1 LETTURE SCELTE A PIU' VOCI DAGLI EPISTOLARI a cura di Diego R. Cescotti (Sala Conferenze MART 29 ottobre 2004) Passioni, entusiasmi, successi intrecciati a polemiche, delusioni, amarezze...: tutto un universo di affetti e accadimenti emerge dalle pagine dei carteggi corposissimi, recentemente portati alla luce, in cui si racconta la vicenda artistica e umana di Riccardo Zandonai e il suo primario impegno per affermare i valori dell'arte musicale in un'Italia confusamente alla ricerca di un suo posto nel mondo. Configurato in una dimensione corale di inusitata ampiezza, l'epistolario fa emergere con violenza d'impatto motivi e comportamenti molteplici e contraddittori, tra slanci ideali e inevitabili debolezze, coraggiose affermazioni di libertà creativa e compromessi imposti dal momento storico, ponendosi insieme come originale spaccato d'epoca e inedito profilo d'autore. Quattro attori, cui è stato affidato un piccolo ma significativo campione di lettere montate quasi come in un copione teatrale, s'incaricano di dar voce ad alcuni dei contenuti più rilevanti di questi epistolari, assecondati da momenti musicali d'atmosfera. ATTORI: Andrea Franzoi Bruno Vanzo (B) Michele Pandini Michela Fedrizzi (A) (Zandonai) (D'Atri / Clausetti) (C) (Rossato / Pizzini) (D) (voce narrante) COMMENTO MUSICALE: Roberto Vigagni, pianoforte (D) Ia PARTE (introduzione strumentale) Una vita d'artista è affollata di persone d'ogni genere. In testa gli impresari, gli editori, i dirigenti e i rappresentanti d'istituzioni. Con essi vanno trattati gli aspetti pratici: accordi da prendere, scadenze da rispettare, preventivi da fissare, compensi da pattuire, contratti da firmare... Poi, per le questioni puramente artistiche, vi sono gli addetti ai lavori: cantanti, direttori d'orchestra, maestri sostituti, strumentisti, registi, scenografi... Sullo sfondo la grande massa degli amici, dei sostenitori, degli ammiratori, dei cacciatori d'autografi: centinaia di persone, spesso indefinite, che in ogni centro grande o piccolo cercano un fuggevole contatto con l'uomo famoso, prodigando saluti, incoraggiamenti, voti, felicitazioni. (montaggio di voci diverse a ritmo incalzante, parzialmente sovrapposte e in dissolvenza incrociata, su un continuum musicale) (A) ...illustre Maestro, sebbene non abbia mai avuto né l'onore né il piacere di conoscerla personalmente ho seguìto lo svolgersi della sua carriera artistica con trepidazione ad ogni Sua première e con entusiasmo ad ogni suo trionfo. Perdoni la mia libertà e le frasi povere che non riescono a tradurre i miei sentimenti, ma apprezzi la mia sincerità. Devotissimo Rag. Bertoli Marco (C) ... non so se Ella si ricordi di me. Ci siamo incontrati alla Radio Milano e ricordo con tanto piacere la conversazione fatta con Lei. Vorrei pregarla vivamente di farmi inviare a Milano una sua fotografia per la nostra rivista. Se potrò avere una fotografia Sua anche per me, tutta per me, mi farà cosa sommamente grata. Devotissimo Giuseppe Ardàn (B) ...tremila soci della Società Alpinisti Tridentini acclamano oggi a mezzo mio la fortunata ardita ascensione alle eccelse vette dell'arte decretandovi il record dell'alpinismo italiano e trentino. suo Pietro Pedrolli (D) ...penso che il mio nome Le sia ancora noto poiché io fui interprete della Sua meravigliosa “Giulietta” al Verdi di Trieste e al Costanzi di Roma. (1) 2 Se il ricordo di questa mia modesta interpretazione non è completamente dimenticato, voglia gradire tutte le più vive, sincere congratulazioni per il ben meritato successo alla Scala. Distinti saluti. Stefania Dandolo Dolcetta A) ...con vivo plauso al vostro alto intelletto gli "Amici della Musica" vi augurano fervidamente un nuovo trionfale successo che speriamo confermarvi qui nella città di Rossini vostra patria d'adozione. Avvocato Perotta (C) ...per l’amore con cui il trapassato padre mio gelosamente tentava di interpretarVi sulla sua fisarmonica imploro pietà a Vossignoria nel volermi beneficare con una Vostra effigie vergata dal Vostro potente pugno. Scusate la mia sfrontatezza per tanta libertà ma non potendo frenarmi, osai. Giuseppe Manfredi (B) ...illustre Maestro, gli Ufficiali del mio reggimento esprimono a mio mezzo il desiderio di poter includere nel loro calendario annuale la riproduzione del suo autografo; ma prima sento il dovere di chiederLe l'autorizzazione, inviando il facsimile della riproduzione. Con vivi ringraziamenti, accolga gli ossequi miei e dei miei Ufficiali Colonnello Italo Caracciolo (D) ...avrei voluto dirle con una stretta di mano espressiva tutto il mio godimento di ieri, ma vari piccoli impegni mi hanno tolto la possibilità di tentarlo. Seguirò da qui questa sera al trionfo partecipando alla Sua soddisfazione che deve essere grande. Non dispero di rivederla prima che lasci Roma. Sua Giuseppina Garavaglia (B) ...accolga con la consueta amichevole cordialità il caloroso affettuoso evviva del suo vecchio ammiratore Giovanni Ferruccio Sacchetto (D) (sfumare fino al silenzio) Il lavoro dell'artista non è mai un'azione singola, appartata: coinvolge molteplici interessi e competenze, smuove pensiero, suscita discussioni, solleva passioni. Qui i rapporti si fanno più delicati e non escludono incomprensioni, rivalità, gelosie, malumori, litigi e rotture. Zandonai capisce ben presto che il mondo dell'arte è un campo di battaglia dove si deve lottare giorno per giorno per la sopravvivenza, perché nulla in arte è scontato. Per questo si rivela fondamentale il sostegno e il consiglio delle poche persone veramente amiche, quelle che costituiscono i punti di riferimento stabili . (accordo) NICOLA D'ATRI: avvocato, critico musicale, uomo d'affari e di cultura nel senso più ampio, si assume il compito di gestire la vita di Zandonai guidandone i passi attraverso le continue insidie che costellano il suo percorso. Autentica figura di mecenate del Novecento, D'Atri è mosso da sentimenti di abnegazione e di amore per l'arte, ma anche da una più umana, segreta ambizione di assicurare a se stesso un piccolo posto nella storia. Fin dall'inizio la presenza di Nicola D'Atri nella vita di Zandonai assume i contorni di un evento segnato dal destino. E il musicista è sollecito nell'esternare all'amico romano tutta la sua tenera riconoscenza. (A) (2) Sacco 29 marzo 1913 Carissimo Amico, nella quiete della vecchia casetta che ha visto nascere le mie figliuole Dot, Conchita e Melenis e che ora vedrà crescere Francesca, penso spesso ai giorni passati a Roma e mi convinco sempre più che questo mese che sta per finire ha segnato per me un’epoca che dovrò registrare nel mio libro d’oro. E penso molto agli amici nuovi e vecchi di costì ma specialmente a Lei che si è guadagnato tutta la mia gratitudine con l’avermi procurato la grande gioia di essere compreso. 3 Spero che la vita non mi negherà l’occasione di dimostrarLe con i fatti tutto ciò che di Lei penso e tutto ciò che per Lei sento, e mi dia l’occasione di scontare almeno in parte il grande debito che Ella mi ha imposto con i suoi grandi meriti di bontà e di intelligenza. E così sia! (accordo) (D) L'affetto è del tutto reciproco ma comporta un prezzo da pagare: l'artista, una volta eletta la sua guida, non può permettersi troppa autonomia di pensiero e di azione. Ciò può creare qualche piccolo malinteso. (B) (un po' risentito) Mio caro Riccardo, la vostra lettera di ieri mi ha messo di cattivo umore, anzi ha peggiorato il mio umore che non era allegro. Se voi poteste misurare veramente quanto e come io partecipi alle vostre cose, ve ne rendereste ragione. Ma spero almeno abbiate compreso che ormai, al di fuori della stessa amicizia, voi e l’arte vostra siete parte essenziale della mia esistenza morale. (jingle) (D) L'intento principale di D'Atri è quello di stimolare lo spirito critico, così che ogni aspetto del fare artistico sia sottoposto al più puntiglioso vaglio della ragione. Nelle sue lunghissime, avvolgenti lettere non si stanca di spiegare, consigliare, proporre, invitare alla riflessione. E se lo ritiene opportuno, passa ad interventi più decisi per imporre la sua linea. In questo sta il suo limite: nel non capire che l'arte sopporta male i vincoli e le interferenze esterne. La sua diplomazia però si esercita con abilità. Nel febbraio 1927, in vista di una ripresa dell'opera “Conchita”, raccomanda al musicista di riconsiderare la sua vecchia partitura con occhio severo. (B) (pacatamente) Se questa mia vi coglie in un buon momento, desidero raccomandarvi quanto segue: ritrovandovi oggi, dopo molti anni, davanti alla vostra maliosa Conchita, potrete riesaminarla senza la passione di una volta. In voi, cogli anni, ahimé! cresciuti, è pure cresciuta l’esperienza, la quale ha modificato qualche criterio; ed è pure cresciuta la pratica del pubblico teatrale e della sua natura. Soprattutto dev'esser prevalso ormai in voi il principio, così ostico ai musicisti di razza, che nell’opera la musica, per bella che sia, non deve mai imporsi con le sue proprie esigenze all’interesse scenico; non deve cioè ingombrare la scena o servire a colmarne i vuoti. Con questo preambolo v’invito a riesaminare a freddo, senza tenerezze paterne, la vostra creatura, dal nuovo punto di vista, e dunque, se osservaste qua e là l’opportunità di far correre l’azione, compite il sacrifizio della musica. (D) E Zandonai – in questo caso – gli dà ragione. Ma solo a parole. (A) Vi ringrazio dei vostri consigli sul carattere pratico e teatrale di Conchita . Vi confesso che avevo già preso la decisione di essere molto severo con me stesso, ma ritornando sul mio lavoro dopo undici anni di abbandono completo ho dovuto dichiarare a me stesso che quest’opera è la più stringata e scorrevole che io abbia scritto. In questa nuova edizione triestina mi sembra proprio che non ci sia più nulla da tagliare. Avendo poi trovato qui una interprete che è anche un’intelligente e simpatica attrice, piena di vita e di nervi, non c’è dubbio che nell’azione punti morti non ce ne saranno. Ma se durante le prove qualche cosa non andasse mi ricorderò dei vostri buoni consigli. (jingle) (D) Sotto l'incombente influenza di D'atri viene a cadere anche ARTURO ROSSATO, il poeta che sarà per più d'un ventennio il librettista unico di Zandonai. Da Milano, dove vive e lavora, Rossato manda ora all'uno ora all'altro le sue lettere originali, stralunate, spiazzanti, piene di punture e di spigoli ma sempre con un fondo umanissimo. La sua natura è meno remissiva e malleabile di quella di Zandonai, e di fronte alle imposizioni di D'atri reagisce talvolta con un moto istintivo di ribellione. (C) Carissimo Nicolino, certe volte mi fate arrabbiare sul serio coi vostri continui dubbi e le vostre continue paure. La vostra disgrazia è d'essere troppo saggio e di voler applicare sempre un sistema "crociano" di ragionamento logico ad ogni virgola. “A me m'à rovinato la guerra!”, dice (3) 4 Petrolini. A voi vi à rovinato Benedetto Croce, dico io. Siete convinto, ora, che almeno tre quarti dei vostri ragionamenti logici, nei quali trascinate anche me, crollano come foglie sotto il vento davanti alla realtà?.. Voi pensate una cosa, e Riccardo ve ne fa un'altra. L'arte – quando è arte – trova istintivamente le sue vie di espressione. Ergo, tutto il vostro tormento di sei mesi è stato press'a poco un lusso. Pazienza per voi!. Ma avete tormentato anche me... che c'entravo pochissimo e non amo Benedetto Croce!. Zandonai può fallare nei particolari di misura, mai nel colore e nell'impostazione d'un quadro o d'un personaggio. Più il problema è difficile – ricordàtelo – più quell'Orso ci gratta sopra e riesce a risolverlo.. Io credo addirittura che lavori dormendo: d'istinto... E voi non abbiate più paure, lasciatemi dire i miei motti e non fatemi cambiare più tante cose... (D) In un caso il poeta si diverte a scendere sullo stesso piano logico di D'Atri – quasi facendogli il verso – per esporre la sua personale posizione estetica. (C) (tono forense) L'artista quando crea, crea per istinto, e in quell'attimo conclude il più fiero e il più stringente dei ragionamenti. Se chiedete all'artista perché ha fatto quella tal cosa, trovato quel tal tema, usato quel tal colore, scritti quei tali versi, data quella tale scalpellata, l'artista vi risponderà: "non lo so: ho sentito". E questo tremendo "ho sentito" è precisamente la ragione alla quale mi riporto io: ragione che è la variazione e la conclusione di tutto un superbo ed inconscio sistema millenario di logica sconosciuta. Vi porto un esempio. Mettetevi davanti al David di Michelangelo. Palpando e ragionando vi troverete molti gravissimi errori, fra i quali, non ultimo, la stupidità immobile e sgraziata della statua la quale – vista di fianco – sembra cadere, come una zappa che voglia stare in piedi per forza. Ma nell'insieme, tutto quell'istintivo e furioso movimento di errori, di sproporzioni, di immagini sbagliate dànno al David una bellezza movimentata e una vita umana, vera, inconfondibile, precisa. Be'! Ora mettetevi di fronte alle Tre Grazie o all'Ebe di Canova.. Tutto perfetto, tutto ragionato, tutto misurato. Movimenti, proporzioni, atteggiamenti si concatenano a perfezione, si riallacciano e si concludono limpidamente. Ma qui l'opera d'arte è di mille cubiti al di sotto alla creazione. (appassionandosi) Il David è tratto dalla furia appassionata d'un esaltato divino, l'Ebe e le Grazie sono ragionate col centimetro sulle statue greche. Nel primo i difetti diventano i maggiori coefficienti alle virtù dell'opera, nelle seconde tutto quanto è un regolare discorso... E dunque nel David ci sto benissimo io; nelle Grazie e nell'Ebe ci state magnificamente voi. (pausa) La difesa dell'imputato è finita e la conclusione è questa: che dopo sei o sette mesi, la scena della Farsa amorosa che io avevo creata e che voi mi avete contestata ritorna al suo punto di partenza originale nel quale il mio istinto l'aveva messa e il vostro ragionìo levata. (breve stacco musicale: accordi perentori) (D) In questa concezione del fare artistico come moto istintivo dell'animo si riconosce pienamente anche Zandonai. Anche per lui l'interventismo razionalizzatore di D'Atri può a volte giungere del tutto inopportuno, rischiando di smorzare l'entusuasmo dell'artista creativo. (A) (4) Palermo 7 marzo 1921 Caro Nicolino, la vostra lettera mi è giunta qui mentre i facchini stavano collocando nella mia stanza d'albergo il pianoforte sul quale contavo di creare le prime Scene dell’atto 2° di Giulietta. Ahimè, che doccia fredda mi avete dato! Dunque secondo voi anche la scena della primavera dovrebbe scomparire! Addio organino, addio contrasto dolce nella scena dell’attesa; addio giullare, addio ancelle, addio un sacco di cose! Se andiamo di questo passo, forse solo fra quarant’anni l’opera sarà scritta! Troppe preoccupazioni e troppa analisi: con le une e con l’altra non si creerà nemmeno una canzonetta napoletana! Viva la faccia della mia incoscienza dalla quale sono nate Francesca, Conchita e tante altre cose che i moderni trovano passabili ma che i posteri ammireranno anche di più. Sapete, io ho una grande paura di stancarmi di Giulietta e temo perfino di essere vicino al punto di farla saltare dalla finestra. Ora io domando a voi: debbo lavorare o debbo aspettare che il libretto sia finito? E quando sarà finito andremo avanti o continueremo a distruggere domani quello che si è fatto oggi? Nicolino, datevi pace! Convincetevi che la perfezione non esiste, e se pure esiste, è una cosa relativa come tutto ciò che è stato creato dall’uomo. Oppure esiste e non si 5 vede che dopo, assai dopo… Ma questo dopo lasciatelo venire, se no saremo morti prima di averlo raggiunto. Oggi mi sento molto perplesso e l’arte mi nausea. Speriamo che domani non sia così altrimenti povera Giulietta! Ve l'ho detto altre volte: mentre l’artista lavora non deve analizzare se vuole evitare il pericolo di distruggere sé stesso. E non continuo perché sono assai nervoso. Perdonatemi e abbiatevi gli affettuosi saluti da mia moglie e un abbraccio dal vostro Riccardo (D) (jingle) In quest'eterna diatriba Zandonai riesce a mantenere una sua linea d'equilibrio: se lo ritiene giusto fa di testa sua, ma in ogni caso non rinuncia mai all'all'imprimatur finale dell'amico più anziano e navigato. (A) Lavoro sempre e il primo tempo della mia Sinfonia dovrebbe essere a buon punto. Dico dovrebbe, se non avessi buttato all’aria il già fatto due o tre volte. Temo di aver raggiunto quel grado di maturità nel quale l’artista comincia a riflettere: temo di essere sulla via di diventare autocritico... Se così fosse, mi sarei messo un gran nemico in casa e i critici – quelli dei giornali – potrebbero godersi l’esilarantissimo spettacolo di Zandonai che distrugge sé stesso. Facciamo le corna e tiriamo avanti. Non pensate che io non voglia prendere sul serio i vostri illuminati consigli: è che i vostri consigli mi si tramutano in preoccupazioni e mi legano un po’ le braccia, mentre io sento profondamente questa verità: nell’arte nulla va preso sul serio e i più bei frutti dell’arte nascono dall’incoscienza più assoluta. Tuttavia state tranquillo: la Sinfonia spero di scriverla, perché nella lotta fra il critico e l’artista vincerà quest’ultimo. In questi momenti di perplessità, però, mi rammarico tanto di non esservi vicino perché voi potreste con una sola parola portarmi sulla diritta via. (D) Ma non sempre è possibile controbattere con disinvoltura agli inesauribili sofismi datriani. Alla lunga il continuo implacabile esame produce come un moto di rifiuto in entrambi gli artisti. Rossato, più debole o magari più convinto delle sue posizioni, cade in una vera e propria depressione e viene preso dalla voglia di mollare tutto. (C) (esasperato) Mio caro Nicolino, questa lunga attesa, questa ricerca disperata della perfezione, questo assiduo continuo assedio al cervello mi hanno convinto ch'io sono un peso improduttivo e inadatto allo scopo da raggiungere. Mi ci levo e passo la mano. Forse sarà un bene per Riccardo. Dalla porta che lascio aperta entrerà l'aria nuova e fresca piena di canti: di quei canti ch'io non so più trovare. Se mi volete bene – come ve ne voglio tanto, veramente tanto, io – rimanete vicino al vecchio e grande Orso di Trento che vi ama con una venerazione e una gioia di grande bimbo. Per la sua arte e per lui, non lasciate il vecchio focolare che vide nascere tanta luce. Trovatevi un altro ragazzaccio migliore di me. Ce n'è tanti! Io da lontano ascolterò il vostro cuore gonfio di passione e di bontà. Poi sarò il primo a venirvi incontro, nell'ora del buon successo, col muso graffiato dal dolore e dal sorriso amaro come quello d'un gatto che torna dai tetti. Ma sarò lieto egualmente nel profondo dell'anima! Purché Riccardo canti!. Purché – egli così buono e così artista veramente – batta le ali ch'io impaccio da tempo... Portatelo alto! alto!. Io mi caccio le mani in tasca e filo via. Vi abbraccio col cuore immutato e immutabile. Voilà tout. Vostro Rossato (D) (arpeggio che imita una riverenza) Non sarà questo il suo vero abbandono. Ancora una volta il poeta si lascerà convincere a ritornare sui suoi passi. Ma il problema si ripresenta, caricato di molte ulteriori aggravanti, cinque anni più tardi, nel settembre del 1937. (C) (teso, sconfortato) Caro Riccardo, ultimamente, a Roma, alcuni tuoi ammiratori fedeli mi fecero la colpa di averti fatto scrivere delle "opere borghesi". Già. Dopo Giulietta, saresti diventato borghese. E per colpa mia. Che differenza ci sia tra "opera borghese" e "opera aristocratica" confesso di non saperlo, ma la cosa mi ha impressionato molto per dieci minuti. Confesso che ho una tenerezza speciale per tutto ciò ch'è rurale. (animandosi) Ai vestiboli dei grandi alberghi dove i gentiluomini di razza e i camerieri si somigliano tremendamente, preferisco le mie due spanne di terra, dove sbadilo in maniche di camicia, taglio, falcio, sudo come una bestia ed ho la libertà di "sputare per terra" ch'è l'espressione più raffinata dell'uomo libero. (5) 6 All'elegante gioco del biliardo, dove un macaco ben vestito, con una lucente steccolina in mano, ti spinge una pallina calva contro un'altra preferisco il gioco delle bocce: e quasi tutte le sere vado a farmela fuori coi contadini urlando come loro. E, se non ti dispiace, alla saliva frizzante chiamata champagne la quale ti bagna le labbra come una puttanella di alto lignaggio, preferisco un gotto di vino solido, color rosso vivo, profumato di terra e di sole, che quando ti è in corpo, fa le capriole e si mette a cantare i cori del Nabucco e dell'Ernani. Tutto vero. (fiero) Ma che in arte io sia borghese nel senso dispregiativo di oggi, mai! Basterebbero le lucide ottave del Giuliano, l'umanità semplice dei Cavalieri e la dignitosa fierezza di Giulietta a provarlo. (D) (musica perentoria) Ma ormai è troppo tardi per recuperare lo spirito originario e metterlo di nuovo in condivisione con l'amico musicista. Pochi giorni dopo si consumerà con lui (e parzialmente anche con D'Atri) una rottura clamorosa che non sarà più completamente sanata. (intervento musicale lungo) IIa PARTE (D) Il ritmo della creazione alterna momenti di forte spinta e altri di sosta e attesa. Sia Zandonai che Rossato conoscono periodicamente tali situazioni di vuoto, vissuti a volte con sconforto, altre con sereno fatalismo. Entrambi sono accomunati da una eguale tentazione di fuga, di evasione, quasi di scomparsa nei rispettivi rifugi che si sono costruiti a contatto con la natura. (A) (tono distaccato, senza pathos) Caro D'Atri, in questo periodo passato ho riflettuto molto sulla mia attuale posizione artistica e cento ragioni mi convincono che riposare per qualche anno mi può essere di grande utilità. Mi domando: perché Conchita non si dà, Melenis non si conosce, La via della finestra si ignora? Il perché è facile: ho prodotto troppo in questi anni; gli impresari non hanno tempo di dare tutte queste opere e il pubblico non ha modo di conoscerle. Francesca, Giulietta, Cavalieri...: troppa roba, e roba troppo buona; indigestione sicura! Ma vedrete, col tempo l’appetito ritornerà e farà desiderare anche i piatti della mia gioventù che non sono ancora stantii ma semplicemente obliati nella dispensa editoriale. Con queste premesse, che vi possono sembrare strambe e indegne della mia serietà abituale, come posso rispondervi circa il progetto della nuova opera? Ma non sono affatto smontato. Oggi mi sento più sicuro di un tempo perché imparo a saper aspettare. Quindi avete sbagliato la mia psicologia di queste settimane. Può darsi che i miei disturbi fisici abbiano influito un poco a smontarmi; ma più di tutto mi ha smontato la mia stessa coscienza d'artista che si ribella di fronte all’imbecillità del pubblico e dello sporco commercio teatrale. Almeno avessi degli editori intelligenti! Neanche quello. E allora perché scrivere? per il pubblico imbecille? per gli editori asini? Per sé stessi? Certo, scrivere per sé stessi è una grande soddisfazione ma è anche un lusso che non sembra più dei nostri tempi, perciò non si deve abusare di questo lusso. Tuttavia me lo permetterò qualche volta, mio caro Nicolino, state tranquillo. (tono indolente) Ma intanto i propositi di tacere a lungo perdurano, e mi sembrano infinitamente dolci in questo momento... (D) Poi però vi sono periodi in cui, come un turbine, subentra la febbre della creazione. In quei momenti intensi Zandonai si muove sicuro, disciplinato, scrupoloso, efficente, quasi incurante della fatica. Così avviene nell'estate del 1927, quando è visto lavorare febbrilmente al "Giuliano". (A) (tutto il seguente passaggio su un sottofondo musicale incalzante) (rapido, nervoso) Lavoro disperatamente… Sono giorni e giorni, ormai, che mi tormento, e avrei forse bisogno di un po’ di riposo; ma come staccare? i nervi sono a sì alta tensione che tutto mi riesce facile, mentre se stacco temo poi la rimonatatura… Se resisto altri 5 o 6 giorni finirò l’atto 1° e poi mi darò pace. Ormai ho tutto il lavoro preparatorio sbozzato, non si tratta che di rifinire e fissare. (jingle) Ho finito ieri la partitura dell’atto 1°. Direi che è riuscita assai bene se non temessi di incorrere nel solito luogo comune dei compositori, che trovano sempre ben fatte le loro opere... Mi occuperò (6) 7 subito della riduzione per piano e canto, ma non so se avrò poi la forza di attaccare subito l’epilogo; mi converrà forse continuare ad istrumentare... (jingle) Ho lavorato molto in questi giorni passati. Sto mettendo a posto definitivamente l’atto 2° del quale attaccherò subito la partitura. Poi andrò in Carpegna e conto di lavorare anche lassù, specie se il tempo si guasterà. Ma ho bisogno di ritemprarmi un poco: qui non piove da mesi e fa un caldo atroce. Questa la ragione per cui non attacco l’epilogo di Giuliano, che conto di scrivere poi a Sacco attraverso le dolci e tristi sensazioni dell’autunno. (jingle) Non ho perduto tempo. La partitura atto 2° di Giuliano è finita e sono soddisfatto e sicuro di quanto ho scritto. Ora sto portando un piccolo ritocco al finale dell’atto 1° perché ho notato nei miei ascoltatori un po’ di freddezza, proprio in quel punto. Ho fatto una diagnosi severissima col bisturi nella mano. Mi direte voi più tardi se ho avuto ragione, ma io personalmente mi sento più soddisfatto. (jingle) Domani ricomincerò ad istrumentare. Ma non vi nascondo che sono stufo, stufo, stufo! Dopo 12 mesi di lavoro ininterrotto sento il bisogno di far punto. E questo è anche umano. (jingle) Spero di finire domani o dopodomani al più tardi la riduzione dell’Epilogo di Giuliano e levarmi così il grosso peso. Lavoro da mane a sera trascurando perfino la caccia… (non è poco!) e francamente non vedo l’ora di dare un po’ di riposo ai miei nervi. Tuttavia spero di riuscire a tutto. (breve conclusione musicale più calma) (D) Poche cose un artista sopporta meno che di veder mutilate le proprie opere. Ma le esigenze del palcoscenico impongono a volte dei duri sacrifici. È in questi casi che si forma spontaneamente un fronte comune tra editori, collaboratori e amici per spingere ad un'unica azione: tagliare! (A) (con irritazione) Ieri Clausetti ha sfogato tutta la sua mania chirurgica sui miei poveri Cavalieri di Ekebù. Cose da matti! Se dovessi enumerarvi tutte le scene che egli vorrebbe tagliate arriverei alla dozzina, e l'opera prenderebbe delle proporzioni ridicole! Oggi con lo spartito alla mano ho cercato di accontentarlo, almeno in parte; ma poi il sangue mi è salito al cervello e sono stato preso dalla ribellione più ostinata. Qui i casi sono due: o la mia opera è una vera porcheria o il nostro amico è un perfetto citrullo! Nel primo caso sarebbe meglio bruciare l'opera; nel secondo sarebbe opportuno che l'editore avesse maggiore fiducia in chi l'ha scritta. Non mi sento l'anima di straziare così il mio lavoro. Badate: ci sono mariti – ai nostri tempi – che tagliano a pezzi le proprie mogli; ma non ci sono mai stati padri che abbiano affettato i propri figli. Il primo sarei io! Dio me ne liberi! Prestatemi un po' di attenzione. (rapido) Sfrondare la scena delle ragazze nell'atto 1° è cosa facile; togliere l'apparizione di Sintram alla fine d'atto può essere altrettanto facile. Ma eliminare tutta la scena di Sintram nell'atto 2° non è facile affatto; eliminare il finale dell'atto 2° è più difficile ancora (come posso finire l'atto, poi?). Tagliare la replica del canto di Natale equivale a strapparsi un testicolo. A sfrondare la fine al quadro finale non ci riesco, almeno decentemente, e sfido chiunque a riuscirci con decenza. E tagliare il duetto dell'atto 4° non è facile affatto senza guastare l'effetto e la prospettiva dell'intero quadro. Sfrondare poi la scena della morte della Comandante – come vorrebbe Serafin – è da cretini (questa frase la regalo ai posteri). Tutto sommato, non vedo che una sola via d'uscita: fare ciò che mi pare, scaraventando in aria col fumo della mia sigaretta tutti i consigli editoriali. Amen!! (accordi perentorî) (D) A un certo punto, fiutando dei cambiamenti nel costume musicale, D'Atri vorrebbe convincere l'amico a passare al redditizio genere sinfonico. Ma senza molto successo. (B) (7) Ho riflettuto molto su quello che dovreste fare, se vorrete procurarvi, vita natural durante, le soddisfazioni cui la vostra genialità ha diritto. Io sono convinto che, se voi vi fissaste per direttiva artistica, durante uno o due anni, la composizione nel campo sinfonico ne sareste poco dopo largamente compensato, moralmente e materialmente. Ci prenderete gusto. E vi riuscirà bene, 8 nonostante la vostra convinzione che siete nato pel teatro – convinzione acquisita e non naturale. A furia di ripetervelo finirò col mettervi almeno nello stato di dubbio che io abbia ragione: cosa che finora non credo sia avvenuta. (A) Mio buon Nicolino, voi vi affannate a scrivermi e riscrivermi la vecchia solfa. Non vi so dare torto ma c’è un destino che governa i nostri sentimenti e le nostre azioni. Io amo troppo il teatro, a dispetto degli impresari e degli editori; se il teatro crollerà io crollerò con esso e nessuno potrà biasimarmi. Quanto alle fonti d’oro che il sinfonismo può far intravvedere non mi interessano affatto. Dunque, se i vostri nobili sforzi riusciranno a farmi scrivere qualche pezzo sinfonico in più tutto non sarà poi sprecato. Mi auguro che per lo meno i pezzi non siano indegni del grande amore che li ha fatti nascere. Ma non vi illudete: (scandito) Zandonai non sarà mai sinfonista di proposito! (intervento musicale) (D) IIIa PARTE Con la Casa Ricordi i rapporti non sono sempre dei migliori. La gestione della Ditta è ora nelle mani di due persone: Carlo Clausetti e Renzo Valcarenghi, due caratteri troppo diversi per andar d'accordo. CLAUSETTI – premuroso, apprensivo, ipersensibile – soffre nel vedersi considerato con diffidenza dagli artisti, di cui vorrebbe essere amico. E si sfoga – anche lui – con Nicola D'Atri. (B) (patetico, lamentoso) Mio caro Nicolino, ho attraversato un periodo così noioso che non puoi sapere. Ecco perché la mia corrispondenza è diventata lenta e disordinata. Scusami. Spero di rimettermi presto in carreggiata. Puoi immaginare come sia tuttora amareggiato per quanto è accaduto con Zandonai. Tu sai le mie idee: se nella Ditta dovesse dipendere da me solo, nemmeno il più lieve accadrebbe di questo genere di incidenti. Io mi trovo associato a un uomo (Valcarenghi) che sarà pieno di buone qualità, ma la cui invadenza è intollerabile (a casa sua la moglie ne ha un sacro terrore). Io facccio quello che posso per far valere le mie idee, ma molte volte mi trovo dinanzi a una muraglia chiusa. Bisogna rassegnarsi: a quell’età è illusorio attendersi dei cambiamenti. Qualcuno mi consiglia la rassegnazione o la strafottenza che dir si voglia. Io ti assicuro che certe volte soffro come nessuno si immagina (anche stamane, per esempio, ho dovuto ingoiare un’amarissima pillola), ma che fare? Sono i soci della Ditta che han voluto creare questa posizione di salami legati a due, che è proprio assurda... Cioè, potrebbe anche andare benissimo, se la mentalità del mio collega fosse diversa. Allora non nascerebbero né gli incidenti Zandonai, né quelli Rossato. Invece... Ciò che mi rincresce moltissimo è che noto in Zandonai una freddezza anche verso di me, che sono stato sempre affettuoso e premuroso con lui. Quanto a Rossato debbo dirti francamente che deploro il suo contegno, quel suo accampare stolte pretese... Ti garantisco che questa volta si è regolato proprio male non solo verso la Ditta, ma soprattutto verso di me, che non lo merito. Quanto a Zandonai, ti prego di adoperarti tu perché finisca il suo broncio. (D) Ma quando l'azione di D'Atri su Zandonai sembra farsi troppo invadente, Clausetti ritrova l'autorità del proprio ruolo di editore e la fa valere sull'amico romano, sia pure con tutta la delicatezza dovuta. (B) (un po' sostenuto) Caro Nicolino, riguardo ai contenuti della tua lettera questo solo ti dirò: che sono ben felice che tu sia sempre nostro prezioso collaboratore nelle campagne zandonaiane. Se ho alluso in questi ultimi tempi a qualche tua esagerazione è per il sincero convincimento che tutto ciò che si fa in più e in là non solo non giova, ma guasta. Ciò che a me può dispiacere è che il tuo lavorìo sia in certo modo al di fuori, non coordinato al nostro, quasi all'insaputa, se non in contrasto, con lo stesso. Non è certo simpatico che tu dia incarichi, sia pure al librettista, in modo che suoni quasi ispezione o controllo all’opera nostra: oltre al fatto che ciò ci espone anche a cattive figure verso gli altri interessati. Sarà una disgrazia che esista l’editore, ma, sinché esso esiste, è necessario che la sua funzione la eserciti senza intoppi e senza infiltrazioni. Vorrei – posso sperarlo? – che tu mi intendessi bene. Non alludo affatto alla tua azione intelligente e utile di cooperatore e di amico, ma soltanto a tutto ciò che può esservi di soverchio o (8) 9 d'ingombrante. In questo momento, per esempio, se si insistesse troppo nello spingere Zandonai alla Scala, la cosa sarebbe di pessimo gusto, oltre che inutile. Oramai la Scala gli è aperta, Toscanini dirige la sua opera. Subito dopo essa sarà data a Roma. Il resto va da sé. E con questo non intendo dire che l’editore debba starsene con le mani in mano. Tutt’altro. Ma lavorare in sordina e proficuamente. Abbiamo intanto ripreso le pratiche per la Francesca in Germania. Prepareremo presto anche la traduzione tedesca dei Cavalieri ... Bisogna avere un po’ di pazienza. (pausa) (in fretta, riscuotendosi) Non avevo l’animo di ingolfarmi in questi ragionamenti, ma mi accorgo che involontariamente ci casco, mentre fra un quarto d’ora debbo trovarmi in teatro alla prova generale!... Per il momento dunque li tronco. Il resto te lo spiegherò meglio a voce, a Milano. (piccolo stacco musicale) (D) Altro personaggio centrale nella vicenda zandonaiana è TANCREDI PIZZINI, medico degli artisti della Scala e amico personale di Zandonai, nonché importante tramite informativo per tutto quanto avviene a Milano e nel suo mondo musicale, di cui sa sempre fornire il polso esatto. Nel 1913, nella sua villa sul Lago di Lugano, Pizzini ospita Zandonai che sta ultimando la sua “Francesca da Rimini”. Ne spia il lavoro con discrezione informandone puntigliosamente l'amico D'Atri per lettera. (C) Figino 25 luglio 1913 Per rispondere alla di Lei cortese lettera e mostrare il gradimento mio e di Riccardo, Le mando come primizia riservatissima la variante fatta dal D'Annunzio nella tragedia e precisamente nell’atto III° prima della lettura del libro. È un brano splendido pel quale Riccardo ha fatto una musica che mi pare bellissima. Alle parole "Nemica ebbi la luce" la melodia prende un accento solenne poi si svolge ora concitata ora dolce a seconda delle similitudini che descrive, si sofferma sulla parola "visitatrice" (quasi sillabata) e chiude con un poetico richiamo al motivo del finale del I° atto. La ripresa di Francesca è dolcemente mesta, poi comincia la lettura in una specie di declamato melodico. Alla fine del duetto riappare il motivo di Paolo ed in ultimo una ripresa del motivo della primavera. Nell'atto IV° la fusione dei due quadri mi pare molto ben fatta. Comincia (molto abbreviato) il duetto tra Francesca e Malatestino; poi, pure breve e bello, il duetto tra lei e Gianciotto. Superbo mi è sembrato il duetto tra i due fratelli. Nel secondo quadro vi sono pagine piene di poesia e di tristezza. (sottovoce) Ora Riccardo, nel salotto vicino, sta componendo il duetto finale. Non mi ha ancora eseguito nulla, ma mi giungono accenni di melodie veramente appassionate e spontanee, tutte nuove, delle quali è soddisfattissimo. Domani sera probabilmente l’opera sarà finita. (inserto musicale) a IV PARTE (D) Per abitudine, Zandonai e i suoi due amici più prossimi si tengono sempre scrupolosamente informati sul loro rispettivo stato di salute. Di malattie si parla molto in questi carteggi, ma in modo per lo più delicato, discreto, e, se solo è possibile, con un tocco di leggerezza a scopo esorcizzante. Per Zandonai si tratta soprattutto di coliche epatiche. (A) (tono sofferente) L’altra sera, poco prima della rappresentazione, ho cominciato a sentirmi poco bene e il malessere è cresciuto durante l’esecuzione di Giulietta che ho diretto coi dolori addosso e con una sofferenza indicibile. Tuttavia ho resistito e non ho detto nulla per non provocare chiacchiere inutili e commenti sul mio caso. Giunto al treno mi sono fatto un’iniezione da me che ha giovato a rendermi sopportabile il viaggio ma che non ha stroncato il dolore. Sono arrivato a casa esausto e mi sono buttato in letto. Per ora non mi posso nutrire e soffro abbastanza, pur ricorrendo spesso alla morfina. (D) La concomitanza con la guerra non migliora certo la situazione. (A) Pesaro, 21 agosto 1943 (voce flebile) Caro Nicolino dopo 4 giorni di letto tento stamane di rimettermi in piedi, ma fra il caldo e la debolezza potrei sentirmi idoneo per il passaporto finale... Come dopo un lungo benessere sia ricaduto, e così gravemente, nel vecchio disturbo lo sa Iddio!.. Strapazzi che possano giustificare simile strambuglione non ne ho fatti. Certo che quello che (9) 10 avviene attorno a noi e che ci rende così tristi, depressi e allarmati, non è adatto per guarire i fegati ammalati e delicati. Chianciano forse (dico forse!) mi farebbe bene, come mi farebbe bene un po' di aria ossigenata di montagna. Ma chi ha il coraggio di muoversi in questo momento? Senza macchina il viaggio da qui a Chianciano si presenterebbe complicatissimo. (D) D'Atri, nel corso degli anni, lamenta vari disturbi: artriti, lombaggini, gotta. Alcuni sono più vaghi forse di natura psicosomatica: malinconie, forme d'accidia, astenie, perdita di peso... (B) Quel mio stato progressivo di debolezza mi si mutò, giungendo a Roma, in prostrazione fisica e per conseguenza anche morale. I miei buoni cognati mi fecero sottoporre ad ogni specie di esame medico. Non vi nascondo che anch’io mi preoccupai quando, esaminando il sangue, mi si trovò un’anemia pronunziata. La causa? L’hanno cercata in tutti i modi. Ulcera allo stomaco? Tumore? L’ultimo esame radioscopico di ieri lo ha escluso. Tranne il sangue povero e la pressione bassa null’altro si è scoperto. Mi fu inibita la benché minima occupazione mentale. Ero così debole che in casa non mi permettevano di scrivere, e del resto la mano mi tremava... (D) Rossato soffre soprattutto ai bronchi, ma va anche incontro a tanti curiosi incidenti. (C) Venerdi, primo intervento chirurgico alla narice sinistra: un buco profondo tre centimetri, nel tumore grosso come una mandorla. Dolore più interminabile del Parsifal: etere e jodio nella ferita; gonfiore del viso e intontimento non so più se di umiliazione o di collera. Domenica, altro intervento per l'altra narice: meno doloroso ma più cruento. Febbre, etere e jodio: il Notturno di D'Annunzio, tale e quale. Poi fasciatura a tutto il viso deformato e avvilimento completo. (jingle) Tre giorni fa sono stato alla Scala ad assistere alla lettura di un'opera con Alfano. Mal me ne incolse. Nella platea sgombrata dalle poltrone, c'erano sparsi dei lunghi chiodi. Tra una melodia e l'altra dell'opera mi venne in mente di spingere via con un calcio un bel chiodo lucido che brillava sul pavimento. Risultato dell'operazione? Questo. Il chiodo, ch'era conficcato con la capocchia sull'assito e mi rivolgeva la punta (cosa della quale mi sono accorto subito dopo), tenne botta al calcio e penetrò oltre la scarpa per ben quattro centimetri nel piede. Me lo son dovuto levare colle mie proprie mani, insanguinando la famigerata Scala (che mi costa sangue, come vedi). Fui obbligato a un'iniezione antitetanica. Febbre. E sono qui, ancora, con il piede gonfio da non potermi muovere e, ciò che più importa, senza poter nemmeno scrivere: perché i miei critici hanno sempre detto che io scrivo con i piedi. Spero che tutto passi senza nefaste conseguenze. (jingle) (tono disincantato) Questo preludio bronchiale ha tutta l'aria di quello della Traviata: la bronchite non mi accorda che poche ore di bella vita!. Mi guarderò. Ma son già acconciato al trasloco. Vi giuro che mi secca molto meno di quanto si possa pensarlo. In certi momenti la vita diventa un fonografo stupido e noioso. Meglio cambiar disco e buona notte. (jingle) (con sottile ironia) Vedo tutto nero nero. Il cielo lombardo sgocciola da mattina a sera ed io sto qui, alla finestra, tra gli scialli e la tosse, sopraffatto dai casti pensieri della tomba. Non ò volontà di far nulla, non penso a nulla, non mangio nulla, non m'interesso più a nulla: alle volte mi domando se son veramente malato nel corpo o nello spirito. Pure, innamorato non sono. In borsa non gioco. Mussolini non m'interessa. Lo spirito dovrebbe essere alto. Viceversa è a terra. Ho saputo che anche Riccardo è a letto. Parola d'onore, non si direbbe che siamo usciti vincitori da una battaglia. A voler badare alle nostre condizioni fisiche, le abbiamo più prese che date. (D) (A) (10) (piccolo stacco musicale) Il rito estivo delle terme è una tortura per delle personalità così nervose e iperattive. Montecatini 10 giugno 1923 Siamo qui da ieri, io e Tarquinia, e già mi annoio a morte, ragione per la quale il vostro consiglio di prolungare la cura mi arriva come un cazzotto sulla testa. Sto cercando di capire chi ha inventato Montecatini per ucciderlo se è vivo, per condannarlo all’inferno se è già nel mondo di là. Eppure è così bello qui!... ma le giornate non passano mai. 11 Intanto è arrivata la vostra cara lettera a confortarmi della noia di questo soggiorno. Come sono felice delle belle notizie che mi date sul nostro libretto. Scriverò subito a Rossato per inviargli i miei rallegramenti. Sento che finito questo limbo di Montecatini mi darò subito al paradiso del lavoro. (B) (A) (jingle) Bagni di Casciana, agosto 1931. Sono qui a languire. Tra il bagno caldo della mattina e l'inerzia di tutta la giornata, vuota del benché minimo diversivo, m'illanguidisco. In questo periodo, poi, sono di un pessimismo morboso. Non c'è molta gente qui, l'albergo è pieno a metà di gente vecchia come me, e sconosciuta. Donne brutte anche se giovani, e naturalmente già artritiche. Meno male che la vostra buona e gaia lettera è giunta or ora a scuotermi da questo torpore. (jingle) Chianciano 2 luglio 1942. Mi sono stati ordinati, oltre la beveratoria, i fanghi e i bagni. Nell’acqua io credo; i bagni e i fanghi li considero una solenne scocciatura. Ma sono venuto qui col proposito di obbedire e obbedirò fin dove me lo consentano i miei nervi e il mio cervello. Se la noia non mi riuscirà più molesta del male andrò fino alla fine della cura, che dovrebbe essere di 15 giorni. E intanto, per non guastarmi i nervi, sto rileggendo il vecchio Fogazzaro che per Chianciano va benissimo. Qui, accanto all’albergo, c’è un cinema che rappresenterà la consolazione delle nostre serate. Tiriamo avanti. (intervento musicale lungo) a V PARTE (D) L'umanità di Zandonai si esprime attraverso molti atteggiamenti caratteristici. L'amore per la natura è uno di questi, e così il culto delle piante e ancor più degli animali, che sono lasciati scorrazzare in piena libertà nel giardino di casa... E poi naturalmente la passione per la caccia, che è spesso soddisfatta da una semplice escursione. (A) La mia passeggiata in Carpegna, ier l’altro, si è risolta in una pura passeggiata fra la nebbia, il vento, e la pioggia. Di caccia neanche segno. I giorni precedenti c’era stato un gran passo di beccacce, ma si capisce che gli uccelli hanno una grande paura del mio fucile perché cercano in tutti i modi di non farsi trovare... La camminata fra i boschi avvolti dalla nebbia è stata interessante lo stesso. Alle 11 ho fatto colazione alla Cantoniera, davanti ad un bellissimo fuoco e poi sotto la pioggia e le raffiche di vento ho preso la via del ritorno. Ieri mi sono occupato delle mie piante. Sto mettendo nella terra qualche centinaio di viti. (jingle) (D) Un'impronta forte la lascerà nell'unico ruolo istituzionale da lui rivestito: quello di direttore del Conservatorio di Pesaro. Incarico, questo, che gli riservò molte soddisfazioni ma anche preoccupazioni a non finire. (A) Il caso della mia insegnante di arpa mi ha rotto un po’ le tasche. Si tratta di un elemento che mi è stato appioppato a forza dal Ministero in cambio di quell'altra signora che io avevo proposto e che è stata ingiustamente bocciata in uno di quei soliti esami proforma. Si è avverato in pieno quello che io avevo previsto: la nuova arpista si è rivelata una mediocre insegnante, una mediocrissima esecutrice in orchestra e, quel che è peggio, una scaltrissima menefreghista che non solo fa il proprio comodo di fronte a qualunque decreto ministeriale ma lo fa anche "in altri modi", tanto da sollevare le ire perfino del Vescovo contro il suo contegno poco edificante. Non ho mai voluto infierire, ma quando ho saputo che i rappresentanti del Ministero erano informatissimi di tutto ho chiesto per lei un trasferimento d'ufficio. Senonché quei signori amano starsene nell’ombra e non prendersi responsabilità e grattacapi, scaricando tutti i compiti più ingrati sulle spalle del sottoscritto. È avvenuta così una scena di proteste, di pianti, di giustificazioni, e questa donna ha finito col farmi pietà. Capite? io non me la son sentita di infierire contro una donna la cui colpa maggiore è di amare un po’ troppo il prossimo suo... di sesso mascolino. Se Cristo ha perdonato all’adultera perché non devo infischiarmi io dei peccati di questa arpista che al di là della scuola non mi interessa affatto? Se mai non le perdono di essere scadente in orchestra, tant'è vero che inventa ogni pretesto per non suonare quando c’è l’occasione. (pausa) (11) 12 E così si va avanti: le scuole vanno male e il disordine regna sovrano un po’ dappertutto. Io credo, caro Nicolino, che se io mi trovo oggi in cura a Chianciano ciò è dovuto in gran parte ai dispiaceri del Conservatorio e alle fatiche che sopporto per tenere in sesto questo Istituto che è rinato e trasformato per la mia ferrea volontà e per le mie grandi cure ma non certo per quell’appoggio fermo che io dovrei avere da Roma dove se ne fregano e "tirano a campà"... (altro breve stacco musicale) (D) Nella tarda estate del 1943, in un momento storico tra i più cruciali della storia recente, Zandonai dà un'ultima convincente prova della sua fede assoluta nelle ragioni dell'arte musicale. (A) Stamane, al Conservatorio, ho potuto avere un'audizione del mio TrioSerenata. Come Re Luigi di Baviera mi sono installato in una comoda poltrona dando ordine ai miei gentili professori del Trio pesarese di suonare per me solo... La Serenata ha il merito di distinguersi per colore e forma, dai soliti pezzi di repertorio; scorre via in un attimo e i suoi 31 minuti di durata creano un curioso inganno acustico di brevità. Eppure si tratta di un tempo bastante per uccidere un bue se la musica che lo riempie è brutta o noiosa. Ma ho l'impressione che questa mia musica non sia brutta affatto. Se mi sbaglierò sarà mio danno! Ma non mi sbaglierò, caro Nicolino, perciò sono felice di aver fissato questa pagina. So che vi infliggo una piccola seccatura nel pregarvi di spedire questa mia musica all'editore Curci, ma consolatevi pensando che è stata scritta proprio nei giorni in cui il famigerato regime mussoliniano è crollato... (D) Con l'avanzare della guerra molte cose precipitano. Le vicende umane dei nostri personaggi subiscono improvvisi tracolli. Rossato muore a Milano nel marzo 1942; Clausetti lo segue un anno dopo. Zandonai, sempre più malato, ha la casa invasa dai tedeschi e trova rifugio in un convento sulle colline di Pesaro. Nella sua casa di Roma, D'Atri, quasi ottantenne, assiste incredulo alla distruzione di tutto un mondo e si aggrappa ai soli ricordi che per lui contano. (B) (tono di grande stanchezza) È una gran pena vivere senza comunicare con quei pochi, anzi pochissimi amici, che una lunga consuetudine epistolare, ininterrotta per anni ed anni, aveva resi elementi della mia esistenza quotidiana, la quale sembra ora come svuotata di una parte essenziale che era la reciproca comunione di pensiero, di sentimenti, di fatti. La mancanza delle vostre lettere, caro Riccardo, costituisce ora quasi una minorazione del mio essere, che vi era inevitabilmente abituato. E, più che il silenzio attuale, mi preoccupa quello prevedibile dei prossimi mesi. Ci penso e me ne affliggo. Ma di quante altre cose intorno dovremmo affliggerci? Le nostre giornate trascorrono monotone e senza un po' di luce nell'anima anche quando il sole è fulgido. Assistiamo in città a cose degradanti che non giova descrivere. Il coprifuoco ci obbliga a rientrare alle 6 di pomeriggio, e dalle 6 all'ora di andarcene a letto bisogna risolvere il problema di passare il tempo. Mia moglie si dedica all'enigmistica che la distrae; io sfoglio libri svariati non riuscendo a fissare a lungo su di uno solo la mente, attratta di continuo ai fatti del giorno e alle condizioni presenti e future della nostra Italia e di noi miseri in essa. Mi son dato a rivedere tutte le mie vecchie carte, accumulatesi da anni, per destinarne la maggior parte ai fornelli. Senz'averne il tempo né il coraggio di leggerle, sto impacchettando, anno per anno, tutte le lettere vostre, di Rossato, Clausetti, Pizzini, le quali sono innumerevoli e andranno ad arricchire il piccolo museo zandonaiano di Rovereto a beneficio di quel beneinspirato nostro postero che vorrà studiarvi col gruppo fedelissimo dei vostri devoti e dell'arte vostra. Sono montagne di pacchi che non so dove conservare e dai quali ogni tanto stacco qualche foglio per gettarvi l'occhio e ridestare ricordi cari e malinconici del nostro bel passato che non si ripete... (ultimo stacco musicale) (musica) (12)