La Rivista malvista dalle pantegane
www.rivistasotterranea.wordpress.com
n. 3
MARZO/APRILE 2010
Gioventù smemorata
Troppe canne?
All’interno
un’inchiesta
che non lascia
spazio a
dubbi!
A
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“Semplificheremo la vostra vita col napalm!”
(Roberto Calderoli, Ministro delle Balbuzie Perpetue)
M@L POSTA
“Dispensatori d’odio,
fornitori d’ignoranza
patente d’ignavia
patente e libretto”
(Sandro Bondi su Sotterranea)
“Ma che la smetta di fare lo sbruffone, se la sua squadra
ha battuto il Barcellona è solo per merito mio”
(Eyjafjallajökull su Jose Mourinho)
Frida Ferrante Repamosini
contempla il pranzo dell’amico Rick.
“Complimenti, siete riusciti a scrivere più cazzate
di me!” (Paolo Fox)
“Ora capisco perchè lo Zoppo aveva anche il
membro azzoppato, altro che troppo lavoro, era
impegnato a molestare i bambini!” (Suor Beniamina)
Franco Frattini durante una trasmissione radiofonica afferma: - Guerra è Pace! L’aveva detto
anche il grande Toy Story! -
“Io ho dato vita al partito “Io amo l’Italia”, che dice Sì alla sacralità della vita dal concepimento alla
morte naturale, alla centralità della famiglia naturale e alla crescita della natalità e dice No all’aborto,
all’eugenetica, all’eutanasia, all’individualismo e al nichilismo che ci stanno portando al suicidio demografico. E sempre Io darò vita ad un altro partito e lo chiamerò “Io odio Sotterranea”, Io e i miei
seguaci contro voi, infedeli del cazzo!” (Magdi Cristiano Allam)
Sotterranea - MalPosta, pagina 2
Narrattivi
Fragole e sabbia
di Fabrizio Eftekhari
T
empesta di fragole.
Il vento mi indirizzò due fragoloni dalle meloniche misure, la cui traiettoria evitò i miei per qualche centimetro.
Fragoliti impazziti mi si schiantarono addosso, in un vortice di rosso granulato. Mi gettai sull'asfalto, finii dentro una pozza di
succo di fragola. Attorno a me persone più che rilassate, con tute protettive e caschi d'acciaio, sventolavano reti.
Tempi di recessione, e le fragole, i cui prezzi tastavano l’alto dei cieli, attiravano con facilità la gente.
Poi, ad un tratto, vibrò il suolo, e si aprì una crepa. Fuoriuscì un mostro meccanico, dalla forma molto particolare.
Notai che recava una bandierina color giallo canarino: “Fra-golose S.p.a.”. La zinco-fragola si tinse di rosso, due lunghe braccia
spuntarono da un cumulo di acheni, più pronunciati degli altri. Poichè stanca di essere ignorata, si sfregò con zelo le zinco-mani
e animosamente salterellò zigzagando. E immaginai che l'indifferenza generale le avrebbe inevitabilmente fatto perdere la robotica trebisonda. Trotterellò verso la folla, e dalle zinco-spalle crebbero minacciose aspira-fragole, pronte ad acciuffare i frutti
della discordia. Osservavo attentamente quanto si verificava, quando una densa e fresca goccia candida mi bagnò la punta del
naso, annebbiandomi la visuale.
La zinco-fragola clonò gli aspiratori, che da due divennero sei, poi otto, poi dieci. I lunghi tubi demarcarono il loro raggio
d'azione, poi lo oltrepassarono, volevano conquistare il cielo. E cominciarono ad aspirare, ad aspirare tutto ciò che l'etere offriva.
Ventisette uccelli morenti causa inquinamento, quattordici aerei di carta, una squadra di paracadutisti e una foto di Scarlett Johansson si incunearono tra gli spazi angusti degli aspiratori, aprendo così il varco alle dolci fragole.
Allungai la mano per riflesso, ma la fotografia era già stata inghiottita.
Lattee gocce mi si posarono sul pollice, poi sull'indice; con l'altra mano tentai di mandarle via, ma il cielo si vendicò, scaricandomi
sul capo un cappuccino. Alzai la testa-tazza fumante, rimasi a bocca aperta, in attesa che un gelido fiocco di panna montata mi
si posasse sulla calda lingua. Rizzai il corpo, infreddolito e impaziente, e contemplai il fiocco in caduta, mentre il succo granuloso
mi inzuppava le scarpe. Chiusi gli occhi. La goccia mi sfiorò la lingua, ma non la bagnò, svanì prima, risucchiata dalla zincofragola. Che tra le altre cose iniziava ad acchiappare anche qualche fragola, finalmente. Il tracotante aggeggio metallico parve
intenzionato a catturare anche me. Mi si avvicinò rapidamente e cercò di colpirmi con le zinco-mani.
Le aspira-fragole tentarono di farmi cadere, ma con un paio di salti le evitai. Corsi via. Si udì un grido.
I cacciatori di fragole si diedero alla fuga. Molti inciamparono sull'asfalto bagnato e viscido, ostacolati dal peso di tute e caschi.
I primi spari. Fumo. La zinco-fragola si impossessò del succoso tesoro incustodito. Ancora spari. E il zinco-rapace replicò.
– Attenzione! Siamo del CSP, invitiamo i ladri di fragole a riconsegnarci immediatamente il bottino! - vociò qualcuno munito
di megafono.
Nessuna risposta. I morti tacquero, i vivi tentarono la fuga e io rimasi immobile, a qualche metro di distanza dalla zinco-fragola.
– Il CSP vi ordina di avvicinarvi lentamente al Capo-fragola e di depositare per terra le fragole rubate! -.
Continuavano a piovere, le fragole. Nebbia. Il cielo divenne rossastro. Mi vidi sfrecciare davanti una folata di vento,
la vidi perchè era castanea. Un vento caldo, che con sé portava sabbia. Sabbia e polvere. Scirocco, pensai. Alzai la mano, verso
il cielo, e attesi la folata successiva. Dieci secondi. Calore, chiusi il pugno. Lo strinsi, strinsi la sabbia e la polvere, e i granelli
si sciolsero tra le mie dita. Riaprii la mano. I granelli parevano granuli di cacao. Odorai, era cacao in polvere. Lo assaggiai, era
squisito. Il vento di cacao mi permise di mettermi al riparo dai proiettili. Mi nascosi dietro il tronco di un grosso albero.
Acciuffai una fragola molto matura, e mentre aspettavo che venisse cosparsa di cacao udii dei passi cadenzati.
Due militari si erano sganciati dal gruppo.
– Dove sono gli stronzi? - borbottò un cispino.
– Devono essere lì in fondo, in mezzo agli alberi – rispose l'altro.
– Sbrighiamoci! - urlò il primo.
– Prima dobbiamo trovare il capo-fragola – precisò il secondo cispino - costa un sacco quel cazzo di robot -.
Sotterranea - Narrattivi, pagina 3
I due si fermarono. Restai immobile. Trattenni il respiro. Crepitii. Delle fragole che colpivano le foglie rinsecchite. Crepitii.
Degli stivali che calpestavano le foglie rinsecchite zuppe di succo. Solo qualche secondo, che parve un'eternità, poi tornarono
indietro. Intanto dalle retrovie giungeva un nuovo avvertimento.
– Il CSP ordina ai ladri di fragole di consegnarsi immediatamente alla giustizia, altrimenti saremo costretti a ricorrere a metodi
molto più duri! –
Conoscevo i metodi del Corpo di Salvaguardia della Privatizzazione. Cominciai ad avere paura, e continuai a ingurgitare i gustosissimi corpi del reato. Percepivo dei rumori nelle vicinanze, le cui onde sonore delicatamente si diffondevano, accompagnate dall'inebriante profumo di fragole.
In molti eravamo nascosti tra gli alberi, per il timore che ogni movimento sarebbe potuto risultare compromettente.
Ma allo stesso tempo forte era in me la sensazione che ci stessero accerchiando. Allora decisi di andar via di lì, il più velocemente possibile. Percorsi in diagonale i giardini, deserti. Lottai contro la pioggia fitta e martellante, e raggiunsi l'uscita.
Alle mie spalle il vento di cacao, a guidarmi e proteggermi. Non appena superai il cancello qualcosa cambiò.
Cessò la pioggia, repentinamente. Si quietò il vento e poi, magicamente, luce fu.
II sole diradò le nubi. Accolsi con piacere i raggi solari che mi carezzavano i vestiti fradici.
Spalancai gioioso le braccia, quasi a voler attrarre la palla infuocata. Investito da un'ondata di calore guardai il sole. Trasalii.
Strizzai gli occhi, poi li massaggiai con entrambe le mani. Li chiusi e li riaprii diverse volte. Che strano sole, pensai.
Luminoso e caldo come ogni giorno, per carità, ma quella forma, quella forma era davvero improbabile. Un effetto ottico, ragionai, quella, solo quella poteva essere la soluzione. Luce e calore. Mi ricordai della brutta situazione in cui mi ero venuto a
trovare e ripresi a camminare. Folla. Avevo bisogno di confondere il mio corpo nella folla. Ideale per far perdere le mie
tracce, per rendermi del tutto inattaccabile. Luce e calore. Dopo una lieve discesa vidi il lido. Attraversai la strada. Lo costeggiai per qualche metro. Lungo il bel viale alberato. Sotto gli alberi la fresca ombra e la densa puzza di smog. Lo costeggiai per
qualche metro ancora. Luce e calore. E persone.
Sdraiato sulla sabbia ascoltai il rumore del mare, o almeno ci provai, disorientato dal caos circostante. Poi accumulai un po' di
sabbia a mo' di cuscino e vi sprofondai il viso. In lontananza, un ritmo in levare, levava e scaldava gli animi. Guardai il sole.
Anzi, il limone. Altro che effetto ottico, riflettei. Ormai mi pareva di sentire perfino il suo profumo penetrante.
Mi addormentai, e mentre quei suoni rilassavano le mie stanche membra, l'immenso limone le bruciava.
– Cocco bello cocco fresco! - strillò un venditore di cocco, attorniato da cestini colmi di frutta.
Si accorse che era riuscito a svegliarmi, e mi incalzò con le sue rime.
– Caro amico, se non ti vuoi ustionare, due fette di cocco devi mangiare! – Siamo in spiaggia non in un ostello, alzati e compra un cocco bello! – Tu che non ti sei ancora tolto la maglietta, gradiresti una deliziosa fetta? – E' fresco e nutriente, è un affare evidente! – Guarda quella ragazza, è triste e sola, regalale una fetta che la consola! –
Mi voltai. Vidi una ragazza. La contemplai. Era sola, triste, bellissima.
Sedeva su un telo da mare. Pensava, tenendo un libro tra le mani. Poi lo ripose sopra la borsa al suo fianco. Afferrò una tazzina di plastica. Che scottava, vista l'espressione che il suo viso assunse in un baleno. Infilò la mano sinistra nella sabbia, e
con due dita ne trattenne un po', per poi lasciarlo cadere dentro la tazzina. Con un cucchiaino mischiò il tutto. E bevve il caffè,
con lo sguardo rivolto all'orizzonte e il pensiero a chissà cosa.
– Il mio cocco non è caro, sei tu un po' troppo avaro! –
Ignorai il poeta. Osservai con attenzione la sabbia, rovente, ne provai la consistenza facendola scorrere ripetutamente tra le
mani. Un granello sulla punta della lingua. Zucchero di canna. Decisi di avvicinarmi. Le lasciai finire il caffè, poi mi alzai.
Vista offuscata. Mal di testa. In fase di assestamento, barcollai. Equilibrio, immagini nitide. Camminai sugli zuccheri ardenti.
Un metro da lei. Borbottai qualcosa contro la sabbia. Lei udì. Si voltò. Sorrise. Imbarazzo. Si sistemò i capelli. Si morsicò il
labbro. I suoi occhi fissarono i miei. Cambiò espressione. Inquieta. Preoccupata. Timorosa. Terrorizzata. Per un attimo volai.
All'indietro. Buio. Umidità. Profumo. Di fragole. Un rettangolino bianco. Mi abbassai. Lo toccai. Era carta plastificata.
L'agguantai. La girai. Scarlett Johansson. Brivido. Poi più nulla.
Sotterranea - Narrattivi, pagina 4
E se fosse opera
del diavolo?
di Darcos Barosso
I
n un villaggio situato nel sud ovest del Burkina Faso viveva una popolazione cosmopolita in tutta tranquillità
anche se la povertà caratterizzava ogni momento del suo vivere quotidiano.
All'alba degli anni 90 arrivò un giovane prete, si chiamava Boumson. Vivace, molto pio, all'apparenza un uomo di
Dio, il pastore utilizzava le sue relazioni per migliorare le condizioni di vita del popolo cristiano. Nel giro di qualche
anno il prete conquistò il cuore degli abitanti di Dafra. Alla messa della domenica la chiesa era piena a dismisura.
Tra i fedeli c'era una donna, una donna sposata, di nome Madeleine, di cui il prete ben presto si innamorò.
Per raggiungere il suo scopo, il prete usò il signor Camson come suo braccio destro. Quest'ultimo era sposato e
padre di tre figli.
Camson era appena stato licenziato dalla società mineraria che aveva chiuso i battenti per ragioni di crisi finanziaria. Come incoraggiamento, Boumson affidò al suo complice la gestione della farmacia situata al centro di questo grande villaggio.
Il farmacista fece così bene il suo lavoro che conquistò la fiducia del prete, e, di conseguenza, di tutti i cristiani. Il
prete faceva finta di recarsi alla farmacia per incassare il guadagno della giornata ogni sera verso le undici, alla
chiusura. Infatti, prendendo due piccioni con una fava, Boumson incontrava Madeleine per soddisfare i suoi istinti
sessuali. Camson, per dirla tutta, non era solo farmacista, ma anche un protettore, un prosseneta al servizio del
prete.
Mano a mano che passava il tempo Camson si innamorò a sua volta di Madeleine, e la ricattava; se l’avesse respinto, avrebbe rivelato alla comunità (e a suo marito) dei suoi incontri serali con il prete. La buona donna cedette
per ovvi motivi; in questo modo Madeleine passò alcune notti con il farmacista all'insaputa di Boumson.
E, dato che Dio non dorme, Camson fu sorpreso dalla sua sposa mentre stava soddisfacendo il suo piacere con
l'amante del prete. Furiosa, Madame Camson corse alla chiesa per raccontare la scoperta al suo padre spirituale,
non per rovinare il suo matrimonio, ma per richiamare il suo sposo all'ordine. Se l'avesse saputo... non l'avrebbe
fatto.
Messo al corrente della situazione, il prete cornuto non vedeva più il dolore della buona donna: pensava piuttosto
a sé stesso... Con tutto quello che aveva fatto per M. Camson! Senza pensarci troppo, il nostro uomo di Dio
mandò a chiamare il suo ex complice. Mentre andava verso la chiesa Camson era terrorizzato; sapeva più o
meno di cosa si trattasse.
Entrando nella stanza del prete, Camson incrociò uno sguardo che gli fece capire che non ne sarebbe uscito indenne. Non sappiamo che cosa si dissero, ma ad ogni modo il farmacista uscì furioso, prese il suo motorino e se
ne andò di corsa verso casa.
Mentre la moglie di Camson si affaccendava in cucina per preparare qualcosa per suo figlio, che moriva di fame,
un rombo di motore attirò la sua attenzione. Sapeva che si trattava di suo marito, ma il modo in cui attraversò il
cancello le fece capire che qualcosa non andava. Rapidamente prese lo sgabello e si mise dietro al battente della
porta. Alla sua destra, in piedi, c'era suo figlio.
Camson aprì violentemente la porta, si guardò intorno per scovare sua moglie che era incollata al muro. Le dette
un manrovescio che la donna riuscì ad evitare, ma che purtroppo andò a colpire il figlio, all'altezza della nuca. Il
bambino finì la sua corsa contro il muro e morì sul colpo.
Avvisati, la polizia e gli infermieri arrivarono per constatare quanto accaduto. Dopo aver ascoltato i due sposi ci si
rese conto che il prete c'entrava qualcosa in tutta quella storia, o meglio, il sacerdote è la parola chiave di questo
dramma e ricordiamo che non è la prima volta.
Il parroco di Saint Jean de Dafra è accusato di aver dirottato dei fondi destinati agli orfani della zona. Le donne
dell'associazione locale delle vedove si sono rese conto di essere state sfruttate. Il nostro sacerdote è titolare di
un conto bancario pieno di soldi e proprietario di numerosi appartamenti, al punto che viene da chiedersi se preti
come questo servano in nome di Dio o del diavolo. Il Vaticano dovrebbe aprire gli occhi.
Traduzione dal francese: Darcos Barosso e Benedetta.
Sotterranea - Narrattivi, pagina 5
Visionarti/uno
Sotterranea - Visionar(t)i, pagina 6
RECONDIZIONATO
di Francesco Satanassi
T
ua mamma dice che ti vesti poco, che ti vesti a cipolla e mentre te lo dice pensi che ha ragione, che è vero,
ma non dovrebbe dirlo, che vorresti abitare da solo e un po’ ci stai pensando. E allora stai lì, davanti alla scritta
Google che non è la gigantesca scritta COOP come diceva quel cantante che cantante non è. Stai lì, con quel cursore
che lampeggia come a dire Dai, fammi girare un po’, sono un tipo curioso. E tu lo guardi, quel cursore, guardi la nongigantesca scritta Google e aspetti.
Google google google.
Sembra il verso di un tacchino in amore e io guardo fuori dalla finestra, giù in cortile, che c’è il sole e c’è mia nonna
che cammina su e giù guardando su e giù, si ferma e si accarezza il dorso di una mano, poi dell’altra e poi dell’altra
e poi dell’altra. E dopo cinque minuti che la osservo penso che devo fare cento cose e bisogna che comincio.
LEI me lo dice sempre che sono distratto, che ho la testa a scolapasta dove tutto si ferma per poco tempo, è un
luogo di passaggio, dice LEI, dove tutto è temporaneo. È la memoria a breve termine, dico io, come i vecchi che non
sanno cosa hanno mangiato la mattina, ma sanno cosa hanno fatto che so, il 9 novembre del ‘44.
Mia nonna il 9 novembre del ‘44 partecipava alla Liberazione di Forlì e c’era rimasta male perché i comunisti avevano
fatto saltare in aria la Casa del fascio, Era un così bel palazzo, si poteva farci un cinema, diceva. E mia nonna il cinema non lo guarda mica, però da giovane lo guardava e ci lavorava, nel cinema. Cioè, dico dentro al cinema. Vendeva i biglietti, lei, che poi erano due le ragazze che li vendevano, lei e un’altra che forse si chiamava Giuliana, non
lo so, ho la testa a scolapasta e tutti, dice mia nonna, andavano da lei, da mia nonna dico, a fare il biglietto perché
lei era più bella dell’altra, di Giuliana dico. E io sta Giuliana non l’ho mai vista e non so se era bella o brutta, io so
che mia nonna da giovane era bella, ma tutte le nonne da giovani erano belle, che discorsi.
Adesso mia nonna guarda le fiction col volume altissimo che io neanche la musica la ascolto così, e quando scendo
e vado giù da lei sento la porta che trema di vibrazioni e ho paura a entrare, a essere risucchiato direttamente dal
tubo catodico.
C’è Morgan in tv che sbraita e il mio amico Valdo lo chiama Pagliaccio Catodico. Valdo è un ragazzo strano che le
ragazze con cui esce lo mollano dicendo Te sei troppo strano. Mia nonna invece non fa cose strane, a parte quella
volta dell’erba di Grace. Saranno stati sei anni fa, boh, quando è uscito il film? Tipo sei anni fa, dai, io non me lo ricordo, ho la testa a scolapasta e poi ripeto le cose. Comunque saranno stati sei anni fa, boh, quando è uscito il film?
Tipo sei anni fa, dai, io non me lo ricordo, ho la testa a scolapasta e poi ripeto le cose. Diciamo che era più o meno
sei anni fa, boh, quando è uscito il film? Tipo sei anni fa, dai, io non me lo ricordo, ho la testa a scolapasta e poi
ripeto le cose.
Quella volta era domenica pomeriggio e mia zia ha preso su mia nonna e a piedi sono andate al cinema qua dietro,
che già sta cosa fa ridere, due signore al cinema di domenica pomeriggio, in mezzo ai ragazzini che si tirano i popcorn
e si danno i baci con la lingua. Che poi pensare alla domenica pomeriggio a me viene da pensare al sole e al vento,
che esci solo con la felpa poi ti accorgi che hai freddo. Io comunque ero sicuro che avevano sbagliato film. Dai, insomma.. mia nonna a vedere l’erba di Grace? Voglio dire l’e-r-b-a- di Grace?!? L’ERBA?? Che quando è tornata a
casa avevo paura di chiederle com’era il film però ero più curioso che impaurito e allora gliel’ho chiesto. Com’era il
film ho detto io, proprio così, tranquillo, finto distaccato.
Fumavano della gran marlauana ha detto lei.
Come? Cosa?
Ehi, ehi ehi, aspetta un attimo, fermi tutti. Click, metti in pausa.
Come ha detto? Si, si l’ha detto, ha detto proprio così: marlauana.
Mar-la-ua-na.
Marlauana, cazzo.
E allora cosa vuoi dire a una nonna di ottanta anni che parla di marlauana. Non dici niente, ecco cosa dici, ti senti
un po’ in imbarazzo, ecco come ti senti, ti fai le paranoie, ecco cosa ti fai. Però ridi, ah si, quello lo fai proprio di
gusto. Ridi e ridi e ridi come quella volta che eri chiuso in ascensore col tuo amico che aveva un passeggino e diceva
Metti che incontriamo uno che conosco e l’uno che conosco era proprio li davanti, quando si sono aperte le porte, in
quel appartamento al mare non ricordo di chi, e ci ha detto Cosa fate qui? e il mio amico ha detto Mia sorella ha partorito e siamo andati via piano, finti seri e finti sobri.
Ecco, così mi sentivo con mia nonna, finto serio, finto sobrio.
Sotterranea - Narrattivi, pagina 7
sentita zolo
di Afro Gedes
Capitolo Ipsilon
L
a luce riflessa della luna rimbalzava languida sulle sponde del condotto fognario e luccicava nello sguardo perso di un misterioso fumatore che sdraiato sull’asfalto puntellato di rugiada osservava quel pallore malinconico attraversare il suo ego fragile e disinvolto.
Libellule e mostri radioattivi ronzanti si libravano fra gli allegri zampilli e fra bolle informi di
escrementi purpurei che i dignitosi e meritevoli concittadini scaricano puntualmente dal loro
lindo cesso aromatizzato. L’attività principale delle persone sembra essere solo produrre
merda e abbandonarla disinteressati lontano dagli occhi discreti dei dignitosi e meritevoli
concittadini.
Mi fate schifo. La merda che mi scaricate sotto il culo mi fa vomitare meno della vostra ottusa
boria. Viscidi e ipocriti nelle vostre comode vilette a schiera con i cessi aromatizzati.
I pensieri si contorcevano distorti e rabbiosi nella mente confusa ma consapevole di quel brillante esempio di disadattato.
Un ranocchio cianotico racchiava rantolando dal suo cumolo di terriccio. Restò a lungo stralunato a fissare quell’esserino che si gonfiava e sgonfiava e gonfiava e sgonfiava e racchiante
gonfiava e rachitico sgonfiava. Tutto intorno a lui danzavano coordinati fra la melma e le feci
insetti d’ogni forma e aspetto. Posto in prima fila al Teatro Fogna. Acustica straordinaria e
stabile ignifugo. Nessun pericolo d’incendio. L’impettito pavarotti gracchiava ancora per la
gioia dell’inebetito spettatore quand’ecco un enorme carpa bicefala emergere dalle acque
bordeaux e ingurgitare il famoso tenore. Mi dispiace amico è la legge del più forte. Funziona
così nel mondo globalizzato e aperto alle pari opportunità adeguati alla sottomissione e vivrai
sereno. Te lo insegnano fin da piccoli. Servi di una società ingorda e consumistica un mostro
fagocitatore carpa bicefala. Costretti a vivere come pupazzetti omologati nelle nostre vite di
plastica e virus. Burattini nelle luride mani di burattini. E allora dignitoso concittadino mercifica la tua vita per la Mercedes o l’attico da un miliardo e continua ad impedire con la tua
egoistica stupidità che le cose cambino. Magari un giorno capirai che la tua vita di plastica è
stata più inutile ancora di quanto ti sembrasse.
La Lucky Strike roteò sfavillando lungo le sponde cementate e si spense in tutto il suo fulgido
splendore inghiottita da quei residui fetidi. La guardò distrattamente affondare nella poltiglia e
ne provò un senso di pentimento. In piedi. C’è roba da sbrigare. Si scrollò il fango dai jeans
squarciati e montò in sella. Rombò via nitrendo sul suo vecchio ronzino bicilindrico abbandonando le fogne e i meritevoli concittadini ma non il rancore e la disperata follia. Don Chisciotte punkrock lupo alcolizzato contro i suoi mulini elettrici.
Via rombando. Via da tutto e da tutti. Investo la luna e il mio tormento. Rabbia rombando.
Un giorno sarete coscienti di quanto Vi abbia resi cechi di fronte alle più scandalose evidenze
e quanto Vi faccia credere di essere fondamentali e quanto invece siate impotenti minuscole
formiche laboriose di fronte alla sua in-visibile potenza.
Voglio solo credere che un sacrificio estremo possa aprirvi le porte della libera coscienza.
Un giorno capirete. Dovrete capire. Ma non mi aspetto molto da voi brutti stronzi masochisti.
Non c’è più nulla qui. Solo il vuoto.
Puntò gli occhi plumbei verso gli enormi torrioni di acciaio e cristallo maledicendone il potere.
Non dormiva da innumerevoli giorni e il suo incubo infinito si sarebbe concluso presto.
Sotterranea - Narrattivi, pagina 8
Visionarti(due)
Sotterranea - Narrattivi, pagina 3
Sotterranea - Visionar(t)i,
pagina
Sotterranea
- I9Saturi, pagina 12
Diversi
Avventura
Il cavaliere nero
A differenza di un cavaliere azzurro,
mi trovo dentro la grotta degli istinti,
al centro della terra.
Dove abitano bestie che ben conosciamo,
ma che non abbiamo il coraggio di guardare in faccia,
o chiamare per nome.
Africa, culla dell’umanità.
Continente ricco nella sua diversità
Culturale, etnica, ospitale.
Vilipesa dall’Occidente, a causa della politica
Improvvisata dai suoi dirigenti;
la mia Africa fa rima con disperazione, carestia,
malattia, guerra e non vado oltre.
Europa, continente della speranza per coloro che sono
Ancora capaci di sognare.
Questi sognatori si chiamano avventurieri,
immigrati …
Nonostante tutti i rischi di questo viaggio,
immigrare in Europa vuole dire riuscire nella propria vita.
È dare alla luce un sogno.
Un sogno di benessere per la propria società
E la propria famiglia.
Tutto in Europa si ottiene con difficoltà,
si conquista dopo una lotta personale.
Combattere il razzismo,
Combattere la disoccupazione,…
Vincere, è l’inizio della realizzazione del sogno.
Un’Europa alla quale il mio continente
Ha venduto la sua anima, la sua gioventù,
le sue ricchezze, insomma, il suo sviluppo.
In questa grotta esiste un'unica verità:
tutti gli uomini sono uguali nell'abisso.
Qui siamo carne sanguinosa,
pronta a sacrificare un fratello,
per un po' di piacere.
E man mano che lo si fa,
si nota che il sangue più buono,
è quello più innocente,
quello più giovane,
che non ha ancora avuto il tempo di sporcarsi.
Non esiste innocenza finché ci si crede migliori degli altri.
Non esiste innocenza fino a che si trovano colpevoli.
Non esiste innocenza fino a che non si capisce che non
esistono innocenti.
L'uomo è eternamente legato all'abisso,
questa è l'unica legge che si può imparare quaggiù.
Ed è come morire.....
Però...
Riconquistare questa dignità perduta
è la missione di ogni avventuriero in
Se dopo esserci sbranati fino allo stremo,
dopo esserci traditi in ogni modo possibile,
dopo esserci resi schiavi e poi padroni di tutto il mondo,
rimane ancora qualche scintilla di vita
Europa.
che altro non è che la nostra sincerità..
B. L’Africain.
Significa che possiamo provare ancora una volta ad alzare la testa, e guardare il cielo.
E trasformarci in azzurro.
Traduzione dal francese: B. L’Africain e Benedetta
L'unico modo possibile per ammaestrare l'animale,
per incantare i serpenti,
l'azzurro.
Ed è come rinascere...
Francesco Brandina
Sotterranea - Diversi, pagina 10
Fra cielo e terra,
acuto e stanco arriva il gemito, disilluso, monumentale,
ricopiato.
L'uomo di vetro non parla,
impegnato nella sua quotidiana esplosione di fitte addominali.
Partorisce parole muscolose dopo, a volte.
Camminare con il palmo girato in alto, la mano raccoglie esperienze.
Andare a caso, avvelenarsi per contratto,
raccogliere e raccontare un nuovo gelido spiffero di luce.
Terrore, musica pop.
L'alba arriva due volte, sempre, prima o poi.
Ha germoglianti occhi,
bestemmia e ti alita addosso una carezza di originalità.
Dietro non c'è nessuno, stomaci vuoti.
Si sono distratti in luoghi pericolosi.
Sono scomparsi nella coda di un supermercato.
Bottiglie piene, poi esposte, anche loro, fra cielo e terra.
Monumenti ipotetici, artisti ipotetici, facce innaturali.
Cavie.
Misurano il vomito che cola dagli schermi delle case.
Tutto mi sfugge.
C'è odore di santità questa sera, occhi di ruggine non ti nascondere.
Piuttosto vieni con me,
fra cielo e terra, ad inseguire il silenzio.
Gian Luca Mori
Eccitazioni»
«
« Matrimonio: Lo stato o condizione di una piccola comunità, costituita da un padrone, una
padrona, e due schiavi: in tutto, due persone »
(Ambrose Bierce, Dizionario del Diavolo)
« Rigiri il libro tra le mani, scorri le frasi del retrocopertina, del risvolto, frasi generiche,
che non dicono molto. Meglio così, non c’è un discorso che pretenda di sovrapporsi indiscretamente al discorso che il libro dovrà comunicare lui direttamente, a ciò che dovrai tu
spremere dal libro, poco o tanto che sia. Certo, anche questo girare intorno al libro, leggerci
intorno prima di leggerci dentro, fa parte del piacere del libro nuovo, ma come tutti i piaceri
preliminari ha una sua durata ottimale se si vuole che serva a spingere verso il piacere più
consistente della consumazione dell’atto, cioè della lettura del libro »
(Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore)
Sotterranea - Diversi, pagina 11
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Sotterranea - Visionar(t)i, pagina 12
“Sul reale”
di M. E.
Fotopoesie
Sotterranea - Fotopoesie, pagina 13
“Fragole e sabbia”
di M.E.
Fotopoesie
Sotterranea - Fotopoesie, pagina 14
MAFIOPOLI
Sangue e Repubblica di Simone Taufer
L’Italia è una Repubblica fondata...sul sangue!
Un simile articolo, all’inizio di una Costituzione di un paese occidentale, che fonda le proprie istituzioni sulle macerie di una guerra, suscita sgomento
e molte riflessioni. Di dare inizio ad una storia repubblicana con questo termine scomodo, certamente, i padri costituenti non lo avrebbero mai immaginato. Ma la storia del nostro Paese non è priva di risvolti scomodi, iniziative pericolose, decisioni terrificanti e legami compromettenti; proprio su
questi ultimi, l’Italia detiene una serie ininterrotta di accordi e scambi di favori con un vero e proprio “Stato” al suo interno, nato e cresciuto nello
stesso periodo dell’Unità italiana nel 1861: la criminalità organizzata. Con questo termine oggi intendiamo realtà del Mezzogiorno differenti territorialmente, ma morfolofigamente simili: Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta. Quello chesuccintamente mi appresto ad analizzare è un fatto di cronaca legato
alla prima di queste tre organizzazioni e con precisione la Strage di Portella della Ginestra, legata tristemente alla rinnovata mafia siciliana del secondo dopoguerra.
La scelta ricade su questo evento, proprio perchè a giudizio di molti storici, letterati e politologi costituisce l’atto fondativo nel sangue della neonata
Repubblica Italiana e come principio di quell’oscuro intrigo fatto di accordi tra lo Stato Italiano della Prima Repubblica e la mafia siciliana. Prima di
passare ai fatti veri e propri, con i conseguenti risvolti nebulosi, si deve tracciare una mini-biografia di quello che è ricordato nelle cronache più romantiche come l’ultimo dei banditi ; o come ricordiamo l’esecutore secondo la polizia del famoso eccidio: Salvatore Giuliano.
Fin dai suoi inizi negli anni ‘60 e ‘70 dell’Ottocento, la mafia ha sempre avuto con i banditi un rapporto caratterizzato a un tempo dall’intimità e dalla
doppiezza. L’onorata società utilizzava e proteggeva i banditi quando aveva bisogno di loro, ma li consegnava alla polizia nel momento in cui diventavano un peso. Lo schema si ripetè per l’ultima volta negli anni ‘40 con Salvatore Giuliano, il più famoso fra tutti i banditi.
Ma la storia di Giuliano è qualcosa di più del raccapricciante episodio conclusivo della vicenda del brigantaggio siciliano. Essa sigillò la rinascita
della mafia dopo la repressione fascista, potrebbe essere stata anche il punto di partenza della collusione dello Stato democratico italiano con atti terroristici rivolti contro la sua stessa popolazione.
Al culmine della sua notorietà, Salvatore Giuliano era tanto accessibile ai fotoreporter quanto era imprendibile per le autorità. Egli era il più piccolo di
quattro figli di una famiglia contadina di Montelepre, paesino situato sui monti ad una quindicina di chilometri da Palermo. La carriera del banditismo
cominciò l’autunno successivo allo sbarco alleato. A soli ventun anni i carabinieri lo sorpresero con un sacco di grano proveniente dal mercato nero.
Giuliano si trasse d’impaccio a pistolettate e fuggì in collina. Da quel momento in poi proseguì con le azioni contro l’Arma uccidendo un secondo carabiniere a colpi di mitra.
Al principio del ‘45 Giuliano dirigeva già una banda che si riuniva in operazioni di mercato nero, sequestri e omicidi.
Il rapporto di Giuliano con la mafia si conforma ad uno schema classico: senza la protezione degli uomini di onore la sua sopravvivenza, sopratutto
nella fase iniziale della carriera, non sarebbe stata di certo assicurata; la mafia territorialmente è molto potente e chiunque avesse commesso un omicidio o un sequestro, senza il consenso dell’organizzazione era un cosiddetto “morto che cammina”. Uno stretto collaboratore di Giuliano rivelò infatti
che anch’egli si sottopose al rito di “affiliazione”: era un uomo d’onore a tutti gli effetti.
Ciò che distingue Giuliano dai suoi predecessori è che egli si lasciò trascinare nel terreno dell’ideologia politica. Nel 1945 si incontrò con alcuni leader separatisti; essi erano fautori di un movimento per la separazione della Sicilia dal continente, di un’indipendenza. I più fanatici parlavano dell’isola come il 52° Stato degli Usa! Ma questo movimento ebbe vita breve, e nel ‘46 lo Stato reagì tenacemente alle spinte separatiste ed anche la
mafia sembrava perdere interesse per il bandito di Montelepre e di conseguenza allentarne la protezione.
In questo clima, Giuliano decise di mettere le proprie armi al servizio della lotta contro il comunismo. Proprio nel ‘47 nelle elezione regionali del
“Blocco del Popolo”; che riuniva i maggiori partiti di sinistra raggiunse il 30% dei suffragi e conquistò la maggioranza relativa.
Fu questo l’evento che suggerì al “Re di Montelepre” il suo efferato eccidio. Il primo maggio del ‘47, festa del lavoro ripristinata dopo il “ventennio”
riunì in località Portella della Ginestra situata a una estremità della valle fra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, una folla festosa di lavoratori
con le proprie famiglie, vestite a festa per cantare e ballare e mangiare in un’atmosfera spensierata. Alle 10 e 15 di mattina, il segretario del “Blocco
del Popolo” si levò in piedi in mezzo alle bandiere rosse per dichiarare l’apertura dei festeggiamenti. Fu interrotta da scoppi fragorosi.
Le pallottole degli uomini di Giuliano cominciarono ad andare a segno. Dieci minuti di raffiche di mitra provenienti dalle colline circostanti lasciarono sul terreno undici morti e trentatrè feriti. L’impatto del massacro sulla popolazione locale rimase indelebile nel ricordo di molti. Malgrado il
paese intero fosse rimasto impietrito di fronte alla strage, il bandito Giuliano rimase a piede libero ancora per tre anni. Il clima politico generale si rivelò sempre più dominato dal grande partito politico democristiano e le imprese anti-comuniste di Giuliano apparvero ormai anacronistiche. Molti dei
suoi uomini vennero arrestati e la sorte di Giuliano era ormai segnata. Le indagini su Portella andavano a rilento in mezzo ad accresciuti sospetti sul
mandante politico, l’allora ministro dell’Interno Mario Scelba; secondo molte opinioni il mandante dell’eccidio. Giuliano era certo custode di molti
segreti come emerse da un faccia a faccia con l’allora segretario del Pci siciliano Li Causi, che con tono profetico disse a Giuliano: “Ma lo capisci che
Scelba (siciliano anch’egli) ti farà ammazzare?” e il bandito replicò : “Io so che Scelba vuole farmi uccidere; lo tengo nell’incubo di fargli gravare
grandi responsabilità che possono distruggere la sua carriera politica e finirne la vita”. Nell’estate del 1950 i membri della banda di Giuliano che erano
stati catturati furono infine portati davanti ad una Corte d’Assise a Viterbo. L’idea era che il processo avrebbe risposto a tutte le domande. Ma le
udienze erano appena cominciate, che il mistero s’infittì: nel cortile di una casa a Castelvetrano fu trovato il cadavere di Giuliano. Quando arrivarono i
giornalisti sul luogo, i carabinieri sostennero di averlo freddato in un conflitto a fuoco. Un giornalista coraggioso all’epoca scrisse: “Di certo c’è solo
che è morto”.
Giuliano fu ucciso probabilmente da un suo luogotenente e cugino: Gaspare Pisciotta; anch’egli si portava nella tomba molti segreti poichè fu avvelenato in carcere da un caffè alla stricnina. I misteri dietro questa pagina crudele della nostra storia sono ancora molti e a 63 anni di distanza lo Stato
continua a tacere e gli archivi a rimaner ben sigillati. Di fronte a questi fatti, come in molti altri legati a terrorismo e stragi di mafia, le istituzioni appaiono assenti. Questo è solo uno degli episodi neri che costellano la storia italiana, ma certamente ora, avendone ripercorso i momenti più salienti, acquista un senso compiuto ed anche più inquietante l’articolo della Costituzione in apertura: “L’Italia è una Repubblica fondata sul SANGUE!”
Sotterranea - Mafiopoli, pagina 15
Messaggi pro(e)mozionali
Spaventatevi mortali,
è tutto vero!
“Ad un tratto compresi che qualcuno
mi bussava sulla spalla destra,
sentii uno strano tremito, una presenza,
un profumo, allora mi voltai: - Spritz? Era Gesù. Rimasi sorpreso, aveva dato
una svolta alla mia serata”
Sotterranea - Messaggi pro(e)mozionali, pagina 16
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Gioventù smemorata - Rivista Sotterranea