Il Giornale
di Santa Maria della Scala
Periodico
del Santa Maria della Scala
di Siena
Anno IX numero 29
Novembre 2008
Direttore responsabile
Enrico Toti
29
La Magnanimità
Domenico Beccafumi,
Continenza di Scipione
Africano, particolare, Lucca,
Pinacoteca Nazionale
L’anno scorso, inaugurando le giornate “Alla Ricerca del Buon Governo”,
avevamo scelto la virtù
della pace come centro attorno a cui fare ruotare le
diverse iniziative, tale era
la sua centralità nell’affresco di Lorenzetti e il suo
riferimento obbligato nel
discutere di bene pubblico
nella società odierna.
Quest’anno la scelta è ca-
duta su una virtù assai più
desueta e poco nota, a volte difficile da comprendere
e collocare, quella della
magnanimità. Eppure,
questa virtù, ci ha permesso di creare un ponte esplicito con il passato – quando la magnanimità era una
virtù citata, ricercata, rispettata – ma anche di interrogarci su alcuni aspetti
della società di oggi in cui
la sua presenza sarebbe oltremodo preziosa. La mostra sulla “generosità” di
Scipione, raffigurata più e
più volte in epoca umanistica e rinascimentale, è un
elemento di questo passaggio della virtù della magnanimità che dal mondo
classico giunge fino a noi.
Ripercorrendo i diversi significati che la magnanimità può avere – grandez-
za d’animo, generosità,
propensione al perdono e
alla riconciliazione – la
rassegna di quest’anno ha
permesso di incontrare
personalità di grande rilievo, che nel mondo e in Italia si sono trovati nella
possibilità, o nella necessità, di affrontare in modo
originale e anche personale
il senso e la portata di questa virtù un po’ dimenticata.
In una città come Siena,
dove il ruolo della Fondazione Monte dei Paschi è
sotto gli occhi di tutti, abbiamo scelto di parlare di
“generosità” e di come le
fondazioni internazionali
siano lo strumento privilegiato di questa odierna
magnanimità, con George
Soros, la cui fondazione ha
accompagnato e accompagna la transizione alla democrazia di decine di paesi, e con Giuseppe Guzzetti, il presidente dell’associazione che riunisce in
Italia le fondazioni e casse
di risparmio. La loro assenza fisica, dovuta a impegni impellenti legati alla
crisi economica in corso,
non ha impedito una loro
presenza attiva e vivace,
con un'intervista fatta ad
hoc dal primo per la città
di Siena e con l'intervento
in videoconferenza del secondo. Altrettanto importanti gli incontri dedicati
alla riconciliazioni nelle
realtà di post-conflitto, o
alla possibilità di perdono
– individuale e collettivo –
per le vittime del terrorismo; come anche l’affrontare di nuovo il tema del
colonialismo italiano e della nostra mancanza di magnanimità, in quei frangenti, grazie a due opere –
una narrativa e una di fumetti – di autori amati e
letti dal grande pubblico.
Grandi personalità come
Alex Boraine (il "vice" di
Desmond Tutu nella Commissione per la verità e la
riconciliazione del Suadfrica), scrittori famosi come
Carlo Lucarelli, persone di
grande profilo e impegno
morale (come Benedetta
Tobagi), affiancati da altri
protagonisti hanno caratterizzato un dibattito profondo e vivace su alcuni temi
chiave della politica e della
cultura contemporanea.
Un’intera mattinata è stata
lasciata agli studenti del liceo scientifico G. Galilei,
che hanno presentato i lavori e le ricerche svolte sulla magnanimità a Siena insieme ai loro docenti, mostrando la ricchezza e le
potenzialità di un percorso
educativo non vincolato e
non penalizzato da scelte
ministeriali che impoveriscono e offendono.
Gli spettacoli che si sono
succeduti nel corso delle
serate hanno affiancato testi e attori di prestigio e respiro internazionale (Giorgio Albertazzi) con produzioni autonome e originali
(l'Antologia della Magnanimità curata da Alfonso
Berardinelli e con la regia
di Maurizio Panici) e con
interventi di personalità e
artisti di grande fascino
che a Siena non erano mai
venuti (Vittorio Sermonti
che ha letto il Canto X dell'Inferno e Vladimir Derevianko che ha portato la
magia della danza del
Maggio fiorentino). A questi spettacoli si sono affiancati quelli per bambini al
teatro del Costone, oltre al
ciclo di film al Nuovo Pendola, che si era aperto con
una brillante opera di
montaggio curata da Mario
Sesti sulla magnanimità
del cinema italiano.
La lezione conclusiva di
Tzvetan Todorov ha offerto, in anteprima, l’ultima
riflessione di questo grande
intellettuale europeo, concludendo nel modo più degno cinque giornate che
hanno visto una folta partecipazione di pubblico e
che sono state capaci - ci
sembra secondo le previsioni e le intenzioni - di
coinvolgere pubblici diversi
e di rispondere a quell'articolata domanda di cultura
che è presente da sempre
nella nostra città.
Marcello Flores D’Arcais
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
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I “segni” del pellegrino
Tra l’VIII e il XIV secolo la
via Francigena, quel complesso sistema viario, culturale ed economico che
collega la penisola italiana
ai paesi d’oltralpe, come è
noto, strutturò anche gran
parte del territorio toscano,
svolgendo tra l’altro un
ruolo fondamentale nella
costruzione dell’Europa di
oggi. Di questa grande arteria si è parlato moltissimo, ma credo che resti ancora molto da indagare, da
studiare e da valorizzare
ulteriormente quella fittissima rete di scambi che avveniva lungo i vari percorsi
dove furono edificate nuove città, si svilupparono
processi economici, si diffusero esperienze artistiche
o nuove acquisizioni tematiche.
Le “vie” o i cammini dei
pellegrini e dei viandanti
facilitavano la compenetrazione di idee, mentalità,
creazioni e prodotti cultu-
Il Giornale
di Santa Maria
della Scala
Periodico
del Santa Maria della Scala
di Siena
Anno Nono
Numero 29
Novembre 2008
Direttore Responsabile
Enrico Toti
Autorizzazione del Tribunale
di Siena n. 693
del 17 marzo 2000
Segreteria di redazione
Nora Giordano
Hanno collaborato
a questo numero
Debora Barbagli
Mauro Civai
Marcello Flores D’Arcais
Lorenzo Fusi
Enrico Toti
Fotografie
Studio Lensini, Siena
Progetto grafico
Rauch Design
Impaginazione grafica
AL.SA.BA Grafiche, Siena
Realizzazione lastre CTP
e Stampa
AL.SA.BA Grafiche, Siena
Comune di Siena
Complesso museale
di Santa Maria della Scala
piazza Duomo, 2 - Siena
tel. 0577/224811 - 224830 224835
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rali; inoltre la loro religiosità si manifestava con
l’affermazione sempre più
netta dello spirituale sul
temporale, oltreché con un
nuovo misticismo immaginifico.
Il viaggio necessitava naturalmente della presenza di
luoghi di ricovero e quindi,
sin dall’alto Medioevo,
venne a crearsi una fitta
rete di ospitalità viaria. I
monasteri servivano anche
da luoghi di sosta, da ospizi, da ricovero temporaneo
per malati, mentre il clero
aveva il dovere della hospitalitas sia nelle chiese urbane che nelle pievi rurali,
le quali avranno un ruolo
fondamentale nell’organizzazione del territorio. Il
tracciato francigeno in Toscana coinvolgeva circa
1500 siti, di cui 300 costituivano le emergenze più
significative.
Siena, e in particolare l’ospedale di Santa Maria
della Scala, era la tappa
più importante della Francigena in Toscana. Nel
tratto senese erano dislocati anche una serie di piccoli
ospedali, circa ottanta, di
varie dimensioni e quasi
tutti istituiti grazie a lasciti
e donazioni.
Tra i vari studi storici usciti in questi anni riguardanti la vita che si svolgeva
lungo la strada, risulta
esemplare il volume di Gabriella Piccinni e Lucia
Travaini, Il libro del Pellegrino, nel quale vengono
messe a fuoco le caratteristiche e le abitudini dei
pellegrini che transitavano
dal Santa Maria della Scala, la loro provenienza, il
loro rapporto con il denaro, l’accoglienza e l’assistenza in un grande ospedale europeo, il rapporto di
fiducia che si instaurava
con il deposito del denaro,
le finalità del viaggio e le
descrizioni del frate di tur-
no, annotate appunto in
questo prezioso manoscritto, documento davvero importantissimo per la ricerca
storica di questo periodo.
Come accennato, moltissimi sono gli aspetti di sicuro interesse, ancora da studiare, che ruotano intorno
al tema del viaggio in epoca medievale. Ad esempio,
con il rituale della partenza, la benedizione della
borsa e del mantello, la
consegna del bastone caratteristico – il bordone –
da parte del sacerdote, veniva sancita l’appartenenza
del pellegrino a una categoria speciale e privilegiata
di fedeli. L’abbigliamento e
la benedizione erano infatti
considerati anche un segno
simbolico della protezione
divina durante il viaggio,
invocata durante l’investitura pubblica che precedeva la grande avventura
dell’uomo in viaggio.
Sono però soprattutto i
Domenico di Bartolo,
La distribuzione della limosina,
particolare, 1441,
Santa Maria della Scala,
Pellegrinaio
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
“segni”, lungo la strada
che consentono simbolicamente al pellegrino di entrare in contatto con una
dimensione “superiore” alla condizione umana, permettendogli in qualche
modo di sentirsene parte.
Uno di quelli maggiormente rappresentati lungo le
strade è infatti il Cristo che
costituisce l’immagine
ideale per il pellegrino e il
simbolo più importante
della spiritualità medievale
(basti pensare al Volto
Santo di Lucca).
Ancora un tema particolarmente interessante del
viaggio è l’abbigliamento:
la bisaccia (un sacchetto di
pelle per il pane, un po’ di
denaro da cedere eventualmente in elemosina e da
utilizzare per il pagamento
dei pedaggi) e appunto il
bordone, con la parte inferiore metallica per far presa sul terreno e per difesa
dal “male” e dagli assalti
di bestie. Gli oggetti e i segni più distintivi del pellegrino diventano comunque
spesso parte integrante dell’abbigliamento, come abituale era la conchiglia jacopea che veniva posta sul
cappello (usata anche come scodella portatile), a
indicare che si era arrivati
fino a Santiago di Compostella.
Spesso i pellegrini portavano anche un rametto di
palma per sottolineare la
loro provenienza dalla Terra Santa, o addirittura
un’ampolla con l’acqua del
Giordano.
Chi era stato a Roma portava ritagli di stoffa che
venivano calati sulla tomba
dei santi martiri, divenendo così reliquie per il contatto. Oltre a placchette
votive di piombo e stagno
con le immagini dei santi,
le medagliette con il Volto
Santo (la cosiddetta Veronica), le pazienze (piccoli
quadrati di stoffa benedetti
retti da fettucce) o gli scapolari (strisce di panno
aperte al centro per lasciar
passare la testa e pendenti
sia sul petto sia sulla schiena), i pellegrini una volta
giunti a Roma, avevano a
disposizione anche i Mirabilia, una sorta di guida ad
uso dei romei per orientarsi in città. Arrivati in San
Pietro erano inoltre ansiosi
di compiere i rituali e le
pratiche devozionali come
il calo dei frammenti di
stoffa sulle tombe dei martiri.
Per documentare l’avvenuto pellegrinaggio essi si
munivano delle lettere testimoniali, oltreché di segni
di riconoscimento. Ancora
oggi ai fedeli che arrivano
in Galizia, a Santiago di
Compostella, dopo aver
percorso a piedi almeno gli
ultimi dieci chilometri, viene consegnato un libretto
in cui è documentato l’avvenuto pellegrinaggio.
Un ulteriore tema di grande interesse riguardante il
pellegrinaggio è quello ico-
nografico. L’iconografia religiosa è infatti ricchissima
di santi pellegrini; ad
esempio, uno dei più venerati è San Rocco. Oltre sessanta località italiane portano addirittura il suo nome e circa tremila tra chiese, oratori e cappelle gli sono state dedicate. Secondo
la tradizione, il santo nacque a metà del Trecento a
Montpellier, da un’agiata
famiglia e, rimasto orfano
a 18 anni, avrebbe venduto il patrimonio per donare
il ricavato ai poveri e sarebbe partito in pellegrinaggio verso Roma percorrendo appunto la via Francigena. Durante il percorso, passando anche per
Siena, e ci piace immaginare anche dal Santa Maria della Scala, avrebbe
quindi prestato soccorso
agli appestati in un ospedale di Acquapendente.
Questa cittadina dell’alto
Lazio costituirebbe tra l’al-
pag. 3
tro l’unica località italiana
ricordata da tutte le fonti
antiche come il luogo del
primo episodio della vita di
San Rocco in Italia.
Enrico Toti
Domenico di Bartolo,
Il pranzo dei poveri,
particolare, 1443/44,
Santa Maria della Scala,
Pellegrinaio
Bibliografia
Federica Piantoni,
La via Francigena,
Roma 1995
Compostella, rivista del
Centro Italiano di studi
compostellani, n. 22,
gennaio-giugno 1997
Mario d’Onofrio
(a cura di), Romei e
Giubilei, il pellegrinaggio
medievale a San Pietro,
catalogo della mostra di
Roma, Palazzo Venezia,
ottobre 1999-febbraio
2000, Milano 1999
Gabriella Piccinni,
Lucia Travaini,
Il libro del Pellegrino
(Siena 1382-1446).
Affari, uomini, monete
nell’ospedale di Santa
Maria della Scala,
Napoli 2003
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
pag. 4
La continenza di Scipione
Il tema della magnanimitas nell’arte italiana
Si è aperta
nei Magazzini
del Sale una
interessante
mostra curata
da Mauro
Civai, con la
collaborazione
di Marilena
Caciorgna
Tra le tante peculiarità che
rendono l’arte senese veramente unica nella sua evoluzione vi è senza dubbio
lo spessore concettuale che
in ogni tempo l’ha guidata.
Si tratta infatti di un’arte
colta, ricca di riferimenti
teorici e simbolici in ognuna delle sue numerose tendenze e articolazioni, capace di dimostrare, ove ce ne
fosse bisogno, della qualità
intellettuale e della ricchezza di conoscenze di
una classe dirigente peraltro ben consapevole e ben
fiera del proprio ruolo.
D’altra parte il ciclo lorenzettiano del “Buon governo”, che tanto mirabilmente si sviluppa sulle pareti
della Sala dei Nove di Palazzo Pubblico, altro non è
che l’immagine riflessa di
uomini del Medioevo intenti a ricercare un ideale di
perfezione per tentare di
renderlo concreto attraverso l’attività del governare.
Nel corso di questa avventura gli stessi uomini attin-
gevano a piene mani dai
modelli classici, resi disponibili al sapere degli studiosi da un tempo relativamente breve.
Ma tra le tante cose che si
iniziano a fare nella Siena
medievale o che comunque
qui si fanno per la prima
volta in un modo più ponderato e complesso c’è anche il ricorso alle fonti e
agli illustri modelli suggeriti dalla cultura antica per
illustrare e, di seguito,
orientare la vita dei contemporanei.
Un’altra particolarità dell’arte senese e soprattutto
quella definita civile è sicuramente l’insistita cura
con cui si propongono all’ampia serie di destinatari
dei messaggi molti dei temi
oggetto delle pitture. Si fa
di tutto perché la gente apprenda ciò che si vuole loro
comunicare, ricorrendo a
illustrare i personaggi nel
loro contesto fisico e temporale, che è un’altra novità non da poco, e ancora
facendo parlare molte delle
figure attraverso un esteso
apparato didascalico che
correda gran parte dei cicli
più importanti. Non si
vuole insomma correre il
rischio che qualcuno possa
sostenere di non aver capito, rendendo impossibile il
sottrarsi agli ammaestramenti.
Il lavoro che con Marilena
Caciorgna, collaudata
esperta di queste tematiche, abbiamo impostato
sulla “Continenza di Scipione” come esempio di
magnanimitas per riproporlo nel quadro delle iniziative volte ad approfondire la eventuale persistenza delle virtù del Buon Governo dei Nove nella nostra
attualità, nasce fondamentalmente da questi presupposti. Si vuole richiamare
una particolarità in merito
a un argomento non facile,
decisamente allusivo, costantemente pervaso di elevato senso etico pur venendo letto in modo non uni-
voco nelle varie epoche
prese in considerazione.
Alla Magnanimitas raffigurata nella Sala dei Nove da
Ambrogio Lorenzetti come
dispensatrice di riconoscimenti, nel nostro percorso
virtuale si aggiunge l’immagine allegorica eseguita
meno di un secolo dopo da
Taddeo di Bartolo sulle pareti dell’Anticappella di
Palazzo Pubblico, dove la
Virtù è nello stesso momento occupata a perdonare gli acquiescenti, ma anche a debellare i superbi.
Seguono le fisionomie di
tre condottieri, Curio Dentato, Furio Camillo, Scipione Africano, protagonisti
della storia romana in
quanto annientatori dei
principali nemici di Roma.
Ma sarà fondamentalmente
Scipione Africano a dare
prova del suo comportamento magnanimo nella
pittura del Cinquecento e
dei secoli successivi. L’eroe,
dopo la conquista di
Carthago Nova, in Spagna,
rinuncia infatti a disporre
di una fanciulla di grande
bellezza, assegnatagli come
bottino di guerra. Saputo
infatti del fidanzamento
della giovane con un principe locale coetaneo, Scipione la restituisce al promesso sposo insieme a una
cospicua dote consistente
nell’ammontare del riscatto
consegnato dai genitori.
L’episodio, assai rappresentato nell’arte senese e
italiana, è significativamente in bilico tra una
destinazione pubblica e
un’altra molto privata.
Quella pubblica consiste
nel richiamo ai potenti
perché non approfittino di
questo loro potere ai danni
degli amministrati e dei dipendenti, ma prediligano
di esercitare gli aspetti più
generosi del ruolo loro riservato.
Quella molto privata, volta
a esaltare le virtù connesse
al matrimonio, sta a significare che ogni guerra va
combattuta in primo luogo
contro noi stessi, perché è
compito molto più difficile
il superarsi rispetto a quello, ben più banale, di vincere il nemico, compreso
quello più aggressivo.
Mauro Civai
Taddeo di Bartolo, Scipione
Africano, particolare, Siena,
Palazzo Pubblico, Anticappella
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
pag. 5
Una mostra del giovane artista francese
Cyprien Gaillard
Cyprien Gaillard, Desniansky
Raion, dvd 2007, 29’, courtesy
l’artista e Cosmic (Bugada &
Cargnel), Paris
sms contemporanea, il
Centro di arte contemporanea del Santa Maria della
Scala, ospita dal 13 dicembre 2008 fino al 1 marzo
2009 la prima personale in
un’istituzione italiana del
giovane artista francese Cyprien Gaillard (Parigi,
1980). Si tratta della seconda esposizione organizzata dal Centro senese incentrata sullo spazio urbano, dopo la retrospettiva
dedicata all’opera di Gordon Matta-Clark, che ha riscosso un unanime consenso di pubblico e di critica.
Questa nuova mostra mette
in risalto le relazioni fra le
pratiche artistiche e le strategie visive adottate negli
anni Settanta e il presente,
oltre a costituire un ulteriore momento di riflessione
su temi cogenti come l’utilizzo e l’occupazione dello
spazio pubblico, il paesaggio urbano, i rapporti fra
centro e periferia, la convivenza metropolitana, le politiche abitative e l’urbanistica.
Cyprien Gaillard, così come
lo stesso Matta-Clark, è artista poliedrico e si muove a
suo agio fra i più svariati
linguaggi espressivi. In questa sede si è scelto di dare
maggiore risalto alla produzione filmica, presentando
alcune delle opere più recenti e significative, che
trovano una stupenda ambientazione nelle sale di
San Galgano e Sant’Ansano, giusto accanto al Pellegrinaio.
Una serie di schermi sospesi accoglie l’osservatore in
una fuga d’immagini che,
come in una carrellata cinematografica, lo accompagnano in un crescendo
emotivo. Alla serie di silenziose esplosioni della serie
Real Remnants of Fictive
War (che avvolge ‘bucolici’
paesaggi in una nube candida di fumo), segue il video The Lake Arches, dove
a una spensierata giornata
passata sulle sponde di un
lago che ha come sfondo
un’architettura dechirichiana1 fa da finale uno strano e
cruento incidente. C’è un
certo gusto punk, un sottotono di violenza metropolitana e una forma di riscatto
sociale ‘vandalico’, in queste sequenze. Con i suoi interventi Gaillard cerca un
elemento di rottura con la
tradizione e inclina decisamente verso l’‘orrido’, l’inquietante, facendo rientrare
così di diritto il proprio lavoro all’interno della categoria del sublime.
Nella sala successiva il silenzio è rotto per dare spazio al film Desniansky
Raion (2007), che è accompagnato da un’intensa colonna sonora, espressamente composta dal musicista/cantante Koudlam, che
batte il tempo dei tre atti di
quest’opera. Girato fra Belgrado, Desniansky (un sobborgo di Kiev) e Parigi, il
film ruota intorno all’estraniante paesaggio dei sobborghi urbani, un nonluogo
utopico e – per certi versi –
fallimentare, che ora ci attrae ora ci repelle al ritmo
incalzante della musica di
fondo.
Chiudono la mostra una serie di fotografie di grande
formato, allestite negli spazi di collegamento del Santa Maria della Scala. Di
particolare interesse, visto il
contesto in cui sono presentate, è La Grande Allée du
Chateau de Oiron (2008),
una foto che documenta il
viale che conduce a una dimora storica – notificata e
considerata patrimonio artistico e architettonico nazionale – che l’artista ha lastricato con i detriti derivanti dalla demolizione di
un edificio popolare della
cittadina di Issy-les-Moulineaux. Alla fine del percorso, risuona, stentorea, una
domanda: Cosa è giusto
conservare o demolire? E
chi è che può ergersi, oggi,
a giudice?
Lorenzo Fusi
1. Si tratta di un edificio
progettato da Ricardo Boffil.
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
pag. 6
La lente di Freud
una originale mostra in Palazzo Squarcialupi
Andy Warhol, Sigmund Freud,
1980, Milano, Fondazione
Antonio Mazzotta
Dal 27 novembre 2008 al
23 febbraio 2009, è aperta
al pubblico nei locali espositivi di Palazzo Squarcialupi la mostra La lente di
Freud. Una galleria dell’inconscio, promossa dal
Comune di Siena e dalla
Fondazione Monte dei Paschi di Siena e curata da
Giorgio Bedoni.
Si tratta di circa duecento
opere grafiche e originali
(incisioni, xilografie, chine
e acquerelli su carta) della
Fondazione Antonio Mazzotta di Milano. La mostra
si inserisce nel filone di
studi psicoanalitici sull’arte
e la creatività inaugurata
da Sigmund Freud. Da
quando il celebre psicanalista dedicò una parte rilevante dei suoi scritti alla
creatività, ai temi dell’illusione estetica e del simbolico, allo studio analitico di
opere e autori, come sottolinea il curatore Giorgio
Bedoni, il dialogo tra arte e
psicoanalisi è continuato
ininterrotto, pur con alterna fortuna e intensità. Un
dialogo contrassegnato da
una straordinaria produzione di osservazioni e ricerche che da Freud in
avanti individua un paradosso fecondo: è oggi infatti diffusa la consapevolezza
che malgrado questa grande produzione non si disponga di un sapere psicoanalitico sistematico sull’arte e sui processi creativi. Tutto questo è, per certi
versi, un indubbio vantaggio, impedendo atteggiamenti semplificatori e posizioni riduzionistiche sull’ordine simbolico dell’opera e sull’autore stesso che
di fatto verrebbero rinchiusi entro anguste griglie
“psicologistiche”.
L’intero corpus teorico
freudiano, ovviamente non
riducibile ai “soli” scritti
sull’arte, ha storicamente
suscitato un grande inte-
resse negli artisti, in modo
particolare in alcuni delle
avanguardie del Novecento, individuando reciprocità e coincidenze, fraintendimenti e incomprensioni, come quella ormai nota
tra Freud e Breton, producendo, tuttavia, congetture
feconde in un campo di
studi dichiaratamente
transdisciplinare: si pensi,
tra i molti, agli scritti di
Karl Abraham e di Ernst
Kris, di Marion Milner e di
Donald Winnicott.
Sono esemplari, in questa
prospettiva, gli studi novecenteschi sul sogno e l’illusione estetica, l’interesse
degli artisti e degli storici
per i temi del fantastico e
del visionario a partire dallo sguardo freudiano, in
uno scenario oggi nuovo e
aperto, pur nelle rispettive
appartenenze, a suggestioni e a contaminazioni.
Sul piano del metodo, come osserva Fausto Petrella,
“la mobilità richiesta alla
riflessione analitica per far
‘parlare’ un’opera comporta l’attraversarne i vari livelli e connessioni”: uno
sguardo polisemico, dunque, che contempli le fonti
storiche e antropologiche,
la dimensione formale e
quella iconologica, consapevoli che il lavoro dell’arte estende i confini dell’esperienza senza doversi affidare, per quanto possibile, a idee precostituite di
verità”
Se il segno, prosegue Giorgio Bedoni, come ricorda
Freud, è la via regia per
accedere all’inconscio,
molte delle opere in mostra
si aggirano, a vario titolo,
attorno alla visibilità estetica dell’esperienza onirica,
situandola in scenari personali, storici e culturali
ben caratterizzati. Così
nell’itinerario dantesco di
Bruegel, Salomon Resnik
vede all’opera “l’illusionista dei sensi e della visione
del mondo” alle prese con
“diavolerie” e curiosità
dell’ignoto che, in altra
forma, turberanno ancora i
sonni e i sogni della ragione illuminista al tempo di
Goya.
In questo scenario si colloca appunto la mostra, con
opere e artisti sottoposti allo sguardo della lente freudiana, che si offrono ad
una rivisitazione con l’obiettivo di sollecitare commenti critici e ipotesi interpretative, di individuare
suggestioni e coincidenze
sul piano storico e culturale.
Le opere e gli artisti sono
affidati alla lettura critica
di alcuni tra i più autorevoli specialisti del settore:
Mauricio Abadi ci parla di
Dante, Simona Argentieri
di Alfred Kubin, Francesco
Barale di Max Klinger,
Giorgio Bedoni di Francisco Goya, Giuseppe Civitarese e Giovanni Foresti di
Gorge Grosz, Paola Golinelli di Richard Muller,
Fausto Petrella di Giovan
Battista Piranesi e Salomon
Resnik di Peter Bruegel.
Particolare attenzione sarà
dedicata al percorso didattico dell’esposizione che
guiderà il visitatore lungo
lo sguardo che gli autori
hanno avuto sugli artisti.
Pannelli esplicativi suggeriranno e solleticheranno il
visitatore accompagnandolo da una sezione all’altra
della mostra.
SIENA
Il Giornale di Santa Maria della Scala
pag. 7
Una guida agli ambienti
e ai materiali per il museo archeologico
Sono passati ormai più di
sette anni dall’inaugurazione del nuovo allestimento
del museo archeologico all’interno del Santa Maria
della Scala. Già ospitato
all’interno dell’ospedale, di
cui dal 1993 occupava il
piano terra di Palazzo
Squarcialupi, esso è stato
destinato, grazie al felice
connubio tra Comune di
Siena e Soprintendenza Archeologica della Toscana,
all’allora appena recuperati ambienti affacciati sul
Chiasso di Sant’Ansano. Il
museo archeologico senese
ha però alle spalle una lunga storia, che ne documenta il legame viscerale con le
più prestigiose istituzioni
locali (la Biblioteca Comunale, l’Accademia dei Fisiocritici), la passione degli
eruditi locali e le vicende
di importanti famiglie senesi. Senza tacere l’apporto
determinante -certo sempre ricordato, ma mai abbastanza per l’importanza
avuta – di chi ne fu principale promotore e attore,
Ranuccio Bianchi Bandinelli, e con lui, il podestà
Fabio Bargagli Petrucci e il
soprintendente alle Anti-
chità dell’Etruria Antonio
Minto. Attraverso sedi diverse, ipotizzate o reali (tra
tutte la reale e fondamentale sede di via della Sapienza, di cui ancora si
conserva la lapide murata
con l’indicazione del museo), e il lavoro appassionato di quanti nel corso dei
decenni se ne sono occupati, il patrimonio archeologico ha infine risalito la
strada verso piazza del
Duomo, per trovare sede
all’interno dell’antico ospedale senese. Di questo
viaggio si è dato conto nella parte iniziale della nuova guida al museo archeologico, da poco pubblicata,
che è stata pensata, a sette
anni dall’apertura della
nuova esposizione e dopo
un primo catalogo edito in
quell’occasione, come accompagnamento attraverso
i cunicoli del Santa Maria,
destinati ad ospitare le vestigia dell’archeologia del
territorio senese. Proprio
per questo si è voluto intersecare ed anzi far precedere l’illustrazione dei materiali esposti da una introduzione ai lavori che hanno portato al recupero de-
gli ambienti ormai a tutti
noti come cunicoli e da
un’imprescindibile trattazione della storia e delle
funzioni dei cunicoli stessi
attraverso i secoli. È anche
questo un viaggio cha a
partire dall’”elemento unificatore” costituito dalla
cosiddetta strada interna
ci guida, dietro i portali, in
un susseguirsi di stretti
corridoi e vasti ambienti
un tempo adibiti a cellieri,
destinati alle scorte ospedaliere, guardarobba, utilizzati come magazzini di
ogni sorta di oggetti, granai etc. La parte riservata
nella guida alla visita al
museo, infine, segue fedelmente l’attuale allestimento, a partire da Siena e il
suo territorio, le finestre
sulla Val d’Elsa e il Chianti
e le collezioni private ottonovecentesche, confluite a
più riprese nel museo, attraverso introduzioni generali a carattere storico e archeologico e approfondimenti su classi di materiali, contesti, nuclei tematici.
D. Barbagli-G.C. Cianferoni (a cura di), Siena, Santa Maria della Scala. Guida al Museo Archeologico,
Cinisello Balsamo (MI)
2008 (saggi e contributi di
D. Barbagli, T. Campioni,
G.C. Cianferoni, M. Clerici
Rusconi, M. Iozzo, I. M.
Ominelli, B. Sordini, E.
Toti, C. Viglietti).
Debora Barbagli
Nella foto:
Uno dei cunicoli dell’ospedale
con in primo piano urne
etrusche in travertino
(foto di Francesco Castagna).
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giornale n. 29 - SMS santa maria della scala