MONICA GIAJ PRON
DIARIO DI BORDO 2012
VIAGGIO IN COSTA D’AVORIO DAL 22.02 ALL’8.03.2012
21.02.12: martedì
Tutto pronto: comprato un netbook da lasciare a casa per mantenere i contatti perché il
notebook è sceso in sciopero; tosata, depilata, lavata, bagagli pronti, casa in ordine … si parte!!!! Autobus GTT con mia figlia, Alessandra: direzione Torino; ultime telefonate a mia sorella Claudia e alla mia amica Enrica … mentre l’emozione sale al massimo!!! Ci recupera
mia mamma in centro, cena da lei e poi resto sola a casa sua (lei abita a Torino nord, così domani mattina sarò più vicina all’aeroporto), mentre lei e Alessandra vanno a casa mia a Piossasco. Poco dopo la loro partenza, visto che rischio di cadere dalla sedia per il sonno, vado a
dormire nel letto della mamma.
22.02: mercoledì
Sveglia alle 6,40, preparativi mattutini, colazione e poi via con i due trolleys a piedi fino alla
stazione di Madonna di Campagna. Ai bordi della strada c’è ancora la neve e la temperatura
è piuttosto rigida. Acc! Il treno della linea che ferma all’aeroporto mi parte sotto il naso.
Francesco mi chiama: loro sono già a fare il chek in. Aspetto il treno successivo, che parte
dopo mezz’ora, alle 8,47.
Salgo sul treno, rischio la multa perché mi sono dimenticata di obliterare il biglietto - mi riconfermo per l’ennesima volta che i mezzi pubblici non sono fatti per me - faccio la scena
della donna rimbambita (non faccio neanche troppa fatica!): funziona! Dribblata la multa e
salvata da una signora est-europea (!) dal scendere a Caselle paese, finalmente arrivo all’aeroporto. Francesco mi accoglie e vado anch’io al check in.
E’ fatta!!!!
Verso le 10 si sale sull’aereo: che meraviglia vedere prima Torino e poi le Alpi dall’alto, poi
gli altopiani della Francia con i campi coltivati che sembrano formare una coperta patchwork.
Si scende, ci si orienta a fatica all’aeroporto di Parigi CDG: è immenso! Monica lo trova tutto cambiato da due anni fa. Provo anche il brivido di far suonare il metal detector perché dimentico di togliermi l’orologio; una gentile gendarme mi perquisisce mentre a Monica…..comincia ad uscire un filo di fumo dalle orecchie…
Sono le 14,20 quando finalmente si sale sull’aereo per Abidjan; me lo aspettavo molto più
grande, ma mi sa che ho visto troppi film …. Anche se Monica ed io non abbiamo le gambe
molto lunghe, dopo qualche ora non sappiamo più dove metterle!
Arriviamo ad Abidjan che è quasi buio, pensavo che il giorno durasse di più qui, forse perché
associo il caldo all’estate e l’estate alle giornate più lunghe. Ma qui siamo vicino all’equatore. Compiliamo un modulo (anche qui la burocrazia non manca…), ci controllano il libretto
delle vaccinazioni per la febbre gialla, ennesimo controllo dei documenti con tanto di foto e
impronte digitali, recuperiamo le valigie e all’uscita ci attendono Suor Donata e George.
Serata in una casa di suore, cena, doccia e a letto; imparo l’uso della zanzariera, appesa sul
letto. Nella stanza c’è anche uno scarafaggio di discrete dimensioni, qui li chiamano caffar.
23.02: giovedì
Colazione dalle suore. Foto 001e 002, 265 e 266, 276
Nel giardino si rincorrono i margouia: lucertole dai colori molto brillanti, nere e arancioni.
Foto 010 e 263
Arriva George e si parte per Abobodoume, per far visita ai preti della SMA: Dario Dozio,
Lorenzo Rapetti e Giampiero Rulfi.
Già la sera prima l’avevo notato, ma ancor più di giorno rimango molto colpita dal pullulare
di bancarelle e banchetti davanti alle innumerevoli baracche dei vari quartieri di Abidjan che
attraversiamo con la macchina.
Anche i caseggiati più grandi sono quasi tutti tenuti piuttosto male: muri scrostati, anneriti,
parti delle strutture ancora da completare. D’altro canto, c’è stata la guerra fino alla metà dell’anno scorso….
Prima di arrivare ad Abobodoume ci fermiamo in un supermercato. Alla cassa ci sono persone che svuotano il carrello e altre dall’altra parte che mettono la spesa in scatoloni e sacchetti, poi la caricano di nuovo sul carrello e la portano alla macchina, naturalmente viene data
loro una mancia. Intorno all’auto si radunano persone che chiedono l’elemosina.
L’accoglienza dei padri italiani della SMA è molto calorosa: ci aggiornano sugli ultimi eventi
della Costa d’Avorio e noi dell’Italia, poi qualche aneddoto, si scherza e ci si ripromette di
rivedersi ancora.
Foto 003, 004, 005 e 006
Dopo la visita ad Abobodoume andiamo ad un ristorante di Abidjan.
Monica ci tiene a farmi conoscere la cucina ivoriana e io sono molto
curiosa di sperimentare gusti nuovi. Entrèe: Avocat Crevettes foto 273.
Plat de resistence: Kedjenous Agouti (roditore dell’igname e del riso),
frite igname (un tubero più grande delle patate, che si cucina in maniera simile). Il tutto è accompagnato dalla musica tipica di un complessino che suona per una festa che c’è in un altro
padiglione del ristorante. Video 011 e 012
Al pomeriggio visitiamo la cattedrale di Abidjan. Foto 007
Poi facciamo un giro al mercato e lì provo un senso di smarrimento: tutti ci propongono la
loro mercanzia, ci invitano nelle loro botteghe….Ci rechiamo nella bottega di alcuni conoscenti di George, ci fanno sedere, compero dei piccoli astucci da portare in regalo e altri più
grandi per noi e riprendo la serenità.
La sera cenetta tranquilla nella casa delle suore e poi a dormire.
24.02: venerdì
Facciamo colazione in una patisserie, anche questa è praticamente una bancarella con una
tettoia appoggiata al muro di un caseggiato. Poi si parte per San Pedro. Attraversata Abidjan,
appena immessi sulla grand route ci ritroviamo bloccati in una coda infinita, causata da lavori per un nuovo ponte pedonale. Mentre procediamo a passo d’uomo in mezzo alle auto sfila
un continuo via vai di persone che propongono ogni sorta di mercanzia: cibo, acqua minerale
in sacchetti da ½ litro, accessori auto, occhiali, abbigliamento per bambini e per adulti, ecc…
Lasciata la città e le sue periferie, la strada si inoltra in mezzo alla vegetazione. La carreggiata è asfaltata, ma ci sono buche grosse come crateri, che costringono George a frenare e a fare lo slalom tra l’una e l’altra. Foto 013, 014, 015, 016.
Da una parte e dall’altra della grand route sfilano i villaggi. Le case sono costruite per lo più
con una struttura (pareti e tetto) di grosse canne di bambù; le pareti vengono poi rivestite di
terra impastata e il tetto viene foderato con dei nylon spessi neri, ricoperti poi con delle foglie di palma.
All’ingresso di ogni villaggio c’è un posto di blocco, gestito da vari corpi militari o di polizia: una sorta di “dogana”, finalizzato soprattutto al controllo delle merci in transito. I metodi
per fermare il traffico sono piuttosto convincenti: vengono messi in mezzo alla strada dei
lunghi carrelli con degli enormi chiodi sporgenti. Foto 148
Qua e la appaiono degli enormi termitai, sembrano dei minareti. Monica dice che le ricordano i castelli di sabbia bagnata che fanno i bambini sulla spiaggia.
Quelli che ad un occhio inesperto come il mio possono assomigliare a dei pioppeti, in realtà
sono piantagioni di cautchu. Ogni albero ha ad altezza uomo una ciotola in cui viene raccolto
il liquido che secerne la pianta.
Durante il viaggio vediamo delle carbonaie e il carbone viene venduto un po’ dappertutto in
sacchi o in grandi latte.
Lungo la strada le donne camminano portando sulla testa pesi enormi e sovente anche bambini sulla schiena avvolti in grandi teli (i “Pagne”).
Arriviamo verso le 17,30 e l’accoglienza al Centro è molto calorosa. Dopo i saluti saliamo
nell’alloggio di Donata, beviamo il gnamacou (una bibita a base di zenzero, servita fredda),
ci sistemiamo nelle stanze e finalmente ci si può riposare un po’ dal viaggio. Ceniamo, poi
litigo un po’ con internet per aprire la mia mail e visto che non ho la meglio, accetto la disponibilità di fare una telefonata a Claudia per sentire lei, mia mamma e mia figlia, che per il
week end sono andate a trovarla. Poi doccia e nanna.
25.02: sabato
Ci risvegliamo senz’acqua. Manca anche la corrente, ma per quella c’è il generatore. Quest’ultimo però non può attivare la pompa per far salire l’acqua fino in casa.
Per colazione Monica mi ha comprato uno yogurt che fanno qui, a cui aggiungono miglio e
zucchero di canna: buonissimo!
Donata e Monica mi fanno visitare il Centro. Foto da 182 a 196
Nel laboratorio analisi sono arrivati dei nuovi macchinari, dono della ANESVAD
(un’associazione spagnola che finanza progetti sanitari), dall’Associazione SMA Solidale e
da alcuni sostenitori del DUMA. Poi visitiamo la sala operatoria con le stanze annesse.
Nell’infermeria ci sono due bambine con delle piaghe molto profonde, una ad un braccio e
l’altra ad una gamba: sembra di vedere una puntata di CSI, ma qui è tutto vero e le bimbe
piangono e urlano di dolore durante la medicazione.
Continuo il giro con Donata: le camerate, la terrazza con i banchi e la lavagna per fare un po’
di scuola, gli uffici e nell’altra ala la zona per la riabilitazione, ancora da completare come
attrezzatura. Alle 11,30 arriva George e andiamo al maquis dove Donata e Monica hanno
prenotato ieri per un pranzo con l’équipe della Charitas: il presidente Assamoi, il contabile
Edoard Agbasi, la signora Viviane, che si occupa della distribuzione dei contributi e il sig.
Okoman. Foto da 022 a 036
Oggetto della riunione sono le divergenze di obiettivi e di impostazione metodologica tra
DUMA e altri enti
.
Rientriamo a casa nel pomeriggio inoltrato e ci facciamo una breve pennichella.
L’acqua non è ancora tornata, quindi cena e poi a nanna senza la doccia.
26.02: domenica
Oggi dai rubinetti scende un filo d’acqua un po’ ad intermittenza, lo stretto necessario per lavarsi la faccia.
Alle 9 messa africana, andiamo a piedi. Foto da 037 a 047
Ho sempre pensato che Piossasco, il paese dove vivo da 13 anni, è un paese di persone gentili, ma qui è incredibile: tutti salutano – che ci conoscano o no - prima di tutto la suora, ma
poi anche noi.
Qui i foglietti della Messa si vendono: 100 CFA. La chiesa è un’enorme tettoia, c’è un
“servizio d’ordine”: uno scorbutico sacrestano che decide dove ci si deve sedere e incita a
pregare a voce alta e a cantare.
In un’oretta la Messa è finita, i classici tempi africani oggi sono stati ridotti perché sono previsti successivamente degli incontri.
Si rientra a casa e dopo un po’ arriva George con la moglie e le due bimbe e si va a mangiare
in un hotel - ristorante in riva all’oceano. Foto da 048 a 068
Anche qui il menù è spettacolare: piatti a base di pesce, crostacei, gli immancabili attiéké
(una specie di cous cous fatto con la manioca) e aloko (banane di platano fritte) e la frutta
tropicale…..Siamo dei privilegiati a poterci gustare questo cibo, rispetto alla maggioranza
della popolazione ivoriana….E di questi tempi anche di quella italiana: in un ristorante da
noi, bisognerebbe accendere un mutuo per dei piatti del genere…..
Insieme a George e a Clara, la sua bimba più grande, facciamo un giro sugli scogli e poi sulla
spiaggia e fotografiamo Clara e il mare.
Al ritorno Donata ed io ci concediamo una pennichella, mentre Monica e George hanno un
incontro con il Parroco.
Finalmente è tornata l’acqua e dopo il riposo Donata può avviare la lavatrice.
Cena, doccia, tento di mandare delle mail aprendomi un altro indirizzo su yahoo.fr, che però
non arriveranno.
27.02: lunedì
Si parte presto, alle 7,30 perché il viaggio per Tabou è lungo e le buche tante e profonde.
Attraversando San Pedro si passa per un quartiere chiamato “bardo” (purgatorio). Noto che
le abitazioni sono molto diverse, fatte soprattutto di listelli di legno. Anche qui le bancarelle
sono innumerevoli e tutta la zona, come anche altrove, è ricoperta di polvere rossa proveniente dalla terra battuta delle strade: mi chiedo cos’abbia la gente nei polmoni….
Ci fermiamo per far salire in auto Viviane.
Usciti da San Pedro, Monica mi spiega che nei villaggi si vive meglio perché c’è più ordine,
c’è la figura del capo villaggio - che spesso è anche riconosciuto a livello istituzionale - c’è
la possibilità di coltivare e di allevare bestiame. A volte nei villaggi ci sono i re, al cui cospetto bisogna rispettare un certo cerimoniale, che a lei è stato insegnato dai preti della SMA.
A Tabou veniamo accolti da un sacerdote ivoriano, che ci fa anche visitare la chiesa.
Foto da 069 a 079
Poi comincia il lavoro di verifica delle adozioni: sotto ad una tettoia, ci mettiamo lungo due
tavoli George, Donata, io, Monica, Viviane e una signora del posto, che spiega a Monica, in
maniera non troppo convincente, i motivi delle varie assenze tra le famiglie previste. Davanti
al tavolo sfilano i bambini accompagnati dal parente che se ne sta facendo carico (la maggior
parte dei bambini e dei ragazzi sono orfani di uno o di entrambi i genitori). Monica pone
qualche domanda sulla scuola ai bimbi e poi chiede agli adulti il loro ruolo di parentela, un
po’ di aggiornamento sulla situazione famigliare, quanti bambini hanno in casa e cosa fanno
per cercare di mantenere la famiglia. Il tutto viene registrato su una scheda individualizzata
sul portatile di Monica. Durante il colloquio con l’adulto, George fotografa i bambini. In seguito il parente riceve il contributo mensile e firma la ricevuta. Foto da 080 a 083
Finito il lavoro, viene a salutarci una suora della comunità di Suor Camilla, che è mancata da
circa un anno e che si occupava degli adottati di Tabou. Alla vista di Monica si commuove,
ricordando la sua consorella.
Pranzo sulla strada del ritorno, a Grand Bereby, in un maquis gestito da una conoscente di
Donata. Foto da 103 a 107
Mentre attendiamo di essere serviti – e i tempi del servizio non sono proprio come quelli europei – faccio delle fotografie, oltre che ai presenti, anche a diverse piante che adornano il
maquis, una più bella dell’altra! Foto 091
Poi scendo in spiaggia e, dopo alcune foto, non resisto alla tentazione di bagnare i piedi nell’oceano (in realtà mi mangio le mani perché avrei voluto fare il bagno, ma non mi sono portata dietro il costume). Lo spettacolo dell’acqua impetuosa del mare con la schiuma candida
delle onde che si infrangono sulla sabbia color dell’oro, la vista delle palme che si inseguono
fino alla riva, il contorno della costa, che si perde in dolci insenature……l’emozione è così
forte, che sento salire le lacrime….Qualcuna riesco a trattenerla, ma altre riescono a tracimare, quindi con un po’ di imbarazzo faccio un giro un po’ più lungo, per farle asciugare prima di ritornare al tavolo con gli altri. Foto da 100 a 102
Dopo pranzo ci fermiamo con la macchina poco più avanti per vedere il villaggio dei Fantì,
pescatori originari del Ghana, con delle barche molto particolari. Foto da 112 a 122
Per strada compriamo anche una chiavetta USB per poter scrivere questo diario.
Tornate al Centro, comincio a scrivere mentre Monica mette in ordine le sue valigie e Donata
si riposa.
Doccia, cena e poi, mentre a turno stiriamo, parliamo di tante cose.
Siamo molto diverse: una suora, una moglie e una divorziata. E poi diversi sono i caratteri, le
sensibilità, l’età. Ma tutte e tre sinceramente e profondamente interessate ad ascoltarci reciprocamente.
28.2: martedì
Oggi si va a Sassandra, si parte di nuovo presto. Uscendo da San Pedro vi sono delle carbonaie, anche qui ci chiediamo che razza di aria respirino queste persone…
Le famiglie a Sassandra sono più numerose e l’organizzazione pare migliore. Monica mi
spiega in seguito che l’Abbey Paul ogni mese visita personalmente le famiglie mentre porta
loro il contributo dell’adozione. Foto da 123 a 128
Finiti i colloqui, ci fermiamo al maquis sulla spiaggia, anche qui per una buona mangiata di
pesce, pollo, verdure, banane... Foto alla costa e alle piante. Foto da 129 a 141
Una signora che ha il figlio adottato a distanza ci porta in regalo un’infinità di pesce appena
pescato, con cui riempiamo due frigo portatili.
Durante il viaggio di ritorno a San Pedro ci fermiamo ad un mercato per un po’ di spesa. Foto da 142 a 147 + 017
Ripreso il viaggio, noto che molti alberi tra i più alti sono secchi e ne chiedo il motivo. George spiega che li fanno seccare apposta, poi il vento li abbatte e al loro posto sorgono nuove
piantagioni di caffè, di cacao o di cautchu. Io e Monica conveniamo che il colonialismo non
è mai terminato…..In più occasioni Monica afferma che la Costa d’Avorio avrebbe delle risorse ricchissime, ma vengono sfruttate dagli stranieri: Europei, Libanesi, Cinesi….
Nel pomeriggio al “Centro Donata” si svolge una riunione con le persone della Charitas presenti al pranzo di sabato scorso. Monica e George riferiscono dell’incontro che hanno avuto
con il Parroco di Seweke e vengono prese decisioni in merito.
Di nuovo manca l’acqua, ci facciamo gli spaghetti con quella minerale e anche stasera nasce
un bel dialogo tra noi tre.
Tra Monica e Donata è evidente la presenza di un rapporto di amicizia consolidata, che consente loro anche di prendersi un po’ in giro reciprocamente. Non resisto a dire loro che mi
sembrano George e Mildred (ve li ricordate: i due vecchi coniugi inglesi del telefilm anni
‘70/’80, che battibeccavano sempre)!!!!
Oggi, soprattutto durante la riunione, mi sono resa conto che comincio ad afferrare qualche
concetto in più di ciò che viene detto in francese, finalmente!
29.02: mercoledì
Stamattina i tempi sono più rilassati: sveglia alle 7,30, colazione, mi lavo come i gatti perché
l’acqua arriva ad intermittenza e poi c’è il tempo di rassettare un po’ la stanza e fare il bucato
tra una goccia e l’altra. Poi con Monica e George si va al supermercato e al mercato coperto
a fare un po’ di spesa. Il mercato qui è decisamente più vivibile rispetto ad Abidjan o alle
bancarelle sulla strada, gli ambulanti non sono assillanti. Le bancarelle sono cariche di frutta
e verdura di tanti colori, meritano delle foto. Foto da 151 a 153
Al ritorno al Centro Monica mi fa osservare i fiori dei banani. Foto 154, 155 e 172
Più tardi nella mattinata arriva il gruppo delle adozioni di Grand Bereby. Foto da 156 a 158
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