato nel corpo o nello spirito. Pure, innamorato non sono. In borsa
non gioco. Mussolini non m'interessa. Lo spirito dovrebbe essere alto. Viceversa è a terra. Ho saputo che anche Riccardo è a letto. Parola d'onore, non si direbbe che siamo usciti vincitori
da una battaglia. A voler badare alle nostre condizioni fisiche, le abbiamo più prese che date. (D)
(A)
(10)
(piccolo stacco musicale)
Il rito estivo delle terme è una tortura per delle personalità così nervose e iperattive.
Montecatini 10 giugno 1923 ­ Siamo qui da ieri, io e Tarquinia, e già mi annoio a morte, ragione
per la quale il vostro consiglio di prolungare la cura mi arriva come un cazzotto sulla testa. Sto
cercando di capire chi ha inventato Montecatini per ucciderlo se è vivo, per condannarlo
all’inferno se è già nel mondo di là. Eppure è così bello qui!... ma le giornate non passano mai.
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Intanto è arrivata la vostra cara lettera a confortarmi della noia di questo soggiorno. Come sono
felice delle belle notizie che mi date sul nostro libretto. Scriverò subito a Rossato per inviargli i
miei rallegramenti. Sento che finito questo limbo di Montecatini mi darò subito al paradiso del
lavoro.
(B)
(A)
(jingle)
Bagni di Casciana, agosto 1931. ­ Sono qui a languire. Tra il bagno caldo della mattina e l'inerzia
di tutta la giornata, vuota del benché minimo diversivo, m'illanguidisco. In questo periodo, poi,
sono di un pessimismo morboso. Non c'è molta gente qui, l'albergo è pieno a metà di gente
vecchia come me, e sconosciuta. Donne brutte anche se giovani, e naturalmente già artritiche. Meno male che la vostra buona e gaia lettera è giunta or ora a scuotermi da questo torpore.
(jingle)
Chianciano 2 luglio 1942. ­ Mi sono stati ordinati, oltre la beveratoria, i fanghi e i bagni.
Nell’acqua io credo; i bagni e i fanghi li considero una solenne scocciatura. Ma sono venuto qui col
proposito di obbedire e obbedirò fin dove me lo consentano i miei nervi e il mio cervello. Se la noia
non mi riuscirà più molesta del male andrò fino alla fine della cura, che dovrebbe essere di 15
giorni.
E intanto, per non guastarmi i nervi, sto rileggendo il vecchio Fogazzaro che per Chianciano va
benissimo. Qui, accanto all’albergo, c’è un cinema che rappresenterà la consolazione delle nostre
serate. Tiriamo avanti.
(intervento musicale lungo)
a
V PARTE
(D)
L'umanità di Zandonai si esprime attraverso molti atteggiamenti caratteristici. L'amore per la
natura è uno di questi, e così il culto delle piante e ancor più degli animali, che sono lasciati
scorrazzare in piena libertà nel giardino di casa... E poi naturalmente la passione per la caccia,
che è spesso soddisfatta da una semplice escursione.
(A)
La mia passeggiata in Carpegna, ier l’altro, si è risolta in una pura passeggiata fra la nebbia, il
vento, e la pioggia. Di caccia neanche segno. I giorni precedenti c’era stato un gran passo di
beccacce, ma si capisce che gli uccelli hanno una grande paura del mio fucile perché cercano in
tutti i modi di non farsi trovare... La camminata fra i boschi avvolti dalla nebbia è stata
interessante lo stesso. Alle 11 ho fatto colazione alla Cantoniera, davanti ad un bellissimo fuoco e
poi sotto la pioggia e le raffiche di vento ho preso la via del ritorno. Ieri mi sono occupato delle
mie piante. Sto mettendo nella terra qualche centinaio di viti. (jingle)
(D)
Un'impronta forte la lascerà nell'unico ruolo istituzionale da lui rivestito: quello di direttore del
Conservatorio di Pesaro. Incarico, questo, che gli riservò molte soddisfazioni ma anche
preoccupazioni a non finire.
(A)
Il caso della mia insegnante di arpa mi ha rotto un po’ le tasche. Si tratta di un elemento che mi è
stato appioppato a forza dal Ministero in cambio di quell'altra signora che io avevo proposto e che
è stata ingiustamente bocciata in uno di quei soliti esami pro­forma. Si è avverato in pieno quello
che io avevo previsto: la nuova arpista si è rivelata una mediocre insegnante, una mediocrissima
esecutrice in orchestra e, quel che è peggio, una scaltrissima menefreghista che non solo fa il
proprio comodo di fronte a qualunque decreto ministeriale ma lo fa anche "in altri modi", tanto da
sollevare le ire perfino del Vescovo contro il suo contegno poco edificante. Non ho mai voluto
infierire, ma quando ho saputo che i rappresentanti del Ministero erano informatissimi di tutto
ho chiesto per lei un trasferimento d'ufficio. Senonché quei signori amano starsene nell’ombra e
non prendersi responsabilità e grattacapi, scaricando tutti i compiti più ingrati sulle spalle del
sottoscritto. È avvenuta così una scena di proteste, di pianti, di giustificazioni, e questa donna ha
finito col farmi pietà. Capite? io non me la son sentita di infierire contro una donna la cui colpa
maggiore è di amare un po’ troppo il prossimo suo... di sesso mascolino. Se Cristo ha perdonato
all’adultera perché non devo infischiarmi io dei peccati di questa arpista che al di là della scuola
non mi interessa affatto? Se mai non le perdono di essere scadente in orchestra, tant'è vero che
inventa ogni pretesto per non suonare quando c’è l’occasione. (pausa)
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E così si va avanti: le scuole vanno male e il disordine regna sovrano un po’ dappertutto. Io credo,
caro Nicolino, che se io mi trovo oggi in cura a Chianciano ciò è dovuto in gran parte ai dispiaceri
del Conservatorio e alle fatiche che sopporto per tenere in sesto questo Istituto che è rinato e
trasformato per la mia ferrea volontà e per le mie grandi cure ma non certo per quell’appoggio
fermo che io dovrei avere da Roma dove se ne fregano e "tirano a campà"... (altro breve stacco musicale)
(D)
Nella tarda estate del 1943, in un momento storico tra i più cruciali della storia recente, Zandonai
dà un'ultima convincente prova della sua fede assoluta nelle ragioni dell'arte musicale.
(A)
Stamane, al Conservatorio, ho potuto avere un'audizione del mio Trio­Serenata. Come Re Luigi
di Baviera mi sono installato in una comoda poltrona dando ordine ai miei gentili professori del
Trio pesarese di suonare per me solo... La Serenata ha il merito di distinguersi per colore e forma, dai soliti pezzi di repertorio; scorre
via in un attimo e i suoi 31 minuti di durata creano un curioso inganno acustico di brevità.
Eppure si tratta di un tempo bastante per uccidere un bue se la musica che lo riempie è brutta o
noiosa. Ma ho l'impressione che questa mia musica non sia brutta affatto. Se mi sbaglierò sarà
mio danno! Ma non mi sbaglierò, caro Nicolino, perciò sono felice di aver fissato questa pagina. So che vi infliggo una piccola seccatura nel pregarvi di spedire questa mia musica all'editore
Curci, ma consolatevi pensando che è stata scritta proprio nei giorni in cui il famigerato regime
mussoliniano è crollato...
(D)
Con l'avanzare della guerra molte cose precipitano. Le vicende umane dei nostri personaggi
subiscono improvvisi tracolli. Rossato muore a Milano nel marzo 1942; Clausetti lo segue un anno
dopo. Zandonai, sempre più malato, ha la casa invasa dai tedeschi e trova rifugio in un convento
sulle colline di Pesaro. Nella sua casa di Roma, D'Atri, quasi ottantenne, assiste incredulo alla distruzione di tutto un
mondo e si aggrappa ai soli ricordi che per lui contano.
(B)
(tono di grande stanchezza) È una gran pena vivere senza comunicare con quei pochi, anzi
pochissimi amici, che una lunga consuetudine epistolare, ininterrotta per anni ed anni, aveva
resi elementi della mia esistenza quotidiana, la quale sembra ora come svuotata di una parte
essenziale che era la reciproca comunione di pensiero, di sentimenti, di fatti. La mancanza delle
vostre lettere, caro Riccardo, costituisce ora quasi una minorazione del mio essere, che vi era
inevitabilmente abituato. E, più che il silenzio attuale, mi preoccupa quello prevedibile dei
prossimi mesi. Ci penso e me ne affliggo. Ma di quante altre cose intorno dovremmo affliggerci? Le nostre giornate trascorrono monotone e senza un po' di luce nell'anima anche quando il sole è
fulgido. Assistiamo in città a cose degradanti che non giova descrivere. Il coprifuoco ci obbliga a
rientrare alle 6 di pomeriggio, e dalle 6 all'ora di andarcene a letto bisogna risolvere il problema
di passare il tempo. Mia moglie si dedica all'enigmistica che la distrae; io sfoglio libri svariati non
riuscendo a fissare a lungo su di uno solo la mente, attratta di continuo ai fatti del giorno e alle
condizioni presenti e future della nostra Italia e di noi miseri in essa. Mi son dato a rivedere tutte le mie vecchie carte, accumulatesi da anni, per destinarne la
maggior parte ai fornelli. Senz'averne il tempo né il coraggio di leggerle, sto impacchettando,
anno per anno, tutte le lettere vostre, di Rossato, Clausetti, Pizzini, le quali sono innumerevoli e
andranno ad arricchire il piccolo museo zandonaiano di Rovereto a beneficio di quel
beneinspirato nostro postero che vorrà studiarvi col gruppo fedelissimo dei vostri devoti e
dell'arte vostra. Sono montagne di pacchi che non so dove conservare e dai quali ogni tanto stacco
qualche foglio per gettarvi l'occhio e ridestare ricordi cari e malinconici del nostro bel passato che
non si ripete...
(ultimo stacco musicale)
(musica)
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Rileggendo e riascoltando Riccardo Zandonai