ARCIDIOCESI DI BENEVENTO PERIODICO DI IMPEGNO RELIGIOSO E SOCIO-CULTURALE SOCIETÀ COMUNICAZIONI Il lavoro è un dramma sociale Spedizione in abb. postale comma 20 - Articolo 2c Legge 662 del 1996 - FILIALE DI BENEVENTO di Massimiliano Del Grosso* S Anno 12 N° 5 - Maggio 2009 Evangelizzazione e nuove tecnologie a pagina 3 a pagina 8 e 9 come un mero ammasso di materia organizzata, meno adeguatamente compiaciuta. E quando ciò una concezione che ovviamente esclude il trascen- non accade, giù con terremoti, pestilenze e pia- i è discusso molto sulle presunte pos- dente. Ogni fatto risponde così a precise leggi ghe. Chi sostiene questa interpretazione, perciò, sibilità di prevedere il sisma che ha cosmiche, ragion per cui le catastrofi naturali, fina- assolve i disastri e biasima gli uomini allo stesso colpito l’Abruzzo lo scorso mese. lizzate all’equilibrio del mondo, sono buone. Se modo dei sostenitori della prima, dimostrando in tal Dietro tanto agitarsi tra accuse, rab- l’uomo si lagna, perciò, sbaglia di grosso: egli modo come in sostanza materialismo e spirituali- bia e demagogia politica, c’è il dramma del con- deve, non dico gioire, ma quantomeno stoicamen- smo siano fratelli figli della stessa madre: la pre- fronto con il mistero della sofferenza, e il chiedersi te accettare fatti che, pur se lo privano del bene sunzione di capire appieno il mistero della soffe- perché le cose vadano così e perché dobbiamo dell’esistenza propria o di persone care, sono renza al punto da pretendere di darne una risposta stare nostro malgrado in un mondo agonizzante. Il necessari alla vita dell’universo. definitiva. I materialisti, che purtroppo non hanno mistero del male può essere capito alla luce della Tale posizione ottimistica, dunque, non può che fede, sbagliano nel non considerare come mai, se croce di Cristo, ma pienamente solo quando sare- assolvere i disastri e biasimare gli uomini, colpevo- è vero che “dio” è la stessa materia cosmica orga- mo al cospetto del Creatore. «Sempre i migliori se li di pretendere un mondo troppo conforme alla nizzata, costei sia capace di darsi completezza ne vanno» dice un luogo comune, che forse non loro idea di bontà. con gran fatica di tempo e se non a prezzo di con- sempre ha torto. L’atteggiamento spiritualista concepisce il mondo tinui aggiustamenti attraverso fenomeni violenti L’istinto a ribellarsi, al dire «non ci sto», a cui si visibile come una sorta di prolungamento o “teatro” che spesso per nulla migliorano, quanto piuttosto accompagna l’amara constatazione che contro il dell’invisibile, e che non ha perciò una vera e pro- distruggono ciò che essa stessa ha prodotto. Per male l’uomo non possa in fin dei conti granché, se pria naturale autonomia. Le vicende cosmiche quanto riguarda l’uomo, si pensi a quale meraviglia nei casi più drammatici ha visto persone togliersi la sono conseguenza diretta del fatto che le azioni esso sia, e a come tale splendore sia deturpato vita, in altri ha da sempre portato sostanzialmente umane solleciterebbero ora la benevolenza ora dalle malattie, dalle deficienze, dalla vecchiaia, a due soluzioni che potremmo definire materialista l’ira di una Divinità, la cui unica preoccupazione dall’ignoranza, dalla cattiveria. e spiritualista. Il materialismo considera la vita sembrerebbe essere quella di verificare se sia o continua a pagina 15 2 Maggio 2009 La vergine modello di carità operosa nei confronti di chi ha bisogno Raffaele Di Muro I gesti e le frasi della Vergine sono per noi guida costante nel cammino di discernimento, in materia di disponibilità all’aiuto dei fratelli e di capacità di essere religiosi grati a Dio per il dono della vocazione. In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1, 39-45). Si mise in viaggio. Ammiriamo la determinazione di Maria che intraprende un difficile viaggio per poter assistere e soccorre Elisabetta. La Vergine diviene modello di carità operosa nei confronti di chi ha bisogno di un supporto materiale e spirituale. Ammiriamo la sua prontezza e la volontà di sostenere Elisabetta, anche malgrado la sua gravidanza. Dovremmo riuscire ad imitarla in questa sua capacità di amare e di essere risoluta. Molto spesso non riusciamo nemmeno ad accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà perché siamo centrati solo su noi stessi e solo sul nostro vissuto. Guardare con amore l’altro con il desiderio di aiutarlo e sostenerlo: questa è la sfida che i religiosi di oggi sono chiamati a raccogliere. Il fratelli e la sorelle con cui condividiamo un cammino non vanno strumentalizzati, ma amati con quella cura e quella sollecitudine che Maria ci insegna. Un altro brano del Vangelo sottolinea la sollecitudine della Vergine, questa volta nei confronti di Gesù. Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti» (Mt 12, 46-4). Maria segue con trepidazione l’apostolato di Gesù. Il brano rivela la preoccupazione della Madre di Dio per il Signore, la cui missione non sempre viene compresa dagli uomini a quali si rivolge. La Vergine veglia sul cammino di Gesù che segue attentamente e costantemente. Anche noi siamo chiamati a vegliare sul cammino dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Il nostro “vegliare” scade molto spesso nel giudizio, nella critica e nella mormorazione. Dovremmo realmente e concretamente prenderci cura dell’apostolato e della missione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle per segnalare loro l’importanza di vivere e di operare secondo la volontà di Dio. Maria segue Gesù fin sotto la croce: Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19, 25-27). La sollecitudine di Maria sotto la croce diventa eroica: Maria segue il Suo Figlio anche nel momento del dolore e della sofferenza ed accetta di diventare madre di tutta l’umanità. Maria è fedele al progetto di Dio ed è fedele nell’amare Gesù. Ella insegna anche a noi questi atteggiamenti e queste disposizioni. La sollecitudine di Maria si rivela anche a sostegno della Chiesa nascente: Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui (At 1, 12-14). La Vergine Immacolata è presente nella vita della prima Chiesa a sostegno degli apostoli e dei primi credenti in Cristo. Dopo l’Ascensione di Gesù Maria si fa garante della vita di preghiera e dell’armonia fraterna della giovane famiglia di Cristiani. In sostanza, Maria ci insegna una tripla sollecitudine: Verso i confratelli e le consorelle; Verso Gesù; Verso la Chiesa. Maria segue Gesù in tutto il suo apostolato, in tutta la sua missione. Ella è sollecita nel supportare Gesù, nello stare con Lui fin sul Golgota. Ella ci insegna la medesima sollecitudine che per noi vuol dire strare con Cristo in un rapporto di comunione profonda e perché possiamo esprimere nel mondo, con la parola e con la vita, il Vangelo, perché possiamo vivere la sua stessa missione. La Vergine ci insegna anche l’importanza del sostegno ai fratello ed alle sorelle che camminano con noi, del prenderci cura di loro, nel soccorrerli nel momento del bisogno e nell’incoraggiarli nel perseverare nel bene e nella sequela di Cristo.Cosa significa essere solleciti verso i fratelli e le sorelle, qualunque ruolo occupino nella loro casa e nel loro Istituto: Pregare per loro; Interessarsi discretamente alla loro vita e alla loro missione; Fornire loro buoni consigli; Fra sentire loro la nostra delicata presenza; Mai dare loro la sensazione di lasciarli soli. E’ davvero importante sostenere i fratelli e le sorelle che condividono con noi la nostra stessa vocazione. La preghiera per loro crea, senza dubbio, comunione fraterna la preghiera per loro. L’orazione ci aiuta a sciogliere il cuore indurito a causa di incomprensioni comunitarie. Ma si rivela di grande importanza aiutare i confratelli o le consorelle con buoni consigli, con il discreto interessarsi al loro apostolato, con la disponibilità a prestare loro soccorso in caso di necessità. Nel vissuto comunitario i religiosi non sono isole, ma sono chiamati a cooperare, a comprendersi, a supportarsi vicendevolmente. Da Maria i religiosi e le religiose hanno la possibilità di apprendere questa sollecitudine e la carità necessaria per una vita di comunità armoniosa e ricca del reciproco sostegno tra i membri della stessa. Benedetta! Maria riceve una particolare benedizione da Dio: è la piena di grazia, è l’Immacolata, Colei che porta in grembo e custodisce il Redentore. La Vergine è sorretta dalla forza di Dio nella sua missione di portare nel mondo il Salvatore: ha un grande compito, ma la benedizione di Dio l’accompagna sempre. La benedizione di Dio non si ferma a Maria. Ciascun consacrato può definirsi benedetto grazie all’aiuto che il Signore gli conferisce per vivere la sua missione di apostolo alla sequela di Gesù. I religiosi hanno proprio la vocazione a portare Gesù nel mondo con la loro parola e con la loro testimonianza: per questo grande compito sono sostenuti dalla grazia del Signore e sono chiamati ad abbandonarsi ad essa. Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore. Maria si fida della Parola di Dio, si abbandona alla sua voce, confida nella sua onnipotenza. Il suo “si”, il suo prendersi cura di Gesù e di Elisabetta è frutto del suo affidarsi a Dio. L’ascolto della voce dell’Altissimo permette a Maria di lanciarsi nella carità verso Gesù, verso Elisabetta. Ritengo che anche religiosi e religiose debbano mostrare la stessa capacità di affidarsi. Essi sono benedetti da Dio, hanno ascoltato la sua Parola e sono chiamati a fidarsi di Lui, a donare la vita in virtù della vocazione ricevuta. Mi pare di vedere un nesso significativo tra la capacità di ascolto della voce di Dio e i dedicarsi al servizio di Gesù, nonché di operare secondo carità verso i fratelli. Si diventa validissimi religiosi e religiose della carità e del servizio nella misura in cui si pone attenzione alla Parola che il Signore comunica loro nell’esercizio della propria missione. Questo è l’insegnamento di Maria: amare lei vuol dire imitare la sua capacità di ascolto e di donazione. Maggio 2009 Il lavoro è diventato un dramma sociale Francesco Cutillo I l mercato del lavoro, insegna la microeconomia, è il luogo in cui si “incontrano” domanda e offerta di lavoro intendendo per domanda la richiesta delle aziende e per offerta quella dei lavoratori. Una definizione che farebbe sorridere l’uomo della strada poco edotto in materia di economia politica ma ben conscio della realtà che lo circonda. Una realtà in cui il lavoro è diventato un vero e proprio dramma sociale. Le imprese, non solo non assumono ma, per di più, tagliano, mettendo letteralmente sul lastrico intere famiglie che semmai già vivono di un solo reddito. Ad acuire un trend non certo recente, l’attuale crisi finanziaria. Miliardi di dollari in fumo: così il crollo delle borse ha sancito l’inizio del panico mondiale. E le ripercussioni del crack di Lehman Brothers & Co. non si sono fermate all’America, prima vittima dei furbetti di Wall Street, estendendosi a macchia d’olio su tutto il pianeta. Quanto questo abbia condizionato il nostro mercato del lavoro è facile a dirsi. Basta leggere un rapporto stilato solo qualche settimana fa dal centro studi di Confindustria per capire la dolorosissima situazione che si prospetta: “Tra la metà del 2008 e la metà del 2010 in Italia verranno persi 507 mila posti di lavoro, il 2,2% dell’occupazione totale”. A farne le spese, almeno per il momento, sono innanzitutto i giovani. Spensierati fino al giorno della laurea, i nostri ragazzi si scontrano, poi, con la dura realtà che li attende al di fuori delle aule universitarie. Il vero rischio è rimanere a casa nonostante gli anni di studi trascorsi sui libri per preparasi ad un ingresso nel mondo del lavoro che nel migliore dei casi sarà ad intermittenza. Ma se la flessibilità è un bene, il precariato no. Eppure, oggi – in un periodo difficile prima di tutto per le aziende - sembra il male minore per una generazione che forse non conoscerà mai stabilità. E così “bamboccioni” (per dirla con Padoa Schioppa) si diventa. Nonostante i buoni propositi, nonostante i progetti di vita, i sogni, le speranze, i desideri. Come spiegare altrimenti che sempre più giovani si trattengono in famiglia fino a “tarda” età? L’autonomia è un lusso che chi guadagna mille euro al mese non si può permettere. Proprio in questi giorni esce nelle sale “Generazione mille euro”. Un film – tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Rimassa e Antonio Incorvaia - che fotografa la situazione di “eterna adolescenza” di trentenni alle prese con affitti insostenibili e appartamenti minuscoli da condividere. E’ la storia di una generazione di “giovani ormai non così giovani di cui ogni tanto parlano in tv scuotendo la testa con rassegnazione”. E’ la storia di un Paese con un sistema lavoro lacerato dall’instabilità e dall’assenza di meritocrazia. E’ la storia di un dramma sociale che continua a consumarsi ogni giorno. 3 FESTA DEL LAVORO La Festa dei lavoratori, o meglio la Festa del lavoro, è una festività che annualmente viene attuata per ricordare l’impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La festa del lavoro è riconosciuta in molte nazioni del mondo ma non in tutte. Più precisamente, intende ricordare le battaglie operaie per la conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Tale legge fu approvata nel 1866 nell’Illinois, (USA), la Prima Internazionale richiese che legislazioni simili fossero approvate anche in Europa. Convenzionalmente, l’origine della festa viene fatta risalire ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del lavoro a New York il 5 settembre 1882. Due anni dopo, nel 1884, in un’analoga manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una risoluzione affinché l’evento avesse una cadenza annuale. Altre organizzazioni sindacali affiliate alla Internazionale dei lavoratori - vicine ai movimenti socialista ed anarchico - suggerirono come data della festività il Primo maggio. Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago (USA) e conosciuti come rivolta di Haymarket. Questi fatti ebbero il loro culmine il 4 maggio quando la polizia sparò sui manifestanti provocando numerose vittime. L’allora presidente Grover Cleveland ritenne che la festa del primo maggio avrebbe potuto costituire un’opportunità per commemorare questo episodio. Successivamente, temendo che la commemorazione potesse risultare troppo in favore del nascente socialismo, stornò l’oggetto della festività sull’antica organizzazione dei Cavalieri del lavoro. La data del primo maggio fu adottata in Canada nel 1894 sebbene il concetto di Festa del lavoro sia in questo caso riferito a precedenti marce di lavoratori tenute a Toronto e Ottawa nel 1872. In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia soltanto due anni dopo. In Italia la festività fu soppressa durante il ventennio fascista - che preferì festeggiare una autarchica Festa del lavoro italiano il 21 aprile in coincidenza con il Natale di Roma - ma fu ripristinata subito dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945. Nel 1947 fu funestata a Portella della Ginestra (Palermo) quando la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina. 4 Maggio 2009 Persona e lavoro nei documenti di dottrina sociale della Chiesa Rerum novarum (LEONE XIII,1891) – La “rivoluzione industriale”, se da un lato ha risolto numerosi problemi umani legati all’approvigionamento di risorse e al soddisfacimento dei bisogni vitali, dall’altro ne ha creati di nuovi e più complessi e globali. L’individualismo e l’egoismo esasperato del liberismo e le soluzioni illusorie alla sperequazione economica avanzate dal socialismo ateo tra lotte sindacali e rivoluzione politico-sociale possono essere superate solo con la concordia delle parti, costruita sicuramente sul piano politico (corporativismo), ma soprattutto e anzitutto su quello morale e spirituale. Una concordia fondata sulla consapevolezza della comune origine divina di ogni uomo e sulla missione universale dell’intera famiglia umana all’edificazione del regno, non degli uomini, ma di Cristo. L’enciclica sarà il fulcro intorno al quale graviteranno tutti gli altri successivi pronunciamenti in materia di dottrina sociale. Quadragesimo anno (PIO XI,1931) – Alla luce delle terribili conseguenze sociali della catastrofe economica mondiale seguita al crollo della borsa americana nel 1929, a distanza di quarant’anni dalla loro promulgazione le analisi della Rerum novarum si rivelano estremamente profetiche e attualissime. Radiomessaggio di Pentecoste (PIO XII, 1941) – Pentecoste: l’evento che costituisce l’inizio del processo di ricongiungimento di tutti i popoli tra loro e al Padre. È questo un messaggio altamente significativo se si considera il contesto in cui viene diffuso: siamo nell’anno della massima recrudescenza della violenza bellica innescata dal nazifascismo, in una guerra che vede coinvolta – come belligeranti, occupate o loro colonie – la quasi totalità delle nazioni del mondo. Una guerra scoppiata per rimediare le ingiustizie dei trattati di pace della prima guerra mondiale e per dare al mondo un nuovo e più giusto assetto politico per un avvenire migliore. Mater et magistra (GIOVANNI XXIII, 1961) – Due elementi erano venuti a galla dall’esperienza delle due guerre mondiali: 1) la spoliazione della persona della sua dignità individuale; 2) l’imperialismo, un atteggiamento di sostanziale razzismo e sottomissione delle popolazioni mondiali esterne all’area europea e nordamericana comune tanto ai sistemi totalitari quanto a quelli democratici. Confermando ancora una volta la Rerum Novarum, Giovanni XXIII sottolinea come sia necessario riconoscere ad ogni essere umano il suo primo diritto fondamentale: il rispetto integrale della sua persona, sia nella dimensione biologica e corporea che nella sua dignità morale e spirituale di individuo intelligente, immagine di Dio. Pacem in terris (GIOVANNI XXIII, 1963) – La situazione politica mondiale postbellica, più che di pace, presentava invece tutti i tratti di una tregua in vista di una ennesima e peggiore guerra totale. La “guerra fredda”, pace apparente, era caratterizzata da una onerosissima corsa senza scrupoli ad un sempre maggiore accumulo di armamenti atomici, nel totale disinteresse per i problemi umani più urgenti, come quelli della sopravvivenza delle popolazioni del “terzo mondo” o – come nel caso di numerosi paesi filosovietici – dei propri civili. È anche l’era dell’affrancamento politico (apparente) delle excolonie europee che entravano così da nazioni “libere” nella sfera di influenza ora filoamericana, ora filosovietica (in un clima tesissimo, di cui sarà emblema la guerra del Vietnam). Insistente è l’invito al negoziato e alla diplomazia per l’edificazione della pace da parte di un papa che è stato un vero ago della bilancia per la distensione delle tensioni USA-URSS e perciò per la salvezza della pace dell’intero pianeta. Ecclesiam suam (PAOLO VI, 1964) – Scritta durante il Concilio Vaticano II, questa lettera enciclica anticipa i temi della Gaudium et Spes con l’esortazione ad avere una atteggiamento di maggiore positività verso il mondo non cristiano e non cattolico. Dignitatis humanae (CONCILIO VATICANO II, 1965) – La dignità dell’uomo, quella che lo fa essere sul piano di fede “immagine di Dio”, si fonda sulla sua natura intelligente che lo rende perciò un essere libero. La libertà di coscienza – e perciò anche di coscienza religiosa – è il fulcro di questo documento che intende da un lato biasimare la persecuzione antireligiosa vivissima in larghe regioni del mondo, dall’altro nell’indicare la fede cristiana non come una mera opzione culturale, ma come la sola e vera religione che dice all’uomo tutto sulla sua origine e il suo destino e lo rende realmente libero e capace di realizzare le sue più profonde aspirazioni di felicità. Gaudium et spes (CONCILIO VATICANO II, 1965) – Come completamento della Dignitatis Humanae, si vuole mettere in risalto la necessità per la Chiesa di entrare in dialogo con il mondo, non più da guardare con sprezzante distanza, ma da considerare come vero luogo sacro idove, in ciò che vi è di più buono ed utile alla promozione e al progresso umano, si rende manifesto il volto di Dio. Laborem exercens (GIOVANNI PAOLO II, 1981) – A novant’anni dalla Rerum Novarum, una riflessione sul lavoro: elemento centrale nella questione sociale e dei conflitti di classe, nel piano di Dio è strumento di santificazione che rende l’uomo simile al Creatore nel dominio del creato per il bene del prossimo. Sollicitudo rei socialis (GIOVANNI PAOLO II, 1987) – Nel 20° anniversario della Populorum Progressio, ancora un’analisi sulle condizioni di sviluppo dei popoli alla luce dei numerosi viaggi apostolici nel mondo. Centesimus annus (GIOVANNI PAOLO II, 1991) – L’enciclica celebra il 100° anniversario della Rerum Novarum. In essa il papa individua ancora una volta – ma questa volta sulla base di una esperienza storica centenaria – le debolezze tanto del socialismo che del liberismo. Altri argomenti: la cancellazione del debito pubblico dei paesi poveri, il disarmo, la lotta al consumismo e al precariato nel lavoro. Evangelium vitae (GIOVANNI PAOLO II, 1995) – L’enciclica tratta sostanzialmente di argomenti di bioetica (aborto, accanimento terapeutico, eutanasia, diritti del concepito, ecc.). Tuttavia viene posto in luce come questi problemi che affliggono la società contemporanea siano causati, se non favoriti e talvolta direttamente perseguiti, da forme di governo che, pur sedicenti democratiche, di fatto minacciano la dignità degli individui più deboli. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE, 2004) – Una sintesi sistematica e organica di tutta la dottrina sociale della Chiesa, motivata anche dal disorientamento in materia di numerosi esponenti di dichiarata ispirazione cattolica della classe politica mondiale. Populorum progressio (PAOLO VI, 1967) – Una nuova sferzata al capitalismo liberista e al collettivismo marxista come già era stato con la Rerum Novarum. È ampliato il tema già toccato da Giovanni XXIII dello sfruttamento delle popolazioni delle ex-colonie che impedisce loro lo sviluppo, con pesanti ricadute in guerre continue e sfiducia morale. Deus caritas est (BENEDETTO XVI, 2005) – L’amore umano comprende varie dimensioni reciprocamente integrate. Ma è la carità la forma più alta di amore e l’unica capace di edificare una famiglia e una società veramente giusta e umana. Essa, impossibile alle sole forze umane, è un dono di Dio. La Chiesa, depositaria della Verità e dello Spirito che edifica il vero amore tra gli individui, non può essere ridotta ad una mera organizzazione filantropica e, come faro della presenza divina in mezzo agli uomini, è necessaria tanto ai credenti che ai non credenti. Octogesima adveniens (PAOLO VI, 1971) – A ottant’anni dalla Rerum Novarum e con una sufficiente esperienza delle miserie che affliggono i popoli maturata nei suoi numerosi viaggi apostolici in tutto il mondo, il papa pone l’attenzione sui problemi nuovi che caratterizzano l’uomo dell’era atomica: l’urbanesimo, l’inquinamento, l’ateismo tecnocratico, la ribellione giovanile, l’individualismo morale, l’autoritarismo politico, le nuove utopie volte a scardinare dalle fondamenta della società i valori sociali tradizionali. Spe salvi (BENEDETTO XVI, 2007) – L’attuale società umana “postmoderna” è connotata da una totale sfiducia in una reale possibilità di un riscatto completo e definitivo dell’uomo dal male che lo affligge. Conseguenza di questo atteggiamento è un agire relativistico ed edonistico che si riflette anche nelle scelte politiche dei governanti. La speranza cristiana, forte della certezza della guida divina della storia umana verso la salvezza universale, mai come oggi deve risplendere nella testimonianza viva dei credenti. Maggio 2009 5 Il lavoro: promozione umana e spirituale della persona Antonella Fusco I l gruppo di volontariato vincenziano di Benevento, in collaborazione con l’Arcidiocesi, ha organizzato, presso l’Auditorium “Gianni Vergineo” del Museo del Sannio una conversazione sul tema:”Il lavoro:promozione umana e spirituale della persona”. La conversazione è stata animata dai seguenti relatori: Angelo Moretti responsabile dello Sportello diocesano del microcredito, Argemino Parente referente della Banca Popolare Etica,Pasquale Viespoli Sottosegretario per il lavoro,salute e politiche sociali e S.E. Andrea Mugione, Arcivescovo Metropolita di Benevento. Ha moderato il giornalista Achille Mottola. La presidente provinciale del gruppo vincenziano, Maria Teresa Malgieri ha dato inizio alla conversazione dopo aver esteso i saluti ai presenti e dopo aver ringraziato l’Arcivescovo,che ha ispirato la tematica dell’incontro e desiderato, al tavolo dei relatori,una presenza giovanile nelle persone di Angelo Moretti ed Argemino Parente. Angelo Moretti si è soffermato ad illustrare la finalità del microcredito. Esso si rivolge a persone indigenti, non inserite nel sistema bancabile, che però hanno alle spalle dei garanti sul piano morale. E’ una modalità che non si limita solo ad erogare somme economiche e quindi non ha solo funzione assistenziale,ma cerca di creare un rapporto di fiducia con la persona destinataria del prestito,affinché questa si impegni a restituire quanto ricevuto. E’ in tale aspetto che emerge il valore umano con il quale si tende a conferire rispetto,dignità e responsabilità ai meno abbienti. Lo sportello del microcredito, inaugurato nel mese di settembre, rappresenta la concretizzazione di uno dei diversi impegni dell’Arcivescovo verso il modo del lavoro. Bisogna riconoscere che la chiesa locale sta evidenziando un’attenzione costruttiva per il sociale. Infatti non possiamo non ricordare anche altri interessamenti che S.E. ha mostrato nella realizzazione dei progetti: ”Policoro” che tende alla promozione del lavoro e “Cives” che, invece, punta a formare i giovani ad avere idee chiare sul lavoro: una metaformazione. Da ciò possiamo dedurre come gli interventi che si stanno rivolgendo ai giovani e alle fasce più deboli non presentano un aspetto circoscritto né nei principi, in termini di assistenzialismo, né nella realizzazione, anzi sono caratterizzati da una struttura reticolare, con lo scopo di coinvolgere un numero maggiore di enti. E’ in quest’ottica, ampia e articolata, che le iniziative del microcredito e della banca etica si completano e si rinforzano a vicenda, come ha sostenuto Argemino Parente. La conversazione è continuata, poi, con l’intervento del Senatore Viespoli, il quale ha riconosciuto il momento di crisi finanziaria e le sue ricadute sull’economia reale. crisi che ha portato al centro la stessa economia reale e con essa il lavoro, la persona, la qualità dell’impegno e la responsabilità. Dopo aver illustrato,in modo particolareggiato le cause, le conseguenze e le inizia- INIZIATIVE Il Progetto Policoro A Benevento, ad un anno dall’attivazione in diocesi del Progetto Policoro apre lo sportello per l’imprenditorialità giovanile, un Centro servizi, che rimarrà aperto il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 14,30 alle 18,30, ubicato presso l’Ufficio di pastorale giovanile, come segno di attenzione della Chiesa diocesana al grave problema della disoccupazione. Il vero obiettivo del Progetto Policoro sarà allora non solo quello di diffondere una nuova mentalità di fronte al lavoro, una mentalità guidata dai nuovi scenari mondiali e dalle nuove congiunture, ispirata ai valori umani e cristiani della responsabilità personale, della solidarietà e della cooperazione, ma anche quello di “imparare a lavorare insieme secondo un progetto comune, per crescere nel rispetto reciproco delle specificità e delle competenze”. Daniele Mazzulla, animatore di comunità diocesano, afferma: “superare gli interessi particolaristici e di settore, con quello spirito evangelico che muove il progetto stesso, sostenendo tutti quei giovani che, con idee concrete e talenti finalmente dissotterrati, si accingeranno a varcare la difficile soglia del mondo lavorativo”. L’arcivescovo, mons. Andrea Mugione, dando voce alle attese e ai bisogni di chi non ha voce, oltre ad invitare i giovani a “mettersi in gioco, liberandosi dall’idea del posto fisso”, ha lanciato lo slogan del Progetto “stare, discutere, sognare, sostenerci, camminare, faticare…ma insieme”, che incarna concretamente lo spirito di Policoro! tive che sono state messe in campo per affrontare questo periodo, ha completato con l’auspicio di superare la paura collegata alla crisi e far prevalere la speranza, la fiducia e l’impegno. Le conclusioni, infine, sono spettate all’Arcivescovo che ha focalizzato i seguenti pensieri: - conoscere la realtà, per poter intervenire in modo adeguato; - chiarirsi sul concetto di sviluppo e di lavoro ,in quanto spesso al tecnicismo non corrisponde sempre un’adeguata risposta in termini occupazionali; - richiamare un codice morale per un recupero di un’etica e di valori condivisi, - mostrare attenzione all’emergenza lavoro; - sensibilizzare più istituzioni. Attraverso questa sintesi l’Arcivescovo Mugione ha voluto sottolineare il valore del lavoro che non è solo economico, risulterebbe spiccatamente riduttivo, ma ha anche una dimensione antropologica, importante, perché rappresenta la fonte di crescita morale e civile di un’intera società. 6 Maggio 2009 La banca etica ha festeggiato i primi dieci anni LE TAPPE Argemino Parente L o scorso 8 Marzo, Banca Etica ha festeggiato i suoi primi 10 anni di lavoro insieme ai 30.000 soci e ai tantissimi risparmiatori che la scelgono ogni giorno per aprire un conto corrente o fare un investimento che – piccolo o grande che sia – diventa volano di una economia sociale e solidale. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Stocchetti, attuale coordinatore dei soci di Banca Popolare Etica della provincia di Benevento. “Proprio in un momento così difficile per la società mondiale, il decennale di Banca Etica è stato l’occasione non solo per festeggiare, ma anche per partecipare, discutere e riflettere su una finanza che, se venisse usata con onestà e trasparenza – può servire l’interesse più alto: quello di tutti!”. Quale il punto di vista di Banca Etica sulla crisi dei mercati finanziari? “La cosiddetta “tempesta perfetta” che sta scuotendo l’economia mondiale chiama in causa Banca Etica – seppure ai margini di un sistema economico finanziario che ha creato i presupposti della crisi e l’ ha alimentata fino a raggiungere le terrificanti proporzioni odierne. In questi giorni, i nostri soci e clienti, molti dei quali impegnati attivamente nella società civile, ci cercano e cercano il punto di vista della finanza eticamente orientata, a conferma delle loro scelte e alla ricerca di una speranza: che l’esplosione delle contraddizioni interne ad un sistema orientato solamente al profitto nel breve periodo, rappresenti un punto di partenza per la diffusione di una economia sobria e attenta all’ambiente. Da anni Banca Etica, e con lei tutta la sua rete di riferimento, ha sviluppato un altro modo di fare finanza, attenta ai bisogni reali delle persone e delle orga- nizzazioni, una finanza che ha sostituito al profitto di alcuni la produzione di un valore sociale diffuso. Un modus operandi che nasce da una profonda riflessione culturale, per la quale il denaro è un mezzo, mai un fine, e come tale va usato in modo responsabile”. Quali le proposte della società civile organizzata per rilanciare l’economia sociale nel segno dell’etica?. “I soci fondatori di Banca Popolare Etica riunitisi recentemente a Roma hanno lanciato un appello nel quale hanno detto che dobbiamo tutti insieme costruire un modo basato sul principio dell’etica, sul primato dei valori sugli interessi. La finanza non produce ricchezza ma la trasferisce. Da settimane, la necessità di richiamare all’etica gli operatori dei mercati economici rimbalza da un tavolo all’altro delle istituzioni italiane e internazionali. Gli attori della società civile italiana che da quasi dieci anni sono impegnati su questo fronte e che hanno dato vita a Banca Popolare Etica chiedono ora che le loro esperienze possano essere prese a modello nella necessaria revisione delle regole. La recessione è ormai un dato di fatto. L’impatto della crisi sull’economia reale e sui bilanci delle famiglie è tangibile. Senza seri interventi a sostegno dei redditi delle famiglie temiamo un acuirsi della frattura sociale. Si ritiene che milioni di cittadini in Italia ed in Europa si trovano esposti al rischio sempre maggiore di esclusione sociale, perché non hanno accesso ai servizi finanziari di base. In Italia, il 16% della popolazione, secondo dati presentati dalla Commissioni Europea nello scorso anno, è colpita dall’esclusione finanziaria, che a sua volta è causa di esclusione sociale in quanto impedisce ai gruppi colpiti di avere accesso a servizi essenziali di qualità, quali l’alloggio, l’istruzione o le cure sanitarie”. Banca Etica in pillole. LE TAPPE. 8 Marzo 1999: primo sportello di Banca Popolare Etica a Padova. 2000: aprono le filiali di Milano, Roma, Brescia e Vicenza. 2001: Banca Etica è tra i fondatori di FEBEA – Federazione Europea Banche Etiche e Alternative. 2002: nuove filiali a Treviso e Firenze. Banca Etica è tra i fondatori di SEFEA – Società Europea di Finanza Etica e Alternativa. 2003: inizia l’operatività di Etica Sgr, nasce la Fondazione Culturale Responsabilità Etica, apre la filiale di Bologna. 2004: al via la prima edizione di Terra Futura – mostra - convegno internazionale di buone pratiche di sostenibilità. 2005: si avvia il progetto europeo di Finanza Etica e apre la filiale di Napoli. 2006: al via la filiale di Torino. 2007: vengono inaugurate la nuova sede centrale di Padova e la filiale di Palermo. 2008: apre la filiale di Bari. 2009: Banca Etica festeggia i suoi primi dieci anni. PROSSIMI APPUNTAMENTI. L’assemblea nazionale dei soci che si terrà il prossimo Sabato 23 Maggio ad Abano Terme (Padova) dove ci si confronterà sul percorso da portare avanti verso una Banca Etica Europea e la sesta edizione di Terra Futura che si terrà a Firenze dal 29 al 31 Maggio, presso la Fortezza da Basso. La manifestazione è promossa dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica, dalla Regione Toscana e da Adescoop Agenzia dell’economia sociale, in partnership con Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie concrete, Acli, Arci, Legambiente. L’interesse e la partecipazione suscitati dal tema che nella scorsa edizione si è posto al centro della riflessione culturale dell’evento – Costruire alleanze per una terra futura – confermano la capacità della mostra di contribuire alla elaborazione culturale sui grandi temi. Per l’edizione 2009, i partner di Terra Futura hanno scelto di dare continuità con un nuovo tema: Governare il cambiamento, alla ricerca di nuove possibili alleanze tra la sfera politico – istituzionale, la società civile e le comunità. INFORMAZIONI. Gianfranco Stocchetti: 328/8638686 oppure [email protected]. Filiale di Napoli presso Centro Direzionale di Napoli Isola G7 – tel. 081-5635994 oppure [email protected]. ABRUZZO: L’IMPEGNO DELLA CARITAS E DI TUTTA LA CHIESA Mentre il freddo e il maltempo di questi giorni aggiungono altra precarietà a quella prodotta dal sisma, ed evidenziano la necessità di approntare, nei tempi più rapidi possibili, sistemazioni meno provvisorie delle tendopoli, Caritas Italiana e le 16 Delegazioni regionali Caritas continuano a condividere con le popolazioni dell’Abruzzo disagi, preoccupazioni e dolori. L’impegno è quello di far ritrovare quanto prima il bandolo di una quotidianità perduta, impedendo che il terremoto sconvolga per sempre le trame di vita di individui, famiglie e comunità. Sul versante operativo, prosegue l’intensa attività del Centro di coordinamento nazionale Caritas, aperto presso la parrocchia di San Francesco nel quartiere di Pettino a L’Aquila, e attraverso le Caritas diocesane e le Delegazioni regionali si stanno contattando in tutta Italia gli operatori, che possono lavorare nei centri di ascolto delle parrocchie dell’arcidiocesi de l’Aquila. Quest’ultimi rappresentano il primo, fondamentale livello dell’azione pastorale Caritas nel territorio: tramite essi sarà possibile far emergere i bisogni reali delle comunità, quindi calibrare la progettazione degli interventi. «Il centro di ascolto è essenziale – dice don Dionisio Humberto Rodriguez Cuartas, direttore della Caritas diocesana dell’Aquila e parroco di Paganica, epicentro del sisma -, perché è la Caritas che cerca di essere presente e soprattutto cerca di essere vicina a chi è provato, a chi vive il momento della difficoltà. E sono certo che attraverso la presenza degli operatori Caritas daremo risposte a tante necessità. La speranza – conclude don Dionisio -, è che il giorno di domani sia migliore di quello di oggi». La strada del gemellaggio - già sperimentata con successo a partire dal terremoto in Friuli nel 1976 e più di recente in Umbria nel 1997 e in Molise nel 2002 - è percorribile da tutti, e la Chiesa in Italia con la Caritas (in collaborazione con Azione Cattolica, Pastorale giovanile, molteplici associazioni) sta dando l’esempio. Ogni realtà gemellante si fa carico di un intervento nei limiti della propria disponibilità e la realtà gemellata si impegna a fare il miglior uso degli aiuti ricevuti. Con questa modalità Caritas Italiana pensa di coinvolgere almeno 1.500 operatori nelle prossime settimane e mesi. Intanto, in attesa di quantificare gli esiti della colletta nazionale promossa domenica scorsa dalla Conferenza Episcopale Italiana in tutte le parrocchie d’Italia, ammontano attualmente a circa 4 milioni di euro le offerte spontanee, che continuano ad arrivare a Caritas Italiana. Serve un impegno corale e finora la risposta di comunione e di solidarietà è stata pronta ed ampia, travalicando i confini del nostro paese e coinvolgendo circa 50 Caritas di tutto il mondo. Per sostenere gli interventi in corso (causale “TERREMOTO ABRUZZO”) si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 (*BIC: BPPITRRXXX) o tramite UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A. IBAN IT38 K03002 05206 000401120727 (*BIC: BROMITR1707) Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui: Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma IBAN: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 – *BIC: BCITITMM Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma IBAN: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097 - *BIC: BKRAITMM Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma IBAN: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 - *BIC: CCRTIT2T84A Maggio 2009 7 Dante e la teologia. L’immaginazione poetica nella Divina Commedia Massimiliano Del Grosso L a convinzione dominante la cultura odierna verso l’arte in tutte le sue forme espressive – dalla poesia alla pittura, alla scultura, alla musica – è quella secondo cui essa deve essere al più manifestazione di una intuizione emotiva che non deve avere alcuna pretesa di comunicare un valore veritativo. Ciò sigifica che il suo compito non può essere quello di interpretare univocamente la realtà. Un genere di cultura artistica, quindi, che riflette bene un background soggettivistico e che non a caso ha cominciato a prendere piede dall’Ottocento dell’idealismo. Se ciò è vero, che cioè l’arte non può comunicare un messaggio univoco della realtà, allora la statica concettualizzazione propria del dogma religioso L’AUTORE costituisce quanto più è in opposizione a questo principio. E di fatti, se da un Lo studioso francese François Livi è nato a Firenze nel 1943 e si è formato alla lato tutti gli studi critici sull’opera di Sorbona e alla “Sapienza” di Roma. Dante si sono concentrati in prevalenza Attualmente è ordinario di Lingua e letterasulle capacità stilistiche ed estetiche, tura italiana e direttore del dipartimento di dall’altro si è sempre affermato che il Italianistica dell’Università Paris-Sorbonne, Fiorentino si allontana dalla vera arte responsabile della colpoetica proprio laddove intende non lana di italianistica allontanarsi dall’esattezza del dogma “Jalons” (Presses de cristiano. Di conseguenza, l’unica stral’Université Parisda per “salvare” la poetica dantesca Sorbonne), condirettore della Revue des Études sarebbe quella di considerare le immaItaliennes (Parigi) gini liriche o epiche della sua opera e presidente del Centre come un tentativo di svincolamento dalde Recherches Pierre l’ortodossia del dogma, pur con la debiEmmanuel (Parigi). Si è ta prudenza richiesta ad un intellettuale occupato prevalenteche opera nel cattolicissimo medioevo. mente della letteratura tra Ottocento e Lo scopo di François Livi (peraltro rafNovecento, sia sul versante italiano che su forzato dall’ottimo saggio introduttivo quello francese, ma è anche uno specialicurato da Antonio Livi) pertanto è quello sta di studi danteschi: oltre al presente saggio in italiano, ha tradotto in francese il De di sconfessare questa convinzione – monarchia (La Pochothèque, Parigi 1996) e convinzione che, tra l’altro bisogna dire, ha pubblicato in Francia diversi articoli di è la stessa che negli ultimi due secoli di analisi letteraria. Ultimamente (2008) le critica letteraria ha squalificato letterati Éditions Molière di Parigi hanno pubblicato di grosso calibro dal consenso internauna sua sintetica monografia critica su zionale, come un Giambattista Vico o Dante. un Alessandro Manzoni – e di dimostrare in generale come è possibile essere veri artisti pur da credenti e per giunta esprimendo attraverso la propria opera la fede stessa, e in particolare come la poetica dantesca possa essere una valida interpretazione del dogma. “Credere”, “avere fede”, infatti, significa accettare per vero tutto quanto è stato rivelato da Dio attraverso i suoi testimoni. Ora, ciò che è stato rivelato, considerato nella sua essenza veritativa (cioè in quel che dice in riferimento alla realtà), ha una certa percentuale di comprensibilità (percentuale costituita dai concetti umani attraverso i quali l’oggetto rivelato è comunicato) e un’altra percentuale, maggiore della prima, di incomprensibilità (che è la Realtà rivelata in se stessa), ciò che rende il contenuto di fede, al di là di ogni possibile analogia, un “mistero”. Il compito della teologia non sarà dunque quello di rendere comprensibile il lato misterioso del dogma (operazione impossibile, dal momento che “comprendere di più” significa riuscire ad avere una maggiore evidenza dell’inevidente, e cioè il dato rivelato in se stesso), quanto piuttosto avanzare una “ipotesi di interpretazione”, cioè un discorso che tenti di dimostrare come il dato rivelato non contraddica i dettami della ragione umana – e in primo luogo quelli del senso comune – e perciò di confortare l’opzione di fede del credente come atto di assenso ragionevole. Stabilito questo, diviene poi perfettamente lecito immaginare (e perciò interpretare) attraverso simboli o immagini plastiche una Realtà che in se stessa è assolutamente inimmaginabile. In tale ambito, e su una consistente base di teologia di ispirazione tomista, si inserisce a pieno titolo la fantasia di Dante sulle tre realtà escatologiche di Inferno, Purgatorio e Paradiso e sulle modalità particolari in cui le anime dei trapassati sussistano in esse. Un libro, quello di Livi, perciò, che può essere superficialmente etichettato come “abusivo” in un contesto di saggistica filosofica, ma che invece mostra di essere proprio per questa altamente suggestivo. MARIA: “DONNA DI SPERANZA E MEDIATRICE” I primi 39 versi dell’ultimo canto del Paradiso sono caratterizzati dalla orazione di san Bernardo alla Vergine, affinché possa chiedere per Dante la possibilità di accedere alla visione suprema di Dio. Per sette terzine si snoda una lode alla Madonna,sublime come l’Ave Maria,il Salve Regina, con richiami anche al Magnificat. La preghiera,come in un’elevata sinfonia musicale,inizia con la proclamazione del Mistero dell’Incarnazione. Nel piano divino Maria,con profonda umiltà,è diventata davanti a Dio e agli uomini “termine fisso d’etterno consiglio”,colei che ha nobilitato l’umana natura accogliendo nel proprio seno l’Amore incarnato. Presso i mortali è la fonte di speranza viva,dispensatrice di grazia e di bontà;infatti la sua “benignità” non solo è apportatrice di aiuto,ma diviene anticipatrice delle richieste di soccorso.Ogni creatura che guarda Maria,ritrova in Lei la forza per elevarsi verso l’ultima salvezza,quella salvezza che Dante,in quanto l’unico tra i viventi,intende sperimentare. Ecco il motivo per cui si rivolge a Maria,come Madre,perché le sue preghiere,insufficienti e inadeguate,siano suffragate dalla mediazione materna. Il poeta invoca Maria, non solo come madre,ma anche come regina, “che puoi ciò che tu vuoli”,affinché,con la sua protezione,mantenga integra la condizione umana;ossia aiuti a conservare immutati i propri sentimenti dopo una visione così celestiale. Attraverso questi versi,Dante,con soave delicatezza nel rivolgersi a Maria,per bocca di san Bernardo, La delinea come chiara e vivificante fiamma dello spirito. Antonella Fusco 8 Maggio 2009 Maggio 2009 NUOVE TECNOLOGIE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE RADIO SPERANZA Radio Speranza è un’emittente religiosa che opera nella Diocesi di Benevento con un team di circa 30 volontari, animati da spirito evangelico e missionario, quasi esclusivamente laici, per anni tenuto in vita dall’équipe del Seminario, al quale va il merito di aver tenuto in vita Radio Speranza. Attualmente la direzione dell’emittente è stata delegata a don Alessandro Grimaldi, vice direttore dell’ufficio Comunicazioni Sociali, responsabile del settore radio-televisivo. Sorta nel 1984 come radio parrocchiale per la diffusione del Vangelo e l’informazione ecclesiale ad opera di don Mario Pilla, primo direttore del centro diocesano sostentamento Clero, cerca di annunciare Cristo all’uomo contemporaneo mettendo a disposizione voce, cuore, esperienza e passione.A partire dal 1990,poi, ha esteso il suo servizio all’intera comunità diocesana. Successivamente l’emittente ha migliorato la sua programmazione associandosi al Corallo CHIESA INFORMA Chiesa Informa Come supplemento al mensile Tempi Nuovi è prodotto anche Chiesa Informa, che vuole essere uno strumento di informazione pastorale rivolto principalmente ai parroci, ai religiosi e agli operatori pastorali. È un mensile che cerca di dare informazioni non solo locali, ma anche dalla Cei e dal mondo, affrontando tematiche interessanti di approfondimento spirituale e pastorale. Dà molta importanza agli appuntamenti che riguardano la Diocesi e il Vescovo. Nasce come organo di collegamento e coordinamento tra i vari uffici e foranie della Diocesi. Chiesa Informa, dunque, è un’occasione di comunione e di conoscenza non solo per il contesto ecclesiale, ma può presentarsi come un’esperienza di crescita spirituale e culturale anche per il mondo laico. (Consorzio delle radio libere locali) e ha aderito al Circuito “InBlu” delle radio cattoliche in Italia. I volontari della Radio, impegnando il loro tempo nel campo della comunicazione, si mettono a servizio della Parola obbedendo al comando di Gesù di”predicare la Buona Novella dai tetti”(cf. Mt 10,27) Il Palinsesto Il Palinsensto di Radio Speranza si presenta in modo articolato: si realizza la trasmissione di diversi programmi musicali, di intrattenimento, di approfondimento religioso e culturale e di informazione locale e nazionale attraverso alcuni spazi quotidiani. Tra le varie trasmissioni ricordiamo, oltre alle rubriche e al notiziario: A Colloquio con Dio; ACpicchia la noia; Al di la’ delle parole; Dare voce allo spirito; All’ombra delle piramidi; Missione salute; Orizzonti cristiani, Sannio SITO INTERNET nostro; Un pensiero per te; Zibaldone; Viator. Ma ce ne sono alcuni in diretta, come Predicatelo dai tetti; Visitati dalla sofferenza e Speciale Padre Pio. Sono presenti inoltre nel palinsesto altri programmi di informazione e cultura. Notizie utili Radio Speranza diffonde il suo segnale in modulazione di frequenza sui 103.100 Mhz in tutto il Sannio. La sede della Radio è presso il Seminario Arcivescovile di Benevento. Ci si può sintonizzare anche via Internet connettendosi al sito www.radiosperanza.it Numeri utili per contattare la radio: 0824/312228, oppure 347/4039138; fax: 0824/310940 Indirizzo: Radio Speranza, presso Seminario Arcivescovile, Viale Atlantici n. 69, 82100 Benevento. Email: [email protected] Provate a cliccare su www.diocesidibenevento.it e vi troverete di fronte al sito ufficiale della Chiesa beneventana, messo in rete il 23 settembre del 2008, giorno della festa di San Pio da Pietrelcina. La schermata di fronte alla quale ci si imbatte è ricca e varia, con una home-page sulla quale si può accedere alle sezioni: arcidiocesi, vita cristiana, vita pastorale, mediateca, links, contatti, stampa, tv, webtv diocesana (sorella minore di radio Speranza), sulla quale è possibile visionare i servizi di Telesperanza. Molta importanza è data dalle news, che vengono aggiornate quotidianamente. Si possono scaricare, oltre all’agenda dell’arcivescovo, anche gli ultimi documenti e i giornali diocesani (Tempi nuovi e Chiesa informa). L’idea su cui è stato progettato il restyling del sito parte dall’interattività con tutti gli uffici di Curia e con gli operatori della pastorale, che dopo l’utilizzo di un nuovo Cms (Content management system) ha permesso e permette aggiornamenti in tempo reale. La realizzazione della nuova piattaforma è nata dalla ricerca degli ultimi ritrovati in internet nell’azienda informatica Neikos, con la supervisione di don Francesco Collarile, vice direttore dell’ufficio di comunicazioni e responsabile del settore internet. UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI Diocesi di Benevento TEMPI NUOVI Il giornale Tempi Nuovi, quale periodico di impegno religioso e socio-culturale, è uno strumento di divulgazione della Parola di Dio e di lettura delle vicende umane quotidiane alla luce del messaggio evangelico. Come strumento di informazione della chiesa diocesana cerca di offrire un servizio restando e lavorando sul territorio, in un contesto quindi in cui si possono osservare, in prima persona, le vicende umane e sperimentare direttamente gli effetti del nostro piccolo contributo alla grande opera divina della salvezza degli uomini. Attraverso il Sannio, al quale viene allegato mensilmente, è possibile offrire un’opportunità che permette alla chiesa beneventana di valicare confini più ampi e raggiungere un maggior numero di persone. E’ un valido mezzo di diffusione culturale e informativa, di divulgazione di notizie, avvenimenti e attività svolte periodicamente, riportando fatti anche di spessore nazionale e problematiche attuali di interesse comune; promotore di attività, esperienze vissute e notizie inerenti la diocesi. Anche gli editoriali introducono i lettori nella realtà della propria terra, con il taglio della speranza e dell’ottimismo, con un pensare positivo, necessari a chi, dai mezzi di comunicazione,ogni giorno trae motivo di tristezze e angosce.Il giornale si presenta come strumento che vuole offrire un messaggio diverso. E’ la voce della chiesa che si impegna a comunicare il suo “cuore” mettendosi in gioco, pur rimanendo fedeli ai principi cristiani e cercando di condividerli con tutti i lettori. ORA MEDIA Ora Media. Programma di impegno religioso e socio-culturale, da qualche mese in onda sulle frequenze di Elletv e su Tele Speranza (televisione on line dell’Arcidiocesi di Benevento). È il primo “prodotto” del neonato settore radiotelevisivo dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della curia beneventana. Un programma che in questi mesi ha coinvolto diversi ospiti, rappresentanti del mondo della Chiesa, del volontariato, della politica, ma anche persone comuni che si sono incontrate in studio per confrontarsi su argomenti di attualità, visti dalla prospettiva dell’impegno cristiano. Il titolo del programma vuole essere un richiamo immediato al mondo cattolico (l’ora media è infatti un momento della preghiera ufficiale della Chiesa), ma anche riportare ai media, i mezzi di comunicazione sociale, strumenti ormai indispensabili per comunicare il vangelo. In onda da febbraio, Ora Media ha affrontato argomenti impegnativi come l’aborto, la povertà, la legalità, ma anche questioni legate al tempo libero come il divertimento dei giovani, lo sport, la religiosità popolare. In onda la domenica sera alle 21.00 e in replica durante la settimana, il programma andrà avanti fino alla fine di maggio per poi riprendere dopo l’estate. In qualsiasi momento è possibile visualizzare le puntate di questi mesi collegandosi a www.diocesidibenevento.it 9 10 Maggio 2009 A Rotondi il mese di maggio dedicato alla preghiera Paolo Citarella Rotondi. Maggio, mese Mariano. Rotondi è un paese caratterizzato da un culto mariano di antica tradizione, emblematicamente rappresentato dalla Madonna della Stella e dal Santuario omonimo. I due momenti forti, Pasqua e Ferragosto, vedono grandi folle partecipare alle celebrazioni in onore della Vergine della Stella. Tanta gente viene dalle località limitrofe e numerosissimi sono gli immigrati che, anche dall’estero, si ritrovano per queste occasioni. E tuttavia, anche in altri momenti dell’anno il culto mariano trova modo di manifestarsi, in maniera meno appariscente, ma con eguale partecipazione. E’ il caso del mese di maggio. Come ormai da tradizione, per la comunità credente rotondese si preannuncia un intenso mese di maggio dedicato alla Madonna. Il parroco, mons. Angelo Gallo, da 41 anni alla guida della parrocchia rotondese, annuncerà come ogni anno il programma di celebrazioni mariane che segnerà l’intero mese e che si caratterizza per la grande partecipazione di popolo. La formula – collaudata e tanto cara ai fedeli – prevede la visita itinerante per l’intero paese della Madonnina di Lourdes, con lo stazionamento giornaliero presso le abitazioni dei rotondesi. Ogni giorno, in processione, la folla di fedeli accompagna la Madonnina da un quartiere all’altro del paese; all’arrivo, una famiglia accoglie la statua e i tanti rotondesi che per una giornata si recano in visita. In ognuna di queste chiese domestiche Don Angelo celebra la messa serale, sempre affollata e, negli anni, caratterizzata da crescente spiritualità, al punto che la Curia lo ha da tempo notato con soddisfazione. La riscoperta di una religiosità e di una partecipazione d’altri tempi pare un fatto consolidato che evidenzia peraltro il lavoro continuo e instancabile della Chiesa locale, parroco in testa, ma anche la comunità di suore e i numerosi laici impegnati (Confraternita …). Quest’anno, a causa della crisi che tante difficoltà ha provocato anche nella società rotondese, pare scontato che le riflessioni di Mons. Angelo Gallo porteranno grande attenzione al tema del lavoro, interpretando una aspettativa diffusa tra la gente di avere riferimenti cui guardare nei momenti difficili. E la Chiesa è sempre stata un riferimento importante che da sempre interpreta le attese e da voce alle ansie di tanta parte della società rotondese. Ci si attende quindi un mese mariano più di altri anni caratterizzato da partecipazione e raccoglimento. Agorà, tre anni giovani nelle chiesa Nella sessione di marzo 2006, il Consiglio Permanente della CEI ha approvato la proposta di un percorso nazionale di speciale attenzione al mondo giovanile articolato in tre anni: l'Agorà dei giovani italiani con l'obiettivo di favorire una sempre maggiore soggettività delle nuove generazioni nella missione della Chiesa. Il primo anno pastorale 2006 / 2007 è stato dedicato all'ascolto del mondo giovanile con l'intento di portare la Chiesa (le comunità, i giovani, i sacerdoti, gli operatori...) fuori dei propri spazi, per instaurare nuove relazioni con i giovani. Evento centrale del primo anno è stato l'incontro dei giovani a Loreto sul tema "Come io ho amato voi". Il secondo anno pastorale 2007/2008 è stato dedicato alla dimensione interpersonale dell'evangelizzazione con l'obiettivo di proseguire la dinamica estroversa del primo anno, sia a livello di testimonianza e presenza quotidiana negli ambienti di vita, sia come iniziative straordinarie di missione. Il momento centrale del secondo anno è la GMG di Sydney 2008 sul tema "Mi sarete testimoni". Il terzo anno pastorale 2008/2009 che si concluderà nella notte di Pentecoste è stato dedicato alla dimensione culturale e sociale dell'evangelizzazione. Obiettivo è proseguire la dinamica estroversa, affrontando la questione di una testimonianza cristiana (personale, ma soprattutto comunitaria) esercitata sulle frontiere delle grandi questioni culturali e sociali. Tema centrale dell'evento è stato "Fino ai confini della terra". IL CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI La notte tra il 30 e 31 maggio prossimo, solennità di Pentecoste, sarà la data conclusiva dell'Agorà dei giovani, il progetto voluto dalla Conferenza Episcopale Italiana, articolatosi in tre anni con l'obiettivo di promuovere la pastorale giovanile e rilanciare una sempre maggiore soggettività delle nuove generazioni nella missione della Chiesa. L'Agorà si concluderà con un evento in contemporanea in tutte le diocesi italiane. L'equipe di pastorale giovanile della diocesi di Benevento ha in programma una manifestazione che si svolgerà a piazza Roma a Benevento. Come previsto, infatti, dall'itinerario dell'Agorà, per il momento conclusivo di testimonianza è stato scelto uno dei luoghi della città più frequentato da giovani. Inoltre, la scelta di organizzare la manifestazione a Piazza Roma è stata dettata anche dal fatto che, nella stessa serata e nello stesso luogo, prenderà il via il PizzaFest. Un'occasione propizia, dunque, per raggiungere e tentare di coinvolgere il maggior numero possibile di giovani. La serata sarà incentrata soprattutto sulla festa, oltre che sulla preghiera. Dopo un primo momento di accoglienza, prenderà il via un concerto di musica popolare di due gruppi locali, mentre sul megaschermo che sarà allestito nella piazza verranno proiettate le immagini degli eventi più importanti del triennio dell'Agorà. Nel frattempo gli organizzatori di Pizzafest sforneranno pizze per tutti. Infine, momento centrale della chiusura dell'Agorà, alle ore 24, la celebrazione della messa. Durante la settimana che precede l'evento di Piazza Roma, in cinque quartieri di Benevento, sarà allestita la tenda dell'eucarestia. Ogni quartiere sarà gemellato con una o più zone pastorali della diocesi. La tenda che resterà aperta dalle 16 alle 23 di ogni giorno darà la possibilità a chiunque di fermarsi a pregare e confrontarsi con i giovani e i sacerdoti che saranno presenti. Ecco il caledario: Lunedì 25 maggio: Rione Capodimonte (parrocchia San Giuseppe Moscati) - zona pastorale Belvedere Martedì 26 maggio: Viale Mellusi (parrocchie Sacro Cuore e San Gennaro) - zone pastorale Irpina Mercoledì 27 maggio: Rione Ferrovia (parrocchia Santa Maria di Costantinopoli) - zone pastorali Vitulanese e Fortore Giovedì 28 maggio: Rione Libertà (parrocchie San Modesto e SS Addolorata) - zone pastorali Sabatina e Caudina Venerdì 29 maggio: Quartiere Pacevecchia (parrocchie Santa Maria della Pace) zona pastorale Tammaro Il programma: - ore 16.00: Apertura Tenda ed esposizione del Santissimo - ore 16.30: Rosario animato da un gruppo o associazione giovanile - ore 17.30 - 18.30: Adorazione personale e possibilità di confessione - ore 18.30: celebrazione eucaristica a cura della parrocchia ospitante - ore 19.30 - 20. 30: Adorazione personale e possibilità di confessione - ore 20.30 - 22: Adorazione comunitario a cura delle zone pastorali - ore 22 - 23 Adorazione personale e conclusione. Maggio 2009 11 La Cappella della Vergine del Rosario Lilli Notari L a devozione alla Madonna del Rosario a Benevento è molto antica ed una delle cappelle della Basilica di San Bartolomeo è a lei dedicata. Qui si trova un dipinto dove figura centrale è la Vergine, scalza, in piedi su di una nuvola, vestita con tunica rossa e mantello azzurro. Il velo sul capo, circondato dalle dodici stelle dell’iconografia tradizionale, e la cintura della veste hanno toni marroni. Con il braccio e la mano sinistra sorregge un Gesù Bambino biondo e ricciuto, il braccio destro è alzato e la mano ha fra le dita un lungo rosario a grani continui, chiuso da una medaglia. E’ facile individuare che si tratta di un rosario completo, composto da un numero di grani (150) per la recita di tutte e quindici le poste (i misteri) del rosario tradizionale, che viene generalmente diviso in tre parti (5 misteri gaudiosi, 5 dolorosi e 5 gloriosi). La posizione del rosario che tiene in mano la Madonna è rovesciata rispetto all’iconografia tradizionale: la medaglia che chiude il cerchio dei grani non pende in basso, ma è trattenuta in alto, tra le dita della Vergine. I grani, tra loro diseguali, sembrano realizzati con pietre preziose, com’era uso nel Settecento. A sinistra in basso, è raffigurato San Domenico genuflesso che con la destra trattiene un libro appoggiato sul suo ginocchio; si narra che il libro, simbolo dello studio sacro, gli sia stato consegnato da San Paolo nella Basilica Vaticana, durante una visione. La mano sinistra è protesa verso la Madonna, come per riceverne il rosario. Il Santo è identificabile dalla tunica bianca con cappa nera (abito tipico dell’ordine da lui fondato), dalla stella che gli brilla sul capo (la leggenda vuole che sia stata vista al momento del battesimo sulla fronte del neonato dalla donna che lo reggeva al fonte) e dal cagnolino bianco che fa capolino, in basso, tra il Santo e la nuvola su cui poggiano i piedi della Vergine. Il cane con in bocca una fiaccola è uno degli attributi dei domenicani, secondo un’etimologia popolare, che legge la parola domenicano come Domini canes, ovvero: cani del Signore. Si narra che la beata Giovanna Aza, ICONOGRAFIE La Madonna del Rosario nelle Edicole In Via Annunziata nei pressi del numero civico 99 un’edicola è dedicata alla Madonna del Rosario. La Vergine è rappresentata seduta ed una corona dorata, ai cui lati sono raffigurati due cherubini, è al di sopra del suo capo. Il Bambino, in grembo alla Madre, si volge verso un Santo, forse San Domenico. Particolare il Rosario che la Madonna stringe nella mano destra poiché si tratta di una Corona del Rosario a grani continui, cioè senza la divisione in decine e senza il grano che indica la recita del Padre Nostro, chiusa da una medaglietta finale e non da una croce. Particolare degno di attenzione è un ferro con punta arrotondata posto in alto sul centro della cornice. Si tratta del gancio che nel passato serviva a mantenere una lampada. Uno degli scopi principali delle edicole sacre era quello di illu- minare gli incroci, le piazzette, gli slarghi. Ideatore di questa funzione particolare per le edicole sacre fu Padre Rocco, un frate domenicano che visse nel XVIII secolo a Napoli. Notando che l’oscurità favoriva ruberie e delitti, visti inutili i tentativi di realizzare un’illuminazione pubblica perché le lampade erano presto spente o distrutte dai malviventi, pensò di porre delle immagini della Madonna agli angoli delle strade, affidando alla cura degli abitanti l’incarico di tenere sempre accesa una luce come segno di devozione. Il tutto avveniva a cura dei fedeli, con un notevole risparmio dell’amministrazione pubblica ed il rispetto o la superstizione evitava che avvenissero i furti ed i danneggiamenti delle lampade che in precedenza avevano impedito un’illuminazione pubblica. l.n. madre di San Domenico, avesse avuto una visione prima della nascita del figlio: dava alla luce un piccolo cane che incendiava tutta la terra. L’immagine del cane con la fiaccola in bocca venne inserita anche dall’Orsini nel suo stemma, in ricordo delle proprie origini di frate domenicano. A destra del quadro, in basso, si riconosce San Filippo Neri, raffigurato di scorcio, inginocchiato, come vuole l’iconografia seicentesca proposta da Guido Reni. I paramenti sacri, pianeta e manipolo (la striscia di drappo, con sopra una croce, portata, in passato, all’avambraccio sinistro dal sacerdote durante la celebrazione della messa), indossati dal Santo, che tradizionalmente sono rossi, in questo dipinto appaiono bianchi, con preziosi ricami in oro, mentre la fodera è rossa. La cotta bianca ha sui polsi e sull’orlo ricche trine, lavorate a chiacchierino. I due Santi sono inginocchiati su gradini in marmo di colore verde dove spicca il bianco di due gigli, simbolo di castità, attributo tradizionale di entrambi i Santi; in alto, fa da sfondo un panneggio damascato a motivi dorati che sulla sinistra lascia intravedere una colonna in marmo bianco. Sulla destra, il panneggio è in parte nascosto da nuvole che fanno da sfondo alla figura di San Filippo Neri e da cui si affacciano tre cherubini. Uno è rivolto verso la Madonna, gli altri due guardano San Filippo. ( I parte – Continua) (I parte - L’analisi iconografica del dipinto sarà completata con la II parte sull’inserto del mese di giugno). Le fotografie della pagina sono a cura di Raffaele Notari 12 Aprile 2009 Maggio mese di Maria… e di Padre Pio Donato Calabrese I l mese di maggio richiama la bellezza della stagione primaverile e l’esplosione vitale della natura che riprende il suo fulgore dopo la pausa invernale. Il clima gaio ed effervescente che si respira nel nostro emisfero, ravviva i cuori ed esalta le menti, ispirando l’arte, la musica e la poesia: “Maggio risveglia i nidi, maggio risveglia i cuori… ” scrive Carducci in una delle sue più belle composizioni poetiche. Anche la Bibbia canta lo splendore della bella stagione. Una delle opere più incantevoli dell’Antico Testamento è il Cantico dei Cantici: “Il mondo intero – proclamava Rabbi Akiba - non è degno del giorno in cui il cantico è stato donato a Israele. Tutti i libri della Bibbia sono santi, ma il Cantico è il più Santo di tutti”. Un secolo dopo, Origene, uno dei massimi esegeti cristiani del terzo secolo, scriveva: “Beato Colui che penetra nel Santo, ma ben più beato colui che penetra nel Santo dei Santi. Beato chi comprende e canta i cantici della Scrittura, ma ben più beato chi canta e comprende il Cantico dei Cantici”. Il Cantico dei Cantici inneggia all’amore attraverso l’avvincente dialogo tra un uomo e una donna. In effetti supera i confini dell’umano per trasferire, tale dialogo, nella sfera di Dio. Esso decanta l’arrivo della bella stagione Palestinese invitando alla gioia ed all’amore: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro”. Maggio è nel cuore della primavera: il mese dei fiori e delle rose in particolare. Il sommo poeta indica Maria santissima come “Il nome del bel fior ch’io sempre invoco”. Da quando, poi, il gesuita Alfonso Muzzarelli pubblicò il prezioso libretto Il Mese di Maria, è andato sempre più sviluppandosi il culto mariano in questo mese così gradito al cuore ed alla fantasia di coloro che abitano il nostro emisfero. Quindi, non desta alcuna meraviglia il fatto che i santi, le anime consacrate ed ogni fedele cristiano guardino al mese di maggio con il pensiero rivolto al più bello, al più Immacolato dei fiori sulla Terra: Maria santissima. Per Padre Pio, maggio è uno dei mesi privilegiati per onorare con particolare devozione la sua Celeste Mammina: “Babbo carissimo, oh! Le joli mois que le mois de mai! C’est le plus beau de l’année. Si, padre mio, questo mese come predica bene le dolcezze e la bellezza di Maria! La mia mente nel pensare agli innumerevoli benefici che ha fatto a me questa cara mammina mi vergogno di me stesso, non avendo guardato mai abbastanza con amore il di lei cuore e la di lei mano, che con tanta bontà me li compartiva; e quel che più mi dà afflizione è di aver ricambiato le cure affettuose di questa nostra madre con tanti continui disgusti. Quante volte ho confidato a questa madre le penose ansie del mio cuore agitato! E quante volte mi ha consolato! Ma la mia riconoscenza quale fu?...Nelle maggiori afflizioni mi sembra di non aver più madre sulla terra; ma di averne una molto pietosa nel cielo”. E’ una delle pagine più belle dell’epistolario mariano di Padre Pio. Ma per comprendere ancora di più l’affetto del nostro Santo per la Madre di Dio e la singolare Sua predilezione per lui, occorre leggere il resto di questa magnifica lettera che zampilla amore filiale per la Madonna: “Povera Mammina, quanto bene mi vuole. L’ho constatato di nuovo allo spuntare di questo bel mese. Con quanta cura mi ha ella accompagnato all’altare questa mattina. Mi è sembrato che ella non avesse altro a pensare se non a me solo col riempirmi il cuore tutto di santi affetti. Un fuoco misterioso sentivo dalla parte del cuore, che non ho potuto capire. Sentivo il bisogno di applicarci del ghiaccio per estinguere questo fuoco che mi va consumando. Vorrei avere una voce sì forte per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna. Ma poiché ciò non è in mio potere, ho pregato e pregherò il mio angiolino a compiere per me questo ufficio”. Ogni volta che ritorna, il mese di maggio innesca nel cuore consacrato e sacerdotale di Padre Pio i sentimenti della più intensa devozione e gratitudine verso Maria: “Ecco finalmente ritornato il mese della bella Mammina. Quante belle cose vorrei dirvi… Questa cara Mammina seguita a prestarmi premurosamente le sue materne cure, specialmente in questo mese. Le di Lei cure verso di me toccano la ricercatezza. Che cosa ho io fatto per aver meritato tanta squisitezza?”. Quello di Padre Pio è un affetto inaudito che attraverso la guida materna di Maria intende raggiungere il suo termine definitivo in Cristo Gesù, come dimostra questa bellissima lettera scritta a Padre Agostino: “La Vergine Addolorata ci ottenga dal suo santissimo Figliuolo di farci penetrare sempre più nel mistero della croce ed inebriarci con lei dei patimenti di Gesù. La più certa prova dell’amore consiste nel patire per l’amato, e dopo che il Figliuolo di Dio patì per puro amore tanti dolori, non resta alcun dubbio che la croce portata per lui diviene amabile quanto l’amore. La Santissima Vergine ci ottenga l’amore alla croce, ai patimenti, ai dolori ed ella che fu la prima a praticare il vangelo in tutta la sua perfezione, in tutta la sua severità, anche prima che fosse pubblicato, ottenga a noi pure ed essa stessa dia a noi la spinta di venire immediatamente a lei d’appresso. Sforziamoci noi pure, come tante anime elette, di tenere sempre dietro a questa benedetta Madre, di camminare sempre appresso ad ella, non essendovi altra strada che a vita conduce, se non quella battuta dalla Madre nostra: non ricusiamo questa via, noi che vogliamo giungere al termine”. In tutto l’epistolario di Padre Pio è nascostamente presente il carattere inconfondibile dell’azione Materna e santificatrice di Maria Santissima: “l’artista che ha estratto, dal suo seno, l’immagine di suo Figlio Gesù realizzata in questa umana creatura”. TEMPI NUOVI - Periodico di Impegno Religioso e socio-culturale. Autorizzazione Tribunale di Benevento N° 204/96 del 20/12/1996. Direttore Responsabile: Nicola De Blasio; Ufficio Comunicazioni Sociali Benevento - Progetto Grafico e impaginazione: Daniele Leone - Direzione Redazione: P.zza Orsini, 33 (Bn) tel. 0824_323326 Fax 0824_323344 email: [email protected] web: www.diocesidibenevento.it. Stampa: Marina Press s.r.l. - Via E. Marelli (C/da Olivola - Benevento) TEMPI NUOVI può essere richiesto GRATUITAMENTE la settimana successiva all’uscita presso la libreria Giovanni Paolo II o l’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali Maggio 2009 Quando le omelie lunghe uccidono L’ULTIMA RICOGNIZIONE E POI UN ADDIO E IL PIANTO Riandare alla semina. Dopo aver vangato, dissodato il terreno, tolte le pietre, preparato il tutto, gettato il seme e atteso, subito dopo ritornare. Per vedere come va, se si procede secondo i piani. E le attese. Questo detto in forma d’esempio fu il piano del terzo viaggio di Paolo. Ritornare per vedere, visitare le comunità e rafforzare nella fede, confermare. Lo dice meglio il libro degli Atti: “Paolo partì percorrendo successivamente le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli” (18,23). Confermando nella fede. Con questo nel cuore e nella mente, Paolo, ormai l’Apostolo, il Convertito, il Missionario, il Grande, prese da Antiochia la strada interna, sfiorò la catena montuosa del Tauro verso l’interno, prima la Cilicia, poi la Galazia, per giungere infine ad Efeso, ove rimase abbastanza a lungo, forse un anno, forse di più. In questa ricca cittadina, ove il tempio dedicato alla dèa Artemide, “Signora dell’Asia”, era vantato come una delle sette bellezze dell’Antichità, le parole di Paolo furono accolte con diffidenza. Tanto che contro di lui si preparò un tumulto organizzato dagli argentieri e finito con un processo al limite della condanna capitale contro i compagni di Paolo, Gaio e Aristarco. Il clima di ostilità giovò poco. Paolo decise per la partenza. In tal modo, preso il mare, toccò prima le coste di Tessalonica, quindi per la via interna Atene e nuovamente a Corinto, a Sud. Il viaggio fu identico a ritorno. Con due note caratteristiche cui è bene dare evidenza. Due coordinate cariche, pregne di significato. Il primo è una nota di rimpianto. Di ritorno dal viaggio infatti, Paolo si fermò a Mileto, e di qua mandò a chiamare i presbiteri della chiesa di Efeso. Le pagina 13 è a cura di Leonardo Lepore P remetto una cosa. Un amico lettore mi ha fatto notare che in un articolo avevo commesso un errore, avevo scritto “melenze” con la “z”, mentre correttezza vuole che si utilizzi la “s”: mi scuso. Dopo questa errata corrige, voglio dire di una sera a teatro. Il vangelo secondo Pilato era il titolo. Invitante, non c’era che dire. Dopo il primo atto, un monologo massacrante di circa 50 minuti, mi sento dire da una persona anzianotta che mi sedeva a sinistra: “Ammazza ao’, è peggio de na predica!”. Lì per lì non diedi peso alle parole. Tornai a casa e pian piano ci ripensai e questa espressione tanto banale quanto efficace mi s’inchiodò nella mente. È difficile da accettare, eppure lo dicono i fatti: oramai l’omelia, volgarmente detta ‘predica’, nel linguaggio comune è sinonimo di qualcosa di noioso, pesante, che massacra senza via di scampo i malcapitati che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, si siedono in chiesa per celebrare il sacrificio. Quel monologo di 50 minuti, a teatro, inutile, per- 13 fettamente inutile, è stato valutato con l’omelia come termine di paragone. Mi spiego meglio: le cose barbose e tediose, che non finiscono mai, si misurano in termini di omelie lunghe. Le quali annoiano: questi sono i fatti. Tutto il resto, al massimo, sarebbe una interpretazione. Una sera ad Efeso, durante la celebrazione eucaristica, Paolo prende la parola e parla parla parla che ad un certo punto un ragazzo, di nome Eutico, prima s’addormentò e poi cadde dal primo piano morendo immediatamente. Sul colpo (At 20,7-11). Di solito questo brano viene letto e interpretato per giustificare le prediche lunghe, forbite, cariche di serie lungaggini dogmatiche e m i s t e r i c h e . Proporrei di leggere l’episodio in maniera più semplice e diretta, come un avvertimento. Quello di non ri-provare ad uccidere gli ascoltatori. Paolo ne ha fatto fuori uno, e poi lo ha risuscitato. Noi corriamo il serio rischio di uccidere e basta. Il predicatore Paolo ci invita, con tanto di buon tono, ad evitare. Che è meglio. Un’ultima cosa. Un quesito per i moralisti: se in una assemblea liturgica, mentre il prete tiene la lunga omelia, si leva uno dei fedeli e chiede ad alta voce di farla finita con la predica, chi commetterebbe il peccato: il fedele perché ‘ha osato parlare’, o il prete perché ‘non ha avuto il buon senso di ascoltare’? PERCORSI «Paolo. L’apostolo delle genti» Qual è il messaggio di Paolo per il mondo contemporaneo? Quali dei suoi tratti appaiono oggi più incisivi e decisivi per comprendere non solo il senso della fede cristiana e della Chiesa Cattolica ma quello della vita umana in tutte le sue dimensioni, dalla convivenza civile, alla politica, dalla morale alla responsabilità personale? L’anno di san Paolo è una sfida affidata in particolare alle tante istituzioni religiose che portano il nome di san Paolo e s’ispirano alla sua figura e al suo insegnamento. Il libro raccoglie i testi del papa Benedetto XVI - il discorso dell’indizione dell’anno paolino, un profilo dell’apostolo e una sintesi del suo insegnamento - e costituiscono una guida preziosa per la conoscenza del pensiero del grande apostolo. In particolare, si ritrova nel volume la spiegazione della tipica “visione dell’unicità dell’alleanza”, una concezione teologica molto cara a papa Benedetto che proprio nella teologia di Paolo trova il principale sostegno. 14 Maggio 2009 I VANGELI DELLA DOMENICA DOMENICA 10 MAGGIO 2009 Il brano del vangelo di oggi presenta l’allegoria della vite e dei tralci (Gv 15,1-8). San Giovanni mette in luce il rapporto tra l’agricoltore (= Dio Padre), la vite (= Gesù) e i tralci (= i cristiani). Il legame di amore che unisce Gesù al Padre fonda la comunione di vita dei cristiani tra loro e con Cristo stesso. Nella vita spirituale esiste una legge fondamentale che l’evangelista Giovanni sottolinea ripetutamente e vigorosamente: Gesù è la vita del cristiano. Come non è possibile un’esistenza umana senza riferimento a Dio creatore, così non è possibile un’autentica vita cristiana senza un “radicamento” in Cristo e alla sua parola. Il cristiano che rimane legato al Vangelo ottiene un effetto salutare speciale: ogni preghiera o richiesta è accolta in forza dell’intima comunione di vita tra lui e Gesù. DOMENICA 17 MAGGIO 2009 Nel testo evangelico di questa domenica san Giovanni insiste sull’osservanza del comandamento dell’amore per sperimentare la gioia di Cristo; gioia che a Gesù deriva dal suo amore, dalla sua obbedienza e dalla sua docilità al Padre, dal suo “dimorare” nel Padre. Il comandamento è “suo” perché Egli lo ha consegnato ai suoi con la sua parola, ma specialmente con la sua vita: “Nessuno ha amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici” (Gv 15,13). È in questo modo che Cristo prova la sua gratuità e la sua universalità nell’amore. Desidera, tuttavia, dai suoi un contraccambio: la fedeltà allo stesso comandamento secondo il suo stile. L’amore divino nell’uomo diventa amore umano, rivestendosi di premura, di pazienza, di misericordia, di sentimento… L’amore dell’uomo deve essere quindi “umano”, ossia deve tener conto delle componenti della persona umana, e non può essere solo una questione di “corpo” umano. DOMENICA 24 MAGGIO 2009 Celebriamo oggi la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo e la giornata mondiale di riflessione sulle Comunicazioni Sociali. L’Ascensione segna la vicenda di Cristo e del cristiano: come Gesù ha realizzato pienamente la volontà del Padre ed è stato associato alla sua gloria celeste, così il cristiano realizza pienamente se stesso quando agisce in conformità alla volontà di Cristo, per condividere poi con Lui lo stesso destino di gloria. Ma la festa di oggi non ha il sapore dell’evasione e dell’alienazione dal mondo. È significativo il fatto che tutti i testi biblici della liturgia ci invitino a rimanere sulla terra degli uomini; e per loro e con loro costruire la civiltà dell’amore. A questa responsabilità sono chiamati anche tutti gli operatori della comunicazione, prendendo coscienza della necessità di costruire autentici rapporti umani nella verità e nella solidarietà. DOMENICA 31 MAGGIO 2009 A cinquanta giorni di distanza dalla Pasqua gli Apostoli non sono ancora in condizione di andare ad evangelizzare, nonostante il mandato ricevuto da Cristo nel giorno della risurrezione. Permane in loro l’incertezza e soprattutto la paura. Perciò le porte del Cenacolo sono ancora chiuse. Ma Gesù mantiene la promessa fatta ai suoi: salito al cielo e sedutosi alla destra del Padre, invia lo Spirito Santo e da quel giorno la Chiesa, pur nel succedersi delle generazioni e degli eventi, è viva ed operante nel mondo, guidata, sostenuta e santificata dal Paraclito. Lo Spirito Santo da allora non è calato di tono e opera molto nel silenzio, a seconda delle persone, dei tempi, dei luoghi, delle culture; ma senza discriminazioni, senza razzismo di sorta. I suoi doni non sono mai per un arricchimento privato, ma sempre per “l’utilità comune”. DOMENICA 7 GIUGNO 2009 E’ la domenica della Santissima Trinità. Gesù non rivela il grande mistero del Dio Uno e Trino per soddisfare la nostra curiosità di carattere più o meno intellettuale, ma per consentirci di vivere nel mistero trinitario. Certo, dobbiamo crescere nello studio, nella conoscenza della Trinità; ma, soprattutto, dobbiamo crescere nel vivere con la Trinità, nel vivere la Trinità. La conoscenza del mistero trinitario per via di studio è soltanto per pochi, per chi ha tempo, preparazione, “stoffa”. Vivere la Trinità avviene a livello di amore, attraverso i comportamenti che dalla Trinità traggono suggerimento, indicazione e approvazione. Questo non è di pochi; è nelle possibilità di tutti. Maggio 2009 15 OPPORTUNITÀ? ...continua dalla prima pagina Per rispondere invece agli spiritualisti, che di “fede” sembrano averne troppa, bisognerà dilungarsi con qualche parola in più. Cominciamo subito col dire che, se fosse vera l’equazione secondo cui “sofferenza uguale castigo”, non si capirebbe come mai ci siano persone che soffrono fin dal grembo materno, che non hanno avuto di fatto tempo per compiere qualche nefandezza che ne giustifichi quella condizione. Si dice allora: sono anime-vittime, scelte da Dio per pagare i misfatti degli empi, così come Gesù, che ha dato la sua vita e ha soddisfatto per i peccati degli uomini di ogni tempo. L’affermazione convince poco almeno per tre ragioni. Anzitutto in ciò che afferma: se infatti Gesù ha pagato una volta per tutte e per tutti, perché Dio ha poi bisogno di scegliersi ancora altre “animevittime”? Si dirà: perché, rendendole partecipi della sofferenza di Cristo, le si rende partecipi anche della sua gloria. E così l’’equazione “sofferenza uguale castigo” si trasforma in “sofferenza uguale merito”. Ma questo potrà essere vero per chi accetta la sofferenza, e soprattutto l’accetta alla luce della fede. Ma chi la fede non ce l’ha? E non mi riferisco solo ai pagani, ma anche ai dementi, ai pazzi, ai decerebrati che non hanno alcuna possibilità di ascoltare, capire e quindi accogliere l’Annuncio. E quelli che la fede la respingono o che respingono questa concezione della sofferenza intesa come riscatto per un debito contratto da altri con Dio? La sofferenza lucidamente rifiutata all’estremo di persone come un Piergiorgio Welby (che tanto divise e fece riflettere l’opinione pubblica) nella logica degli spiritualisti dovrebbe essere perciò vana per una partecipazione meritoria alle sofferenze del Figlio di Dio. Seconda ragione. Se la sofferenza è tanto benefica, perché Dio concede questo “privilegio” solo ad alcuni, tra l’altro scelti da Lui stesso? Si risponderà: la volontà di Dio è imperscrutabile. Già. Ma anche accettando questa risposta – che, pur vera, spesso diventa una risposta-rifugio per chi non ha da fornire argomenti convincenti – resta sempre che l’equazione “sofferenza-merito” squalificherebbe di fatto da un ulteriore merito in Paradiso persone che hanno avuto la “sfortuna della fortuna”, quella cioè di essere nate e vissute in una vita sostanzialmente priva di grossi scossoni, eppure spesa a servire fedelmente il Signore. Nei loro riguardi Dio compirebbe una grossa ingiustizia. E così un san Giovanni apostolo, che la tradizione vuole sia morto quasi centenario e di morte naturale, sarebbe perciò più “disgraziato” del fratello Giacomo o degli altri compagni morti tutti ancora in piena salute e in modo violento, e questo in barba al privilegio che lo faceva essere “il discepolo che Gesù amava” e il custode della Madre di Gli effetti del sisma in Pakistan Dio all’indomani della Sua dipartita. Terza ragione. Tra persone che soffrono le stesse pene, chi soffre di più è chi le vive più a lungo. In questo modo Cristo dovrebbe avere minor merito di un san Francesco o di un san Pio da Pietrelcina che hanno misteriosamente sofferto le sue stesse piaghe per un lasso di tempo più lungo di quelle drammatiche, ma poche, ore del giovedì e venerdì santo. Si dirà: non esistono solo pene fisiche, ma anche pene interiori, anzi, queste sono peggiori delle prime e chi le vive – e questo è il caso di Cristo – ha più merito di chi non le vive. Ma, presupponendo che la sofferenza interiore è proporzionata all’esserne coscienti, come giustificare, ancora una volta, la sofferenza dei minorati o dei pazzi? E perché a questo punto la Chiesa ci fa venerare gli Innocenti, infanti incoscienti vittime della furia di Erode, come santi? Le risposte di Gesù si discostano sia dalle contraddizioni del materialismo che dello spiritualismo. Numerosi brani evangelici come ad esempio quello di Lc 13, 1-5 (le vittime della persecuzione di Pilato e del crollo della torre di Siloe) o di Gv 9 (il cieco nato) sono illuminanti. La fede cristiana insegna che il male fisico (quello dei malanni, delle deficienze, delle catastrofi) così come quello morale, sono conseguenza del peccato dell’uomo, i cui effetti si sono riversati sul mondo fisico per il profondo legame che unisce realtà fisica e realtà metafisica proprio in lui. Nessun “castigo”, quindi, da parte di un Dio che ha mandato nel mondo il suo unico Figlio non per condannare, ma per salvare (Gv 3, 17). Un Figlio che non ha ricusato di sollevare l’uomo dalle sue miserie e i suoi mali, quando poteva lasciarvelo, se fosse vero che la sofferenza purifica. La verità è che ciò che purifica non è la sofferenza, ma l’amore (Lc 7, 47). Non dunque “sofferenza uguale merito”, ma “amore uguale merito”. Dio non sta lì a pesare i nostri peccati per poi scagliare saette quando sbagliamo. A smentire la logica “sofferenza-castigo” c’è il fatto che molti malvagi vivono una vita tranquilla (Lc 16, 19-31). La sofferenza non viene dunque da Dio, ma dal peccato come sua conseguenza; tuttavia se accettata con amore come partecipazione alla Croce del Figlio, essa diviene occasione per un atto di amore che può convertire i cuori, a partire dal proprio. Così come anche la sofferenza di chi non ha coscienza può essere occasione di redenzione, perché interpellando i coscienti, in un certo qual modo li obbliga a darsi da fare nell’amore, impegnandosi a sollevare quei bisognosi dalle sofferenze: un impegno che impedisce loro così a non impigrirsi nell’egoismo, a non sciupare la propria salute, ad abituare lo spirito a provare sentimenti di compassione e a disabituarlo a quelli malvagi che contaminano l’uomo (Mc 7, 20-23) e lo uccidono per l’eternità. Dio dunque mantiene la sofferenza nel mondo, non per castigare i cattivi, bensì per “costringere” i peccatori ad uscire dal loro egoismo e ad amare e a salvarsi. Sulla base di ciò, altamente suggestivo è considerare come certe catastrofi avvengano talvolta in coincidenza di festività che celebrino in maniera particolare il mistero del Dio-Amore, festività che vengono puntualmente eluse da una società irreligiosa e opulenta che ha ormai riposto ogni sua speranza di gioia nel denaro, nel piacere e nella violenza. Il terremoto d’Abruzzo ci ha infatti impegnati per tutta la Settimana Santa. E chi non ricorda il terremoto di Sumatra e il conseguente tsunami che ha mietuto migliaia di vittime nell’Oceano Indiano? Era il Natale del 2004. E che dire del terribile terremoto dell’Irpinia di cui molti di noi sono stati testimoni? Quel fatale 23 novembre 1980 era la domenica di Cristo Re. Segni dal Cielo questi che chiamano tutti, nessuno escluso, a seri cambiamenti di vita. *Vicedirettore Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali